Astrofisica Stellare: Capitolo 9

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Capitolo 9 Riscontri e problematiche osservative 9.1. Calibrazione e validazione dello scenario teorico La catena di argomentazioni che siamo andati sviluppando ci autorizza ad interpretare in termini dei parametri fondamentali ”et` a” e ”composizione chimica originaria” lo stato evolutivo di una qualsivoglia struttura stellare, consentendoci in particolare di interpretare in termini di ”isocrone” la distribuzione di fasi ecolutive osservata nei diagrammi CM degli ammassi stellari. Tali diagrammi rappresentano nella maggior parte dei casi il ”dato sperimentale” di cui le teorie sono chiamate a rendere conto, con il duplice obiettivo di verificare, innanzitutto, l’adeguatezza del quadro teorico stesso e, su tali basi, di desumerne i paramteri evolutivi degli ammassi stellari in esame. Per fare luce sulla gran variet` a di valutazioni evolutive apparse in letteratura conviene innanzitutto richiamare e precisare alcuni aspetti fondamentali dell’approccio teorico. Da un punto di vista generale, la creazione di uno scenario teorico riposa sul calcolo di linee evolutive (le tracce evolutive) che costituiscono l’ingrediente di base per giungere alla predizione delle relative isocrone. Per giungere a confronti quantitativamente significativi con le osservazioni occorre peraltro ”forgiare” lo strumento evolutivo operando una scelta tra le molte opzioni sulle quali riposa il calcolo di un qualunque modello stellare. Per porre tale problematica sulle sue giuste basi osserviamo innanzitutto che, almeno sinch´e si rimane nel campo delle strutture stellari a simmetria sferica, il sistema delle cinque condizioni dell’Equilibrio appare fornire una descrizione esauriente del sistema fisico e, in quanto tale, viene universalmente adottato nei calcoli evolutivi. Aggiungiamo ora che il metodo di soluzione di tali equazioni, basato sul rilassamento di una soluzione di prova (metodo di Henyey), fornisce risultati singolarmente robusti. Abbiamo infatti a suo tempo indicato come procedure inaccurate possano eventualmente influenzare la velocit`a di convergenza o il suo stesso reggiungimento: se e quando si raggiunge la convergenza le funzioni sono peraltro la corretta soluzione del sistema, indipendentemente da ogni altra considerazione. In programmi di calcolo ragionevolmente impostati, variazioni nel trattamento numerico (numero dei mesh, spaziatura dei passi temporali, etc) hanno una minore influenza, talch´e appare lecito concludere che i modelli stellarti non dipendono dai particolari programmi di calcolo ma che, invece, un modello stellare `e tanto pi` u adeguato e migliore quanto pi` u adeguato e migliore `e il trattamento degli ingredienti fisici che intervenfono nel calcolo del modello. Possiamo richiamare i vari ingredienti fisici che entrano o che eventualmente si sopetta possano entrare in un modello stellare, dividendoli in due categorie: 1

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1. Meccanismi microscopici: 1. Equazione di Stato (EOS) per il plasma stellare, 2. Opacit`a radiativa ed eventuale conduzione elettronica, 3. Produzione di energia, ivi compresa la produzione di termoneutrini. 2. Meccanismi macroscopici: 1. Convezione superadiabatica, 2. Diffusione, 3. Overshooting invasivo, 4. Breathing pulses. Abbiamo pi` u volte ricordato come la valutazione dei meccanissmi fisici microscopici (prima categoria) coinvolga valutazioni sia teoriche che sperimentali anche di notevole complessit`a e difficolt`a. Conseguentemente la capacit`a di predire il comportamento fisico del plasma stellare `e andata progressivamente affinandosi con il tempo, con un parallelo adeguamento e perfezionamento della modellistica stellare. Per quel che riguarda la seconda categoria dei meccanismi macroscopici, la modellistica pu`o includere o meno diffusione, overshooting invasivo o breathing pulses, mentre la convezione superadiabatica, quando trattata tramite l’algoritmo della mixing length, richiede la calibrazione del parametro libero ”lunghezza di rimescolamento”. A fronte di una tale variet` a di opzioni, appare chiaro che il puro e semplice ”output” di un programma di calcolo evolutivo, per essere usato per valutazioni quantitative, richiede di essere validato e calibrato. Abbiamo a suo tempo indicato come l’eliosismologia fornisca un primo e prioritario strumento di validazione, talch´e la modellistica che non abbia passato il ”test” solare dovrebbe essere guardata perlomeno con sospetto. Discutendo di grandi masse, abbiamo anche posto in luce come la validazione richieda l’adozione del criterio di instabilit`a di Ledoux. Sono questi solo due esempi di come le varie fasi evolutive offrano una variet`a di occasioni di validazione che non possono essere trascurate quando si vogliano raggiungere risultati affidabili.

9.2. Ammassi di disco e masse intermedie In questa, come nelle seguenti sezioni di questo capitolo, intendiamo proporre una serie di esempi che illustrino almeno nelle loro linee fondamentali le numerose problematiche connesse all’utilizzazione dello strumento evolutivo, al fine di porne in luce le potenzialit`a ma anche i limiti e le eventuali assunzioni. Inizieremo dal caso degli ammassi stellari in prossimit`a del Sole, che rappresentano un campione privilegiao per la raggiunta solidit`a dei relativi dati osservativi. Per lungo tempo il confronto tra teoria ed osservazioni era rimasto infatti solo parzialmente significativo a causa dell’assenza di informazioni sulla distanza degli ammassi e, di conseguenza, sulla magnitudine assoluta delle stelle. Il satellite astrometrico Hipparcos, lanciato nel 1989, ha finalmente colmato tale lacuna, consentendo di determinare trigonometricamente la distanza di alcuni degli ammassi stellari pi` u vicini al Sole. La Fig.9.1 pone a confronto il diagramma CM dell’ammasso delle Iadi, gi`a a suo tempo riportato in Fig. 1.6, con le isocrone teoriche prodotte utilizzando modelli classici (no overshooting invasivo, no breathing pulses) basati sui pi‘u recenti ingredienti di microfisica testimoniati in letteratura a tutto il 2004. Si noti che per et`a inferiori a qualche miliardo di anni gli effetti della diffusione risultano in ogni caso negligibili. Nella stessa figura sono riportati anche i dati osservativi per un altro ammasso aperto in vicinanza del Sole, la Pleiadi, anch’essi confrontati con le relative predizioni teoriche. Iniziamo con l’osservare che il confronto della teoria con i dati osservativi richiede che lo strumento evolutivo, che fornisce l’isocrona nel diagramma HR teorico nel piano logL, logTe , sia ulteriormente integrato da opportune relazioni che colleghino logL, logTe alle magnitudini e colori nelle prefissate bande usate nell’osservazione. I dati in figura mostrano che utilizzando aggiornate valutazioni di tali due ingredienti la teoria appare in confortante accordo con le distribuzioni osservate. Evidenza tanto pi` u solida in quanto la figura stessa mostra come le assunzioni sul valore della mixing length non

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Fig. 9.1. Diagrammi CM per le stelle degli ammassi aperti Iadi e Pleiadi. In ascissa e ordinata sono riportati rispettivamente i colori intrinseci e le magnitudini assolute. Le linee riportano le isocrone teoriche per gli indicati valori di metallicit` a dei due ammassi e per il valore di mixing length l=1.9 HP . La linea a tratti mostra la collocazione della MS predetta per l=2.2 HP .Sono riportate indicazioni per le et` a delle due isocrone, per l’equazione di stato (EOS) e le trasformazioni nel piano osservatico (”Colori”)

influenzino le stelle di Sequenza pPrincipale alle maggiori temperature, e abbiano anche una limitata influenza sulle stelle di MS di minor massa, che sappiamo dover sviluppare inviluppi convettivi. Si noti al proposito come all’ulteriore diminuire della massa (e della temperatura efficace) diminuisca per infine svanire l’influenza del trattamento della convezione, che diviene progressivamente sempre pi` u adiabatica. Come gi`a abbiamo discusso, la scelta della lunghezza di rimescolamento `e invece critica per la collocazione delle Giganti Rosse. La presenza nelle Iadi di due giganti in fase di combustione di He consente cos`i di calibrare tale lunghezza al valore l∼ 1.9HP , in rimarcabile accordo con il valore ricavato dal Modello Solare Standard calcolato nel quadro del medesimo scenario teorico. Come indicato in figura, le isocrone consentono infinedi ricavare per i due ammassi et`a pari a 130 milioni di anni per le Pleiadi e a 520 milioni per le Iadi, gettando una proma luce sulla storia della formazione degli ammassi nella nostra Galassia. E’ subito necessario precisare che con quanto sopra non si intende dare una risposta probante e definitiva ad argomenti sui quali `e ancora aperto il dibattito. L’introduzione di overshooting invasivo aumenterebbe la valutazione delle et`a, lasciando pressoch´e inalterata la bont`a del ”fitting”. Cos`i come non vi `e generale accordo sulla metallicit`a da assegnare alle Pleiadi. Qui, come nel seguito, si intende fare uso di opportuni esempi per illustrare il tipo di procedure utilizzate nel raccordo tra teorie evolutive ed osservazioni, avvertendo peraltro -come stiamo facendo- delle ”variabili nascoste” esistenti nelle diverse problematiche. Ove si accetti la precedente validazione, su tale base `e evidentemente possibile estendere l’indagine a qualsivoglia ammasso aperto della nostra Galassia, questa volta per`o ricavando moduli di distanza e magnitudini assolute delle stelle di un ammasso dal ”fitting” delle Sequenze Principali, cio`e dall’imporre che la distribuzione delle sequenze osservative corrispondano alle predizioni teoriche come valutate per i valori di metallicit`a determinati spettroscopicamente per i vari ammassi. Notiamo peraltro che in caso di arrossamento interstellare non trascurabile, con tale metodo si ricava non il modulo di distanza ”vero”, differenza tra le magnitudini non arrossate (m-M)0 , ma un modulo di distanza (m-M) in cui all’effetto di distanza si somma quello dell’assorbimento. Nel caso della banda visuale si ha, ad esempio, (V-MV ) = (V-MV )0 + AV = (V-MV )0 + 3.1 E(B-V). In tale contesto notiamo che parlare genericamente di un modulo di distanza DM pu`o talora ingenerare equivoci, dovendosi preferire le forme esplicite (V-MV ) o (V-MV )0 e simili.

