Creazione Senza Dio

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IL LABORATORIO DI DIO Al Biologic Institute di Redmond, Washington si cercano le prove di una “Intelligenza aliena”. “È il primo laboratorio scientifico dedicato interamente alla ricerca del Disegno Intelligente”, dice George Weber, uno dei 4 direttori dell'istituto, “il nostro obiettivo è di sfidare la comunità scientifica sul naturalismo”. Weber è un ex professore di Business and Administration al Presbyterian Whitworth College di Spokane, Washington. Fa parte di Reasonstobelieve.org, una organizzazione cristiana che si oppone al darwinismo. Il principale obiettivo del “laboratorio di Dio” è: “mostrare che la prospettiva del disegno intelligente può condurre ad una scienza migliore”. Dietro c'è il Discovery Institute. Tra i leaders scientifici vi è Douglas Axe, impegnato a studiare la biologia molecolare in chiave anti-evoluzionista. Axe si è specializzato al Centre for Protein Engineering, un centro di ricerca di Cambridge, in Inghilterra, finanziato dal Medical Research Council, sotto la supervisione dello specialista Alan Fersht, della University of Cambridge. Nel 2000, Axe ha pubblicato uno studio sulle mutazioni delle proteine (“Extreme functional sensitivity to conservative amino acid changes on enzyme exteriors”, Journal of Molecular Biology, vol 301) dove riportava che l'induzione di mutazioni multiple in un enzima batterico causa la perdita della sua abilità a svolgere il ruolo di disabilitanteantibiotico. Tali mutazioni, dunque, compromettendo la possibilità di ogni funzionalità dell'enzima, non possono essere considerate secondo la teoria di Darwin, per cui le mutazioni avvengono secondo il caso e la necessità. William Dembski, filosofo e membro influente del Discovery Institute, cita lo studio di Axe come una delle evidenze del Disegno Intelligente (William Dembski, “Debating Design: From Darwin to DNA”, Cambridge University Press). Nel 2002, Fersht annunciò su Nature di essere riuscito a causare l'evoluzione funzionale di un enzima. Axe invece stava testando l'abilità delle mutazioni spontanee di produrre proteine con nuove strutture fondamentali. I risultati degli esperimenti di entrambi contraddicevano la teoria dell'evoluzione. Il successivo lavoro di Axe al Babraham Institute, sempre a Cambridge, e sempre finanziato dal Discovery Institute, portò, nel 2004, ad una nuova pubblicazione (“Estimating the prevalence of protein sequences adopting functional enzyme folds”, Journal of Molecular Biology, vol 341), in cui Axe calcolava la probabilità che una sequenza casuale di aminacidi risulti nella forma che una proteina necessita per funzionare come un enzima: la probabilità di creare una proteina funzionante risultava molto bassa. Secondo Stephen Meyer è la prova che “appellarsi al caso è assurdo, perfino garantendo la durata dell'intero universo” (Stephen Meyer, Proceedings of the Biological Society of Washington, vol 117). In seguito, Axe è entrato a far parte del Biologic Institute, firmando, nel settembre del 2005, assieme agli altri ricercatori dell'istituto, una petizione intitolata: “Affermazione di Dissenso contro la Teoria dell'Evoluzione di Darwin”. Secondo Axe, il progetto del Biologic Institute include: “l'esame dell'origine dei percorsi metabolici, l'evoluzione dell'ordine genetico nei batteri e l'evoluzione delle forme protiche”. Oltre alla biologia cellulare e proteica, l'istituto lavora anche ad un programma bio-informatico sviluppato da uno dei suoi ricercatori, Brendan Dixon,ex programmatore alla Microsoft. “Sul versante informatico”, dice Dixon, “stiamo cercando di mettere a punto un sistema per esplorare l'evoluzione di geni artificiali”. Nel 2001, Robert Pennock e colleghi della Michigan State University scrissero un programma che si comportava come un organismo auto-replicante

