Numero Speciale 04

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k ronstadt

Mercoledì, 4 febbraio 2004 Numero Speciale 4

Simone Fratti

Grande fratello Piccola sorella

Nassirya e Lucignolo

La virtualità divorante dello spettacolo

Sembra, ma non è sicuro visto che a quell’ora quei canali poca gente li guarda, sia andato in onda un servizio su una piccola città, il solito bastardo posto, del Sud Milanese. Nel contesto di una trasmissione che voleva inquadrare le tribù dei ‘ggiovani, qualcuno ha avuto la luminosa idea.

Del 1988 Guy Debord in appendice alla nuova edizione del suo La società dello spettacolo scriveva: … la logica si era formata socialmente soltanto nel dialogo. Inoltre, quando si è diffuso il rispetto verso ciò che parla nello spettacolo, che si suppone importante, ricco, prestigioso, che è l’autorità stessa, si diffonde anche la tendenza tra gli spettatori a voler essere illogici quanto lo spettacolo, per ostentare un riflesso individuale di quella autorità. Insomma, la logica non è facile e nessuno ha avuto voglia di insegnarla. Nessun drogato studia la logica; perché non ne ha più bisogno, e perché non ne ha più la possibilità. Le cose da allora non sono affatto migliorate. Dubito che scriverne possa modificare l’ordine, ormai stabilmente consolidato, della società dello spettacolo. Spero che almeno alcune riflessioni critiche possano servire individualmente a colui che avrà la pazienza di leggere queste poche righe. In particolare, ritengo sia interessante una breve analisi delle dinamiche attraverso cui gli individui costruiscono la loro identità nella società della comunicazione di massa. Per comprendere tale fenomeno è necessario fare riferimento a due concetti: Atomizzazione e Virtualiz-

Fare un bel servizio su alcuni ragazzi della città. Bravi per carità. Difendono il territorio. Infiltrato. Sui muri di questa città sembra ci siano solo scritte infamante: “Nazi okkio al kranio”. Una città bolscevica, da far pensare di non essere nella civile Lombardia ma nell’infausta zona dell’infame Triangolo Rosso. Tutto vero. Poveri ragazzi minacciati nei loro fortini di svastiche e croci celtiche dagli altri, dai cattivi. Loro sono proletari (figli di ricchi proletari a dire il vero), alcuni pregiudicati. Ma non per tangenti, falsi in bilancio, bancarotta (cose per le quali non si pregiudica nulla, sembra). Per violenza, istigazione alla violenza, rissa e quanto altro. E ci sono pure dei procedimenti giudiziari in corso. Ne riparleremo, meno male che la televisione ci dà la possibilità di farlo

Sommario pagina 2

IL MESSAGGIO DI ZANOTELLI il caso CorrierEconomia Informarci è giusto

pagina 3

Come si scrive un articolo per “Kronstadt” Avrei potuto... Ricordi bruciati Vorrei accendere la televisione

pagina 4 (DIS)INFORMATI! Appello per un altra infor mazione

zazione. Nell’atomizzarsi, nel divenire una monade incapace di comunicare se stesso ai suoi simili, l’individuo perde la sua politicità, il suo essere in grado di progettare e di riflettere criticamente insieme agli altri. Altri che sono semplicemente coloro che, fatti di carne e sangue immediatamente esperibili, affollano con il loro mutevole umore e il loro odore di mammiferi viventi lo spazio del quotidiano. Nel Virtualizzarsi l’individuo solitario sostituisce la carne, il sangue e l’odore dei membri della sua specie con le immagini tecnologiche fornite dai mass media per la costruzione del consenso sociale. In breve la sua identità, ciò che si chiama personalità, comincia a determinarsi attraverso il confronto con l’altro in quanto prodotto multimediale dell’immaginario spettacolarizzato. Le conseguenze di questo sono evidenti e riguardano il controllo. Quest’ultimo tende pericolosamente a colonizzare la mente dell’individuo-monade che si sente sempre più libero di fare ciò che desidera, desiderando tuttavia solo la narcosi dell’identità virtuale fornitagli dallo spettacolo. Che mirabile macchina! Nella sua perfezione produce consumatori perfetti, tecnici brillanti che, morendo, si stupiranno di non vivere eternamente come i loro modelli virtuali. Ovviamente nessuno vuole morire. Tutti sperano di campare il più a lungo possibile, purtroppo la vita e la morte sono indissolubilmente legate e vivere autenticamente, cercare un senso, ed essere uomini significa provare quegli umori e odori sgradevoli che ci parlano dell’altro. Odori e umori, ultima forma di autodifesa dalla virtualizzazione totale della non-vita spettacolare nella società della tecnologia avanzata. Bisogna essere folli almeno una volta al mese, aprire la porta di casa e uscendo ascoltate le parole e la puzza degli individui che circondano il nostro spazio/tempo sempre più relativisticamente inquietante. Paolo Bellini

