Giornale Di Brescia Libri 2007-12-01 Pagina 47

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Data e Ora: 01/12/07

00.23 - Pag: 47 - Pubb: 01/12/2007 - Composite

LIBRI

Giornale di Brescia

SABATO 1 DICEMBRE 2007

47

RACCONTO-FAVOLA AMBIENTATO NELLA VIGATA DI ANDREA CAMILLERI

Se il contadino prende in moglie una temibile sirena...

Ulisse e le sirene: mitologia ed epica spuntano nel racconto di Camilleri

Qual è il segreto del successo di Andrea Camilleri? Qual è la ragione per la quale ogni sua nuova uscita sale in vetta alle classifiche di vendita? Forse perché lo scrittore di Porto Empedocle, fatta eccezione per qualche scivolone (ci viene in mente «La Presa di Macallè») con ogni suo libro regala qualche «orata» - per dirla alla sua maniera - di buona lettura. E anche quando parla di cose «tinte», spunta la vena ironica; il sorriso sta nel dna del suo raccontare. Anche quando, alla fine, lascia un poco di amaro in bocca, come in quest’ultimo «Maruzza Mu-

sumeci», racconto che declina spesso in fantasia e che per ammissione dello stesso autore, non voleva essere nulla di più d’un «cunto», una favola che Camilleri ha voluto raccontare a se stesso. E a noi. Maruzza Musumeci è una donna bellissima e strana. Partorita in mezzo al mare, per tutta la fanciullezza è stata convinta d’essere una sirena. Solo attorno ai trent’anni in lei spunta la figura femminile e materna. Ed è questa la ragione che la porta ad accettare la proposta di matrimonio di Gnazio Manisco.

Gnazio è un uomo che la vita ha messo subito a dura prova. Figlio di una bracciante - suo padre era partito per «la Merica» e non aveva più dato cenno di vita - cominciò a lavorare che aveva solo cinque anni e prendeva un quarto della già misera paga che davano ai suoi compagni di fatica e sventura. A vent’anni volle partire per «la Merica». Sudò, studiò, si fece rispettare e tornò a Vigàta zoppo ma con in tasca un gruzzoletto. Giusto quel che bastava per comperare un pezzo di terra e costruirsi una casa. Trovò posto su un triangolo pietroso e abbandonato,

uno spuntone sul mare. E chiese alla guaritrice «Gna Pina» di cercargli una «zita». Gnazio non amava il mare, la sua casa aveva finestre che guardavano solo sui campi. Ma s’invaghì a tal punto di Maruzza da costruire due cisterne, per permetterle di immergersi quando venivano i giorni in cui lei tornava a credersi sirena. Gnazio e Maruzza vivono la loro intensa e primitiva storia d’amore nella Vigàta dei primi del Novecento. Mettono al mondo quattro figli. Due prendono dal padre la solidità del lavoro, due ereditano dalla madre l’amore per il mare e le stelle...

Un respiro marqueziano nel romanzo del messicano David Toscana

Un inno alla lettura come chiave del mondo Forse «l’ultimo lettore» è quella figura mitica in via d’estinzione che sopravvive occultandosi in rari microclimi, colui che viene inseguito e vagheggiato dalle case editrici, o dai presidi del libro; clandestino, con i suoi affiliati raggiungerebbe al massimo il numero di una setta marginale, pratica uno sport ormai «estremo» in una nazione di orgogliosi non lettori. Ma soprattutto è qualcuno sensibile al linguaggio, capace di confondere vita e letteratura, anzi di moltiplicare la prima grazie alla seconda. Come Lucio, bibliotecario dello sperduto villaggio di Icamole, protagonista dell’ultimo libro - il primo tradotto in italiano - dell’ingegnere industriale messicano David Toscana, un romanzo pluri premiato nel suo paese, erede e rappresentante di punta della migliore tradizione sudamericana. Dimenticato dal governo che da tempo non spedisce più libri né stipendio e gli ha chiesto di sigillare la biblioteca comunale, Lucio cita e racconta decine di libri: li ha censurati del tutto o in parte spennellando di miele le virgole e i punti inutili affinché siano divorati dagli scarafaggi, oppure li ha modificati lui stesso, deluso da minimi ma determinanti dettagli, compresi i Vangeli e la Bibbia che avrebbero bisogno di un lavoro redazionale: «Al principio Dio creò il cielo e la terra». Perché spiegare che il principio è il principio? Lucio cancella le prime parole: Dio creò il cielo e la terra, e trova la frase perfetta. O le versioni dei Vangeli che narrano la morte di Gesù: è di Giovanni la migliore, dove Cristo dice e non grida: «È compiuto. E, chinato il capo, rese