capace di mutare imprevedibilmente ed evolvere (vita artificiale, ndr). L'esperimento dimostrò come la selezione naturale e le mutazioni casuali creino organismi complessi. Fu un duro colpo per gli anti-evoluzionisti. È per questo che il Biologic Institute sta lavorando anche in questo campo, nella speranza di poter dimostrare con una simulazione al computer che la complessità non emerge solo da mutazioni casuali, ma da qualcosa di più, da una qualche forma, ancora misteriosa, di intelligenza. Panicked Evolutionists: The Stephen Meyer Controversy 15 settembre 2004 Intelligent Design Debate and the Rehabilitation of Analogical Knowledge 17 settembre 2004 Artificial Life Experiments Show How Complex Functions Can Evolve ScienceDaily 08 maggio 2003 Biologic Institute - Wikipedia Discovery Institute - Wikipedia Design Inference Website: The Writings of William A. Dembski CREAZIONE SENZA DIO “Nel 2003, i principali istituti creazionistici (statunitensi) hanno chiesto l'adesione a un appello contro la teoria dell'evoluzione darwiniana, raccogliendo a malapena un centinaio di firme, molte delle quali non propriamente qualificate sul piano biologico. Per risolvere la questione con un sorriso, il National Center for Science Education ha risposto alla sfida raccogliendo più di quattrocento firme a favore, ma con due clausole restrittive: i firmatari dovevano essere scienziati ufficialmente in attività e, in onore dell'evoluzionista Stephen J. Gould, dovevano anche chiamarsi Stephen!” (tratto da “Creazione senza Dio”, Telmo Pievani, Einaudi, 2006). La teoria darwiniana dell'evoluzione è il quadro teorico ineludibile entro il quale si inscrivono tutti gli studi della biologia contemporanea (che non a caso vengono definiti “neo-darwinisti”, ndr): la genetica, la biologia molecolare, la paleontologia, l'ecologia, la medicina, l'antropologia. Nulla di tutto ciò avrebbe alcun senso al di fuori della cornice concettuale evoluzionistica. Fin dai primi appunti - scritti negli anni trenta dell'Ottocento - a Charles Darwin fu chiaro che la sua era qualcosa di più che una teoria scientifica: era un “lungo ragionamento” che minava alla base la concezione provvidenzialistica del mondo, includendo definitivamente l'uomo entro le leggi di natura. Nei quasi due secoli che ci separano da allora, la teoria dell'evoluzione si è arricchita di innumerevoli fatti nuovi e di una incredibile quantità e varietà di prove sperimentali ed empiriche. Darwin, per molti versi, funziona ancora. L'idea di un'evoluzione biologica retta dal caso fu avanzata, molto tempo prima di Darwin, da Empedocle. Fu Aristotele ad opporsi con la sua teleologia (lo studio - logos - del fine - telos), secondo cui “l'uomo ha gli occhi per poter vedere”. “La natura adatta l'organo alla funzione, non la funzione all'organo” (De partib.). Solo con l'avvento del Darwinismo, per l'appunto, si è affermata l'idea che le specie si sviluppano per selezione naturale. Mentre alcune filosofie “afinalistiche”, come quelle di Emerson e Nietzsche, hanno sostenuto l'assenza di fini ultimi nell'universo, esaltando l'individualismo e il libero spirito (a cui si è aggiunto nel 2005 il “Trattato di Ateologia” di Michel Onfray), secondo il “principio antropico forte”, le probabilità di questo mondo di rivelarsi adatto alla

sopravvivenza e allo sviluppo di forme di vita intelligenti erano in principio così scarse che si deve per forza ritenere che il mondo sia il risultato di un “progetto” di un qualche Dio (ipotesi deista). Di certo, l'indagine darwiniana ha costituito una delle “morti di Dio” più clamorose, un colpo letale inferto alla visione incantata del mondo, e in particolare alla metafisica creazionista, che ha sempre cercato di screditare la teoria evoluzionista. Oggi, il dibattito sul finalismo è tornato di stretta attualità. Sebbene l'evoluzionismo darwinista non preveda uno scopo, se non quello della sopravvivenza e dell'adattamento, raggiunto attraverso mutazioni casuali progressive, la selezione naturale scoperta da Darwin non appare più oggi come il solo motore dell'evoluzione. I neo-creazionisti, in particolare, sostengono la teoria del Disegno Intelligente, cioè di una intelligenza nascosta tra la complessità dei processi evolutivi, che non implica necessariamente l'esistenza di uno o più “Disegnatori”, o di realtà trascendenti, ma che non le esclude a priori. Proprio di fronte all'offensiva creazionista, che nega validità al naturalismo evoluzionista sia in filosofia sia nelle scienze naturali, nel saggio “Creazione senza Dio”, Pievani propone una rapida e pungente analisi degli argomenti contro il finalismo, in un serrato susseguirsi di argomentazioni, da Hume a Darwin, dall'aristotelismo scolastico al neo-creazionismo “intelligente” targato Stati Uniti che più ha scosso le coscienze negli ultimi anni.

Neo-creationism - Wikipedia IL PROCESSO DELLE SCIMMIE Nel 1925, a Daytona, nel Tennessee, fondamentalisti cristiani denunciarono l'insegnante di biologia John Scopes per aver insegnato l'evoluzionismo. Il “processo delle scimmie” si concluse con la condanna dell'imputato. Il dibattito sull'argomento si è concluso però solo decenni dopo, con una sentenza della Corte Suprema del 1987, che, dopo la promulgazione in Arkansas e Louisiana di leggi sulla par condicio tra la teoria biologica darwinista e quella che risalirebbe secondo i fondamentalisti alla Bibbia, ha stabilito: “cercare di promuovere un creazionismo di tipo religioso o di proibire l'insegnamento di una teoria scientifica sgradita a certe sette religiose viola il Primo Emendamento della costituzione USA”. La delibera ha chiuso un fronte, ma i creazionisti ne hanno aperti altri. In particolare, dando spazio a presunte prove scientifiche anti-evoluzioniste, e alla teoria pseudo-scientifica del progetto intelligente. Anche questa volta le pretese fondamentaliste sono state messe a tacere da un tribunale: quello di Dover, in Pennsylvania, che alla vigilia di Natale del 2005 ha stabilito ancora una volta che “il progetto intelligente è una particolare forma di cristianesimo”, e non può dunque pretendere di essere insegnato nelle scuole alla pari dell'evoluzionismo. Il movimento per il disegno intelligente è in gran parte il risultato degli sforzi del Discovery Institute, e del suo Center for Science and Culture. La “strategia del cuneo” del Discovery Institute e la sua aggiunta, la campagna “Teach the Controversy” (“Insegna la Controversia”), sono campagne intese a sponsorizzare le idee del disegno intelligente presso l'opinione pubblica e i politici. Esiste d'altronde una larga fetta di opinione pubblica secondo cui il darwinismo sarebbe in fondo anch'esso una religione, che promuove il secolarismo e il materialismo nel tentativo di eliminare la religione dalla vita pubblica, e

vede l'opera di promozione del disegno intelligente come un modo per riportare la religione ad un ruolo centrale nel campo dell'istruzione e di altre sfere pubbliche.

