Emergency Oggi Rivista Mese Di Marzo 2009

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Anno XV n.3 Marzo 2009 Editore Key Communication sas Iscrizione Tribunale di Parma n. 32 del 08/08/1995 - Poste Italiane spa - Spedizione abb. postale 45% - DL 353/2003 (conv. in legge 27/02/04 n.46) Art. 1 comma 1 - DCB Roma 4,00 euro ISSN 1723-7033 Rivista tecnico scientifica riservata al personale specializzato. Non diffusa al pubblico. In caso di mancato recapito restituire PT Romanina per la restituzione previo add.to.

HEMS 2009 17/18 Settembre Aeroporto Cinquale di Massa

Editore Key Communication

TECNOLOGIA E COMFORT AL SERVIZIO DEGLI UTENTI

ensile di emergenza sanitaria

Marzo 2009 ANNO XV n. 3

EMERGENCY OGGI Mensile di Emergenza Sanitaria Direttore responsabile Marina Boldrini [email protected] Editore: Key Communication sas P.za Badalocchio Sisto Rosa, 9\b 43100 Parma Redazione Via Po, 10 - 00198 Roma tel +39 06 8535 5798 - fax +39 06 8535 5606 [email protected] - www.emergencyoggi.it HANNO COLLABORATO:

G.Capitò, A. Conti, F. Pieralli F. Sbattella, D.Scafi, F.Scoppetta Divisione pubblicità PUBBLIKEY [email protected] Via Po, 10 - 00198 Roma tel +39 06 8535 5798 - fax +39 06 8535 5606 Impaginazione Key Communication sas Impianti e stampa PIXART - Marghera (VE) Autorizzazione Tribunale di Parma n. 32 del 08/08/1995 Spedizione in abbonamento postale 45% Roma - Dati e tariffe per l’abbonamento Italia: 11 numeri Euro 42,00 Estero: 11 numeri Euro 84,00 Costo unitario Euro 4,00 Arretrati Euro 5,00 + Euro 3,00 spese postale. L’abbonamento partirà dal primo numero raggiungibile. Norme editoriali: Verranno presi in considerazione solo articoli mai pubblicati in precedenza e la richiesta di pubblicazione implica la rinuncia a pubblicare lo stesso presso altre riviste. La responsabilità di quanto scritto è da attribuirsi agli autori dei singoli articoli. Tutti i diritti riservati. Per ulteriori informazioni: [email protected] La informiamo che i suoi dati sono trattati nel rispetto degli obblighi di legge in materia di Privacy. L’informativa, ai sensi dell’ art. 13 D.Lgs. 196/2003, è consultabile sul nostro sito internet all’indirizzo: www.emergencyoggi.it

Periodico associato USPI Unione Stampa Periodica Italiana

TECNOLOGIA E COMFORT AL SERVIZIO DI ADULTI E BAMBINI

LA GESTIONE DELLE RIUNIONI QUALE STRUMENTO DI MIGLIORAMENTO DEL PROCESSO DI ASSISTENZA INFERMIERISTICA D.Scafi, F. Scoppetta, G. Capitò SELEZIONE E FORMAZIONE DELLE SQUADRE DI I NTERVENTO PSICOSOCIALE NELLE SITUAZIONI DI EMERGENZA F.Sbattella

COSTO-EFFICACIA NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE CON DOLORE TORACICO F. Pieralli, A. Conti

LA CASA DEI RISVEGLI LUCA DE NIGRIS DELLA AZIENDA USL DI BOLOGNA

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IL NUOVO PRONTO SOCCORSO E LA NUOVA RIANIMAZIONE DEL POLICLINICO DI MODENA

