Storia Del Delitto Perfetto

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In Brasile, un 21enne ha accettato di essere ucciso, insieme con i genitori, dopo essere stato sconfitto in un gioco di ruolo che prevedeva appunto la morte. I due vincitori del gioco hanno confessato i delitti (Ansa, 15 maggio 2005). Che differenza c'è tra un film e un documentario? Tra un videogame e un videoclip? Tra propaganda e pubblicità? Io non riesco a vedere alcuna differenza. Vedo solo immagini piatte in movimento. Vedo solo un videodrome. L'unica differenza che vedo tra la televisione e il cinema è la dimensione dello schermo. Mi chiedo: che bisogno c'è di continuare a fare film sugli zombies quando sono già dappertutto, nel mondo reale? Il cinema è un'occhio reciso, un'occhio che uccide, eyes wide shut. Il cinema uccide il sogno, è un rituale di morte, la morte dell'arte. I filmmakers, gli artisti figurativi, visuali, virtuali, sono dei criminali, dei necromantici. La storia del cinema, la storia dell'arte, è la storia di un delitto perfetto. "L’arte è per noi qualcosa di passato" (Hegel, "Lezioni di Estetica"). Walter Benjamin, ben prima di Jean Baudrillard, aveva dedicato alla questione del "delitto perfetto" una delle sue opere più citate ("L’Opera d’Arte nell’Epoca della Riproducibilità Tecnica. Arte e Società di Massa", Einaudi, 1966). Ancor prima, aveva già messo in risalto come nella società di massa si perda l’esperienza reale e come questa venga sostituita dall’ "Erlebnis", con cui l’artista di avanguardia – a cominciare da Baudelaire – cerca di provocare uno choc catartico. "Mais je poursuis en vain le Dieu qui se retire, l'irresistible nuit ètablit son empire" ("Les Fleurs du Mal"). Questo processo innesca secondo Benjamin un'alienazione ancora più violenta di quella identificata da Engels e Marx nei processi dello sfruttamento capitalistico (che paradossalmente hanno contribuito ad alimentare con la loro visione di comunismo primitivo, società senza classi e Uomo Totale): ovvero, il dissolvimento totale dell’individuo, dell’apollineo "principio individuationis". Aspetto colto anche da Bertold Brecht, a cui il fascismo appariva come "Gleichschaltung", livellamento e asservimento delle masse piegate agli interessi del potere. L' "Opera da Tre Soldi" è una pièce in cui Brecht esalta e denuncia un decadimento sociale irreversibile scandito dalla musica di Kurt Weill che evoca un folklore pop urbano neo-primitivo. Che si ritrova in altre opere contemporanee, di "protest-music", sorte tra gi anni Venti e Quaranta in Europa in risposta all'avvento delle dittature totalitarie: dall'antesignana "Morte di Un Tiranno" di Darius Milhaud (ispirata ad una pagina dello storico latino Elio Lampridio), a "Ode a Napoleone" e "Sopravvissuto di Varsavia" di Schonberg, fino al "Thyl Clael" di Vogel.

Tutto il movimento del neo-primitivismo, l'esotismo e il fauvismo, Brecht, Stravinsky, Debussy, Mussogwsky, Russolo, Strauss, Wagner, Messiaen, Boulez, Stockhausen, Schonberg, Webern, Varèse, Cage, gli esperimenti di musica concreta e musica elettronica, fino alla techno e ai rave, ma anche parallelamente il rock'n'roll ("la musica del diavolo"), il progressive, il reggae, il punk, l'heavy-metal, l'hip-hop, la jungle, hanno rappresentato un tentativo, fallito, di ritorno alle origini, di recupero dell'aura. Mediante Il ricorso alla modalità, alla serialità, all'atonalità, alle dissonanze, ai rumori, al materiale folklorico popolare, all'autenticità e spontaneità del jazz, alla funzionalità etico-rituale perduta dei ritmi, dei timbri, delle sonorità, all' "off-beat" della musica primitiva, ci si rivolgeva alla dimensione del sacro, che la società di massa stava brutalmente alienando. "Nella nostra epoca di aspra lotta per l'arte nuova, noi combattiamo in qualità di selvaggi, di barbari, di non organizzati, contro un antico potere organizzato. Sembra una lotta impari, ma nelle cose dello spirito non è mai il numero, ma la forza delle idee che vince. Le armi temute dai selvaggi sono le loro nuove idee, esse uccidono più dell'acciaio e spezzano ciò che ritiene infrangibile. La mistica si risvegliò nelle anime e con essa elementi primigeni dell'arte" (Franz March, "Der Blaue Reiter", citato da Diego Carpitella ne "Il Primitivo nella Musica Contemporanea", testo revisionato dell'omonimo ciclo di trasmissioni radiofoniche condotte da Carpitella per il Terzo Programma della Rai, dal 29 gennaio all'8 aprile 1961). Il grido originario (“ur-schrei”), l'uomo originario (“ur-mensch”), il grido di rivolta (“ur-trieb”), il suono indistinto (“ur-laut”). A nulla è valso questo rigurgito romantico, perché il delitto perfetto si stava compiendo. Video Killed the Radio Stars. Nel suo saggio sull’opera d’arte, Benjamin parla di una nuova "appercezione del mondo", propria dell’età delle masse, una modificazione del senso di realtà che riconduce alla perdita dell’ "aura", "l’hic et nunc dell’opera d’arte", il suo essere presente qui e ora, come oggetto vivente, il suo valore d’uso, funzionale alla costruzione culturale, collettiva, del principio di realtà. "L’aura è un mutare, un continuo presente nell’attimo in cui si manifesta: sempre diversa sempre originaria" (Benjamin, op. cit.). Con