Scopes Trial - Wikipedia Teach the Controversy - Wikipedia LA RIVOLUZIONE DI DIO La posizione ufficiale della Chiesa nei riguardi della teoria dell'evoluzione è stata chiarita durante il discorso di Papa Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia delle Scienze del 22 ottobre 1996 e da un discorso successivo dell'allora Cardinale Ratzinger a Monaco di Baviera: è definita come una teoria, cioè una costruzione “metascientifica”, quindi precaria come una qualunque altra teoria scientifica. La Chiesa respinge ogni riduzione puramente materialistica perché è incompatibile con la verità cristiana secondo cui l'uomo è immagine e figlio di Dio (un'altra teoria, ndr), ma si dice aperta al dialogo con la comunità scientifica. Ratzinger afferma: “La dottrina dell'evoluzione è per certo un’ipotesi importante, che però presenta decisamente molti problemi, i quali necessitano ancora di un’ampia discussione”. La Chiesa, dunque, pur accettando l'ipotesi evoluzionista, è fermamente “creazionista”, in quanto basa la sua fede sul libro della Genesi (le diverse interpretazioni più o meno letterali della Bibbia hanno dato vita a vari movimenti cristiani ortodossi e fondamentalisti, ndr): l'origine dell'umanità, della vita, della Terra e dell'intero universo è opera dell'intervento soprannaturale di una divinità; tale intervento può essere sia un atto di creazione dal nulla (ex nihilo) o il porre ordine in un caos primordiale (demiurgia). Molti dei sostenitori della visione creazionista considerano comunque compatibile il credo religioso con una visione scientifica; altri sostengono che il metodo scientifico può provare l'ipotesi creazionista (come nel caso del Disegno Intelligente); quelli che invece si rifanno ad un'interpretazione più letterale del creazionismo, sostenendo che scienza e razionalismo empirico sono incompatibili con il credo religioso, contestano i modelli comunemente accettati dalla comunità scientifica mondiale che spiegano l'origine della vita, l'origine della specie umana, la formazione del Sistema Solare e dell'universo. Tra le eccezioni, vi è quella del gesuita Pierre Teilhard de Chardin, che ha tentato di conciliare la teoria evoluzionistica con la spiritualità cristiana, approdando ad un'unica visione del divenire cosmico. In generale, il creazionismo religioso non soddisfa il criterio del rasoio di Occam (la spiegazione più semplice è più probabile che sia vera), né il paradigma della falsificabilità (una teoria, per essere controllabile, e perciò scientifica, deve essere falsificabile), per cui non può essere considerato una teoria scientifica. Pope prepares to embrace theory of intelligent design 28 agosto 2006

No all'intelligent design: inconciliabile anche per il Vaticano 13 marzo 2009 Occam's razor - Wikipedia ANTI-EVOLUZIONISMO Tra gli anti-evoluzionisti, lo scienziato, archeologo e scrittore Michael A. Cremo, insieme al collega Richard L. Thompson, nel libro “Forbidden Archeology” (1993), sostiene di avere raccolto numerose prove (in forma di scheletri, impronte e manufatti umani) del fatto che esseri umani esattamente come noi (e non ominidi o scimmie) abitavano il pianeta già diversi milioni di anni fa, smentendo così una parte della teoria darwiniana secondo cui l'uomo deriva dalla scimmia. C'è anche chi, come Giuseppe Sermonti, sostiene perfino che le scimmie derivino dall'uomo e non viceversa (devoluzionismo). In realtà, l'involuzione, lo sviluppo di forme più semplici di vita a partire da forme più complesse, è un fenomeno conosciuto, come ad esempio nel caso del parassitismo. I pareri discordanti rispetto l'Homo floresiensis (l'Uomo di Flores) hanno aperto un dibattito proprio su questo tema. Phillip E. Johnson, considerato il padre del “movimento per il disegno intelligente”, cita come per Karl Popper la teoria darwiniana non fosse in realtà una teoria scientifica e come il meccanismo evolutivo proposto dal neodarwinismo - il darwinismo integrato con i progressi della genetica e della biologia molecolare - sia proposto in realtà come una Tautologia - un'affermazione vera per definizione, priva di valore informativo - per cui qualsiasi riscontro sperimentale può essere fatto rientrare nella teoria stessa. Anche il celebre fisico italiano Antonino Zichichi ha mosso una forte critica contro l'Evoluzionismo, partendo dalla sua solida fede cattolica e sviluppando alcune argomentazioni di tipo scientifico. Nel suo libro “Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo” (1999), afferma che non esiste ancora, e mai esisterà, un'equazione che permetta di comprendere scientificamente l'evoluzione umana, e che l'unica, vera evoluzione, è quella intellettuale, che non riguarda i corpi biologici, ma gli intelletti psichici, il punto differenziale rispetto alle scimmie. In assenza dell'anello mancante, rimane solamente il credere o no a un dio creatore. D'accordo con Zichichi è anche Monsignor Marcelo Sanchez, cancelliere della pontificia università della scienza. “La scienza si occupa delle cose osservabili nel tempo e nello spazio e può dimostrare svariati fenomeni, ma per l'origine della vita

non abbiamo esperimenti: nessuno ha mostrato il passaggio dal non essere all'essere. Sappiamo - continua Sanchez - che si può ottenere vita solo partendo dalla vita ma non abbiamo idea di come fa ad apparire l'esistenza”.