AUTORE EDITORE PAGINE EURO

lo spirito», una frase sobria e definitiva per accettare finalmente e davvero che tutto sia finito. Quasi viene voglia di cercarli questi libri che si sovrappongono alla vita, che la rendono fantastica, pleonastica o più sopportabile. Ma è il desiderio vano, che fu anche del giovane Holden, di telefonare ai personaggi dei romanzi quando ci sembrano più veri dei nostri familiari. Per questo Anamari, una meravigliosa tredicenne trovata morta in fondo al pozzo di Remigio, figlio di Lucio - un pozzo inspiegabilmente pieno d’acqua mentre in paese non piove da un anno diventa Babette, la protagonista di un romanzo di Pierre Laffitte, occultata sotto le radici di un melo che perseguita l’assassino succhiando quella bellezza e replicandone ogni volta i lineamenti nei suoi frutti. Lucio consiglia al figlio di nasconderla sotto una pianta di avocado per renderla immortale come un libro, continuare a sovrapporre realtà e affabulazione, trasformare la madre che verrà invano a cercarla nella Rebeca di un altro romanzo, o continuare a scorgere la moglie Herlinda, morta prematuramente, nelle protagoniste dei romanzi russi. Del resto Lucio ha già peccato, alterando un testo sacro, aggiungendo un accento che mancava alla lettera d’amore trovata nella tasca del soldato Pedro Montes, caduto durante la battaglia leggendaria di Icamole nel 1876, e conservata come una reliquia nella cappella San Gabriele Arcangelo, in un barattolo di pesche sciroppate.

Andrea Camilleri Sellerio 150 10.00

di Alberto Ottaviano

MoraviasiraccontaadElkann ono nato sano e la mia «S famiglia era normale. Semmai l'anormale ero io. Anormale

perché ero troppo sensibile... [I BAMBINI]ipersensibili possono diventare dei disadattati; ma possono anche diventare degli artisti». E' l'incipit della Vita di Moravia, la lunga intervista in cui il celebre scrittore scomparso nel 1990 si racconta ad Alain Elkann, ed è un incipit che quasi racchiude tutta un'esistenza. Il libro, uscito la prima volta lo stesso anno della morte di Moravia, è ora riproposto nei Tascabili Bompiani (ma in veste cartonata) in occasione del centenario della nascita dello scrittore (15 euro). Elkann - anch'egli autore di numerosi romanzi e noto pure per le sue apparizioni televisive nella prefazione scritta per questa edizione si chiede cosa resti di Moravia, oltre le sue opere, diciassette anni dopo la sua morte e sottolinea: «Un esempio. Nel senso che lui ha saputo essere contemporaneo, presente, vigile e sempre dalla parte dell'arte, degli artisti, delle idee e non dalla parte del potere». Sollecitato dalle domande dell'intervistatore, Moravia - come è noto, il suo vero nome era

Alberto Pincherle - racconta nel libro dei suoi genitori (il padre architetto, veneziano ed ebreo, la madre marchigiana di lontane origini dalmate); le villeggiature a Viareggio; la malattia che segnò la sua giovinezza; le prime esperienze amorose. Poi il precoce successo, giunto con il romanzo Gli indifferenti, pubblicato nel 1929 dalla casa editrice Alpes ma a spese dello stesso scrittore, cinquemila lire che il ventiduenne Moravia chiese al padre. Il racconto si dipana attorno ai lunghi viaggi compiuti e ai rapporti con i poeti e i narratori più noti, italiani e stranieri: Malaparte e Vittorini, Montale e Ungaretti, Pasolini e Levi, Eliot e Sartre, Borges e Bellow, solo per citarne alcuni. Poi ci sono i romanzi e i racconti, gli episodi relativi alla società letteraria e le tante donne che hanno attraversato la vita dello scrittore, oltre alle tre da lui sposate: Elsa Morante, Dacia Maraini e Carmen Llera. Di notevole interesse anche le fotografie che accompagnano il testo: oltre alle immagini famigliari, si vede il romanziere italiano assieme a buona parte degli scrittori, europei e americani, che hanno segnato il ’900.