la riproducibilità tecnica si compie l’uccisione definitiva dell’aura, poiché al posto di un evento unico, il rituale-performance magico e irripetibile, a cui concorrono artista/i esecutore/i e fruitore/i, si hanno una serie quantitativa di eventi riprodotti che sono copie dell’originale. Si perde l’originalità, l’autenticità, la socialità, la funzionalità, la magia, dell’opera d’arte, si "guadagna" il suo "valore espositivo", che trasforma l’opera in merce, e l’arte in arte massificata, omologata. "L’opera d’arte riprodotta diventa in misura sempre maggiore la riproduzione di riproduzioni" (Benjamin, op. cit.). Clonazione di clonazioni. L’opera d’arte si aliena, diventa qualcosa d’altro, con funzioni completamente nuove, tra cui Benjamin individua quella politica: "Privando l’arte del suo fondamento culturale, l’epoca della sua riproducibilità tecnica estinse anche e per sempre l’apparenza della sua autonomia". Nel senso che l’arte de-sacralizzata può mettersi al servizio della profana e materialista lotta politica socialista. Questo è stato il più grande errore commesso dal socialismo rivoluzionario, ateo e materialista, di matrice marxista: escludere la dimensione religiosa da quella sociale e politica. Secondo Klaus Theweleit ("Männerphantasien", trad. it. "Fantasie Virili", Il Saggiatore, 1997), il materialismo storico, nella sua visione economicistica e "dimidiata", della storia, non ha mai preso in seria considerazione quella che egli chiama, sulla scia di Deleuze e

Guattari, "la produzione desiderante dell'inconscio", "la pulsione motrice molecolare della storia". Il nazifascismo, invece, organizzando quelle immense sfilate divenute tanto caratteristiche del regime, ha dimostrato di saper cogliere, sfruttandola a proprio vantaggio, la pulsione desiderante delle masse, la nostalgia di una "fluidità" perduta, aprendole un varco nello spazio esaltante dei giganteschi cortei, delle sfilate che con totale esattezza psicoanalitica vennero definite "oceaniche". In quell'oceanico fluire delle masse, in quell’entusiasmo corale, l'Io singolo irrigidito trovava il modo di sublimare le angosce prodotte dal brutale processo "educativo", e concedersi quella che Deleuze e Guattari hanno chiamato "la perversione del desiderio gregario", seppur dentro gli argini di una ferrea coreografia. Osserva Theweleit (che scriveva negli anni Settanta): "Il fascismo non permise alle masse di dare espressione ai propri interessi (interessi di classe, economici), a questi interessi si curano di dare espressione i comunisti al potere, senza soddisfarli; no, il fascismo permette alle masse di dare espressione alle pulsioni represse, ai desideri inconsci, promette all'uomo il ricongiungimento delle parti ostili a condizioni sopportabili, il dominio dell'uomo sul femminile ostile dentro di sé". Promette ma non mantiene. C’ha provato Majakowsky, da "buon selvaggio" qual’era, a predicare e praticare, prima della brutale repressione da parte del regime nazi-comunista, l’unione di agit-prop, festa e rivoluzione. "Personale è politico", si dirà poi. Nella dimensione della persona sono racchiusi anche i bisogni religiosi, non solo quelli del lavoro e della pagnotta. Non si vive di solo pane. Questo è vero soprattutto per l’animale uomo, che è un animale sociale, morale e religioso. "Se art-hack-act ha un senso è quello dell'intervento che trasforma e connette pezzi di realtà, li fa collidere, esplodere, scoppiare. L'arte è violenza" (Andrea Natella). Quando i nazisti bruciavano libri e opere d'arte, recitavano. Ben consci di quello che facevano. Tutto il nazismo è stata una grande farsa, la rappresentazione di una tragedia, la messa in scena di un rituale di violenza rivolto contro vittime sacrificali: l'ebreo, il negro, il non-ariano, l'impuro, il corrotto, il mediocre, dovevano essere identificati dalle masse come il nemico, il male da estirpare. Hitler era un artista fallito, un romantico con inclinazioni al misticismo e all'irrazionale, che in Nietzsche ha trovato quello che cercava: si è identificato nel super-uomo e nell'anticristo, e si è votato completamente a celebrare Dioniso, cercando di trascinare nel suo invasamento il mondo intero. Il progetto nazista della soluzione finale era quello di provocare una apocalisse da cui sarebbe rinato l'Uomo Nuovo ariano. Un progetto follemente romantico. La visione escatologica della storia, fatta propria dal materialismo storico, favorita dal darwinismo, d'altronde, all'epoca era episteme assai diffuso. Nazional-comunismo e nazional-socialismo hanno molto in comune, entrambi sono progetti neo-primitivisti, entrambi sono progetti totalitari di dissoluzione. CRIMINAL ART L’arte di massa si trasforma dunque in una "macchina da guerra" al servizio della propaganda del totalitarismo, attraverso i mass-media e il culto della personalità (il dittatore, il fuhrer, il presidenzialismo, il berlusconismo). Mentre l’arte commerciale massificata andrà ad alimentare il mercato dell’arte mercificata, ridotta ad "estetica pura", a forma senza funzione, se non quella espositiva. Ancora oggi si parla di arte alta e arte bassa, arte pop e avanguardia, arte underground e mainstream, ecc. ecc.. In realtà si sta parlando di una sola arte: arte criminale, arte