TECNOLOGIA E COMFORT AL SERVIZIO DI ADULTI E BAMBINI Un giorno importante per Modena che giovedì 19 marzo 2009 è stato inaugurato con la presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il Nuovo Blocco Tecnologico per le urgenze e le emergenze dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena. Complessivamente il Nuovo Blocco Tecnologico realizzato tra la fine del dicembre 2005 e l’ottobre 2008 occupa una superficie interna pari a 5.400 mq: 2.310 mq per il Pronto Soccorso Generale, 410 mq per quello pediatrico, 1.250 mq per l’Area di Terapia intensiva e 1.430 mq di area assistenziale di supporto. Queste sono le cifre che rappresentano le dimensioni di una realizzazione ad alta tecnologia, dotata delle attrezzature e di una disposizione per quanto riguarda l’occupazione degli spazi necessarie ad offrire alla città un servizio di assoluta eccellenza ed in grado di rispondere a qualsiasi tipo di emergenza, fornita in ambienti che rispondono ai più moderni standard di comfort e umanizzazione. L’investimento è stato pari a quasi sedici milioni e mezzo di euro, dei quali 14 milioni e 400mila per le strutture e gli impianti, 965mila per le attrezzature, 880mila per gli arredi e 250mila per le reti informatiche. Il Policlinico che garantisce, annualmente, circa 46.000 ricoveri, 3.500 parti, 20.000 interventi chirurgici, 60 trapianti di midollo, 60 di fegato, 35 di rene, 3 milioni di prestazioni ambulatoriali, oltre 50.000 accessi per la distribuzione diretta di farmaci, con questa opera qualifica ulteriormente la sua vocazione di ospedale ad alta specializzazione e tecnologia, per attività di secondo e terzo livello, con particolare riferimento all’ambito oncologico – internistico, trapiantologico, chirurgico, specialistico e materno infantile. Per queste sue caratteristiche è punto di riferimento per l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia per le attività didattiche e di ricerca svolte dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Questa summa di attività diverse ma complementari, rendono il Policlinico luogo privilegiato per la realizzazione e sviluppo di procedure diagnostiche e terapeutiche innovative e per favorire il rapido trasferimento applicativo delle più avanzate acquisizioni sperimentali. “Il Nuovo Blocco Tecnologico sarà pienamente funzionante prima della prossima estate – commenta il dottor Stefano Cencetti, Direttore Generale del Policlinico di Modena – è una struttura coerente con la mission aziendale, destinata a riorganizzare il settore delle emergenze e urgenze gestito dal Policlinico. Esso, infatti, permette, finalmente, di trasferire la Rianimazione dalla attuale collocazione accanto all’atrio centrale, e di adeguare il Pronto Soccorso generale al flusso di utenti che giornalmente si rivolgono al più importante nosocomio provinciale. Inoltre, è stata potenziata l’Osservazione Breve Intensiva che ha lo scopo di risolvere molte patologie acute, ottimizzando la permanenza in ospedale e l’appropriatezza dei ricoveri. Uno dei punti qualificanti del progetto è il Pronto Soccorso Pediatrico che unisce ad una dotazione tecnologica d’avanguardia, un ambiente consono ai piccoli pazienti che dovrà accogliere”. L’integrazione tra le competenze dei progettisti con l’esperienza clinica dei medici e dei vari professionisti ha prodotto, quale risultato finale, un modello di ambiente sanitario che

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consente di porre il paziente al centro del sistema. “La disposizione strutturale e funzionale delle attività di Pronto Soccorso – spiega il Dottor Daniele Giovanardi, Direttore della Struttura Complessa di Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza – nasce dall’esperienza maturata attraverso meeting internazionali e dalla comparazione col sistema d’emergenza adottato in Israele e negli USA. Il risultato è un complesso all’avanguardia a livello internazionale dove i cittadini hanno a disposizione risposte modulate che vanno dall’ambulatorio gratuito di continuità assistenziale (i codici bianchi), gestito dai medici del territorio, sino ai più sofisticati interventi di rianimazione eseguiti nella shock unit”. Nel nuovo Pronto Soccorso troverà anche posto, in locali ulteriormente ampliati e potenziati, anche la Struttura Semplice di Osservazione Breve Intensiva, dotata di 16 posti letto e diretta dal dottor Antonio Luciani, che costituisce un importante strumento di filtro per scongiurare ricoveri impropri. L’intervento permetterà di adeguare le prestazioni rese dal Policlinico alle reali esigenze della cittadinanza. Il Pronto Soccorso Generale del Policlinico registra, in media, 62.000 accessi all’anno, cui vanno aggiunti 2.500 ricoveri in Osservazione Breve Intensiva, circa 1.100 in Terapia Intensiva e 20.000 al Pronto Soccorso Pediatrico, con 2.100 ricoveri in Osservazione Breve Pediatrica. Uno degli aspetti più innovativi e caratterizzanti di questa nuova struttura riguarda la scelta di porre all’interno del Pronto Soccorso Generale una specifica area dedicata al Pronto Soccorso Pediatrico, che replica sostanzialmente l’organizzazione del primo: una zona di attesa, una di triage, un’area urgenze con tre box visita e una zona di osservazione breve intensiva con quattro posti letto. “Il Pronto Soccorso Pediatrico – aggiunge la professoressa Fiorella Balli, Direttore della Struttura Complessa di Pediatria – ha visto adattare l’impostazione di quello generale alla specificità dei pazienti che è destinato ad accogliere.Nell’ottica dell’<> che ha guidato in questi anni tutte le innovazioni introdotte nell’ambito materno-infantile, grazie ad arredi su misura e alledecorazioni realizzate dagli studenti dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, i piccoli pazientitroveranno al Pronto Soccorso pediatrico un ambiente confortevole, colori e materialiadeguati per finiture e arredi proposti ed organizzati in maniera tale da far superare il senso di ostilità e paura che l’ospedale può generare in loro”. Il Nuovo Blocco Tecnologico si avvale dell’ultima frontiera in campo informatico e tecnologico. Il percorso del paziente dall’ingresso alla dimissioMarzo 2009

