Astrofisica Stellare: Capitolo 5

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Capitolo 5 La combustione centrale dell’Idrogeno 5.1. Modelli di presequenza. Politropi Fine ultimo delle considerazioni fisico-matematiche che siamo andati presentando nei capitoli precedenti `e quello di porci in grado di procedere a valutazioni quantitative delle variazioni strutturali, e con esse dei parametri osservativi, che ci attendiamo debano caratterizzare l’arco di esistenza di una struttura stellare. Per entrare nel dettaglio dei risultati evolutivi restano da illustrare brevemente le tecniche di calcolo che consentono di valutare una sequenza evolutiva di modelli stellari al fine di predire le variazioni temporali di ogni predeterminata struttura. Possiamo ricapitolare quanto sinora esposto, concludendo che il sistema di equazioni dell’equilibrio, integrato con le relative valutazioni fisiche, consente di determinare l’andamento delle variabili fisiche lungo tutta una struttura stellare una volta che si conosca in ogni punto la composizione chimica degli strati stellari e qualora si possa trascurare il contributo dell’energia gravitazionale. La prima condizione `e esplicitamente inserita nelle equazioni dell’equilibrio, mentre la seconda discende dall’evidenza che il coefficiente di energia gravitazionale εg richiede la valutazione punto per punto delle derivate rispetto al tempo di pressione e temperatura, valutabili solo conoscendo l’evoluzione temporale del modello. La composizione chimica all’interno di una struttura stellare `e peraltro figlia della storia nucleare della struttura medesima, e non `e pertanto valutabile a priori. Le uniche strutture che saranno accessibili ad un calcolo diretto saranno quindi e solo quelle di recentissima formazione, nella prima fase di contrazione gravitazionale e prima che l’innesco delle reazioni nucleari inizi a modificare la composizione chimica. Ricordiamo ora che nel processo di formazione una struttura raggiunge una configurazione di equilibrio quando l’aumento della temperatura, stimolando la ionizzazione, aumenta l’opacit` a della materia intrappolando la radiazione. A seguito dell’ alta opacit` a ci attendiamo che tali strutture primitive siano totalmente convettive e da tale accadimento discende la possibilit`a di calcolarne la struttura. Per ci`o che riguarda la prima condizione notiamo infatti che strutture completamente convettive sono completamente e continuamente rimescolate. Se dunque l’assenza di reazioni effetti di selettive sedimentazioni gravitazionali dei diversi elementi. Potremo sunque assumere strutture chimicamente omogenee con composizione chimica pari a quella assunta per la nube originaria. Un modello convettivo risulta peraltro anche indipendente da εg . Per comprenderne le ragioni assumiamo inizialmente, come prima approssimazione, che lungo l’intera strut1

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tura il gradiente sia pari al gradiente adiabatico di un gas perfetto monoatomico ∇ad = (dlogT/dlogP)ad =0.4. In tal caso da dlogT = 0.4dlogP

si ricava T = C1 P 0.4

sostituendo nell’equazione di stato P =

k k ρT → P = C1 ρP 0.4 da cui P = C2 ργ µH µH

con γ = 5/3

E’ questo un caso particolare di una regola generale: non appena si aggiunga all’equazione di stato un’ulteriore relazione che colleghi tra loro le variabili termodinamiche (nel nostro caso la relazione del gradiente adiabatico) il sistema termodinamico perde un grado di libert`a e ognuna delle variabili di stato (P, T, ρ) pu` o essere espressa in funzione di solo un’altra variabile. Varr`a sempre, in particolare, una relazione del tipo P = K ργ con γ dipendente dalla assunta relazione tra le variabili. Tutte le volte che l’equazione di stato `e esprimibile nella forma precedente prende il nome di ”equazione di stato politropica”. Si noti che se la relazione riguarda un gradiente (come nel caso adiabatico) l’equazione di stato politropica contiene necessariamente una costante arbitraria (condizione al contorno). Fissando le derivate si fissa infatti l’andamento delle variabili ma non il loro punto zero. Questo resta fissato non appena si fissi il rapporto P/ρ ( e quindi la temperatura) in un qualsiasi punto. Per ci`o che riguarda il modello stellare omogeneo e totalmente convettivo, se per esso riscriviamo le equazioni dell’equilibrio si trova che nel caso di strutture politropiche dP (r) Mr (r)ρ(r) = −G dr dr r2

(1)

dMr = 4πr2 ρdr

(2)

P = K ργ

(3)

che formano un sistema di tre equazioni nelle tre variabili incognite P, ρ, Mr , la cui risoluzione richieder` a ora la presenza di tre opportune condizioni al contorno. Quel che qui ci interessa, `e che la struttura prescinde da ogni valutazione sulla generazione di energia, consentendo quindi l’integrazione del modello stellare. Per tale integrazione si user`a un metodo del fitting, mancando delle soluzioni di prova richieste dal metodo di Henyey. In genere, per ogni prefissato valore della massa e della composizione chimica, si usa determinare le tre condizioni al contorno Pc (pressione centrale), Te (temperatura efficace) e L (luminosit`a) per un prefissato valore della temperatura centrale Tc , assunta a valori sufficientemente bassi per escludere il passato intervento di reazioni nucleari. Si noti come alla costante arbitraria nell’equazione di stato politropico-adiabatica corrispondono infinite soluzioni del modello, descritte dal calcolo al variare delle assunzioni su Tc . Questo ci dice che finch`e la struttura resta totalmente convettiva dovr`a necessariamente seguire il tracciato decritto dai modelli politropici al progressivo innalzarsi di Tc . La stessa procedura pu` o essere applicata nel caso generale, ove si lasci cadere l’assunzione ∇ad = 0.4 (ionizzazione completa) in tutta la struttura e si voglia valutare il gradiente superadiabatico nelle zone esterne. La presenza della relazione di gradiente adiabatico o convettivo abbassa sempre di un grado di libert` a il sistema, e anche se il gradiente convettivo dipende da L, per esso nelle zone esterne resta lecito assumere L=cost, prescindendo dalla valutazione di εg .

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5.2. Sequenze di modelli evolutivi Avendo prodotto un primo modello di struttura stellare, `e possibile seguirne l’evoluzione temporale attraverso l’integrazione di una serie di modelli intervallati da opportuni passi temporali ∆ti . Conoscendo la distribuzione delle variabili fisiche e della composizione chimica lungo tutta una struttura `e infatti possibile predisporre le condizioni per integrare un nuovo modello che realizza le condizioni della struttura dopo un prefissato intervallo temporale ∆t. Nel caso generale ci` o corrisponde a valutare innanzitutto la nuova distribuzione della specie chimiche dopo il passo temporale. Questa nuova struttura potr`a essere integrata, assumendo in ogni punto ”i” per le derivate rispetto al tempo che appaiono nel coefficiente di energia gravitazionale P 00 − Pi0 dPi = i dt ∆t

e

dTi T 00 − Ti0 = i dt ∆t

(4)

dove P 0 , T 0 e P 00 , T 00 rappresentano i valori delle rispettive variabili nel modello che precede o segue il passo temporale. Le variazioni della composizione chimica sono collegate all’efficienza delle reazioni di fusione e, eventualmente, al rimescolamento prodotto da fenomeni di convezione. Le variazioni di composizione indotte dalle reazioni nucleari sono subito ricavabili dal numero nij di reazioni per grammo e per secondo necessario per valutare nel modello di partenza il valore del coefficiente di produzione di energia nuclear εn . Facendo ad esempio il caso della catena PPI, dalla valutazione delle reazioni primarie (→ 4.4) si trae il numero di nuclei di idrogeno scomparsi nell’unit` a di tempo dNH = −3n11 + 2n33 e di conseguenza il numero di nuclei di 4 He formatisi dNHe = −dNH /4 da cui le variazioni delle abbondanze in massa dopo un imtervallo di tempo ∆t, come fornite in ogni punto da Xi = (dNi µi H)∆t Ove siano presenti regioni convettivamente instabili, si terr`a successivamente conto del processo di omogeneizzazione indotto dal rimescolamento convettivo ponendo in tutta la zona convettiva hXi i =

1 Mc

Z Xi dM =

1 X Xi dM Mc

dove l’integrale (sommatoria) `e esteso a tutta la zona convettiva di massa totale Mc . L’iterazione di tali procedure consente di seguire l’evoluzione di una struttura stellare a partire dalle primissime fasi di contrazione gravitazionale attraverso tutte le fasi di combustione nucleare sino al suo destino finale. Attraverso queste Sequenze Evolutive si realizza il compito dell’astrofisica stellare, consentendo di predire nei dettagli le strutture fisiche e le grandezze osservabili per ogni assunto valore della massa, della composizione chimica originaria e dell’et`a di una stella.

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Fig. 5.1. Tracce teoriche per l’evoluzione presequenza di stelle di varie masse e composizione chimica solare. Nel diagramma sono anche indicate le linee di raggio costante come ricavabili dalla relazione di corpo nero L=4πR2 σ T4e . I cerchietti aperti indicano le fasi iniziali di contrazione gravitazionale. Il primo punto sulla traccia segnala l’ultimo modello totalmente convettivo, il penultimo punto il primo modello sorretto nuclearmente e l’ultimo il modello di Sequenza Principale di Et` a Zero. I tempi lungo le tracce sono in anni.