partorita da un crimine, il crimine perfetto. Televisione, cinema, videogiochi, net-art, virtualart, non fanno altro che perpetuare questo crimine. Due opere, segnalate su Digimag da Tiziana Gemin (in "Autodistruzione, Performance o Masochismo?"), mettono in scena la violazione della macchina, l’autodistruzione del sistema: "Perpetual Self Dis-Infecting Machine" degli 0100101110101101.org e "Shockbot Corejulio" dei 5voltcore. "In queste due installazioni ciò che accade non ha come causa un’azione umana, per quanto inconsapevole: il computer ha come unico attore e referente se stesso. Entrambe le installazioni si presentano come macchine fisicamente aperte, quasi a voler esibire ciò che la macchina è in se stessa, ciò che accade al suo interno. Può risultare sadicamente attraente l’idea di un computer che si autodistrugge, visto che mai vorremmo veder consumato un simile scempio sui nostri apparecchi personali. Sono installazioni che producono in chi le osserva un effetto quasi catartico". Un tentativo di favorire mediante choc una presa di coscienza: il sistema macchina è votato all'autodistruzione, e all'annientamento dell'uomo (era il senso di "Odissea nello Spazio" di Stanley Kubrick). Tentativo vano, perché è pur sempre una rappresentazione, che viene vissuta come distante, come provocazione. È pur sempre un crimine, perché continua ad uccidere l'arte. Ma dove risiede allora oggi l’arte come principio ri-fondante di senso, realtà, illuminazione? "Nel sapere e nelle religioni tradizionali gli stati modificati di coscienza non si identificano con la trascendenza, sono un mezzo per soddisfare un bisogno di trascendenza che è universale, universalmente sentito, dai vivi, cioè dagli immanenti". (Gianfranco Salvatore, "La Trance Come Mezzo e Come Fine e il Bisogno di Trascendenza. Alcune osservazioni sui raves e sulla techno-trance"). Anche se Dio si eclissa, insieme all'identità, scomparendo dall'orizzonte culturale, il bisogno di trascendenza rimane. Lo attestano l'interesse per lo yoga e il buddismo, per l'astrologia, la diffusione delle sette, delle nuove religioni, dei centri spirituali, la superstizione, la voglia di "numinoso". Arte, magia, religione, mito e rito, in passato, prima dell’irruzione cristiano-cattolica, costituivano i modi con cui la società si dava ordinamento culturale, mediante feste rituali che servivano da raccordo tra l’uomo e la divinità, tra alto e basso, natura e cultura, ragione e follia, Apollo e Dioniso. Arte, festa, performance, euritmia (fusione di danza, musica e teatro) e celebrazione del sacro coincidevano. Non erano tutte rose e fiori, c’erano sempre momenti di crisi. Ma proprio attraverso il rito si provvedeva a ri-ordinare il caos in cosmo. L'organico scaturisce dall'aorgico e ad esso ritorna, come creatore di ordini futuri. Quante volte abbiamo sentito dire: "non ci sono più i riti di passaggio!". La verità si nasconde spesso nella banalità. Il delitto perfetto ha ucciso la ritualità, il senso del sacro, la sua funzione mimetica e complementare rispetto al profano. Nel mondo di oggi siamo tutti orfani del sacro. I rituali de-sacralizzati, l’arte profana e massificata, la realtà virtuale, non ci appagano. Insieme al dissolvimento dell’individuo e del principio di realtà, tutto questo produce alienazione, malessere, malavita, una escalation di violenza, orrore, distruzione, morte. "Nelle feste le società antichissime attuavano il ritorno alla natura come piacere. Nel piacere gli uomini si liberano dal pensiero; evadono dalla civiltà […] Ma col progresso della civiltà e dei lumi, la soggettività più forte e il dominio più consolidato riducono la festa

ad una commedia […] Il piacere diventa oggetto di manipolazione, fino a sparire. L’evoluzione va dalle feste primitive alle vacanze" (Horkheimer M. e Adorno T.W., "Dialettica dell’illuminismo", citato da Daniele Vazquez ne "Il Lento Divenire Della festa. Teorie, Metastoria e Socialità Liminare", tesi di laurea). "Non vi è festa senza partecipazione, cioè senza la condivisione dell’ethos festivo e la percezione sociale del senso di festività" (Vazquez). LA GANG DEI RAVE Da settimane saccheggiavano il supermarket dell'area di servizio Ardeatina, sul Grande Raccordo Anulare. Agivano all'alba di domenica dopo aver partecipato ai rave party sul litorale. Arrivavano in gruppo e la facevano da padroni: vandalismo, minacce, furti di liquori, orologi, macchine fotografiche, pupazzi di pelouche. Uno ha urinato addosso all'addetta alle pulizie. Sono stati arrestati per furto aggravato cinque ragazzi tra i 18 e i 21 anni, tre maschi e due femmine, con 55 pasticche di ecstasy. Il numero di partecipanti delle scorribande poteva arrivare fino a 50 (Ansa, 16 maggio 2005). Gioventù bruciata. Arancia meccanica. Zombies. Il branco colpisce ancora. Il tentativo del rave di recuperare l'ethos festivo e l’aura dell’opera d’arte è fallito rovinosamente nel nichilismo. "Nei rave non vi è un’appropriazione mitica del tempo, la festa non è né il ritorno del tempo originario del caos né l’attesa del tempo della fine del mondo, il rave non ha origine né futuro, esso si pensa come un interregnum temporaneo, come un aggiramento