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Numero Speciale 4 Mercoledì 4 febbraio 2004

IL MESSAGGIO DI ZANOTELLI

Informarci è giusto

Domenica 1 Febbraio presso il salone terzo millennio, una platea infantile, giovane e adulta rimane in silenzio per due ore per ascoltare Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano impegnato da decenni all’interno delle baraccopoli Africane. Il suo pensiero comincia comunicando tutta la preoccupazione per il momento che stiamo vivendo. In primo luogo si richiama alla guerra, sottintendendo la gravità in sé dell’evento ma esplicitando la menzogna delle sue motivazioni. Infatti Alex spiega come le armi di distruzione di massa ancora non esistano, come il legame Saddam-Al Quaeda sia oggi ufficialmente negato da tutti gli organi di stampa e riporta infine una frase di O’Neal (membro del Gabinetto USA) secondo il quale Bush avrebbe parlato di guerra in Iraq alla prima riunione del Gabinetto, nel gennaio 2001, nove mesi prima dell’11 settembre. In secondo luogo Padre Zanotelli parla dell’Italia, della proprietà dei media (il 90% circa, secondo dati OCSE, appartengono ad uno stesso gruppo), deducendo la situazione monopolistica attuale e futura, citando Karl Popper che alcuni decenni fa disse: “con questa televisione non ci può essere democrazia”. In ultimo la situazione europea, nata come grande sogno di equilibrio e giustizia e che sta sfociando in una Costituzione che non raccoglie il rifiuto della guerra ma prevede un fondo per l’armamento comune e gli attacchi preventivi. Secondo Padre Alex l’idea di guerra non esiste neanche lontanamente perché essa non fa parte dell’umanità e se oggi è diventata un accadimento normale in ragione di lusinghe materiali, teniamoci pronti a diventarne schiavi e a morirne in quanto “o viviamo tutti o non vivrà nessuno”. Nella seconda parte del suo intervento, Zanotelli racconta la vita che conduce ormai da molti anni: abitare nell’inferno di Korogocho. I poveri non esistono più, dice, esistono gli impoveriti. La situazione dei suoi coinquilini è paradossale: 200.000 persone vivono sardinizzate in uno baraccopoli equivalente all’1,5% del territorio di Nairobi, volutamente situata sotto la linea della fogna, con un cesso ogni 1000 persone e dove l’80% della popolazione paga l’affitto all’amministrazione della città. Appare chiaro come l’inesistenza di possibilità di vita (un lavoro o semplicemente cibo e acqua) porti ad un forte degrado fisico, igienico, ad un azzeramento mentale e quindi umano; non si può più parlare di vita, solo non è ancora morte: vivere nella violenza morale come chi è cosciente di non avere prospettive neanche interiori, nella violenza fisica come chi uccide o viene ucciso per una coperta, come chi stupra o viene stuprato per disperazione, come chi usa l’alcool e la droga per non pensare, come chi non si può più preoccupare di prendere l’AIDS. Ciò che provoca situazioni come Korogocho è lo stesso sistema economico che indirizza le nostre vite al di qua del muro e mantenendoci nel nostro splendido isolamento non si cura di essere un genocidio della popolazione mondiale. Padre Alex Zanotelli conclude affermando la necessità di rimettere in discussione il sistema economico mondiale e la politica delle armi: se per mangiare, bere e vivere umanamente devo possedere, il sistema di gestione del mondo va cambiato. Per riuscire in questo NOI possiamo parlare maggiormente della situazione generale, comunicare la verità e riscoprirci come volti unici ed irripetibili, dobbiamo assolutamente uscire dalla logica dell’impotenza; NOI siamo in grado di cambiare lo stato delle cose associandoci in reti lillipuziane sempre più fitte, diventando una Società Civile Organizzata che abbatta prigioni per ottenere effetti. Il compito può apparire molto difficile, ma unicamente perché siamo così abituati a questo mondo che esso ci appare come l’unico spontaneo mondo possibile. Per questo bisogna alzarsi in piedi di scatto ed imporre una rivoluzione culturale e spirituale, in nome di tutti. Giulio Rossi