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Fig. 9.2. Diagramma CM osservativo per l’Ammasso Globulare NGC1866 nella Grande Nube di Magellano. La linea nel corpo della Sequenza Principale e la sequenza di punti indicata dalla freccia mostrano il ”best fitting” con l’isocrona teorica popolata con una distribuzione casuale delle masse. La freccia indica la sequenza teorica dei modelli in combustione di elio.

Di particolare rilevanza appare l’estensione di simili procedure agli Ammassi Globulari delle Nubi di Magellano. La Fig. 9.2 riporta il best fitting dell’ammasso NGC1866 nella Grande Nube, come ottenuto per un’et` a di 140 milioni di anni e gli indicati parametri di composizione chimica. Seguendo la procedura nota in letteratura come ”Ammassi sintetici” al posto della linea isocrona cui abbiamo sin qui fatto riferimento, la figura riporta la distribuzione di stelle lungo l’isocrona stessa come predetta sulla base di una distribuzione casuale delle masse evolventi. Tale procedura consente di aggiungere all’informazione sul luogo dei punti del diagramma coperto dall’isocrona anche l’informazione sull’atteso popolamento delle varie fasi evolutive mostrando ad esempio, nel caso in figura, come a causa dell’alta velocit`a evolutiva non ci si attendono stelle nella vasta regione che separa la Sequenza Principale dalle Giganti Rosse in fase di combustione di elio. Il caso di NGC1866 ci consente di meglio valutare quanto a suo tempo affermato sull’importanza degli Ammssi Globulari giovani nelle Nubi di Magellano. Si riconosce infatti come tale cluster rappresenti la controparte extragalattica di un ammasso galattico quale le Pleiadi, avendo simile et` a e non eccessivamente dissimile composizione chimica. A causa della grande differenza di popolazione, NGC1866 contiene peraltro qualche centinaio di Guganti Rosse in fase di combustione di elio laddove le Pleiadi non ne mostrano nemmeno una. Gli ammassi giovani delle Nubi rappresentano quindi un eccezionale campione che consente di ottenere dati statisticamente rilevanti sul popolamento delle fasi avanzate di combustione di elio in masse intermedie e, di converso, sui relativi tempi evolutivi. Per tale motivo NGC1866 e`stato sovente utilizzato per indagare l’efficinza dell’overshooting invasivo, peraltro sinora con controversi risultati. Notiamo infine come il best fitting, oltre a confortare le capacit`a predittivre della teoria ed a fornire una stima dell’et` a di quell’ammasso, fornisce anche una stima della distanza dell’ammasso e, con esso, della Grande Nube di Magellano. Ne risulta infatti un modulo di distanza (V-MV ) = 15.5 da cui un modulo di distanza intrinseco (V-MV )0 ∼15.35. Senza entrare al momento in problematiche che affronteremo pi` u oltre, accenniamo qui alla grande importanza di una precisa determinazione della distanza della Grande Nube: da tale distanza segue infatti la calibrazione della relazione periodo luminosit`a delle variabili Cefeidi della nube stessa, primo gradino che porta a definire una scala delle distanze per l’Universo intero.

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Fig. 9.3. Il numero di stelle di MS nell’ammasso NGC2004 con luminosit` a superiore alla magnitudne V in funzione di V (Distribuzione cumulativa ) confrontato con le predizioni teoriche per i vari indicati valori dell’esponente della IMF. Il numero di stelle `e normalixzzato al numero di Giganti Rosse in combustione di elio.

Come ulteriore elemento di possibili indagini, notiamo infine come la conoscenza della relazione teorica massa-luminosit` a lungo una MS consenta di ricavare con facile calcolo la distribuzione di stelle lungo tale sequenza per ogni assunto valore della distribuzione iniziale di massa IMF, parametro che vedremo essere di rilevanza centrale nella storia delle popolazioni stellari. Il confronto con le osservazioni consente quindi di esplorare il vaolre dell’esponente dell’IMF in tutti quegli ammassi con MS sufficientemente popolate per fornire risultati statisticamente rilevanti. A titolo di esempio, la Fig. 9.3 mostra come la MS del cluster NGC2004 della Grande Nube, il cui diagramma CM `e stato riportato nel precedente capitolo alla Fig. 8.6, segua con buona precisione una distribuzione IMF con esponente di Salpeter, risultando per il numero di stelle N al variare della massa M dN/dM = M−2.35 .

9.3. Ammassi Globulari Galattici: procedure di fitting ed et` a Gli Ammassi Globulari Galattici rappresentano un campione osservativo sul quale si `e per molto tempo concentrata l’attenzione dei ricercatori, sia per l’interesse intrinseco di questi sistemi collegati alle fasi evolutive iniziali della Galassia, sia per la presenza statisticamente rilevante di stelle in ambedue le fasi di combustione di elio al centro (HB) e in shell (AGB). La validazione dello scenario teorico `e in questo caso meno stringente, non avendosi sinora misure dirette della distanza di tali ammassi. Rimane dunque un grado di libert`a sul valore delle magnitudini assolute, cui talora si aggiunge una leggera flessibilit`a sui colori, collegata all’incertezza sul preciso valore di un eventuale arrossamento. Il parametro libero ”et`a”, che modula la forma del Turn Off, agiunge ulteriore libert`a. Resta peraltro evidente che una tale validazione, se pur ”debole” resta prioritariamente necessaria quando si voglia utilizzare lo scenario teorico a livello quantitativo. Nel caso di ammassi non arrossati, o di arrossamento noto con precisione, la distanza dell’ammasso puo` o essere determinata tramite il best fit con la Sequenza Principale teorica di opportuna composizione chimica. E’ peraltro facilmente verificabile come incertezze sull’arrossamento si traducano in incertezze sul modulo di distanza: aumentando l’arrossamento aumenta il modulo di distanza necessario per portare a coincidere la sequenza teorica con quella osservata. Una tale degenerazione arrossamento-distanza pu`o in principio essere risolta attraverso il best fit del Ramo Orizzontale, la cui luminosit`a, per l’andamento sensibilmente orizzontale, poco risente dell’arrossamento. E’peraltro da notare come i modelli di ZAHB siano il prodotto dell’intera evoluzione in fase di Gigante Rossa, e pertanto

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Fig. 9.4. Esempio delle procedure di best fitting per l’Ammasso Glubulare M68. a): Determinazione del modulo di distanza apparente dal fit del Ramo Orizzontale e dell’ arrossamento dal fit della MS (+ TD). La freccia mostra la direzione di spostamento delle isocrone al crescere dell’arrossamento. b): Aumento della mixing length e fit del colore del Ramo delle Giganti.

contengano molta pi` u ”storia” e molta pi` u fisica dei semplici modelli di MS, risultando pertanto corrispondentement pi` u a rischio di incertezze. Tenendo in mente tali precauzioni, notiamo qui che se il modulo di distanza apparente viene fissato tramite il Ramo Orizzontale, l’arrossamento resta fissato dal fitting della sequenza principale, come mostrato in Fig. 9.4a. Fortunatamente, come mostrato nella stessa figura, tale processo ammette un ulteriore criterio di validazione. Il ”gomito” che all’aumentare delle temperature efficaci conduce alla verticalizzazione del Ramo (HB-TD = HB Turn Down) segnala in effetti la temperatura alla quale la correzione bolometrica inzia a crescere, abbassando la luminosit` a nella banda V. Esso `e quindi un buon indicatore di temperatura che si colloca attorno a (B-V)0 ∼ 0, indipendentemente dalla metallicit`a o dall’et`a del cluster. La buona corrispondenza tra il TD teorico e quello osservato `e quindi un buon criterio di conferma del valore di reddening adottato. Come mostrato in Fig. 9.4b, fissato modulo di distanza e reddening, il valore della lunghezza di rimescolamento resta fissato dalla condizione di riprodurre il colore osservato del Ramo delle Giganti, anch’esso solo debolmente dipendente dall’et`a dell’ammasso (cio`e dal valore della massa evolvente). l’et` a resta infine determinata dal confronto delle isocrone nella regione del Turn Off. I dati in Fig. 9.4b mostrano come in un ammasso con buon diagramma CM l’incertezza di tale determinazione sia sensibilmente minore a ± 1 Gyr, fatto salvo l’intervento di errori sistematici. La Fig.9.5 mostra come le isocrone teoriche pi` u aggiornate riescano a rendere fedelmente conto della distribuzione nel diagramma CM delle stelle di un Ammasso Globulare, riproducendo in particolare con buona precisione la collocazione del Ramo delle Giganti con il parametro di mixing length calibrato al valore l∼ 2.0 HP .

