Astrofisica Stellare: Capitolo 6

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Capitolo 6 Combustione dell’idrogeno in shell 6.1. Il Limite di Schoenberg Chandrasekhar. Gap di Hertsprung Le caratteristiche evolutivo-strutturali di una stella che si inoltra nella fase di combustione di H in una shell risultano regolate da una serie di ricorrenze che accomunano tutte le strutture. L’instaurarsi della combustione a shell `e infatti sempre seguita da una espansione degli strati esterni mentre la luminosit` a si mantiene approssimativamente costante. Diminuisce quindi la temperatura efficace e gli strati esterni alla shell diventano rapidamente e sempre pi` u consistentemente convettivi. La stella si porta conseguentemente verso la sua traccia di Hayashi raggiungendo l’isoconvettiva corrispondente ad un inviluppo totalmente convettivo, seguendo infine l’isoconvettiva medesima con un progressivo aumento di luminosit`a sinch´e la shell d idrogeno resta l’unico sorgente efficiente di energia nucleare (Fig. 6.1). E’ questo il primo apparire di una regola generale; combustioni centrali collocano i modelli verso alte temperature efficaci, combustioni a shell riportano i modelli verso le rispettive tracce di Hayashi.

Fig. 6.1. Tracce evolutive nel diagramma HR per stelle di Pop.I di varie masse. Il punto 6 ndica il terrmine della combustione di H in shell e l’innesco della combustione dell’elio.

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2 Tab. 1. Tempi evolutivi (milioni di anni) per le due strutture di 3 e 5 M alle fasi riportate in Fig. 6.1 Fase 3 Modot 5 Modot

2 227 65.5

3 239 68.2

5 249 70.3

6 253 70.8

9 326 87.8

Fig. 6.2. Diagramma CM per l’ammasso giovane di disco NGC7789.

Al progredire della combustione l’idrogeno che circonda il nucleo inerte di elio viene trasformato anch’esso in elio. Il nucleo aumenta quindi con continuit`a la propria massa mentre la shell di combustione interesssa progressivamente strati sempre pi` u esterni. In ogni caso la combustione `e ormai dominata dal ciclo CNO. Causa l’assenza di sorgenti di energia, il nucleo di elio tende inizialmente verso una struttura isoterma, reagendo poi alla continua sua crescita in massa con una contrazione e conseguente riscaldamento che condurr`a infine all’innesco delle reazioni dell’elio. Stelle della SPS dopo la fase di overall contraction permangono nei pressi della Sequenza Principale sinch´e il nucleo di elio raggiunge ∼ 10% della massa totale della stella. E’ questo il limite di Schoenberg Chandrasekhar, dal nome dei due ricercatori che nel 1942 mostrarono con trattamento analitico come al di sopra di questo limite non siano ammesse soluzioni delle equazioni di equilibrio che si raccordino con un nucleo isotermo. Raggiunto tale limite i nuclei iniziano una fase di contrazione mentre la struttura si porta verso la traccia di Hayashi dove, dopo breve risalita, giungono ad innescare la combustione centrale dell’elio. Questa fase si sviluppa con tempi scala molto minori sia di quelli precedenti che di quelli della successiva combustione dell’elio. Ci si attende quindi che la zona del diagramma HR compresa tra la Sequenza Principale e le Giganti Rosse in fase di combustione di elio sia scarsamente popolata, accadomento peraltro gi` a evidenziato dalle osservazioni di ammassi giovani (Fig. 6.2), noto in letteratura come Gap di Herizsprung. I dati in Tabella 2 riportano a titolo di esempio i tempi alle diverse fasi evolutive di due strutture della Fig. 6.1. Stelle con massa superiore a circa 6 M hanno in Sequenza Principale nuclei convettivi che gi`a superano il limite di Schoenberg Chandrasekhar: l’esaurimento del idrogeno centrale `e seguito immediatamente dalla contrazione del nucleo di elio con il conseguente spostamento verso la traccia di Hayashi dove innescano la combustione 3α. Stelle ancora pi` u massicce (≥ 15 M ) finiscono con innescare le reazioni dell’elio ancor prima di raggiungere la traccia di Hayashi (vedi Fig. 6.1), che verr` a raggiunta solo al termine della successiva combustione dell’elio . In caso di strutture povere di metalli, decresce il limite inferiore per tale combus-

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Fig. 6.3. Tracce evolutive di stelle di SPS per le indicate masse e composizioni chimiche. I punti sulle tracce riportano nell’ordine: ZAMS, esaurimento idrogeno centrale, inizio combustione centrale di elio, esaurimento elio centrale.

Fig. 6.4. Caratteristiche strutturali di una stella si 6 M , Y=0.20, Z= 10−4 nella fase di MS (pannello superiore) e nella fase di combustione di idrogeno a shell (pannello inferiore). Le grandezze sono normalizzate al loro valore massimo.

tione precoce dell’elio (Fig.6.3). Tale comportamento pu`o essere agevolmente interpretato ricordando che al diminuire di Z aumentano temperature centrali e luminosit`a delle stelle, aumentando con queste anche le dimensioni in massa del nucleo convettivo. Vengono cos`i simulate condizioni che a Z maggiori sono caratteristiche di stelle pi` u massicce. In stelle con massa inferiore a, circa, 2.5 M nel nucleo di elio cominciano invece a manifestarsi gli effetti della degenerazione elettronica, che accomuner`a la storia evolutiva di tali strutture a quella delle strutture della SPI che verr`a discussa nella prossima sezione.

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Fig. 6.5. Schema rappresentativo della evoluzione temporale di una struttura di 7 M di Popolazione I. Il tempo `e in unit` a di IO7 anni.

La Fig. 6.4 riporta alcuni dettagli della struttura di una stella di 6 M in fase di combustione centrale di idrogeno (pannello superiore) e nella fase di combustione a shell che segue l’esaurimento dell’idrogeno centrale. Si noti nella struttura di MS il gradiente di elio conseguente all’arretramento del nucleo convettivo e nella struttura a shell il gradiente di temperatura nel nucleo che segnala la contrazione del medesimo e, negli strati esterni al nucleo, la diminuzione di luminosit` a che segnala il riassorbimento di energia legato alla espensione dell’inviluppo. La Fig.6.5 illustra infine l’andamento temporale di una struttura di 7 M secondo una rappresentazione tipica della scuola evolutiva tedesca di Kippenhan e collaboratori.

