Speciale 25 Aprile 2008

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k ronstadt © Massimo Ghimmy

25 aprile

Il 25 aprile testimonia ancora di una “memoria inquieta” (secondo la felice espressione dello storico De Luna). Una data che sfugge ai molti tentativi di rimozione ripetuti nel corso degli anni (già nel 1955 dal Ministero della pubblica istruzione arrivava alle scuole l’invito a festeggiare la nascita di Marconi!) di “normalizzazione” o cancellazione. Un obiettivo da colpire in un paese che ha visto emergere, a partire dagli anni ’80, un movimento di revisione politica e ideologica sulle radici della nostra democrazia, accompagnato da strumentali riscritture sulla Resistenza. Si è fatto (si fa) di tutto per proporre l’archiviazione dell’antifascismo mentre il fascismo resta vivo non solo nelle attività squadristiche di gruppi e movimenti nazifascisti, ma nella intensa iniziativa storico/culturale per renderlo presentabile, specie nei confronti dei giovani (raccontato benevolmente con le condanne “temporali” che partono dalle infami leggi razziali del 1938, omettendo la nascita della dittatura e le sue politiche aggressive e coloniali, ad esempio). Un lungo processo che ha fatto di tutto per sminuire e rimuovere l’esperienza della lotta di Liberazione (in tutte le sue articolazioni, armata e disarmata), riscrivere e neutralizzare quanto ha rappresentato nella nostra storia la “scelta” dell’antifascismo, in particolare come protagonismo delle classi subalterne, disobbedienza verso il potere, partecipazione attiva alla costruzione della democrazia. In sintesi Resistenza, Repubblica, Costituzione sono i tre passaggi fondamentali messi sotto attacco in questi anni. È appena alle nostre spalle la sconfitta del referendum che voleva stravolgere la carta costituzionale ma oggi, proprio nel 60° della sua entrata in vigore, occorre essere attenti ad ulteriori tentativi. Per questo penso sia necessario ribadire, con Enzo Collotti, che “Il 25 aprile rimane un fatto fortemente simbolico, uno di quei punti fermi dei quali ogni collettività ha bisogno come punto di riferimento, ma non è principalmente sui miti e sui riti che si deve alimentare la memoria della Resistenza. Essa sarà viva se gli indirizzi politici saranno improntati a quei valori essenziali per i quali in Italia e in Europa migliaia di uomini e donne hanno sacrificato la loro esistenza per rivendicare la propria autonoma responsabilità e il diritto di partecipazione, il rispetto della dignità dell’uomo, l’aspirazione alla giustizia sociale e all’eguaglianza, l’utopia di una Europa pacifica e pacifista. Una tavola di valori che si trova scritta nelle Lettere dei condannati a morte della Resistenza, italiana e europea, il libro che vorremmo fosse letto dalle generazioni più giovani”. E’ questo l’impegno che ci chiede ancora la “festa d’aprile”. Antonio Corbeletti

ronstadt periodico mensile speciale 25 aprile 2008

periodico mensile Speciale 25 Aprile 2008 ISSN 1972-9669

Custodi della memoria: L’Istituto della Resistenza di Pavia

Mi chiamo Ferruccio Belli – la voce del partigiano ed ex deportato sale dalle casse del PC poste sulla scrivania del prof. Pierangelo Lombardi, Direttore dell’Istituto pavese per la storia della resistenza e dell’età contemporanea (ISREC). È una delle prime testimonianze raccolte col “Geloso” agli inizi dei ‘70 da Giulio Guderzo, docente di storia con-

territorio. In questo è determinante la presenza del maestro Giacinto Cavallini, insegnante comandato dall’INSMLI dai ‘70 ai ‘90 e tuttora attivo presso l’Istituto pavese. La Resistenza non è mai stata un momento avulso dalla storia che lo ha preceduto e seguito, ci dice Lombardi. Il materiale conservato, infatti, abbraccia tutta la storia della provincia

si volontari lavorano all’archivio e alla digitalizzazione del materiale. È rilevante per l’attività dell’ISREC la mancanza di finanziamenti stabili: un fondo messo a disposizione dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia ha permesso una tempestiva e necessaria opera di digitalizzazione delle registrazioni, ora conclusa. Si è voluto raccogliere tutto il materia-