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Fig. 9.5. Diagramma CM per l’Ammasso Globulare M13 con sovraimposto il best fitting delle isocrone teoriche. Per la fase di combustione centrale di He `e riportata solo la collocazione della ZAHB.

A fianco e in aggiunta a tale criterio morfologico, esistono altri parametri che possono concorrere ad una validazione dello scenario teorico. Tra questi di particolare rilevanza il rapporto tra il numero di stelle in AGB e in HB, che l’osservazione fissa a 0.14 ± 0.05. E’ facile comprendere come tale rapporto rifletta l’estensione della convezione nella fase di combustione centrale di He: maggiore tale estensione maggiori sono i nuclei di CO al termine della combustione, pi` u lunga la vita in HB e pi` u luminosa e pi` u rapida la fase di AGB. La semiconvezione classica rende automaticamente conto di tale rapporto, che richiederebbe invece una drastica riduzione dell’overshooting invasivo usato da alcuni autori. Tra gli elementi validanti, e che nel contempo forniscono informazioni sui parametri evolutivi del cluster, ricordiamo infine anche la funzione di luminosit`a del Ramo delle Giganti e, nel corpo di questa, la luminosit`a del ”bump” generato dall’incontro della shell di combustione dell’idrogeno con la discontinuit` a nell’abbondanza di H lasciata dal primo dredge up. Tra i risultati delle procedure di validazione e di fitting vi `e dunque, come atteso, anche l’et` a dei cluster, elemento di grande rilevanza nello stabilire le tappe evolutive della Galassia. Vi `e oggi un crescente accordo per assegnare agli Ammassi Globulari della Galassia et`a che si aggirano attorno a 11-12 Gyr, il valore esatto dipendendo dai vari autori. E’ ancora aperto il discorso di quanto tali ammassi possono essere considerati rigidamente coevi. Da notare che in ammassi cos`i antichi non `e pi` u trascurabile la diffusione degli elementi: per ogni prefissata et`a dell’ammasso, tale meccanismo tende a diminire la luminosit`a del Turn Off e quindi, a ringiovanire l’ammasso di circa 1 Gyr rispetto a quanto ricavabile ricorrendo a scenari evolutivi privi di diffusione. Si noti a tale proposito come la luminosit` a del Turn Off cui abbiamo or ora fatto riferimento possa essere calibrata, per ogni assunta composizione chimica originaria, in termini dell’et`a dei cluster. Ci` o consente determinazioni dell’et`a che prescindono dal fitting accurato dell’andamento delle stelle nel diagramma CM. Per usare tale calibrazione occorre peraltro riuscire a valutare la distanza dell’ammasso e, con essa, la magnitudine assoluta delle stelle osservate. A tale scopo vengono usati due tipi di procedure. L’una, che abbiamo g’`a richiamato, consiste nel valutare la distanza dell’ammasso tramite il fitting della Sequenza Principale. Una variante di tale procedura, utilizzata da taluni, consiste nel valutare la magnitudine assoluta delle stelle di MS non gi` a dalle previsioni teoriche ma dall’osservazione di subnane di campo di distanza e metallicit` a note. Non si comprende peraltro in base a quale ragionamento non ci si fida della MS teorica per poi fidarsi della calibrazione dei Turn Off. Una seconda procedura assume di fatto come calibratori di distanza (candele standard) le stelle di Ramo Orizzontale. Ferme restando le precauzioni che riguardano le valutazioni

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Fig. 9.6. Il diagramma CM per le stelle nella Dwarf Spheroidal Galaxy Carina del Gruppo locale. Le isocrone teoriche mostrano il best fit delle stelle di tre distinti episodi di formazione.

teoriche di tali strutture in fase di evoluzione avanzata, una tale procedura conduce ad una stima dell’et`a di particolare rilevanza e semplicit`a, nota come il Metodo Verticale. E’ infatti subito visto che in tal caso la teoria fornisce una calibrazione in termini di et`a della differenza di magnitudine tra il Ramo Orizzontale ed il TO, che `e parametro indipendente dall’arrossamento e facilmente misurabile anche quando le osservazioni non raggiungano con sufficiente precisione le stelle di MS. Ricordando come la luminosit`a dell’HB dipenda solo molto debolmente dall’et` a, si conclude facilmente come la differenza di magnitudine HB-TO deva aumentare al crescere dell’et` a dell’ammasso. In linea di principio, a fianco del Metodo Verticale si potrebbe considerare anche un corrispondente Metodo Orizzontale. La Fig.9.4 mostra infatti come al crescere dell’et`a diminuisca la lumghezza del Ramo delle Subgiganti che collega il TO al Ramo delle Giganti. La calibrazione teorica `e peraltro dipendente dalle assunzioni sul valore della mixing length che, in linea di principio, potrebbe variare al variare della metallicit`a del cluster. Per tale motivo il Metodo Orizzontale `e stato principalmente sinora usato essenzialmente per confronti interni tra cluster con simili metallicit` a. Come nel caso delle masse intermedie, concludiamo anche questa sezione con una applicazione dello scenario evolutivo a sistemi extragalattici. La Fig.9.6 mostra infatti il diagramma HR delle stelle nella galassia ”dwarf spheroidal” del Gruppo Locale in Carina. Ne emergono con buona evidenza tre distinti episodi di formazione stellare. Come mostrato nella stessa figura, il fitting con le isocrone teoriche conduce a valutare le et`a di tali episodi come risalenti, rispettivamente, a 0.6, 5 e 11 miliardi di anni or sono.

9.4. Ammassi Globulari Galattici: composizione chimica e problema dell’elio. Parametro R. Il quadro evolutivo sin qui elaborato ha assunto la composizione chimica originaria delle stelle di ammasso come dato accessibile alla sperimentazione attraverso l’analisi degli spettri stellari in strutture, quali quelle della MS, che non abbiano ancora subito fenomeni di dredge up. Se questo `e vero in linea di primcipio, `e altrattanto vero che la determinazione delle abbondanze chimiche nella atmosfere stellari `e problema di grande complessit`a che

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Fig. 9.7. Diagramma CM per l’Ammasso Globulare Galattico NGC6752. Metallicit` a stimata dell’ammasso [Fe/H]= -1.57. Lungo la ”coda blu” del Ramo ”Orizzontale” sono riportate gravit` ae abbondanza superficiale di elio come misurate alle diverse indicate luminosit` a.

nell’approccio pi` u moderno riposa sulla produzione di ”modelli di atmosfera” da cui ricavare Spettri sintetici da confrontare con gli spettri osservati. Pur senza poter entrare nel dettaglio di uno dei pi` u estesi capitoli dell’astrofisica moderna, ricordiamo solamente che ancor oggi molte modelli di atmosfera sono basat1 su un trattamento monodimensionale (strati atmosferici piani e paralleli) assunti in Equilibrio Termodinamico Locale = LTE. Appare peraltro sempre pi` u evidente che approcci pi` u perfezionati, quali quelli non-LTE tridimensionali, possono portare a non trascurabili variazioni nelle valutazioni di composizione chimica. Le stime sin qui fornite sulla metallicit`a delle struttture galattiche ed extragalattiche devono pertanto essere riguardate come fortemente indicative, ma con ancora un sia pur limitato margine di variabilit` a. In tale contesto, per lungo tempo si `e fatto uso dell’ipotesi che al variare della metallicit` a totale Z rimanesse costante il rapporto dei vari elementi pesanti che concorrono a formare tale metallicit‘a, cos`i come ricavato dall’atmosfera del Sole (Solar Scaled Mixtures). Valutazioni pi` u approfondite hanno peraltro mostrato che al fdiminuire di Z ai valori tipici della Pop-II galattica si manifesta una tipica sovrabbondanza relativa degli elementi multipli di α, quali C, O, Ne, Mg. E’ questo un interessante segnale di una variazione temporale nei meccanismi di produzione degli elementi pesanti. Qui ci interessa solo segnalare che tale sovrabbondanza viene rappresentata, in analogia con il fattore di metallicit` a [F e/H], dal rapporto [α/F e] = log[α/F e]∗ − log[α/F e] che dunque misura il rapporto [α/F e] in una stella ripetto al rapporto solare. Dal valore [α/F e] ∼ 0.3 tipico di per almeno alcuni Ammassi Globulari si ricava cos`ı che in tali ammassi gli elementi α sono, rispetto al Fe, circa il doppio che nel Sole. Sia pur con qualche eccezione e precauzione , per investigare il cammino evolutivo di stelle di Pop.II `e sufficiente valutare dai due valori di [F e/H] e di [α/F e] il corretto valore di Z, abbondanza in massa di tutti gli elementi pi` u pesanti dell’elio. Completamente diverso `e invece il problema della valutazione del contenuto di elio nelle stelle di Pop.II. Come notato discutendo dei tipi spettrali, le righe dell’elio appaiono solo in stelle ad alta temperatura superficiale, di tipo spettrale B od O, ove gli elettroni dell’elio si collocano in stati sufficientemente eccitati. Le righe di assorbimento degli elettroni nello stato fondamentale cadono infatti nell’estremo UV, assorbito dal gas interstellare. Stelle a temperatura sufficientemente alta si trovano solo in Ammassi Globulari con HB molto estesi.