6.2. Stelle di piccola massa: il ramo delle giganti e il ”flash” dell’elio. Nel seguito definiremo come stelle di piccola massa tutte quelle strutture nelle quali al termine della combustione centrale dell’idrogeno si formano nuclei di elio in cui si manifestano gli effetti della degenerazione elettronica. Ricordando come al diminuire della massa di una struttura risulti favorito il fenomeno della degenerazione, ne concludiamo che alle piccole masse appartengono le stelle della SPS al di sotto di circa 2.5 M e tutte le stelle della SPI. Le masse limite per l’intervento delia degenerazione dipendono dalla composizione chimica della struttura originaria, e per le pi` u volte ripetute motivazioni `e immediato comprendere come esse debbano diminuire all’aumentare dell’elio e/o al diminuire dei metalli. L’evoluzione delle strutture di piccola massa risulta di particolare rilevanza, sia perch`e tali strutture rappresentano un importante campione osservativo delle pi` u antiche popolazioni stellari, sia per una serie di interessanti fenomeni che si manifestano nel corso di tale evoluzione. In linea generale la degenerazione agisce ”congelando” la struttura: la contrazione del nucleo viene ostacolata dalla pressione degli elettroni degeneri, viene ostacolato quindi l’innesco della combustione dell’elio e i tempi scala della combustione a shell dell’idrogeno aumentano sensibilmente. La combustione di idrogeno a shell e la degenerazione elettronica intervengono cosi`i a modificare, integrandolo, il semplice quadro evolutivo tratteggiato sulla base del Teorema del Viriale. Come mostrato in Fig. al termine della combustione centrale di idrogeno le stelle di piccola massa raggiungono la loro traccia di Hayashi e, anzich`e innescare l’elio, proseguono la loro evoluzione inerpicandosi lungo la traccia stessa, mentre la combustione dell’idrogeno in shell aumenta progressivamente la massa del nucleo di elio. In tale fase di Gigante Rossa a causa delle alte temperature e densit`a si manifestano nel nucleo con cres-

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Fig. 6.6. Tracce evolutive di due stelle di piccola massa. I punti lumgo le tracce indicano variazioni di 0.1 nell’abbondanza centrale di idrogeno. Lungo il ramo delle Giganti Rosse sono indicati inoltre i punti: MC = massimo affondamento della convezione superficiale; D = la shell di combustione raggiunge la discontinuit` a nell’abbondanza di idrogeno; HE = He flash

cente efficienza meccanismi di produzione di termoneutrini, che estraendo energia dal nucleo stesso (”raffreddando” il nucleo) ostacolano ulteriormente l’innalzamento delle temperature e ritardano l’innesco dell’elio. In tali condizioni una struttura viene a perdere energia da due distinte regioni: la superficie, tramite fotoni, e le zone centrali, tramite neutrini. L’energia prodotta dalle reazioni nucleari deve quindi fluire a compensare amboedue queste perdite e, conseguentemente, la temperatura raggiunge un massimo in una regione intermedia per decrescere sia verso la superficie che verso il centro della stella. Ne segue anche che l’innesco dell’elio avverr`a non al centro della struttura ma in una shell. Al ritardo dell’innesco dell’elio causato dai termoneutrini corrisponde una accresciuta massa del nucleo di elio al momento dell’innseco. Tale variazione, pur se contenuta in pochi percento, avr`a sensibili conseguenze sulla luminosit`a delle strutture nella successiva fase di combustione centrale di elio, cos`i che i relativi riscontri osservarvi forniscono una macroscopica sperimentazione dei processi di interazione debole. L’innesco delle combustioni 3a avviene quando il nucleo di elio raggiunge una massa di circa 0.5 M , il valore esatto dipendendo leggermente dalla massa e dalla composizione chimica. L’innesco di una fusione nucleare in materia elettronicamente degenere d`a luogo ad un processo reazionato positivamente che inizialmente tende a divergere: l’energia prodotta innalza la temperatura locale lasciando inalterata la pressione che `e essenzialmente fornita dagli elettrono degeneri. La stella dunque non reagisce espandendosi, e l’unico effetto dell’innalzamento di temperatura `e di incrementare ulteriormente la velocit`a delle reazioni, stimolando l’emissione di ulteriore energia. Nel caso delle Giganti Rosse di piccola massa, la 3α procede autoincentivandosi sinch´e localmente non si siano raggiunte temperature in grado di rimuovere la degenerazione attivando la controreazione dell’espansione. In questa fase, rapida ma non dinamica (¨ r ∼ 0), l’energia prodotta dalle reazioni 3α raggiunge valori dell’ordine di 1011 L ma senza apprezzabili variazioni delle luminosit`a della struttura: l’energia prodotta viene infatti totalmente riassorbita nell’espansione degli strati interni e la violenza del fenomeno resta nascosta all’interno della struttura.

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Fig. 6.7. Caratteristiche strutturali di una stella di 0.8 M , Y=0.20, Z= 10−3 dalla fine della fase di Sequenza Principale all’innesco del flash dell’elio. Si noti nell’ultima fase il Carbonio prodotto dall’inizio del flash. Tutte le grandezze sono normalizzate al loro valore massimo.

La Fig. 6.7 illustra le tipiche variazioni strutturali di una stella di piccola massa dalle fasi finali di sequenza principale sino all’innesco dell’elio. Si noti come, in presenza del nucleo di He, le variabili fisiche P e T compiano in pratica lo loro intera escursione all’interno del nucleo medesimo. Da ci` o la larga insensibilit` a dell’evoluzione del nucleo alle caratteristiche dell’inviluppo, che viene sentito come una trascurabile modifica alle condizioni al bordo del nucleo P∼0 e T∼0. Caratteristica di queste fasi `e anche l’estrema sottigliezza della shell di combustione dell’idrogeno. Nelle fasi pi` u avanzate l’intera energia finisce con l’essere prodotta in uno strato contenente non pi` u di 10−3 10−4 della massa totale ( fase di shell sottile). Per meglio comprendere questa evidenza si pu` o usare un’immagine gastronomica, asserendo che l’idrogeno viene bruciato ”alla piastra”: viene infatti combusto giusto l’idrogeno che viene in contatto con la superficie ”arroventata” del nucleo di elio. Si osservi anche come il nucleo, pur giungendo a contenere pi` u di met`a della massa stellare, rimanga sempre di dimensioni estremamente ridotte. Una Gigante Rossa `e dunque formata da un esteso e tenue inviluppo ricco di idrogeno che quasi ”galleggia” attorno ad un punto, il nucleo, che fornisce gravit` a. A confortare tale pittura basti avvisare che a met`a del raggio di una Gigante Rossa la densit` a `e ancora inferiore alla densit dell’atmosfera terrestre. Aggiungiamo infine che il nucleo cresce col tempo in massa ma non in raggio, raggio che anzi diminuisce leggermente e progressivamente. Questo processo si pu`o comprendere osservando che l’idrogeno trasformandosi in elio aumenta la massa del nucleo di He degenere, e gi`a sappiamo che le strutture degeneri al crescere della massa devono diminuire il raggio. Tale diminuzione non segue peraltro esattamente la relazione delle Nane Bianche perch´e il nucleo di He `e solo parzialmente degenere. In conclusione, le Giganti Rosse di piccola massa formano ed accrescono nel loro interno una embrione di stella di elio che giunger` a infine ad innescare la combustione 3α una volta raggiunta la indicata massa critica. Si comprende anche cos`i la limitata influenza di massa e composizione chimica originaria sul valore di tale massa critica. Stelle di massa minore di 0.5 M 0 non sono ovviamente in grado di inescare la combustione di elio. Esse dovranno

7 Tab. 2. Evoluzione temporale dei parametri fisici per la struttura di 0.9 M di Fig. 6.6 Fase Sequenza Principale Esaurimento H centrale RG: L=1.5 RG: L=2.0 RG: L=3.0 flash: L=3.3

log Tc 7.10 7.29 7.56 7.66 7.82 7.88

log ρc 1.9 2.4 5.2 5.5 5.9 6.0

log Pc 17.4 18.0 21.3 22.0 22.5 22.3

log R(cm) 10.7 10.8 11.7 12.2 12.5 12.7

terminare la loro evoluzione con una fase di raffreddamento sotto forma di Nane Bianche di elio. La Tabella 2 riporta l’evoluzione temporale di alcuni parametri strutturali caratterizzanti l’evoluzione di una piccola massa sino al flash. Notiamo solamente come l’osservazione delle Giganti Rosse e dei loro ”successori” evolutivi consenta di sperimentare astronomicamente il comportamento di un gas di elio a temperature di poco inferiori ai 100 milioni di gradi e a densit`a dell’ordine di 1 tonnellata per centimetro cubo, ben al di l`a quindi delle possibilit`a sperimentali nei laboratori terrestri.

