Anno XV n.7 Luglio/Agosto 2009 Editore Key Communication sas Iscrizione Tribunale di Parma n. 32 del 08/08/1995 - Poste Italiane spa - Spedizione abb. postale 45% - DL 353/2003 (conv. in legge 27/02/04 n.46) Art. 1 comma 1 - DCB Roma 4,00 euro ISSN 1723-7033 Rivista tecnico scientifica riservata al personale specializzato. Non diffusa al pubblico. In caso di mancato recapito restituire PT Romanina per la restituzione previo add.to. Contiene IP
HEMS 2009 17/18 Settembre Aeroporto Cinquale di Massa
Editore Key Communication
Incidenti sul lavoro
il caso del FOSFORO BIANCO
ensile di emergenza sanitaria
Luglio/Agosto 2009 ANNO XV n. 7
EMERGENCY OGGI Mensile di Emergenza Sanitaria Direttore responsabile Marina Boldrini
[email protected] Editore: Key Communication sas P.za Badalocchio Sisto Rosa, 9\b 43100 Parma Redazione Via Po, 10 - 00198 Roma tel +39 06 8535 5798 - fax +39 06 8535 5606
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P.Calafiore, V. Capparozza, L.Cimino, D.Conte, M.De Persio, G. Prati, A.Iesurum, M.Izzi, F.Landuzzi, C. Lo Presti, A.Masetti, A.Monesi, S.Musolesi. L. Pietrantoni
IL CASO DEL FOSFORO BIANCO (WP) L.Cimino, M.Izzi, F.Landuzzi, A.Iesurum, A.Monesi, S.Musolesi
GRUPPO INTERSOCIETARIO PEDIATRIA PER LE MAXIEMERGENZE A.Masetti, P.Calafiore
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POSTO MEDICO AVANZATO… DI GRADO D.Conte, M.De Persio, V. Capparozza, C. Lo Presti
LA CHIAMATA TELEFONICA AL 118: LE ABILITA’ COMUNICATIVE G.Prati, L.Pietrantoni
L’ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO
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Sulla rilevanza di una adeguata informazione in merito a potenziali rischi lavorativi:
Il caso del
FOSFORO BIANCO (WP) Cimino L., Izzi M., Landuzzi F., Iesurum A. Alma Mater Studiorum Università di Bologna Monesi A., Musolesi S. Azienda USL Bologna
Case report Da un cantiere locato in zona di difficile accesso, in un freddo mattino invernale viene allertata (ore 09:39) la centrale operativa per un infortunio lavorativo nel quale è rimasto coinvolto un operaio 53enne intento a versare con una pala meccanica del materiale inerte in un frantoio per la produzione di ghiaia. La centrale invia subito sul posto un’ambulanza con due infermieri ed un mezzo di soccorso avanzato con un medico ed un infermiere: ambedue i mezzi giungono sul “target“ alle ore 09:48. Nel frattempo, dalle prime sommarie informazioni, si apprende che l’operaio, accortosi di un fumo denso e biancastro che usciva dal frantoio, aveva fermato l‘escavatore e con l’estintore in dotazione si era avvicinato al fine di spegnere quello che sembrava un principio di incendio, venendo così raggiunto da una improvvisa vampata, inizialmente dai colleghi addebitata al possibile scoppio di una delle bombole di gas utilizzate per le operazioni di saldatura, inavvertitamente finita all’interno del frantoio. Vi-
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sto l’infortunato con i capelli e gli indumenti in fiamme, gli stessi colleghi avevano subito provveduto a cospargerlo d’acqua, di fatto peggiorando la gravità delle lesioni riportate. All’arrivo dei mezzi di soccorso, l’operaio si presenta perfettamente cosciente e ricorda ogni particolare dell’accaduto. E’ relativamente tranquillo pur avendo il volto, i capelli, le mani, gli avambracci, le ginocchia e gli indumenti della parte superiore del tronco ancora fumanti. Il colorito della cute delle aree che hanno subito l’insulto termico è di un rosso vivo particolarmente acceso e sembra
quasi verniciata con tinta di colore rugginoso. Ad un sommario e rapido esame obiettivo non si evidenziano lesioni imputabili a fenomeni di scoppio: l’obiettività toracica appare infatti negativa per pneumotorace iperteso, l’addome è trattabile e non si apprezzano fratture agli arti. Il murmure vescicolare è normotrasmesso agli apici ed alle basi polmonari; è presente modica tachipnea (FR 20 atti/m’) e -dopo inizio di ossigenoterapia tramite maschera con reservoire- la saturazione periferica (SpO2) è del 99%; si rileva tachicardia (FC 112 b/m’) ed ipertensione Luglio/Agosto 2009
(PA 220/120 mmHg); le pupille sono isocoriche ed isocicliche. Si valuta che le ustioni, classificabili quasi tutte di II grado, ricoprono circa il 20% della superficie corporea, ove non sono nemmeno rilevabili ferite attribuibili al lancio di scheggie. Non avendo ancora la certezza dell’assenza di fenomeni da scoppio con possibili lesioni vertebrali e quindi in presenza di potenziale rischio per il midollo spinale, si provvede ad immobilizzare subito il rachide cervicale con un collare rigido monovalva e poi -al caricamento del paziente sull’ambulanza- anche la colonna vertebrale in toto, tramite materassino a depressione. All’arto superiore destro si attiva una via venosa con agocannula 18G attraverso la quale si somministra terapia analgesica (fentanyl 200 gamma in bolo) e si infondono cristalloidi (2 sacche da 500 cc cadauna). Le aree ustionate sono bagnate con soluzione fisiologica sterile e ricoperte con medicazioni a base d’olio dell’albero del the (maleleuca), produttive di riduzione del dolore. Per ridurre i tempi di trasporto e così consentire un rapido trasferimento dell’infortunato presso un centro “Grandi ustionati“, si richiede alla centrale operativa l’intervento dell’eliambulanza che atterra sul posto alle ore 10:09, con equipaggio costituito da personale infermieristico e medico (anestesista), al quale si affida il paziente collegato -prima dell’imbarco- al monitor, sedato, intubato e posto in ventilazione controllata (intermittent positive pressure ventilation - IPPV) con una FiO2 di 1, frequenza respiratoria 14 atti/m’, volume corrente 550 cc e pressione positiva di fine espirazione (PEEP) di 5 cm d’acqua, al fine di prevenire complicanze respiratorie da eventuale edema alle alte vie respiratorie. Poichè le pessime condizioni meteorologiche non consentono l’immediato trasporto presso un centro “Grandi ustionati”, si decide per il trasferimento del paziente presso il trauma center di riferimento locale ove -alle ore 11:18- gli vengono rilevati i seguenti parametri: PA 190/120 mmHg; T°c (rilevata tramite la sonda vescicale) 35,4°C; Glasgow Coma Scale 3, per sedazione farmacologica. All’emogasanalisi si rileva pH 7,444; PaCO2 32,2 mmHg; PaO2 561 Luglio/Agosto 2009
mmHg; base excess (BE) -1,8. Contemporaneamente si effettua ecografia FAST dei distretti addominali, si posiziona una sonda oro-gastrica 24 CH, si incannula una vena femorale con catetere Desilet 8 Fr (tramite il quale si infondono cristalloidi caldi per 1500 cc) e l’arteria radiale destra per il monitoraggio cruento della pressione arteriosa; si inizia l’infusione in continuo di midazolam 10 cc/h e fentanyl 3 cc/h (per garantire la necessaria sedazione ed analgesia) e si effettuano medicazioni seriate delle lesioni a carico dell’avambraccio sinistro e delle mani, tramite loro irrigazione con soluzione ringer, rimozione dei frammenti di cute necrotica, applicazione di pomata a base di sulfadiazina argentica al 1%, flanelle di garza con antisettico iodoforo e bendaggio occlusivo. Alle ore 12:15, dopo aver spostato il paziente su tavola spinale, si inizia l’iter radiologico che comprende TAC encefalo e del rachide (non alterazioni morfologiche o densitometriche del tessuto nervoso encefalico, sistema ventricolare in sede e regolare, spazi sub-aracnoidei della volta e della base cranica nella norma), TAC del torace e dell’addome (negativa per lesioni focali post-traumatiche ed assenza di aria libera peritoneale), Rx torace ed arti (non lesioni focali o segni di versamento pleurico a carico del parenchima polmonare, nè segni di frattura a carico dei segmenti ossei esaminati). Alle ore 12.45 il paziente viene ricoverato presso l’U.O. di Rianimazione e successivamente, sembrandosi confermare la addebitabilità delle lesioni agli effetti del fosforo contenuto in un proiettile tracciante, si contatta per specifica consulenza il centro “Grandi ustionati“ di riferimento locale. Poiché l’effetto termico del fosforo perdura a lungo dopo l’avvenuto contatto e ciò è nella fattispecie testimoniato -alla rimozione delle medicazioni provvisorie- anche dalla promanazione di vapore dalle ferite, viene consigliato di continuare il lavaggio delle parti ustionate con ringer lattato (non acetato) tiepido, per tamponare l’aggressività della sostanza chimica e così ridurre -di fatto- gli effetti lesivi sui tessuti, proseguendo poi nell’utilizzo di sulfadiazina argentica al 1%, come antibiotico per uso topico. Inoltre, viene suggewww.emergencyoggi.it
rito di cospargere le aree interessate con solfato di rame (CuSO4) al 1%, sostanza chimica che non solo evidenza le zone cutanee contaminate dal fosforo, ma anche -mediante un meccanismo di ossidazione- lo rende inerte trasformandolo in fosfato di rame (CuPO3). Per la possibilità di sua deplezione conseguente alla chelazione dello stesso da parte del fosforo assorbito dall’organismo si provvede a monitorare il calcio (Ca2+) sierico, mentre si infondono liquidi rispettando la formula di Parkland (ringer lattato al dosaggio di 4 ml/kg/% di superficie corporea ustionata, metà della quale da somministrarsi nell’arco delle prime 8 ore) e si mantiene la volemia correggendo -quando necessario- il bilancio elettrolitico. Inoltre, vengono trattate mediante applicazione di un’associazione di betametasone e cloramfenicolo in pomata delle abrasioni corneali con chemosi congiuntivale, evidenziate dal consulente oculista. Il mattino successivo si effettua il trasferimento al centro “Grandi ustionati” che -a distanza di cinque giorni- viene poi contattato per un follow-up, apprendendosi così che il paziente è ancora sedato, intubato per via orotracheale, ventilato in ventilazione a supporto di pressione (PSV), emodinamicamente stabile ed apirettico. Viene pure riferito il positivo risultato di escarectomie e l’iniziale attecchimento di successivi innesti cutanei sulla mano sinistra ed al volto. Considerazioni I fatti succintamente qui descritti sono accaduti in uno scenario caratterizzato dalla presenza di numerosi operai e potenti macchinari di movìmentazione terra, nell’ambito di un cantiere per grandi opere di viabilità in zona scarsamente accessibile, oggetto - durante l’ultimo conflitto mondiale - di prolungati e reiterati bombardamenti. In un tale contesto, il conduttore di una pala meccanica scarica accidentalmente in un frantoio per la produzione di ghiaia, insieme ad altro materiale inerte, anche un proiettile che -sottoposto a pressione- si innesca e deflagra, proiettando il suo contenuto sull’operatore stesso. Solo nella serata del giorno dell’infortunio -dopo l’intervento dei Vigili del Fuoco e degli artificieri dei Carabinieri- si ha la conferma che tali peculiari lesività so-
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IL CASO DEL FOSFORO BIANCO (WP)
no addebitabili ad un proiettile lungo circa 10 cm e privo di spoletta (probabilmente un “tracciante”), scoppiato dopo essere stato accidentalmente raccolto dalla pala meccanica insieme ad altri detriti ed introdotto con questi nel frantoio adibito allo sminuzzamento degli inerti. Dalle sue caratteristiche, il proiettile qui in argomento parrebbe simile a quello oggetto di un case-report pubblicato durante l’ultimo conflitto mondiale (fig. 1) e relativo al ferimento di un aviatore, anche con successivo suo avvelenamento mortale da fosforo.1 Sia nel medesimo cantiere qui in argomento che in altri adiacenti e finalizzati alla stessa opera, si erano in passato verificati molteplici ritrovamenti di materiale esplosivo con ripetuti interventi degli sminatori dell’esercito per la bonifica della zona che -come già cennato- durante l‘ultimo conflitto mondiale era stata bersaglio d’intensi bombardamenti da parte delle forze alleate, anche con quei particolari proiettili con cariche di fosforo bianco2 utilizzati nelle ore notturne per meglio individuare gli obiettivi prima del lancio dei vettori con testate esplosive. Essendo il fosforo bianco un agente chimico fortemente lesivo sui tessuti (con effetto sia caustico che termico3), qualora esso attinga una persona in vicinanza delle vie aeree (con correlato rischio di inalazione di vapori irritanti), si impone un immediata intubazione tracheale sul luogo stesso dell’evento per garantire la loro pervietà ed una adeguata sedazione del dolore. Riguardo all’intervento messo nella fattispecie in essere dagli operatori dell’emergenza territoriale, si rileva come la fase preospedaliera sia durata 1h e 39’, dalle ore 09:39 alle ore 11:18, momento dell’accesso nel pronto soccorso dell’hub di riferimento locale ove la fase di stabilizzazione e di impostazione diagnostica è proseguita per 87’ fino alle ore 12:45, orario di presa in carico da parte dell’U.O. di rianimazione. In considerazione anche della scarsa accessibilità del luogo ove i fatti erano accaduti, tali tempi possono essere giudicati positivamente, così come l’outcome dell’intervento globale sul paziente, specie alla luce delle lesioni del tutto particolari e non ricollegabili immediata-
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mente ad un ben definito agente chimico quale il fosforo bianco, peraltro di riscontro raro e citato quasi esclusivamente nell‘ambito della traumatologia militare, in quanto contenuto prevalentemente in dispositivi bellici, come si evince dai pochi casi simili descritti in letteratura. Il fosforo bianco è una delle tre forme allotropiche del fosforo. È un solido molecolare costituito da tetraedri P4, uniti da forze di Van der Waals (fig. 2). La distanza P-P nei tetraedri è 2,21 Å con angoli di 60°: questo genera tensioni interne alla struttura di circa 100 kJ/mol, che la rendono la meno stabile delle forme allotropiche. Fonde a 319,25 K (44,1°C) formando un liquido incolore che bolle a 555 K (282 °C). A 313 K (40 °C) brucia nell’aria, generando anidride fosforica.