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Le misure dell’elio in tali stelle hanno peraltro prodotto risultati inattesi, con abbondanze che variano tra 1/10 e 1/100 dell’abbondanza di He nel Sole. A fronte di tale evidenza, fu a suo tempo suggerito, ed `e oggi universalmente accettato, che la scarsezza di He nelle atmosfere di stelle ”blu” di HB sia da addebitarsi alla sedimentazione gravitazionale, meccanismo che ci si attende sia particolarmente efficiente in tali stelle caratterizzate da alta gravit` a superficiale e assenza di inviluppi convettivi. Analisi accurate hanno confortato tale ipotesi, mostrando come in stelle blu di HB l’abbondanza di He risulti inversamente proporzionale alla gravit` a superficiale (Fig.9.7). L’elio negli Ammassi Globulari non `e quindi osservabile spettroscopicamente, e la sua valutazione pu`o provenire solo da considerazioni evolutive. Ci si deve quindi domandare quali variazioni osservabili possano essere causate da variazioni nel contenuto di elio originale. Di particolare rilevanza appare la prediziobe secondola quale all’aumentare del contenuto di elio aumenta sensibilmente la lumimosit`a predetta per le stelle di Ramo Orizzontale. Su tale evidenza si basa una ingegnosa procedura, proposta nell’ormai lontano 1967 da Icko Iben Jr., che in linea di principio consente di giungere alla valutazione dell’elio tramite semplici conteggi stellari e indipendentemente da ogni preventiva valutazione della distanza o dell’arrossamento di un cluster. Alla base di tale procedura vi `e l’evidenza che le velocit`a evolutive in fase di Gigante Rossa appaiono regolate dalla relazione ”massa del nucleo di elio”-”luminosit`a” e risultano pertanto largamente indipendenti dai parametri evolutivi. A titolo esemplificativo ci si lasci anche assumere che anche i tempi di evoluzione in HB siano costanti, ipotesi non distante dalla realt`a risultando tali tempi sempre dell’ordine di 108 anni. Sotto tali assunzioni basta definire il parametro R =

N (HB) N (RG)L>L(HB)

rapporto tra il numero di stelle in HB e il numero di giganti pi` u luminose dell’HB per ottenere un paramtero osservativo che risulta un sensibile indicatore del contenuto originario di elio.Da un punto di vista teorico ci si attende infatti che tale rapporto sia pari al rapporto dei rispettivi tempi evolutivi R =

τ (HB) τ (RG)L>L(HB)

e all’aumentare dell’elio aumenta il calore di R per il semplice motivo che aumenta la luminosiy`a del Ramo Orizzontale e diminuisce quindi il percorso evolutivo delle giganti prese in considerazione. Una precisa calibrazione teorica del parametro R incontra peraltro severe difficolt`a. La durata della fase di HB dipende infatti innanzitutto dal trattamento della convezione centrale e, ad esempio, risulterebbe notevolmente allungata nel caso di overshooting invasivo. Anche rimanendo nello scenario canonico della semiconvezione, tale durata viene a dipendere dal valore della sezione d’urto della reazione 12 C(α, γ)16 O che completa la combustione 3α: aumentando la sezione d’urto aumenta corrispondentemente la durata della combustione di elio centrale. Si noti come un’analoga parametrizzazione possa essere definita anche per la fase di AGB, definendo un parametro R1 =

N (AGB) N (RG)L>L(HB)

dove il mantenere come termine di paragone le Giganti Rosse `e consigliato da quella che `e lecito ritenere la piena affidabilit` a delle relative valutazioni evolutive, come confortate anche

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Fig. 9.8. Gli Ammassi Globulari NGC5272 (=M3) e NGC6205 (=M13) con simili metallicit` a ([Fe/H]∼ -1.55) mostrano spiccate differenze nella distribuzione delle stelle di HB. Le frecce delimitano indicativamente l’intervallo di temperature in cui le stelle di HB, se esistenti, mostrano fenomeni di variabilit` a tipo RR Lyrae

dalle buona corrispondenza alle predizioni teoriche delle osservate funzioni di luminosit`a. Senza entrare in ulteriori dettagli, `e da ritenere che precise valutazioni osservative di R e R1 possano nel futuro contribuire sensibilmente a chiarire le precise modalit`a delle fasi di combustione di elionelle piccole masse.

9.5. Il problema del secondo parametro e le ”Code Blu” Gli Ammassi Globulari galattici mostrano una generica correlazione tra metallicit`a e distribuzione delle stelle di HB, con Rami Orizzontali che passano dal blu al rosso all’aumentare della metallicit`a. Abbiamo gi`a visto come lo scenario evolutivo predica spontaneamente una tale correlazione assumendo una comune legge di perdita di massa per tutti gli ammassi. Un tale andamento generale presenta peraltro delle eccezioni che hanno da tempo attirato l’attenzione dei ricercatori. E’ il caso ad esempio della coppia di cluster M3 3 M13 che, ambedue con metallicit` a [Fe/H]∼ -1.55, mostrano spiccate differenze nella distribuzione delle stelle di HB. Per portare in forma quantitativa tali differenze `e in uso il parametro ”HB Ratio” di Lee, definito come HBR =

B−R B+V +R

dove V `e il numero di stelle variabili RR Lyrae, e B,R rappresentano il numero di stelle di HB rispettivamente pi` u blu o pi` u rosse della regione di variabilit`a. HBR= 1 indica dunque un ramo tutto a temperature efficaci maggiori della striscia di variabilit`a, e HBR= -1 un ramo di sole stelle rosse, tipico degli ammassi a maggiore metallicit`a. Nel caso in esame si passa dal tipico ramo intermedio di M3 (HBR= 0.08) al braccio blu di M13 (HBR= =.97). Ove si escludano grossolani errori nella determinazione delle metallicit`a, se ne deve concludere che oltre alla metallicit` a deve esister un ulteriore parametro che interviene nel determinare la distribuzione delle stelle lumgo i Rami Orizzontali. E’ questo il Problema del Secondo Parametro cui sono state rivolte numerose indagini. Prendendo spunto da tale problema possiamo qui di seguito utilmente elencare alcune delle possibili cause per le quali M13, con la stessa metallicit`a di M3, potrebbe avere HB pi` u blu:

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Fig. 9.9. Diagramma CM per l’Ammasso Globulare Galattico NGC2808. Metallicit` a stimata dell’ammasso [Fe/H]= -1.15.

1. Maggiore et`a: minori masse in RGB e, a parit`a di perdita di massa, in HB. 2. Minore [α/F e]: shell di idrogeno meno efficienti e HB pi` u blu. 3. Maggiore He originario: strutture pi` u calde e pi` u luminose, evoluzioni pi` u veloci e quindi masse minori in RGB e HB. 4. Maggiore rotazione: nuclei di He pi` u grandi. Tra queste opzioni sembra al momento prevalere la differenza di et`a, almeno nel caso della coppia di cluster M3 e M13, ma il problema `e ancora aperto e suscettibile di ulteriori indagini. Parallelo al problema del Secondo Parametro, e talora confuso con esso, `e il problema delle Code Blu. Come nel caso gi` a presentato di NGC6752 (Fig.9.7), alcuni cluster presentano una estensione del Ramo Orizzontale che si spinge sino ad altissime temperature efficaci. A causa dell’intervento della correzione bolometrica, nei diagrammi CM V, B-V o V, V-I il ramo assume un andamento spiccatamente verticale, raggiungendo e anche superando la magnitudibe del TO. Il confronto con le risultanze teoriche mostra che si `e in presenza di stelle che, al limite blu, giungono a perdere in pratica tutto l’inviluppo di idrogeno, spingendosi cos`ı sino al limite estremo della ZAHB. Nei cluster pi` u poveri di metalli, quale NGC6752, la coda blu si presenta come un’estensione del ramo alle alte temperature, in cui appaiono perlatro evidenti sottoraggrupamenti di stelle. A metallicit` a superiori la coda blu appare come qualcosa che viene ad aggiungersi al ramo rosso del cluster. Emblematico il caso di NGC2808 riportato in Fig.9.9, ove un ramo rosso ben popolato `e separato da una vistosa gap in colore dalla coda blu che torna a popolare quella parte di Ramo Orizzontale. Anche in questo caso si noti l’evidente esistenza di una serie di raggruppamenti che modulano la popolazione stellare della Coda Blu. L’assenza di correlazione tra Code Blu e metallicit`a induce talora alcuni ricercatori a inserire tale evidenza nel quadro del problema del Secondo Parametro. Anche se tale problematica `e al presente ancora controversa, notiamo che il problema del Secondo Parametro pare spontaneamente collocarsi nello scenario di una variazione di parametri evolutivi. Al contrario, le Code Blu sembrano indicare che, per qualche oscura ragione, in alcuni cluster sono efficienti meccanismi anomali di perdita di massa, che influenzano una parte della popolazione di Giganti Rosse giungendo sino a privarle del loro intero inviluppo.