Forbidden Archeology Phillip E. Johnson - Wikipedia

Antievoluzionismo - Wikipedia IL DISEGNO INTELLIGENTE Il creazionismo scientifico, evolutivo, o neo-creazionismo, o postdarwinismo, sposa la teoria del Disegno Intelligente, secondo cui, l'irriducibilità degli organismi complessi presenti in natura, come anche l'uomo, fa ritenere più probabile l'esistenza di una intelligenza che opera nei processi evolutivi piuttosto che una casualità finalizzata alla selezione naturale. Lo stesso Darwin, riflettendo sui processi che avrebbero generato l'occhio umano, si interrogò sulla possibilità di un disegno intelligente (lo stesso concetto di selezione naturale ammette una qualche intelligenza insita nella natura, ndr). I sostenitori del disegno intelligente cercano prove di ciò che chiamano “segni di intelligenza”, cioè proprietà fisiche che necessitino di “progettazione”. Un po' come Cartesio che cercava la prova dell'anima nella ghiandola pineale. Ma che non ha mai trovato. William Dembski, in “Signs of Intelligence”, sostiene che: “I propositori del disegno intelligente, lo considerano come un programma di ricerca scientifica che investiga gli effetti di cause intelligenti”. Una sorta di “supernaturalismo metodologico” che crede in un “Dio o una forza vitale aliena”, come dice lo stesso Dembski in “The Design Interference”, indagabile scientificamente. Queste argomentazioni non fanno alcun riferimento alla Bibbia o ad alcuna religione, ma sono talmente generiche da essere compatibili con ipotesi non teiste (che non identificano alcun Dio col “disegnatore”), come per esempio l'introduzione della vita sulla Terra da parte di alieni (come predicato dal movimento Raeliano), o l'ipotesi della panspermia (i semi della vita giunti da altri pianeti). L'astronomo Guillermo Gonzales, insieme ad un altro noto sostenitore del disegno intelligente, Jay Richard, ha scritto sull'argomento il libro “The Privileged Planet”, in cui argomenta che la posizione della Terra nella Galassia e le sue caratteristiche sarebbero singolarmente correlate per consentire sia la nascita e lo sviluppo della vita intelligente sia per favorire la ricerca scientifica e l'esplorazione (posizione antropica). Non escludendo l'azione teleologica (volta ad un finalismo) da parte di entità soprannaturali, la teoria del Disegno Intelligente è compatibile anche con posizioni teistiche, che riconoscono Dio come l'artefice del disegno, anche se poi magari non concordano su tutti gli attributi di Dio (come nel caso del teismo aperto o della teologia di processo). Il Catechismo della Chiesa Cattolica, seguendo la tradizione tomista e il dogma definito dogmaticamente dal primo concilio vaticano, rimane legato alla Scolastica, affermando

che: “È dottrina della Chiesa Cattolica Romana che l'esistenza di Dio sia stata dimostrata razionalmente”. Viene spesso citata l'affermazione di Paolo di Tarso verso i pagani: «Le sue invisibili perfezioni, fin dalla creazione del mondo, appariscono chiare, se ben considerate, dalle opere sue, sia la sua eterna potenza, sia la divinità, cosicché essi sono inscusabili». I “presupposizionalisti”, un'altra scuola di pensiero apologetica emersa alla fine degli anni 1920, fondata da Cornelius Van Til, sostengono invece l'argomentazione trascendentale dell'esistenza di Dio, e cioè che l'esistenza di Dio è condizione necessaria della intelleggibilità umana. Siamo sempre, comunque, nel campo delle teorie e delle speculazioni. Dato che prove concrete dell'esistenza di un qualche Dio nessuno ha mai potuto portarle. I “fideisti”, a questo proposito, fanno notare che la fede cristiana insegna la salvezza tramite il “mistero della fede”, e che la fede ha poco a che fare con la capacità del credente di comprendere ciò in cui crede. In altre parole, se la teologia cristiana è vera, allora l'esistenza di Dio non potrà mai essere dimostrata, né con mezzi empirici, né con argomentazioni filosofiche. Il fideismo sostiene che la fede è la volontà di credere, e che se l'esistenza di Dio fosse dimostrabile razionalmente o scientificamente, il mistero della fede crollerebbe. Rispetto al Disegno Intelligente, il cardinale Camillo Ruini ha affermato che la Chiesa non può pronunciarsi sulla fondatezza scientifica di tali posizioni. Il cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn, in un editoriale sul New York Times del 7.7.2005 dal titolo “Scoprire il progetto nella natura”, che ha avuto un'enorme eco, ha scritto: “La Chiesa Cattolica, mentre lascia alla scienza molti dettagli circa la storia della vita sulla terra, proclama che con la luce della ragione l'intelletto umano può chiaramente discernere uno scopo e un progetto nel mondo naturale e negli esseri viventi. Potrebbe essere fondata un'evoluzione intesa come discendenza comune; ma non un'evoluzione concepita in senso neodarwiniano, come processo non guidato, che non risponde a un progetto, ed è mossa soltanto dalla selezione naturale e dalle variazioni casuali. Ogni sistema di pensiero che neghi o cerchi di rifiutare l'imponente evidenza di progetto in biologia è ideologia non scienza [...] Ora all'inizio del 21° secolo, in contrapposizione a posizioni scientifiche come il neo-darwinismo e l'ipotesi del multiverso in cosmologia inventato per evitare la sovrabbondante evidenza di scopo e progetto che si trova nella scienza moderna, la Chiesa Cattolica difenderà di nuovo la ragione umana proclamando che il progetto immanente che è evidente nella natura è reale. Teorie scientifiche che cercano di negare l'evidenza di progetto come il risultato di caso e necessità non sono per niente scientifiche, ma, come affermato da Giovanni Paolo, un'abdicazione dell'intelligenza umana”. La sovrabbondante evidenza di scopo e di un reale progetto nel mondo e la piena razionalità del suo riconoscimento sono state affermate dallo stesso Papa Benedetto XVI nell’Udienza generale del 9 novembre 2005 commentando un'omelia di san Basilio: “Il Signore con la Sacra Scrittura risveglia la ragione che dorme e ci dice: all'inizio è la Parola creatrice”. Leading Cardinal Redefines Church's View on Evolution New York Times 09 luglio 2005 The Vatican on Intelligent Design TIME 19 gennaio 2006 The Privileged Planet Theism - Wikipedia Fideismo - Wikipedia

