Data e Ora: 29/09/07
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LIBRI
SABATO 29 SETTEMBRE 2007
Giornale di Brescia
ROMANZO DI UWE TIMM
Amici e quindi stranieri, lontani e distanti: per conoscersi meglio
La foto di copertina del libro di Uwe Timm
La domanda «Com’era arrivato al silenzio, ancor prima di morire?» chiude, senza risposta, la vita di un giovane uomo tranquillo, ucciso da un poliziotto durante una manifestazione politica. Uwe Timm, autore di «L’amico e lo straniero», a volte parco di parole ed emozioni, conclude così la dedica del suo libro in memoria dell’amico e compagno di studi Benno Ohnesorg, molti anni dopo la sua morte, ma, soprattutto, dopo aver capito che l’amicizia può non aver nulla a che fare con la conoscenza dell’altro. Parafrasando il titolo del romanzo di Camus «Lo straniero», Uwe Timm conferma ancor più la necessità nella vita della distanza e dell’in-
différence per dare spazio alla «passione del pensiero»: essere quindi «lontani e stranieri». L’Amico, come Timm chiama nel ricordo scritto il giovane compagno al collegio di Braunschweig, porta con sè una distanza naturale dagli altri, una sorta di distaccato equilibrio, un estremo individualismo intellettuale. La lettura di Sartre, della de Beauvoir, di Camus, Apollinaire e Beckett spesso ripercorsa a voce alta dai due amici sulle sponde del fiume Oker, insieme alla forza della loro poesia e della loro scrittura, si impongono connotandone il radicalismo esistenziale e la rara affinità artistica e intellettuale. Onoran-
do con un memoriale la vita, ma anche la morte controversa, di un giovane amico l’autore affianca alla storia dei movimenti sessantottini in Francia e Germania la sua personale, dolorosa presa d’atto che neppure la morte possa svelare la verità di un uomo: «L’assurdo nasce dal confronto fra il richiamo umano e il silenzio irragionevole del mondo», afferma Timm con le parole di Camus e pensa al silenzio dell’Amico sulla sua scrittura, di cui non era al corrente neppure la moglie Christa, giovane vedova che mancherà proprio quando l’autore prende coscienza di tutte le domande da sottoporle sulla vita di tutti i giorni di
Benno. La vistosa contraddizione tra gli anni di studio, la riservata adesione ai movimenti di ribellione culturale ed esistenziale, in particolare lo studio delle autarchie in paesi come la Persia, la morte violenta in una manifestazione contro lo Scià a Parigi, e il diluirsi di una vita banale, non più ritmata dai suoi sogni letterari, aprono un conflitto interno nell’autore che afferma: «L’esigenza dell’Amico che l’uomo possa essere d’aiuto all’altro uomo sarebbe stata la sua strada se al primo tentativo di agire non avesse trovato la morte». L’ultimo incontro programmato con il figlio adulto dell’Amico per sapere qualcosa di più di un fantasma amica-
Pérez-Reverte dalla sua esperienza di reporter dal fronte trae un romanzo inquietante e affascinante
Guerra, il battito terribile della vita Pagine sulla linea che unisce l’uomo e l’orrore Claudio Baroni «Il percorso più breve tra due punti: dall’uomo all’orrore». Questo cerca Faulques, ex fotoreporter, affrescando le mura interne di un’antica torre di guardia in faccia al mare. Insegue le geometrie che regolano il dramma della guerra, origine e fine della tragedia dell’umanità... «Quelle leggi che cerca di rivelare in questa torre, dopo aver tentato invano di decifrarle con le sue fotografie». Perché sa che «c’è ordine nel caos». La macchina fotografica, anche se usata con la precisione chirurgica e la freddezza di una spada da samurai, non può dare, in un’unica visione, l’idea globale. «Solo la pittura può»: glielo aveva detto, dopo una visita agli Uffizi e durante una serata incantata a Firenze, Ovido Ferrara, la bellissima ex modella e raffinata fotografa d’arte che aveva lasciato tutto per seguirlo sui fronti di guerra di mezzo mondo, fino a morire su una mina, in Bosnia. Faulques arriverà a questa stessa conclusione quando il suo obiettivo incontrerà il volto insignificante e volgare di un serbo-bosniaco processato per aver sgozzato diciassette donne. Impossibile continuare. Dopo trent’anni da fotoreporter sui fronti di tutte le guerre,