5.3. La presequenza Alcune semplici considerazioni permettono di predire come debba presentarsi una struttura stellare nelle prime fasi che seguono la sua formazione. Essa sar`a ovviamente espansa, essendo giusto all’inizio della sua lunga storia di contrazione, ma anche relativamente fredda, perch`e la stabilizzazione della struttura segue, come abbiamo gi`a ricordato, l’inizio della ionizzazione parziale dell’idrogeno. Poich`e dalla relazione di corpo nero segue che grandi raggi implicano anche grandi luminosit` a, si giunge alla conclusione che al momento della sua formazione una struttura deve presentarsi relativamente fredda ma molto luminosa: in termini astronomici deve presentarsi come una Gigante Rossa. Tale previsione `e puntualmente verificata dai risultati del calcolo. La Fig. 5.1 mostra la posizione nel diagramma HR teorico (logL, logTe ) di modelli stellari con composizione chimica solare nelle primissime fasi di contrazione gravitazionale. Come atteso, tutti i modelli sono completamente convettivi, e tali rimangono per il primo tratto di evoluzione che si svolge con una decrescita della luminosit` a a temperatura pressoch`e costante, e quindi con una sensibile diminuzione del raggio. All’aumentare della temperatura centrale diminuisce l’opacit`a e al punto indicato in figura incominciano a formarsi dei nuclei in equilibrio radiativo. Al crescere di tale nucleo la traccia evolutiva abbandona infine il precedente andamento per spostarsi verso alte temperature con un contenuto aumento di luminosit`a. Mostreremo nel seguito come sia proprio la presenza di un nucleo radiativo a spostare la stella verso alte

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Fig. 5.2. Evoluzione di presequenza per una stella di 1 M e composizione chimica solare. A= modello iniziale; B= ultimo modello completamente convettivo; C= primo modello sorretto nuclearmente; D= Sequenza principale di Et` a Zero (ZAMS). Lungo la traccia sono riportati i tempi di evoluzione ed i modelli in cui si raggiungono le temperature centrali per la combustione del deuterio.

temperature efficaci, abbandonando quella che viene indicata in letteratura come la ”Traccia di Hayashi”. Mentre la stella si sposta verso alte temperature cominciano a diventare efficienti le reazioni nucleari sinch`e (penultimo punto in Fig. 5.1) l’energia nucleare arriva a coprire l’intero fabbisogno energetico della struttura, svanisce il contributo dell’energia gravitazionale e ha termine la fase di contrazione su tempi scala termodinamici. In linea del tutto generale `e da notare come tutte le stelle si stabilizzino attorno a quella che sar`a la loro luminosit`a nella fase di combustione nucleare ben prima che le reazioni stesse comincino a diventare efficienti, a ulteriore riprova che non sono le reazioni a determinare la luminosit`a di un oggetto stellare. E’ vero il contrario: la luminosit`a, governata dalle condizioni di equilibrio, determina la richiesta di energia e quindi l’efficienza delle reazioni nucleari. La Fig. 5.2 riporta con qualche ulteriore dettaglio la traccia di presequenza per una stella di 1 M . L’evidenza che l’evoluzione rallenti al diminuire della luminosit`a non dovrebbe sorprendere: la luminosit` a altro non `e che l’energia persa dalla struttura per unit`a di tempo, e in fase di contrazione gravitazionale l’evoluzione sar`a tanto pi` u veloce quanto pi` u veloce la perdita di energia. Nella stessa figura sono indicati i modelli in cui per la prima volta si raggiungono le temperature per la combustione del deuterio. La scarsa abbondanza naturale di questo elemento rende pressoch`e trascurabile il contributo di tali combustioni, causando al pi` u un transitorio rallentamento dell’evoluzione. In base a semplici considerazioni sui tempi scala nucleari noi abbiamo gi`a identificato la Sequenza Principale osservata, ad esempio, nelle stelle nei dintorni del Sole, come formata da strutture in fase di combustione di idrogeno. Possiamo perfezionare tale identificazione precisando che definiremo stelle di Sequenza Principale tutte quelle stelle che evolvono con i tempi scala della combustione dell’idrogeno. Sulla base di tale definizione si deve concludere che il primo modello sorretto nuclearmente al termine della fase di contrazione NON rappresenta ancora una struttura di Sequenza Principale. Nei meccanismi di combustione

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Fig. 5.3. Andamento col tempo di temperatura centrale, densit` a centrale e energia gravitazionale in una stella di 1 M durante la fase di contrazione e nell’approccio alla Sequenza Principale.

dell’idrogeno, siano essi la catena pp o il ciclo CNO, vi sono infatti specie nucleari che devono portarsi all’equilibrio prima che la combustione dell’idrogeno raggiunga una situazione di regime e che evolveranno - e con essi la struttura - con tempi scala intermedi tra quelli gravitazionale e quelli della combustione dell’idrogeno. Conseguentemente dovremo definire come primo modello di Sequenza Principale (o modello di ZAMS = Zero Age Main Sequence) il primo modello sorretto nuclearmente in cui gli elementi secondari abbiano raggiunto l’equilibrio. Nel caso di una stella di 1 M , quale quello illustrato in Fig. 5.2, la struttura arriva ad essere sorretta dalle combustioni nucleari con temperature centrali dell’ordine dei 15 106 K, alle quali domina ancora la catena ppI. Per arrivare al modello di ZAMS dovremo quindi attendere che l’ 3 He, pressoch`e ancora nullo nel primo modello sorretto nuclearmente, raggiunga la sua composizione di equilibrio. E’ istruttivo riconoscere in Fig. 5.3 il comportamento della struttura in questa fase di approccio alla sequenza principale. Durante tutta la fase di contrazione gravitazionale temperatura e densit`a centrale aumentano con continuit`a sino a quando intervengono le reazioni nucleari e l’energia prodotta dalla gravitazione crolla rapidamente a zero, sostituita da quella nucleare. Per mancanza di 3 He le reazione 3 He+3 He → 4 He + 2p non pu`o essere efficiente, e la combustione si deve limitare alla produzione di 3 He, con l’emissione di energia corrispondente alla sola produzione di tale elemento,. Mano a mano che aumenta l’abbondanza di 3 He, la 3 He+3 He → 4 He + 2p comincia a diventare efficiente, il PPI si completa e aumenta l’energia prodotta per ogni fusione di coppia di protoni, aggiungendovisi l’energia guadagnata nella produzione dell’4 He. La stella, che si era portata a temperature tali da soddisfare al suo fabbisogno energetico con il solo ppI incompleto, reagisce all’eccesso di energia diminuendo temperatura e densit` a per abbassare la velocit`a delle reazioni e mantenere costante la produzione di energia nucleare. Ne segue anche una espansione con il limitato assorbimento di energia gravitazionale segnalato dai valori negativi in figura. E’ temporaneamente presente un piccolo nucleo convettivo, destinato ad una rapida sparizione e privo di conseguenze evolutive (→ A5.4) La decrescita della temperatura prosegue sinch`e l’3 He nelle zone di combustione si stabilizza alla sua composizione di equilibrio: da questo momento la stella cessa di evolvere con i tempi scala dell’equilibrio dell’3 He e inizia ad evolvere con i tempi scala della combustione dell’idrogeno (modello di ZAMS). Durante la fase di riaggiustamento nucleare che intercorre tra il primo modello sorretto nuclearmente e il modello di ZAMS le condizioni centrali tornano verso valori precedenti e, corrispondentemente, come mostrato nelle figure 5.1 e 5.2 si inverte la direzione della traccia nel diagramma HR.

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Fig. 5.4. Andamento col tempo di temperatura centrale, densit` a centrale e energia gravitazionale in una stella di 1.5 M durante la fase di contrazione e nell’approccio alla Sequenza Principale. Qcc riporta l’estensione del nucleo convettivo in frazioni di massa stellare. Estremi delle ordinate: 0.80 ≤ logTc ≤ 1.39; 0.75 ≤ logρc ≤ 2.00

Al diminuire della massa diminuisce la temperatura centrale dei modelli sorretti nuclearmente causa la drastica diminuzione della luminosit`a intrinseca delle strutture. Le reazioni nucleari continuano dunque ad essere dominate dalla catena ppI e le fasi di presequenza hanno andamenti sostanzialmente analoghi, almeno sinch`e non si giunga (M ≤ 0.4 M ) a temperature centrali cos`ı basse e, conseguentemente, a tempi di equilibrio dell’3 He cos`ı grandi da configurare per tale elemento il ruolo di elemento primario. In tal caso svanisce la fase di rilassamento nucleare e il primo modello sorretto nuclearmente deve essere considerato modello di ZAMS. Ancora analogo, ma per alcuni versi speculare, l’avvicinamento alla Sequenza Principale di modelli invece pi` u massicci, nei quali la maggior richiesta di energia conduce a maggiori temperature centrali, portando alla dominanza del ciclo CNO. L’equilibrio del ciclo viene raggiunto quando il 12 C viene trasformato in 14 N, diminuendo la velocit`a del ciclo e l’energia emessa nell’unit` a di tempo. La Fig. 5.4 mostra che in tal caso al primo modello sorretto nuclearmente segue un nuovo episodio di limitata contrazione e un ulteriore aumento di temperatura che infine consente al ciclo all’equilibrio di fornire la richiesta energia. Nel diagramma HR il modello prosegue ora la sua traccia, innalzando ulteriormente la temperatura efficace. Notiamo infine che, come previsto (→ Cap. 2), a causa della alta dipendenza dalla temperatura la combustione CNO produce ora nuclei convettivi, che si manterranno per tutta la fase di sequenza principale. La diversa risposta delle combustioni pp e CNO nell’approccio all’equilibrio si riflette quindi nella diversa collocazione nel diagramma HR dei modelli di ZAMS rispetto ai modelli omogenei sorretti nuclearmente. Come mostrato in Fig. 5.5, modelli di ZAMS sorretti dalla catena pp si collocano a temperature efficaci leggermente inferiori dei rispettivi modelli omogenei, mentre il contrario avviene per i modelli sorretti dal CNO, che continuano la contrazione per portarsi a temperature efficaci pi` u alte. Tale diversa risposta rende anche ragione del fatto che alla transizione tra le due combustioni esiste un intervallo di masse in cui i modelli omogeni sono sorretti dal CNO e i modelli di ZAMS dal pp. La massa di transizione dipende naturalmente dalla assunta composizione chimica: innalzando l’elio originario si ottengono, ad esempio, modelli pi` u caldi e la massa di transizione diminuisce. Resta infine da osservare come, sulla base delle considerazioni svolte, si possa concludere che la struttura di un modello di ZAMS possa n genere essere identificata anche senza

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Fig. 5.5. Una sequenza di modelli omogenei supermetallici (linea a tratti) confrontata con la collocazione dei modelli di ZAMS.

procedere al calcolo dettagliato delle fasi di presequenza. Sinch`e, come avviene per masse non troppo piccole, i tempi scala gravitazionale, nucleare dei secondari e nucleare del’idrogeno restano ben distinti, sar` a lecito integrare direttamente un primo modello omogeneo sorretto nuclearmente imponendo ε=0, e lasciando evolvere la struttura sino a raggiungere l’equilibrio dei secondari (pseudoevoluzione).