ne verrà monitorato e ogninodo chiave del percorso sarà servito da funzioni software che consentono la registrazione di tutte le informazioni cliniche e gestionali utili a documentare le prestazioni erogate. IlBlocco è, inoltre, dotato di una TAC, un ecografo e due diagnostiche digitali dirette multifunzionali. “Si tratta, quindi, di una struttura perfettamente autosufficiente che permetterà di non far peregrinare il paziente da un reparto ad un altro, ma di eseguire sul posto anche accertamenti diagnostici complessi, allentando il disagio ed abbreviando i tempi di permanenza e attesa” conclude Stefano Cencetti. Nel Blocco troveranno posto altre strutture fondamentali per l’emergenza. L’area di Traumatologia dell’apparato locomotore, dotata di ambulatori e sala gessi, che verrà completata successivamente con l’area per le urgenze del Centro di riferimento regionale per la Chirurgia della Mano. “La nostra struttura è presente 24 ore al giorno nell’ambito del Pronto Soccorso per trattare tutte le patologie traumatologiche che coinvolgono l’apparatolocomotore, ed esegue circa 15.000 prestazioni all’anno” spiega il professor Luigi Celli, Direttore Struttura Complessa Ortopedia e Traumatologia.La Terapia Intensiva Post-Operatoria, che fa parte della Struttura Complessa di Anestesiae Rianimazione 1, diretta dal professor Alberto Pasetto, si occuperà della terapia intensiva post-operatoria e pediatrica. Sarà dotata di 8 posti letto intensivi polivalenti per adulti, 2 posti letto intensivi polivalenti per minori. Nei locali liberati dalla TIPO, attualmente sistemati al primo piano del Blocco centrale troverà, infine, posto la Struttura Semplice di Rianimazione, diretta dal professor Alberto Barbieri che, così, sarà ancora più vicina al Pronto Soccorso è lontana dal passaggio dell’atrio, potendo offrire ai pazienti ed ai loro famigliari percorsi preferenziali. Il Policlinico attraverso questo Nuovo Blocco Tecnologico, che si caratterizza come una vera, grande piattaforma di smistamento per gli accessi ai reparti di degenza, si conferma sempre più come punto di riferimento per l’assistenza e la cura dei modenesi, e non solo. Per le innovative caratteristiche e per la mole delle prestazioni offerte, poi, anche come uno snodo fondamentale per la crescita urbana della città, uno snodo nevralgico di tutta la mobilità interna alla città e di quella che gravita su di essa. L’apertura del Pronto Soccorso su via Campi, quindi, risponde fondamentalmente ad esigenze di viabilità. Il dirottamento del traffico legato alle emergenze permetterà, infatti, di risolvere numerosi problemi logistici, decongestionando l’ingresso su via del