dopo aver offerto istantanee da premio a riviste di tutto il mondo, Falques abbandona il campo e torna alla sua giovanile passione per la pittura. Lo fa con la precisione fredda che lo contraddistingue. Cerca i 62 più significativi dipinti di battaglie di tutti i tempi, in diciannove musei d’Europa e d’America. Sceglie 23 foto, le raccoglie in un album che intitola «Morituri» e si ritira nella torre in faccia al mare, per dipingere «la foto che non ho potuto fare». La solitudine e lo sforzo diventano continua occasione per riflettere. Non spiegare, non capire, forse solo descrivere. Nella convinzione che la ferocia fa parte della natura umana, che la guerra è una sola, al di là di spazio e tempo, e che solo un dipinto riesce a porre in una crepa del muro «in agguato cavalli di legno e aerei che volano molto bassi verso le torri gemelle di tutte le Troia addormentate». Aveva girato il mondo per osservare, pensando solo al calcolo che permette di cogliere l’attimo e la sequenza. Ma, come insegna la meccanica quantistica, «l’uomo crea la realtà nell’atto di osservarla». Alla torre un giorno arriva Ivo Markovic, proprio per ricordare che nessuno sfugge alla propria responsabilità. È un ex-soldato
croato, che Faulques aveva immortalato in una foto divenuta celebre. Per quella istantanea emblematica il croato venne riconosciuto dai suoi nemici, che violentarono e massacrarono sua moglie e il figlio, torturarono lui e lo rinchiusero in un campo di concentramento. Markovic è la vittima che vuole capire, che pone domande. E che condurrà Faulques all’esito della sua storia. È un grande affresco quello che Arturo Pérez-Reverte offre ai suoi lettori. Chi ha apprezzato lo scrittore spagnolo per le affascinanti storie del Capitano Alatriste, o per i numerosi thriller - Il club Dumas, La tavola fiamminga, La pelle del tamburo, Il maestro di scherma, La Carta sferica... - ritroverà l’impagabile abilità nella costruzione dell’ingranaggio narrativo, la precisione documentale e il guizzo fantasiosoo. Ma la forza e la ricchezza del libro sono di ben altro spessore. Lo scrittore attinge alla sua vasta esperienza di reporter di guerra - lo ha fatto per vent’anni, prima di dedicarsi ai romanzi - e la connotazione autobiografica traspare ad ogni pagina. Cerca di analizzare con fredda precisione quel che prova il testimone sul campo di battaglia, professionalmente determinato a non farsi
«I disastri della guerra»: Goya - scrive Reverte - va oltre ogni più cruda fotografia coinvolgere, ma consapevole anche che le guerre «non sono che la vita spinta ai suoi estremi drammatici... Niente che la pace non contenga in dosi minori». Il luogo privilegiato, dunque, dove l’uomo possa erigere il suo «memento mori». E nella nostra epoca - che preferisce l’immagine alla cosa, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere - la fotografia non basta. Solo la pittura permet-
te di «mettere le dita dove pulsa il battito terribile della vita, anche a costo di ritirarle sporche di sangue». La pittura e la scrittura, come, alla fine, insegna Pérez-Reverte. AUTORE EDITORE PAGINE EURO
Arturo Pérez-Reverte Tropea 284 15
Uno scandaloso angelo perduto nellabigottacittàdeldiavolo
L’immagine di copertina del libro della spagnola Ángela Vallvey
MONS. ANGELO COMASTRI
«L’angelo mi disse»: biografia della Vergine secondo S. Luca Al di là di tutto ciò che è stato detto e di ciò che si può ancora dire intorno alla crisi della religione, e del cattolicesimo in particolare, nell’epoca contemporanea, un dato sembra rimanere saldo nella sua chiarezza, ed è quello relativo alla devozione alla Madonna. Basta leggere le cifre riguardanti il numero dei fedeli che annualmente si recano in pellegrinaggio ai santuari mariani: Lourdes, Fatima, Loreto, per citare soltanto i più noti tra questi luoghi della fede, attirano e accolgono milioni di persone. La popolarità della figura di Maria non conosce crisi, specialmente tra la gente comune, che in Lei continua a confidare e che a Lei continua a rivolgersi con ardore e speranza. L’Arcivescovo Angelo Comastri, arciprete di San Pietro e vicario generale del Santo Padre per la Città del Vaticano, ha scritto un libro che si pone in straordinaria sintonia con questi senti-