Diamo un altro giro di vite. Nell’editoriale del secondo numero speciale si leggeva: c’è uno spazio immenso, là fuori, da riempire, perché ce n’è bisogno. La questione è abbastanza antica, ma pur sempre appassionante. E mi appare una delle più nobili e storiche trincee del libero pensiero. E non deve stupire che solo oggi, a Pavia come altrove, torni a molti la voglia di riabitare la trincea. Questa voglia è un moto necessario che supera le vecchie distanze tra tutti noi. Un esempio? A tutti deve ripugnare la presenza in città (non parlo di Milano o Parigi o New York, ma di Pavia), deve risultarci sgradevole e ripugnante la presenza in città di neofascisti che ostentano simboli e atteggiamenti offensivi della memoria dei morti, oltre che giuridicamente perseguibili: niente di più e niente di meno. La trincea richiede un abbigliamento adeguato: niente di più e niente di meno. Prego, signori, accomodiamoci e ambientiamoci, presentiamoci, contaminiamoci, tocchiamoci - ma chi gira vestito in mimetica biascicando slogan muffosi non si impermalisca se gli si ride in faccia, non dica “non gioco più”. Perché, niente paura, non si chiede a nessuno di imbracciare altra arma che una penna per scrivere, e il proprio cervello per pensare, la propria imagerie per osservare e descrivere: niente di più, niente di meno. Se riusciamo in questo sarà già tantissimo. Non è più il tempo di scandalizzarsi e scomunicare. Diceva Canetti: “possibile che mai, neanche per un momento, si possa vivere senza sentirsi costretti a esecrare qualcuno?” Spesso mi viene da credere che l’esecrazione sia soltanto un caso limite della condivisione di un codice di comportamento, di un costume sociologico. Troppa cattiveria? Troppo cinismo? Troppo vero? Non ci stiamo dentro? Una volta dentro la trincea, signori, basta alzare un po’ la testa per vedere che cosa combinano gli avversarî. Alzatela pure del tutto, questa benedetta testa. Non c’è quasi più pericolo, pare: hanno finito i calibri più grossi, sembra: le piazze insanguinate, le bombe nei musei, nelle stazioni, sopra e sotto i treni, dentro e fuori di noi. Per ora. O per sempre. Perché, se sbirciate le trincee avverse, vedrete che le loro armi sono nuove, più intelligenti. Certo, non siamo poi nel terzo mondo, siamo al contrario uno degli stati-satellite più importanti dell’impero. Le nuove armi: Bolzaneto, i muri di Genova, Gerusalemme, Cipro, la nuova normativa sulla droga, la mediatica neogotica, la trascendenza dell’estetica e dell’immagine. Non sono armi nuovissime, in effetti. Se ben ricordo, Tacito ne paventava gli effetti; se non sbaglio, Seneca ne rideva; Chomsky è un ottimo scolaro. Ma tutti e tre hanno ragionato, hanno tentato di spiegarsi liberamente come e perché il potere giunga ad assumere forme tanto tremende. Fuori e dentro di noi. Ecco, dobbiamo accantonare i luoghi comuni che giustificano e tramandano i nostri amati elitarismi mentali, come bomboniere di matrimoni ormai dissolti e dimenticati. Dobbiamo crescere. Dobbiamo piantarla di bambocciare coi concetti generali, con le grandi scale. Cosa mi serve sapere solo ciò che mi è distante? Non è molto più importante sapere che una troupe di Italia1 sta usando la città in cui vivo come scenario e strumento di diffamazione politica? O sono masochista al punto di godere all’idea che finalmente qualcuno, pur ferendomi, si stia occupando di me? Il mondo fuori è immenso e complesso: sarà complesso descriverlo, necessariamente. Un altro giro di vite. Informarci è giusto. Carlo Pirola