6.3. Giganti Rosse di piccola massa: primo ”dredge up” e velocit` a evolutiva L’evoluzione di una stella di piccola massa nella fase di Gigante Rossa presenta ulteriori e rilevanti caratteristiche che meritano di essere esaminate in dettaglio anche perch´e se ne ricavano ulteriori opportunit` a di possibili e talora soprendenti riscontri osservativi. La Fig. 6.9 mostra l’evoluzione della massa del nucleo di elio e della profondit`a dell’inviluppo convettivo in funzione della luminosit` a della struttura. I dati in figura mostrano come per luminosit`a maggiori o dell’ordine di logL∼ l.5 si manifesti una correlazione tra luminosit`a e massa del nucleo di elio, largamente indipendente dai parametri evolutivi della struttura. La massa del nucleo di elio fissa quindi con buona approssimazione la luminosit`a, mentre l’inviluppo governa la temperatura efficace il raggio) della struttura. La stessa figura mostra come la convezione dell’inviluppo raggiunga alla sua massima estensione una frazione di massa Mr ∼ 0.3, interessando dunque strati parzialmente elaborati nuclearmente nel corso della combustione centrale di idrogeno che. a causa della bassa dipendenza dalla temperatura della catena pp, ha interessato una porzione relativamente vasta della struttura. Ne segue che il rimescolamento convettivo arricchir`a la superficie della stella con elio prodotto dalle combustioni, producendo nel contempo una discontinuit`a nelle abbondanze di elio e di idrogeno in corrispondenza del limite inferiore raggiunto dalla convezione (Fig. 6.8). Per la prima volta nella sua storia la stella subisce quindi un ”dredge up”, cio`e il trasporto negli strati atmosferici di prodotti delle combustioni interne. Tale dredge up, oltre che a portare in superficie elio, alterer` a anche l’abbondanza superficiale di elementi secondari che, se pur coinvolti in reazioni nucleari scarsamente efficienti ed energeticamente trascurabili, hanno avuto il tempo nella ormai lunga storia della stella di modificare lentamente la loro abbondanza originaria. Ci si attende cos`i che nelle atmosfere di giganti di piccola massa si riduca l’abbondanza di 12 C, orientativamente di circa il 30%, e che si raddoppi 14 N come conseguenza di una sia pur modesta efficienza delle reazioni CNO in una vasta regione interna. Lo sviluppo del dredge up `e quindi un segnale di evoluzione interna che raggiunge la superficie della stella dove pu` o essere rivelato ed analizzato spettroscopicamente. Il dredge up, creando una discontinuit` a nell’abbondanza di idrogeno, finisce inoltre col produrre un ulteriore fenomeno osservabile. La Fig. 6.9 mostra infatti come al crescere in

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Fig. 6.8. Andamento schematico della abbondanza di idrogeno in una struttura di piccola massa dopo il primo ”dredge up” .

Fig. 6.9. Evoluzione temporale della massa del nucleo di He (Me) e della profondit dell’inviluppo convettivo (Mce) in funzione dela luminosit della struttura per alcuni modelli di Gigante Rossa. I numeri tra parentesi riportano, nell’ordine, la massa, il contenuto originario di elio e la metallicit dei modelli .

massa del nucleo di elio la convezione venga respinta verso l’alto, mantenendosi in contiguit`a del nucleo stesso, con la shell di combustione che finisce necessariamente col raggiungere la zona della discontinuit` a. I modelli predicono che quando la shell incontra la discontinuit`a, la struttura reagisce dimunendo leggermente la luminosit`a (∆logL ∼ 0.03) per riprendere la sua regolare ascesa sul ramo delle giganti dopo essersi adattata alla nuova abbondanza di idrogeno. Vi `e dunque un breve tratto del ramo delle giganti che viene percorso in totale tre volte, e nel quale le stelle spendono quindi un tempo eccezionalmente lungo rispetto ai tempi con i quali vengono percorsi gli altri tratti del ramo. Corrispondentemente ci si attende che ci`o venga segnalato da una anomala sovrabbondanza di stelle, puntualmente osservata nei diagrammi osservativi degli animassi globulari (Fig. 6.10), cui viene dato il nome di Red Giant Bump. Per portare tale problematica in forma quantitativa possiamo definire τ=

dt ∆t ∼ ∆logL dlogL

tempo ”specifico” impiegato da una stella per percorrere un tratto il Ramo delle Giganti, inverso di una corrispondente velocit` a evolutiva. Dai modelli stellari si ricava, fuori dal bump, logτ ∼ logL. Si pu`o mostrare che tale proporzionalit`a discende dall’esistenza di una relazione massa del nucleo-luminosit` a. La fase in cui la shell incontra la discontinuit`a introduce in questa regolare dipendenza un temporaneo allungamento dei tempi evolutivi. I risultati dei calcoli evolutivi, come riportati in Fig 6.11, indicano che luminosit`a e consistenza del bump dipendono dalla massa e dalla composizione chimica della stella evolvente. Dai dati in figura si ricava in particolare che la luminosit` a decresce al diminuire dell’elio originale e/o

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Fig. 6.10. Diagramma CM dell’ammasso globulare galattico 47Tuc, con indicato l’evidente ”RG bump”.

Fig. 6.11. Logaritmo dei tempi specifici τ in funzione di logL per una Gigante Rossa di 0.8 M per tre modelli con le indicate abbondanze originali di idrogeno (X) e d metalli (Z). Per ogni modello sono indicati i ”sovratempi” prodotti dall’incontro della shell di combustione con la discontinuit` a chimica.

all’aumentare della metallicit` a, come peraltro si pu ricavare anche dai dati in Fig.6.8. La luminosit`a del bump decresce inoltre anche al diminuire della massa. Notiamo infine che una Gigante Rossa approssima ma non realizza a pieno una struttura completamente convettiva. Conseguentemente `e quindi improprio, anche se diffuso, identificare la traccia di una gigante con la relativa traccia di Hayashi. Pi` u propriamente diremo che un gigante si colloca su una isoconvettiva corrispondente al limite effettivo della convezione dato dalla massa del nucleo di elio. Da tali considerazioni discende anche che la collocazione della traccia di gigante NON dipende dai meccanismi di combustione dell’idrogeno ma solo dalle dimensioni del nucleo di elio e dalle caratteristiche (massa e composizione chimica) dell’inviluppo.