menti così diffusi all’interno del popolo cattolico. Egli si è messo nei panni della Madre di Gesù - non a caso il suggestivo sottotitolo del libro è Autobiografia di Maria - e facendo perno sul Vangelo di San Luca, narra, con stile semplice e avvincente, le vicende che vedono protagonista la Madonna, dall’Annunciazione sino all’Assunzione al cielo, passando per il Calvario, ove Ella fu presente ai piedi della Croce. Tutti coloro che guardano con affetto filiale alla Vergine di Nazareth troveranno in questo volume le parole e i sentimenti adatti per coltivare e approfondire tale affetto, che da sempre è una delle componenti più vive della fede cattolica. Maurizio Schoepflin
L’ANGELO MI DISSE AUTORE EDITORE PAGINE EURO
Angelo Comastri S. Paolo 132 12
È la mattina presto del giorno di Ognissanti del 1975. Don Alberto, giovane curato di S. Esteban, borgo rurale vicino a Toledo, in bicicletta si avvicina all’eremo per celebrare la messa. È in largo anticipo, per prepararsi con calma. Davanti alla chiesetta, fuori paese, la sconvolgente scoperta: il cadavere nudo di una giovane. Pugnalata più volte. Don Alberto, fresco di nomina, non conosce la donna: è Clara, apprenderà poi, bella, anticonformista, libera, comunista. Una ragazza madre. Un esempio scandaloso di vita e costumi immorali nella Spagna franchista, tanto più in questo piccolo paese bigotto e bacchettone. Ma chi ha ucciso Clara? Don Alberto, insieme a Ricardo, comincia una sua personale indagine, parallela a quella svolta dalla Guar-
dia Civil. Ricardo è un ragazzo di dieci anni, figlio di un professore che insegna a Toledo, nipote dell’uomo più ricco del paese e libero pensatore, per nulla franchista. Il fantasma del Caudillo aleggia sul paese (come del resto su tutta la Spagna): nei giorni dell’omicidio Francisco Franco agonizza attorniato dai medici che cercano disperatamente di prolungargli la vita e di allontare il momento in cui la Nazione sarà privata della sua tutela. Quella, come pensa l’anziano parroco di S. Esteban, che salva la Spagna dai «rossi» e dai miscredenti. «La città del diavolo», di Ángela Vallvey (43enne scrittrice di Ciudad Real), è un romanzo piacevole. Non proprio un giallo, piuttosto
L’AMICO E LO STRANIERO AUTORE EDITORE PAGINE EURO
I TASCABILI
Uwe Timm Mondadori 170 16,50
di Alberto Ottaviano
DonGiussaniegliuniversitari on Luigi Giussani e gli universitari. Il lungo dialogo D tra il fondatore di Comunione e
Liberazione e gli studenti è documentato dai resoconti dei periodici incontri che a partire dalla metà degli anni Settanta si tennero in varie località italiane. Furono le cosiddette Équipe di Comunione e Liberazione Università, momenti di verifica dell'avvicinamento e della scoperta dell'esperienza cristiana. I dialoghi tra don Giussani e i responsabili delle comunità universitarie avvenuti tra il 1979 e il 1981 sono raccolti nel volume Certi di alcune grandi cose, che esce nella sezione «I libri dello spirito cristiano» della Bur di Rizzoli (11,80 euro), con prefazione di Julián Carrón (lo scorso anno è stato pubblicato il primo volume della serie, Dall'utopia alla presenza). Oggi il contesto culturale è mutato profondamente; quegli anni erano caratterizzati da un duro scontro ideologico e da un'aspra ostilità nei confronti di Comunione e Liberazione, il movimento oggi largamente presente in Italia e in quasi ottanta Paesi del mondo. Emergono dal libro il contenuto e il metodo di una proposta, che
ha come punto di partenza l'esperienza concreta in tutte le sue dimensioni. La fede è «la certezza di alcune grandi cose», dice don Giussani, e «il modo per fare crescere la fede è rischiarla, confrontarla con ciò che accade». «Non è vera una fede che non si rischia con ciò che accade, con le circostanze». * Scienziati preoccupati per lo stato della ricerca scientifica in Italia. Ritenendo che la ricerca sia l'elemento essenziale per il progresso intellettuale, materiale e civile del Paese, un gruppo di studiosi di diverse discipline ha dato vita qualche anno fa al Gruppo 2003, elaborando poi un «Manifesto per una rinascita della ricerca scientifica in Italia». Trascorsi alcuni anni, quegli stessi scienziati (tra di essi c’è anche Silvio Garattini) rifanno ora il punto della situazione con un volumetto a più mani edito da Garzanti: La ricerca tradita (a cura di Tommaso Maccacaro, direttore dell'Osservatorio Astronomico di Brera, 16,50 euro). Il libro parte dal grave dissesto del settore in Italia e identifica alcune linee guide per una ripresa sempre più necessaria.