5.4. La traccia di Hayashi Si `e visto come tutti i modelli stellari nella loro iniziale fase convettiva seguano ben definite e tra loro analoghe sequenze confinate alle basse temperature efficaci. Tale comportamento va inquadrato in una regola generale secondo la quale per ogni prefissata massa e composizione chimica esiste nel diagramma HR un limite destro invalicabile definito appunto da strutture totalmente convettive, che prende il nome di traccia di Hayashi. Tale regola, enunciata dall’astrifisico giapponese Kushiro Hayashi sulla base di modelli stellari semianalitici, pu`o essere convenientemente illustrata in base ad esperimenti numerici. Si riprendano infatti le equazioni di equilibrio e si consideri il gradiente dT/dp come un parametro libero G costante lungo la struttura. Se ne ricava il sistema politropico dP/dr = .... dMr /dr = ... dT/dp = G che per ogni valore di G e per ogni assunto valore della luminosit`a L ammette una soluzione. Non sorprendentemente, si trova che per ogni L, al crescere di G il modello (non realistico) si sposta a temperature efficaci minori. Il criterio di Schwarzschild detta peraltro un limite superiore per i valori del ”gradiente medio” G, dovendo risultare dT dT ≤( )ad dP dP

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Fig. 5.6. Linee isoconvettive HR per una struttura di 1 M dalla indicata composizione chimica. Le singole linee indicano il luogo nel diagramma HR ove la base dell’inviluppo convettivo raggiunge un prefissato valore della frazione di massa Mc e. La linea a tratti riporta la traccia di Hayashi (strutture roralmente convettive)

ove, trascurando gli effetti superficiali di superadiabaticit`a, l’eguaglianza implica strutture completamente convettive. Ne segue che la linea formata al variare di L da tali strutture convettive rappresenta nel diagramma HR un limite destro per strutture in quasi equilibrio. E’ utile inserire il concetto di traccia di Hayashi nel contesto pi` u vasto di un indagine topologica della convezione negli strati esterni delle strutture stellari. Si `e gi`a indicato come al diminuire della temperatura efficace ci si attenda che nascano e progressivamente si sviluppino in profondit` a strati convettivi superficiali collegati alla ionizzazione parziale dell’idrogeno. Tale previsione qualitativa pu` o essere perfezionata osservando che il metodo del ”fitting” ci assicura che per ogni prefissata massa stellare, ogni posizione del diagramma HR (ogni coppia di valori L e Te ) identifica senza ambiguit`a le condizioni superficiali. E’ lecito quindi integrare le equazioni di equilibrio verso l’interno, identificando le catatteristiche che avrebbe la struttura e, in particolare, la profondit`a degli strati convettivi, se presenti. Si noti che in tale modo non si esegue la valutazioe di un reale modello stellare: si opera solamente la previsione che se una stella di data massa si venisse a trovare in quel punto del diagramma HR, allora dovrebbe avere la struttura esterna cos`ı calcolata. Tali informazioni possono essere accorpate per produrre la topologia degli inviluppi convettivi mostrata in Fig.5.6, ove le varie linee isoconvettive rappresentano il luogo dei punti ove la convezione superficiale affonda sino ad un predeterminato valore della massa stellare. Come caso limite, si ottiene cos`ı anche una valutazione della traccia di Hayashi ove sono tenuti in debito conto gli effetti della superadiabaticit`a. Poich`e i modelli di presequenza percorrono per definizione le rispettive tracce di Hayashi, la precedente Fig, 5.1 mostra chiaramente come al diminuire della massa stellare la traccia di Hayashi si sposti verso temperature efficaci minori. La Fig, 5.7 mostra come la traccia si sposti verso minori temperature efficaci anche all’aumentare della metallicit`a. La sensibilit`a al contenuto originario di elio `e molto minore, almeno nel campo delle variazioni attese per questo parametro evolutivo (∆ Y ≤ 0.1), con la traccia che si sposta leggermente a temperature inferiori al diminuire di Y. La particolare sensibilit`a al contenuto metallico discende dal forte contributo dato dai metalli (a differenza dell’elio) all’opacit`a della materia.

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Fig. 5.7. Tracce di Hayashi per una struttura di 1 M al variare del contenuto metallico.

E’ infine di particolare rilevanza osservare che per ogni fissata massa e composizione chimica originaria la traccia di Hayashi dipende anche, e sensibilmente, dalla lunghezza di rimescolamento adottata nel trattamento della convezione superadiabatica. Minore la lunghezza di rimescolamento, meno efficiente `e il trasporto convettivo e pi` u alto il valore della superadibaticit`a. Si noti al riguardo come al limite l →0 debba risultare anche ∇con → ∇rad . Maggiore superadiabaticit` a significa infine maggiori gradienti all’interno della struttura e di conseguenza temperature pi` u basse in atmosfera. Se ne conclude che al diminuire di l la traccia di Hayashi si sposta, come avviene, verso temperature pi` u basse. Se ne deve concludere che in assenza di indicazioni precise sul valore di l (→ A5. ..) la collocazione della traccia `e soggetta a pesanti incertezze, che si riflettono non solo sulla temperatura delle tracce di presequenza, ma anche, come vedremo, sulla collocazione nel diagramma HR delle Giganti Rosse.

5.5. La Sequenza Principale di Et` a Zero (ZAMS) In base alle considerazioni evolutive sin qui svolte `e possibile produrre valutazioni teoriche sulle strutture di Sequenza Principale per ogni assunta composizione chimica iniziale. La Fig. 5.8 riporta, nel riquadro a sinistra, l’andamento nel diagramma HR di tali sequenze per tre scelte di composizione chimica che coprono le composizioni delle strutture galattiche. Il riquadro a destra nella stessa figura riporta l’andamento delle temperature centrali per gli stessi modelli. Luminosit`a e temperatura centrale crescono in ogni caso al crescere della massa, come richiesto dal crescente contenuto energetico e conseguente fabbisogno delle strutture di equilibrio. Al crecere della massa stellare segue l’inevitabile passaggio delle combustioni nucleari sotto il controllo del ciclo CNO. La transizione tra catena pp e ciclo CNO avviene attorno alle 1-2 M , in dipendenza anche dalla composizione chimica. Tale transizione `e segnalata dalla diversa pendenza della relazione massa - temperatura centrale: per sostenere l’aumento di luminosit`a con la crescita della massa, stelle sorrette dalla catena pp (∝ T 4 ) devono aumentare la temperatura centrale molto pi` u rapidamente di quanto richiesto dalle stelle sorretta dal ciclo CNO, dalla molto maggiore dipendenza dalla temperatura (∝ T 14 ). Le masse minori, sorrette dalla catena pp, come conseguenza della bassa dipendenza di tale catena dalla temperatura hanno nuclei in equilibrio radiativo, con l’occasionale e

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Fig. 5.8. A sinistra: distribuzione nel diagramma HR di strutture di sequenza principale per le indicate composizioni chimiche. Il punto lungo le sequenze segnala la collocazione dei modelli di 1 M . E’ indicata una retta R= cost (logL ∝ 4logTe ). A destra: andamento delle temperature centrali (in milioni di gradi) al variare della massa negli stessi modelli.

transitoria presenza di una limitata convezione da 3 He (→ A5.3). La alta dipendenza dalla temperatura del ciclo CNO genera invece nuclei convettivi che aumentano all’aumentare della massa e, quindi, della temperatura centrale. Contemporaneamente, stelle a massa minore si collocano a temperature effettive corrispondentemente minori, ove abbiamo visto debbano svilupparsi inviluppi convettivi che devono scomparire alle alte temperature efficaci. Ne segue che -come indicato in figura- stelle della Sequenza Principale ”Inferiore” (SPI) o ”Superiore” (SPS) hanno strutture caratteristicamente speculari: nuclei radiativi ed inviluppi convettivi le prime, nuclei convettivi e inviluppi radiativi le seconde. Differenze che si rifletteranno nelle successive fasi evolutive. La convezione superficiale, presente a partire da logTe ∼ 4.0, a logTe ∼ 3.8 comincia ad interessare consistenti frazioni di massa stellare, affondando sempre di pi` u al diminuire della massa (e della temperatura efficace) sino a produrre per masse M≤ 0.3 M strutture totalmente convettive. La Tabella 2 riporta alcune grandezze caratterizzanti strutture di sequenza principale con composizione originale solare, Z=0.02, Y=0.27. Si nota come, in generale, al crescere della massa decresca sensibilmente la densit` a centrale. Si pu`o comprendere il significato di tale comportamento ricorrendo alla condizione di equilibrio imposta dal viriale. Supponiamo infatti di avere una fissata struttura stellare e di aumentarne (con un gedanken experiment) la massa. La struttura ha due vie per ritrovare l’equilibrio: aumentare l’energia cinetica totale (aumentare la temperatura) o diminuire l’energia gravitazionale (espandere e diminuire la densit`a). I dati in tabella mostrano che le strutture stellari sfruttano contemporaneamente ambedue i canali. La leggera deviazione da tale comportamento generale attorno 1 M `e, forse, da porsi in connessione con la transizione tra i due tipi di combustione e la nascita dei nuclei convettivi. Se, aumentando la massa, aumenta la temperatura e diminuisce la densit`a dobbiamo infine concluderne che all’aumentare della massa le strutture si allontanano sempre pi` u dal rischio di degenerazione elettronica, accadimento che `e la chiave di volta dalla quale dipenderanno le caratteristiche dell’evoluzione delle strutture nelle fasi successive alla Sequenza Principale.