il caso CorrierEconomia

Sulle pagine dell’Osservatorio Hi-Tech, collocate all’interno del supplemento “Corriere Economia” del Corriere della Sera, appaiono dei servizi in un contesto chiaramente e indiscutibilmente pubblicitario: 1) 16 dicembre 2002. Intervista a Vincenzo Novari, numero uno di H3g. L’intervista è incastonata a pagina 11 tra due inserzioni pubblicitarie di H3g in cima e in fondo alla pagina, la pagina 14 ospita una inserzione di H3g di una pagina. 2) 31 marzo 2003. Intervista all’amministratore delegato della Siemens Fausto Plabani: due piccole inserzioni Siemens in cima e una pubblicità su 9 colonne in fondo alla pagina 21. Una pagina di pubblicità Siemens a pagina 24. 3) 14 aprile 2003. Quattro pagine (21, 22, 23 e 24) dedicate alla BenQ con sei inserzioni pubblicitarie (una di una pagina e un’altra di mezza pagina). Intervista a Giorgio Bagnoli, amministratore delegato di BenQ Italia. 4) 16 giugno 2003. Intervista a Enrico Mercanti, responsabile marketing di BenQ Italia. Pubblicità BenQ alle pagine 21, 22 (metà pagina) e 23 (pagina intera). Edoardo Segantini è il responsabile della redazione del supplemento “Corriere Economia”; in fase di istruttoria ha dichiarato che gli argomenti trattati venivano scelti da lui in piena autonomia, e che poi le inserzioni venivano collocate dall’ufficio marketing/ pubblicità in perfetta sintonia con i temi giornalistici trattati; al riguardo ha affermato: “neanche a me piace questa cosa qua. Non mi piace per niente. Cioè avrei preferito che ci fossero più investitori, che ci fosse non so la pubblicità della Nutella”. Recita la Carta dei doveri dei giornalisti: “I cittadini hanno il diritto di ricevere un’informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli

interessi dei singoli”, mentre l’articolo 44 del contratto collettivo nazionale dei giornalisti afferma: “Allo scopo di tutelare il diritto del pubblico a ricevere una corretta informazione, distinta e distinguibile dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli, i messaggi pubblicitari devono essere chiaramente individuabili come tali e quindi distinti, anche attraverso apposita indicazione, dai testi giornalistici”. Poiché Segantini non ha fatto nulla per impedire che gli episodi “spiacevoli” si ripetessero, è stato sanzionato con l’avvertimento. Il consiglio dell’ordine dei giornalisti di Milano è andato oltre, affermando che esiste una strategia precisa degli editori secondo la quale la pubblicità deve presentarsi come informazione e/o frammista all’informazione. Questo comportamento viene considerato lesivo per la figura del giornalista, dell’ordine e della professione e che sia quindi tale da generare una responsabilità civile da parte dell’editore del “Corriere della Sera”. Replica RCS, editore del Corriere della Sera, contestando la decisione dell’Ordine rivendicando “la lealtà e la correttezza con la quale vengono accuratamente tenute separate tra loro informazione e pubblicità”. Si fa sentire anche il CdR del Corriere, esprimendo piena solidarietà a Segantini. I giornalisti del Corriere della Sera denunciano piuttosto il contesto generale, definito allarmante. Il caso CorrierEconomia è un esempio della commistione tra pubblicità e informazione. Bisognerà vedere se l’Ordine dei Giornalisti avrà la forza per denunciare tutti gli abusi che vengono commessi, o se invece non se ne farà nulla, per paura di una serrata di massa da parte degli editori. Egiziano di Leo

