kronstadt
giovedì 29 gennaio 2004 Numero Speciale 3
Combat tenti di ter ra, di mare e MS
dell'aria!
25/5/1918 - 10/6/1940 Iraq e dintorni «Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! ... L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano.» Ricordate? Giugno e poi il Gran Consiglio, Aida come sei bella? E la bugia “le democrazie ... che hanno ... insidiato l’esistenza”. Ma come, ma dove, ma quando. Eravamo entrati nella seconda guerra civile europea. Era il 1940, giugno, il 10. Era ancora primavera come 25 anni prima. I primi fanti, il 24 maggio. Il 1915. Al fianco della Francia e della Gran Bretagna, appunto. E anche quella volta, bugia. Il paese non la voleva proprio quella guerra, la quarta guerra d’indipendenza o la prima guerra civile europea. E poi abbiamo scritto una stupenda Costituzione per promettere che non l’avremmo fatto mai, ma proprio mai più. E abbiamo istituito una Giornata della Memoria per non dimenticare. Peccato. Non abbiamo ricordato bene. Non abbiamo rispettato la promessa. In Somalia per esempio, forse, ma una giornalista comunista, così l’hanno chiamata, Ilaria Alpi e un operatore Miran Hrovatin sono caduti, schiacciati, sotto il peso della bugia. E adesso ancora. Iraq. Forse Blair non ha mentito, forse Bush è un grande presidente, difensore del Nuovo e Vecchio Mondo. Forse. Ma forse anche no. Forse ci hanno davvero raccontato una bugia. In qualche maniera si sente puzza di bruciato, sarà il Napalm, sarà il Petrolio. Comunque Mediawatch, NGV, RaiNews24, Report, L’elmo di Scipio, anche Ballarò e L’Infedele, suvvia, ci danno l’idea che si possa provare a tirare via il cerone e la biacca. Il re è nudo. E non lo dicono solo i buffoni (quelli per mestiere non per ispirazione divina), le Guzzanti e i Guzzanti, che pure e hanno tutti i diritti di dirlo.
La complessa evoluzione del dopoguerra irakeno induce oggi a riflettere su cosa è stato il regime di Saddam. Come sempre accade, lo scoppio della guerra ha messo in moto inevitabilemente la macchina propagandistica dell'uno e dell'altro fronte. Così, gli Angloamericani, allineandosi alla dottrina di sapore manicheo degli Stati canaglia che semplifica molto la complessità della guerra al terrorismo, hanno potuto presentare Saddam come una grave minaccia di stampo islamista permutando all'Irak i tratti dell'Afganistan dei Talebani, dall'altro canto, lo stesso raìs ha potuto proclamarsi paladino dell'Islam aggredito agitando lo spettro e il mito della Jihad. Tuttavia, oggi appare chiaro che né l'una né l'altra immagine erano del tutto veritiere. Ritenendo possibili o ammissibili i sospetti di lagami operativi tra una parte del terroismo islamico internazionale e l'Irak, di certo, però, il regime di Saddam Hussein non era una forma di stato autoritario fondato sul radicalismo religioso - come ad esempio l'Arabia Saudita - ma piuttosto una dittatura personalistica e laica a gestione familiare di carattere nazionalista evolutasi come una forma degenerata del socialismo arabo di cui il partito Bahat di Saddam era un rappresentante. Con questo spirito, il regime ha perseguitato con ferocia tutte le spinte centrifughe rispetto al mito dell'unità nazionale, tanto i Curdi al nord quanto gli
Sommario pagina 2 Da Rocky a Rambo Ilaria Alpi Mediawatch pagina 3 La Grande Guerra - 24 maggio 1915 27 gennaio 2004 - Body Count 27 gennaio: Giornata della memoria pagina 4 (DIS)INFORMATI! Appello per un altra informazione