Il fosforo bianco puro si presenta come un solido cristallino con aspetto ceroso, incolore, tendente al bianco, ma la sua forma commerciale è solitamente gialla, venendo così conosciuto anche come fosforo giallo. Il fosforo bianco è anche chiamato fosforo tetramero ed ha un odore agliaceo caratteristico. Come già cennato, si incendia a temperature superiori di 10-15 gradi rispetto alla temperatura ambientale e brucia spontaneamente nell’aria umida fino allo stato di pentossido. Nella combustione emette gas molto tossici ed è fonte pericolosa di esplosione in seguito a reazioni con numerose sostanze chimiche. Quindi, proprio per la sua alta reattività con l’ossigeno in aria, viene generalmente conservato in acqua. In natura non si trova allo stato nativo, ma generalmente combinato sotto forma di composto in diversi minerali.
Estratto industrialmente da rocce fosfatiche, viene usato principalmente per produrre acido fosforico ed altre sostanze chimiche adoperate nella produzione di fertilizzanti, additivi per alimenti e bevande, miscele detergenti ed altri prodotti. Impiegato anche come fumigante nella conservazione di cereali, in piccole quantità è stato utilizzato come veleno per topi e scarafaggi, nonchè per fuochi d’artificio e fiammiferi. Conosciuto dai militari come “Willy Pete“ (WP), il fosforo bianco viene da essi utilizzato come agente incendiario o nei materiali esplosivi, potendolo quindi trovare in bombe a mano, fumogeni e cariche da artiglieria. Poiché a contatto con l’aria brucia spontaneamente fino al suo totale esaurimento, ossidandosi velocemente a pentossido di fosforo e sviluppando calore con produzione di fiamma gialla e di denso fumo bianco, tale sostanza viene anche sfruttata nella realizzazione di “proiettili traccianti”, nei quali l’illuminazione -emessa dalla sua accensione per attrito con l’aria- permette la visibilità notturna della traiettoria. In ambito militare vi è quindi una elevata esposizione al fosforo bianco, con rischio di dolorose e invalidanti ustioni chimiche dal caratteristico colore giallognolo ed odore agliaceo. Alla sua caratteristica di liposolubilità ne è collegato il rapido assorbimento di frammenti eventualmente indovatisi nelle ferite, con rallentamento del processo di cicatrizzazione e possibilità di assorbimento sistemico con danni epatici, renali e miocardici. Nel caso qui in discorso, le maggiori difficoltà di sua gestione -sia sul territorio che in pronto soccorso- sono certamente derivate dalla mancata familiarità con questo agente chimico che -in assenza di significativi fenomeni di scoppio- appare qui essere stato il primario ed unico responsabile dei danni riportati dall’infortunato. Infatti -come già detto- solo dopo diverse ore si ebbero le prime informazioni sulla natura dell’agente lesivo: i primi soccorritori non solo ancora la ignoravano, ma anche disponevano solamente di cristalloidi (NaCl 0,9% e ringer acetato) che -a posteriori- si sono rivelati essere controindicati per la detersione delle lesioni provocate dall’agente chimico in
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questione perché, al pari dell’acqua di fonte nell’immediatezza utilizzata dai colleghi dell’infortunato per cercare di spegnere le fiamme che avvolgevano il malcapitato, tali liquidi entrando in contatto con il fosforo possono innescare una violenta reazione esotermica4. Particolarmente utili, invece, si sono rivelate le flanelle premedicate con olio dell’albero del the che, hanno dimostrato un abbassamento dell’aggressività chimica sulla cute attinta, con un’efficace azione analgesica. Solo all’arrivo in pronto soccorso è stato possibile richiedere una consulenza a colleghi di un centro specializzato che hanno consigliato il trattamento con solfato di rame, in quanto utile sia a scopo diagnostico per individuare le aree cutanee ancora sottoposte agli effetti del chimico, sia a scopo terapeutico per neutralizzarne gli effetti sui tessuti, come peraltro viene riportato -pur con diverse concentrazioni (5%5 o 1%6)- in letteratura specialistica. Purtroppo però -essendo simili lesività quasi mai riscontrabili in tempo di pace - tale preparato non era nella pronta disponibilità degli operatori. Nel caso specifico, dette lesività -caratterizzate da estese disepitelizzazioni richiedenti plurimi innesti cutanei - erano localizzate prevalentemente al volto ed alle mani, cioè alle zone non protette da indumenti, e sono esitate in aree cutanee discromiche e distrofiche. Nel concludere questa breve nota, preme sia ricordare come all’accadimento descritto avrebbero potuto conseguire ben più gravi danni alla persona, sia sottolineare come una informazione più ampia in merito ai precedenti casi di rinvenimento di reperti bellici avrebbe forse indotto l’operaio ad una maggiore prudenza, emergendo da ciò l’opportunità -in cantieri similari per dimensione e locazione- di un più completo rapporto comunicativo tra i coordinatori delle emergenze ed i rappresentanti per la sicurezza del lavoratori.
1 Blaxland AJ (1942) Fatal phosphorus poisoning from an explosive bullet. Brit Med J 2:664-665. 2 Wiecking DK (1988) Firearm projectile review for Medical Examiners. Part. II. Unusual and New Bullets. Medico-legal Bulletin 37(4): 1-6. 3 Barillo DJ, Cancio LC, Goodwin CW (2004) Treatment of white phosphorus and other chemical burn injuries at one burn center over a 51-year period. Burns 30: 448-452. 4 Edlich RF, Farinholt HM, Winters KL, Britt LD, Long WB 3rd, Werner CL, Gubler KD (2005) Modern concepts of treatment and prevention of chemical injuries. J Long Term Eff Med Implants 15(3):303-318. 5 Mendelson JA (1971) Some principles of protection against burns from flame and incendiary munitions. J Trauma 11(4): 286-294. 6 Chou TD, Lee TW, Chen SL, Tung YM, Dai NT, Chen SG, Lee CH, Chen TM, Wang HJ (2001) The management of white phosphorus burns. Burns 27: 492-497.
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a SIMEUP – Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza Pediatrica - ha tra i suoi scopi quello di formare personale sanitario che possa poi rispondere a situazioni di grandi calamità in Italia e all’estero: all’uopo ha promosso l’istituzione di uno specifico gruppo di lavoro. La mattina del 6 Aprile un terremoto di elevata magnitudo ha colpito la città di L’Aquila e dintorni, provocando il crollo di numerosi edifici e, alla fine, 299 vittime. Per il grande spavento e la successiva paura di nuove scosse sismiche, praticamente tutti gli abitanti della zona colpita sono fuggiti all’aperto, privi di ogni mezzo di sostentamento e colti di sorpresa anche per il fatto che la città non subiva danni naturali da oltre trecento anni. L’impatto sulla vita quotidiana e sull’economia della città è stato imponente e le conseguenze si ripercuoteranno sulla società abruzzese ancora per molto tempo.
GRUPPO INTERSOCIETARIO PEDIATRIA PER LE MAXIEMERGENZE Commissione Nazionale Maxiemergenze S.I.M.E.U.P. Antonio Masetti, Coord. Nazion. Commissione Maxiemergenze Paolo Calafiore, Presidente Regionale SIMEUP Abruzzo
A Sinistra Paolo Calafiore, a Destra Antonio Masetti
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La SIMEUP, per i raggiungimento degli specifici scopi sociali, collabora con il Ministero della Salute, le Regioni, la Protezione Civile ed altre Istituzioni Pubbliche e Private, nell’ottica di promuovere programmi di formazione e contribuire ad assicurare il trattamento più idoneo ai bambini affetti da patologie acute. I Soci ordinari sono Medici Pediatri, rappresentati da oltre 1000 iscritti distribuiti in tutte le Regioni Italiane. Soci aderenti sono gli Infermieri Pediatrici e gli altri operatori sanitari che, a vario titolo, si occupano anche di problematiche infantili. In ogni regione vi è una Sezione Regionale con un Consiglio Direttivo ed un Presidente. Fin dalle prime ore dal sisma è stata chiamata ad intervenire impegnata a L’Aquila, ove il presidente regionale territorialmente competente, Dott. Paolo Calafiore di Giulianova (TE), ha svolto dapprima una azione assistenziale diretta, quindi ha magistralmente coordinato l’opera degli altri colleghi, resisi disponibili da tutta ItaLuglio/Agosto 2009
lia, coadiuvato in questo compito essenziale dal Dott. Antonio Masetti di Roma, Ufficiale Medico dell’Esercito Italiano e Responsabile della Commissione Maxiemergenze della SIMEUP, che con la sua grande esperienza, è sempre stato vicino ai soccorritori, consigliandoli e guidandoli durante le fasi più delicate dell’organizzazione dei soccorsi. Fin dalle prime ore dall’inizio dell’emergenza, sono stati presi contatti con il Servizio di Emergenza Territoriale attivato a L’Aquila presso la Scuola Ispettori della Guardia di Finanza di Coppito, ed in particolare con il referente regionale del Sistema 118 Dott. Angelo Mucciconi. Come da accordi intercosi con i vertici della Protezione Civile Nazionale, giunti prontamente sul luogo del disastro, si è convenuto che l’azione di soccorso e sorveglianza sanitaria si sarebbe dovuta espletare sia a livello Ospedaliero (Ospedale da Campo ARES Marche) che territoriale (tende primo soccorso pediatrico allestite presso le principali tendopoli della zona). Questo report si prefigge di esaminare sia quali siano stati i problemi sanitari della popolazione pediatrica colpita direttamente o indirettamente dal sisma, che il modo in cui questi siano stati affrontati, attenuandoli se non sempre risolvendoli, al fine di costruire un bagaglio esperienziale utile a fornire adeguate ed efficaci risposte in caso di future altre calamità naturali. Il periodo di attività assistenziale parte dal 6 Aprile 2009 e si è protratto fino al 31 maggio p.v. I dati di seguito esposti sono derivati da un capillare flusso informativo, frutto delle riunioni di debriefing effettuate ogni sera al termine delle attività, da parte del personale impegnato nelle stesse, con un Referente incaricato di riassumere e sintetizzare l’operato di tutto il gruppo. Il report focalizza soprattutto le aree di intervento, i problemi riscontrati e le strutture organizzative che hanno partecipato a ciascuna attività. Obiettivo principale dell’azione della S.I.M.E.U.P. , è stato quello di contribuire all’allestimento ed alla organizzazione della tenda affidata al Pronto Soccorso Pediatrico, con annessa isola neonatale e zona di ricovero, presso l’Ospedale da Campo dall’ARES Marche, allestito alle spalle dell’Ospedale Civile “San Salvatore”, al fine di poter garantire una assistenza specialistica ai piccoli pazienti in difficoltà, durante l’intero arco della giornata (Guardia H 24) . Il lavoro è stato coordinato e svolto di comune accordo con il Capo Dipartimento Materno Infantile, Dott.ssa Sandra di Fabio, responsabile Luglio/Agosto 2009
anche del locale Reparto di Neonatologia. Altra fase dell’intervento si è svolta sul territorio; fin dal secondo giorno, sono stati allestiti ambulatori di primo soccorso pediatrico presso le tendopoli più popolate della città di L’Aquila e delle zone limitrofe: Piazza D’Armi, Centi Colella, Acquasanta, San Gregorio, Paganica. Tali attività hanno previsto la presenza costante del Pediatra, nelle 12 ore diurne. Nella prima settimana dell’emergenza, sono stati utilizzati per la turnazione in P.S. Pediatrico Ospedaliero, medici ospedalieri afferenti prevalentemente alla limitrofa ASL di Teramo, in collaborazione con il personale strutturato in forza organica al Reparto di Pediatria dell’Aquila. La copertura dei punti ambulatoriali periferici è stata invece assicurata, nei primi giorni,