Numero Speciale 4 Mercoledì 4 febbraio 2004

terza pagina

Come si scrive un articolo per “Kronstadt” ovvero: l’altroieri sera a casa del Dado

Ho saputo che qui a Pavia vogliono fare una rivista per gli studenti, ma non solo. Io ho fatto dei video, e penso che forse una rivista è un medium vecchio dentro. Non c’è il format. Allora l’altroieri, domenica, quando ho visto il Massi, gli ho detto: tu cosa ne pensi. Si era al Vul coi cani. Un freddo bastardo. Lui fa: carneficina. Non so gli altri, ma quando dice carneficina a me dà una vibra pazzesca. Perché è duro e fa una faccia che fa stare male da dio. Poi dice che va a cena dal Dado, con la Kate e la Manu, quella di Perugia con l’erre moscia. Ma non c’è da bere. Gli dico: io in cantina, dai miei, c’è di ogni. Ci mettiamo d’accordo: lui stampa i miei in casa con un delirio, mentre io devasto la collezione. La storia riesce a sciallo. Mentre fuggiamo mio padre fa: e gli esami? È due mesi che faccio l’università, papà. Il Massi se la ghigna, e quando usciamo dal cancello mi sfotte: papà, papà. Dal Dado salta su la vicenda della rivista. Suo padre è giornalista, e è pure un figo. Nello studio che ha in casa ha due telefoni, tipo il capo di Fantozzi. E gira col crdless appeso all’anca. Quando arrivano Kate e Manu, la Manu mi fa “J” (Karneficina!). Il Dado chiama il cane che urla fuori e gli dà da mangiare. Poi racconta la volta che gli sbirri gli hanno perquisito la casa. Tutto superregolare, tranne le riviste di suo padre, e mica Penthouse o simili. Gli dicono: e queste dove le ha prese. La madre si tiene la testa con le mani: “K”. Lui prende il crdless e chiama il cognato, perché è avvocato. Ma lo sbirro-capo dice: guardi che può tenerle, è che non le tiene più nessuno. E che riviste sono, chiede la Manu. Il Dado e la Kate vanno nel sottotetto a prenderle. Chiaramente un imbosko. IO e la Manu restiamo in cucina a Fumare, luci basse, Ben Harper in dolby. Poi, divano. Dopo due millenni finalmente scende il Dado. Si intesisce perché abbiamo finito tutto. Quando gli passa è quasi un’ora assurda. La Kate è dispersa. La manu mi dorme contro. Il Dado improvvisamente raggiunge l’illuminazione: bisogna fare un network che manda tutti i corto e i medio di tutta Italia, un ipervideo che accendi e lo vedi passare senza fine, e intanto ti informi. Un fiume che passa e non smette mai. Poi mi karico la Manu in vespa e la riporto agli Istituti. Con la scusa che ha sonno si pigia addosso. A un certo punto, mentre schizziamo davanti al Notturno, vediamo una macchina dei caramba. Zero casco, stop rotto. Faccio per frenare, ma lei mi mette un dito nell’ombelico, piano piano, con dolcezza. Carneficina. Da domani andiamo avivere insieme.

Avrei potuto...

Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia; con una specie però d’insolito rispetto, con un’esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d’intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo, e di metterla sotto terra così.» Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l’inaspettata ricompensa, s’affaccendò a far un po’ di posto sul carro per la morticina …

Barbarah

Il fiammifero incenerirà la mia vita su quel tavolo.

e il quadro di tua madre, quello dove sembra guardarci.

l’ultimo quotidiano, quello del golpe,

un libro che si sfoglia al vento,

fogli bianchi, e i neri accartocciati,

rimangono la matita con il gommino consumato,

Ricordi bruciati

Anche, se per solo una volta fossa che avessi evitato di cambiare per sopportare la tua ostinazione e accettarti per come non eri più

I tuoi occhiali s’appoggiano alla scrivania,

Avrei potuto continuare ad amarti se solo avessi smesso di non sognare di continuare a dirlo, almeno, ed accettarti per quello che eri.

E so anche quel che viene e come poi finisce. E io ci cado sempre.

… Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere , ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull’omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, chè, se anche la somiglianza dè volti non n’avesse fatto fede, l’avrebbe detto chiaramente quello dè due ch’esprimeva ancora un sentimento.

(dai “Promessi sposi”di Alessandro Manzoni)

Cambiare località per non riuscire a sopportare l’ostinazione del pensiero (Canetti)

Ma eri troppo bella e lucente per pensare di essere altro almeno per pensare di provarci

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Vorrei accendere la televisione

Vorrei accendere la televisione con la sicurezza di poter ritrovare nei servizi giornalistici che trattano situazioni dolorose, disperate… lo stesso «rispetto» e la stessa «esitazione» del «turpe monatto», quel rispetto che può anche trovarsi negli animi abbruttiti dalla violenza. E vorrei che il denaro e gli interessi economici, come è evidente in questo passo, s’inchinassero davanti alla verità, quella verità che nasce dalla commozione sincera. Questo voglio! L.A.

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Numero Speciale 4 Mercoledì 4 febbraio 2004

(DIS)INFORMATI!

Come difendersi in tempo di guerra mediatica

(DIS)INFORMATI! si articolerà in sei serate che si propongono di fornire degli strumenti critici per sopportare il quotidiano attacco da parte dei media. Presso il Csa Barattolo - via dei mille 130 - Pavia. Gli incontri incominciano alle 21. mercoledì 4 febbraio Giorgio Grossi, professore associato di SoIl ruolo della televisione nella società e i me- ciologia della comunicazione nella Facoltà di dia davanti al dolore Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca Questa serata porrà degli interrogativi sul e membro del consiglio scientifico di riviste ruolo della televisione nella società, valutando sulla comunicazione politica, è attualmente l'influenza che esercita sulla determinazione impegnato in diverse direzioni di ricerca: il dell'opinione pubblica. Come caso emblema- ruolo dei mass media in campagna elettorale; tico si analizzerà il comportamento dei media l’analisi dei consumi culturali tra i giovani; la davanti al dolore partendo dai tragici fatti di trasformazione dell’opinione pubblica all’interNassirya. no della nuova sfera pubblica mediata; il rap• Giorgio Grossi porto tra le immagini mediate della società e la • Giampaolo Azzoni costruzione della realtà, mediante analisi del contenuto e testuale dei pacchetti simbolici. A seguire proiezione del “discorso alla na- Giampaolo Azzoni, professore straordinario zione, anno 2001” di Beppe Grillo di Teoria generale del diritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia, è giovedì 12 febbraio membro del consiglio direttivo del Centro di L'informazione dal basso Filosofia sociale dell’Ateneo pavese. Ha indirizLa quinta serata proporrà una serie di zato la sua ricerca verso l’analisi degli elementi esperienze di informazione dal basso, quale fondamentali dell’esperienza giuridica nel strumento alternativo ai media controllati dai contesto più ampio dell’ontologia sociale. In grandi gruppi editoriali dietro cui si muovono particolare, ha indagato:il fondamento della forti interessi economici e politici. relazione di fiducia; le caratteristiche della sog• italy.indymedia.org - Indymedia Italia gettività giuridica; le connotazioni normative • Isola Tv - Telestreet milanese degli enti fisici; i presupposti fisici degli enti • Carlo Gubitosa – PeaceLink.it giuridici. I riferimenti di tali indagini sono molteplici: la teoria generale del diritto civile, mercoledì 25 febbraio la fenomenologia delle percezione, la fisica L'informazione sul ter ritorio ingenua, l’antropologia filosofica, la filosofia Durante questa serata verrà presentato al delle istituzioni, la teoria delle classificazioni, pubblico il primo numero della rivista ). la teoria dei prototipi; ma anche le riflessioni e le pratiche artistiche che mettono al loro centro A seguire grande festa e cotillons l’esserci degli enti concreti.

