Giornale Di Brescia Libri 2007-07-28 Pagina 34

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Data e Ora: 28/07/07

34

00.50 - Pag: 34 - Pubb: 28/07/2007 - Composite

LIBRI

SABATO 28 LUGLIO 2007

Giornale di Brescia

UNA BIOGRAFIA DEL GRANDE REGISTA E SCENEGGIATORE

Steno, sullo schermo il piacere dell’Italia in commedia

Un momento del film «I tartassati», con Aldo Fabrizi e Totò

Steno, ovvero il piacere dell'Italia in commedia, secondo un'idea di cinema con schegge d'autore ma di piacevole consumo, dove si rida e si scherzi in unisono col pubblico. Formatosi nella redazione del «Marco Aurelio», addestratosi sul set con Mario Monicelli, con quella partecipazione discreta che gli aveva fatto cassare il cognome Vanzina e prosciugare il nome Stefano, egli amava risolvere in comicità liberatoria anche i momenti deteriori del vivere sociale. E pur tra candide malizie parodicogrottesche e lievi causticità ammiccanti, lo faceva, come puntualizza Massi-

mo Giraldi, per «sbeffeggiare trattenendo il riso facile, mettere alla berlina conservando il rispetto per i beffati». A parlare di papà Steno, Giraldi lascia anzitutto posto ai figli. Tra le altre cose, Carlo ne fissa i riferimenti esemplari «Lubitsch, Clair, Chaplin, Stanlio e Ollio», la differenza autoriale con Monicelli e Dino Risi, il modo di lavorare con gli sceneggiatori, il rapporto con gli attori cui offriva «la possibilità di dare libero sfogo a estro e inventive comiche». A sua volta, Enrico ne ricorda l'amicizia con i produttori Ponti, De Laurentiis, Lombardo,

Cancellieri, e anche quei film paterni che gli sembrano «prototipi assoluti», come «La patata bollente» con uno sguardo poco convenzionale al mondo dei gay e al pianeta rosso della sinistra, o «Le avventure di Giacomo Casanova» per «la leggerezza nell'affrontare il tema, il colore, le atmosfere», e, in un capitolo a parte, anche aneddotici risvolti affettuosi di famiglia e di lavoro. Poi, Giraldi ripercorre, film dopo film, tutta l'opera di Steno, dopo averla inquadrata in una «breve guida per non perdersi» scandita lungo cinque decenni. Il primo

(1939-48) è riservato al lavoro di bottega in sceneggiature e aiutoregie. Il secondo (1949-59) focalizza gli incontri con Totò cui Steno sapeva adattare battute di surreale genialità per ruoli di tartassato cronico. Il terzo (1960-69) si sofferma sullo Steno attento ad altri comici, Rascel, Tognazzi, Vianello, Chiari, Franchi-Ingrassia, le sue divagazioni nella storia e nei film in costume, e quel titolo «storico» che è «Totò contro i quattro» (Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Nino Taranto, Erminio Macario). Il quarto (1970-79) guarda agli spunti che la realtà sociale suggerisce per film

d'impegno e alle «coordinate di un modo di intendere il ruolo di regista». Il quinto (1980-1988) indugia su alcuni felici sodalizi, Enrico Montesano, Monica Vitti, Johnny Dorelli, Diego Abatantuono, Renato Pozzetto, Christian De Sica, prima di concludere con un codicillo sul parallelo ed a volte incrociato lavoro di padre e figli. Alberto Pesce

STENO AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Massimo Giraldi Gremese 157 30

Due ricercatori americani hanno raccolto le testimonianze di sopravvissuti al genocidio