L’ULTIMO LETTORE AUTORE EDITORE PAGINE EURO

PUNTOGIALLO

David Toscana Bookever Editori Riuniti 219 15,00

Un amanuense in un miniatura medievale: quanti mutamenti nelle trascrizioni?

Come si scrive una poesia? E quali errori evitare nella stesura? I segreti del linguaggio che punta a cogliere l’essenza delle cose

La fisiologia dell’atto poetico

Maria Luisa Spaziani ed Eugenio Montale

Per la poesia non mancano in Italia ottime riviste, numerose - forse sarebbe meglio dire coraggiose - case editrici, alcuni festival, competenti rubriche e recensioni, nonché migliaia di concorsi. I poeti poi, come ha scritto recentemente Paolo di Stefano, sono un «esercito scalpitante». Insomma c’è tutto, anzi no, mancano solo i lettori, perché nemmeno i poeti leggono poesia, e nel suo «La poesia. Come si legge e come si scrive» (Il Mulino), Alberto Bertoni è stato chiaro: «Il rapporto tra chi legge e chi scrive poesia, oggi in Italia, è circa di uno a mille». E tra chi legge, aggiungiamo pure noi spietati, rarissimi quelli competenti. Dopo il manuale di Bertoni e quello di Valerio Magrelli, «Che cosa è la poesia» (Sos-

sella Editore), è da poco uscito un ottimo testo: «Com’è fatta una poesia?» di Nicola Gardini, professore all’Università di Oxford, raffinato romanziere, poeta, saggista e traduttore di poesia, già vice direttore della rivista Poesia dell’editore Crocetti. Nel suo prestigioso curriculum Gardini unisce tutte le anime della poesia e dunque parla con estrema competenza, ma soprattutto chiarezza e semplicità, una dote rara eppure indispensabile nella critica letteraria. Dunque un libro «per tutti» come si diceva un tempo, perché adatto, anzi obbligatorio, agli aspiranti poeti, utile ai rari lettori, e infine sussidiario per gli insegnanti che dovrebbero riportare nelle scuole il piacere della lettura e dell’analisi della poesia, intesa anche come conforto, viati-

«ERAVAMO IN DICEMBRE»: LA TRAGICA ESPERIENZA NEI LAGER

Memorie di una «gioventù rubata» La memoria è un bene da declinare in molti modi diversi. Specie se si tratta del ricordo di un’esperienza traumatica. Di quelle che scindono la vita in due creando fratture che, a volte, nemmeno il tempo può sanare fino in fondo. Aldo Spagnolli questa frattura l’ha raccontata 65 anni dopo averla vissuta. Dimostrando come la metabolizzazione della tragedia (vissuta da lui, così come da altri milioni di persone) della deportazione può avere una gestazione lunga. Soprattutto se non si fa della scrittura il proprio mestiere. «Eravamo in dicembre del lontano 1941» è qualcosa di più di un semplice diario. È un racconto vorticoso di anni difficili, tremendi. Visti attraverso gli occhi

MARUZZA MUSUMECI

I TASCABILI

Il bibliotecario che alterava i libri Alberto Albertini

Le sirene sono l’emblema di una ferocia misteriosa e primordiale, ma anche della consolazione e dell’amore. Nascono dall’intreccio fra la novellistica popolare e le più profonde radici della classicità mediterranea. Alimentano la favola, appunto. Per regalare un paio di «orate» della più caratteristica letteratura camilleriana. Claudio Baroni