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Fig. 9.10. Diagramma CM sintetico per un cluster con parametri evolutivi Z= 0.001, Y= 0.23, t= 15 Gyr. Per simulare le osservazioni `e stato artificialmente introdotto un errore sui colori proporzionale alle magnitudini. Lungo le sequenze sono indicate le masse delle stelle in fase di combustione di H, la massa media delle stelle di HB e la massa iniziale dei progenitori delle stelle lungo la sequenza delle Nane Bianche. Si `e assunta una IMF di Salpeter.

Si deve notare al proposito come esista una correlazione tra Code Blu e densit`a centrale (stelle/pc3 ) dei cluster, nel senso che non tutti i cluster ad alta densit`a centrale hanno Code Blu, ma tutti i cluster con Code Blu hanno alta densit`a centrale. Questo lascia sospettare che le Code Blu possano essere il prodotto di interazioni dinamiche stella-stella con conseguente stripping degli inviluppi in ambienti ad alta densit`a, probabilmente in occasione di episodi di catastrofe gravotermica (→ A1.5) nei nuclei dei cluster.

9.6. Ammassi sintetici e colori integrati La capacit`a di predire linee evolutive per ogni assunta composizione chimica e massa delle strutture iniziali si traduce nella corrispondente capacit`a di predire isocrone per ogni assunta composizione chimica ed et` a e, conseguentemente, anche di distribuire opportunamente le stelle lungo le isocrone quando si sia assunta una Funzione di Massa Iniziale (IMF) e si sia fissato il numero totale di stelle. Le due ultime condizioni fissano infatti il numero di stelle in ogni intervallo di massa M, M+dm cui corrisponde sull’isocrona una ben determinata collocazione. Al riguardo si possono usare due procedure leggermente diverse. Una prima, che conduce alla costruzione di Ammassi Probabili consiste nel distribuire le stelle con rigida proporzionalit` a alla probabilit` a di occupazione. Una seconda, pi` u utilizzata, consiste nell’utilizzare una funzione ”random” per estrarre a caso le masse con cui popolare le isocrone, producendo cos`i Ammassi Sintetici. Le due procedure ovviamente convergono per un numero di stelle N → ∞, la seconda restando preferita perch`e consente anche di valutare, tramite successivre serie di estrazioni, le fluttuazioni statistiche di cui siono affetti i diagrammi. La Fig. 9.10 riporta a titolo di es-

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Fig. 9.11. Predizioni teoriche sulla distribuzione di ammassi giovani nel diagramma a due colori UV (1800-2800 A) (1500-3100 A) (linea continua) confrontate con le osservazioni di ammassi nella Grande Nube di Magellano.

empio il diagramma CM sintetico di Ammasso Globulare per gli indicati valori dei parametri evolutivi. Gli Ammassi sintetici risultamo di insostituibile utilit`a quando si voglia studiare il predetto popolamento di determinate fasi evolutive, come necessario, ad esempio, per calibrare compiutamente il valore del parametro R. Al riguardo, ricordiamo che nelle fasi evolutive avanzate (RG, HB e AGB) vale la regola per cui gli intervalli di massa devono risultare proporzionali ai tempi evolutivi, e dunque la calibrazione di R risulter`a indipendente da ogni assunzione sulla IMF. Nel prossimo Capitolo vedremo come le procedure sintetiche siano insostituibili amche nel predire il comportamento delle stelle variabili. Qui notiamo che la costruzione di Cluster Sintetici consente di predire il flusso totale (flusso integrato) emesso da tali sistemi, agevolmente ottenible per ogni prefissata banda come sommatoria dei flussi emessi dalle singole stelle. E’ questo un parametro di grande importanza perch`e tale flusso `e l’unico rivelabile dagli ammassi in galassie lontane, non risolubili in singole stelle. Quando si tenga presente che gli Ammassi Globulari sono presenti in pratica in tutte le galassie e che gli ammassi galattici possono raggiungere una magnitudine -10, se ne trae l’evidenza dell’importanza degli ammassi nel mappare la storia evolutiva dell’Universo. Le semplici considerazioni sul colore delle popolazioni stellari galattiche avanzate all’inizio di questo testo mostrano senza ambiguit`a come i colori integrati contengano informazioni sull’et` a degli ammassi. I colori integrati possono contenere peraltro simultanee informazioni sulla metallicit`a, come ricavabile -ad esempio- dall’evidenza che i rami RGB degli Ammassi Globulari Galattici al si spostano verso temperature efficaci progressivamente inferiori. Tali considerazioni hanno stimolato una interessante linea di ricerca volta a definire le propriet`a integrate degli ammassi stellari e nel ricercare le pi` u opportune bande per rimuovere eventuali degenerazioni tra i diversi parametri evolutivi. Nel caso di ammassi relativamente giovani, `e ad esempio facile comprendere come le bande UV siano un sistema privilegiato per marcare l’et` a dei sistemi, registrando il progressivo decrescere del flusso UV emesso da stelle massive di MS al crescere dell’et`a. La Fig. 9.11 riporta a titolo di esempio la collocazione nel diagramma a due colori UV di ammassi giovani nella Grande Nube di Magellano (LMC) confrontata con le predizioni teoriche al variare dell’et`a dei sistemi. Se ne trae cos`i l’evidenza della garabde produzione di ammassi a partire da circa 250 milioni di anni or sono e, nel contempo, l’assenza di formazione di ammassi nei precedenti 400 milioni di anni.

15 Tab. 1. Classificazione, distanza, luminosit` a V e coordinate galattiche per le tra maggiori galassie del Gruppo Locale e per le galassie satelliti della Via Lattea. L’ultima colonna riporta la presenza o meno di Ammassi Globulari.

Class. Galassie: Andromeda Galassia M33 Satelliti G.: LMC SMC Fornax Sagittarius Leo I Sculptor Leo II Tucana Sextans Carina Ursa Minor Draco

d (kpc)

LV (107 L )

l (gradi)

b (gradi)

Globular?

Sb Sbc Sc

770 850

2700 1500 550

121 134

-22 -31

Si Si Si

SBm Irr dSph dSph dSph dSph dSph dSph dSph dSph dSph dSph

49 58 120 25 270 72 207 870 83 100 64 72

170 34 1.4 1.0 0.5 0.14 0.06 0.05 0.04 0.03 0.02 0.02

280 303 237 6 226 288 220 323 244 260 105 86

-33 -44 -66 -14 49 -83 67 -47 42 -22 45 35

Si Si Si Si No No No No No No No No

Approfondimenti A9.1. Il gruppo locale Avendo nel testo fatto talora riferimento ad oggetti extragalattici appartenenti al Gruppo Locale di galassie, diamo qui alcune brevi informazioni sui membri di tale gruppo. Innazitutto intendiamo per Gruppo Locale l’insieme di galassie che popolano la porzione di spazio dominato dalla due meggiori galassie a spirale, la nostra Galassia ed Andromeda (=M31), distanti tra loro circa 800 kpc. Il gruppo contiene una terza galassia a spirale M33=NGC598, nel Triangolo, oltre ad altri oggetti minori tra i quali ricordiamo la galassia irregolare Leo A, e la Galassia di Barbard (NGC6822) un’altra irregolare di tipo ”magellanico”. Nell’alone di Andromeda sono stati identificati alcune centinaia (∼ 300) di Ammassi Globulari, e altri ammassi sono segnalati (alcuni forse giovani) in M33. Via Lattea e Andromeda hanno ciascuna un proprio sistema di galassie minori ”satelliti”. Le satelliti pi` u cospicue della Galassia sono rappresentati dalle due (Grande e Piccola = LMC e SMC) Nubi di Magellano, galassie irregolari visibili ad occhio nudo dall’emisfero meridionale. Le due Nubi risultano anche tra gli oggetti extragalatici pi` u prossimi, collocandosi ad una distanza dalla Galassia di ∼ 50 kpc, con la Piccola Nube un poco pi` u distante della Grande. La massa contenuta nella Grande Nube pu` o essere stimata a circa 1/10 della massa della Galassia. Abbiamo pi` u volte ricordato l’esistenza in ambedue le Nubi di numerosi Ammassi Globulari, alcuni anche di recentissima formazione.