Cornelius Van Til - Wikipedia Panspermia - Wikipedia FIGLI DELLE STELLE 4 L'INIZIO DI TUTTE LE COSE Dopo aver narrato la storia millenaria delle tre grandi religioni monoteistiche, anche il noto teologo Hans Küng, nel suo ultimo libro - “L'Inizio di Tutte le Cose” (Rizzoli, 2006) - ha voluto dire la sua sul tema sempre attuale del rapporto tra scienza e fede, prendendo a pretesto la polemica tra creazionismo ed evoluzionismo. La sua sintesi ripercorre secoli di storia del pensiero scientifico - da Copernico a Galilei, da Albert Einstein a Stephen Hawking - per approdare infine a una conclusione per certi versi innovativa: secondo Küng, il “sì a Dio” può rendere possibile una fede illuminata e una razionalità radicale profondamente diversa da quel razionalismo ideologico i cui limiti sono evidenti agli occhi della stessa comunità scientifica. L'approdo, per il teologo Küng, è che la fede nel Creatore è un punto “da cui sollevare il mondo”: chi ha fede non ha risposte a tutto, ma, come Archimede, dispone di una leva grazie alla quale muovere dalle domande sulla natura delle cose e sulla realtà che ci circonda, per giungere a interrogarci, come Kant, sulle questioni fondamentali che investono il senso ultimo del nostro essere nel mondo. Secondo Küng, la teoria darwiniana dell'evoluzione, rendendo superfluo, fino a negarlo, un principio finalistico nella natura, appare come una ideologia materialista spacciata per scienza, che sfocia addirittura nell'irrazionale, dimostrando qualcosa che non esiste (lo spauracchio della pura casualità). Küng, invece, rivendica la realtà e la razionalità della teleologia, che è stata esclusa “irrazionalmente” dalla spiegazione in quanto ipotesi superflua e scorretta su basi fondamentalmente ideologiche, “Dio non fa le cose, ma fa in modo che si facciano”, diceva Teilhard de Chardin. Nell'evoluzione si possono ritrovare eventi contingenti ed eventi determinati da cause precise e prevedibili. Diverso è il darwinismo come visione totalizzante che vuole spiegare ogni espressione della vita, spirituale, morale e sociale, in termini puramente naturalisticimaterialistici.

Hans Küng - Wikipedia DIO E DARWIN «Su, venite, e discutiamo, dice il Signore» (Isaia). Il filosofo della scienza Orlando Franceschelli, nel suo saggio “Dio e Darwin” (Natura e Uomo tra Evoluzione e Creazione, Donzelli editore) definisce i fautori della teoria del Disegno Intelligente “teisti evoluzionisti”, poiché in accordo, pseudo-scientificamente, con quanto affermato da Papa Ratzinger nell'omelia di inizio del pontificato: “L'uomo non può essere considerato un prodotto - casuale e senza senso - dell'evoluzione. Perché è voluto e amato da Dio”. Lo studioso chiama in causa il sommo Platone, dalla cui ipotesi di un Demiurgo celeste discende, attraverso i Padri della Chiesa Agostino e Tommaso, fino a dopo Newton, l'argomento del Disegno Divino, del Progetto Trascendente, di un Principio

(mente, volontà o amore) extramondano cui si deve l'esistenza del mondo. Per quanto riguarda invece il darwinismo, per Franceschelli esso svolge un ruolo «che è quasi più importante per i credenti che per i non credenti». Poiché, «se è vero che l'evoluzione è il processo attraverso il quale si realizza la promessa di Dio, dobbiamo immaginare un Deus Creator et Evolutor, cioè un Dio che, per amore, decide di creare, contraendo la propria presenza e la propria potenza. Fino a concedere alla sua stessa creazione l'autonomia evolutiva, segnata persino dalla pura casualità». Ne viene fuori un Dio che risulta «il più laico e il meno riconducibile a idolo». Questo vuol dire, per Franceschelli, «ripensare l'antropologia su basi evolutive, senza smarrire la consapevolezza delle vere e proprie ferite senza redenzione, di fronte alle quali ci mette un'evoluzione senza creatore». Nel tentativo di giungere ad un riavvicinamento tra Dio e Darwin, Franceschelli chiede all’evoluzionismo di dar ragione del fatto che il mondo comunque è; alla teologia di riscriversi partendo dalla consapevolezza che l'ipotesi evoluzionistica comunque regge. Il nodo stringente e irresolubile che lega Dio e Darwin, per Franceschelli è nel legame tra il mysterium iniquitatis, che il credente può accogliere alla luce della fede, e il Mistero della fede, che il laico deve poter comprendere come profonda esperienza umana e religiosa. L'auspicio è di un riconoscimento reciproco, sia delle competenze, sia dei linguaggi, tra scienza, filosofia e religione.