6.4. Linee evolutive e isocrone di ammasso. La ”Red Giant Transition” Le considerazioni evolutive sin qui svolte ci pongono in grado di predire l’evoluzione di una struttura stellare lungo tutta la sua fase di combustione di H una volta che ne sia stata fissata la massa e la composizione chimica originaria. Tali predizioni consentono di procedere alla

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Fig. 6.12. Linee evolutive (punti) per una prefissata composizione chimica e per gli indicati valori delle masse. Le linee mostrano le corrispondenti isocrone, per quattro diverse et (in miliardi di anni).

ricostruzione della distribuzione nel diagramma HR di stelle in ammassi stellari, per le quali `e lecito assumere una comune et` a e composizione chimica. Si dovr`a a tale scopo identificare il luogo del diagramma HR ove si distribuiscono stelle con prefissata composizione chimica al variare della massa e per ogni prefissata et` a dell’ammasso. Il luogo cosi identificato prende il nome di isocrona. La costruzione di un isocrona resta collegata al calcolo di un sufficiente campione di tracce evolutive al variare della massa stellare, cosi da ricavare tramite opportune interpolazieni delle relazioni L(M,t) e Te(M,T) fornite dalle tracce stellari l’andamento dei due parametri L e Te in funzione della massa per ogni prefissata et`a. La Fig. 6.12 mostra un esempio dei risultati di tali procedure, dal quale si riconosce come le isocrone, pur conservando una stretta analogia con le tracce evolutive, siano cosa essenzialmente diversa. Poich`e al crescere della masse diminuiscono i tempi evolutivi, una tipica isocrona sar`a formata dalle masse minori ancora in sequenza principale per avere tempi evolutivi di sequenza maggiori della fissata et`a, ed un ristretto intervallo di masse che si distribuiscono nelle fasi fuori sequenza. All’avanzare della fase evolutiva cresce in generale la velocit` a di evoluzione, intesa come velocit`a con la quale viene percorsa l’ascissa curvilinea del cammino evolutivo. Di conseguenza diminuisce il gradiente di massa lungo l’isocrona e l’isocrona stessa finisce col coincidere con la traccia evolutiva della tipica massa in fase di evoluzione avanzata. Nel caso di isocrone popolate da piccole masse (et`a superiori a qualche miliardo di anni) ci`o avviene circa in corrispondenza della base del ramo delle giganti rosse (RGB= Red Giant Branch): non solo per tale ramo ma anche per tutte le successive fasi di combustione nucleare `e lecito confondere l’isocrona con la traccia evolutiva e, in tal caso, assumere che il popolamento dell’isocrona sia proporzionale ai relativi tempi evolutivi (→ A6.5). Il popolamento della Sequenza Principale risulta invece governato dalla distribuzione delle masse, distribuzione che torner` a a governare anche il popolamento della fase finale di raffreddamento delle Nane Bianche, che giunge nuovamente a coprire lunghi tempi evolutivi. La Fig. 6.13 riporta a titolo di esempio un fascio di isocrone calcolate per diverse et`a nell’intervallo 3-24 miliardi di anni. E’ immediato riconoscere come tali isocrone rendano

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Fig. 6.13. Linee isocrone per le fasi di combustione di H. Le isocrone sono ordinate da 1 a 19 e per ogni isocrona `e riportatata l’et` a in 1010 anni).

pienamente conto - almeno qualitativamente- di una parte notevole della distribuzione nel diagramma CM osservate negli ammassi globulari, che deve quindi essere interpetata come evidenza di stelle in fase di combustione di idrogeno, al centro e in shell. La variazione delle isocrone con il tempo rappresenta 1o ”orologio” con cui potremo valutare l’et`a degli ammassi stellari, orologio calibrabile tramite la luminosit` a del punto di massima temperatura efficace (punto di Turn Off) segnalato in figura. Si preferice la luminosit`a perch la temperatura efficace, altra possibile scelta, `e affetta dalle incertezze sul trattamento della convezione superficiale superadiabatica. Da un punto di vista della modellistica stellare notiamo che al crescere dell’et`a diminuisce la massa delle giganti e il ramo delle giganti s sposta leggermente verso le minori temperature, in accordo con la gi` a dicussa dipendenza della traccia di Hayshi dalla massa. La presenza nei diagrammi osservativi delle ulteriori fasi di Ramo Orizzontale (HB) e di Ramo Asintotico(AGB) viene ora automaticamente a configurarsi come evidenza di fasi successive alla combustione dell’idrogeno, dunque alle fasi di combustione dell’elio. Il Ramo delle Giganti segnala l’instaurarsi della degenerazione elettronica nei nuclei di elio nella fase di combustione a shell dell’idrogeno e segnala quindi nel contempo, la presenza sul ramo di stelle di piccola massa e di conseguenza una et`a dell’ammasso di almeno qualche miliardo di anni. Troviamo cosi conferma all’ipotesi di lavoro avanzata giusto all’inizio della nostra indagine secondo la quale ”rosso significa vecchio”. Ammassi o, pi` u in generale, popolazioni stellari giovani non producono rami d giganti e vi dominano stelle blu di MS. All’aumentare dell’et` a diminuisce la massa evolvente e, allorch´e si raggiunge la massa critica per la degenerazione dei nuclei di elio, appare il ramo delle giganti. Si ha cos`i una rapida transizione a popolazioni dominate da giganti a bassa temperatura, designata in letteratura come la Red Giani Transition. Sulla base di una approfondita valutazione dell’andamento delle isocrone teoriche, trasportate nel piano osservativo Colore-Magnitudie, si sviluppano i programmi interpretativi che consistono, in linea generale, nell’identificare l’isocrona che rende ragione della distribuzione osservatva, ricavando cosi indicazioni non solo sull’et`a ma anche su altri importanti parametri degli ammassi. A titolo di esempio anticipiamo in Fig. 6.14 un esempio del confronto teoria osservazione dal quale si ricava per l’ammasso globulare M5 un et`a di ∼ 12 Gyr e un modulo di distanza (m-M)V ∼ 14.6 mag. E’ d’uso inoltre identificare nelle

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Fig. 6.14. Confronto tra le isocrone teoriche e la osservata distribuzione nel diagramma CM delle stelle nell’Ammasso Globulare galattico M5.

isocrone tutta una serie di parametri con chiara corrispondenza osservativa e larga affidabilit`a teorica, quale ad esempio la luminosit` a del Turn Off, da cui ottenere informazioni sullo stato evolutivo di un ammasso. Nella pratica si tende a indagare il maggior numero possibile di relazioni teorico osservative non soltanto per sopperire a possibili indeterminazioni teoriche (quali quelle sulla temperatura efficace delle Giganti Rosse) ma anche per sincerarsi attraverso la ridondanza del sistema, della piena adeguatezza del quadro teorico, garantendo la congruit`a di tutti gli ingredienti fisci che sono alla base delle valutazioni evolutive. In questo senso le stelle finiscono col fornirci informazioni non solo sulla loro stessa storia, ma anche sulle leggi fondamentali della fisica e sulla conseguente efficienza di meccanismi fisici quali le reazioni nucleari, le interazioni deboli e cosi di seguito. Di particolare rilevanza `e anche l’uso delle strutture stellari per porre condizioni alle possibili evoluzioni verso la ”nuova fsica” richiesta dall’evidenza di una massa dei neutrini. Cos`i, ad esempio, l’evidenza osservativa ha consentito di dedurre dalle strutture stellari un limite superiore di IO11 magnetoni di Bohr al momento magnetico del neutrone, perfezionando i limiti di laboratorio. Osserviamo infine che, ove sia assegnata una distribuzione di massa iniziale, attraverso le isocrone `e facile ricavare non solo il luogo geometrico della distribuzione delle stelle nel diagramma HR (e CM) ma anche la distribuzione delle singole stelle lungo tale luogo, costruendo quelli che nel seguito indicheremo come Diagrammi HR Sintetici.