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Fig. 5.9. La collocazione nel diagramma HR di Sequenze Principali con Z=0.001 e varie assunzioni sull’abbondanza di idrogeno X. La linea a punti mostra il luogo di modelli di 1M al variare di X. Tab. 1. Grandezze caratteristiche di alcune strutture di ZAMS per composizione chimica solare. Vengono riportati nell’ordine: la massa M in masse solari, luminosit` a e temperatura effettiva, raggio in raggi solari, temperatura Tc e densit` a centrale ρc , la massa del nucleo convettivo Mcc in masse solari, la frazione di massa del bordo inferiore della convezione esterna Mce e la frazione di energia prodotta tramite la catena pp o il ciclo CNO. L’ultima colonna riporta infine il tempo, in anni, che le strutture trascorreranno nella fase di combustione centrale di H

M 0.1 0.3 0.6 0.8 1.0 1.5 2.5 5.0 7.0

logL -3.06 -1.98 -1.09 -0.59 -0.17 0.69 1.59 2.74 3.25

logTe 3.450 3.534 3.620 3.694 3.751 3.849 4.028 4.230 4.318

R 0.12 0.29 9.55 0.70 0.87 1.49 1.84 2.73 3.27

Tc 4.69 7.69 10.0 11.7 13.7 18.1 22.7 26.9 29.1

ρc 402.5 100.7 84.7 79.2 77.4 79.4 48.9 20.3 13.5

Mcc compl. compl. 0.04 0.06 0.07 0.07 0.44 0.94 1.60

Mce conv. conv. 0.510 0.741 0.969 0.981 – – –

Lpp 1.000 1.000 0.996 0.980 0.898 0.803 0.277 0.033 0.013

LCN O 0.000 0.000 0.004 0.020 0.136 0.168 0.724 0.967 0.987

tH ∼1000 109 ∼500 109 73 109 23 109 10 109 2.2 109 497 106 83 106 38 106

Per quel che riguarda le strutture di MS, la degenerazione elettronica comincia ad influire solo nelle stelle al di sotto di 1 M , crescendo al diminuire della massa, sinch`e attorno a 0.1 M giunge a bloccare la contrazione di presequenza e ad impedire cos`ı l’innesco della combustione dell’idrogeno. Strutture al di sotto di tale limite continueranno a raffreddare sotto forma di oggetti compatti sorretti dalla pressione di degenerazione, dissipando il calore prodotto nella fase gravitativa. Se non troppo al di sotto della massa limite, a queste ”stelle mancate” si d`a il nome di Nane Brune (Brown Dwarfs) ad indicare l’esistenza di sia pur limitate capacit`a radiative. Con masse ancora minori si entra nel campo dei pianeti gassosi, con analoga storia evolutiva. In tale contesto `e da notare come nel nostro sistema planetario Giove, MJ ∼ 10−3 M , emetta una quantit` a di energia maggiore di quella ricevuta dal Sole, una evidenza da porsi forse in relazione con una residua lenta contrazione. La Fig. 5.8 mostra come al diminuire del contenuto di metalli e/o all’aumentare del contenuto di elio le sequenze principali si spostino verso maggiori temperature effettive, mentre

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Fig. 5.10. Andamento con la frazione di massa delle variabili fisiche e chimiche in un modello di MS di 1.25 M , Z=0.001, Y=0.1. Le variabili sono normalizzate ai valori L=7.16 1033 erg/sec, P=2.05 1018 dyn/cm2 , ρ =87.81, T=14.88 106 K, R=6.84 1011 cm, X3 =6.37 10−4 , X12 =1.41 10−4 , X14 =2.41 10−4

a parit`a di massa le strutture risultano pi` u luminose. Questa ultima evidenza indica senza ambiguit`a un aumento delle temperature centrali, come peraltro verificabile nel riquadro destro della stessa figura. Notiamo subito che la dipendenza della collocazione nel diagramma HR dal contenuto di elementi pesanti rende ragione della collocazione in tale diagramma delle subnane di campo, le stelle povere di metalli che transitano nelle vicinanza del Sole (→ Cap.1). L’aumento della luminosit` a lascia anche prevedere che al diminuire del contenuto di metalli diminuisca anche la durata, a parit` a di massa, della fase di combustione di idrogeno. La risposta delle strutture alle variazioni di elio pu`o essere compresa osservando che, a parit` a di densit`a, l’incremento della percentuale di elio diminuisce il numero di particelle: la struttura deve contrarre e aumentare la sua temperatura per contrastare l’aumentata gravitazione. Ogni volta che si aumenta il peso molecolare, troveremo strutture pi` u calde e pi` u luminose. La Fig. 5.10 riporta una estesa analisi della collocazione delle Sequenze Principali al variare del contenuto di elio. Spingendosi verso il limite X (abbondanza di idrogeno)→0 le sequenze coprono una vasta ma limitata fascia del diagramma H R, per balzare a temperature efficaci notevolmente pi` u alte per X=0. Tale balzo `e collegato alla variazione nel meccanismo di combustione che, all’esaurimento dell’idrogeno, deve passare dalla combustione di tale elemento alla combustione 3α, che richiede molto maggiori temperature centrali. Si noti che se le stelle foseero oggetto di efficienti rimescolamenti interni evolverebbero mantenendosi omogenee, accrescendo col tempo il loro contenuto di elio. La loro traccia evolutiva dovrebbe dunque seguire le linee a massa costante in Fig.5.9, spostandosi sulla sinistra della Sequenza Principale. Tale approccio topologico fornisce una semplice risposta ad un delicato problema: l’evidenza di rotazione delle strutture stellari pu`o lasciar sospettare che fenomeni di circolazione meridiana rimescolino la struttura, mantenendola omogene. La valutazione teorica dell’efficienza di tali rimescolamenti `e collegata a non semplici valutazioni sulla viscosit`a del gas stellare, e potrebbe apparire dubbia. La riposta osservativa `e esplicitamente e inconfutabilmente negativa, mostrando che l’evoluzione sposta le strutture non sulla sinistra ma sulla destra della Sequenza Principale. Sar`a dunque l’evoluzione disomogenea a

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Fig. 5.11. Andamento schematico dell’abbondanza di idrogeno durante l’evoluzione di una struttura della SPI. I numeri segnalano nell’ordine la sequenza temporale.Le linee a tratti segnalano il passaggio alla combustione CNO.

dover rendere conto degli osservabili, cosa che far`a con buon successo. Conviene peraltro ancora una volta ricordare come l’incertezza sulla lunghezza di rimescolamento si traduca in una indeterminazione sul valore della temperatura efficace in stelle con inviluppi convettivi i cui effetti dovrano essere opportunamente valutati. La fig. 5.10 riporta l’andamento delle variabili fisiche e di composizione in un modello di MS di 1.25 M . Si noti in particolare l’evidente presenza di un piccolo nucleo convettivo e l’evoluzione dei diversi elementi chimici che intervengono nelle due combustioni pp e CNO. La caratteristica distribuzione dell’ 3 He corrsiponde al fatto che nelle zone pi` u interne questo elemento ha ormai raggiunto la sua abbondanza di equilibrio (che cresce al diminuire della temperatura) mente nelle zone pi` u esterne non `e stato ancora formato. Qui come sempre nel seguito, occorre ricordare come la indeterminazione sulla lunghezza di rimescolamento si traduca in una indeterminazione sui valori assoluti delle temperature con inviluppi convettivi (→ A6.1), indeterminazione che `e necessario tenere in considerazione ogniqualvolta si proceda all’interpretazione di dati osservativi.

5.6. La Sequenza Principale e l’esaurimento dell’idrogeno La struttura di ZAMS `e il punto iniziale della lunga combustione centrale dell’idrogeno. In tutte le strutture, alla progressiva diminuzione dell’abbondanza di idrogeno nelle regioni centrali corrisponde automaticamente un continuo aumento di temperatura e densit`a centrali che si riflette in una lenta crescita della luminosit`a e un progressivo allontanamento dalla ZAMS. Stelle della Sequenza Principale Superiore (SPS) hanno nuclei convettivi nei quali l’idrogeno viene progressivamente sostituito dall’elio prodotto nelle combustioni. Poich`e l’opacit`a dell’elio `e -a parit` a di condizioni fisiche- minore di quella dell’idrogeno, il gradiente radiativo tende a diminuire e conseguentemente l’estensione dei nuclei convettivi regredisce lentamente nel tempo. L’esaurimento dell’idrogeno al centro segna la fine di questa lunga fase di Sequenza Principale, manifestandosi con caratteristiche singolarmente diverse per stelle della SPI o SPS, in dipendenza della presenza o meno di nuclei convettivi. In stelle della SPI, in assenza di moti convettivi centrali l’idrogeno viene consumato in una zona relativamente larga attorno al centro della struttura e, in ogni punto di tale zona, in proporzione all’efficienza locale delle combustioni pp. Ne segue un andamento temporale dell’abbondanza di idrogeno del tipo riportato nella figura 5.11. E’ facile comprendere come in tal caso l’esaurimento

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Fig. 5.12. Andamento schematico dell’abbondanza di idrogeno durante l’evoluzione di una struttura della SPS. I numeri segnalano nell’ordine la sequenza temporale.