Deportati nei lager: gli anni terribili del Novecento di un giovane Alpino, Aldo Spagnolli appunto, che ricostruisce quanto avvenuto dalla fine del 1941 (poco prima di presentarsi alla sede del 9˚ Reggimento Artiglieria Someggiata della Divisione Alpina Brennero) sino alla Liberazione. Un percorso travagliato

segnato indelebilmente dalla deportazione nei campi di sterminio. Spagnolli, che scrittore di professione non è, riesce comunque a coinvolgere il lettore con uno stile diretto e incisivo, scegliendo deliberatamente di evitare toni troppo drammatici e

concentrandosi, con lucidità ammirevole, sull’abiezione umana vissuta dalle vittime della barbarie nazista. La fame, gli stenti, la dignità costantemente violata e calpestata si alternano a brevi (ma utilissime) ricostruzioni storiche sull’evoluzioni del conflitto. Ma anche a tratti di vita personali, come gli amici, la famiglia lontana. E, soprattutto, Antonia. Quel legame fortissimo che si sarebbe tradotto, a guerra finita, nell’amore di una vita. «Eravamo in Dicembre» è tutto questo e molto di più. E la cronaca fedele e coinvolgente di una gioventù rubata. Ma che, fortunatamente, si è tradotta in una vita piena. Chi fosse interessato al volume può scrivere all’indirizzo e-mail: [email protected]. ramp

co, strumento per interpretare meglio la vita. Si comincia con il «togliere», che ricorda il motto delle lezioni di scrittura di Giuseppe Pontiggia: «Scrivere vuol dire saper rinunciare», perché con qualsiasi scrittura è innanzitutto una questione di economia. Si continua con il «trasformare», quando il linguaggio da referenziale si fa «performativo», creativo, gli oggetti in poesia assumono un nuovo valore, le parole diventano epifanie. E poi ci si addentra nelle caratteristiche più formali: ritmo, rima, verso e strofa, che scompongono la poesia e colgono i messaggi interni, inconsci, solo apparentemente invisibili. In conclusione alcune doverose riflessioni sulla

traduzione, questione spinosa che Gardini risolve con la sua consueta «levitas» e alcuni esempi che spiegano più delle teorie e delle diatribe sull’argomento. Colpiscono come una poesia alcune righe tra le ultime pagine, dove Gardini, citando Eliot e indirettamente Leopardi, sottolinea che forse non esistono parole belle o brutte ma solo rapporti riusciti tra le parole, conta il loro rapporto «affettivo» di relazioni analogiche che amplificano, evocano, suggestionano. E alla fine ci rendono migliori. a. al.

COM’È FATTA UNA POESIA? AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Nicola Gardini Sironi Editore 221 14,50

Pagina a cura di:

MAURIZIO BERNARDELLI CURUZ e ENRICO MIRANI

di Marco Bertoldi

Delitti veri, realistici o inventati n mazzetto di delitti veri, per cominciare. Cairo editoU re, neofita sempre più attento

alla narrativa gialla, offre l’originale e conturbante Ti amo ti ammazzo - Storie vere di amanti e assassini (pagine 172, euro 12), antologia che riunisce nove delitti frutto di passione, gelosia e follia realmente accaduti e rivisitati da altrettanti autori: quattro giallisti (Altieri, Carlotto, Fois, la Vallorani), quattro giornalisti e uno psichiatra. Il tutto con l’intento di staccarsi dalla pura cronaca nera ed evidenziare «il fattore umano». Casi noti come quello della marchesa Casati Stampa e del giudice Falcone, meno noti o rimossi (la tragica fine di una bimba bolognese di 9 anni), o ignorati (Carlotto sull’omicidio-suicidio di due anziani), o rivissuti in piena fantasia (il delirio di massacri di Altieri). Tornando all’invenzione, ma che si basa su solide basi reali, spicca l’uscita di Uomini che odiano le donne (Marsilio, pagine 676, euro 19,50), primo tomo della trilogia «Millennium» di Stieg Larsson, scrittore morto prematuramente dopo averne pubblicato l’ultimo capitolo. La vicenda di un giornalista economico di denuncia e in crisi, inca-