da Pediatri di Libera Scelta Abruzzesi, volontariamente offertisi all’uopo e coordinati dalla Dott.ssa Adima Lamborghini. Già dal 15 aprile, raccolte le disponibilità provenienti numerose da tutta Italia, i presidi pediatrici presso le tendopoli sono stati affidati a team di Medici Specializzandi in Pediatria, prossimi alla fine dell’iter formativo, coordinati dalla Presidente Nazionale dell’Osservatorio Nazionale Specializzandi in Pediatria – O.N.S.P. Dott.ssa Bianca Lattanzi, provenienti pressoché da tutte le Università Italiane che hanno dimostrato particolare sensibilità e solidarietà. Referente locale per la Pediatria territoriale è stata la Dott.ssa Antonella Santilli. Ogni team, impegnato in turni settimanali, si è articolato su 4 medici specializzan-
Tenda per la pediatria di famiglia allestita 48 h dopo il Sisma nella tendopoli di Paganica
Targa ricordo consegnata alle Istituzioni il giorno della cessione delle attività assistenziali della SIMEUP www.emergencyoggi.it
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Interno della tenda adibita a Pronto Soccorso
Nelle foto sopra: Breefing serale di fine attività quotidiana
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di frequentanti il 4° e/o 5° della scuola di Specializzazione in Pediatria ed un pediatra specialista con funzioni di tutor. L’assistenza specialistica presso l’Ospedale da Campo “San Salvatore” è stata invece assicurata da Medici Pediatri ed Infermieri Pediatrici Ospedalieri, provenienti da varie regioni italiane, sempre con turni settimanali. I gruppi impegnati sono stati genericamente costituiti da 3 Medici Pediatri e 2 Infermieri/e Pediatrici, organizzati ed inviati in loco a cura dei Presidenti Regionali SIMEUP . Nell’ordine, si sono su succeduti, Toscana (Grosseto), Piemonte, Toscana nuovamente, Campania (Caserta), Piemonte (Torino), Sicilia ed infine, Lazio. Varie le tipologie di intervento che, soprattutto nei campi periferici, sono andate oltre la pura arte medica: già dalla prima fase si è avuta la difficoltà ad avere disponibilità di spazi idonei per le attività sanitarie e lo stoccaggio di grandi quantità di materiale alimentare e di prima necessità per i bambini. La presenza del Pediatra in un tale contesto, è stata considerata poi un punto di riferimento per tutto ciò che potesse concernere le necessità dei bambini, prescindendo spesso dalle specifiche patologie. Alcune cifre: presso l’Ospedale San Salvatore sono stati visitati circa 200 bambini, e molto più alto è il numero degli accessi presso le strutture periferiche (quasi 1000). La problematica più importante dal punto di vista sanitario nel primo periodo è stata l’insorgenza, tipica del periodo, di focolai di varicella, prontamente circoscritti, grazie anche all’allestimento di una tenda di ricovero in isolamento presso la struttura ospedaliera. Nella seconda fase, con la popolazione terremotata alloggiata prevalentemente nelle tendopoli, le gastroenteriti e le infezioni delle prime vie aeree hanno costituito la maggior parte dei motivi di accesso alle cure pediatriche, seguite dalle patologie traumatiche di varia entità, legate più che altro alla sempre maggiore presenza di bambini nei campi di accoglienza. Nell’odierna terza fase dell’emergenza, quella dell’integrazione e della rinascita delle attività sociali e produttive locali, i medici strutturati ospedalieri dell’Ospedale di l’Aquila, hanno ripreso ad essere presenti nelle turnazioni ufficiali in P.S. Pediatrico, mentre i Pediatri di Libera Scelta locali da oggi assicurano l’assistenza specialistica Pediatrica sul territorio, operando magari nelle tende appositamente allestite, piuttosto che nei loro ambulatori , danneggiati come molti degli altri edifici Aquilani. Al fine di poter assicurare un’opera assistenziale efficace ed efficiente, in siLuglio/Agosto 2009
FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO IN MEDICINA DELL’EMERGENZA E DEI DISASTRI
Prima postazione di Pronto Soccorso Pediatrico in cui si è effettuata l’assistenza nelle prime 48h
Sala Direzione Comando e Controllo Protezione Civile Caserma Guardia di Finanza tuazione di particolare emergenza, a favore dei bambini abruzzesi, il Presidente Nazionale della SIMEUP, Dr. Antonio VITALE, interpretando il parere unanime di tutto il Consiglio Direttivo Nazionale, ha stanziato la somma di euro 5000 , ponendola a completa disposizione della sezione regionale Abruzzo della SIMEUP. Il 31 Maggio il ruolo della società scientifica S.I.M.E.U.P. quale coordinatrice dei soccorsi pediatrici ai terremotati è terminato ufficialmente, con la piena ripresa di responsabilità delle figure sanitarie preposte locali, ma i nostri Soci rimarranno sicuramente a disposizione dei colleghi Aquilani e di tutti i bambini aquilani, affinché alla tragedia e al dolore non si aggiunga altro sconforto. Sono ancora molte, infatti, le Sezioni Regionali italiane che si stanno organizzando per dare anche il loro contributo e prestare la loro opera solidale. Parallelamente alle attività assistenziali e di coordinamento “sul campo” , particolare attenzione è stata rivolta anche a fornire costante e precisa informazione ai Soci ed ai Pediatri tutti mediante una sezione del Sito Web ufficiale SIMEP – WWW.SIMEUP.COM – e con la neo-costituzione di un secondo, dettagliato, sito web appositamente dedicato – WWW.PEDIATRIPERLEMAXIEMERGENZE.110MB.COM Entrambi hanno visto numeri sempre crescenti di visitatori ogni giorno, fornendo così una preziosa e pensiamo utile opera di puntuale informazione. Si sottolinea come l’attività prestata dal personale sanitario volontario sia stata completamente a titolo gratuito e, in molti casi, anche oneroso per gli stessi interessati. Luglio/Agosto 2009
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●EPLS European Pediatric Life Support ●Malattie Infettive Emergenti e da Armi Batteriologiche ●ALS Advanced Life Support ●PBLS-D Rianimazione Cardiopolmonare Pediatrica di Base e Defibrillazione ●Emergenze NBCRe (nucleari, biologiche, chimiche, radiologiche e da esplosione) ●Psicologia dell’Emergenza e dei Disastri ●Qualificazione in Medicina Legale, Legislazione Sanitaria org. DEU e sistemi 118 ●Organizzazione Sanitaria in Medicina di Emergenze e Urgenze: Approccio di base ●Gestione Avanzata delle Maxiemergenze ●AHLS Advanced Hazmat Life Support ●Maxiemergenze Veterinarie ●PTC Pre-Hospital Trauma Care (Base) ●PTC Pre-Hospital Trauma Care (Avanzato) ●TBST Toxicological Basis Support Therapy
Organizzati dal CEMEC Centro Europeo di Medicina dei Disastri
Settembre Dicembre 2009 PER INFORMAZIONI E ISCRIZIONI
CEMEC c/o Ospedale di Stato Via Scialoja, 1 - 47893 Cailungo Repubblica di San Marino Tel. 0549/994535 - 994600 Fax 0549/903706
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[email protected] www.salute.sm - www.toxit.eu
Posto Medico Avanzato… di grado Adibire un PMA a Punto di Primo Soccorso: difficoltà Operative di uno start-up in Abruzzo
Daniele Conte - soccorritore esperto Anpas Lazio Mariano De Persio - Infermiere “L. Spallanzani” Roma Valentina Capparozza - infermiera “S. Pertini” Roma Dr Claudio Lo Presti - Rianimatore “S. Filippo Neri” Roma
Nel campo di Pizzoli, località a circa 15 km da L’Aquila, il Posto Medico Avanzato era già operativo alle 18.00 del 6 aprile 2009. Allestito secondo il criterio classico: area di triage all’entrata, percorso lineare entrata-uscita pazienti, all’interno le postazioni attrezzate secondo il codice colore, due ambulanze (ALS e BLS) di supporto. Nelle fasi di Prima Emergenza, operavano su turni squadre composte da un infermiere, 2-3 soccorritori laici esperti, ed un medico rianimatore, supervisore e responsabile del Posto Medico. Il coordinamento era affidato ad associazioni iscritte ad ANPAS, per la maggior parte provenienti dal Lazio. Dopo 72 ore dal Centro Operativo Misto si manifestavano due richieste: alleggerire il lavoro del SS. Salvatore ed allestire all’interno della struttura sanitaria uno studio per la guardia medica. Il contesto operativo non era quindi più incentrato sulla gestione di un’emergenza, ma sul dover garantire un’assistenza prolungata nel tempo agli ospiti della nascente tendopoli. La funzione del PMA si era esaurita e la struttura doveva trasformarsi in un Punto di Primo Soccorso. Secondo normativa, i PPS sono strutture dotate di strumenti e farmaci adeguati al trattamento di patologie a bassa complessità (urgenze minori), compatibili con i gradi 4 e 5 dell’Emergency Severity Index (v 4). Non effettuano però una vera e propria attività ambulatoriale, tanto è che non sono provvisti di ricettario. Nota: nella scala ESI l’attribuzione della priorità deriva dalla gravità e dal prevedibile uso di risorse/esami nel Pronto Soccorso. I livelli 4 e 5 sono univocamente rappresentativi di minima gravità e consumo di una (liv.4) o nessuna (liv. 5) risorsa diagnostica o assistenziale. Premesso quindi che nel Lazio non esistono modelli di riferimento, il personale sul posto, praticamente senza esperienza, si apprestava ad affrontare lo start-up di un PPS. Le difficoltà operative incontrate sono riportate nelle righe seguenti, insieme alle soluzioni adottate.
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La prima difficoltà è stata la definizione di linee guida, protocolli e procedure La continua rotazione di volontari medici (non sempre provenienti da reparti di Rianimazione), infermieri e laici (soccorritori), non avrebbe garantito qualità costante nel lavoro, se non fossero già stati individuati dei punti fermi. La linea guida è stata quella di favorire l’integrazione tra tutte le figure che avrebbero operato nel PPS. Ribadire la necessità di ogni figura, nel rispetto dei limiti e delle reciproche competenze, si è poi rivelato il cardine della capacità operativa. Per meglio permettere l’erogazione della prestazione in maniera efficace, si sono poi definiti i protocolli di riferimento. • Responsabilità del Posto Medico: affidata (a rotazione) a due infermieri. Il primo con oltre quindici anni di servizio in area critica, il secondo esperto in maxiemergenze. Le uniche due persone disponibili ad una permanenza sul campo di almeno dieci giorni ciascuno. Sarebbero stati i referenti verso il COM ed il Capo Campo. • Personale Medico: aveva la totale responsabilità delle diagnosi e delle terapie concesse all’interno del PMA. Prima di prendere servizio in PMA doveva familiarizzare con le ambulanze di supporto e con i relativi equipaggi. • Personale infermieristico: aveva compiti propri del ruolo professionale. Prima di prendere servizio in PMA doveva familiarizzare con le ambulanze di supporto e con i relativi equipaggi. Lavorando in ambito di emergenza-urgenza, all’infermiere è stata riconosciuta, un’autonomia professionale atta a consentire una gestione indipendente nei riguardi di attività assistenziali fondamentali. Prima fra tutte, il triage. • Personale laico (soccorritori): potevano rilevare parametri quali PA SpO2 ed HGT. Svolgevano prevalentemente compiti amministrativi quali: registrazione pazienti, report, centralino, gestione scorte. I soccorritori erano impiegati come equipaggio sulle ambulanze in supporto al PMA, insieme all’infermiere e/o medico. E’ stata prevista la possibilità di demandare a personale molto esperto (sotto supervisione) il compito di aiuto nelle pratiche di triage. Studenti di medicina o in scienze infermieristiche erano considerati soccorritori. Lavorando in un contesto para-ospedaliero, non è stata adottata nessuna parLuglio/Agosto 2009
ticolare procedura operativa che differisse da quelle comunemente in uso, eccetto: • Intervento per chiamata da CO 118: Il Centralinista / Dispatch, in accordo col medico, inviava l’ambulanza più idonea. L’equipaggio, giunto sul posto, confermava il codice di invio al PMA e valutava la reale necessità di trasporto al Pronto Soccorso. Un quotidiano briefing serale oltre ad analizzare l’operato del giorno, serviva come incontro motivazionale e come momento aggregativo per il gruppo. Prestare un buon servizio di assistenza era il solo scopo del lavoro affidato ad ogni equipe. I soccorritori, tutti appartenenti all’ANPAS, hanno dimostrato grande capacità di integrazione ed un ottimo livello di preparazione (professionali). Altrettanto i volontari provenienti dal mondo sanitario (professionisti).