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con le strutture assistenziali, in particolare con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena, tanto da meritare giudizi molto positivi da parte di valutatori esterni sulla adeguatezza e sulla potenzialità formativa dei corsi di laurea della nostra Facoltà. La disponibilità di una nuova struttura aumenta e completa le opportunità di apprendimento per gli studenti e anche per i medici informazione delle Scuole di specializzazione; una preparazione a tutto campo anche sotto l’aspetto pratico, quello che si definisce il “saper fare”, è a monte del processo di miglioramento in continuo della qualità dell’assistenza sanitaria, che potrà contare su professionisti sempre più preparati ed idonei rispetto ai bisogni della popolazione di riferimento”. Pozzo e consentendo agli utenti del Pronto Soccorsoun’area di parcheggio dedicata. “L’apertura del Nuovo Pronto Soccorso presso l’Azienda Ospedaliero - Universitaria rappresenta una ulteriore opportunità per gli studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia della nostra Università – commentano il Rettore prof. Aldo Tomasi e la prof. ssa GabriellaAggazzotti, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia - Un aspetto fondamentale della formazione nelle professioni sanitarie è rappresentato, infatti, dalla possibilità di svolgere attività di tirocinio durante il percorso formativo: la Facoltà modenese in questo si è sempre distinta, grazie al numero ben calibrato di studenti e ai rapporti

ROVIGO

Pronto Soccorso dell’Azienda Ulss 18 di Rovigo ha un nuovo direttore:

STEFANO KUSSTSTATSCHER

Stefano Kusststatscher, 49 anni, è stato nominato direttore della struttura operativa complessa di Pronto Soccorso, dopo che, nei mesi scorsi, è uscito dal servizio il primario Gregorio Mercadante, per andare in pensione. Dopo la laurea in medicina e chirurgia conseguita all’ateneo patavino, si è specializzato in gastroenterologia, endoscopia digestiva, in medicina interna e d’urgenza, medicina legale. E’ stato, tra il 1991 e il 1994 “assistant professor in medicine” all’Harvard Medical School di Boston e, a tutt’oggi, ha ricoperto il ruolo di dirigente medico nel servizio di medicina d’urgenza dell’Azienda ospedaliera di Padova, gestendo un incarico di alta specializzazione per la gestione del rischio in urgenzaemergenza. Ha condotto attività clinica e di ricerca presso la divisione di gastroenterologia ed endoscopia di Padova e presso il Brigham hospital dell’Harvard Medical School. I principali campi di interesse di Stefano Kusststatscher sono la medicina d’urgenza, la rianimazione cardiopolmonare, la medicina legale, la formazione del personale infermieristico, e la fisiopatologia. Il nuovo primario ha inoltre condotto intensa attività didattica e pubblicistica.

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Il Coordinatore di Unità Operativa in area critica

La GESTIONE DELLE RIUNIONI quale strumento di miglioramento del processo di ASSISTENZA INFERMIERISTICA Scafi Danilo - Infermiere Area Critica/Coordinatore Scoppetta Federica - Infermiere Coordinatore Capitò Gino - Medico Danilo Scafi e Gino Capito

na riunione è una situazione, formale o informale, caratterizzata dal fatto che più persone discutono assieme per il raggiungimento di uno scopo comune (questa definizione non vale per le riunione solo informative, del tipo conferenza, dette anche “a una via”). E’ opinione diffusa che molte riunioni siano una perdita di tempo, perché lente, inefficienti e capaci più di rimandare i problemi che di risolverli. Va detto inoltre che alcune riunioni sono convocate per obblighi burocratici o per affermare il potere di qualcuno o per danneggiare qualcun altro. Se convocate per lo scopo dichiarato e opportunamente preparate e gestite, le riunioni però possono permettere di raggiungere decisioni migliori, più adatte alla situazione ed anche più creative, grazie all’interazione reciproca, all’interscambio di informazioni e alla discussione critica. Le riunioni sono importanti soprattutto nelle situazioni che richiedono cambia-

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menti (di convinzioni, preferenze, abitudini), dato che: • il grado di coinvolgimento emotivo facilita l’attenzione; • le persone cambiano più facilmente le proprie convinzioni e le proprie abitudini se vedono che esse cambiano anche negli altri membri del proprio gruppo. Durante lo sviluppo dei percorsi assistenziali si tengono inevitabilmente molte riunioni di lavoro ed è quindi importante programmarle e condurle bene. Quali riunioni convocare Bisognerebbe indire solo le riunioni utili. Per decidere se una riunione è utile, è opportuno riflettere sui seguenti tre quesiti: 1. Per raggiungere lo stesso obiettivo esistono altri modi più semplici o rapidi? 2. Le persone che si intende convocare sono davvero interessate al tema da affrontare? 3. Le persone che si intende convocare sono indispensabili o utili per il successo del lavoro?