senza riposo e senza tregua del negativo della vita quotidiana. Se la vita quotidiana metropolitana è criticata dai raver per la separazione delle relazioni sociali che la caratterizza, il rave però non è una festa in cui si cerca il superamento di queste separazioni, certo esso riunisce ciò che è separato come ogni festa, ma a suo modo. Il rave produce una comunità sui generis, una cultura e un’immaginario, ma essa allo stesso tempo si pensa non solo come separata dal resto del mondo, i raver stessi che vi partecipano mettono in gioco solo una parte di se stessi, lasciando fuori quegli aspetti della propria vita che devono fare i conti con la realtà. Esso riunisce soggettività separate, in quanto separate, in una separazione assoluta. Non vi è 'produzione di persone' come nelle feste popolari, di identità, di esseri totali, anzi vi è un rifiuto dell’identità, vi è non solo l’accettazione di un soggetto separato ma la sua valorizzazione come tattica di sopravvivenza. La festa dei raver è la produzione di un luogo della transizione identitaria, per accedere a comunanze vertiginose altrimenti negate. La separazione si accetta come una condizione di fatto, anzi la si proclama nella forma di un nomadismo identitario" (Vazquez). "La festa, così come la magia, dischiude le porte di una metastoria che si contrappone agli accadimenti storici che irrompono nella vita quotidiana" (Vazquez). La festa corrisponde al tempo metastorico, non-locale, globale, dell’arte primordiale, che, come dice Adorno (ma non solo), è via di riconciliazione, tra apollineo e dionisiaco (Nietzsche), reale e ideale (virtuale), storia e metastoria (mito), sacro e profano. È quando festa, magia e arte - rito, teatro, performance - si fondono nell'euritmia e nel tempo metastorico che avviene il miracolo della ri-creazione collettiva della realtà, della mutazione di caos in cosmo. Se invece i momenti di festa vengono ritualizzati da un potere

nefasto e spettacolarizzati dai mass-media - vedi fascismo, nazismo e comunismo, in generale il totalitarismo - diventano strumento di alienazione e al contempo della fabbrica del consenso. La storia del rave in questo senso è esemplare, nasce come progetto di festa in risposta al rito alienante istituzionalizzato, fondandosi sul potere catartico e aggregante della musica, ma diventa anch'esso un rito istituzionalizzato, del sabato sera. Perchè vengono progressivamente a disgregarsi i presupposti alla funzione totalizzante del rito nel momento in cui si perde l'autenticità, la spontaneità e subentra l'alienazione. "Il popolo del rave, pur predicando l'alterazione degli stati di coscienza non ha sviluppato né il revival di una precisa tradizione estatica di tipo antropologico-religioso, né un progetto complessivo di vita individuale e societaria quale quello hippy-psichedelico" (Gianfranco Salvatore). La "condividualità", l'annullamento dell'identità, nella Zona Temporaneamente Autonoma del rave non si traduce in catarsi e in espiazione, non produce ordinamento culturale, perchè questo progetto è del tutto assente proprio nella sua pretesa di autonomia. Manca la funzionalità, l'aura, dell'opera d'arte. Il rave si tramuta così in uno strumento del crimine perfetto. Diventa una parade massificata e profana, oppure un raduno-ghetto per pornozombies. "C'è un grande lavoro distruttivo, negativo, da compiere: spazzare, ripulire. La compiutezza dell'individuo si afferma in seguito ad uno stato di follia aggressiva e completa contro un mondo affidato alle mani dei banditi che ci straziano e distruggono nei secoli..." Il progetto dadaista di restituire autenticità all’arte tramite la negazione dell’arte massificata, sottoposta all’anarchia del senso, ad un nichilismo distruttivo-ricreativo, è stato frainteso. Era un tentativo estremo di restituire dignità, e moralità, all’uomo, di restituirlo alle sue facoltà di mago, creatore e libero spirito, operando un sabotaggio e una transvalutazione di tutti i valori su cui si fonda la società universalista (globalizzante) della riproducibilità istantanea. Il surrealismo oppone all'anarchismo puro di Dada un sistema di conoscenza del Sè, ispirato dalle teorie psico-analitiche di Freud: l'obiettivo è sempre quello di restituire all'uomo la sua potenza. Si rivolge al mondo del sogno, dell'inconscio, ai proto-fenomeni o fenomeni primordiali, alla fenomenologia dello spirito. Ma non si rende conto che l'irrazionale si sta già impadronendo del mondo, sta per dilagare in superficie, grazie al delitto perfetto, di cui il surrealismo diventa il maggiore alleato. La beat-generation e la psichedelia, gli happenings, gli acid test, il flower power, Woodstock, il Living Theatre, il revival dell'arcaico, hanno rappresentato il tentativo più lucido di restituire l'aura all'opera d'arte. Ci stavano quasi riuscendo. La pop-art, celebrando l'artista-ladro e la riproduzione delle riproduzioni ha provato a svelare la morte dell'arte, a renderla manifesta, ma è stata massificata anch'essa. La negazione dell'arte e l'estetica del brutto ci hanno assuefatti alle disarmonie, alle dissonanze, allo squallore dell'insignificante, all'inaridimento percettivo ed emotivo, alla merda d'artista, simbolo del delitto perfetto.