I TASCABILI

Armeni, la strage vista dai bambini

Da Cogne alla morte di Diana

Un milione di persone uccise dai turchi nel 1915 Enrico Mirani Sparati a sangue freddo. Bastonati. Bruciati vivi nelle chiese dove si erano rifugiati. Gettati nei dirupi o nei fiumi. Lasciati senza acqua e cibo nel deserto, costretti per mesi a marce forzate fino alla consunzione. Un tragico campionario della bestialità umana utilizzato per eliminare un intero popolo. Il genocidio degli armeni nel 1915 da parte dei turchi è una delle pagine più nere del pur tremendo secolo breve: per l’efferatezza morale e per l’entità della strage (un milione di persone, la metà degli armeni che risiedevano nell’Impero Ottomano), ma anche per l’oblio che generalmente circonda quegli avvenimenti. Lo Stato turco nega perfino la realtà del genocidio, punendo storici, intellettuali, cittadini che osino ammetterlo (è uno degli ostacoli del cammino verso l’integrazione con l’Unione europea). E per i superstiti - o i loro eredi il mancato riconoscimento impedisce la riconciliazione, il cicatrizzarsi di una ferita sempre aperta. La storia non è un insieme astratto di concetti. È carne, sangue, sentimenti. Ci aiuta benissimo a capirlo «Survivors», sottotitolo «Il genocidio degli armeni raccontato da chi allora era bambino». Autori sono due studiosi americani, Donald E. Miller e la moglie (di origine armena) Lorna

Touryan Miller. È un libro drammatico, intenso eppure preciso, distaccato, imparziale come dov’essere un’opera di carattere storico. Un libro completo, con date, numeri, informazioni, analisi dei processi che portarono al genocidio, e la descrizione dello stesso. Descrizione in senso stretto, con la testimonianza di oltre un centinaio di sopravvissuti. I racconti sono tremendi. Lo Stato turco, per eliminare gli armeni, usò ogni mezzo, principalmente la deportazione verso la Siria o il Libano: in realtà ben pochi sopravvissero a quello che doveva essere una marcia della morte. Gli armeni, cristiani, non vennero massacrati per motivi religiosi o razziali. Costituivano una minoranza molto attiva, dal punto di vista economico, culturale, politico e sociale, ben più moderna dei turchi. Perciò ambivano ad emanciparsi da una posizione di completa sottomissione, suscitando la reazione dei turchi. Dalla fine dell’Ottocento avevano subito diverse persecuzioni. Ma fu la Prima guerra mondiale ad innescare il genocidio. L’Impero andava disgregandosi; al multinazionalismo ottomano sotto il cui ombrello avevano convissuto decine di popoli diversi, i governanti sostituirono l’ideologia del nazionalismo panturco. Bisogna aggiungere l’odio della maggioranza dei turchi (non tutti: molti aiutarono gli

passionato l'opinione pubblica, occupando per anni giornali e teleschermi. La prima vicenda è tutta italiana: l'uccisione del piccolo Samuele a Cogne (per il delitto la madre Annamaria, nell'aprile scorso, è stata condannata in secondo grado a sedici anni di carcere). La seconda storia è il giallo internazionale di maggiore rilievo in questi anni: la morte della principessa Diana (dopo l'inchiesta francese che concluse per l'incidente stradale causato dall’ubriachezza dell'autista della vettura, è ancora in corso l'inchiesta inglese). Il libro che si occupa di Cogne non rievoca direttamente la vicenda giudiziaria, ma mette la lente di ingrandimento sulla grande protagonista del caso, Annamaria Franzoni. La chiamavano Bimba, dice il titolo del volumetto uscito nella collana Strade blu dell'editrice di Segrate (15,50 euro) e allude al soprannome con cui Annamaria era chiamata in famiglia: solo un nomignolo affettuoso, ma per qualcuno anche un appellativo che confermerebbe una personalità non cresciuta, che ha sem-