16 Oltre a questi due maggiori satelliti la Galassia `e circondata da diecine di altre corpi minori, che in genere prendono il nome dalla costellazione in cui si trovano collocati. Di particolare importanza la ricca popolazione di Dwarf Spheroidals , una sorta di ammassi globulari extragalattici, ma a debolissima concentrazione di stelle e con masse dell’ordine di 106 - 107 M . Appartengono a tale tipologia le nane Ursa Minor, Draco, Carina, Sextans, Sculptor, Leo I, Leo II e Tucana. In alcuni casi, come gi` a ricordato per Carina, si ha evidenza per una molteplicit` a di generazioni stellari. Ricordiamo qui anche la Dwarf Sferoidal Fornax, che ha la peculiare caratteristica di contenere cinque veri ammassi globulari. Andromeda `e a sua volta contornata da una serie di caratteristici satelliti. Questa galassia a differenza della nostra Via Lattea - `e innanzitutto accompagnata da 4 ellittiche nane; due pi` u vicine, NGC205 e NGC221=M32, e due, NGC147 e NGC185, leggermente pi` u distanti, con masse caratteristiche dell’ordine di 3-5 109 M , presenza di popolazione antica ma anche con segni di recente formazione stellare. Anche queste galassie minori contengono Ammassi Globulari. Sono state inoltre rivelate attorno ad Andromeda alcune Dwarf Sheroidals cui sono stati assegnati i nomi Andromeda I, II, III ..... La Tabella 1 riporta alcuni valori indicativi per le tre maggiori galassie del Gruppo Locale e per i satelliti della Via Lattea, questi ultimi ordinati per luminosit` a integrata, nella banda V, decrescente.

A9.2. Masse intermedie ed overshooting invasivo Abbiamo indicato come talora si sospetti l’esistenza di un obershooting invasivo che estende il rimescolamento convettivo sensibilmente al di l` a del limite di Schwarzschild. Trascurando per il momento eventuali undershooting dagli inviluppi convettivi, i maggiori effetti di tale overshooting si manifesterebbero in stelle con nuclei convettivi, dunque in fase di combustione di H all’incirca a partire da ∼ 1 M . Ne sarebbero invece affette tutte le stelle in fase di combustione di He. Nel discutere la validazione dei modelli stellari abbiamo gi` a indicato come le stelle di HB indichino la necessit` a di ridurre drasticamente i valori di overshooting correntemente adottati. Qui ci interesseremo in maniera pi1‘u generale del problema, discutendo le evidenze osservative collegate all’efficienza o meno di tale meccanismo. Gli effetti dell’overshooting nella fase di combustione di H sono chiaramente illustrati in fig. 9.12, dove sono riportate le evoluzioni di un modello di 1.5 M sotto diverse assunzioni sull’efficienza di tale meccanismo. Come atteso, l’overshooting prolunga la durata della fase di combustione centrale di H, prolunganco contemporaneamente l’escursione del modello verso le basse temperature prima di raggiungere la fase di overall contraction. E’ facile dedurne che ne seguir` a una accentuata curvatura dell’isocrona per la fase di uscita dalla sequenza principale. Come ulteriore ”firma” dell’overshooting si pu` o notare la progressiva scomparsa di stelle nella fase immediatamente successiva all’overall contraction. Per validare l’overshooting nei dati osservativi, non baster` a dunque fittare le isocrone, dovendosi procedere alla produzione di Ammassi Sintetici. In generale, per ogni osservata terminazione superiore della MS di un cluster, i modelli con overshooting predicono per il cluster et` a anche notevolmente superiori alle et` a ”standard”. La disponibilit` a di informazioni sull’et` a di un cluster indipendenti dalla terminazione della MS, come ad esempio in linea di principio possibile dalla curva di raffreddamento delle Nane Bianche, condurrebbe quindi ad una accurata validazione dell’efficienza dell’overshooting. Di particolare rilevanza `e il notare come al crescere dell’overshooting il Ramo delle Giganti appaia progressivamente depopolato. Anche questa evidenza appare facilmente prevedibile: l’overshooting conduce a nuclei di He di massa maggiore, tendendo quindi a rimuovere la degenerazione elettronica che `e all’origine dell’indugiare delle stelle sul Ramo delle Giganti. L’overshooting diminuisce quindi la massa critica per la Red Giant Transition. Ne segue anche che aumenta l’et` a della RGT, Da un punto di vista prettamente osservativo, ci si attende di conseguenza che i Rami delle Giganti appaiano a luminosit` a di TO inferiori di quanto previsto dai modelli standard. I cluster in prossimit` a della RGT canonica rappresentano dunque un target privilegiate per le indagini sull’efficienza dell’overshooting. Su questo, come su altri parametri, esiste una abbondante letteratura che peraltro non `e ancora giunta ad unanimi conclusioni. L’effetto dell’overshooting sulle masse intermedie `e un altro argomento ampiamente investigato in letteratura. Al riguardo, la linea di sviluppo delle relative argomentazioni `e facilmente compren-

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Fig. 9.12. Percorsi evolutivi in fase di combustione di idrogeno per una struttura dagli indicati parametri di massa e composizione, come valutati sotto le diverse indicate assunzioni sull’estensione dell’overshooting invasivo. I punti individuano lunglo le traiettorie evolutive un costante e comune intervallo di tempo.

sibile. Per ogni prefissato valore della massa (intermedia) originaria, le strutture di MS sviluppano nuclei di He pi` u massivi. In analogia con quanto avviene per le strutture di MS. nella fase di combustione di elio la luminosit` a cresce al crescere del nucleo di elio, e l’overshooting produrr` a quindi in tale fase stelle pi` u luminose e con minore durata nella fase di combustione di elio centrale. L’overshooting dunque opera sulla relazione massa - luminosit` a delle strutture in combustione di elio: per ogni assegnata luminosit` a l’overshooting prevede massa minori di quelle previste dalla modellistica standard. Il comportamento pulsazionale delle variabili Cefeidi (supra) sembra confortare una tale ipotesi di masse minori del previsto canonico: le evidenza per` o mal si accordano anche con lipotesi dell’overshooting e la citata discrepanza potrebbe essere solo evidenza per fenomeni di perdita di massa. Grande attenzione `e stata infine posta al tentativo di porre in luce le attese differenze temporali, secondo le quali l’intervento dell’overshooting ha il duplice e contemporaneo effetto di aumentare i tempi di combustione di H e di diminuire nel contempo i tempi della combustione di elio. In linea di principio tale differenza pu` o essere messa in luce semplicemente tramite il confronto dei dati osservativi con le predizioni teoriche per le funzioni di luminosit` a della MS normalizzate al numero di Giganti Rosse. E’ immediato comprendere come, per ogni prefissata distribuzione di massa lungo la MS (per ogni fissata IMF), l’ipotesi di overshooting produce meno giganti e, di conseguenza, un LF normalizzata sensibilmente pi` u alta del caso canonico.

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Fig. 9.13. Funzione di luminosit` a per le stelle di MS del cluster NGC1866 in LMC, confrontata con le predizioni teoriche per vari valori dell’esponente della IMF. Ancora una volta si trova che le stelle seguono con ottima approssimazione una distribuzione di Salpeter (α = 2.35)

La IMF pu` o essere d’altra parte agevolmente ricavata dai dati sperimentali esprimendo la funzione di luminosit` a osservata per le strutture non evolute della MS in un piano logN, V. Tale piano risulta di grande utilit` a ogni qualvolta si discutano funzioni di lumonosit` a, rivelando le caratteristiche della distribuzione indipendentemente dalla tricchezza del campione. Nel caso in discussione ad ogni esponente della IMF corrisponde una unica e ben determinata pendenza delle curve, e variazioni nel numero totale delle stelle implicano solo uno spostamento solidale della curve lungo l’asse delle ascisse. La Fig. 9.13 mostra un esempio dell’applicazione di tale tecnica all’ammasso NGC1866 in LMC, ripetutamente usato come test per indagare l’efficienza di overshooting invasivi. Purtroppo incertezze nei dati sperimentali e difformit` a negli scenari teorici di riferimento non hanno ancora portato a conclusioni unanimi. Per amore di precisione, notiamo infine che in quanto sopra abbiamo leggermente abusato della definizione di MS: con tale termine abbiamo infatti indicato la sequenza di stelle che in realt` a e formata stricto sensu non solo da strutture di MS, ma ha alla sua culminazione strutture nelle fasi immediatamente successive alla overall contraction. Per porre in chiaro tale ulteriore contributo, al posto di MS `e stata talora usata la definizione di Blue Sequence (BS), ma questo `e dettaglio marginale.

A9.3. Ammassi Globulari: Rami delle Giganti Rosse Vogliamo qui discutere con qualche maggior dettaglio la dipendenza dei Rami delle Giganti dal contenuto metallico, caratteristica che gioca un ruolo non secondario in molti parametri osservativi. La Fig. 9.14 riporta la distribuzione teorica di stelle in fase di combustione di idrogeno per l’assunta et` a di 11 Gyr e la variare del contenuto metallico nell’intervallo Z=0.0002-0.008. Si nota come al crescere della metallicit` a le isocrone si spostano regolarmente verso minori temperature efficaci (verso il rosso). Al livello di modello mentale tale spostamento trova una sua ragione nell’aumentata opacit` a della materia, dalla quale discende un maggior gradiente radiativo e quindi una maggior escursione di temperatura dal centro alla periferia della struttura. Tale andamento teorico, che rende almeno qualitativamente ragione di analoghe evidenze sperimentali, ha suggerito tutta una serie di parametri osservativi volte ad ottenere indicazioni sulla metallicit` a di un ammasso globulare dai soli dati fotometrici, senza cio`e ricorrere alla analisi di spettri stellari. Se ne traggono criteri di metallicit` a fotometrici che risultano di grande rilevanza quando l’indagine si spinga ad ammassi distanti per i quali risulti difficoltoso acquisire informazioni spettroscopiche. Con riferimento ai dati riportati in figura `e innanzitutto subito visto che il colore del Ramo delle Giganti ad una prefissata luminosit` a pu` o essere calibrato in termini della metallicit` a dell’ammasso.