ta la stessa priorità del “dover prestare soccorso”. Nelle prime ore si è fatto ricorso all’esperienza per adottare un modello di “scheda triage”, cartacea, di facile e rapido utilizzo. Dopo la consegna del computer la stessa scheda è stata migliorata ed inserita in un database. Le modifiche fatte in corso d’opera hanno man mano dato risposta alla maggiore esigenza di informazioni rispetto al tipo di emergenza delle prime ore. Soprattutto mostrano come, dopo solo un mese, il PPS si sia talmente integrato nel sistema sanitario locale al punto da individuare i pazienti che necessitavano prestazioni diverse dal soccorso e segnalarle presso i Servizi Sociali, SERT, assistenza domiciliare, psicologi. Nelle figure successive l’evoluzione della scheda dalla creazione (funzionale al PMA) ad oggi (funzionale al Punto di Primo Soccorso)
La seconda difficoltà è stato il dover affrontare tutti i problemi di carattere logistico. • Disposizione sul campo Per garantire la reciproca indipendenza tra l’operato della guardia medica e l’operatività del PMA, le due tende pneumatiche sono state disposte a T. In questo modo rispetto ai criteri standard, si rinunciava solo al percorso lineare entrata-uscita, dando però risposta alla richiesta del COM. L’area rossa, che da protocollo è preferibile far rimanere la più possibile protetta, è stata collocata nel primo terzo del braccio verticale della T, come nella figura 1. • Disposizione dei Farmaci e dei presidi sanitari Il campionario dei farmaci a disposizione ha subito variazioni contestualmente al variare della funzione della struttura. Si è passati dalla disponibilità esclusiva di farmaci d’urgenza ad una disponibilità di farmaci di pronto impiego ed anche da banco, inerenti alla risoluzione delle patologie di minima urgenza. Sugli scaffali (costruiti e messi in sicurezza dai VVFF ) sono stati collocati per specialità (antibiotici, antipiretici, antispastici, etc ) e non in ordine alfabetico. L’inventario e la gestione delle scorte era affidata ai soccorritori. La disposizione dei presidi si è impostata in modo che tutti, laici e personale sanitario, potessero identificare subito ciò di cui avevano bisogno. • Registrazione dei pazienti Sin dalle prime ore post-sisma, alla registrazione degli ingressi è stata assegna-
La terza difficoltà è stata quella di ottenere la fiducia degli ospiti. Interfaccia tra COM e ospiti della tendopoli, il personale PPS, è stato delegato ad assumere compiti di supervisione delle condizioni igienico-sanitarie del Campo ed a promuovere attività di prevenzione contro le epidemie. La tecnica usata durante l’allestimento della tendopoli prevedeva che il personale medico, coadiuvato dai soccorritori, effettuasse giornalmente una serie di visite “domiciliari”. Piccole anamnesi (usando un linguaggio semplice) e brevi colloqui; fondamentali per valutare sia le
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Entrata Entrata Guardia Medica Attesa Pazienti Guardia Medica Guardia Medica Area Triage G R Aree di Lavoro Codici Triage
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libri
EMERGENZE CARDIACHE Edizione italiana a cura di Minelli M. e Boccuzzi G. PEACOCK W.F., TIFFANY B.R. 576 pagine Prezzo: € 56,00
MANUALE DI ECOGRAFIA CLINICA IN URGENZA Testa A. 500 pagine Prezzo: € 140,00
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condizioni di salute degli ospiti, sia quelle igienico sanitarie delle tende. A questo è seguita la pubblicazione di una lista di comportamenti da far adottare a tutti (volontari ed ospiti), scritta su volantini distribuiti capillarmente nel Campo. Naturalmente era il personale PPS il primo a rispettare le norme contenute nel messaggio. Tutte le equipe presenti hanno vissuto a pieno la Tendopoli: mangiando insieme agli ospiti, parlando con gli anziani, giocando coi bambini, riuscendo a mantenere intatto (per i puristi del ruolo) il decoro ed il rispetto della divisa indossata. Di contro, quando la popolazione ha iniziato a considerare il personale come sostituto del medico di famiglia, si è fatto ricorso ad un intervento del Responsabile presso la Funzione Sanità del COM. Non era corretto, infatti, assumere un ruolo appartenente ad altri, per cui è stata fatta emanare (a firma del Sindaco) un’informativa nella quale si ribadivano le funzioni proprie del Punto di Primo Soccorso (es: nel PPS non si rilasciano impegnative o ricette.) Nel contesto di questa emergenza il connubio tra personale medico e laico, tra “professione ed umanità”, e la coerenza nella testimonianza, si sono fortunatamente rivelati comportamenti vincenti. In caso di catastrofe, sia essa naturale o no, c’è fondamentale necessità di integrazione tra figure e ruoli delle forze in campo. La Tendopoli di Pizzoli grazie a ciò è stata più volte portata ad esempio dalle istituzioni. Sono state accolte fino a 1100 persone e, ad oggi, le condizioni di vita sono talmente accettabili che il DPC ha inaugurato un polo scolastico ed una struttura pneumatica da adibire a teatro. Naturalmente, le ambulanze di supporto al PPS assicurano assistenza alle scuole e durante gli spettacoli. Riportiamo infine, per completezza, i grafici dei dati sugli interventi effettuati nel Posto Medico Avanzato… di grado. Luglio/Agosto 2009
Trauma spinale, scoperta italiana: INDIVIDUATO INTERRUTTORE MOLECOLARE CHE REGOLA LA MORTE E LA RIPARAZIONE CELLULARE Un gruppo di ricercatori italiani ha individuato una concreta possibilità per rimediare alla perdita cellulare associata al danno spinale conseguente ad eventi traumatici, purtroppo molto diffusi tra la popolazione giovane maschile (1.5 ogni 10 abitanti). La scoperta si basa sulla possibilità di sfruttare i molteplici ruoli del nuovo recettore GPR17, già precedentemente individuato dal gruppo e presente, nel midollo spinale, sia sulle cellule che muoiono in conseguenza del danno traumatico che sulle cellule coinvolte nella successiva riparazione e rigenerazione della zona lesa. Lo studio è stato coordinato dalla Professoressa Maria Pia Abbracchio, dell´Università degli Studi di Milano, dal Professor Salvatore Cuzzocrea dell´Università di Messina e dal Professor Placido Bramanti, Direttore scientifico dell´IRCCS Centro Neurolesi Bonino Pulejo di Messina. Cruciale il ruolo svolto dai primi autori dello studio, le Dottoresse Stefania Ceruti e Tiziana Genovese e il Dottor Giovanni Villa. Hanno partecipato allo studio anche i Dottori Patrizia Rosa e Renato Longhi del CNR di Milano. In un modello sperimentale di danno traumatico spinale, i ricercatori hanno osservato che GPR17 è normalmente presente sulle cellule nervose e sull´oligodendroglia, le cellule che formano la "guaina mielinica" che rivestendo i prolungamenti nervosi permette ai neuroni di comunicare fra di loro. Subito dopo il danno, all´interno dell´area lesa, vi è un´attivazione abnorme di GPR17, che è responsabile di una cascata infiammatoria che inizia come tentativo disperato di limitare il danno, ma che, fuori controllo, si trasforma in un messaggio di morte sia per neuroni che per le cellule dell´oligodendroglia. "Una prima importante scoperta del nostro studio", spiegano il Professor Bramanti e il Profes-
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sor Cuzzocrea, "è che l´inibizione preventiva di GPR17 è in grado di alleviare significativamente la perdita cellulare nell´area lesa, e il deficit neurologico associato al trauma. E´ stato possibile ottenere tale inibizione somministrando agli animali un farmaco biotecnologico sperimentale disegnato "ad hoc", in grado di bloccare specificatamente la proteina recettoriale GPR17". Tuttavia, il ruolo di GPR17 è ben più complesso e non si limita alle prime fasi successive al trauma spinale, in cui peraltro è molto difficile intervenire in maniera tempestiva. Oltre a quanto già descritto, alcune cellule circostanti alla zona lesa emettono una sorta di segnale di allarme che, nei giorni successivi al danno, richiama in loco microglia e macrofagi, le cellule del sistema immunitario che agiscono da "spazzini", eliminando le cellule morte e rimodellando la zona lesionata in modo da favorirne la riparazione. Al tempo stesso, le cellule staminali adulte normalmente presenti allo stato quiescente nel "canale centrale" del midollo vengono attivate, e iniziano a proliferare e ad esprimere proteine di staminalità, indicando il tentativo di iniziare un processo riparativo che però, purtroppo, rimane solo parziale e nella maggior parte dei casi non risolutivo. "La seconda informazione importante fornita dallo studio è che il segnale di danno che attiva entrambi questi meccanismi più tardivi viene recepito soltanto dalle cellule che possiedono GPR17" prosegue il Professor Bramanti. Quindi, questo recettore non è soltanto coinvolto nella mediazione del danno acuto, ma partecipa anche ai meccanismi riparativi più a lungo termine. "Già in un nostro precedente studio sul danno associato ad ictus ischemico cerebrale", commenta la Professoressa Abbracchio, "avevamo osservato questo duplice ruolo di GPR17. In particolare, ave-
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vamo notato che, nelle fasi successive al danno, la sua attivazione sulle cellule simil-staminali ancora presenti nel cervello adulto può favorire il processo riparativo, che sta alla base della formazione di nuovi neuroni e nuove cellule oligodendrogliali". Si apre così la prospettiva futura di poter incrementare la maturazione di questi precursori non ancora differenziati verso forme specializzate, in grado di riformare la guaina mielinica danneggiata dalla lesione e ripristinare la capacità dei neuroni di trasmettere impulsi. Si tratta quindi ora di mettere a punto una nuova terapia da somministrare precocemente nelle fasi successive al trauma per potenziare l´attività rigenerativa di GPR17. "Dal punto di vista teorico, risultati ottimali si potrebbero ottenere combinando sinergicamente l´uso di agenti farmacologici attivi su GPR17 con l´impiego di farmaci biotecnologici che "spingano" il differenziamento delle cellule progenitrici adulte verso il tipo cellulare danneggiato" spiega Stefania Ceruti, uno dei primi autori dello studio. "Quando messa a punto, questa nuova strategia potrebbe essere applicata anche nei giorni e nelle settimane successive al trauma, permettendo di operare con una "finestra terapeutica" molto più ampia di quella attuale". La ricerca è stata pubblicata il 15 giugno 2009, sulla rivista "Brain" del gruppo The Oxford Journals, terza rivista mondiale nel campo della neurologia clinica. Lo studio, totalmente indipendente, è stato finanziato dal Ministero dell´Istruzione, Università e Ricerca (progetti COFIN e FIRB), dal Ministero della Salute (Ricerca Finalizzata) e dal Centro Neurolesi Bonino Pulejo. Lo sfruttamento della scoperta è coperta da brevetto dell´Università degli Studi di Milano che detiene l´80% della proprietà, in cotitolarietà con l´Università di Pisa (10%) e il CNR (10%).