"Dio e Darwin" ETICA SENZA DIO Può esserci un' "etica senza Dio?". Al contrario di Küng, sulla base di testi filosofici comparsi nel mondo occidentale dal XVII secolo ai nostri giorni, il professore di Filosofia Morale presso La Sapienza di Roma, Eugenio Lecaldano, sostiene, in un breve volume (“Un' Etica senza Dio”, Laterza, 2006), che soltanto omettendo l'idea della presenza e dell'azione divina nella vita dell’uomo può questi avere una morale (a contrario di Kant, che sosteneva esattamente l'opposto). Muovendosi dalle opere di Hume, Kant, Mill, Lecaldano ci vorrebbe far credere che già tre, quattro secoli addietro, l'attività di pensiero era giunta a stabilire che la religione è un impedimento, giacché vieta all'uomo di guardare oltre i confini di essa, limita ad una visione unica, non gli permette di svilupparsi, di accogliere il nuovo. Per Lecaldano, l'etica è propria della formazione umana, scaturita dalle prime emozioni, quando si è sofferto per un dolore, gioito per un piacere, quando si è imparato a piangere, a ridere, a sapere cosa significa essere buoni, cattivi, quanto serve per essere giusti, quanto vale essere veri, che vuol dire sentirsi in colpa, cosa intendere per bene e cosa per male. Insieme all'uomo si è evoluta, modificata come la sua vita, vissuta con lui, diventata la sua legge. "Non solo non è vero che senza Dio non può darsi l'etica, ma anzi è solo mettendo da parte Dio che si può veramente avere una vita morale». Dell’uomo è l'etica, non di Dio; della vita, non della religione, sembra voler dire Lecaldano, in una prospettiva ateistica, materialista-storica, super-umanistica. Secondo Lecaldano, gli errori

in cui cadono coloro che sostengono che Dio è necessario per l'etica (come Kant, ad esempio, ndr) sono soprattutto di tre tipi: essere sicuri che Dio esiste; concepire un’etica che, rifacendosi a un'entità sovrannaturale, è priva di autonomia; ritenere che l'esistenza di Dio sia compatibile con l'esistenza del male. Sull’esistenza di Dio, l'autore si rifà ai classici argomenti di Hume e Kant, non dimenticando di ricordare che «un’etica che trova il suo fondamento in un Dio inteso come causa prima o Autore della Natura non può essere universale perché escluderebbe gli atei, mentre è evidente che se l'etica deve essere una risposta alla comune umanità di tutti noi non deve escludere nessuno». Il secondo errore è confutato sottolineando che «chi arriva all’etica attraverso il comando divino finisce con il ridurre la moralità a qualcosa di simile alle regole di un'etichetta», mentre «il suo vero fondamento risiede nel carattere autonomo della scelta di un individuo di evitare quelle condotte che producono danni o sofferenze agli altri suoi simili». Per quanto riguarda il problema del male, da sempre (fin dal primo “ateo” noto come tale, Diagora), è il principale argomento usato per motivare la negazione di Dio: «La capacità degli esseri umani di farsi guidare da distinzioni tra bene e male, giusto e ingiusto, virtuoso e vizioso è radicata nella loro natura biologica. Se così è, allora l'etica non è altro che una pratica volta a risolvere le questioni di interazione privata e pubblica tra gli uomini e su questa terra […] Per il non credente, il premio per la sua condotta morale deriverà principalmente dalla consapevolezza di aver fatto ciò che è bene, giusto e doveroso». Il punto centrale della tesi di Lecaldano è, nelle sue stesse parole: «Solo colui che è agnostico o ateo può effettivamente porre al centro della sua esistenza le richieste dell'etica, e solo colui che è senza Dio può attribuire alla morale tutta la portata e la forza che essa deve avere sia nelle scelte che riguardano la sua propria esistenza, sia un quelle che riguardano l'esistenza altrui. […] L'ateismo è la cornice intellettuale più favorevole all’affermarsi di una moralità».

Lecaldano Eugenio, Un'etica senza Dio LA PROVA MATEMATICA DELL'ESISTENZA DI DIO “Grazie a Dio sono ateo” (Luis Buñuel) Nel 1077, il monaco benedettino Anselmo di Canterbury, noto come Sant'Anselmo d'Aosta, scrisse il “Proslogion” (colloquio), nel quale, per la prima volta, viene avanzata una dimostrazione “a priori” dell'esistenza di Dio. Nel precedente “Monologion” (soliloquio), Anselmo aveva proposto alcune argomentazioni “a posteriori”, condotte a partire dall’esperienza; in quello che invece diventerà noto come “argomento ontologico”, invece, tutto si basa sul semplice ragionamento. Contro l'idea dell'esistenza di Dio, invece, gli argomenti filosofici più convincenti restano lo scetticismo di Hume (“tutto ciò che concepiamo come esistente, lo possiamo anche concepire come non esistente”) e la “rasoiata” di Occam, non a caso posti a fondamenta di tutta la scienza empirica. Hume, che rispetto al bisogno religioso, appartenente alla sfera dell''irrazionale, predicava