dell’idrogeno non rappresenti un evento traumatico: il progressivo aumento di temperatura render`a pi` u efficienti le combustioni nelle zone ricche di idrogeno contornanti il centro e la combustione si sposter` a con continuit` a dal centro ad una ampia shell contornante un nucleo essenzialmente composto solo da elio e dagli originari elementi pesanti. E’ importante rilevare che la crescita delle temperature centrali favorisce l’efficienza del ciclo CNO che poco dopo l’esaurimento dell’idrogeno centrale finisce col prendere definitivamente il sopravvento. A causa della forte dipendenza del CNO dalla temperatura, si restringe fortemente la zona interessata dalle combustioni che finisce col presentarsi come una shell sottile che progredisce all’interno della stella erodendo il fondo della zona ancora ricca di idrogeno e separando bruscamente il nucleo di elio dalle zone pi` u esterne. Nelle stelle di SPS la presenza del nucleo convettivo conduce invece a conseguenze peculiari. Anche se la zona di combustione `e fortemente accentrata, il rimescolamento operato dalla convezione fa s`ı che l’idrogeno diminuisca omogeneamente in tutta la zona convettiva (Fig. 5.12). Ne consegue che all’esaurimento dell’idrogeno restano prive di combustibile non solo le zone ove era efficiente la combustione, ma anche una estesa regione circostante. Allo spengersi delle combustioni la stuttura deve quindi reagire con una contrazione che avr`a termine solo quando la temperatura interna si sar`a innalzata sino a produrre una efficiente combustione di idrogeno negli strati circostanti il vecchio nucleo convettivo. Si noti ”in passing” che al diminuire delle combustioni centrali diminuisce il relativo flusso, il gradiente radiativo crolla e sparisce l’instabilit` a convettiva. La Fig. 5.13 riporta esempi del cammino evolutivo delle strutture durante la fase di MS, sino all’innesco della combustione di idrogeno in una shell. Il modello di 1 M mostra la tipica evoluzione delle strutture di SPI: si allontana regolarmente dalla posizione di ZAMS raggiungendo un massimo della temperatura efficace (turn off della traccia) poco prima dell’esaurimento dell’idrogeno centrale. Dopo l’esaurimento la traccia prosegue dirigendosi sempre pi` u decisamente verso basse temperature efficaci nel mentre si instaura la combustione di idrogeno in una shell. I modelli di 1.25 e 1.5 M mostrano invece il tipico andamento delle strutture di SPS. Poco prima dell’esaurimento parte la contrazione (tratto A-B in Fig 5.13) solo al termine della quale l’idrogeno al centro viene definitivamente esaurito. Ci si attende dunque che stelle sufficientemente massicce presentino al termine della fase di combustione centrale di idrogeno (MS) una fase di contrazione gravitazionale, percorsa dunque con tempi scala molto minori di quelli nucleari. In questa fase ci si attende quindi scarsa o nulla presenza di oggetti stellari. Le osservazioni confermano puntualmente tale previsione: ammassi stellari sufficientemente giovani mostrano al termine della sequenza principale una

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Fig. 5.13. Tracce evolutive nel diagramma HR di stelle per la composizione iniziale Y=0.30, Z=0.10. L’evoluzione `e seguita a partire dal modello di ZAMS sino al massimo relativo di luminosit` a (C). I punti lungo le tracce indicano decrementi di idrogeno centrale pari a ∆X=0.1.

Fig. 5.14. Il diagramma CM (Colore-Magnitudine) per l’ammasso di vecchio disco M67 = NGC2682.

”gap” per mezzo della quale l’esistenza di un nucleo convettivo nelle strutture di SPS diventa -indirettamente- un osservabile (Fig. 5.14). Ulteriori dettagli sulla fase di esaurimento dell’idrogeno sono riportati in A5.6. Prima di concludere questo punto dobbiamo per` o aggiungere che per masse al di sopra delle 10 M , la fase di esaurimento dell’idrogeno si complica per la presenza di un ulteriore fenomeno: l’energia emessa dai nuclei in contrazione si traduce in un flusso cos`ı grande che nelle regioni che circondano il nucleo il gradiente radiativo viene spinto a superare quello adiabatico e le zone diventano, almeno formalmente, convettive. Abbiamo detto ”almeno formalmente” perch`e `e adesso necessario osservare che nella derivazione del criterio di Schwarzschild si era a suo tempo fatta l’implicita assunzione di materia chimicamente omogenea. La zona che contorna il nucleo in contrazione presenta invece un gradiente di elio, la cui abbondanza va progressivamente crescendo verso l’interno come risultato della progressiva diminuzione delle dimensioni del nucleo convettivo originalmente presente nel modello di ZAMS. L’esistenza di un tale gradiente di peso molecolare tende a stabilizzare la zona pi` u di quanto previsto dal criterio di Schwarzschild: al termine di uno spostamento adiabatico gli elementi possono trovarsi pi` u caldi dell’ambiente circostante ed essere peraltro richiamati

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alla posizione originale perch`e intrinsecamente pi` u pesanti. Conseguentemente il criterio di Schwarzschild si trasforma nel Criterio di Ledoux secondo il quale per l’instabilit`a convettiva si richiede ∇rad ≥ ∇L = ∇ad +

dlogµ dlogP

E’ stato per`o fatto notare che in una zona superadiabatica resa stabile del termine di Ledoux un elemento richiamato alla sua posizione iniziale, a causa delle inevitabili perdite radiative vi tornerebbe pi` u freddo e quindi pi` u pesante dell’ambiente circostante, proseguendo quindi nel suo moto e dando origine ad una sia pur diversa forma di instabilit`a che porterebbe in ogni caso al rimescolamento degli strati coinvolti. L’efficienza del rimescolamento in queste zone `e peraltro questione ancora dibattuta, talora affrontata nel quadro di teorie diffusive. Qui notiamo solo che nel caso dell’esaurimento dell’idrogeno in stelle massicce l’applicazione ”sic et simpliciter” del criterio di Ledoux inibisce di fatto la formazione delle shell di convezione, con predizioni osservative che sembrano in molto migliore accordo con le osservazioni (→ A5,,,). Resta infine da notare come la durata della fase di combustione centrale dell’idrogeno (MS) decresca rapidamente all’aumentare della massa (e della luminosit`a) della struttura: la precedente tabella 5.1 riporta alcuni valori di tale durata per stelle di metallicit`a solare. Stelle povere di metalli avranno durate leggermente pi` u lunghe, ma si pu`o in ogni modo concludere che in ogni caso stelle con masse minori di ∼ 0.8 M hanno vite di MS maggiori dell’et`a stimata per l’Universo (∼ 1010 anni). Tali strutture devono quindi in ogni caso essere ancora presenti in cielo, portando testimonianza di tutte le generazioni stellari che si sono succedute nella nostra come nelle altre galassie. Si ricava anche che il nostro Sole, con circa 4 miliardi di anni di vita, si trova nel pieno della sua fase di MS, ancora essenzialmente sorretto dalla combustione pp. Il confronto delle strutture solari teoriche con i dati sperimentali dell’eliosismologia ha posto in luce la probabile efficienza di meccanismi di diffusione microscopica che, con scale temporali dell’ordine di miliardi di anni, inducono leggere modificazioni alla distribuzione degli elementi chimici all’interno delle strutture stellari, interessando quindi solo l’evoluzione di stelle con massa suffientemente piccola e tempi evolutivi corrispondentemente lunghi (→ ..).

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Approfondimenti A5.1. Modelli politropici. Equazione di Lane Emden. Ogniqualvolta sia possibile stabilire una relazione ”politropica” del tipo P = Kργ = Kρ(n+1)/n le equazioni di equilibrio si riducano conducano a modelli ”politropici”, dalle gi` a discusse caratteristiche. Gli indici che corrispondono alle due diverse formulazioni della relazione tra pressione e densit` a prendono rispettivamente il nome di esponente della politropica (γ) o di indice della politropica (n). Tra le molte possibili origini di un comportamento politropico ricordiamo: 1. 2. 3. 4. 5.

Gradiente adiabatico di gas perfetto monoatomico γ = 5/3, n= 1.5 Gas isotermo γ = 1, n= ∞ Pgas /Ptot =β=cost, γ = 4/3, n= 3 Degenerazione non relativistica γ = 5/3, n= 1.5 Degenerazione relativistica γ= 4/3, n= 1.5

In tutti i casi, derivando rispetto a r l’eguaglianza dell’equilibrio idrostatico, e sostituendo dMr /dr tramite la relazione di conservazione della massa si ottiene d r2 dP dMr ( ) = −G = −G4πr2 ρ dr ρ dr dr da cui 1 d r2 dP ( ) = −4πGρ r2 dr ρ dr esprimendo P attraverso la relazione politropica e operando le sostituzioni ρ = ρc θ n r = ξ/A

dove A =

n−1 4πG ρc n (n + 1)K

si giunge all’equazione di Lane Emden 1 d 2 dθ (ξ ) = −θn ξ 2 dξ dξ da integrarsi con le condizioni θ = 1 e dθ /dξ = 0 per ξ =0. L’equazione di Lane Emden ammette per alcuni valori di n anche soluzioni analitiche. Abbiamo gi` a ondicato come nel caso adiabatico K rappresenti un parametro libero cui corrispondono ∞1 strurrure convettive. Diverso `e il caso di strutture degeneri, ove K `e una costante fissata dalla teoria della gas degenere. In tal caso si ha quindi una soluzione unica, e ogni ρc fissa massa e raggio della struttura, accadimento che mostra come il raggio di una struttura degenere non dipenda dal suo contenuto termico e dal quale vedremo discendere l’esistenza di una massa limite per nane bianche e stelle di neutroni.

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Fig. 5.15. Reazioni di cattura protonica per gli elementi leggeri.