Appello per un altra informazione

In città si avverte l’esigenza di un altro tipo di informazione che si affianchi a quella già presente, riflesso di una logica di monopoli dominante a livello mondiale, e che renda conto delle necessità di comunicazione presenti nella società. Le associazioni del terzo settore, il Comune e l’Università, le Scuole Superiori non hanno in questo momento a disposizione un sistema informativo che permetta loro la comunicazione e il confronto. La cultura come risorsa Una città come Pavia deve continuare a investire e impegnarsi nel mantenere un alto profilo in ambito culturale di contro alla banalizzazione legata a logiche di mercato. Di più, la sfida da raccogliere è non solo quella di continuare ad agire ma di riuscire a trovare i mezzi per riuscire a raccontarlo, incoraggiarlo e immaginarlo. La cultura rappresenta uno spazio privilegiato per combattere una battaglia che può migliorare la qualità di vita anche e soprattutto in termini economici concreti. L’Università e il territorio Pavia è sede di uno dei più antichi e importanti atenei d’Europa, ma viene avvertito da sempre un distacco tra l’università e il territorio. Questa di-

stanza appare ai più inopportuna per una città abbandonata dalle fabbriche che non può permettersi un futuro slegato dal patrimonio di sapere che questa istituzione rappresenta. Il compito dell’informazione. Le vicende del mondo dalla fine della guerra fredda in poi hanno fatto crescere la consapevolezza dell’importanza dei mezzi di informazione. Importanza legata non solo alla libertà di scelta, e quindi alla pluralità come richiamato dal Presidente della Repubblica, ma anche e soprattutto alla possibilità di accedere agli stessi, come scritto nell’articolo 21 della Costituzione. Manifestare liberamente il proprio pensiero vuol dire avere accesso a spazi informativi, poterli controllare e gestire in un’ottica che non sia solo ed esclusivamente quella delle leggi del mercato. Pensiamo che la soluzione di questi problemi possa transitare anche per la nascita a Pavia di un soggetto d’informazione dal basso che, sfruttando diversi supporti multimediale (carta stampata, portale internet, archivio audio/video, radio e televisione) sappia diventare un punto di convergenza per chiunque voglia contribuire alla creazione e alla diffusione di un altro modello d’informazione: un’informazione centrata su Pavia e sui suoi problemi che sappia

Kronstadt è una rivista che verrà distribuita gratuitamente, due volte al mese a partire dal febbraio 2004. Si sosterrà con un po’ di pubblicità, con il sostegno dei lettori abbonati e di chi altri vorrà sostenere il progetto. Tutto quello che leggete è verificabile e riscontrabile, ovvero proviene da fonti che riteniamo degne e non si inventa nulla. Nel caso in cui qualche articolo venga trovato offensivo o quant’altro ci scusiamo in anticipo e ci impegniamo, compatibilmente con gli spazi e i tempi, a fornire diritto di replica. La redazione di Kronstadt è aperta a tutti i contributi, quantomeno si impegna a leggerli e a valutarli per la pubblicazione se scritti bene. Tutto quello che viene pubblicato è coperto da una dichiarazione di copyleft: potete copiare, riutilizzare, tradurre più o meno tutto quello che volete, purché venga lasciata questa possibilità anche nei lavori derivati e soprattutto ogni distribuzione commerciale non è incoraggiata (nel caso dovete contattare la redazione).

ronstadt periodico fortemente bimensile Numero Speciale 4 www.upartaid.net/kronstadt [email protected] anche guardare oltre, nella consapevolezza che i problemi sul nostro territorio sono spesso la determinazione locale di problemi e dinamiche globali. Crediamo che l’esigenza di un’informazione non asservita al potere sia oggi sentita da molti, e che sia compito di queste persone impegnarsi per la creazione di spazi di libero confronto. Chiediamo perciò agli Enti Locali, alla Società Civile e all’Università di sostenere questo progetto firmando l’appello e partecipando concretamente alla sua realizzazione così da dar voce a questioni e opinioni altrimenti invisibili. Per arrivare a capire, di più e meglio, la complessità degli eventi e dei mondi che ci circondano. Per sostenere la necessità di una informazione intelligente, capace di guardare in profondità e riflettere sugli eventi, anziché sull'audience. Per cercare, infine, di svelare e raccontare sempre, ogni possibile verità. (www.ilariaalpi.it)

i disegni di questo numero sono di Davide Cornara

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