un “prudente agnosticismo”, liquidò l'analogia deistica secondo cui Dio è come un architetto, definendola icasticamente come “sotterfugio venato di antropomorfismo” (“Dialoghi sulla Religione Naturale”). Riguardo l' “argomentazione cosmologica” dell'esistenza di Dio (“è nato prima l'uovo o la gallina?”), secondo cui l'Universo deve per forza avere un creatore (la “causa prima”), gli scettici dicono che Dio a sua volta avrebbe dovuto essere stato creato da un altro dio, e così via. I credenti rispondono che Dio esiste al di fuori del tempo e dello spazio, e non necessita di una causa (Rich Deem, “The Extradimensional Nature of God”). L'argomentazione ateista della non esistenza di Dio è stata affrontata da Jean-Paul Sartre nel suo celebre “L'Essere e il Nulla”. Secondo Sartre, Dio sarebbe “pour-soi” (per sé) ma anche “en-soi” (in sé), che è una contraddizione in termini. In generale, per l'ateismo non esistono nè prove nè ragioni sufficienti o necessarie, anche solo dal punto di vista logico, per credere nell'esistenza di un Dio. Per il teismo, al contrario, esistono ragioni sufficienti per credere nell'esistenza di Dio o delle divinità. Per l'agnosticismo, invece, non è possibile una risposta certa e assoluta al problema dell'esistenza di Dio. Dopo secoli di discussioni, che hanno coinvolto luminari come Gaunilone, Tommaso, Duns Scoto, Descartes, Leibniz, Kant, Hegel, si è cimentato con il problema anche il famoso logico e matematico Kurt Gödel, che ha provocatoriamente asserito “La Prova Matematica dell'Esistenza di Dio”, cercando di dimostrarla nell'omonimo libello del 1941. Gödel dichiarava di essere um Battista Luterano, pur senza appartenere ad alcuna congregazione. “Il mio credo è teista e non panteista, nel solco di Leibniz più che di Spinoza”, diceva.

Sintesi del "Proslogion" di Anselmo Hume's fork - Wikipedia The Extradimensional Nature of God Existence of God - Wikipedia Gödel's ontological proof - Wikipedia Un altro grande scienziato, Albert Einstein, è noto, tra le altre cose, per la frase “Dio non gioca a dadi”, nella quale si può leggere una fede neo-creazionista, nel senso che sembra postulare sia l'esistenza di un Dio, sia quella di un Disegno Intelligente. Einstein ha sempre affermato di essere profondamente religioso. La sua era una religiosità “cosmica”. Colpito dalla bellezza che si irradia dall'universo, dalla sua armonia, dalla sua struttura, utilizzò spesso la parola Dio, talvolta facendo riferimento a una divina ragione, spirito o intelligenza, immanente, convinto che nella fisica dell'universo si trovasse il principio creatore. Einstein era un panteista. Credeva, in modo simile a Spinoza (“Deus sive natura”), in un “universo-Dio” che si auto-regola secondo leggi determinabili.

Contribuì a scoprirne alcune, e a rivoluzionare la fisica moderna. Ma l'equazione in grado di spiegare il suo Kosmokrator è ancora nascosta in qualche buco nero interdimensionale.

Did Albert Einstein Believe in a Personal God? Baruch Spinoza - Wikipedia L'ARGOMENTO TELEOLOGICO Per circa un millennio, i filosofi hanno sostenuto che la complessità del “disegno” della natura, che opera per scopi complicati, indica l'esistenza di un progettista/creatore sovrannaturale: questo è noto come l' “argomento teleologico” dell'esistenza di Dio. Le forme più importanti di questa argomentazione furono espresse da Tommaso d'Aquino nella sua “Summa Theologica” (XIII secolo), in cui il “progetto” era l'ultima delle cinque prove dell'esistenza di Dio, e da William Paley nel suo libro “Natural Theology” (XIX secolo) dove compare l'analogia dell'orologiaio. Il concetto moderno di disegno intelligente si distingue dall'argomento teologico in quanto non identifica l'agente della creazione, ma si interessa più agli effetti della sua azione. In realtà, quella dell'argomento teologico è una questione irrisolvibile, in quanto si rivolge ad una realtà “noumenica”, al di là dell'apparenza, inconoscibile e indescrivibile attraverso i sensi e la ragione, che non potrà mai essere provata scientificamente. L'esistenza di Dio è destinata a rimanere un'ipotesi, un'idea, una teoria, a cui ci si può avvicinare solo attraverso la fede, attraverso un sentire metafisico, irrazionale, trascendentale. I concetti metafisici di anima, cosmo, dio, girano a vuoto, diceva Kant: poiché non hanno fondamento nell'esperienza, danno luogo ad antinomie irrisolvibili. Solo attraverso il criticismo, attraverso la ragion pratica e non la ragion pura, secondo Kant, si può giungere, se non alla conoscenza di Dio, a postularne l'esistenza. “Che lo spirito umano rinunci un giorno ad ogni ricerca metafisica è così poco da attendersi come che, per non respirare sempre un'aria impura, noi preferissimo un giorno di astenerci affatto dal respirare. La metafisica vivrà quindi sempre nel mondo, anzi meglio, vivrà sempre in ogni uomo, specialmente in ogni uomo capace di riflettere: ciascuno in mancanza di un criterio comune se ne costituirà uno alla sua maniera. Dal momento che non vi è altro mezzo di dare soddisfazione a questo urgente bisogno, che è qualcosa di ben più profondo che un semplice desiderio di sapere” (Immanuel Kant, “Prolegomeni ad ogni Metafisica Futura”). Kant attribuisce alla metafisica una natura paradossale: essa rappresenta, per la ragione umana, una “necessità impossibile”. Necessaria, in quanto mossa da un bisogno di trascendenza connaturato all'uomo; impossibile, perché sfugge alla prova dei sensi. La metafisica esiste, ma non c'è: questo costituisce il grande “problema metafisico” con cui tutti i filosofi devono confrontarsi. Kant arriva a proporre una soluzione a questo problema: occorre rinunciare alla pretesa di conoscere razionalmente l'intelligibile, attraverso la “ragion pura”, e intraprendere un percorso analitico differente: quello della “ragion pratica”. Solo attraverso un uso pratico, il “non-sapere” metafisico (l'impossibilità di conoscere Dio e altri valori