I partigiani entrano a Pavia liberata temporanea dell’Università di Pavia, direttore fino al 1996 dell’Istituto e oggi suo presidente. L’ISREC, uno dei primi Istituti a essere fondato nel 1956 per volontà di partigiani, resistenti e uomini di cultura, ebbe da subito una forte connotazione nella ricerca sulla storia contemporanea. Dopo aver aderito al sistema confederativo messo in atto dall’Istituto nazionale, entrò nella rete di Istituti diventando un punto di riferimento per lo studio della storia contemporanea ed elaborando attività didattiche per il

nel Novecento, con agganci al periodo ottocentesco. Da qui il naturale dialogo con il Centro interdipartimentale di ricerca e documentazione sulla storia del Novecento. La particolarità dell’Istituto pavese – prosegue Lombardi – è quella di essere ospitato all’interno dell’Università (1), con la quale esiste una convenzione, formalizzata nel 1998, che dona scientificità e “scambio sinergico” di risorse umane all’uno, e all’altra valenti ricercatori, un notevole archivio e una Biblioteca (6000 volumi, 500 periodici). Oltre agli studiosi, numero-

Silenziosa sugli aghi di pino su spinosi ricci di castagna una squadra nel buio mattino discendeva l’oscura montagna. La speranza era nostra compagna a assaltar caposaldi nemici conquistandoci l’armi in battaglia scalzi e laceri eppure felici. Avevamo vent’anni e oltre il ponte oltre il ponte ch’è in mano nemica vedevam l’altra riva, la vita tutto il bene del mondo oltre il ponte. Tutto il male avevamo di fronte tutto il bene avevamo nel cuore a vent’anni la vita è oltre il ponte oltre il fuoco comincia l’amore. tratto da “Oltre il ponte”, 1958 Testo di Italo Calvino, musica di Sergio Liberovici. www.kronstadt.it http://kronstadt.splinder.com [email protected]

Le fotografie sono state gentilmente concesse dall’ANPI di Voghera e dall’INSMLI

Reg. Trib. PV n°594 ISSN 1972-9669 Ciclostilato in proprio Alcuni diritti riservati (Creative Commons 2.5 by-nc-sa)

le che aiuti a comprendere quel periodo storico, quindi anche carte personali di protagonisti a vario titolo della vicenda storica locale. I fondi che costituiscono l’archivio cartaceo sono 26 (2). Si citano: - Fondo Murialdi, intitolato al giornalista, scrittore (3), ex partigiano nell’Oltrepò pavese; -  Fondo Diari (1885-1945): diari di parroci delle colline in provincia di Pavia e di comandanti di formazioni partigiane, di fascisti e antifascisti; -  Fondo Augusto Vivanti (1915-80), che comprende l’epistolario tra Augusto, al fronte nella Grande Guerra, e il padre, consigliere Comunale, interessante per la visione “da due lati” del conflitto. -  Fondo Deportati, con cartelle personali e foto di 137 deportati pavesi. A loro fu dedicata una prima mostra nel 1961 (4) e un libro nel 1981 (5). -  Il Fondo che il federale fascista Frediani donò personalmente all’Istituto raccoglie anche notevole e raro materiale fotografico e cinematografico. Egli effettuava riprese con un operatore privato: molti eventi storici documentati dall’Istituto Luce furono ripresi anche da Frediani, che filmò inoltre importanti avvenimenti della storia locale. -  Archivio completo della Federazione provinciale pavese del PC e della DC (1945-90), acquisiti nel 1994. -  Fondo Brigate Garibaldi, che contiene in fotocopia le carte relative al Comando Oltrepò e ad alcune Brigate