"Un libro sulla Commune de Paris ("Le journées qui firent la France: le 28 mars 1871", Gallimard, 1964) sviluppa, con l’appoggio di documenti, l’idea della festa rivoluzionaria. L’idea, diventando ideologia in senso largo, attraversò ed animò le grandi ore del 1968: festa violenta, festa della strada e del popolo nella strada, festa rivoluzionaria. Dopo di che, l’ideologia diventa ideologia di ghetto. Riservata a gruppi, la festa diventa esoterica, eccitata dalla droga o dal dogma. All’esterno, l’idea prosegue la sua carriera pubblicitaria e manipolatrice. Qualche anno più tardi, neppure un festival in una sotto-prefettura che non si spacci per la festa infine ritrovata... La festa è un evento che viene trasceso dalle linee di fuga della storia che ad essa sono preesistenti e che l’attraversano, linee di fuga che rimandano al contesto storico, economico e sociale e ai suoi conflitti. La festa può rappresentare l’occasione per dei soggetti sociali di manifestare apertamente il conflitto, ma non senza fare a pezzi il senso di festività, non senza porre immediatamente fine alla festa" (Vazquez, "La Disfatta della Festa Rivoluzionaria"). La festa-rivoluzione teorizzata e praticata negli anni Sessanta, anche in risposta alle immagini di violenza che provenivano dal Vietnam e dai racconti dei reduci, alla fine si è dimostrata fallimentare perché non è riuscita ad incanalare nel modo migliore il diffuso sentimento di violenta rivalsa mimetica che è poi sfociato nella lotta armata. Il progetto utopico di portare la rivoluzione nella festa, la propaganda del sistema, la repressione, hanno avuto l’effetto di sfaldare le fila della moltitudine festosa. Come ha detto Girard, "la festa si mette male". Nelle "Baccanti" di Euripide, tragedia greca incentrata sul culto di Dioniso, Girard vede la crisi della festa nell'annullarsi delle differenze e lo scatenarsi sempre più convulso della violenza. Quando la festa non svolge la sua funzione catartica e ri-ordinatrice finisce per prendere una brutta piega ed invece che liberare dalla violenza la incentiva e la aumenta. La cecità moderna a proposito della festa, e del rito in genere, non fa che prolungare una certa evoluzione che è quella poi del momento religioso stesso (René Girard, "La Violenza e il Sacro"). È la condizione post-moderna, la crisi della modernità. Ma la modernità è già postmodernità, è già crisi, una crisi mai risolta che si autoperpetua e si espande, perché si riproduce insieme agli individui e alla loro frammentazione-alienazione. È la crisi dell’arte, la sua morte, cominciata con l’affermarsi della techne. Fino al delitto perfetto. "E se invece, il potere, come i demoni, fosse plurimo? Esso potrebbe allora dire: il mio nome è legione..." (Roland Barthes). La massificazione incontra la frammentazione; la tecnologia elettrica disperde il centro e favorisce il network. È una nuova forma di caos, la globalizzazione, che porta a termine il processo di annientamento dell’identità. Non più individui massificati, omologati, oppressi (apparentemente); via libera ai desideri, alle diversità, alle differenze. De-locazione, deterritorializzazione, transvalutazione, ri-teritorializzazione. C’è spazio per tutti e per tutto nel Villaggio Globale. Per i gusti estremi, la new-wave, le nuove tribù, il neo-primitivismo, la neo-psichedelia, il neo-punk, la modificazione corporea, la libertà sessuale, l’emancipazione della donna. Ma, soprattutto: benessere e progresso. Spettacolo, intrattenimento, telecomunicazioni, internet, viaggi spaziali, turismo sessuale, prostitute bambine, droghe sintetiche, psico-farmaci, suicidi collettivi, effetto serra, OGM, esperimenti chimerici, clonazione, life extension, allungamento del pene, restringimento vaginale, ricostruzione facciale, computer quantistici, nanotecnologia, bambini soldato,

bambini barboni, bambini assassini, bambini rapiti, bambini farmaco, bambini artificiali... sogno o son desto? MINORI, BOOM DEI LAVORATORI Sono 500.000 i bambini sfruttati, in gran parte italiani. Un vero baby-esercito di lavoratori illegali. Secondo le stime della CGIL, la quota del lavoro minorile in Italia è decisamente cresciuta. Il problema è da ricondurre al diffuso abbandono scolastico. SEMPRE PIU' BIMBI DIPENDENTI DAL WEB Sono tre milioni i bambini fra i 6 e i 13 anni che abitualmente navigano in internet. Il rischio, ammonisce il Presidente della Commissione Bicamerale per l'Infanzia, è quello della dipendenza. Il numero è destinato a raddoppiare nei prossimi anni. BIDELLO