PREPARAZIONE DELLE RIUNIONI Nel preparare una riunione sono importanti: • la definizione degli obiettivi; prima di indire una riunione è fondamentale chiarire l’obiettivo da raggiungere, perché è l’obiettivo che dovrebbe determinare il contenuto della riunione e le sue modalità di svolgimento; • la scelta dei numero del tipo di partecipanti; • la convocazione e l’ordine del giorno; • la predisposizione della stesura del verbale. Numero di partecipanti Il numero dei partecipanti influisce sui risultati di una riunione poiché al crescere del numero dei partecipanti succede che: • il grado di partecipazione attiva tende a decrescere finché si raggiungono i 25 partecipanti circa, poi si stabilizza su valori bassi; • il tempo necessario per lo svolgimento della riunione, a parità di ordine del giorno, cresce decisamente con l’au-

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mentare dei presenti fino a circa 15 persone, perché tutti tendono a intervenire e a voler esporre il loro punto di vista, poi si stabilizza; • l’efficacia delle soluzioni adottate è massima se sono presenti 6-8, qualche volta 10 persone, perché c’è un arricchimento reciproco in termini sia di esame del problema, sia di originalità delle soluzioni proposte, e la difficoltà nel prendere le decisioni non aumenta troppo. Se vi sono più di 10 persone, le comunicazioni tendono a farsi caotiche, le singole persone contribuiscono meno, la dinamica delle relazioni di gruppo diviene sempre più complessa e difficile da governare. La convocazione e l’ordine del giorno La convocazione scritta, che è necessaria nelle riunioni ufficiali, dovrebbe contenere le seguenti informazioni generali: a) data e luogo; b) orario di inizio e di chiusura. Precisare la durata della riunione consente di regolare meglio la lunghezza degli interventi e delle discussioni; c) persone invitate a partecipare; d) argomenti da trattare. Vanno indicati i temi sui quali ci si aspetta che i convenuti si presentino preparati. FUNZIONAMENTO DELLA RIUNIONE Si richiama l’attenzione sulla gestione dei tempi, sulla fase iniziale e sul verbale. Si sottolinea che per gestire bene una riunione occorrono capacità di ascolto attivo, flessibilità, mentalità negoziale, che non sono presenti naturalmente e non si acquistano facilmente. La gestione del tempo Tutti i partecipanti dovrebbero sentirsi responsabili della buona gestione del tempo, proprio e altrui, ma la responsabilità principale è del coordinatore. La si realizza se: • si fanno rispettare i tempi di inizio e di intervento; • si bloccano le digressioni “fuori tema” e gli interventi troppo lunghi, ad esempio con espressioni del tipo: “Ciò che dice è interessante, ma ne dovremmo parlare dopo” oppure “Grazie, vorrei ora dare anche agli altri la possibilità di esprimere il loro parere”; • si rispetta l’ora di chiusura, con eventuale aggiornamento dell’incontro sugli argomenti non ancora completati.