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Fig. 9.14. Isocrone teoriche nel piano V, B-V per stelle in fase di combustione di idrogeno con una comune et` a di 11 Gyr e per i valori di metallicit` a Z=0.0002, 0.0004, 0.0006. 0.001, 0.004, 0.008.

Fig. 9.15. Relazione tra massa del nucleo di He (Mc) e luminosit` a per due Giganti Rosse di 0.9 M e per i due indicati valori della metallicit` a.

L’approccio osservativo riposa peraltro forzosamente su una definizione leggermente pi` u complessa. Per ottenere un parametro indipendente dal modulo di distanza dell’ammasso si definisce il parametro (B − V )0,g come il colore disarrossato del Ramo delle Giganti misurato al livello di luminosit` a del Ramo Orizzontale. La calibrazione empirica di tale parametro riposa su campioni di ammassi di cui siano noti sia il diagramma CM che le rispettive metallicit` a spettroscopiche. La corrispondente calibrazione teorica si scontra con l’incertezza sul valore della lunghezza di rimescolamento, da cui abbiamo visto dipendere il colore del Ramo delle Giganti e si traduce di fatto non tanto in una calibrazione del parametro (B-V)0,g in termini di metallicit` a quanto in una calibrazione della lumghezza di rimescolamento in termini dela metallicit` a stessa. Un altro parametro fotometrico `e fornito dalla Pendenza del Ramo definita dal parametro S (=”Slope”) S=

∆V ∆(B − V )

misurata sempre sa partire dal livello di luminosit` a del Ramo Orizzontale. Nella sua formulazione originale, l’intervallo di misura veniva definito tramite il punto del Ramo delle Giganti 2.5 mag pi` u luminoso del HB. Tenendo presente che la magnitudine V del HB si aggira attorno a 0.5 m, la Fig. 9.14 mostra come tale definizione non sia applicabile agli ammassi pi` u metallici, che non raggiungono la richiesta differenza di magnitudine. Per tale motivo sono state evanzate definizioni alternative, sia diminuendo l’intervallo di magnitudini, come esemplificato in figura, sia prendendo come base un intervallo in colore e non in magnitudine. Senza entrare in ulteriori dettagli, notiamo qui solamente che il parametro S, rispetto al parametro (B-V)0,g , gode della importante propriet` a di non dipendere dall’arrossamento dell’ammasso, sovente mal conosciuto.

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Fig. 9.16. Calibrazione teorica dei colori integrati di Ammassi Globulari per gli indicati valori di et` a al variare del contenuto metallico. I punti riportano valori osservativi per Ammassi Globulari Galattici. Il contenuto metallico gioca un ruolo importante anche nella storia evolutiva delle strutture di Gigante Rossa. Abbiamo gi` a ricordato come per tali strutture valga una relazione massa del nucleo di He - luminosit` a. Ora aggiungiamo che tale relazione non dipende - entro limiti ragionevoli - dalla massa stellare ma dipende dal contenuto metallico. I dati in Fig. 9.15 mostrano come per ogni assunto valore della metallicit` a stelle con minore contenuto metallico abbiano una maggiore massa del nucleo di He. Nuovamente a livello di modello mentale e ricordando come l’energia sia prodotta dalle combustioni CNO, ci` o discende dal fatto che a parit` a di nucleo di He stelle a minore contenuto di CNO erogano minor energia. I dati nella stessa figura confermano (→ 6.3) anche che, a parit` a di massa, la luminosit` a del ”bump” del Ramo delle Giganti decresca sensibilmente al crescere della metallicit` a. Aggiungiamo che, per fissata metallicit` a, tale luminosit` a decresce al diminuire della massa evolvente e quindi all’aumentare dell’et` a dell’ammasso. Aggiungiamo anche che la vita in fase di combustione di idrogeno cresce all’aumentare dei metalli: i modelli di Fig. 9.15 raggiungono il flash rispettivamente a 7.07 Gyr (Z=0.0002) e 12.94 Gyr (Z=0.008). A parit` a di et` a stelle pi` u metalliche sono quindi meno massicce, e la diminuzione di massa si aggiunge all’aumento di metallicit` a nel contribuire alla diminuzione della luminosit` a del Bump. Le condizioni sulla luminosit` a del Bump possono cos´i essere riassunte schematicamente: M = cost, Z ↑: LBump ↓ tf lash ↑ t = cost, Z ↑: LBump ↓ Mf lash ↓ Ricordando infine come la luminosit` a del Bump dipenda anche dall’abbondanza originale di He, se ne trae la conclusione che la rivelazione di tale fase nei Rami di Giganti osservati aggiunge una preziosa informazione che non dovrebbe essere trascurata nell’interpretazione dei diagrammi CM in termini di et` a e composizione chimica delle strutture stellari. Osservando come le Giganti Rosse risultino di gran lunga le stelle pi` u luminose di un ammasso globulare, se ne trae anche la ovvia conseguenza che il colore integrato di un ammasso `e largamente dominato dalla radiazione emessa da tali strutture. Dai dati riportati in Fig. 9.14 si ricava senza ambiguit` a la predizione che il colore integrato di un ammasso che abbia superato la Red Giant

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Fig. 9.17. Traiettoria nel diagramma HR di una stella di 0.8 M , Z=0.0002 per i due indicati valori del parametro di efficienza della perdita di massa nella formulazione di Reimers.

Transition deve risultare tanto pi` u rosso quanto pi` u alta `e la metallicit` a, predizione puntualmente verificata dai calcoli evolutivi. La Fig. 9.16 mostra come i colori integrati in varie bande siano ottimi indicatori di metallicit` a, solo marginalmente affetti da variazioni di et` a nell’intervallo 8-15 Gyr. E’ peraltro da avisare che variazioni nel tipo di HB possono introdurre ulteriori, ma non drsmmstiche variazioni. I colori integrati forniscono quindi la possibilit` a di ottenere preziose informazioni sulla metallicit` a di ammassi globulari in galassie anche estremamente lontane e per i quali non siano accessibili i diagrammi CM. Ricordiamo infine come la luminosit` a delle stelle al’estremit` a superiore del Ramo (”Tip” delle Giganti) sia stata pi` u volte utilizzata per stimare la distanza di ammassi globulari extragalattici, con una precisione che pu` o tipicamente scendere a circa 0.1 mag.

A9.4. Ammassi Globulari: Nane Bianche di He, Hot Flashers L’evidenza osservativa di Ammassi Globulari con ”Code Blu” deve essere necessariamente interpretata come evidenza di Giganti Rosse che hanno perso massa sino a raggiungere le masse critiche per l’innesco del flash, iniziando la loro fase di combustione centrale α sotto forma di un nuclewo di He contornato al pi` u da un tenuissimo inviluppo ancora ricco di H. Qualunque sia il meccanismo che governa tale abnorme perdita di massa, `e lecito ritenere che ben difficilmente possa essere calibrato sui limiti di massa per l’innesco, e ne consegue la predizione che in ammassi con Code Blu alcune Giganti Rosse debbano perdere ancor pi` u massa, mancando l’innesco del flash e andando a contrarre sotto forma di Nane Bianche di Elio. La Fig. 9.14 mostra le previsioni teoriche su un tale accadimento, riportando le tracce evolutive per tre diversi valori del coefficiente che regola la perdita di massa nella formulazione di Reimers. Per η = 0, si ha la normale evoluzione a massa costante con l’innesco del flash al tip dell’ RGB. Per η = 1 e 2, quando la massa dell’inviluppo di H scende al di sotto di un valore critico , le strutture abbandonano il Ramo delle Giganti prima di raggiungere il tip, tanto pi` u precocemente quanto maggiore `e la perdita di massa. Ricordando come sull’RGB viga una relazione ”massa del nucleo” -”luminosit` a” `e immediato collegare tale evidenza con le progressivamente minori masse delle strutture. L’evoluzione di tali strutture nella fase di abbandono dell’RGB mostra interessanti caratteristiche. Si noti innanzitutto nella Fig. 9.17 come prima dell’abbandono le tracce evolutive tendano sia pur leggermente a spostarsi a temperature efficaci minori della traccia a massa costante. L’inviluppo ha tempi scala di Kelvin-Helmotz minori dei tempi evolutivi, e si sposta quindi verso la traccia di Hayashi corrispondente alla diminuita massa. Quando la massa dell’inviluppo scende al di sotto di ∼ 0.06 M la struttura termina la sua normale evoluzione di RG, la luminosit` a si stabilizza e la temperatura efficace inizia a risalire mentre la shell di H continua a trasformare H in He diminuendo la massa dell’inviluppo. Come risultato si ottengono strutture che raffredderanno sotto forma di Nane Bianche di He con inviluppi ricchi di idrogeno anche inferiori al millesimo di massa solare. L’abbandono del Ramo delle Giganti, con la conseguente escursione verso la sequenza di raffreddamento di Nana Bianca, obbedisce a regole nel contempo precise ed interessanti. Adottando la