PEDOFILO Un bidello ultrasessantenne è stato arrestato per aver compiuto abusi sessuali nei confronti di un bambino. I genitori avevano notato un malessere che si manifestava con stati d'ansia, cambiamenti d'umore e soprattutto con strani discorsi di natura sessuale. Nella casa del pedo-bidello i carabinieri hanno sequestrato oggettistica sessuale varia, riviste con sesso cruento e manuali di psicologia infantile. BABY-GANG In sella alla bicicletta per potersi muovere rapidamente con il cappuccio delle felpe ben calzato per rendersi irriconoscibili e coltelli pronti all'uso. Lo stile ricorda quello in uso nel Bronx, in America, e nel Kent, in Inghilterra, dove è stata approvata una legge che divieta di entrare nei supermarket con il cappuccio della felpa in testa. INFANTICIDIO Tutto era pronto per il suo battesimo. Mirko, cinque mesi, avrebbe ricevuto il primo sacramento il 5 giugno. Con la chiesa di San Carlo tutto fatto, il ristorante per la festa con gli amici prenotato. Mamma Maria era andata a comprargli il vestito bianco per la cerimonia. Mirko invece è morto, in circostanze ancora avvolte dal mistero. Probabilmente annegato, mentre qualcuno, quasi sicuramente la madre, gli stava facendo il bagnetto, a casa. Secondo il racconto della mamma, Maria Patrizio, 29 anni, commessa in una panetteria, in congedo per maternità, alcuni sconosciuti, probabilmente dei ladri, sarebbero entrati in casa mentre lei accudiva il piccolo. L'avrebbero picchiata, trascinata via dal bambino che, rimasto solo, sarebbe scivolato nell'acqua. La mamma, secondo il racconto dei familiari, era poco distante, a terra, immobilizzata, legata mani e piedi. Gli inquirenti, pur con cautela, non escludono nulla: Mirko potrebbe essere morto per una disgrazia, ma non si esclude l'infanticidio. SCARCERATO PEDOFILO È tornato in libertà Gregorio Sommese: per la giustizia, l'uomo che aveva occultato il cadavere di Silvestro Delle Cave, ucciso da un gruppo di pedofili nel 1997, all'età di sette anni, nel Nolano, ha finito di scontare la sua pena e ha lasciato il carcere di Viterbo dov'era detenuto. Non la pensa così, però, la madre del bambino, Rosaria, che, nel commentare la notizia, a pochi giorni dal funerale dei resti del corpicino ritrovati in una valigia, non frena un moto di sconforto, affermando che l'uomo resta pienamente responsabile dell'orribile delitto di suo figlio sul piano morale: "Ringrazio i giudici di vero cuore per averlo scarcerato - ha detto la signora Delle Cave - non ho parole, non so che cosa dire. Sapevo che lo avrebbero scarcerato a luglio dell'anno prossimo". Poi ha aggiunto: "Faccio un appello alle mamme dei bambini. Da oggi c'è un pedofilo in più in giro". ABUSI SU MINORI ABORIGENI Inizia oggi davanti la Corte Suprema del Canada, la causa civile intentata da parte di un nativo per ricevere il pagamento dei danni ricevuti per anni di abusi sessuali ricevuti mentre frequentava il collegio della Port Alberni Residential School nella British Columbia. È la prima volta che una simile causa viene intentata contro la Chiesa presbiteriana che gestiva il collegio e contro il governo del Canada che aveva autorizzato tale gestione. La sentenza che ne scaturirà farà sicuramente giurisprudenza per le decine di casi simili attualmente in fase di dibattimento nei tribunali dei diversi livelli. I collegi nacquero prima della confederazione con l'esplicito intento di "cristianizzare" le popolazioni native. SPAGNA: 16 ARRESTATI PER TRAFFICO BAMBINI, C'E' ANCHE UN ITALIANO La polizia spagnola, al termine di un'inchiesta durata alcuni mesi, ha arrestato 16 persone in Spagna e Capo Verde - compreso un italiano e

uno spagnolo - per presunto traffico di minori destinati alla prostituzione e al traffico della droga in Francia. A destare i primi sospetti era stato l'alto numero di bambini che arrivavano di giovedì e venerdì all'aeroporto dell'isola di Gran Canaria su voli charter provenienti dal Gambia. I minori figuravano sui passaporti, vidimati dalle autorità di Capo Verde, delle presunte madri. Pedinando le donne, si è scoperto che le presunte madri erano sempre le stesse, mentre i bambini erano ogni volta diversi: da qui il sospetto che si trattasse di una tratta illegale. In tutto, sono transitati per le Canarie con questo sistema un totale di 179 minori, di cui solo 12 finora sono stati rintracciati e rimpatriati. Tra i 16 arrestati, un italiano e uno spagnolo, mentre gli altri sono tutti capoverdiani. 