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Approfondimenti A6.1. Efficienza della convezione superadiabatica. Indeterminazione sui raggi stellari. Il corrente trattamento della convezione superadiabatica negli inviluppi stellari richiede di operare assunzioni sul valore del parametro libero 1 = lunghezza di rimescolamento. Tale parametro `e in genere assunto dell’ordine di grandezza dell’altezza di scala della pressione HP , definita come la lunghezza su cui nella stella la pressione si riduce di 1 e-mo HP =

dr dlogP

Con analoga definizione `e stata usata anche l’altezza di scala della densit` a Hρ che ha il pregio di non consentire inversioni di pressione ma il contemporaneo difetto di richiedere valutazioni pi` u onerose, attraverso opportune iterazioni. Per HP si ha infatti direttamente 1 dlogP 1 dP GMr ρ =− =− = HP dr P dr P r2 mentre per Hρ , ricordando che P =

κ ρT µH

da cui dlogP = dlogρ + dlogT , si ha

1 dlogρ dlogP dlogT =− =− − Hρ dr dr dr che mostra come il valore di Hρ dipenda dal gradiente di temperatura che esso stesso condiziona, da cui la necessit` a di procedure iterative. Si noti che risulta Hρ = Hp /(1 − ∇) , da cui risulta Hρ > HP ma anche ∇ ≤ 1 che `e facilmente riconoscbile come condizione per non avere inversioni di densit` a. La lunghezza di rimescolamento regola d fatto l’efficienza della convezione: diminuire l significa ridurre l’efficienza del trasporto convettivo (nullo per l=0) e di conseguenza aumentare il gradiente locale, sino a portarlo sul gradiente radiativo per l=0. La Fig.6.15 riporta i risultati di un esperimento numerico, mostrando l’effetto di diverse assunzioni su l sull’andamento di pressione e temperatura nell’inviluppo di una struttura di 1 M supposta a logL=3, logTe=3.57. Minore il valore di l maggiore il gradiente, e quindi viene raggiunta pi` u rapidamente la ionizzazione totale e minore `e l’estensione della zona convettiva. In ogni caso, tutte le integrazioni convergono verso l’interno ad un comune andamento, a indicazione che il trattamento della convezione superadiabatica non modifica la struttuta interna di una stella e, quindi, non influenza la luminosit` a della struttura. Le variazioni indotte nella zona convettiva diventano infatti rapidamente trascurabili a confronto della variazioni nelle zone pi` u interne. Ne segue la regola generale per la quale l’incertezza su l si traduce in una incertezza sui raggi stellari (sulle temperature efficaci) ma non sulle luminosit` a. L’effetto sulle strutture stellari pu` o essere compreso osservando che se la temperatura centrale `e determinata dall’efficienza delle reazioni nucleari allora minore l implica maggior gradiente nelle regioni superadiabatiche e, in definitiva, minore temperatura efficace alla superfcie (= maggiori raggi stellari). Tale effetto risulta tanto pi` u rilevante quanto minore la densit` a degli inviluppi e, quindi, tanto maggiore la richiesta di superadiabaticit` a. La Fig.6.16 mostra le varie collocazioni nel diagramma HR di una Sequenza Principale calcolata con diverse lunghezze di rimescolamento. Strutture con logTe ≥ 3.9 non risentono del valore della

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Fig. 6.15. Correlazione tra pressione e temperatura nell’inviluppo di una struttura di 1 M (Y=0.20. Z=4 10−4 ) posta a log L/L = 3, logTe=3.57 per diverse assunzioni sul valore della lunghezza di rimescolamento.

Fig. 6.16. Collocazione nel diagramma HR di Sequenze principali (Y=0.10, Z=10−3 ) per varie assunzioni sulla lunghezza di rimescolamento.

mxing length per avere inviluppi radiativi o con convezione in questo contesto trascurabile. Al di sotto di questa temperatura, come previsto, all’aumentare della mixing length le strutture si spostano verso temperature efficaci maggiori. Si noti peraltro come al diminuire della massa, e al conseguente decrescere della temperatura efficace, l’influenza della mixing length torni a decrescere. Ci` o `e dovuto al fatto che al decrescere della massa cresce la densit` a negli inviluppi e stelle di massa molto piccola tendono conseguentemente a sviluppare strati convettivi sempre pi` u adiabatici. L’evoluzione verso una Gigante Rossa implica invece un’espansione degli inviluppi ed una drastica diminuzione delle densit` a subatmosferiche, con conseguente richiesta di forte superadiabaticit` a. Se ne hanno, in linea di principio, le drammatiche consegueze illustrate in Fig.6.17 nel caso di una struttura di 1 M . La Figura mostra come la lunghezza di rimescolamento abbia una limitata influenza anche sulla luminosit` a del ”Bump” delle Giganti Rosse. Aumentando il valore di l tale luminosit` a tende ad aumentare leggermente: se ne trae l’evidenza che all’aumentare di l diminuisce leggermente la profondit` a massima raggiunta dalla convezione superficiale. Allo stato attuale delle nostre conoscenze il valore della lunghezza di rimescolamento deve essere ricavato tramite opportune calibrazioni su strutture reali. E’ molto usata la calibrazione su Modelli Solari Standard che fornisce il valore l ∼ 1.9Hp . A priori, nulla garantisce che tale calibrazione possa essere estesa a strutture con masse, composizioni chimiche e fasi evolutive diverse. E’ peraltro di grande interesse rilevare che lo stesso valore di l produce la corretta temperatura efficace per i rami delle Giganti Rosse negli Ammassi Globulari sopra un esteso intervallo di metallicit` a, talch´e la

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Fig. 6.17. Tracce evolutive di una stella di 1 M per le varie indicate assunzioni sulla lunghezza di trimescolamento.Le frecce indicano la collocazione del ”Bump” delle Giganti Rosse. scelta α = 1.9 appare al momento la pi` u corretta. Notiamo infine che usare un SSM come calibratore implica tenere nel dovuto conto gli effetti della diffusione degli elementi all’interno della struttura. Pseudo-SSM calcolati senza diffusione forniscono il valore α ∼ 1.6, talvolta incongruamente utilizzato in taluni calcoli evolutivi.

A6.2. Stelle deficienti o prive di metalli. La Popolazione III Il quadro generale delle fasi di combustione dell’idrogeno tracciato per le varie popolazioni stellari risulta sensibilmente modificato quando si considerino strutture stellari estremamente povere o addirittura del tutto prive di metalli. Non `e questa peraltro una pura esercitazione numerica: se - come fondatamente riteniamo - la materia emersa dal Big-Bang era priva di elementi pesanti, la prima generazione stellare da essa formatasi doveva necessariamente essere composta da stelle di puro idrogeno-elio. Anche se i processi di arricchimento hanno infine portato la stragrande maggioranza delle stelle della nostra galassia a possedere metallicit` a superiori o dell’ordine di Z = 10−4 , stelle prive o poverissime di metalli devono essersi formate, popolando a tutt’oggi l’alone galattico ove si sono osservate sia pur rare stelle con metallicit` a inferiore a quella degli ammassi globulari, sino a Z ∼ 10−7 . Lo studio di queste strutture deficienti in metalli appare quindi di grande rilevanza quando si vogliano ricostruire le caratteristiche evolutive delle popolazioni stellari che, con la loro esistenza, hanno dato inizio all’evoluzione chimica della materia galattica. Per comprendere la peculiarit` a delle stelle prive di metalli, `e utile innanzitutto richiamare le ragioni della larga similarit` a dell’evoluzione in fase di combustione di idrogeno al variare del contenuto originario di metalli anche di ordini di grandezza nelle Popolazioni I e II. La presenza dei metalli influisce sulle strutture stellari attraverso, essenzialmente, i coefficienti di opacit` a e di generazione di energia. Al variare dei metalli le variazioni di opacit` a possono essere sensibili ma non drammatiche perch`e anche in assenza di metalli permangono tutti i meccanismi di opacit` a collegati in ogni caso all’idrogeno ed all’elio. N´e sono drammatiche , in genere, le conseguenze della variata efficienza del ciclo CNO: stante l’alta dipendenza del ciclo dalla temperatura, le strutture reagiscono ad una diminuzione degli elementi CNO incrementando modestamente le temperature centrali sino a recuperare il soddisfacimento del fabbisogno energetico. Quest’ultimo meccanismo `e quello che viene a cadere quando si assumano strutture stellari totalmente prive di metalli. La catena pp resta di fatto l’unica possibile sorgente di energia e le stelle in fase di presequenza dovranno necessariamente continuare a contrarre fino a raggiungere temperature tali da estrarre da questa catena di reazioni il loro intero fabbisogno energetico. Le conseguenze, come illustrate in Fig.6.18 possono diventare drammatiche. Al crescere della massa, l’aumento delle temperature centrali non `e pi` u ”calmierato” dall’intervento del ciclo CNO e la