Sciiti integralisti al sud, potenziali alleati del'odiato e potente Iran. Il problema integralista si pone semmai ora in cui una guerra ha spazzato via una forma di statale che, in qualche modo pur atroce, aveva costituito un freno alla diffusione di un certo integralismo nella zona avvertendolo come iìuna malattia degenerativa dell'islamismo. Il problema, quindi, è più grave oggi, nella situazione di vuoto attuale. La saggistica francese, storicamente più attenta alla questioni del medio oriente, pone all'attenzione tre modelli politici attualmente in atto di confronto col pericolo integralista. Il modello dell'Algeria che, dopo l'esperimento di apertura degli spazi democratici alle forze estremiste, ha attuato un piano di repressione militare e di espulsione degli integralisti dalla vita politica, salvo alcune eccezioni di riciclaggi nel versante "moderato", perché percilodi per la tenuta dello stato. Il modello del Marocco che cerca di contenere le spinte più radicali con un'interpetazione mordida dell'Ilsam associata ad una moderata diffusione del benessere. E il modello turco, noto per la radicale rifondazione dello stato e della sociatà su principi laici salvaguardati anche con la forza delle armi. L'autocrazia dispotica irakena, forse, costituiva un quarto modello. Oggi, a seguito delle difficoltà in cui incorre la coalizione nel gestire la complessità della società irakena post bellica e post Saddam, sembra sempre più imporbabile il passaggio indolore dell'Irak alla democrazia rappresentatia su base etnica che sarebbe negli obbiettivi degli Angloamericani. Il clima sembra più quello di smobilitazione generale che lascerebbe un enorme e pericoloso vuoto politico. E non è detto che in questa fase storica dell'Irak la democrazia sia la migliore forma politica possibile e nemmeno quella che può garantire la sicurezza dell'Occidente e tantomeno che possa risolvere pacificamente le tante tensioni che attraversano il paese. Non è impossibile prevedere uno scenario da guerra civile non appena le truppe d'occupazione lasceranno l'antico regno di Babilonia. Matteo
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giovedì 29 gennaio 2004
Da Rocky a Rambo
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piste su cui lavorava Ilaria Alpi si sono (o sono state) insabbiate ma non è bastato fermare il suo lavoro, perché l'opera fosse compiuta non poteva venire a galla nemmeno la verità sulla tragica morte della giornalista. Devono stare tranquilli coloro che credono nella giustizia? La risposta verrà da Carlo Taormina che è diventato presidente della commissione bicamerale d'inchiesta sulla caso AlpiHrovatin nel giorno in cui è stata istituita, il 21 gennaio 2004.
Il 15 febbraio 2003 alcuni siti e riviste di informazione indipendente hanno dato vita ad un “Mediawatch”, un osservatorio sull'informazione di guerra che in poco più di un mese ha raccolto più di 300 segnalazioni, documentando manipolazioni, forzature, censure, menzogne e propaganda. L’iniziativa - ospitata sul sito dell’associazione PeaceLink all’indirizzo http://www.peacelink.it/ mediawatch - è stata promossa da un gruppo di siti e riviste di informazione indipendente: Altreconomia, Carta, Azione Nonviolenta, Buone Nuove, Guer re & Pace, Indymedia. Information Guerrilla, Informazione senza frontiere, PeaceLink, Terre di Mezzo, Unimondo, Vita, Volontari per lo sviluppo. Oggi più che mai i giornali e la televisione sono chiamati a rispondere del loro operato, e la lista delle cose di cui rendere conto è stata costruita grazie al contributo di tutti i cittadini che hanno inserito le loro segnalazioni in rete, dando vita ad una vera e propria “commissione popolare di vigilanza” sul sistema giornalistico e radiotelevisivo. Da soli non ce l’avremmo mai fatta. La guerra ci ha travolto con una valanga di informazioni e messaggi, difficili da gestire singolarmente. La rete di osservatori nata attorno al “Mediawatch”, invece, è diventata un gruppo di “auto-aiuto” dove ognuno ha contribuito all'analisi collettiva dell’informazione di guerra, costruendo una “comunità virtuale” di lettori consapevoli, dove lo sforzo di documentazione veniva ripagato dalle segnalazioni ricevute dagli altri. Il frutto di questo lavoro è stata una vittoria su quella “overdose di informazioni” che costituisce la forma più subdola della moderna censura. Il quadro culturale e mediatico che emerge da questo sforzo è davvero desolante, con una lunga sequenza di menzogne propinate a ritmo più che quotidiano.