assoluti come l'immortalità o la libertà) potrà essere messo al servizio della ragione umana, con la possibilità di un impegno effettivo dell'uomo nel campo morale e etico. “Ora è nostro dovere promuovere il sommo bene, e quindi noi non siamo solo autorizzati a presupporre la possibilità di tale bene sommo, dobbiamo presupporla, in quanto si tratta di un bisogno, nel senso di una necessità legata col dovere; e poiché ciò ha luogo solo a condizione dell'esistenza di Dio, lega indisgiungibilmente il presupposto di questo con il dovere, ossia è moralmente necessario assumere l'esistenza di Dio” (“Critica della Ragion Pratica”). Dato che siamo impossibilitati a conoscere il soprasensibile, in quanto possiamo solo immaginarlo, siamo costretti a postulare l'esistenza di Dio se vogliamo rivolgerci al “sommo bene”. Comunque, dobbiamo sempre fare i conti con una qualche speculazione metafisica. Dobbiamo sempre misurarci con l'infinito, di fronte alla nostra finitezza e all'angoscia esistenziale che ne deriva. E dunque, il primato della ragion pratica dovrà per forza attingere al piano cognitivo della convinzione soggettiva, e cioè della fede personale, che si appoggia su strutture trascendentali. Kant ha buon gioco nel descrivere lo sgomento che dovrebbe colpire l'uomo retto, se davanti ai suoi occhi si aprisse improvvisamente lo spettacolo terribile del «baratro del caos senza scopo della materia», nel quale tutte le vite saranno inghiottite e tutte le differenze annullate in un'unica notte: la differenza tra l'uomo e gli altri animali, tra l'onesto e il criminale, tra il bene e il male. Questo baratro è ben altra cosa dall'«oceano», del mare aperto in cui la ragione umana si avventura affascinata dalla possibilità di nuove scoperte (e in cui spesso naufraga): questo baratro è un "assentarsi del senso", uno spengersi del faro metafisico, che getta l'uomo alla deriva nel nichilismo e nell'angoscia esistenziale. L'impossibilità di giungere alla certezza dell'esistenza di Dio e dell'immortalità al di fuori di una pura fede morale, non solo giustifica l'impegno dell'uomo nel mondo, ma fa anche emergere la libertà come l'unico «fatto» della metafisica: nella ragion pratica, la metafisica diventa concreta e i limiti del sapere sono il correlato indispensabile della dignità umana.

Teleological argument - Wikipedia LA SECONDA NAVIGAZIONE Il sommo Platone riuscì a scoprire la vera causa delle cose solo dopo la “seconda navigazione”. Dopo che l'indagine naturalista, materialista, fisiocratica, condotta secondo il metodo scientifico, lo aveva lasciato senza più “vento nelle vele”, in una posizione di stallo: mettendo mano ai remi, con la forza delle braccia, Platone riprese a navigare con il metodo dialettico del ragionamento, questa volta approdando alla realtà trascendentale e soprasensibile. L'indagine di carattere puramente fisica-naturalistica, dice Platone per bocca di Socrate, non può rispondere alle domande fondamentali: perché le cose nascono, perché si corrompono, e perché sono; solo l'indagine metafisica può tentare di rispondere a queste domande. Platone fa un esempio lampante: se vogliamo stabilire perché Socrate andò in prigione e vi rimase, non possiamo chiamare in causa solo motivi materiali, come ad esempio i suoi organi di locomozione, le sue ossa, i suoi nervi, e così

via; dobbiamo invece per forza chiamare in causa la sua volontà, il suo intelletto, il suo arbitrio; è chiaro che senza organi fisici, Socrate non potrebbe fare le cose che vuole fare, ma egli non agisce a causa di questi organi, ma mediante questi organi, in funzione di una causa superiore, la sua intelligenza, il suo pensiero, ciò che sta al di là del fisico e del sensibile, il suo “essere metafisico”. Dunque, la verità delle cose per Platone è nelle realtà intellegibili, nel regno iperuranico delle idee, delle pure forme, eterni modelli delle cose, rispetto alle quali le cose sensibili sono un mezzo o strumento di realizzazione, non l'essenza delle cose, ma ciò mediante cui l'essenza si realizza nella sfera del sensibile. Se vogliamo spiegare le cose belle, ad esempio, non possiamo fare riferimento solo alla loro apparenza, agli elementi fisici da cui sono costituite - come il materiale di cui sono fatte, il colore, la figura - ma dobbiamo considerare anche ciò che rappresentano, l'idea che veicolano, e dunque ricorrere all'idea del bello, ossia “la bellezza in sè”. Rispetto la dottrina del nous predicata da Anassagora, cioè dell'Intelletto Divino quale vera causa di tutte le cose, Platone obiettò che, se fosse veramente una intelligenza a guidare il Tutto, essa dovrebbe far funzionare tutto per il meglio, altrimenti che intelligenza sarebbe? Anassagora, allora, avrebbe dovuto spiegare come tutti i fenomeni siano strutturati in funzione del meglio, presupponendo una precisa conoscenza del meglio e del peggio, ossia del bene e del male. Ma Anassagora, limitandosi ad assegnare un ruolo di causa determinante agli elementi fisici, ha indagato solo le cause secondarie, escludendo la vera causa: “l'intelligenza in sè”. Ancora tutta da scoprire.

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