8 le donne, di cui una è un'ex poliziotta SUDAMERICA AUMENTA LA TRATTA Poco indagata rispetto che in altre aree del mondo, la tratta di persone - ed in particolar modo di donne e minori è fenomeno che suscita sempre maggiore preoccupazione nelle istituzioni e nella società civile della regione latina. Informazioni emerse da ricerche e dal lavoro sul campo hanno recentemente allertato i governi della regione sulla gravitá che sta progressivamente assumendo il fenomeno, da sempre presente nell’area latina. Secondo stime delle Nazioni Unite, attualmente coinvolgerebbe da 700.000 a 2 milioni di persone all’anno. Di questi, almeno 100.000, tra donne e minori, sarebbero trafficati a scopo di sfruttamento sessuale. GIAPPONE: IL PREOCCUPANTE FENOMENO DI INTERNET E DEI SUICIDI COLLETTIVI Allarme rosso per i suicidi collettivi organizzati in Giappone tramite internet. Nei primi tre mesi di quest'anno, i casi sono saliti a 20, con 54 morti, contro i 19 casi, e 55 morti, di tutto il 2004. Le forze dell'ordine hanno proclamato l' "emergenza nazionale" cercando di correre ai ripari: niente più anonimato sul Web. I gestori dei siti dovranno comunicare nome e indirizzo di quanti annunciano in rete l'intenzione di suicidarsi o tentanto di reclutare aspiranti suicidi. Le nuove misure sono state annunciate dalla commissione consultiva "Coordinamento per la Sicurezza Globale" che ha dichiarato il dovere della protezione della vita più importante del diritto alla privacy. Per la prima volta, dunque, le forze dell'ordine giapponesi scelgono la via dell'interventismo per combattere il dilagare del fenomeno che coinvolge soprattutto giovani. Il Giappone, paese in cui il tasso di suicidi giovanili è sempre stato particolarmente alto (chissà perché?), ha cominciato a fare i macabri conti con i suicidi di gruppo tramite Internet nel febbraio del 2003, quando due ragazzi di 24 anni e una ragazza di 22 si lasciarono asfissiare in una automobile nella prefettura di Saitama. È da allora che hanno cominciato a proliferare i siti per aspiranti suicidi. SOLUZIONE FINALE Con la globalizzazione crolla il Leviatano, il sistema di governo basato sul "mostro" statale: il mondo è governato da un'unica struttura di potere, seppur multiforme, che non presenta alcuna analogia significativa con lo Stato di origine europea (è la tesi di "Impero" di Negri e Hardt. considerata un paradigma). Big Brother si ri-organizza. Non fa più riferimento a tradizioni e valori etnico-nazionali, ma all'universalismo e al cosmopolitismo di illuministica memoria. È un progetto ecumenico, come quello della società massificata, ma aperto alla differenza. È un progetto imperialista senza centro: a incarnare il comando non è più una figura di culto, come il fuhrer; il potere si dissimula, si smaterializza, si apre ai molteplici flussi del desiderio (alienato). L'Impero sembra sfumare in una sorta di "categoria dello spirito": è, come Dio, presente in ogni luogo, poiché coincide con la nuova dimensione della globalità. La nuova "costituzione imperiale", come sostengono Hardt e Negri, non ha come obiettivo l'inclusione e l'assimilazione politico-territoriale dei paesi o dei popoli subordinati, com'era

tipico dell'imperialismo e del colonialismo statalistico fra Ottocento e Novecento. Il nuovo comando imperiale si esercita attraverso istituzioni politiche e apparati giuridici il cui obiettivo è essenzialmente la garanzia dell'ordine globale e cioè di una "enduring freedom", una pace stabile e universale che consenta il normale funzionamento dell'economia di mercato neo-liberista, con il supporto degli organismi mondiali e le corporations (un progetto niente male di figlioputtanismo globale, ndr). Hardt e Negri sono critici verso la filosofia no-global e ogni forma di localismo, che rifiutano come posizioni primitive e antidialettiche, e cioè, in sostanza, reazionarie. Esprimono scarsa simpatia persino nei confronti del cosiddetto "popolo di Seattle" e della rete di ONG (associazioni non governative) ad esso collegate (neanche loro sono tanto simpatici a dir la verità, ndr). Dicono che la globalizzazione non è solo un fenomeno negativo, ma che offre, in chiave neo-marxista, nuove possibilità di liberazione, perché dà sfogo alla poliversità della moltitudine. Sì, vabbè... Il limite del materialismo storico è che non si rivolge mai alla sfera del religioso, e, di conseguenza, a quella dell’arte. È un discorso sempre monco, in definitiva un discorso no global. Non li salva neanche il riferimento filosofico a Spinoza, al suo concetto di "multitudo", una