A5.2. La combustione degli elementi leggeri Le combustioni di elementi leggeri nel corpo delle varie catene pp e il ruolo di elementi secondari giocato da tali elementi mostra senza ambiguit´ a che le catture protoniche su D, Li, Be e B precedono la combustione dell’idrogeno in deuterio. La Fig. 5.15 riporta i principali canali di combustione, con i due canali del 9 Be in concorrenza 1:1. Stante la scarsa abbondanza di tali elementi nella materia interstellare ´e lecito trascurare il contributo energetico alla storia evolutiva di una struttura stellare; al pi´ u ci si attende che il deuterio, di gran lunga il pi` u abbondante, produca un rallentamento nell’evoluzione di presequenza. peraltro trascurabile a fronte dei successivi tempi evolutivi. Marginale anche il contributo dei prodotti di reazione, 3 He e 4 He, alla originaria composizione chimica di una struttura. L’interesse di queste combustioni risiede principalmente nel fatto che esse consentono di sondare la storia degli eventuali inviluppi convettivi di una struttura stellare. Maggiori infatti le profondit´ a raggiunte da un inviluppo convettivo, maggiori sono le temperature alla base della zona convettiva cui vengono esposti gli elementi nel continuo rimescolamento. Poich´e le sezioni d’urto scalano con la repulsione coulombiana, ci si attende quindi che al crescere di tali temperature scompaiano nell’ordine dalla atmosfera D, Li, Be, B. Per quel che riguarda le strutture di MS, ci si attende dunque che tali elementi scompaiano, nell’ordine, al diminuire della massa stellare e al conseguente crescere degli inviluppi convettivi. Tale previsione ´e in linea generale confermata dalle osservazioni, anche se ´e bene precisare che i calcoli dettagliati mostrano che le combustioni avvengono principalmente nel corpo delle strutture di presequenza. Il problema di una corretta previsione delle abbondanze degli elementi leggeri nelle atmosfere stellari ´e peraltro ancora aperto e oggetto di indagini.

A5.3. La convezione centrale da 3 He. E’ istruttivo seguire nei dettagli l’evoluzione dell’ 3 He nelle fasi di approccio alla MS di una stella di piccola massa al fine di comprendere come tale evoluzione governi la nascita di un nucleo convettivo e la sua successiva sparizione. Assumendo un’abbondanza iniziale di 3 He tracurabile, la produzione di tale elemento sar` a proporzionale alla temperatura e, quindi, in una fase iniziale la distribuzione di 3 He avr` a un massimo al centro della struttura. Poich`e la presenza di 3 He favorisce il completamento della catena pp, la produzione di energia si concentra anch’essa verso il centro, aumenta il flusso di energia e -stanti l’espressione del gradiente radiativo ed il criterio di Schwarzschild- la zona centrale diventa convettiva, Al procedere della combustione l’3 He raggiunge per` o il suo valore di equilibrio, prima al centro e progressivamente nella zone circostanti (Fig.5.16). Poich`e l’abbondanza di equilibrio `e tanto maggiore quanto minore la temperatura, la distribuzione dell’3 He tender` a ad assumere una caratteristica distribuzione a shell, con l’effetto incrementare l’efficienza della catena nelle zone esterne al

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Fig. 5.16. La variazione col tempo e con la frazione di massa dell’abbondanza di 3 He (linee continue)in una stella di 0.6 M , Y=0.10, Z=10−3 . Lungo le varie curve sono riportate le et` a dei modelli in anni. La curva a tratto e punto riporta la distribuzione di 3 He al manifestarsi dell’episodio convettivo (t= 2.7 107 anni). Le curve a tratti riportano l’andamento della luminosit` a alla massima estensione del nucleo convettivo (a) e per t= 2.5 109 anni.

nucleo convettivo, ridistribuendo la generazione di energia e finendo cos`ı con l’inibire la convezione fino a farla scomparire. A causa di tale meccanismo le stelle di piccola massa sperimentano nelle fasi di approccio e nelle fasi iniziali di MS un episodio di convezione centrale, la cui limitata estensione, nella struttura come nel tempo, ha effetti trascurabili sulla successiva storia evolutiva della struttura.

A5.4. Eliosismologia, diffusione e Modello Solare Standard. Negli anni ’60 del XX secolo si era scoperto, con una qualche sorpresa, che la superficie del Sole risultava soggetta a moti oscillatori. Dopo quasi un decennio si comprese, almeno in linea di principio, l’origine di tale fenomeno: il Sole una massa gassosa , e quindi fluida, mantenuta in equilibrio dalla sua stessa forza di gravit` a (struttura autogravitante). Tale struttura, se sollecitata, pu` o peraltro oscillare attorno alla sua configurazione di equilibrio, ed appunto questo quello che avviene. L’origine della sollecitazione va ricercata nei moti convettivi alla superficie del Sole, in grado di trasferire energia meccanica all’intera struttura. Ricorrendo ad un’immagine molto usata, si pu` o riguardare al Sole come ad una campana o un gong che risuona sotto le sollecitazioni dei moti convettivi. Sarebbe peraltro pi corretto ricorrere ad immagini quali quelle di una massa gelatinosa posta in vibrazione. La struttura solare risponde alle sollecitazioni con una enorme quantit` a di possibili oscillazioni collegate alla propagazione di onde acustiche che attraversano tutta la struttura. In particolare si instaurano onde stazionarie, con milioni di modi di oscillazione contraddistinti dai numeri quantici n, l, m delle relative armoniche sferiche. A fianco di tali onde acustiche (modi ”p”) esistono anche onde di gravit` a (modi ”g” e ”f”). In analogia con quanto ottenuto dalle indagini sismiche sulla struttura dell’interno della terra, la rivelazione e lo studio di tali onde ha consentito di ottenere importantissime informazioni sulla struttura interna del Sole, aprendo cos un inatteso ed insperato campo di studio: l’eliosismologia. Campo che richiede peraltro misure di estrema delicatezza, ove si consideri che l’ampiezza tipica delle oscillazioni dell’ordine di solo 0.1 m/sec e la rivelazione di tali velocit` a tramite l’effetto Doppler sulle righe di assorbimento della radiazione solare richiede di riuscire a valutare spostamenti Doppler dell’ordine di un milionesimo della larghezza intrinseca delle righe stesse.

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Fig. 5.17. Confronto dell’andamento di P/ρ del SSM con i risultati eliosismologici . L’eliosismologia si andata sviluppando solo in tempi relativamente recenti. Nei primi anni ’90 diventava ad esempio operativo il programma GONG (Global Oscillation Network Group) destinato a tenere sotto continua osservazione il Sole grazie a sei stazioni di osservazione distribuite regolarmente in longitudine. Nel 1995 veniva inoltre lanciato il satellite SOHO (SOlar and Heliospheric Observatory), una collaborazione ESA/NASA dedicata all’osservazione continua del Sole dallo spazio. La disponibilit` a di informazioni sperimentali sull’interno della struttura solare ha stimolato un rilevante progresso nella nostra capacit` a di produrre accurate previsioni teoriche sulla struttura ed evoluzione non solo del Sole ma anche delle altre stelle. L’affidabilit` a dei ”modelli stellari”, come sviluppatisi negli ultimi decenni del XX secolo anche grazie alla disponibilit` a di moderni e veloci calcolatori elettronici, dipende infatti criticamente dalla accuratezza con cui viene descritto il comportamento della materia e della radiazione in condizioni stellari. Nel caso del Sole, la possibilit` a di confrontare le predizioni dei modelli con i dati eliosismologici ha stimolato un grande progresso in tali valutazioni, ponendo inoltre in luce l’efficienza nel Sole di meccanismi di diffusione che erano in prededenza generalmente trascurati nei calcoli evolutivi. A livello microscopico per ogni specie ionica ”i” si pu` o definire una velocit` a di migrazione vi =

T 5/2 ξi ρ

con dlogT dlogP dlogCi + AP + AC dr dr dr Siamo in presenza dunque di un effetto di sedimentazione gravitazionale (dlogP) cui si aggiungono effetti di temperatura e di concentrazione, quest’ultimo in genere di minore efficienza. La considerazione di processi di diffusione si `e rivelata un ingrediente fondamentale per giungere a produrre modelli solari che siano in buon accordo non solo con le caratteristiche radiative del Sole (Luminosit` a e Temperature efficace) ma anche con le caratteristiche strutturali rivelate dall’eliosismologia. Tali modelli (Standard Solar Model=SSM) venivano originalmente prodotti richiedendo che una struttura di 1 M con la composizione chimica originale della attuale atmosfera solare raggiunga dopo 4.5 miliardi di anni le caratteristiche del Sole. La condizione sull’et` a proviene dalle stime sull’et` a del sistema solare ricavate dagli elementi radioattivi contenuti nei meteoriti. In tali procedure i modelli contengono due parametri liberi, la lunghezza di rimescolamento che regola l’efficienza della convezione superadiabatica e il contenuto originale di elio, non direttamente ricavabile dallo spetro del Sole perch`e le righe dellelio nel suo stato fondamentale cadono nell’estremo ultravioletto. La lunghezza di rimesolamento governa il raggio della struttura, mentre il contenuto di elio ne regola la luminosit` a, cos`ı che la richiesta di riprodurre il Sole attuale corrispondeva ad una calibrazione di tali due quantit` a. ξi = AT

22 Tab. 2. Distribuzione di alcune grandezze fisiche lungo il Modello Standard con diffudione microscopica

Mr /M 1.06E-07 4.12E-03 4.20E-02 8.88E-02 1.86E-01 2.71E-01 3.46E-01 4.46E-01 5.23E-01 5.79E-01 6.45E-01 7.06E-01 7.39E-01 7.79E-01 8.12E-01 8.45E-01 8.73E-01 8.90E-01 9.07E-01 9.23E-01 9.40E-01 9.50E-01 9.58E-01 9.66E-01 9.74E-01 9.79E-01 9.83E-01 9.88E-01 9.91E-01 9.93E-01 9.95E-01 9.96E-01 9.97E-01 9.98E-01 9.99E-01 9.99E-01 9.99E-01 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00