armeni) contro quella minoranza che «osava» alzare la testa; il fatto che in precedenza Russia, Francia e Gran Bretagna - i nemici attuali - avevano difeso gli armeni; la presenza di armeni oltre il confine russo, che trasformava i fratelli dell’Impero in sospetti traditori. Tutto ciò scatenò il genocidio, dal quale si salvarono solo gli armeni delle due città più importanti (e quindi sotto gli occhi delle comunità internazionali), Istanbul e Izmir. Il libro dei due Miller è una testimonianza straordinaria sull’uomo. Sulla sua crudeltà, ma anche sulla forza dell’amore. I sopravvissuti (con grande sofferenza) ricordano episodi tremendi e gesti di generosità, grazie ai quali molti di loro non perirono. Ricordano le marce, gli orfanotrofi dove crebbero, poi la diaspora in Europa e negli Stati Uniti. Nel 1991, dalla dissoluzione dell’Urss, è nata la Repubblica Armena, che ha realizzato il sogno di molti dei sopravvissuti. Ci vivono tre milioni di persone. In Turchia gli armeni sono 60mila. E la ferita continua a sanguinare. AUTORE Donald E. Miller, Lorna Touryan Miller EDITORE Guerini e Associati PAGINE 244 EURO 19,50

MONDO A STRISCE Sulla copertina del libro orfani armeni dopo le persecuzioni

Il cuore delle cose umane visto da un gatto giapponese Paola Bellandi

MONS. GIUSEPPE BETORI

Comunicare il Vangelo: la Parola nel tempo della missione Figura di spicco dell’episcopato italiano - dal 2001 è il segretario generale della CEI monsignor Giuseppe Betori ha dato recentemente alle stampe un bel volume intitolato «La Parola nel tempo della missione». Si tratta di un titolo che manifesta chiaramente due elementi assai importanti: il radicamento delle riflessioni di Betori nella Sacra Scrittura (è un biblista ed è stato docente di esegesi del Nuovo Testamento) e la sua viva attenzione per l’impegno missionario della Chiesa. Per altro, le tre parole che costituiscono il sottotitolo del volume - Bibbia, cultura, comunicazione - chiariscono ancora meglio queste indicazioni: infatti, i vari interventi raccolti nel libro ruotano intorno alla grande questione di come sia possibile oggi che l’annuncio cristiano permei la cultura e venga comunicato all’umanità contemporanea. Scrive Betori: «Proprio dall’originalità della

fede cristiana scaturisce la possibilità di stare nel tempo della pluralità con il coraggio dell’annuncio della verità e l’apertura dell’incontro nella carità. Coniugare insieme ascolto e testimonianza, dialogo e annuncio è l’imperativo di questi anni, perché l’identità non diventi intolleranza e l’accoglienza non si tramuti in insignificanza». Queste convinzioni si pongono in perfetta sintonia con quanto il Pontefice Benedetto XVI disse in occasione del Convegno della Chiesa italiana svoltosi a Verona: infatti, in quel frangente il Santo Padre ribadì la decisiva rilevanza e la chiara positività del grande sforzo di evangelizzazione messo in atto dai cattolici nel nostro Paese. Maurizio Schoepflin

LA PAROLA NEL TEMPO DELLA MISSIONE AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Giuseppe Betori S. Paolo 102 9,50

pre avuto bisogno di sostegno. L'autrice è Ilaria Cavo, giovane giornalista che ha seguito la vicenda prima per «Porta a porta», poi per i programmi di Mediaset. La Cavo ha raccolto le testimonianze di quanti hanno conosciuto la Franzoni prima o durante la lunga vicenda giudiziaria: dal marito Stefano Lorenzi, al suocero, agli psichiatri, ad alcuni dei magistrati, ai medici intervenuti in quella tragica mattina del delitto, ai vicini della famosa villetta... Pur tenendo conto della verità giudiziaria che indica Annamaria come colpevole, l'autrice non prende esplicita posizione. Ricorrono nelle interviste tutti i nodi e i dubbi che si sono rinnovati nelle cronache giudiziarie (e televisive) di un caso che ancora non pare destinato a chiudersi. Si schiera invece nettamente contro le verità ufficiali il secondo libro che segnaliamo: Chi ha ucciso Lady D? (collana Ingrandimenti della Mondadori, 14 euro). I due autori, Claudio Brachino e Paolo Filo della Torre, cavalcano tutte le ombre che gravano sulla fine della «principessa triste» e si dicono convinti al 99 per cento che sotto al tunnel dell'Alma non fu un banale incidente.