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La chiamata telefonica al 118:
LE ABILITÀ COMUNICATIVE
Gabriele Prati e Luca Pietrantoni, Università di Bologna
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a raccolta e il coordinamento delle richieste di soccorso sanitario gestendo, in maniera oculata, le risorse disponibili costituiscono le finalità principali della Centrale Operativa 118 (D.Lgs 402/2001; D.P.R. 27 marzo 1992). Gli operatori del 118 hanno il compito di rispondere alle chiamate e ottenere le informazioni necessarie stimolando la collaborazione di chi richiede il soccorso (il cosiddetto caller) e utilizzando un protocollo di interrogatorio standard che permetta di rispondere allo stesso problema nella stessa maniera (1). Secondo il D.P.R. 27/03/1992, il compito di un sistema di soccorso sanitario è quello di ridurre il numero delle morti evitabili attraverso l’invio tempestivo del mezzo più idoneo sul luogo dell’evento e il trattamento più qualificato. Questo risultato lo si raggiunge prima di tutto attraverso una gestione ottimale di una chiamata la quale permette di stabilire il tipo di intervento, le sue priorità e i mezzi necessari dall’inizio fino alla sua risoluzione (2). La gestione di una chiamata richiede competenze che fanno riferimento sia all’expertise tecnico di un operatore, per esempio riconoscere la gravità di una situazione attraverso i sintomi riportati dall’utente, sia all’expertise non tecnico come ridurre l’ansia del chiamante, ottenere la collaborazione di una persona con un atteggiamento aggressivo, ecc. Nella letteratura scientifica le competenze non tecniche (si veda il riquadro) si riferiscono a tutte quelle abilità a livello cognitivo, emotivo, comportamentale e interpersonale che non sono specifiche dell’expertise di una professione ma che sono egualmente importanti nella riuscita delle pratiche operative e nel mantenimento del massimo grado di sicurezza (3,4). La consapevolezza della situazione o “si-
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tuation awareness” è importante nella risposta a una chiamata. Attraverso poche informazioni riportate da un chiamante che in alcuni casi può essere teso o ansioso, l’operatore ha il compito di valutare la gravità della situazione e la sua possibile evoluzione nel futuro. Tuttavia in questa fase è importante che l’operatore si limiti a identificare solo quelle informazioni necessarie per la valutazione della situazione e non di più: può succedere, infatti, che l’operatore abbia la tentazione di lanciarsi in una valutazione diagnostica che comporti una perdita di tempo e può trarre facilmente in inganno l’operatore. L’obiettivo, quindi, è raccogliere le informazioni essenziali tramite una scelta accurata. Queste informazioni serviranno poi per arrivare a prendere una decisione (decision making) sul tipo di risposta più appropriata sulla base delle risorse disponibili. Gli operatori del 118 usano prevalentemente due modalità di codifica degli interventi, un codice numerico e un codice colore (si veda la tabella). Oltre alle decisioni circa la gravità dei pazienti e l’eventuale cambio di codice, le altre riguardano l’eventuale invio di automedica, ambulanze e elicottero (in base alle risorse umane ed economiche). All’operatore di una centrale operativa è richiesto di possedere specifiche abilità comunicative. Esse sono necessarie per massimizzare il numero di informazioni che si possono ottenere in un arco di tempo ridotto e per non incorrere in fallimenti. Per esempio in una chiamata giunta al 118 in occasione di una sparatoria il caller diede come localizzazione “in via Paterlini” ma l’operatore del 118 capì “in via Paganini”. Il potenziale errore comunicativo fu evitato poiché l’operatore chiese un feedback, che in gergo tecnico significa
una conferma sulla ricezione del messaggio. Nello specifico in quell’occasione l’operatore ripeté con tono leggermente interrogativo “in via Paganini?” e questo permise al chiamante di correggere il fallimento comunicativo. Oltre alle abilità comunicative un operatore del 118 deve saper adeguatamente gestire lo stress, la stanchezza specie nei turni notturni. Il lavoro al telefono può essere logorante e quindi è importante per un operatore comprendere i segnali di affaticamento e rispondere in modo appropriato. La fatica può avere conseguenze negative sulle prestazioni cognitive, pensiamo ad esempio alla concentrazione o alla memoria o alla capacità di prendere decisioni rapide ed efficaci. Infine all’operatore è richiesto non solo di gestire il proprio livello di stress ma anche, e soprattutto, quello del chiamante. La letteratura internazionale ci dice che sono estremamente rari i casi di chiamanti il cui livello di ansia è tale da rendere impraticabile l’intervento da parte dell’operatore. Al contrario vi sono tecniche comunicative che possono permettere all’operatore del 118 di riuscire a ottenere tutte le informazioni necessarie anche in presenza di un chiamante estremamente ansioso (1,5). La ricerca Nella ricerca che abbiamo effettuato sono state selezionate 244 telefonate raccolte presso la sede della Centrale Operativa 118-ReggioSoccorso. Nella selezione ci siamo avvalsi di criteri come la lunghezza delle telefonate: dato che le telefonate entro un minuto possono rientrane nella routine operativa, abbiamo deciso di focalizzarci sulle telefonate che durano più di 60 secondi. Inoltre nessuna chiamata doveva avere come scopo il trasporto programmato in ospedale del chiamante o Luglio/Agosto 2009
una richiesta per un intervento di tipo veterinario. Con questi criteri abbiamo eliminato tutte quelle chiamate più di routine per avere la possibilità di concentrarci sulle chiamate più delicate dal punto di vista operativo. Le chiamate selezionate sono avvenute in tre giornate differenti (9 novembre 2003; 6 dicembre 2003; 28 giugno 2004). Per avere un’idea sulle caratteristiche dei chiamanti, le telefonate sono state categorizzate sulla base del tipo di caller. In base alla letteratura (1) il chiamante viene categorizzato in first caller (prima persona) quando è il paziente stesso che effettua la telefonata; second caller (seconda persona) quando chi chiama è fisicamente vicino al paziente e third caller (terza persona) quando chi chiama non è fisicamente vicino al paziente. Dai risultati è emerso che nel 78.3% dei casi il chiamante è un second caller, nel 17.6% un first caller, infine nel 4.1% è un third caller. All’interno della categoria second caller, il 43.6% delle chiamate è stato effettuato da parenti di primo grado, il 31.2% da conoscenti ed estranei, il 25.2% da familiari ed amici. Dai dati è emerso che i first caller pongono all’operatore quesiti molto eterogenei e in alcuni casi non necessariamente riconducibili alla funzione del Servizio 118 (ad esempio, richiesta di informazioni su dove si trova un particolare reparto ospedaliero, piuttosto che la composizione chimica di alcuni farmaci o anche quali sono le conseguenze di rapporti a rischio), mentre i second
caller e i third caller richiedono maggiormente l’invio di un mezzo di soccorso. Ci siamo chiesti, inoltre, se a chiamare il 118 fossero più uomini o donne. Dalla ricerca è emerso che il 56.6% è stato effettuato da femmine mentre il 43.4% da maschi. Questa dato conferma che nella nostra società sono le donne a ricoprire maggiormente il ruolo di prestatore di cure in seno ai diversi contesti di vita. Tramite analisi del contenuto sono state individuate sei tipologie di strategie comunicative utilizzate dal soccorritore per contenere l’ansia del chiamante: persistenza, ovvero l’operatore ripete parole e frasi stimolo utilizzando la stessa formulazione e lo stesso tono per una migliore comprensione da parte del chiamante e per ridurre lo stato ansioso (ad esempio, “avete chiamato il dottore?...avete chiamato il dottore?”); rassicurazioni, cioè frasi o parole con tendenza lenitiva dello stato ansioso (ad esempio, “stia tranquilla che adesso arriva l’ambulanza”); prossimità, ovvero frasi che determinano una presa in carico costante del paziente e la percezione da parte del chiamante di monitoraggio continuo della situazione (ad esempio, “… se cambia qualcosa mi richiama d’accordo?”); “confronti verso il basso”, ovvero frasi che equiparano la situazione in atto con altri eventi al fine di depotenziarne la carica ansiogena (ad esempio, “non si preoccupi, ci sono situazioni più gravi di questa”); conferma, cioè frasi che tendono a rinforzare il comportamento del chiamante (ad esempio, “…ha
fatto bene a metterlo sdraiato…”); pianificazione, ovvero frasi con riferimento ad azioni che il chiamante deve compiere all’interno del quadro spazio-temporale (ad esempio, “… lei può scendere come mettiamo giù dalla chiamata …”). Questo tipo di istruzioni possono diminuire lo stato eccessivamente ansioso poiché l’utente, focalizzandosi su un compito da eseguire, allevia l’ansia e/o si distrae da essa. Inoltre le istruzioni restituiscono un senso di padronanza su una situazione che generalmente rende impotenti le persone. Per quanto riguarda invece le istruzioni pre-arrivo, si possono distinguere quelle inerenti il primo soccorso, ovvero insieme di informazioni per una prima gestione da parte del chiamante circa le azioni che si possono effettuare prima dell’arrivo dei soccorsi (“… stia tranquilla metta qualcosa sopra la ferita in modo che smetta di sanguinare”; “... se avete ghiaccio lo mettete fermo negli spogliatoi …”) e altre di comunicazione continua, cioè frasi che l’operatore dice al chiamante per instaurare un rapporto costante collaborativa e rivolta ad una buona risoluzione del problema (“… me lo può lasciar libero finché l’ambulanza non è arrivata se per caso abbiamo bisogno la ricontattiamo”). Un fattore di criticità particolare è dato da quelle telefonate che vengono definite dagli operatori “telefonate scherzo”. La problematicità, di questo tipo di chiamate, risiede nella difficoltà di discriminare sulla base di alcuni indicatori, le richieste reali da quelle false evitando un inutile utilizzo
Codice numerico
0
non necessita di trasporto o lo rifiuta
1
scarsa gravità (ad esempio ferite superficiali)
2
urgenza, paziente con lesioni potenziali che possono compromettere le funzioni vitali (ad esempio traumi con fratture )
3
emergenza, paziente che presenta delle compromissione alle funzioni vitali (ad esempio arresto cardio-circolatorio)
4
paziente deceduto
Codice colore
Bianco
pazienti in condizioni di non urgenza che possono ricevere prestazioni sanitarie differibili
Verde
pazienti che non presentano compromissione dei parametri vitali (alterazione dello stato di coscienza, respiratorio, apparato circolatorio)
Giallo
pazienti che presentano un forte rischio di compromissione delle funzioni vitali
Rosso
pazienti in pericolo di vita a causa della compromissione di uno o più parametri vitali
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di risorse. Nel riconoscimento delle “telefonate scherzo” il problema maggiore risiede nei falsi positivi, ossia nelle telefonate che erroneamente vengono interpretate come scherzo ma che in realtà intendono veicolare una richiesta di soccorso. A questo proposito vi è stato il caso di una persona con forti problematiche nell’espressione linguistica la cui richiesta di soccorsi in seguito a infarto è stata scambiata per una telefonata scherzo poiché non riusciva a scandire bene le parole. Tuttavia anche i falsi negativi, ossia le “telefonate scherzo” che non vengono riconosciute come tali, possono comportare dei problemi in termini di risorse preziose impiegate inutilmente. Per esempio un articolo a pagina 11 del “Corriere della Sera” del 23 novembre 2006 riporta il caso di una chiamata al 118, che poi si rivela falsa, la quale ha fatto scattare il soccorso e l’automedica in sirena si è schiantata contro un’auto. Dalla presente ricerca è emerso che le telefonate scherzo vere e proprie sono state 2 su 244, ossia lo 0.08%. Oltre alle “telefonate scherzo” vere e proprie vanno considerate anche 15 telefonate con immigrati con difficoltà linguistiche e 3 chiamate da parte di persone che con ogni probabilità sono affette da disturbi mentali le quali erroneamente avrebbero potuto essere interpretate come scherzo. Solitamente dall’ascolto di queste chiamate emergono casi di delirio alcuni plateali (per esempio “aiuto stanno per arrivare gli UFO!”) altri invece meno evidenti: per esempio in un caso di una persona che ha chiamato il 118 per un forte mal di testa solo con opportune domande l’operatore ha compreso che la causa del mal di testa era dovuta al fatto che qualcuno gli aveva introdotto dei pensieri in testa (delirio detto di inserzione del pensiero dovuto alla convinzione di inserimento nella propria mente di pensieri estranei). Conclusioni I dati preliminari di questa ricerca ci hanno permesso di analizzare le caratteristiche dei chiamanti del 118 e le modalità comunicative messe in atto dagli operatori per aumentare la collaborazione e ridurre l’ansia del chiamante. Una risoluzione positiva di una richiesta di soccorso ha una sua ricaduta non solo in termini di sicurezza del paziente ma anche in termini di qualità della vita professionale dell’operatore (7). Per queste ragioni è importante che gli operatori siano adeguatamente formati a ottenere le informazioni necessarie secondo particolari tecniche comunicative (1). Il modello delle competenze non tecniche (7) è già stato utilizzato nella formazione degli operatori del 118 in un gruppo misto con altri operatori (Polizia Stradale e Vigili del Fuoco) orientato alla definizione di linee guida sull’intervento in Autostrada (8). Al momento attuale stiamo lavorando per definire le competenze non tecniche degli operatori che lavorano in Centrale operativa. Queste conoscenze possono poi essere trasferite in sede di formazione.
Bibliografia Ghiselli G, Calabrò P, Bono D, Enrichens F. I codici gialli nell’interpretazione delle chiamate. Emergency Oggi, 8(9), 2003. Radeschi G, Rocca B. L’emergenza sanitaria al telefono. Edizioni Minerva Medica, Torino, 1995.