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Per quanto riguarda il rispetto degli orari, è importante rispettare la concezione locale di puntualità perché altrimenti i partecipanti arrivati in perfetto orario potrebbero provare disappunto o anche risentimento. Va detto che ciò che viene considerato ritardo imperdonabile a Stoccolma o a Londra può essere visto come ritardo accettabile a Milano e puntualità a Napoli o come frutto di un eccesso di ansia in Arabia. Soprattutto in caso di riunioni periodiche è importante non tollerare ritardi nelle prime riunioni, perché i ritardi potrebbero diventare abituali e compromettere il funzionamento delle riunioni successive. Inoltre: • è consigliabile trattare l’argomento più importante all’inizio. L’abitudine di trattare all’inizio della riunione i punti che si ritiene di poter esaurire in breve tempo, in modo da concentrarsi poi sui punti critici, porta di solito a perdere tempo su argomenti di scarso rilievo. Inoltre le persone all’inizio sono fresche e, poiché non avvertono ancora la pressione del tempo, tendono a discutere meglio e in modo più approfondito; • la durata di una riunione non dovrebbe superare le due ore, due ore e mezza, perché poi cominciano stanchezza e disinteresse. La fase iniziale La fase iniziale di una riunione è critica perché dà ai convenuti un’idea di quale sarà lo stile del conduttore ed indirizza il funzionamento della riunione. Per questo il responsabile della riunione deve, per così dire, “memorizzare” un’apertura efficace. In essa dovrà specificare: • gli scopi della riunione; • gli argomenti all’ordine del giorno, tra cui distinguerà quelli in cui un relatore farà una presentazione, quelli su cui scambiarsi informazioni, quelli per cui si aspetta contributi di idee e proposte e tra questi, quelli su cui occorre prendere decisioni; • i tempi assegnati alla discussione di ogni argomento; • se non già assimilate dal gruppo, le regole di conduzione. La chiarezza iniziale sui temi e le regole spinge i partecipanti ad una sorta di autoregolazione dei comportamenti e comunque rende meno difficile il coordinamen-

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to; il conduttore riuscirà con più facilità a togliere la parola a chi divaga o esce fuori tema, a frenare chi interrompe o fa polemiche. Ciò è particolarmente importante quando chi coordina è gerarchicamente inferiore ad altri partecipanti, come avviene di solito nelle riunioni dei gruppi di progetto. Il verbale della riunione Di tutte le riunioni in cui si prendono decisioni o si contribuisce a decisioni future si dovrebbe tenere un resoconto finale, da distribuire ai partecipanti ed alle altre persone interessate. Il verbale dovrebbe essere chiaro e sintetico e contenere essenzialmente: • la descrizione delle decisioni prese; • gli impegni presi dai vari partecipanti con i relativi tempi; • la data della eventuale futura riunione. Di volta in volta chi scrive il verbale deciderà, in accordo col coordinatore, se menzionare eventuali diversi punti di vista ed eventuali contrasti. Il verbale deve essere scritto dal segretario del gruppo, se esiste, oppure da un partecipante incaricato dal coordinatore della riunione oppure, a rotazione, da tutti i partecipanti, nel caso di riunioni periodiche. TIPI DI RIUNIONE Le riunioni di scambio di informazioni La caratteristica di queste riunioni è di non dovere necessariamente portare a prendere decisioni. Si può trattare di: • riunioni periodiche con l’obiettivo di aggiornamento reciproco su quanto si è fatto; ognuno dei presenti illustra ai colleghi le sue attività, le novità del periodo e le sue previsioni; • riunioni di consultazione durante le quali viene presentato un problema o una proposta per sentire inizialmente il parere dei convenuti. Gli interventi si possono svolgere o no con ordine prefissato per ruoli, ad esempio prima il medico clinico, poi l’infermiere, poi il laboratorista, ecc. Con questa modalità di solito il ritmo è più lento, perché i partecipanti sono più attenti a rispettare in chi parla il ruolo che svolge. Comunque al termine di ogni giro di tavolo il coordinatore può sintetizzare le informazioni fornite ed eventualmente proporre approfondimenti su aspetti risultati importanti e di interesse diffuso.