R/Rtot 6.91E-04 3.43E-02 7.92E-02 1.07E-01 1.48E-01 1.78E-01 2.04E-01 2.37E-01 2.65E-01 2.87E-01 3.16E-01 3.46E-01 3.65E-01 3.91E-01 4.17E-01 4.47E-01 4.77E-01 4.99E-01 5.24E-01 5.53E-01 5.89E-01 6.15E-01 6.40E-01 6.70E-01 7.05E-01 7.30E-01 7.53E-01 7.81E-01 8.09E-01 8.28E-01 8.46E-01 8.66E-01 8.79E-01 8.95E-01 9.06E-01 9.26E-01 9.35E-01 9.43E-01 9.50E-01 9.55E-01

logP 17.366 17.332 17.208 17.100 16.912 16.758 16.619 16.423 16.255 16.122 15.944 15.758 15.642 15.484 15.334 15.159 14.984 14.865 14.729 14.572 14.383 14.250 14.120 13.968 13.785 13.655 13.520 13.352 13.158 13.023 12.873 12.696 12.563 12.382 12.248 11.936 11.778 11.613 11.458 11.312

logT 7.195 7.184 7.143 7.109 7.050 7.006 6.968 6.919 6.880 6.850 6.812 6.774 6.751 6.720 6.691 6.657 6.624 6.601 6.575 6.544 6.506 6.478 6.449 6.411 6.356 6.306 6.252 6.186 6.109 6.055 5.996 5.926 5.873 5.802 5.749 5.626 5.564 5.500 5.440 5.383

logρ 2.181 2.141 2.014 1.914 1.756 1.637 1.530 1.380 1.250 1.146 1.005 0.857 0.764 0.637 0.516 0.374 0.232 0.135 0.026 -0.101 -0.252 -0.358 -0.459 -0.574 -0.705 -0.787 -0.868 -0.969 -1.085 -1.167 -1.257 -1.363 -1.443 -1.551 -1.632 -1.819 -1.913 -2.013 -2.105 -2.194

L/Lsup 9.49E-07 3.45E-02 2.83E-01 5.01E-01 7.68E-01 8.87E-01 9.43E-01 9.80E-01 9.94E-01 9.98E-01 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00 1.00E+00

εN 1.71E+01 1.54E+01 1.06E+01 7.40E+00 3.63E+00 1.93E+00 1.05E+00 4.52E-01 2.21E-01 8.72E-02 2.84E-02 1.21E-02 7.21E-03 3.57E-03 1.82E-03 8.19E-04 3.66E-04 2.09E-04 1.10E-04 5.11E-05 1.98E-05 9.84E-06 4.80E-06 1.93E-06 5.54E-07 1.83E-07 5.38E-08 1.10E-08 1.61E-09 3.94E-10 0.00E+00 0.00E+00 0.00E+00 0.00E+00 0.00E+00 0.00E+00 0.00E+00 0.00E+00 0.00E+00 0.00E+00

∇rad 3.32E-01 3.31E-01 3.26E-01 3.19E-01 3.00E-01 2.80E-01 2.62E-01 2.41E-01 2.27E-01 2.18E-01 2.09E-01 2.02E-01 1.98E-01 1.95E-01 1.93E-01 1.91E-01 1.91E-01 1.92E-01 1.93E-01 1.97E-01 2.06E-01 2.16E-01 2.33E-01 2.70E-01 3.50E-01 5.10E-01 7.71E-01 1.25E+00 2.14E+00 3.05E+00 4.54E+00 7.33E+00 1.06E+01 1.77E+01 2.58E+01 6.59E+01 1.12E+02 2.03E+02 3.70E+02 6.73E+02

∇ad 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.397 0.396 0.396 0.396 0.396 0.396 0.396 0.396 0.396 0.396 0.396 0.395 0.395 0.394 0.392 0.391 0.389 0.387 0.384

Le strutture cos`ı calcolate risultano peraltro in grave disaccordo con i dati eliosismologici che forniscono, ad esempio, il velore di P/ρ lungo tutta la struttura. L’introduzione di meccanismi di diffusione complica ovviamente le procedure, perch`e si deve anche ricavare una composizione chimica originale che, tenendo conto della diffusione atmosferica, produca infine il valore di Z/X ricavato dagli spettri del Sole attuale. Come risultato di tale introduzione le valutazioni teoriche hanno raggiunto un insperato grado di affidabilit` a, come mostrato nella Figura 5.17, che mostra l’eccellente accordo del rapporto tra pressione e densit (P/ρ) all’interno del Sole, come ricavato

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Fig. 5.18. Traccia evolutiva di un Modello Solare Standard.

dall’eliosismologia, con le previsioni del modello teorico solare. Grazie anche a tali verifiche sperimentali, siamo oggi in grado di valutare con ragionevole precisione le storia evolutiva delle stelle, in generale, ed in particolare quella del nostro Sole. La Figura 5 riassume schematicamente quanto oggi sappiamo non solo sulla storia passata del nostro astro, ma anche sulla sua prevista evoluzione nei prossimi 5 miliardi di anni.

A5.5. Neutrini Solari I neutrini solari hanno rappresentato un rilevante problema giunto a soluzione giusto nei primi anni 2000. I termini di tale problematica erano stati posti a partire dai precedenti anni ’60, quando R. Davis install` o in una miniera di Homestake, nel Dakota, ad una profondit` a di 1500 metri, un contenitore con 400 000 litri di tetracloroetilene al fine di rivelare i neutrini prodotti dalle reazioni di fusione nucleare che, trasformando idrogeno in elio, riforniscono il Sole di energia. Una valutazione del numero di neutrini emessi dal Sole ´e di grande semplicit` a. In ogni reazione di fusione 4 protoni vanno a formare un nucleo di elio con due protoni e due neutroni, e ad ogni formazione di un neutrone corrisponde l’emissione di un neutrino. Quindi ad ogni reazione di fusione corrisponde l’emissione di due neutrini. Il numero di reazioni che avvengono in un secondo ´e subito ricavabile dall’energia luminosa emessa dal Sole in quell’intervallo di tempo (3.9 1033 erg) divisa per l’energia prodotta nella formazione di un nucleo di elio (circa 25 MeV = 4 10−5 erg). Ne risulta una produzione di circa 1038 neutrini al secondo e un flusso, alla distanza della terra, dell’ordine di 1011 neutrini per cm2 e per secondo. I neutrini solari rivestono una grande importanza perch´e, prodotti nelle regioni centrali della stella, sfuggono direttamente nello spazio senza in pratica interagire con la materia solare. Essi portano quindi informazioni direttamente dalle regioni di produzione, nel centro della nostra stella. Con i fotoni dunque vediamo la superficie del Sole, con i neutrini ”vediamo” le sue parti centrali. Per comprendere l’evoluzione della problematica sui neutrini solari, dobbiamo peraltro ricordare come alla fusione dell’idrogeno concorrano numerose reazioni che producono neutrini elettronici di varia energia (Fig. 5.19 ) . Le pi importanti risultano: p + p → D + νe 7 8

Be + e− →7 Li + νe 8

+

B → Be + e + νe

Eν = 0.42M ev Eν = 0.86M ev Eν = 14.06M ev

ove per ogni reazione riportata l’energia massima posseduta dai neutrini prodotti.

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Fig. 5.19. Lo spettro dei neutrini solari predetto dal Modello Solare Standard. Le frecce riportano la soglia dei vari esperimenti di rivelazione. L’esperienza di Davis rivelava i neutrini tramite la reazione νe +37 Cl →37 Ar +e− e la successiva rivelazione del decadimento del nucleo di 37 Ar cos`ı prodotto. La reazione ha peraltro una soglia pari a 0.81 Mev, talch´e l’esperimento poteva in linea di principio rivelare solo i neutrini provenienti dalle reazioni del boro (B) e del berillio (Be). Sorprendentemente i neutrini rivelati risultarono solo tra 1/2 e 1/3 di quelli previsti dalla teoria. Tale evidenza sperimentale si apriva a due interpretazioni alternative. Poteva infatti indicare che i modelli teorici non valutavano correttamente il contributo delle diverse reazioni all’emissione dei neutrini, fermo restando il numero totale di neutrini emessi. Ne seguirono vari ma vani tentativi di abbassare le temperature centrali del Sole, spostando cos`ı le reazioni verso la catena ppI i cui neutrini non erano rivelabili. Ma, alternativamente, sin dal 1962 Bruno Pontecorvo (1913-1993) aveva avanzato l’ipotesi secondo la quale i neutrini emessi dal Sole, di tipo elettronico, si sarebbero trasformati in volo in uno degli altri due tipi di neutrino (muonico e tauonico), perdendo cos`ı la capacit` a di interagire col Cloro. Ipotesi affascinante perch´e implicherebbe che il neutrino abbia una massa, contrariamente alle previsioni dei pi` u semplici e accettati modelli di tali particelle, aprendo la strada ad una nuova fisica. Il problema dei neutrini solari ha stimolato nel tempo una serie di importanti imprese sperimentali. Nel 1987 l’esperimento giapponese Kamiokande misurava i neutrini del B utilizzando processi di scattering elettronico, parzialmente sensibili anche alla presenza di neutrini non elettronici, confermando il deficit di neutrini. Assumendo come validi i dati sperimentali, era peraltro gi´ a possibile ricavare che i risultati dei due esperimenti erano incompatibili con neutrini canonici. La Fig 5.20 mostra l’interpretazione dei dati sperimentali nel piano dei flussi neutrinici rispettivamente di B e Be. Kamiokande, sensibile solo ai neutrini del B, fissa il flusso di tali neutrini indipendentemente da ulteriori assunzioni. Il segnale di Homestake fornisce invece una relazione tra i due flussi a seconda che sia interpretato come prodotto solo da neutrini del B, solo da neutrini del Be o da una mescolanza dei due. La figura mostra che, in ipotesi di neutrini canonici, il flusso del B misurato da Kamiokande dovrebbe, da solo, produrre in Homestake un segnale pi´ u alto di quanto osservato. Una contraddizione sanabile solo ammettendo o un errore nei dati sperimentali. Un ulteriore chiarimento. e un supporto ai dati dei precedenti esperimenti, veniva dai risultati dell’esperimento Gallex (Gallium Experiment) condotto a partire dal 1996 nei Laboratori Sotterranei dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) al Gran Sasso, e dal contemporaneo esperimento SAGE (Soviet-American Gallium Experiment) in un laboratorio sotterraneo nelle montagne del Caucaso. La soglia della reazione utilizzata da ambedue questi esperimenti per rivelare i neutrini νe +71 Ga →71 Ge + νe