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Fig. 6.18. Andamento delle temperature centrali in funzione della massa per stelle di MS prive di metalli. La lnea continua mostra le temperature ricavate sotto la condizione di pura combustione pp. La linea a punti indica la modifica causata dalla produzione di carbonio tramite reazioni 3α. La linea a tratti indica le temperature centrali per stelle di normali popolazioni.

Fig. 6.19. Tracce evolutive per stelle di piccola massa e per i due indicati valori di metallicit` a.

temperatura continua a crescere sino a raggiungere attorno alle 15 M i 108 K, cio`e la temperatura di innesco delle reazioni 3α. All’ulteriore crescere della massa si manifesta un fenomeno del tutto nuovo, peraltro qualitativamente prevedibile. A 108 K inizia infatti la combustione 3α che fornisce carbonio il quale, a sua volta, abilita il ciclo CNO, riducendo il fabbisogno di temperatura. La produzione di carbonio cessa solamente quando l’efficienza del ciclo riporta la temperatura sotto la soglia delle reazioni 3α. La conseguenza finale `e che, all’ulteriore crescere della massa la temperatura tende a stabilizzarsi attorno ai 108 K mentre aumenta la quantit` a di carbonio prodotto e messo a disposizione delle regioni centrali convettive. E’ questo il primo manifestarsi di un fenomeno generale che caratterizza l’evoluzione in fase di idrogeno delle stelle prive di metalli: ogniqualvolta in fase di combustione di idrogeno l’evoluzione tende a portare le temperature oltre la soglia di innesco delle 3α interviene la produzione di carbonio che stabilizza la temperatura. Fenomeni simili sono attesi anche in strutture in cui il CNO sia estremamente sottoabbondante. Nel seguito definiremo come strutture di Popolazione III tutte quelle strutture prive o sottoabbondanti di metalli nella cui evoluzione si manifestano fenomeni di combustione contemporanea H-He, separandole cos`ı da strutture anche molto povere di metalli (estrema Pop. II) la cui evoluzione segue le generali prescrizioni ricavate per le stelle di Pop. I e Pop. II.

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Fig. 6.20. Effetto di metallicit` a sull’evoluzione fuori sequenza di stelle di piccola massa. Tab. 3. Andamento di variabili strutturali per una stella di MS di 10 M al variare della metallicit` a. MCC e Lpp rappresentano rispettivamente la frazione di massa nel nucleo convettivo e la frazione di luminosit prodotta dalla combustione pp. Z 0 10−8 10−6 10−5 4 10−4

logL 3.76 3.74 3.73 3.73 3.72

logTe 4.61 4.59 4.55 4.51 4.47

Mcc 0.16 0.36 0.38 0.38 0.36

Lpp 1.00 0.87 0.16 0.05 0.01

logTc 7.82 7.79 7.71 7.66 7.56

logρc 2.04 1.92 1.70 1.53 1.25

Una notevole caratteristica delle stelle sottoabbondanti in metalli riguarda le dimensioni dei nuclei convettivi. Al diminuire della metallicit` a da valori solari a Z = 10−4 la luminosit` a delle stelle di MS tende ad aumentare, con il conseguente e gi` a ricordato aumento dei nuclei convettivi. Al continuo diminuire della metallicit` a deve crescere sempre pi` u il contributo della catena pp che, al limite Z= 0, `e l’unica efficiente. Sappiamo peraltro che la combustione pp tende a deprimere le dimensioni dei nuclei convettivi. La conseguenza che attorno a Z =10−5 i nuclei convettivi raggiungono un massimo per poi decrescere con continuit` a sino a raggiungere un pronunciato minimo per Z = O, (Tabella 3). Constateremo nei prossimi capitoli come tali variazioni abbiano importanti conseguenze sul destino finale delle stelle. La Fig. 6.19 mostra gli effetti della sottoabbondanza metallica in stelle di piccola massa. La scomparsa della fase di overall contraction testimonia la scomparsa dei nuclei convettivi, cos´i che per Z = 10−8 anche una stella di 2.5 M si comporta come una struttura di MS inferiore. L’influenza di Z sulla caratteristiche dell’evoluzione fuori sequenza `e infine mostrata in Fig.6.20 : si verifica come la diminuzione del contenuto metallico da Z = 10−4 a Z =10−8 non influenzi ormai in maniera sensibile n´e la posizione di SP n´e la collocazione delle Giganti Rosse. Ci` o `e da collegarsi alla scarsa influenza che ormai i metalli hanno sulla opacit` a della materia, influenza che attorno a Z ∼ 10−5 - 10−6 diviene del tutto trascurabile. Le diverse modalit` a di uscita dalla MS e di evoluzione di subgigante corrispondono invece a necessit` a della struttura chiaramente interpretabili. In stelle di piccola massa lo spostamento della struttura verso la sua traccia di Hayashi corrisponde all’instaurarsi d un efficiente combustione a shell tramite CNO. Minore l’abbondanza di questi elementi pi` u la stella deve aspettare ad eseguire il passaggio evolvendo nei pressi della sequenza principale. E’ questa una prima indicazione diretta dell’effetto di variazioni di abbondanza

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Fig. 6.21. Evoluzione strutturale di una stella di 0.7 M , Y= 0.20, Z=10−3 durante la fase di innesco dell’elio. Nel pannello superiore `e riportato lo sviluppo temporale della convezione durante i vari flash. La linea a punti indica l’andamento della posizione del massimo di temperatura. Nel pannello inferiore sono riportati, in luminosit solari, gli andamenti della luminosit totale (L) ed i contributi a questa delle combustioni d H e di He. Il tempo t `e in 106 anni. degli elementi CNO in stelle della SPI. Si noti infine come la luminosit` a cui avviene il flash vada progressivamente decrescendo con Z, in corrispondenza delle crescenti temperature interne. Nello scenario in precedenza adottato, le tracce evolutive nelle Pig. 6.19 e ?? sono da riguardarsi come evoluzioni di normale ed estrema popolazione II. Stelle di 0.9 M con Z = 0 sono invece costrette a produrre carbonio quando ancora al centro residua idrogeno, e percorrono il ramo delle giganti con una shell di idrogeno parzialmente alimentata dal carbonio prodotto attraverso reazioni 3α. Tra i problemi particolari posti dall’integrazine di strutture di Popolazione III citiamo infine la necessit` a di riguardare alle alte temperature l’3 He come un vero e proprio elemento secondario, stanti i brevi tempi di equilibrio. Questo elemento non deve quindi essere rimescolato nelle zone convettive interne. Trascurare questa avvertenza provocherebbe una abbondanza spuria di 3 He al centro della stella, da cui un flttizio incremento della produzione di energia ed un conseguente aumento dei nuclei convettivi.