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Il Coordinatore di Unità Operativa in area critica Le riunioni di soluzione dei problemi o decisionali Sono riunioni durante le quali si dibattono problemi che richiedono una decisione. A volte la decisione è rinviata, ma anche il non decidere diventa una decisione. Spesso la parte decisionale non occupa tutta la riunione; una parte del tempo può essere dedicata ad altri scopi, per esempio ad informarsi reciprocamente sull’andamento delle attività. Sono le riunioni più complesse dal punto di vista delle dinamiche interpersonali coinvolte e le più difficili da condurre. Gli obiettivi non sempre sono dichiarati. Chi organizza la riunione si può anche proporre di impegnare i partecipanti nella applicazione delle decisioni o di far approvare una decisione in effetti già presa. Occorre vigilare perché la discussione non degeneri in aggressioni personali. A questo scopo, nelle riunioni “genuine” può essere utile ribadire lo scopo della riunione, e cioè arrivare ad una decisione il più possibile condivisa. Una riunione di soluzione di problemi si può svolgere lo stesso anche se non c’è nel gruppo una persona che abbia l’autorità per approvare la decisione e renderla operante. Le conclusioni del gruppo verranno presentate come proposta a chi ha il potere di decidere. Se il superiore gerarchico di tutti i parteBIBLIOGRAFIA 1. Airoldi G., Brunetti G., Coda V (1994). Economia aziendale. Bologna, Il Mulino 2. Anthony R. D., Young D. W (1984). Management Control in Nonprofit Organizations, Homewood, IL: Irwin, 3a ed. (trad. it. Controllo di gestione per gli enti pubblici e le organizzazioni non profit, Milano: McGraw Hill, 1992) 3. Armitage P, Berry G (1994). Statistical Methods in Medical Research. Oxford, Blackwell Scientific Publication Limited 4. Auder AM, Greenfield S, Field M (1990). Medical practice guidelines: current activities and future directions. Ann Internal Med 113 (5): 709714. 5. Ballini L, Liberati A (2003). Governo clinico superstar. 24 ore Sanità e Management, luglio-agosto: 4-11 6. Ballini L, Liberati A (2004). Linee guida per la pratica clinica. Metodologia per l’implementazione. Roma, Il Pensiero Scientifico Editore 7. Baraldi S (2001). Budget: è l’ora dell’addio? Sanità e management agosto/settembre, 21-24, 8. Baraghini G, Trevisani B, Roli L

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cipanti o di alcuni di loro è presente alla riunione, dovrà prestare particolare attenzione a non ostacolare la libera espressione delle opinioni. Le riunioni “a una via”, informative Chiudiamo con qualche cenno sulle riunioni informative, non tanto alle conferenze, quanto alle presentazioni che hanno luogo in molte riunioni del tipo precedente. Una presentazione si articola sostanzialmente in 3 parti distinte: a) l’introduzione, di breve durata, durante la quale il relatore illustra gli scopi, il contenuto e la durata della presentazione; b) la presentazione vera e propria; c) la fase delle domande e del dibattito, che dovrebbe occupare una parte rilevante del tempo complessivo, almeno il 20%. Soprattutto quando si vogliono presentare concetti non noti ai presenti e/o quando i presenti sono numerosi è bene dare molta attenzione ai sussidi visivi. I suggerimenti più importanti sono: • limitare il numero dei lucidi o delle diapositive, in genere non più di una ogni due minuti; • riportare su lucidi e diapositive solo le sintesi dei concetti, senza scrivere troppo; • preferire i grafici (istogrammi, torte,

(2001). Le ISO 9000 in Sanità/la Vision. Per governare bisogni e richieste. Milano, Franco Angeli 9. Bero AL, Grilli R, Grimshaw JM, Harvey E, Oxman AD, Thomson MA (1998). Closing the gap between research and practice: an overwiew of systematic reviews of interventions to promote the implementation of research findings. BMJ 317:465-468 10. Bevilacqua L, Minella C (2001). Manuale per la formazione dei rilevatori PRUO. Cagliari, AV 11. Biroli M (1992). Process Analysis o Process Management, in Sistemi & Impresa, n° 9 12. Bobbio M (1996). Trial clinici: come interpretare ed applicare i risultati di una ricerca scientifica. Torino, Centro Scientifico Editore 13. Bradshaw MJ (1999). Clinical pathways: a tool to evaluate clinical learning. J Soc Pediatr Nurs 4 (1): 3740 14. Canadian Medical Association (1995). Care Maps and Continuous Quality Improvement. Ottawa 15. Casati G., Mastrobuono I. (1998). Il processo di aziendalizzazione: indagine sullo stato di sviluppo del sistema di programmazione budgetta-