IL PITTORE DI BATTAGLIE
Spagna, novembre 1975: Franco sta morendo e in un paese della provincia viene scoperto il cadavere di una ragazza madre
Enrico Mirani
le, sconosciuto e perso, trascina dentro a Timm un mondo finalmente sconclusionato, assurdo ma vero. Il figlio vive nella casa del padre contornato di ricordi paterni, di cui non butterà nulla e che conserverà, perché, tutti gli oggetti, anche quelli che sembrano più inutili «chiedono protezione e, come diceva il padre Benno - sono le lacrime delle cose». Graziella Pizzorno
l’affresco della provincia spagnola (che nei suoi difetti assomiglia a quella italiana) negli anni Settanta, sul confine fra passato e futuro, conservazione e modernità. La piccola vicenda che si consuma a S. Esteban si mescola con la grande che va in scena nella capitale, intorno al letto di morte del dittatore. Alla fine - come sempre - il colpevole è scoperto. Non viene da fuori, come l’accomodante mentalità paesana vorrebbe (i cattivi sono sempre altri...): è qui, carne di S. Esteban. Bello.
LA CITTÀ DEL DIAVOLO AUTORE EDITORE PAGINE EURO
Ángela Vallvey Guanda 325 16
Pagina a cura di:
MAURIZIO BERNARDELLI CURUZ e ENRICO MIRANI
PUNTOGIALLO
di Marco Bertoldi
W. come Shakespeare i sono voluti quasi dieci anni affinché Jennifer Lee CarC rell, docente di Letteratura americana e inglese a Harvard con specializzazione in Shakespeare, di cui mette in scena anche spettacoli teatrali, dalla prima intuizione arrivasse a concretizzare sulla pagina W. (Rizzoli, pagine 517, euro 19), un giallo, ma soprattutto un romanzo importante intriso di mystery che ruota attorno a Shakespeare. Il più grande drammaturgo di tutti i tempi, vissuto all’epoca della regina Elisabetta I e la cui esistenza è pervasati misteri a cominciare da quello della sua identità (molte le ipotesi formulate dagli studioso in proposito, alcune peregrine ed altre plausibili) per arrivare al dramma perduto durante l’incendio del Globe Theatre nel 1613 «Cardenio». Tutto parte da un nuovo incendio ai nostri giorni nel Globe ricostruito mentre la giovane regista Kate Stanley sta allestendo «Amleto»: chi e perché sta uccidendo alcune persone rifacendosi alle tragedie di Shakespeare? Dovrà scoprirlo Kate anche per non fare la fine di Lavinia in Tito Andronico... Un romanzo dotto, intrigante, originale, da leggersi riflettendo.
Restando con la storia, si svolge nel 1170 a Cambridge La signora dell’arte della morte di Ariana Franklin (Piemme, pagine 427, euro 18,90). La donna del titolo è Adelia, una giovane donna che ha studiato anatomia all’Università di Salerno è che è quindi una sorta di medico legale antelitteram, qui chiamata a far luce assieme ai suoi due accompagnatori (un ebreo che fa la spia e un eunuco guardia del corpo) su alcuni omicidi di bambini di cui sono accusati gli ebrei. Un personaggio interessante per una trama che non vuole essere solo superficiale e si fa leggere assai volentieri. Ancora storia, ma assai più recente in La confessione di mister White di Robert Clark, vincitore dell’Edgar Award 1999 per il miglior giallo Usa dell’anno (Hobby & Work, pagine 284, euro 18). Siamo nel 1939 in Minnesota, dove un maniaco sta uccidendo alcune showgirl, caso di cui si occupa il detective Horner, individuando come colpevole un fotografo che si confessa poi come tale. Ma allora come mai il tenente Horner comincia e mettersi in dubbio e a dubitare della confessione? Pure questo un giallo che va oltre il giallo.