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Prati G, Pietrantoni L, Rea A. Competenze non tecniche e marcatori comportamentali nelle professioni a rischio. Nuove Tendenze della Psicologia, 4(3): 353-370, 2006. Pietrantoni L, Prati G. Psicologia dell’emergenza, Bologna, Il Mulino, 2009. Clawson JJ, Dernocoeur KB. Princi-
Il modello delle competenze non tecniche Nella formazione degli operatori del primo soccorso, è data particolare rilevanza all’acquisizione delle competenze tecniche, come il saper fare una manovra, un bendaggio, una iniezione. Queste sono ben definite, valutate e aggiornate adeguatamente, mentre lo stesso non si può dire delle competenze non tecniche. L’Università di Aberdeen, analizzando varie professioni impegnate nella gestione del rischio (piloti, chirurghi, operatori dell’emergenza), ha definito le competenze a livello cognitivo, emotivo, comportamentale e interpersonale importanti nella riuscita delle pratiche operative e nel mantenimento del massimo di sicurezza (7). Sono state raggruppate in sei categorie: • Consapevolezza della situazione “(situation awareness)” è una competenza che ha a che fare con l’abilità di percepire, comprendere e prevedere ciò che sta avvenendo al paziente • Presa di decisione (decision making): esprime il processo di giudizio attraverso il quale si arriva a scegliere un’attività tra due o più opzioni, ad implementarla ed a verificarne gli esiti (ad es., decidere quanti e quali mezzi inviare). • Comunicazione: definita come lo scambio di informazioni, istruzioni e idee, è spesso indicata fra le cause di azioni non sicure e inconvenienti (es., il chiamante riferisce Hotel delle Terme senza riferire la città, l’operatore non pone domande e invia l’ambulanza a Porretta Terme invece che a Castel San Pietro Terme). • Leadership: consiste in un processo di influenza sociale in cui una persona guida gli altri membri del gruppo verso un obiettivo (es., saper assegnare bene i compiti ai membri di un equipaggio) . • Cooperazione: intesa come la capacità di lavorare efficacemente in un team/gruppo (es, saper chiedere aiuto ad altre unità). • Gestione dello stress e dell’affaticamento: fanno riferimento alle abilità dell’operatore che sa identificarne i sintomi, riconoscerne gli effetti potenziali sulla prestazione e implementare adeguate strategie per farne fronte.
ples of Emergency Medical Dispatch. Priority Press, Third Edition, 2000. Prati G, Pietrantoni L. Il benessere psicologico dei soccorritori. Emergency Oggi, 14(10): 20-22, 2008. Flin R, O’Connor P, Crichton M. Safety at the sharp end: A guide to non-technical skills. Aldershot, Ashgate, 2008.
Pietrantoni L, Prati G. La formazione psicologica degli operatori di Primo Soccorso. In G.Trabucco e F.Buonocore (a cura di), Pronto soccorso triage. Accoglienza, rassicurazione, cura, aspettative, vissuti psicologici, bisogni (pp.477-484). Verona: Libreria Cortina, 2007.
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Ecografia in Emergenza-Urgenza E. L.Faiola, P. Gammardella, S. Corelli, A. Martellucci, A.a Stagnitti, F. Stefanelli, F. Vicidomini Scuola di Specializzazione di Chirurgia Generale V Università di Roma “Sapienza” – Polo Pontino - Ospedale “A.Fiorini” Terracina UOC di Chirurgia Universitaria Direttore Prof. Franco Stagnitti L’Ecografia in Emergenza-Urgenza è da considerarsi modernamente disciplina a sé stante e le sue caratteristiche sono state chiaramente definite dalle più prestigiose Società scientifiche a livello internazionale. Tale metodica di Imaging garantisce un immediato contributo in numerose condizioni post-traumatiche ad integrazione della valutazione clinica iniziale del paziente. Essa trova infatti un posto rilevante nella cosiddetta Golden Hour tanto da collocarsi, oggi, subito dopo le cosiddette abilità primarie. Essa è una metodica focalizzata alla ricerca di determinati reperti per offrire risposte mirate a quesiti specifici che possono emergere durante la valutazione iniziale del paziente (Primary Survey). Tutto ciò è frutto di studi e di applicazioni cliniche codificate che nella metà degli ’90 Grace Rozycki ed altri hanno iniziato a definire ed ad applicare nell’ambito dell’emergenza Nordamericana venendo a costituire così la FAST, acronimo che sta per Focused Assessment with Sonogram for Trauma. La FAST da allora ha trovato la sua progressiva ed inarrestabile affermazione nell’ambito dell’Emergenza sia Nordamericana che successivamente Europea fino a diventare metodica standard nella valutazione “point-of-care” del politrauma ovvero quella valutazione eseguita nel punto di cura e gestione del trauma (dalla scena dell’incidente sino alla shock room o la sala operatoria). Lo scopo principale, sé non esclusivo della FAST, è di identificare un’emorragia interna in un paziente politraumatizzato da avviare immediatamente al tavolo operatorio se emodinamicamente instabile oppure di candidare il paziente ad approfondimenti diagnostici di secondo livello se la stabilità dei parametri vitali lo consentono. La raccolta liquida in peritoneo documentabile dalla metodica ecografia è variabile e può oscillare da 50-100 ml fino a 500-600ml. Essa generalmente viene visualizzata nei recessi più declivi dello spazio peritoneale (spazio del Morison, sede perisplenica e spleno-renale, scavo del Douglas). La FAST come indagine semplificata e codi-
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ficata nello studio dell’addome esplora specificatamente tali recessi peritoneali e può altresì valutare anche la presenza di eventuale liquido pleurico, nei seni costofrenici laterali, nonché fluido pericardico. E’ una indagine rapida, da eseguirsi in pochi minuti (3-5 minuti), spesso contemporaneamente ad altre procedure o pratiche resuscitative. Essa è di facile apprendimento da parte di diversi operatori sanitari grazie ad una semeiotica semplifi-
cata poiché il fluido endoperitoneale all’ecografia si riconosce generalmente come falda anecogena. La FAST si concretizza fondamentalmente in quattro scansioni ecografiche a livello dell’addome: 1) Sottocostale (ricerca di versamento pericardio e valutazione anche di contrattilità cardiaca); 2) Quadrante addominale sup.Dx (ricerca di liquido nella tasca di Morison, sovraepatica e seno costo-frenico dx); 3) Quadrante addominale sup.sin. (ricerca di liquido in perisplenica e seno costofrenico sin.); 4) Pelvi(ricerca di fluido nel Douglas). Il protocollo FAST originariamente nato e codificato per il riconoscimento dell’emoperitoneo ed emopericardio recentemente si è poi ulteriormente esteso a un numero consistente di altre applicazioni cliniche mirate, sempre rapidamente eseguibili, ad alto impatto diagnostico e terapeutico. Si è quindi aggiunta la E-FAST(Extended
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FAST) per il riconoscimento ecografico del Pneumotorace e successivamente, molto più recentemente, la FAST ABCDE (Airways, Breathing, Circulation, Disability, Exposure). Tale ultima evoluzione di approccio metodologico ecografico fa sì che la metodica supporti i molti quesiti clinici che possono nascere durante la valutazione nella scala di priorità assoluta che si segue nell’approccio al paziente traumatizzato. In particolare, e a titolo di esempio, l’indagine ecografia può valutare la corretta intubazione endotracheale, la performance respiratoria e cardiaca, la eventuale distensione della guaina del nervo ottico con scansione transpalpebrale quale espressione di deficit neurologico centrale,etc. In relazione a quanto brevemente descritto La FAST, sia nella sua versione tradizionale che come protocollo esteso, può quindi modernamente inserirsi a pieno titolo nella storia evolutiva e gestionale del politrauma dal momento del primo soccorso sul luogo dell’incidente a tutte le fasi successive della Golden Hour sia in ambito extra che intra ospedaliero. Bibliografia Rozycki GS,Ochsner MG,Schmidt JA,Frankel HL,Davis TP,Wang et altri: A Prospective study of surgeon performed ultrasound as the primary adjuvant modality for injured patient assessement. J.Trauma 1995;39(3):492-8 [Discussion:498-500] 2)Rozycki G,Shackford S: Ultrasound,what every trauma surgeon should know. J.Trauma 1996;40:1-4. 3)FAST Consensus Conference Committee:Scalea TM, Rodriguez AL,Chiu WC,Brenneman FD,Fallon WF,Kato K,MC Kenney MG,Nervich ML,Ochsner MG,Yoshhi H: Focused Assessment with sonography for trauma(FAST): Results from an international consensus conference. J. Trauma 1999,46:466-472 4)American College of Emergency Phisicians ACEP Emergency Ultrasound Guidelines-2001 Ann. Emerg. Med. 2001;38(4):470-481 5)Royal College of Radiologist,Faculty of Clinical Radiology: Ultrasound training, Recommendationes for medical and surgical specialists,2005 6)American College of Emergency Phisicians: Emergency Ultasound Imaging Criteria Compendium. Ann. Emerg .Med. 2006;48:487-510 7)Cianci U.,Scuderi M.,Storti E.,Neri L. FAST e il modello integrato di gestione ABCDE del trauma Cap.6:46-64 In Ecografia Clinica nelle UrgenzeEmergenze Ed. Minerva Medica
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L’arresto cardiocircolatorio L’arresto cardiocircolatorio è un’interruzione della funzione di pompaggio del cuore che causa il blocco dell’ossigenazione ai tessuti e agli organi. Questo evento causa 700.000 decessi all’anno in Europa, e tra i 50.000 e i 70.000 in Italia. Nel nostro Paese i decessi per arresto cardiologico superano di dieci volte quelli per incidente stradale, e di cinquanta volte quelli di Aids. La sopravvivenza a seguito di un arresto cardiocircolatorio è strettamente legata alla rapidità dell’intervento e ogni minuto di ritardo la riduce del 10%. In Italia il tasso medio di sopravvivenza è inferiore al 6%.
La maggioranza degli arresti cardiaci si verifica al di fuori dell’ospedale, in ambienti non protetti, più spesso in presenza di testimoni che potrebbero attuare un valido soccorso. Circa il 75% degli arresti cardiaci è causato da una aritmia letale del cuore chiamata Fibrillazione Ventricolare. Esistono protocolli precisi per la rianimazione che aumentano considerevolmente la possibilità di sopravvivenza del paziente riducendo l’incidenza dei danni cerebrali. Questi protocolli richiedono la presenza di personale addestrato e tempi rapidi di intervento. L’unica terapia efficace della Fibrillazione Ventricolare è rappresentata dalla defibrillazione elettrica che oggi può essere erogata da apparecchi portatili in grado di individuare correttamente l’aritmia: i Defibrillatori Automatici Esterni (DAE). Un intervento corretto e tempestivo può salvare da morte certa oltre il 40% delle vittime. La correttezza dell’intervento è garantita dalla frequenza ai corsi BLS (Basic Life Support) dove si apprendono le tecniche di primo intervento. La tempestività è altrettanto fondamentale: la defibrillazione, ossia la somministrazione di uno shock elettrico capace di rimettere in funzione il muscolo cardiaco, è raccomandata solamente se avviene entro i primi 2-3 minuti dall’evento. Da qui la necessità di una loro diffusione nei luoghi di maggior affluenza.
I defibrillatori semiautomatici e automatici esterni DAE I defibrillatori semiautomatici e automatici esterni (DAE) sono apparecchi nati per intervenire rapidamente in caso di arresto cardiocircolatorio. Questi apparecchi, dopo aver riconosciuto la presenza della fibrillazione ventricolare, (causa del 75% degli arresti cardiocircolatori) o della tachicardia ventricolare rapida, somministrano lo shock elettrico necessario. Uno studio durato due anni su tre aeroporti di Chicago che si erano dotati di apparecchi DAE ha evidenziato che la percentuale di sopravvivenza in 18 pazienti che avevano subito un arresto cardiocircolatorio era arrivata al 56%. Nella maggior parte dei casi, i dispositivi DAE erano stati utilizzati da persone che non avevano neppure seguito un corso per il loro utilizzo, ma che avevano semplicemente seguito al momento le istruzioni fornite dallo stesso strumento. Un analogo studio effettuato in Europa su 110 dispositivi ha evidenziato in 134 pazienti un tasso di sopravvivenza del 28%, che arrivava al 53% in quei luoghi dove era intervenuto unicamente personale addestrato. La legge 120 del 3 aprile 2001 e la successiva legge 69 del 15 marzo 2004 ha concesso l’uso dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni a personale non medico, purché in possesso di un’apposita formazione. L’Italia è stato il primo Paese in Europa a dotarsi di una legge che permetteva l’utilizzo dei defibrillatori anche a personale “laico”, ossia non medico.