L.G.LeBanque
http://www.peacelink.it/mediawatch
(ANSA) - AVIANO, 27 GEN - Dick Cheney è arrivato nella base Usaf di Aviano accolto da applausi, urla e sventolio di centinaia di bandierine americane. Atterrato alle 14:30 col suo Boeing 777, il vicepresidente degli Usa è poi entrato nell'hangar uno della base, accompagnato dal generale Mike Worden, che lo ha presentato come uno 'special guest'. All' ingresso nell' hangar, i militari ed i loro familiari lo hanno salutato con grande entusiasmo, mentre gli altoparlanti diffondevano musica ad alto volume. Cheney è sceso dall'aereo accompagnato dalle note di Bill Conti "gonna fly now", famosissima canzone di Rocky, e così ci è stato presentato al tg: raggiante, tra le bandiere usa e quelle italiane. La musica scelta è un doppio omaggio: prima di tutto esalta i soldati presenti, memori della scalata del pugile Balboa e del suo "Adriana", in secondo luogo Cheney è comunque su suolo italico e Rocky è pur sempre "lo stallone italiano" self-made man tutto muscoli e sudore simbolo di quell'America di migranti che con la forza di volontà riesce ad emergere. Ma c'è un ulteriore link: la serie Rocky da sempre fa da colonna sonora alle politiche repubblicane, lanciando messaggi potenti in quel formidabile creatore di notizie ed informazioni che è l'immaginario collettivo. Rocky è l'apologia del self made man che lascia intendere l'inutilità, la dannosità d'ogni politica assistenziale: soprattutto nei primi episodi "proletari" è evidente la lotta individualista che l'eroe intraprende per liberarsi dal milieu, convinto che nel mondo, come sul ring, esista un solo vincitore che grazie a eccezionali qualità individuali emerge e si distacca dall'universo dei falliti. Addirittura più in là la serie diventa il simbolo della vittoria della politica USA su quella sovietica, liquidata, in Rocky 4, con qualche cartone ben assestato nella serissima inconsapevole satira che vede Balboa col tronco sulla neve che sfida il sovietico biondo supertecnologizzato, imbottito di vitamine e gran bastardo. Ma ancor più inconsapevole omaggio allo "spirito del tempo", da recuperare e studiare è, sempre collo Stallone, Rambo III, film assolutamente politico e con un gran messaggio da lanciare di qua e di là dall'oceano: nel 1988 il nemico, seppure sul viale del tramonto, era ancora l'URSS e la ferita afghana era ancora aperta, ecco allora il nostro (con capelli lunghi trattenuti da fascia, canottiera nera sudatissima, catenina portafortuna e bowie-knife gigante) affrontare i sovietici a fianco dei talebani, nel film rappresentati nelle vesti di simpatici pastori, grandi amanti dei cavalli. Il segnale da lanciare nel main stream dell'informazione mondiale all'epoca era chiaro: "I sovietici sono ancor pericolosi, di Gorby ci fidiamo fino ad un certo punto e per questo cerchiamo di disgregare il vecchio impero aizzando le tribù locali". Un film così non poteva non essere dedicato "al valoroso popolo afghano"
Ilaria Alpi: 20 marzo 1994 - 21 gennaio 2004 Il 20 marzo del 1994 un omicidio premeditato di una giornalista e di un operatore, per la scoperta di traffici di rifiuti "scomodi" e armi si intreccia con la denuncia di stupri perpetrati dai carabinieri e dai parà del contingente di pace italiano, con droga, armi, avorio, scimmiette vive, pietre miliari, busti del duce che la Guardia di finanza ha sequestrato all'aeroporto di Roma ad ufficiali e sottoufficiali provenienti da Mogadiscio, per non parlare della morte dell'agente del Sismi Vincenzo Li Causi al quale Ilaria Alpi aveva raccontato le sue scoperte, ucciso da una pallottola vagante il 12 novembre del 1993 …insomma non mancano elementi per aprire un inchiesta, istruire un processo e condannare i colpevoli. In Somalia circolano anche i nomi dei veri esecutori materiali del assassinio Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin (lo ha dichiarato l'ex ambasciatore Mario Scajola); questi nomi li conosce anche Ali Madhi, il signore della guerra di quella parte di Africa. Y.Amir, docente universitario già sentito dai magistrati italiani dice: "I signori della guerra hanno deciso di ucciderla perché sapeva troppo dei loro affari: armi, droga, rifiuti tossici (forse scorie radioattive provenienti dall'est europa arrivate passando per l'italia con navi della missione di pace). Non solo. La giornalista italiana sapeva anche con chi facevano affari questi signori. Un omicidio su ordinazione. L'ho già detto alla Digos". E in effetti un inizio c'è stato, Giuseppe Pitto (uno dei tre magistrati incaricati di seguire la pista dei traffici di armi e rifiuti) ha cominciato l'inchiesta ma presto è stato esonerato dall'incarico ed è il punto di arresto delle indagini sui traffici. L'altro filone riguarda il comportamento delle forze italiane, il caso degli stupri è scoppiato e ha avuto un seguito nei media ma è anche vero che per i partecipanti italiani non ci sono state serie conseguenze, se tra loro compare un capitano dei carabinieri (presente in piazza Alimonda durante l'omicidio di Calo Giuliani come riporta la commissione parlamentare sui fatti di Genova) che è diventato tenente colonnello. Le
Numero Speciale 3 Mediawatch
Art. 11
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L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Costituzione della Repubblica Italiana
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Numero Speciale 3 giovedì 29 gennaio 2004 La Grande Guerra - 24 maggio 1915
civili iracheni :minimo 8059, max 9896 militari della coalizione: 615, di cui USA 518, UK 57, Italia 17 (che come numero non è nemmeno troppo di buon auspicio), altri 23.