SURVIVORS

Neri Pozza ha pubblicato il primo romanzo di Natsume Soseki, grande scrittore nipponico del primo Novecento

Il Giappone che si affaccia alla modernità visto con gli occhi di un... gatto

ue libri usciti da Mondadori D affrontano altrettanti casi di cronaca nera che hanno ap-

di Alberto Ottaviano

L’autore dello stupendo «Il cuore delle cose», Natsume Soseki (pseudonimo di Natsume Kinnosuke), è uno scrittore considerato un grande della letteratura giapponese del Novecento, ultimo di sei fratelli, figlio di un samurai di basso rango. Egli ha regalato al mondo numerosi capolavori nei brevi anni della sua vita: muore infatti a 49 anni, nel 1916. Il suo primo romanzo «Io sono un gatto», pubblicato ora da Neri Pozza, riflette tutta la grazia, la maestria e la poesia di uno scrittore dotato di una straordinaria sensibilità per le sfumature sottili del quotidiano, per le piccole cose che piccole non sono mai. Il protagonista di queste pagine, un micio magrolino dal pelo giallo e grigio, vive a casa di un professo-

re, uno studioso che adotta il gattino per distrazione, occupato com'è nei suoi studi. Il luminare si chiude nel suo studio fino a sera e ne esce molto raramente, il che permette al gatto di fare ciò che viene meglio anche ai suoi simili: osservare lo strano comportamento degli umani pisolando nelle vicinanze. Prendono vita così dagli occhi disincantati di un animale intelligente e acuto le bizzarre imprese notturne dell'uomo: compone haiku (poesie), scrive prosa inglese infarcita di errori, si esercita maldestramente nel tiro con l'arco, recita canti in bagno, accoglie esteti che si dilettano a farsi gioco di tutto e di tutti senza mai dire la verità...

Insomma, mostra chiaramente il grado di insensatezza a cui può giungere il genere umano in epoca moderna. Non solo. Dalle sue amabili descrizioni ironiche e sottilmente distaccate appare anche il ritratto di un Paese vitale e brulicante di umanità, un Giappone che non siamo abituati a conoscere, il Paese dei primi del Novecento: una grande nazione moderna appena uscita dalle rivolte e dalle brume del medioevo, che contende alla Russia il predominio asiatico.

IO SONO UN GATTO AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Natsume Soseki Neri Pozza 510 18

Pagina a cura di:

MAURIZIO BERNARDELLI CURUZ e ENRICO MIRANI

di Marco Bertoldi

Ilmomentod’orodiDylanDog ue novità importanti per Sergio Bonelli editore, enD trambe legate a Dylan Dog, per-

sonaggio che non risente della crisi del fumetto. Per la prima volta in assoluto per le testate bonelliane non si festeggia con un «tutto a colori» un albo n.100, o multiplo di 100, ma un 250: Dylan Dog: Ascensore per l’inferno (pagine 96, euro 2,70; in edicola da fine giugno), che arriva a pochi mesi dalla celebrazione dei 20 anni avvenuta nel novembre 2006 con un’avventura in due episodi a colori sceneggiati dalla desenzanese Paola Barbato. Stavolta il testo è di Tiziano Sclavi, il papà del personaggio, che immagina Dylan in un incubo legato a un misterioso Tribunale per un appuntamento dai «numeri diabolici»: 6 giugno, ore 6, 6˚ piano, ascensore numero 6. Tra riferimenti a Magritte, una ragazza che sintetizza tutte le donne di Dylan, il suo galeone e altro ancora, una storia fascinosamente disegnata da Bruno Brindisi che si affida spesso a immagini anziché parole. L’8 agosto arriverà invece il primo Dylan Dog Color Fest (annuale, pagine 132 a colori, euro 4,80), quattro storie brevi, una delle quali a «grande firma».