A6.3. Il flash dell’elio. Abbiamo gi` a indicato come l’innesco dell’elio in stelle di piccola massa avvenga tramite un processo reazionato positivamente che porta ad un flash di efficienza delle reazioni di fusione 3aα. A causa del raffreddamento indotto dai neutrini l’innesco dell’elio avviene in una shell, la cui distanza dal centro dipende dai parametri di massa e di composizione chimica della stella. Calcoli dettagliati mostrano come un primo e pi` u violento flash riesca a rimuovere la degenerazione elettronica negli strati sovrastanti la shell di innesco. Il processo procede quindi, in maniera sufficientemente complessa, attraverso una serie successiva di flash secondari, intervallati nel tempo e progressivamente sempre pi` u prossimi al centro della stella, sinch´e la degenerazione `e completamente rimossa in tutto il nucleo di elio ed inizia la fase di combustione quiescente di elio al centro della struttura. La Fig. 6.21 riporta alcune caratteristiche di tali fasi calcolate per una stella di massa M = 0.7 M , Y=0.20 e Z = 10−3 . Si noti in particolare come l’espansione indotta dal flash principale (il primo) negli strati esterni del nucleo di elio produca Io spengimento della shell di idrogeno che

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Fig. 6.22. Percorso nel diagramma HR della struttura di cui alla Fig.6.21 durante la fase di innesco dell’elio. Il cerchietto pieno indica la posizione al flash principale; la stella l’inizio della fase quiescente di combustione centrale di elio. II tempo t `e in milioni di anni. recuperer` a la sua efficienza solo gradualmente, tornando a contribuire sostanzialmente alla struttura solo in prossimit` a dell’inizio della fase di combustione di elio quiescente. I risultati principali di tali calcoli, eseguiti sotto le usuali assunzioni di simmetria sferica e convezione interna adiabatica, possono essere riassunti nei due seguenti punti fondamentali: 1. La convezione nel nucleo resta separata, sia pur di poco (∆Mr ∼ 210−3 ) dalla base della shell di idrogeno. Non si attendono quindi rimescolamenti che si ripercuotano sulla successiva efficienza di questa shell. 2. Nel corso dei vari flash si giunge a sintetizzare una quantit` a di carbonio dell’ordine 12 X ∼ 0.05, omogeneamente distribuito nel nucleo di elio. La Fig.6.22 riporta il cammino evolutivo della struttura di cui alla Fig.6.21 durante la fase dei flash e sino ai raggiungimento della combustione quiescente dell’elio centrale. Poich´e la durata di questa fase risulta dell’ordine di 106 anni, a fronte dei 108 anni tipici per l’evoluzione di gigante rossa nello stesso intervallo di luminosit` a, ci si attende di osservare circa una stella in fase di flash per ogni 100 giganti rosse. Questo rende pienamente conto della lacuna osservabile negli ammassi globulari tra il ramo delle giganti e la successiva fase di combustione di elio.

A6.4. Massa limite per la combustione dell’idrogeno. Nane Brune. In una struttura stellare di Sequenza Principale al diminuire della massa aumenta la densit` a necessaria per raggiungere le temperature di combustione dell’idrogeno. Ci` o pu` o essere compreso anche attraverso semplici valutazioni di ordini di grandezza. Abbiamo infatti gi` a visto (→ A4.3) come dal Viriale si ricavi per la temperatura media di una struttura T ∝

M R

dalla quale, poich`e ρ ∝ M 7R3 si ricava anche T ∝ ρ1/3 M 2/3 e quindi per mantenere temperature di combustione al diminuire della massa aumenta la densit` a. Aumenta conseguentemente il richio di degenerazione elettronica sino a raggiungere una massa limite al di sotto della quale le stelle degenerano in presequenza e non giungono ad innescare le reazioni dell’idrogeno. Abbiamo gi` a indicato come tale massa limite si aggiri attorno a 0. 1 M . Valutazioni pi` u accurate richiedono un corrispondentemente accurato trattamento della complessa equazione di stato, ove le interazioni coulombiane rivestono un ruolo rilevante. La Fig.6.23 riporta una serie di tracce evolutive di strutture di piccola e piccolissima massa in fase di contrazione gravitazionale. Nel caso illustrato si trova una massa limite pari a 0.08 M . Si

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Fig. 6.23. Sequenze di contrazione per strutture di piccola e piccolissima massa. noti come al diminuire della massa crescano notevolmente i tempi di presequenza delle strutture che giungono ad innescare l’idrogeno, cosi che, al limite, la 0.08 M raggiunge la MS solo dopo alcune centinaia di milioni di anni. Il completamento della sequenza principale alle minori luminosit` a richiede dunque un lungo periodo di tempo, accadimento di cui si deve tener conto nel costruire le isocrone di ammassi stellari con et` a al di sotto di ∼ 1 Gyr. Strutture al di sotto della massa limite non innescano l’idrogeno e contraggono sino a raggiungere il raggio della struttura degenere: la successiva evoluzione consister` a nel progressivo raffreddamento della struttura che andr` a diminuendo progressivamente luminosit` a e temperatura efficace seguendo una sequenza di raggio costante. La Fig.6.23 mostra come tali strutture si dispongano a formare un prolungamento della MS verso le basse luminosit` a, mostrando nel contempo come l’ulteriore allungamento dei tempi di contrazione porti alla predizione che anche per et` a dell’ordine di 10 Gyr tale prolungamento debba risultare popolato da oggetti che mantengono luminosit` a che scalano regolarmente a partire dall’estremo inferiore della MS. A fronte di tale evidenza, l’antica designazione di Nane Nere (Black Dwarf) data in origine a questi oggetti `e stata sostituita da Nane Brune (Brown Dwarf) a significare la prevista sopravvivenza di non trascurabili capacit` a radiative. A livello di nomenclatura, aggiungiamo infine che le stelle che popolano l’estremit` a inferiore della MS ( M ≤ 0.4 - 0.3 M ) vengono di norma designate con il termine di strutture VLM (Very Low Mass ).