all'intervento -scrive l'11 aprile 1915 il "Corriere della Sera"- un grande giornale torinese "La Stampa", esplica un'azione che molti definiscono spiccatamente neutralista e che altri come noi non riescono assolutamente a comprendere>>. Ma la "Gazzetta del Popolo" e il "Resto del Carlino" usano un linguaggio assai più duro e il "Giornale d'Italia" di Bergamini parla di <<deviazione e deformazione dell'opinione pubblica>>. Quanto all' "Avanti", pur ribadendo con fermezza l'opposizione dei socialisti alla guerra e i sentimenti neutralisti della maggior parte degli italiani, e soprattutto delle masse popolari, si dimostra sempre più rassegnato all'inevitabilità del conflitto <
>. La guerra sembra così inevitabile e voluta ma se si leggono anche quei documenti destinati a restar segreti, come le relazioni inviate dai prefetti al presidente del Consiglio e ministro degli Interni Salandra, documenti che lo stesso aveva richiesto, in via riservata, poco prima dell'entrata, possiamo leggere che <> è assai diverso. I fogli giornalistici più diffusi si distaccano quindi dall'atteggiamento di fondo della popolazione: una popolazione sempre più preoccupata per la crisi economica e a disagio per l'incertezza di prospettive in cui si trova l'Italia, in un'Europa sempre più martoriata dal conflitto. (vedi STORIA D'ITALIA a cura di G. Galasso, UTET. Vol.XXII “LA PRIMA GUERRA MONDIALE E IL FASCISMO”) L.A.
27 gennaio 2004 - Body Count
Nella primavera del 1915 sono i giornali a dare l'impressione che le resistenze all'intervento siano cessate e che gli italiani si predispongano con entusiasmo crescente a quella che viene definita la <>, a cominciare dal capofila il "Corriere della Sera" di Luigi Alberini. I fogli giornalistici spingono alla guerra e vedono così crescere tiratura e vendita, ma neppure in questa occasione riescono a stabilire un punto di contatto con la maggior parte degli italiani. Il persistente e diffuso analfabetismo, in particolare nell'Italia centromeridionale, le differenti tradizioni locali ma anche il linguaggio <> e accademico di quotidiani e settimanali (conseguenza dell'antico distacco tra intellettuali e paese) fanno si che gli aumenti della diffusione restino limitati alla borghesia grande e media. La polemica sull'intervento , dunque, rischia di offrire un'immagine deformata della società italiana ma coglie sicuramente elementi significativi per quanto riguarda gli umori della borghesia colta e delle forze politiche ed economiche in campo. Tra i grandi giornali l'unico a resistere su di una posizione di neutralità è "La Stampa" di Alfredo Frassati. E per questo viene attaccata duramente dai quotidiani dell'interventismo. Mentre <
3 27 gennaio: Giornata della memoria Memoria di chi? I maggiori media nazionali hanno celebrato questa giornata come ricordo dell'olocausto del popolo ebraico. Se ricordare i sei milioni di ebrei periti per mano dei nazifascismi è cosa doverosa, altrettanto doveroso è ricordare gli "altri olocausti": oppositori politici, testimoni di Geova, rom, malati psichici, omosessuali furono altrettanto perseguitati dai regimi nazifascisti. In Italia addirittura, di 40.000 deportati, 30.000 erano oppositori politici e 8.000 ebrei (fonte: www.deportati.it). In questa giornata, diversi filmati sulle deportazioni nazifasciste sono stati trasmessi dalle reti nazionali, ed inevitabilmente, al termine, fioccavano riferimenti allo stato d'Israele. E' forse un modo per sfruttare l'emotività del pubblico che, vedendo le violenze di cui sono state vittime gli ebrei, e collegando tutto questo alla situazione di terrore che c'è in medioriente, recepisce che i morti di allora sono uguali ai morti di oggi? Se questo è vero sul