Lo scrittore gibutiano Abdourahman Waberi ambienta il suo romanzo in un mondo sottosopra e da incubo
Che inferno l’Euramerica e che Eldorado invece l’Africa Maria Pia Forte Nell’Europa in perpetua belligeranza, i cui abitanti vengono allevati nell’odio e nella paura reciproci, bretoni e normanni si scannano fra loro, e così pure fiamminghi e valloni, e non parliamo poi dell’Elvezia, in preda a secolari guerre etniche e devastata da orde sotto diverse uniformi, perché «vallesani, savoiardi, giurassiani, ticinesi, lucernesi, ginevrini e altri svittesi non sono mai riusciti a trovare un terreno d’intesa», e bastano «una parola equivoca, un accento fuori posto, un alpeggio occupato» per scatenare una nuova carneficina. Non se la passano meglio gli altri Stati: Parigi è ridotta una «tomba scoperchiata», Roma sprofonda nel sonno e Vienna nel crepuscolo da cui non si è più ripresa «dopo le due deflagrazioni che l’hanno investita: (...) il crollo della monarchia austro-ungarica e lo sterminio dell’élite ebraica da parte dei nazisti». Anche l’America versa in condizioni tragiche. Dalla Svizzera al Cana-
da (sconvolto dall’insanabile faida tra francofoni e anglofoni), dall’Italia agli Stati Uniti, dall’Inghilterra alla Bulgaria, i caucasici - ossia gli Occidentali - laceri, scheletrici e sporchi, vagano in cerca di salvezza, «esausti di zigzagare sotto i colpi dei mortai e dei missili che affliggono le terre sventurate dell’Euramerica». I loro bambini, affetti dalle malattie dei disperati della Terra, sopravvivono grazie alle eccedenze alimentari delle pingui Nazioni asiatiche e africane. Dall’altra parte i ricchi Stati Uniti d’Africa accolgono come possono i boat-people provenienti dal Mediterraneo settentrionale, gli uomini e donne che sbarcano senza sosta sulle incantevoli spiagge di Djerba o nella baia di Algeri e che nei centri d’accoglienza vengono nutriti dalle organizzazioni caritatevoli laotiane, afghane o saheliane. Ma la potenza africana, dopo essersi arricchita per secoli con lo sfruttamento degli schiavi dalla pelle d’avorio, è minata dall’eccessiva sicurezza in se stessa, dal suo
sentimento di superiorità rispetto ai bianchi, guardati come dei paria, dalle ingiustizie e ineguaglianze interne e dalle insulsaggini ammannite dalla TV. Un mondo che, «perduto nella contemplazione del dio denaro, votato allo spettacolo e al consumo», si sente minacciato dal «pericolo bianco», dalle ondate migratorie che si abbattono sulle sue coste da nord, da est, da ovest, da quei disperati che «propagano la loro natalità galoppante, la loro sporcizia millenaria, la loro mancanza di ambizione, le loro religioni retrograde, il loro maschilismo ancestrale, le loro malattie endemiche». Metà delle 165 pagine del romanzo di Abdourahman A. Waberi «Gli Stati Uniti d’Africa» sono occupate dalle gustose descrizioni di uno squilibrio planetario rovesciato, occasione per stigmatizzare gli egoismi e le inettitudini dell’emisfero ricco e di quello povero, anche se mutatis mutandis. L’altra metà è la storia, che s’interseca con le vicende di un mondo da
incubo, di Maya, ragazza bianca, nata in Normandia ma adottata da piccola e salvata da morte sicura da un medico eritreo e sua moglie, che un giorno decide di partire per la martoriata Europa, in cerca della vera madre e della propria identità. Troverà entrambe e tornerà pacificata ad Asmara, dopo aver superato quel doloroso rito d’iniziazione. Sebbene Waberi - 42enne nativo di Gibuti ma residente in Francia, autore di saggi, pièces teatrali e nove romanzi - metta in scena un’Africa camuffata da Europa, nella sua prosa carnosa si ritrova il sentimento cosmico che pervade la terra africana, si sentono pulsare i suoi cieli sterminati e incandescenti, le sue savane ancora in attesa della creazione del mondo e all’improvviso proiettate in una modernità che provoca squilibri laceranti.
GLI STATI UNITI D’AFRICA AUTORE EDITORE PAGINE EURO
Abdourahman A. Waberi Morellini 165 14,90
Nel libro un’Europa divisa e violenta