La sempre ricca e attraente estate bonelliana di albi speciali offre in questi giorni anche un altro battesimo: quello della collana annuale «one shot» a firma di due grandi del fumetto western: Bandidos! di Gino D’Antonio e Renzo Calegari (pagine 248), con scontri tra mandriani, ladri di bestiame e indiani comanches. Già in edicola lo Speciale annuale n.24 Martin Mystère: Spade, sfide, magie che vede Diane e Angie trasportate in un mondo fantastico minacciato dall’Oscuro Signore; in allegato, Washington Mews guida per il visitatore che spiega come mai Mystère sia andato ad abitare al n, 3 di tale strada (pagine 132, + 52). Idem per Brendon speciale n. 5: I segni del male (pagine 160, euro 4,80) in cui il cavaliere di un futuro da dopobomba è coinvolto in un mistero con radici nella Vecchia Era: i cerchi disegnati suoi campi di grano. Pure disponibile è Maxi Zagor 2007 bis: La montagna di fuoco (pagine 320) con lo Spirito della Scure che cerca di sedare un conflitto legato al devastante risveglio di un vulcano che gli indiani attribuiscono alla sacrilega occupazione della zona da parte di un forte militare.

Una bella storia di Constance Fenimore Woolson: un’americana sposa un italiano e scopre di essere stata ingannata...

Quando il sogno di libertà è un giardino davanti a casa Rita Piccitto Una storia di espiazione si potrebbe definire la novella della scrittrice americana Constance Fenimore Woolson (1840-1894) «Il giardino davanti casa» tratto dalla raccolta «Italian Stories»; ma ancor di più un inno al sogno, perno di tutta la vicenda che si snoda leggera, benché con toni tristi e a volte beffardi. Prudence Wilkin, la protagonista, è un'americana che, rimasta sola a Perugia dopo la morte di una parente anziana con cui era venuta in Italia, si innamora di un bel cameriere, Antonio Guadagni. Quarantacinque anni lei, ventisette lui; egli, saputala benestante e vedendola forte e robusta, la sposa e la conduce a piedi fino alla sua casupola; lei commette l'imprudenza di crederlo sincero, cioè solo e abbandonato. Ad attenderla, infatti, la sorpresa: sette figli del vedovo Antonio, un nipote orfano, una nonna invalida e uno zio stravagante. Dopo solo un anno il marito muore la-

sciandola con ottantasette dollari dei seicento che lei stessa aveva portato in dote. Potrebbe piantare tutto e tornarsene a Ledham, nel New Hampshire, ma Prudence rimane a servire con pazienza e devozione quella famiglia avida e opportunista. Castigo per la sua imprudenza e bisogno di espiare la colpa? Col cuore, allora, trasferisce la sua terra lì, nella campagna assisiate, la materializza in un sogno, quello di far abbattere l'orrenda stalla di fronte alla casa e di costruirci un bel giardino fiorito, proprio un giardino all'americana con paletti dipinti di un bel bianco, «senza neanche un pizzico di questi gialli...». Più i suoi familiari la sfruttano più il sogno cresce e le dà la forza di resistere per vederlo realizzato. In sedici anni, per sei volte è sul punto di poterlo fare, ma per sei volte l'ingordigia della famiglia glielo impedisce fino all'ultima più grande delusione. Infine, l'incontro con una turista americana sarà per lei provvidenziale, mentre darà al lettore la

possibilità di cogliere la sottile autoironia che pervade la narrazione caratterizzata fino a quel punto da un palpabile manicheismo: da un lato il bene, l'ordine, la serietà, la parsimonia, l'onestà, tutto dalla parte di Prudence e del New Hampshire; dall'altro invece, il male, l'egoismo, l'inaffidabilità, la pigrizia, l'indolenza, la voracità appannaggio della famiglia Guadagni e dell'Italia la quale, per Prudence, non è altro che un «ben povero Paese» con una lingua "sottoprodotto di quella inglese". Un'Italia, insomma, che non rivela nulla di tipico e suggestivo proprio nell'epoca, invece, in cui turisti americani e inglesi vi trovavano il «pittoresco», quel pittoresco che la stessa Woolson, da turista solerte e attenta, aveva così apprezzato, tanto da trascorrere in Italia gli ultimi 14 anni della sua vita.

IL GIARDINO DAVANTI CASA AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Constance Fenimore Woolson Sellerio 115 8

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