piano della dignità umana, non lo è altrettanto davanti alla storia: in un caso si tratta di sterminio organizzato, basato su ideologie razziste e xenofobe (e purtroppo sappiamo anche che Pavia, tra pestaggi a giovani, assalti alle sedi di partiti e associazioni e l'incendio al Barattolo, è diventata un laboratorio della violenza per gruppi che si rifanno a quelle ideologie), e nell'altro caso si tratta invece di una vera guerra (anche se non ufficialmente dichiarata) con tanto di occupazioni e resistenza, le quali inevitabilmente producono morte e distruzione. E tantissimi altri sarebbero i casi di olocausti da ricordare, e tanti altri ancora da denunciare, dato che tutt'oggi nel mondo si verificano catastrofi delle quali non siamo neanche informati. O se sappiamo, facciamo esattamente come il popolo tedesco con i lager: tutti sapevano dell'esistenza, ma facevano finta di nulla. Ogni anno muoiono 20 milioni di persone per fame. Di questi, 4,5 milioni sono bambini. E il problema non è la mancanza di risorse (Jean Ziegler, noto esperto dell'Onu, afferma che oggi sarebbero già disponibili 2700 calorie a persona per 12 miliardi di individui), ma l'iniqua distribuzione di queste. RICORDARE NON SIGNIFICA BUTTARE CASI UMANI IN PASTO AL PUBBLICO. SIGNIFICA COMPRENDERE LE MOTIVAZIONI CHE STANNO DIETRO ALLE IDEOLOGIE CHE GIUSTIFICANO QUESTE TRAGEDIE (IDEOLOGIE POLITICHE, RELIGIOSE O ECONOMICHE), PER EVITARE CHE SI RIPETANO IN FUTURO. Non cristallizzare il dolore ma interrogarsi su come sia potuto succedere. Purtroppo non sempre questo lavoro è svolto con onestà dai media ufficiali. Egiziano di Leo
4 (DIS)INFORMATI!
giovedì 29 gennaio 2004
Come difendersi in tempo di guerra mediatica (DIS)INFORMATI! si articolerà in sei serate che si propongono di fornire degli strumenti critici per sopportare il quotidiano attacco da parte dei media. Presso il Csa Barattolo - via dei giovedì 12 febbraio giovedì 29 gennaio L'informazione dal basso L'informazione in tempo di guerra La terza serata tratterà dell'informazione in tempo di La quinta serata proporrà una serie di esperienze di guerra, presentando dei casi di distrazione, quando non informazione dal basso, quale strumento alternativo ai di vera disinformazione, riscontrati e raccontati dai media controllati dai grandi gruppi editoriali dietro cui si muovono forti interessi economici e politici. media alternativi. • Marco Trotta (responsabile progetto • Blicero - indymedia italia • Terre di Mezzo - Giornale di Strada MediaWatch del portale Peacelink.it) • Isola Tv - Telestreet milanese Seguirà poi la proiezione della puntata di Report su • Carlo Gubitosa – PeaceLink.it Ilaria Alpi “nient’altro che la verità)
Appello per un altra informazione
mercoledì 4 febbraio Il ruolo della televisione nella società e i media davanti al dolore La quarta serata porrà degli interrogativi sul ruolo della televisione nella società, valutando l'influenza che esercita sulla determinazione dell'opinione pubblica. Come caso emblematico si analizzerà il comportamento dei media davanti al dolore partendo dai tragici fatti di Nassirya. • Giorgio Grossi (docente di sociologia a Milano Bicocca) • Giampaolo Azzoni (docente di giurisprudenza a Pavia) • Franco Rositi (docente di Scienze Politiche a Pavia) In città si avverte l’esigenza di un altro tipo di informazione che si affianchi a quella già presente, riflesso di una logica di monopoli dominante a livello mondiale, e che renda conto delle necessità di comunicazione presenti nella società. Le associazioni del terzo settore, il Comune e l’Università, le Scuole Superiori non hanno in questo momento a disposizione un sistema informativo che permetta loro la comunicazione e il confronto.