ricato dallo zio ricco industriale di far luce sul mistero della scomparsa della nipote avvenuta 30 anni prima e che ricorre all’aiuto di una hacker schierata dalla parte dei buoni, oltre che un giallo ben condotto, pur talora un po’ debordante, è occasione per mostrare luci e ombre (tante) della Svezia di oggi e dell’economia, ma soprattutto per denunciare una privacy che esiste a parole, ma è sempre più a rischio, anzi più violata. Gialli «tranquillizzanti» sono invece i due classici pubblicati da Polillo nella pregiata collana «Bassotti» che recupera romanzi e autori dagli Anni ’20 ai ’50 spesso dimenticati. Al guado tra la fama dei vecchi lettori e l’oblio dei giovani è S.S. Van Dine, creatore dell’investigatore ricco e snob che così sfugge alla noia Philo Vance, qui alle prese con L’enigma dell’alfiere (331, euro 13,40), serie di delitti legati a filastrocche infantili. Datato, ma ancora buono. Sorprese e trovate a iosa nell’antologia I delitti della camera chiusa (pagine 404, euro 14,40) dove accanto a nomi ignoti (ma buoni) compaiono anche i maestri John Dickson Carr e Agatha Christie. Tutta da godere.

Per le feste natalizie il libro-strenna corredato di splendide fotografie dell’editrice milanese Celip

I presepi e la Natività nell’arte lombarda Nel segno della tradizione l’editrice milanese Celip propone per le feste di fine anno libri-strenna che raccontano, anche attraverso splendide immagini, il bello artistico e paesistico della nostra regione. Quest’anno, sempre rimanendo nel solco di questa linea editoriale accolta felicemente dai lettori, si presenta un percorso originale nel mondo artistico della Natività e dei presepi. L’opera, che conta su testi di specialisti ed è ben corredata di apparato iconografico, ci accompagna alla scoperta della rappresentazione della nascita di Cristo attraverso le espressioni artistiche nel corso dei secoli. Sorprenderà non solo gli appassionati il modo di raccontare un evento in cui il messaggio religioso riesce a parlare a tutti. Come scrive Piero Chiara in un racconto natalizio citato nell’introduzione al volume da Mons. Gianfranco Ravasi, «quella notte si è stesa sul mondo come milioni di altre notti, eppure ha diviso per sempre il tempo prima e dopo Cristo».

È proprio vero che il capolavoro - tali sono numerose opere d’arte conservate a Milano e nel resto della Lombardia - sta accanto alla testimonianza popolare come segno unificante di una comunità. Dalle tele dei grandi pittori dedicate al Bambino nella grotta di Betlemme e all’Adorazione dei magi ai presepi che raccontano al popolo e attraverso una visione popolare la venuta del Salvatore, si snoda un percorso che affascina. Impossibile tracciare compiutamente l’itinerario nell’arte dedicata alla Natività presente nelle chiese e nei musei milanesi e lombardi, da Sant’Ambrogio a Sant’Eustorgio, da Santa Maria delle Grazie alla «galeria di squisite pitture» di Sant’Antonio Abate, dalla Pinacoteca di Brera all’Ambrosiana, al Castello Sforzesco, al Museo Poldi Pezzoli, alla Biblioteca Trivulziana, alla raccolta di stampe Bertarelli, senza dimenticare quel che si può vedere a Pavia, Cremona, Rivolta d’Adda e altre località lombarde.

viva una tradizione artistica che fa parte della nostra storia. Sempre a cura di Roberta Cordani nella collana diretta da Nicola Partipilo, le edizioni Celip offrono un’altra strenna dedicata ad una Milano che si vuole orgogliosamente sottrarre all’omologazione e che rivela quanto era bella lungo i Navigli. Faticosamente, si tenta di conservare aspetti del paesaggio che sono un bene prezioso. Alcune immagini del presente sono consolanti, molte del passato fanno sorgere comprensibili rimpianti. g. p.

NATIVITÀ E PRESEPI NELL’ARTE E NELLA TRADIZIONE A MILANO E IN LOMBARDIA

La copertina del libro-strenna sulla Natività C’è dell’altro ancora: dai presepi di Thomas Berra a quelli di Cracovia, dalle statuine volanti di Guido De Zan, a quelle di collezionisti milanesi e dei più importanti presepi italiani. Con uno sguardo anche agli artigiani la cui abilità e passione continua a mantenere

AUTORE AAVV EDITORE Celip - Milano PAGINE 286

I NAVIGLI - DA MILANO LUNGO I CANALI, LA BELLEZZA NELL’ARTE E NEL PAESAGGIO AUTORE AAVV EDITORE Celip - Milano PAGINE 476

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