A6.5. Isocrone teoriche e funzioni di luminosit` a per Ammassi Globulari La collocazione nel diagramma HR delle stelle di un ammasso stellare deve essere considerata come il luogo, ad un prefissato tempo t0 (isocrona), dei punti rappresentativi di stelle in moto lungo traiettorie prefissate le tracce evolutive) determinate, per ogni assunta composizione chimica, dall’unico parametro M = massa delle stelle. Si `e qui assunto implicitamente che le fluttuazioni nei tempi della formazione stellare siano trascurabili rispetto ai tempi evolutivi. Lungo un isocrona `e dunque L = L(M,t] Te=Te(M,t) al variare del parametro M. Con terminologia mutuata dall’idrodinamica diremo in definitiva che le tracce evolutive delle strutture costituiscono le linee di corrente del fluido stellare, mentre l’isocrona rappresenta la linea materiale del fluido all’istante t=t0 . Si `e gi` a indicato come nelle fasi evolutive avanzate aumenti la velocit` a evolutiva, definibile attravesro il valore delle derivate (∂L/∂t)M e (∂Te /∂dt)M che regolano la variazione con il tempo della posizione di una struttura nel diagramma HR. Si `e anche intuitivamente indicato come in tali

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Fig. 6.24. La relazione massa luminosit` a lungo isocrone teoriche per et` a comprese tra 9 e 321 miliardi di anni. condizioni sia lecito confondere l’isocrona con la traccia evolutiva comune al ridotto intervallo di tracce evolventi. Possiamo precisare le motivazioni e i limiti di una tale approssimazione definendo lungo una generica isocrona la variabile curvilinea S, cosi che S(M,t) risulti univocamente detrminata e implicitamente resolubile rispetto a qualsivoglia delle variabili M,t. Dalla definizione di isocrona si ha allora: ∂t ∂t )S dM + ( )M dS ∂M ∂S da cui si ottiene per la variazione delle masse lungo l’isocrona dt(M, S) = (

∂M ∂M ∂t )t = −( )S ( )M ∂S ∂t ∂S Si verifica cosi innanzitutto che per (

∂M ∂S )M → ∞ ( )t → 0 ∂t ∂S cio`e che al crescere della velocit` a evolutiva (∂S/∂t)M tende a zero la variazione di massa lungo l’isocrona. L’osservazione fornisce non solo la collocazione nel diagramma HR della linea isocrona, ma anche il numero di stelle dN che popolano l’intervallo di ascissa curvilinea dS. Il dato osservativo Φ =dN/dS `e correlabile alle propriet` a evolutive, risultando (

∂M ∂M ∂t )t = −Ψ(M )( )S ( )M ∂S ∂t ∂S avendo indicato con Ψ(M) = dN/dM la distribuzione di masse propria dell’ammasso (IMF = Initial Mass Function). E’ facile riconoscere che l’espressione precedente rappresenta semplicemente l’espressione euleriana dell’equazione di continuit` a. Per fasi evolutive avanzate, laddove tende a zero l’intervallo di masse popolanti l’isocrona, potremo porre Ψ(M ) ∼ cost e cosi anche per il flusso temporale lungo l’isocrona (∂M/∂t)S ∼ cost. Se ne ricava che, sotto tali condizioni, il numero di stelle in una fase evolutiva avanzata risulta proporzionale al tempo speso dalle stelle evolventi lungo la loro traccia in tale fase. Come utile applicazione di tale relazione abbiamo in precedenza discusso il caso della funzione di luminosit` a del ramo delle Giganti Rosse in un Ammasso Globulare. A titolo orientativo la Fig.6.24 riporta la distribuzione teorica massa-luminosit` a lungo isocrone di et` a compresa tra 9 e 21 Gyr. Come atteso, la variazione della massa interessa essenzialmente le strutture di MS. Le subgiganti che si collocano tra il Turn Off e la base del ramo delle giganti hanno variazioni gi` a pi` u contenute, e dalla base delle giganti la massa evolvente diventa sensibilmente costante. Si `e a suo tempo indicato come lungo il ramo delle giganti si possa porre Φ(S, t0 ) = Ψ(M )(

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Fig. 6.25. Funzione di luminosit` a per l’Ammasso Globulare NGC6356 confrontata con le predizioni teoriche per la distribuzione dal Turn Off sino al tip del ramo delle giganti. I dati teorici assmono [Fe/H]=-0.9, et` a 14 Gyr, (m-M)v = 18.05.

dt dlogL `e la velocit` a evolutiva (in luminosit` a) delle giganti. Mostreremo qui che tale relazione `e conseguenza diretta del fatto che lungo il ramo delle Giganti Rosse, come ogniqualvolta si sia in presenza di stelle con nucleo degenere, esiste una relazione massa del nucleo-luminosit` a logτ ∝ logL

dove

τ =

L = Mnα che ci indica come in tali strutture sia la massa del nucleo degenere a governare la luminosit` a di una stella. A fianco della precedente relazione potremo infatti considerare l’ulteriore relazione che collega la luminosit` a della struttura alla crescita temporale della massa del nucleo dMn = µLdt dove µ rappresenta la massa di elio sintetizzato nella produzione dell’unit` a di energia. Differenziando la prima relazione si ottiene 1 1−α dMn = L α dL α che sostituita nella seconda relazione conduce con facili passaggi a dt 1 1−α =τ = L α dlogL µα da cui la attesa relazione 1−α logL α La Fig.6.25 mostra come i riscontri sperimentali siano in generale in buon accordo con le previsioni, rivelando anche il bump delle giganti prodotto dall’incontro della shell di combustione di H con la discontinuit` a prodotta dall’affondamento della convezione superficiale. logτ = cost +

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Origine delle Figure Fig.6.1 Iben I.Jr. 1964, ApJ 140, 1631 Fig.6.2 Hagen G.L. 1970, ”An Atlas of Open Clusters CM Diagrams”, David Dunlap Obs. pub.4 Fig.6.3 Alcock C., Paczynski B. 1978, ApJ 223, 244 Fig.6.4 Castellani V., Chieffi A., Pulone L., Tornamb´ e A. 1985, ApJ 294, L31 Fig.6.5 Hofmeister E., Kippenhahn R., Weigert A. 1964, Zeitschr. Astrophys. 59,242 Fig.6.6 Castellani V. 1985, Fund. Cosmic Phys. 9, 317 Fig.6.7 Chieffi A. 1984, inediti. Fig.6.8 Caputo F., Castellani V., D’Antona F. 1974, Astrophys. Space Sci,28, 303. Fig.6.10 Sosin C., Piotto G., Djorgovski S.G. et al 1997,”Advances in Stellar Evolution” , Cambridge Univ. Fig.6.11 Castellani V., 1976, A&A 48, 461. Fig.6.12 VandenBergh D.A. 1980, ApJS 51, 29 Fig.6.13 Bertelli G., Bolton A., Chiosi C., Nasi E. 1979, A&AS 36, 429 Fig.6.14 Cassisi S., Castellani V., Degl’Innocenti S., Salaris M., Weiss A. 1999, A&A 134,103 Fig.6.15 Caputo F., Castellani V., D’Antona F. 1974, Astrophys. Space Sci,28, 303. Fig.6.16 Castellani V., Renzini A. 1968 Astrophys. Space Sci. 2, 83 Fig.6.17 Cassisi S., Castellani V. 2004, inedita Fig.6.18 Castellani V., Paolicchi P. 1975, Astrophys. Space Sci. 35, 185 Fig.6.19 Wagner R.L. 1974, ApJ 191, 173 Fig.6.20 Castellani V. 1985, Fund. Cosmic Phys. 9, 317 Fig.6.21 Mengel J.C., Sweigart A.V. 1981, ”Astrophysical Parameters for Globular Clusters”, IAU Coll. n.68 Fig.6.22 Mengel J.C., Sweigart A.V. 1981, ”Astrophysical Parameters for Globular Clusters”, IAU Coll. n.68 Fig.6.23 D’Antona F., Mazzitelli I. 1985, ApJ 296, 502 Fig.6.24 Castellani V., D’Antona F. 1971, Mem. SAIt 42, 441 Fig.6.25 Zoccali M., Piotto G. 2000, A&A 358, 943

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