giovedì 19 febbraio L'informazione sul territorio La sesta serata sarà una tavola rotonda sull'informazione sul territorio a cui parteciperanno tutti i soggetti che lavorano nel campo dell'informazione locale. Durante questa serata verrà presentato al pubblico il primo numero della rivista (quello che avete tra le mani è il primo dei cinque numeri speciali sulle questioni trattate durante le conferenze). • tavola rotonda Seguirà grande festa e cotillons
vertito da sempre un distacco tra l’università e il territorio. Questa distanza appare ai più inopportuna per una città abbandonata dalle fabbriche che non può permettersi un futuro slegato dal patrimonio di sapere che questa istituzione rappresenta. Il compito dell’informazione. Le vicende del mondo dalla fine della guerra fredda in poi hanno fatto crescere la consapevolezza dell’importanza dei mezzi di informazione. Importanza legata non solo alla libertà di scelta, e quindi alla pluralità come richiamato dal Presidente della Repubblica, ma anche e soprattutto alla possibilità di accedere agli stessi, come scritto nell’articolo 21 della Costituzione. Manifestare liberamente il proprio pensiero vuol dire avere accesso a spazi informativi, poterli controllare e gestire in un’ottica che non sia solo ed esclusivamente quella delle leggi del mercato.
La cultura come risorsa Una città come Pavia deve continuare a investire e impegnarsi nel mantenere un alto profilo in ambito culturale di contro alla banalizzazione legata a logiche di mercato. Di più, la sfida da raccogliere è non solo quella di continuare ad agire ma di riuscire a trovare i mezzi per riuscire a raccontarlo, incoraggiarlo e immaginarlo. La cultura rappresenta uno spazio privilegiato per combattere una battaglia che Pensiamo che la soluzione di questi problepuò migliorare la qualità di vita anche e mi possa transitare anche per la nascita a Pavia soprattutto in termini economici concreti. di un soggetto d’informazione dal basso che, sfruttando diversi supporti multimediale (carL’Università e il territorio ta stampata, portale internet, archivio audio/ Pavia è sede di uno dei più antichi e im- video, radio e televisione) sappia diventare portanti atenei d’Europa, ma viene av- un punto di convergenza per chiunque vo-
Numero Speciale 3
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Kronstadt è una rivista che verrà distribuita gratuitamente, due volte al mese a partire dal febbraio 2004. Si sosterrà con un po’ di pubblicità, con il sostegno dei lettori abbonati e di chi altri vorrà sostenere il progetto. Tutto quello che leggete è verificabile e riscontrabile, ovvero proviene da fonti che riteniamo degne e non si inventa nulla. Nel caso in cui qualche articolo venga trovato offensivo o quant’altro ci scusiamo in anticipo e ci impegniamo, compatibilmente con gli spazi e i tempi, a fornire diritto di replica. La redazione di Kronstadt è aperta a tutti i contributi, quantomeno si impegna a leggerli e a valutarli per la pubblicazione se scritti bene. Tutto quello che viene pubblicato è coperto da una dichiarazione di copyleft: potete copiare, riutilizzare, tradurre più o meno tutto quello che volete, purché venga lasciata questa possibilità anche nei lavori derivati e soprattutto ogni distrubuzione commerciale non è incoraggiata (nel caso dovete contattare la redazione). kronstadt periodico sicuramente bimensile Numero Speciale 3 www.upartaid.net/kronstadt [email protected] glia contribuire alla creazione e alla diffusione di un altro modello d’informazione: un’informazione centrata su Pavia e sui suoi problemi che sappia anche guardare oltre, nella consapevolezza che i problemi sul nostro territorio sono spesso la determinazione locale di problemi e dinamiche globali. Crediamo che l’esigenza di un’informazione non asservita al potere sia oggi sentita da molti, e che sia compito di queste persone impegnarsi per la creazione di spazi di libero confronto. Chiediamo perciò agli Enti Locali, alla Società Civile e all’Università di sostenere questo progetto firmando l’appello e partecipando concretamente alla sua realizzazione così da dar voce a questioni e opinioni altrimenti invisibili.
Per arrivare a capire, di più e meglio, la complessità degli eventi e dei mondi che ci circondano. Per sostenere la necessità di una informazione intelligente, capace di guardare in profondità e riflettere sugli eventi, anziché sull'audience. Per cercare, infine, di svelare e raccontare sempre, ogni possibile verità. (www.ilariaalpi.it)