molteplicità di singolarità in divenire - fatto proprio dalla globalizzazione - capace di farsi corpo, unita nell'agire comunitario. Che li porta ad esaltare la "potenza della moltitudine", il suo potere di "essere, amare, trasformare e creare", il suo desiderio di emancipazione. Ma quali singolarità creative. Hardt e Negri non considerano la morte dell’arte e i processi di alienazione globale. Che fanno della moltitudine una massa di porno-zombies, morti viventi assetati di sangue e sperma. I lavoratori cosiddetti immateriali sono dei lavoratori alienati quanto quelli materiali. Dato che non ci sono più i confini tra materiale e immateriale. Si tratta, dicono, di condurre la moltitudine al riconoscimento ontologico di ciò che è bene comune. Ma se non riconosciamo più cosa è vero e cosa no, non ci paliamo più, non ci vediamo più, non ci sentiamo più, perché stiamo sparendo. Più che un esodo antropologico, la globalizzazione produce un "sonno antropologico", come sosteneva già Foucault ne "Le Parole e Le Cose", essendo ben conscio del delitto perfetto e della morte del soggetto, ovvero la morte dell’uomo. Provano a riprendersi con il seguito di "Impero", "Guerra e Democrazia nell’Impero Globale", invitando alla guerra, guerra di informazione oltre ché di azione. Ma lo sapevamo già. Esaltano le tecnologie del networking sociale, ma continuano ad ignorare la morte dell’arte. In verità vi dico… Il teatro della crudeltà o mostra delle atrocità che ci propina la globalizzazione con la cronaca nera, la pornografia, gli spettacoli di morte, arte di massa par excellence, non è

che uno specchio delle brame che alimenta la spirale di una riproduzione infinita destinata a ritorcersi nello tsunami inarrestabile della "crudele realtà". Sono stati i futuristi a intuire quale sarebbe stato il futuro dell’arte: "La guerra è bella perché crea nuove architetture, come i grandi carri armati, le geometriche squadriglie aeree, le spirali di fumo che si elevano dai villaggi bruciati, crea nuove sinfonie, il fuoco dei fucili, le cannonate, i profumi e gli odori della decomposizione…" (citazione di Benjamin). Potrebbe essere la didascalia della famosa scena di "Apocalypse Now" in cui gli elicotteri in formazione si apprestano a sparare un po’ di napalm con in sottofondo la "Cavalcata delle Valchirie" di Wagner. La guerra, che esalta la tecnica, con le sue distruzioni, le sue opere d’arte, i suoi capolavori di morte (la bomba atomica), è la naturale evoluzione di una società fondata sul dissolvimento dell’identità, sulla violenza, sul caos, sull’indifferenziato. "La guerra imperialistica è una ribellione della tecnica, la quale recupera dal materiale umano le esigenze alle quali la società ha sottratto il loro materiale naturale" (Benjamin). La guerra è il trionfo della tecnica sull’uomo, è un’arte non a misura d’uomo, perché lo travalica, lo annienta, se non la si mette a servizio dell'homo religious. È alleata dell'anticristo e del satanismo della scienza. È arte satanica, alleata dell’uomo satanico. "Invece che incanalare fiumi, essa devia la fiumana umana nel letto delle trincee, invece che utilizzare gli aeroplani per spargere le sementi, essa li usa per seminare le bombe incendiarie sopra le città. Nell’uso bellico dei gas (vedi i forni crematori) ha trovato un mezzo per distruggere l’aura in modo nuovo" (Benjamin). È il compimento dell’arte per l’arte. "L’umanità che in Omero era uno spettacolo per gli Dei dell’Olimpo, ora lo è diventata per sé stessa. La sua estraniazione ha raggiunto un grado che le permette di vivere il proprio annientamento come un totale godimento estetico" (ibid.) L'11 settembre, spettacolo concepito e preordinato dal governo situazionista globale, come ha detto Stockhausen, è il più grande capolavoro, dopo la bomba atomica, mai realizzato dall'arte di massa, l'arte del dissolvimento, del delitto perfetto. "Io ti amo, io ti cerco, io ti voglio, rock'n'roll robot...."

Autodistruzione, performance o masochismo? - Tiziana Gemin Rave party - Wikipedia Primitivismo - Wikipedia Dadaismo - Wikipedia Surrealismo - Wikipedia

Futurismo - Wikipedia Zone Temporaneamente Autonome - Wikipedia NEGRI & Hardt, IMPERO Baruch Spinoza - Wikipedia La violenza e il sacro Psycho-killer Hostel Guerra e cinema RIVOLUZIONE SESSUALE: ORIGINI LA GUERRA DEI MONDI RAPPORTO PEDOFILIA SUICIDI VIA INTERNET 2.0 COSMOGENESIS 3 HOMMAGE A JEAN BEAUDRILLARD LA MOSTRA DELLE ATROCITA’ 2 STORIA DELLA MORTE DI DIO

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