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DEFIBRILLATORI NEI LUOGHI PUBBLICI E PERSONALE FORMATO
UNA CITTÀ ATTENTA AL CUORE Il Comune di Roma ha avviato un piano strategico, il primo in Italia, volto a combattere la mortalità per arresto cardiaco improvviso. Nell’ambito di questo programma in Campidoglio sono stati istallati cinque defibrillatori di ultima generazione, donati dal gruppo De Vita, ed è stato avviato il programma di formazione per l’utilizzo di questi apparecchi. Due sono infatti le condizioni per ridurre la mortalità da arresto cardiaco improvviso: la conoscenza delle manovre di primo soccorso BLS (Basic Life Support) e la presenza sul posto dei defibrillatori semiautomatici esterni, apparecchi salvavita che misurano i parametri vitali del paziente decidendo se e come somministrare la scarica elettrica necessaria per riavviare il muscolo cardiaco. La letteratura scientifica è concorde nel ritenere che la presenza di questi due fattori aumenti in maniera significativa il tasso di sopravvivenza: ogni minuto di ritardo nel soccorso diminuisce infatti del 10% la probabilità che la vittima sopravviva. Al contrario, un intervento corretto e tempestivo può salvare da morte certa oltre il 40% delle vittime. La correttezza dell’intervento è garantita dalla frequenza ai corsi BLS (Basic Life Support) dove si apprendono le tecniche di primo intervento. L’addestramento per l’utilizzo dei defibrillatori da parte del Comune di Roma sarà sempre a cura del Gruppo de Vita. Il programma della Giunta Capitolina mira a sensibilizzare il personale della città ad intervenire con competenza e prontezza in caso di necessità, favorendo così la diffusione di una cultura della prevenzione capace di proteggere cittadini e turisti. L’obiettivo è di intervenire concretamente su un problema sociale di grande rilevanza coinvolgendo direttamente, in prima persona, i dipendenti municipali che sin da subito si sono dimostrati sensibili a questa problematica. I cinque defibrillatori semiautomatici, prime maglie di una rete destinata a coprire l’intera aerea metropolitana, sono stati istallati in luoghi di grande affluenza: i Musei Capitolini, il Palazzo dell’Avvocatura, il Palazzo Senatorio - ingresso Sisto IV, il punto di primo soccorso IPA, il Dipartimento I - Politiche Risorse Umane e Decentramento in via del Tempio di Giove. Tutti gli apparecchi sono collegati on line a un server centrale che ne monitorizza permanentemente la funzionalità mantenendoli nelle migliori condizioni di funzionamento e di sicurezza: un’ulteriore garanzia per i cittadini che, osservando i totem ben visibili dove alloggiano i defibrillatori, avranno la certezza che Roma pensa a loro, col cuore. Luglio/Agosto 2009
Un defibrillatore indossabile
E' un giubbotto salvavita post infarto sperimentato a Roma Somiglia a un giubbotto antiproiettili il defibrillatore indossabile, 'LifeVest', per cardiopatici a forte rischio. Da due mesi viene usato nell'ospedale San Giovanni-Addolorata di Roma, per la prima volta sui pazienti post infarto ad alto rischio ai quali lo facciamo indossare nei primi 30 giorni dopo l'infarto. Il giubbotto e' munito di elettrodi che vengono sistemati sul torace del paziente Per chi ha subito un infarto i primi due mesi dopo la degenza in ospedale sono il momento peggiore. Durante il ricovero, infatti, la mortalità è in costante diminuzione da anni e non supera il 78%. Tornati a casa, però, il 10% dei 25.000 pazienti ad alto rischio sopravvissuti a un infarto non ce la fa. Lo rivelano gli esperti riuniti in questi giorni a Roma per il Forum interattivo di cardiologia, interamente dedicato proprio alla gestione del paziente cardiologico ad alto rischio. L'allarme arriva dalla valutazione dei dati dei circa 100.000 casi di infarto che si verificano ogni anno nel nostro Paese, secondo cui la mortalità durante i primi 60 giorni fuori dall'ospedale è in continuo aumento: nella popolazione generale dei pazienti sopravvissuti all'attacco cardiaco si attesta attorno al 4%, ma nei casi ad alto rischio supera il 10%. "Negli ultimi anni, grazie all'introduzione delle unità coronariche e alla realizzazione di reti ospedaliere in grado di assicurare livelli di assistenza omogenei anche in realtà territoriali diverse, la mortalità per infarto durante il ricovero in ospedale ha continuato a scendere - spiega Alessandro Boccanelli, coordinatore del Forum e direttore del Dipartimento per le malattie dell'apparato cardiocircolatorio dell'Ospedale S.Giovanni di Roma - Oggi c'è la pericolosa tendenza, già attuata in diverse regioni, a passare a un'assistenza organizzata secondo intensità di cura, con posti letto accomunati solo dal livello di gravità invece che dal tipo di malattia". Questo però "non considera la continuità delle cure che solo la disciplina specialistica può fornire, tenendo il paziente per mano attraverso il tunnel della sua malattia. E - prosegue Boccanelli potrebbe mettere a rischio l'efficacia del sistema". Il timore dei cardiologi è che con accorpamenti semplicistici le competenze e le conoscenze del personale delle Utic, formato ed esperto nella gestione delle emergenze cardiologiche, vadano disperse. Con risultati negativi sul contenimento della mortalità ospedaliera e post-ospedaliera. L'incremento rilevante della mortalità dopo la dimissione dall'ospedale "si può spiegare - dice lo specialista - soprattutto con la mancata riorganizzazione dell'assistenza e della fase di riabilitazione cardiologica". Oggi il percorso riabilitativo viene intrapreso da non più di due terzi dei pazienti e i Centri in grado di offrirla sono 190, per un totale di 3.000 posti letto concentrati soprattutto al Nord. Il 55% dei pazienti in riabilitazione ha subito un'operazione al cuore, meno del 10% vi arriva dopo un infarto.
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E in questi casi quasi sempre la riabilitazione è poco incisiva: consigli generici sullo stile di vita, la prescrizione di una dieta, qualche sessione di esercizio fisico. "Purtroppo in questo modo non riusciamo a essere efficaci quanto potremmo e dovremmo - afferma Cesare Greco, direttore della Cardiologia riabilitativa del S.Giovanni e coordinatore del Forum - Per questo è stato siglato un Protocollo d'intesa fra l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e il Gruppo italiano di riabilitazione cardiovascolare (Girc), che prevede un 'triage' dell'infarto: al momento dell'arrivo in ospedale il paziente dovrebbe essere valutato e classificato in una di trequattro diverse categorie di rischio e poi, in base a questa, dovrebbe intraprendere uno specifico percorso di assistenza intra ed extra-ospedaliera". "L'individuazione del grado di rischio è semplice - prosegue Greco - la difficoltà sta nel prevedere poi approcci diversi e personalizzati a seconda del livello di rischio. Ed è questo che le cardiologie e le istituzioni devono impegnarsi a offrire". Proprio per garantire ai pazienti ad alto rischio di superare indenni i primi due mesi dopo l'infarto è partito al San Giovanni il progetto pilota 'Life Vest', grazie al quale ai casi più delicati verrà fornito un giubbetto-defibrillatore portatile in attesa di decidere se è opportuno impiantare un defibrillatore sottocutaneo. "La scelta deve essere fatta 40 giorni dopo l'infarto - dice Greco - L'impianto di defibrillatore definitivo può essere evitato qualora in questo periodo il cuore riacquisti spontaneamente funzionalità: il Life-Vest serve per proteggere il paziente dalla morte improvvisa in questa fase di osservazione. Per questo abbiamo pensato al giubbotto-defibrillatore: si tratta di una sorta di zainetto, poco pesante e non ingombrante, da indossare sempre. E' collegato con elettrodi al torace e, in caso di aritmia pericolosa, avverte con un bip che sta per partire una scarica: se il paziente è cosciente e quindi si tratta di un'aritmia transitoria il dispositivo può essere bloccato, se il soggetto è incosciente entro 30 secondi parte la scarica salvavita", conclude Greco. Tutto ciò presuppone però che il paziente sia seguito lungo tutto il suo percorso assistenziale, dalla classificazione del livello di rischio al momento del ricovero fino al periodo post-ospedaliero. Il solo modo per garantirlo, secondo gli esperti, è una cardiologia unitaria, in grado di prendersi cura del paziente nello svolgersi di tutte le fasi della malattia.
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libri Questo volume dal formato tascabile descrive esaurientemente gli errori più comunemente commessi da medici, intensivisti, specializzandi, personale infermieristico e infermieri anestesisti nelle unità di Terapia Intensiva ed Emergenza e offre perle di saggezza pratiche, facili da ricordare, per evitarli. Il testo può essere anche usato per un rapido consulto. Ogni errore è descritto in un capitolo clinicamente pertinente, con un elenco delle cose che si dovrebbero fare “sempre o mai” in quello specifico contesto, e suggerimenti su come evitare o risolvere problemi.
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L'ecografia è la metodica diagnostica strumentale di più facile impiego in emergenza-urgenza in quanto è contraddistinta da particolari caratteristiche quali la rapidità di esecuzione, la non invasività, l'accettabilità del paziente, la ripetibilità, il basso costo e, soprattutto, è una tecnica ECOGRAFIA CLINICA NELLE URGENZE EMERGENZE diagnostica eseguibile sia sul luogo del trauma che in emergency room rappresentando realmente un potente strumento per facilitare l'attività del personale che opera nel campo dell'area assistenziale critica. QueScuderi M. sto volume si prefigge l'obbiettivo di favorire una corretta integrazione dell'approccio clinico e di quello strumentale ecografico nella gestione del malato critico attraverso un percorso culturale moderno e innovativo per la partecipazione ampia e multidisciplinare dei più attivi e impor572 pagine tanti gruppi di lavoro italiani del settore. Il risultato ottenuto è quello di Prezzo: € 124,00 un'opera razionale, completa, aggiornata e ricca di iconografia che si propone come un utile e indispensabile strumento di formazione e di aggiornamento per tutti quei professionisti che esplicano la loro attività nell'area dell'emergenza-urgenza e della terapia intensiva (internisti, chirurghi, radiologi, rianimatori).Il piano editoriale si sviluppa in sei sezioni: nella prima vengono affrontati i temi relativi agli aspetti introduttivi dell'argomento. Nella seconda si considerano le applicazioni dell'ecografia clinica alle patologie traumatiche dei diversi distretti anatomici, mentre nella terza si focalizza l'attenzione sull'impiego della stessa nella diagnostica delle patologie urgenti non traumatiche. Nella quarta si discute dell'utilizzo sempre più ampio degli ultrasuoni in alcune realtà cliniche di tipo specialistico e nella quinta del loro impiego nella guida ad alcune procedure diagnostico-terapeutiche invasive urgenti. Infine, nell'ultima sezione l'attenzione si incentra sul futuro dell'ecografia in urgenza destinato soprattutto allo sviluppo e al perfezionamento della telemedicina e all'impiego della metodica nelle aree di sottosviluppo o in quelle critiche (militari o da calamità naturali).
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ECOGRAFIA IN EMERGENZA WORKSHOP
19 settembre 2009 La disponibilità di tecnologia sempre più avanzata, miniaturizzata e caratterizzata da costi sostenibili hanno permesso all’ecografia di guadagnare terreno anche nella medicina di emergenza/urgenza territoriale. Nell’ultimo decennio l’ecografia si è sviluppata enormemente specialmente nella anestesia loco regionale, nella semeiotica toracopolmonare ed addominale e nel posizionamento di cateteri venosi centrali e periferici. L’ecografia, con la metodica FAST, permette di diagnosticare la presenza di un versamento ematico in addome o nel pericardio; è possibile la visualizzazione dei plessi nervosi e i loro rapporti con le strutture anatomiche circostanti, gli aghi e la distribuzione dell’anestetico intorno ai nervi proponendosi quindi come metodica migliore per un rapido controllo del dolore nel trauma. In ambito toracopolmonare l’ecografia permette di valutare la presenza e la quantità dei versamenti pleurici, con la possibilità di drenare il versamento sotto visione diretta. È inoltre possibile la diagnosi di pneumotorace. L’utilizzo dell’ecografo nel posizionamento dei cateteri venosi centrali rappresenta il gold standard. Per questi motivi è indispensabile che l’anestesista-rianimatore abbia tra le proprie armi anche l’ecografia sia al letto del malato che sul territorio. Lo scopo di questo workshop è quello di fornire agli anestesisti che lavorano nella emergenza urgenza territoriale informazioni “baseline” ed indicazioni pratiche circa l’utilizzo degli ultrasuoni in anestesia, in rianimazione ed infine sul territorio. Il corso comprende quattro principali tematiche che dimostrano l’impatto che l’ecocagrafia offre nella comprensione e nella gestione del paziente. Il Workshop è limitato a 60 partecipanti. La durata del corso sarà di 8 ore, durante le quali verrà svolta prima una sessione teorica e alla fine di essa una sessione pratica per gruppi di partecipanti divisi su 4 work-stations a cui corrisponderanno altrettanti apparecchi ecografici presenti in sala. È previsto un certificato di partecipazione ECM dedicato (distinto da quello di frequenza al congresso) e riservato solo ai partecipanti a questo workshop.