garibaldine. -  Fondo Movimenti studenteschi pavesi comprende documenti relativi a Potere Proletario, Lotta continua e Movimento studentesco a Pavia. -  Due fondi provenienti dai National Archives di Washington e Maryland relativi alle azioni degli alleati in Pavia e provincia. Vi si trovano le carte dell’OSS (attuale CIA), decriptate nel 1995, recuperate in copia dal prof. Guderzo. L’Archivio fotografico, composto di circa 15000 pezzi, comprende tra gli altri: -  Il Fondo Muggetti, fotografo ufficiale dei partiti e degli enti locali pavesi, anni 70-80. -  Riproduzioni di foto dell’Archivio Chiolini, utilizzate per organizzare una mostra itinerante(6), in occasione del 40mo anniversario della liberazione. L’Archivio dei fondi orali, sicuramente il più prezioso ed esclusivo, comprende bobine e audiocassette di circa 500/800 testimonianze raccolte a partire dagli anni ‘70, pari a 600 ore di registrazione. In Istituto è possibile ascoltare le voci degli attori della storia locale, siano essi protagonisti di primo piano o personaggi minori, resistenti o sostenitori del regime.(7) […] Chi si occupa di ricerca storica con serietà e rigore scientifico non cerca palcoscenici o luci della ribalta. Giorno per giorno lavora con metodo per ricostruire, interpretare, spiegare, penetrare quel groviglio di fatti e di emozioni che è il passato di tutti noi. Così scrive Lombardi (2). Ha ragione, ma è oggi più che mai urgente informare dell’esistenza di questi preziosi archivi, e dell’attività degli Istituti della Resistenza, che tali archivi interpretano, offrendoci la stessa possibilità di conoscerli e studiarli, e non solo per averne memoria. Affinché sia affidata ai fatti storici la comprensione di una stagione così importante, dalla quale è scaturita la nostra Costituzione, atto fondativo della Repubblica Italiana. Elisabetta Verri, Francesca Orsini Per saperne di più 1) ISREC - Università di Pavia, Palazzo S. Tommaso http://www.italia-liberazione.it/ita/istituti.php?rete=42 2) Lombardi Pierangelo - I Fondi e i documenti dell’Istituto pavese per la storia della resistenza e dell’età contemporanea in Annali di storia pavese, 29, 2001, pp. 171-179 3) Murialdi Paolo, La traversata, settembre 1943-dicembre 1945, Bologna, Il Mulino, 2001 4) Belli F., Guderzo G., Melodia G. - Mostra sulla deportazione nei campi nazisti, Pavia, 6-15 marzo 1961 5) Brianta, D. [et al.] - I deportati pavesi nei lager nazisti, Pavia, Amministrazione provinciale, 1981 6) Bertone L.[et al.] Guardare la storia. Immagini di Pavia e della sua provincia 1915-1945, mostra. Catalogo pubblicato in Annali di storia pavese, 12-13, 1986 7) Milanesi A., La storia orale: tra storia e storie, in Annali di storia pavese, 1, giugno 1979, pp 184-9.

KRONSTADT: iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione A.C.E.R.S.A.T. dell’Università di Pavia nell’ambito del programma per la per la promozione delle attività culturali ricreative degli studenti. Altre entrate sono rappresentate da eventi culturali, feste, concerti, il sangue di chi collabora, libagioni e gozzoviglie varie

LIBERTÀ

Più della servitù temo

UGUAGLIANZA

la libertà recata in dono

FRATERNITÀ

Giuseppe Mazzini

NUMERO 1

Pavia, 25 aprile 1945

ESCE COME E QUANDO PUÒ

COMUNICATO PCI Noi non abbiamo sete di vendetta. Non vogliamo vendette, vogliamo giustizia. Vogliamo soprattutto impedire che quelle forze oscure e reazionarie e certe oligarchie che hanno dato vita e sostenuto per vent’anni il fascismo, non possano mai più rialzare la testa. Coloro i quali sono i responsabili della catastrofe e della rovina d’Italia, coloro che hanno aperto ai barbari tedeschi le porte del nostro Paese, coloro che li hanno serviti, che hanno collaborato con loro, quei grandi industriali che hanno

fornito ai fascisti e alle gestapo i nomi dei patrioti per farli deportare in Germania, i grandi plutocrati che hanno dato vita al fascismo, che per vent’anni lo hanno sostenuto nei suoi delitti, nelle sue guerre di rapina, nelle sue infamie. Costoro devono pagare. Costoro sono gl’infami traditori della nostra patria, le loro mani sono sporche di sangue, costoro devono rispondere davanti alla giustizia popolare. Giustizia dev’essere fatta. Lo chiedono i vivi, lo comandano i nostri morti.