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Fig. 9.18. A sinistra: Massa delle strutture all’abbandono del Ramo delle Giganti al variare dell’efficienza della perdita di massa e per le indicate assunzioni sulla metallicit` a. A destra: Massa degli inviluppi ricchi di idrogeno all’abbandono del Ramo delle Giganti in funzione della luminosit` a di abbandono e per le indicate assunzioni sulla metallicit` a delle strutture

formulazione di Reimers per la perdita di massa, si trova che al crescere del parametro di efficienza η le strutture -come atteso- abbandonano sempre pi` u precocemente il Ramo delle Giganti, ad una luminosit` a che risulta praticamente indipendente dalla metallicit` a delle strutture. Quanto questo risultato sia collegato all’intervento di diversi e contemporanei fattori `e mostrato dai dati in Fig. 9.18. Il pannello di destra mostra infatti come, a parit` a di η e quindi di luminosit` a di abbandono, la massa delle strutture sia tanto maggiore quanto minore la metallicit` a. Questa `e l’attesa conseguenza del fatto che al diminuire della metallicit` a i Rami delle Giganti si spostano a temperature efficaci maggiori e quindi diminuisce, a parit` a di η, la perdita di massa. L’abbandono del Ramo delle Giganti avviene quando quindi, per ogni prefissata luminosit` a, ad una massa critica che aumenta al diminuire della metallicit` a. Tale aumento non `e in realt` a sorprendente quando si tenga conto di almeno due fattori. Innanzitutto, la Fig. 9.15 mostra come a parit` a di luminosit` a stelle meno metalliche hanno nuclei di He maggiori e quindi, a parit` a di massa, avrebbero inviluppi idrogenoidi minori. A ci` o si aggiunge, come mostrato nel pannello di destra di Fig. 9.18, che al diminuire della metallicit` a cresce anche il valore della massa minima dell’inviluppo (massa critica) necessaria per sostenere l’evoluzione di Gigante Rossa. Anche per tale accadimento si pu` o ricorrere ad un modello mentale: maggiore la metallicit` a, maggiore il CNO, pi` u efficiente e pi` u sottile la shell di combustione e, di conseguenza, minori le richieste sulla massa minima dell’inviluppo. Al quadro generale sin qui riportato, la teoria aggiunge la predizione che al crescere della perdita di massa, le prime strutture che abbandonano il Ramo delle Giganti prima di innescare il flash dell’He, finiscono con subire tale innesco durante l’escursione verso la sequenza di Nana Bianca o addirittura durante il raffreddamento lumgo tale sequenza.La Fig. 9.19 ne riporta un tipico esempio. Tali strutture sono indicate in letteratura con il termine di ”Hot Flashers”, e coprono un ristretto interallo di masse, dell’ordine di 0.02 M . Masse ancora minori non riescono ad innescare il flash e raffreddano come Nane Bianche. Al termine del flash gli Hot Flashers iniziano la fase di combustione quiescente dell’He quasi, ma non esattamente, in corrispondenza della ZAHB delle masse superiori. Il nucleo di He non `e infatti riuscito a svilupparsi completamente e le strutture hanno nuclei di elio leggermente meno massicci, risultando di conseguenza leggermente meno luminose. La Fig. 9.20 mostra nel dettaglio un esempio di tale accadimento. Particolare di grande rilevanza `e l’evidenza che in base ai meccanismi descritti, tali stelle conserveranno in ogni caso un sia pur tenue inviluppo di idrogeno, non raggiungendo quindi mai l’estremo limite teorico della ZAHB definito da un inviluppo nullo. In base a tali considerazioni la teoria fornisce per le strutture in fase di combustione quiescente di He una temperatura efficace massima non superiore a logTe ∼ 4.5 Numerosi dati osservativi sembrano peraltro indicare che tali temperature sono superate dalle stelle pi` u calde in almeno alcune ”Code Blu”. La Fig. 9.21 riporta i dati osservativi per il ramo orizzontale di NGC2808, come osservato nelle bande 2180 A (estremo UV) e 5500 A (visibile). Si nota innanzitutto come l’uso di bande UV consenta di studiare con grande dettaglio le stelle di HB

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Fig. 9.19. Traiettoria evolutiva di un modello di ”Hot Flasher”. L’asterisco indica l’innesco del flash dell’He e la linea a tratti collega tale punto col primo modello di combustione quiescente di He centrale. E’ riportata anche la successiva evoluzione in combustione quiescente di elio sino al finale raffreddamento sotto forma di Nana Bianca di CO.

Fig. 9.20. ZAHB e fasi di combustione centrale di He per strutture evolutive (linee continue) confrontate con modelli a massa del nucleo costante (linee a tratti). Le masse delle strutture sono indicate in masse solari. Per confronto sono riportati anche tre modelli di puro elio di 0.45, 0.50 e 0.55 M e la traccia evolutiva del modello di 0.50 M sino al raffreddamento come nana di CO.

Fig. 9.21. Diagramma CM UV delle stelle dell’ammasso NGC2808. La grande linea curva indica la collocazione della ZAHB teorica, e la linea a tratti quella delle fasi di esaurimento dell’elio centrale. Sono indicate alcune fasi evolutine: TO=Turn Off, RHB= Red HB, BHB= Blue HB, AGBm=AGB manqu´e. E’ indicata anche la sequenza di ”Blue Stragglers” (BS), di origine incerta.

ad alta temperatura, che in tali bande risultano di gran lunga le pi` u luminose dell’intero ammasso. Colori quali (218-555) usato in figura risultano onoltre ben correlati con le temperature estreme, a differenza - ad es- - del B-V che a tali temperature ha ormai saturato raggiungendo il suo minimo valore.

24 Dal confonto dei dato osservativi con le previsioni teoriche, riportate nella stessa figura, si nota come le stelle pi` u calde superino il limite estremo delle previsioni teoriche. Tale accadimento pare anche confermato da osservazioni spettroscopiche, che forniscono per tali stelle temperature dell’ordine di 35000-40000 K (logTe ∼ 4.55-4.60). Il problema `e ancora aperto: tra le varie ipotesi segnaliamo quella che collega tali alte temperature ad eventi di mescolamento durante il flash delle strutture meno massicce, che arricchirebbero le atmosfere di tali stelle di He e C.

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Origine delle Figure Fig.9.1 Castellani V., Degl’Innocenti S., Prada Moroni P.G., Tordiglione V. 2002, MNRAS 334, 193 Fig.9.2 Brocato E., Castellani V., Di Carlo E., Raimondo G., Walker A.R. 2003, AJ 125, 311 Fig.9.3 Bencivenni D., Brocato E., Buonanno R., Castellani V. 1991, AJ 102, 137 Fig.9.4 Brocato E., Castellani V., Piersimoni A. 1997, AJ 491, 789 Fig.9.5 Cariulo P., Degl’Innocenti S., Castellani V., 2004, A&A (in stampa) Fig.9.6 Monelli M., Pulone L., Corsi C.E., Castellani M., Bono G. (pi` u 10 coautori) 2003, ApJ 128, 218 Fig.9.7 Heber U., Kudritzki R., Caloi V., Castellani V., Danziger J. (pi` u 2 coautori) 1985, A&A 162, 171 Fig.9.8 Rosenberg A., Piotto G., Saviane I., Aparicio A. 2001, A&A 144, 5; 145, 451 Fig.9.9 Piotto G., King I.R., Djorgovski S.G., Sosin C., Zoccali M. (pi` u 7 coautori) 2002, A&A 391, 945 Fig.9.10 Brocato E., Castellani V., Poli F.M., Raimondo G. 2000, A&AS 146, 91 Fig.9.11 Barbero, J., Brocato E., Cassatella A., Castellani V., Geyer E.H. 1990, ApJ 351, 98 Fig.9.12 Prada Moroni P.G. 1999, Tesi, Universit` a di Pisa. Fig.9.13 Brocato E., Castellani V., Di Carlo E., Raimondo G., Walker A.R. 2003, AJ 125, 3111 Fig.9.14 Cariulo P., Degl’Innocenti S., Castellani V., 2004, A&A (in stampa) Fig.9.15 Pisa Evolutiobary Library Fig.9.16 Brocato E., Castellani V., Poli F.M., Raimondo G. 2000, A&AS 146, 91 Fig.9.17 Castellani M., Castellani V. 1993, ApJ 407, 649 Fig.9.18 Castellani V., Luridiana V. , Romaniello M. 1994, ApJ 428, 633 Fig.9.19 Castellani M., Castellani V. 1993, ApJ 407, 649 Fig.9.20 Castellani V., Degl’Innocenti S., Pulone L. 1995, 446, 228 Fig. 9.15 Bono G., Castellani V., Iannicola G. 2004, in preparazione.

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