9.00 10.00 11.00
11.30
12.30
Ecografia: principi fisici e materiali Mariotti Dr. M. (MI) La FAST: Neri Dr. L. (MI) Ecografia toracica: il polmone, Copetti Dr. R. (Tolmezzo - UD) Aspetto polmonare normale, versamenti pleurici, PNX, interstiziopatie Anestesia loco regionale, Danelli Dr. G. (PR) Anatomia ecografica e approccio loco regionale ai plessi nervosi dell’arto superiore e dell’arto inferiore Cateterismo venoso centrale e periferico, Copetti Dr. R. (Tolmezzo - UD) Anatomia e tecniche dei principali siti di incannulamento centrale (giugulare, succlavia, ascellare) e periferico (cefalica, brachiale, ascellare).
14.30 - 19.00 WORK-STATIONS - esercitazione pratica divisa per isole WS1: ANESTESIA LOCOREGIONALE WS2: POLMONE WS3: FAST WS4: CVC/PICC
INFORMAZIONI GENERALI Esposizione tecnica Per tutta la durata della manifestazione saranno allestiti in aeroporto degli stand tecnici per la presentazione di materiali ed attrezzature tecniche e sanitarie utilizzate nei servizi di soccorso sanitario ed una mostra di elicotteri. Come nelle precedenti edizioni sono stati invitati ad esporre i propri elicotteri: Polizia di Stato, Corpo Forestale dello Stato, Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, Carabinieri, Esercito Italiano, Guardia di Finanza, Nucleo Elicotteri Vigili del Fuoco, Guardia Costiera, Servizio antincendio Regionale, Marina Militare. Come arrivare L'aeroporto Cinquale, Via Intercomunale 5, è a pochi chilometri dall'autostrada A12, uscita Massa, direzione Marina di Massa - Forte dei Marmi. In alternativa provenendo da sud, uscita Versilia direzione Forte dei Marmi e poi proseguendo verso Marina di Massa. Prenotazione alberghiera MareMontiMarmo centro di prenotazione Tel +39 0585 793003 Fax 0585 865539 800 86 32 14 Hotel EXCELSIOR Tel. +39 0585 8601 Fax +39 0585 869795 Hotel VILLA UNDULNA Tel. +39 0585 807788 Fax -39 0585 807791
Patrocini:
Hotel CAVALIERI DEL MARE Tel. +39 0585 868 010 Fax. +39 0585 868 015 Key Communication Via Po, 10 - Roma Tel.+39 06 85355798 Fax+39 06 85355606 E-mail:
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18 settembre 2009 IL FUTURO DEL SERVIZIO DI ELISOCCORSO ALLA LUCE DELLA SOSTENIBILITÀ DEI COSTI Moderatori: Ferreri Dr. Bartolomeo, Visetti Dr. Enrico L’assistenza antincendio sulle elisuperfici e sugli eliporti Fumagalli Dr. Pierluigi - Consulente Aeronautico L’AREU Lombardia Zoli Dr. Alberto - Direttore Generale AREU Lombardia L’ARES 118 Lazio D’Innocenzo D.ssa Marinella - Direttore Generale ARES 118 Lazio Elisoccorso in Austria-Presentazione e valutazione dei costi in un confronto Europeo Marc Kaufman, Speciaista in Anestesia e Rianimazione - DEAA - DEAA Università clinica di Insbruck Elisuperfici: le novità normative Cardi Ing. Alessandro - Direttore Centrale Regolazione Aeroporti ENAC
NOI LAVORIAMO COSÌ Ogni base di elisoccorso presenterà un breve filmato riproducibile con P.C., illustrante le seguenti modalità di lavoro: addestramenti con particolare riguardo alle manovre speciali di sbarco dall’hovering, verricello ed eventualmente al sorvolo del mare. Materiali in uso (zaini, materiale sanitario, elettromedicali). Personale sanitario impiegato: qualifiche e addestramento sanitario ricevuto. Configurazione elicottero con l’indicazione del peso standard al decollo per tipo di missione. L’elisoccorso di Massa Carrara Baratta Dr. Alberto, Direttore Dipartimento Emergenza Urgenza dell’ASL 1 Primario U.O di Anestesia-Rianimazione-Elisoccorso ASL 1 di Massa Carrara L’elisoccorso di Belluno Costola Dr.Angelo, Medico anestesista rianimatore - ULSS Belluno L’elisoccorso di Bergamo Giupponi Dr. Angelo, Medico anestesista rianimatore - Azienda Ospedaliera Bergamo L’elisoccorso di Como Volontè Dr. Maurizio, Dirigente Medico anestesia e rianimazione Az. Ospedaliera Sant’Anna di Como L’elisoccorso di Milano Marconi Dr. Gianluca, Medico Referente del servizio di Elisoccorso di Milano Az. Regionale Emergenza Urgenza - AAT 118 Milano L’elisoccorso del Piemonte Borgosesia Taverna D.ssa Laura, Dirigente Medico di I livello - SSD Centrale Elisoccorso Torino Centrale Opertativa 118 Torino L’elisoccorso di Pavullo Fulgoni Dr.ssa Nicoletta, Medico anestesista rianimatore - USL Piacenza L’elisoccorso di Sondrio Della Torre Dr. Paolo, Medico anestesista rianimatore A.O. della Valtellina e della Valchiavenna
L’elisoccorso di Trento Armani Dr.ssa Stefania, Dirigente medico c/o terapia intensiva Ospedale S.Chiara Trento e Medico elisoccorso - ASL Trento e E/118 Trentino Emergenza L’elisoccorso di Udine Croatto Fabio, Infermiere coordinatore triage elisoccorso - SOC Centrale Operativa 118 – Elisoccorso FVG L’elisoccorso di Verona Cipolotti Dr. Giovanni, Medico in Emergenza extra-ospedaliera ed elisoccorso SUEM 118 Verona – ULSS 20 L’elisoccorso di Aosta Visetti Dr Enrico, Direttore del Dipartimento UB. di Rianimazione Sala Urgenze, Direttore di Anestesiologia Cure Intensive e dell’Urgenzadell’Ospedale Regionale di Aosta L’elisoccorso nelle Marche Sestili Dr. Riccardo, Elisoccorso Marche L’elisoccorso in Campania Rondinella D.ssa Maria Rosaria, Direttore 118 di Napoli Satriano Dr. Giuseppe, Direttore Centrale Operativa 118 di Salerno L’elisoccorso della Basilicata Mileti Dr. Libero, Direttore Centrale Operativa 118 Basilicata Soccorso L’elisoccorso in Sicilia Alagna Dr. Dino, Responsabile Reg. Sicilia
ECM Per il Congresso ed il workshop sono stati richiesti i crediti ECM per le figure di Medico ed Infermiere Professionale. Gli eventi sono in attesa di assegnazione dei crediti. Attestati di partecipazione: verranno rilasciati personalmente a tutti gli iscritti che ne faranno richiesta alla Segreteria del Congresso, al termine della giornata e dietro restituzione del badge.
CONTRIBUTI SCIENTIFICI NORME PER LA PRESENTAZIONE Coloro che desiderassero presentare Contributi Scientifici sui temi previsti dal programma, dovranno inviare una mail alla Segreteria Organizzativa contenente gli estremi del lavoro che si intende presentare, nome ed un breve profilo professionale. L'accettazione, sarà comunicata al relatore all'indirizzo e-mail inviatoci. Le COMUNICAZIONI ORALI selezionate verranno presentate in Sede Congressuale con un tempo concesso per l'esposizione rigorosamente contenuto in 7 minuti (compresa la discussione). E' prevista una sessione POSTER nella quale verranno presentati i contributi scientifici accettati come presentazione poster. Nell'ambito della sessione assegnata l'autore del poster dovrà essere presente per la discussione dei dati presentati. Chi presenterà una la Comunicazione orale o un Poster dovrà essere regolarmente iscritto al Congresso.
17 settembre 2009 IL RUOLO DEL MEZZO AEREO NELLE MAXIEMERGENZE L’ESPERIENZA DEL TERREMOTO IN ABRUZZO Moderatori: Del Ministro Dr. Valerio, Tortorella Dr. Alessandro L’Elisoccorso del Trentino al Terremoto d’Abruzzo Matuella Dr. Claudio, Medico in anestesia e rianimazione - 118 Trento
PRESIDENTE DEL CONVEGNO Alberto Baratta Direttore Dipartimento Emergenza Urgenza Primario U.O di Anestesia Rianimazione Elisoccorso ASL 1 di Massa Carrara
L’impiego dell’elisoccorso nelle maxiemergenze Landriscina Dr Mario, Medico in anestesia e rianimazione - S.S.U.E.m Azienda Ospedaliera Sant'anna di Como Il servizio di elisoccorso della Regione Abruzzo Bianchi Dr. Gino, Responsabile Unita' operativa complessa di urgenza ed emergenza medica - 118 dell'Aquila
COMITATO SCIENTIFICO Il ruolo dell’elisoccorso nell’organizzazione di una maxi emergenza Dietl Dr Walther, Medico Specialista in Ortopedia e Traumatologia - USL Bolzano
VECCHIE E NUOVE TECNOLOGIE SANITARIE IN ELISOCCORSO: DOVE SIAMO ARRIVATI? Moderatori: Brandstaetter Dr. Manfred, Paolini Dr. Piero Lettura Magistrale - L’ecografia clinica nella medicina di emergenza Copetti Dr. Roberto, Medico Medicina d’Urgenza - ASS n° 3 “Alto Friuli” L’indice di perfusione nel trauma maggiore Carchietti Dr. Elio, Direttore dipartimento e soc 118-elisoccorso - A.O. Università di Udine Ultrasound Prehospital Life Support: stato dell’arte ed esperienza del SSUEm 118 Milano Neri Dr. Luca, Dirigente Primo Livello in Anestesia rianimazione S.S.U.Em. 118 Milano”, A.O. Niguarda Ca’ Granda Ventilazione e monitoraggio: Quali novità? Quali limiti? Menarini Dr.Maurizio, Medico anestesista-rianimatore - Elisoccorso 118 Bologna Più Precoce, più Efficace: Ipotermia Terapeutica sul territorio nel grave danno cerebrale anossico Salaroli Dr. Christian, Medico chirurgo anestesista-rianimatore - SSUEm 118 Bergamo Ipotermia terapeutica nel coma atossico post-arresto cardiaco-esperienza degli ospedali riuniti di Bergamo Riva Dr. Ivano, Dirigente Medico in anestesia e rianimazione - Ospedali Riuniti di Bergamo La trasmissione dei dati in elisoccorso Baratta Dr. Alberto, Direttore Dipartimento Emergenza Urgenza dell’ASL 1 Primario U.O di Anestesia-Rianimazione-Elisoccorso - ASL 1 di Massa Carrara L’ecografia nella realtà tedesca Conrad Dr. Gerson, Medico specialista in anestesia e medicina di emergenza DRF Stiftung Luftrettung gemeinnützige AG
Manfred Brandstaetter Dirigente Medico di II° livello del SUEM 118 - Azienda Sanitaria di Bolzano Paolo Dalla Pe' Responsabile Servizio di Elisoccorso Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione – Ospedale S. Chiara Trento Bartolomeo Ferreri Comandante su elicotteri in attività HEMS presso Helitalia SpA Eugenio Foccoli Servizio Unità Operativa 118 Verona Angelo Giupponi Medico Anestesista Rianimatore Elisoccorso Bergamo Marcello Vecchio Referente infermieristico Base Elisoccorso e Servizio 118 Asl 11 Vercelli Enrico Visetti Direttore del Dipartimento di Anestesiologia Cure Intensive e dell’Urgenza dell’ Ospedale Regionale di Aosta
L’uso degli Ultrasuoni (Ecografia) nell’HEMS Stolpe Dr. Erwin, Medico Chirurgo Senior, Specialista in Traumatologia, Chirurgia Ortopedica e Medicina di Emergenza - Clinica Universitaria Harlaching di Monaco di Baviera Presentazione dei primi dati dell’associazione: Le Valanghe - analisi dei dati e confronto di protocolli d’intervento (Bergamo --Bolzano) Franz Dr. Alexander, Medico in anestesia - Ospedale di Bolzano
III° Edizione
17/18 Settembre 2009 Aeroporto Cinquale di Massa
Lo stato dell’arte: sostenibilità ed eccellenza Mezzi, tecnologie e servizi per l’ELISOCCORSO
19 Settembre 2009 ECOGRAFIA IN EMERGENZA Workshop a numero chiuso
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