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Fig. 5.20. Le condizioni imposte dagli esperimenti di Homestake e Kamiokande ai flussi di neutrini del Be e B. era sufficientemente bassa per rivelare neutrini provenienti da tutte le reazioni supposte esistenti nel Sole. Il deficit di neutrini riscontrato anche in questi esperimenti, interpretabile ancora sulla falsariga dello scenario di Fig.5.20, puntava decisamente in direzione delle oscillazioni del neutrino. La soluzione definitiva del problema venuta solo nel 2001, con l’esperimento di Sudbury che utilizza l’interazione tra neutrino e deuterio per studiare contemporaneamente la presenza sia di neutrini elettronici che di altro tipo. Le due reazioni utilizzate sono: νe + D → p + p + e− ν+D →p+n+ν Anche dal confronto con i risultati degli esperimenti precedenti, se ne tratta la chiara e definitiva evidenza per un flusso dei neutrini in pieno accordo con le previsioni teoriche e la contemporanea evidenza per l’oscillazione dei neutrini elettronici in neutrini di altro tipo, aprendo cos`ı la strada ad un nuovo capitolo della fisica fondamentale.

A5.6. La fase di esaurimento dell’idrogeno. Le strutture della SPI, caratterizzate lungo la fase di MS da nuclei in equilibrio radiativo, attraversano la fase di esaurimento dell’idrogeno al centro mantenendo una regolare continuit` a evolutiva. La Fig. 5.21 mostra la distribuzione degli elementi chimici in una struttura di 1 M in due momenti, l’uno precedente e l’altro successivo all’esaurimento dell’idrogeno. La distribuzione dell’idrogeno nella struttura che precede l’esaurimento `e conseguenza di una combustione pp che `e giunta ad interessare circa met` a della massa stellare. La scarsa efficienza del ciclo CNO `e dimostrata dalla distribuzione dell’16 O, che ha iniziato a muoversi verso la sua composizione di equilibrio solo nelle regioni pi` u centrali. Si nota peraltro che il 12 C si `e ormai portato all’equilibrio con l’14 N in gran parte della zona di combustione. Nella struttura successiva all’esaurimento si `e ormai formato un piccolo nucleo di elio. La combustione `e ancora largamente sorretta dalla catena pp, come mostrato dalle dimensioni della zona in cui l’idrogeno `e diminuito. La combustione CNO sta per` o guadagnando efficienza, come mostrato dall’16 O la cui abboondanza nelle regioni centrali `e crollata ai valori di equilibrio. Si pu` o infine notare come la shell dell’ 3 He si sposti verso l’esterno, come conseguenza del combinato effetto della diminuzione dei valori di equilibrio dovuta all’aumento di temperatura nella porzione pi` u interna della shell, e della proseguita produzione di tale elemento nella porzione pi` u esterna.

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Fig. 5.21. Distribuzione delle concentrazioni in massa degli elementi primari o pseudoprimari all’interno di una struttura di 1 M prima (linee continue) e dopo (linee a punti) l’esaurimento dell’idrogeno centrale. Tutte le grandezze sono normalizzate al loro valore massimo.

Fig. 5.22. Andamento temporale di variabili fisiche di struttura e dell’abbondanza centrale di H durante la fase di contrazione all’esaurimeno di H centrale.Il tempo t `e in miliardi di anni. I dettagli dell’evoluzione di una struttura di SPS attraverso la fase di esaurimento dell’idrogeno sono pi` u complessi. Il passaggio dalla combustione centrale a quella a shell, sovente indicato in letteratura come fase di overall contraction, avviene in realt` a con una certa continuit` a, grazie anche all’intervento nella fase cruciale dell’energia gravitazionale. La Fig. 5.22 mostra l’andamento temporale di alcune variabili di struttura nella stella di 1.25 M di Fig 5.13. La contrazione ha inizio quando al centro Xc ∼ 0.05 (punto A in figura) con un aumento di temperatura e densit` a centrali che tendono a mantenere efficiente la combustione CNO dello scarso H ancora presente, mentre la generazione di energia gravitazionale resta ben al di sotto di quella nucleare. Nel contempo aumentano anche le temperatura ai margini del nucleo convettivo ove iniziano a divenire sia pur debolmente efficienti reazioni di combustione. L’esaurimento dell’idrogeno `e segnalato dalla contemporanea scomparsa del nucleo convettivo: in questo momento la contrazione gioca il suo ruolo di stabilizzazione, fornendo un’energia pari a quella generata nuclearmente. La temperatura centrale crolla perch`e il nucleo ormai privo di sorgenti di energia deve tendere all’isotermia, portandosi alla temperatura delle combustioni che lo circondano, mentre cresce corrispondentemente la densit` a centrale. Al termine di questa ultima e rapida fase, la struttura si `e stabilizzata nella combustione a shell. E’ importante notare che, contrariamente a quanto talora ritenuto, la fase di rapida evoluzione (e quindi la ”gap” osservativa)

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Fig. 5.23. Andamento temporale della temperatura efficace in modelli di 20 M , composizione chimica solare, all’esaurimento dell’idrogeno centrale, calcolati adottando alternativamente il criterio di Ledoux (L) o quello di Schwarzschild (S).

Fig. 5.24. Diagramma CM dell’ammasso giovane globulare della Grande Nube di Magellano NGC2004. La linea mostra la traccia evolutiva di una stella di 16 M calcolata adottando il criterio di Ledoux. non necessariamente coincide con la fase di temperature efficaci crescenti (tratto A-B in Fig. 5.13), potendosi estendere anche alle fasi successive, come facilmente deducibile dai dati di Fig. 5.22. Passando al caso delle shell di convezione in stelle massicce, l’alternativa applicazione dei criteri di Schwarzschild o di Ledoux porta, come abbiamo indicato, all’esistenza o meno dell’ instabilit` a, con macroscopiche conseguenze sulle caratteristiche evolutive. La Fig. 5.23 riporta ad esempio l’andamento temporale della temperatura efficace in una stella di 20 M valutato sotto le due alternative ipotesi. Assumendo il criterio de Ledoux all’esaurimento dell’idrogeno la stella si sposta bruscamente nella zona delle giganti rosse, ove proseguir` a la sua vita innescando la combustione dell’elio. Dal criterio di Schwarschild si ricaverebbe invece che la stella si sposta lentamente dalla sua posizione di MS, innescando l’elio avendo ancora un temperatura efficace di ∼ 10000 K. a Fig. 5.24 mostra che ammassi globulari giovani nella Grande Nube di Magellano (LMC= Large Magellanic Cloud) presentano un gruppo ben separato di giganti rosse, mostrando cos`ı che il criterio di Ledoux produce, perlomeno, modelli stellari molto pi` u vicini alla realt` a delle cose.

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Origine delle Figure Fig.5.1 Cameron A.G.W. 1971, in ”Structure and Evolution of the Galaxy”, Reidel Fig.5.2 Ezer D., Cameron A.G.W. 1965, Canad. J. Phys. 49, 1497. Fig.5.3 Iben I.Jr. 1965, ApJ 141, 993 Fig.5.4 Iben I.Jr. 1965, ApJ 141, 993 Fig.5.5 Caloi V., Castellani V., Firmani C., Renzini A. 1968, Mem. SAIt 39, 409 Fig.5.6 Caputo F., Castellani V., D’Antona F. 1974, Astrophys. Space Sci. 28, 303 Fig.5.7 Caputo F., Castellani V., D’Antona F. 1974, Astrophys. Space Sci. 28, 303 Fig.5.8 Castellani V. 1985, ”Astrofisica Stellare”, Zanichelli Fig.5.9 Caloi V., Castellani V. 1975, Astrophys. Space Sci. 39, 335 Fig.5.10 Castellani V., Renzini A. 1968, Astrophys. Space Sci. 2, 83 Fig.5.11 Castellani V. 1985, ”Astrofisica Stellare”, Zanichelli Fig.5.12 Castellani V. 1985, ”Astrofisica Stellare”, Zanichelli Fig.5.13 Caloi V., Castellani V., Di Paolo N. 1974, A&A 30, 349 Fig.5.14 Montgomery K.A., Marschall L.A., Janes K.A. 1993, AJ 106, 181 Fig.5.16 Caloi V., Castellani V., Firmani C., Renzini A. 1968, Mem. SAIt 39, 409 Fig.5.17 Degl’Innocenti S., Dziembowski W.A., Fiorentini G., Ricci B. 1997, Astroparticle Phys. 7, 77 Fig.5.18 Castellani V., 2002, Lezioni Galileiane X, 423, Museo della Scienza, Firenze Fig.5.20 Castellani V., Degl’Innocenti S., Fiorentini G., Lissia M., Ricci B. 1997, Phys. Reports 281, 566 Fig.5.21 Castellani V., Giannone P., Renzini A. 1971, Mem. SAIt 42, 73 Fig.5.21 Tornamb´ e A. 1980, Tesi di Laure, Universit` a ”La Sapienza”. Fig.5.21 Bencivenni D., Brocato E., Buonanno R., Castellani V. 1991, AJ 102, 137 Fig.5.21 Brocato E., Castellani V. 1993, ApJ 410,99

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