Gruppo di partigiani nel cortile del castello di Pavia. Si riconoscono Ezio Donati, Giuseppe Langscedel, Paolo Murialdi “Paolo”, capo di SM della zona operativa Oltrepò pavese e Alfredo Mordini “Riccardo” Voi state vivendo l’età più bella della vita, non sciupatela: sappiatene fare anche voi una continua testimonianza. C’è tanta bellezza nel mondo. Basta saperla vedere e guardare con l’occhio del cuore. Sappiate vivere, scegliete la vita: non lasciatevi vivere. Allontanate da voi l’indifferenza, la rassegnazione, l’intolleranza. Conservate sempre in voi la voglia di sognare un mondo migliore; di rischiare, se occorre, per raggiungerlo. Jean Guitton

Quando saremo a Varzi nella caserma alpina ti scriverò biondina la vita del partigian. La vita del partigiano si l’è una vita santa s’magna, s’beva, as canta pensieri non c’è n’è. Pensieri c’è n’è uno solo l’è quel della morosa che gli altri fanno sposa e mi fo il partigian.

PARTIGIANI

Il nemico ci chiama banditi. Ribelli, invece, poteva piacerci e ci piaceva. Ribellarsi può essere un atto nobile. E poi molti di noi non si ribellavano soltanto all’ultimo fascismo e alla spietatezza dei tedeschi; ci ribellavamo anche al fascismo lungo nel quale eravamo cresciuti con speranze e magari entusiasmi andati delusi, e agli errori di Mussolini e del re. Ci ribellavamo all’occupazione nazista. Tutti siamo ormai dalla parte repubblicana, ma c’è chi è salito in montagna per rischiare la pelle e chi per salvarla. E, naturalmente, c’è chi di coraggio ne aveva da vendere, anche di fronte ai torturatori, e chi scappava. E ci sono anche dei poco di buono. Il nome bello era partigiano. <>, dice il vocabolario.

Sfilata partigiana, Pavia,10 maggio 1945

IL COMPAGNO DI NANNI Ora tirano dalla strada, dal campanile e dalle case più lontane. Gli sono addosso, non gli lasciano scampo. Di Nanni toglie di tasca l’ultima cartuccia, la innesta nel caricatore e arma il carrello. Il modo migliore di finirla sarebbe di appoggiare la canna del mitra sotto il mento, tirando il grilletto poi con il pollice. Forse a Di Nanni sembra una cosa ridicola; da ufficiale di carriera. E mentre attorno continuano a sparare, si rovescia di nuovo sul ventre, punta il mitra al campanile e attende, al riparo dei colpi. Quando viene il momento mira con cura, come fosse a una gara di tiro. L’ultimo fascista cade fulminato col colpo.

Colonna partigiana nei giorni della Liberazione

Adesso non c’è più niente da fare: allora Di Nanni afferra le sbarre della ringhiera e con uno sforzo disperato si leva in piedi aspettando la raffica. Gli spari invece cessano sul tetto, nella strada, dalle finestre delle case, si vedono apparire uno alla volta, fascisti e tedeschi. Guardano il gappista che li aveva decimati e messi in fuga. Incerti e sconcertati, guardano il ragazzo coperto di sangue che li ha battuti. E non sparano. È in quell’attimo che Di Nanni si appoggia in avanti, premendo il ventre alla ringhiera e saluta col pugno alzato. Poi si getta di schianto con le braccia aperte, nella strada stretta, piena di silenzio.

Crediti: I tre interventi in questa pagina appartengono, nell’ordine, a: Pietro Secchia (Botte), da l’Unità del 27 aprile 1945; Da La Traversata, di Paolo Murialdi, il Mulino, Bologna, 2001. Da Senza tregua, di Giovanni Pesce. Feltrinelli, 1967. Pag. 144-145.

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