diagrammi) alle tabelle. Per quanto riguarda il dibattito, è il relatore che dovrebbe scegliere se accettare domande anche durante la relazione o solo al fine. Ammettere le domande durante la presentazione porta ad un clima più partecipativo e permette di chiarire subito dubbi e fraintendimenti. Gli svantaggi sono che: • le interruzioni, se frequenti, possono ostacolare l’ordine e la completezza della presentazione; • se vi sono interventi pesantemente critici o contrari, si può produrre un clima di tensione o di disagio; • l’autorevolezza del relatore può essere compromessa dalle domande critiche di persone con ruoli gerarchici elevati. Le domande alla fine della relazione hanno d’altra parte i seguenti svantaggi: • il clima rimane più freddo e distaccato; • qualche ascoltatore può perdere il filo logico e innervosirsi o distrarsi, fino a divenire critico verso il contenuto della presentazione solo per reazione. Quando il numero dei partecipanti è superiore a 15-20, è importante ricordare che il clima sarà inizialmente “freddo” (non partecipazione, distanza, scarsa empatia da parte del gruppo). Sarà opportuno curare particolarmente l’impianto logico e la chiarezza della presentazione e lasciare le domande alla fine.

ria nelle aziende sanitarie nel 1997, ASI n. 13, Roma 16. Casati G. (a cura di) (2000). Il percorso del paziente. Milano, EGEA 17. Casati G. (a cura di) (2001). Programmazione e controllo di gestione nelle aziende sanitarie. Milano, Mc Graw Hill 18. Casati G. (2002). La gestione per processi in sanità, QA Vol 13. Nr.1 19. Casati G, Vichi MC (2002). Il percorso assistenziale del paziente in ospedale, Milano, Mc GrawHill 20. Cheah TS (1998). The impact of clinical guidelines and clinical pathways on medical practice: effectiveness and medico- legal aspects. Annals of Academy of Medicine 27:533539 21. Chiaia E, Marchisio S, Menichincheri R, Panella M (2002). Sviluppo di linee guida locali e profilo di cura per il trattamento della schizofrenia in un Dipartimento di Salute Mentale. QA 13(2):87-94 22. Cochrane A (1999). Efficienza ed efficacia. Riflessioni sui servizi sanitari. Roma, Il Pensiero Scientifico Editore 23. Conti T (1999). Quali possibili strumenti per legare le strategie alle

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SELEZIONE e FORMAZIONE delle

>>> SITUAZIONI DI EMERGENZA

squadre di intervento psicosociale

nelle

Prof. Fabio Sbattella – Università Cattolica di Milano – Responsabile dell'Unità di ricerca in psicologia dell'emergenza e dell'intervento umanitario 1. Contesti d’emergenza e bisogni psicosociali Per discutere della selezione e formazione delle persone per gli interventi psicosociali di emergenza, è necessario domandarsi quali siano i bisogni psicosociali che si manifestano nelle situazioni critiche, cosa significhi operare nell’emergenza e quali siano le competenze necessarie per farlo. E’ dunque utile, innanzitutto, ricordare che le emergenze, anche dal punto di vista psicosociale, possono essere distinte su tre livelli: incidenti semplici, incidenti collettivi e disastri. Qual è la differenza? L’incidente singolo è un evento che accade ad una persona o ad un gruppo limitato e circoscritto di persone. Ad esempio, rientrano in questa tipologia la maggior parte degli incidenti automobilistici (dove sono coinvolti tre o quattro veicoli), gli incidenti domestici e sul lavoro (dove uno o più lavoratori sono vittime senza che si abbia dispersione di sostanze tossiche nell’ambiente). In questi casi, accade spesso che la vita di una persona venga spezzata o gravemente compromessa, con forti ripercussioni sui suoi familiari e sul suo stesso progetto di vita. Sebbene questi incidenti siano molto frequenti, al punto da mietere oggi più vite umane di quanto facciano le grandi catastrofi naturali, dal punto di vista della collettività essi appaiono, quotidianamente, come vicende “private”, che hanno poche conseguenze psicosociali sulla collettività. In qualche modo, la comunità spesso chiede di dimenticare velocemente l’accaduto, poiché desidera “andare avanti”. Oppure delega alle autorità la messa a punto di un immediato provvedimento legislativo affinché certi eventi non accadano più. Queste dinamiche possono creare una grave frattura tra i pochi che hanno visto improvvisamente cambiare la propria vita e gli “altri” che “continuano come se nulla fosse accaduto”. Possono quindi

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emergere (da parte delle collettività) bisogni di rassicurazione e rapida elaborazione del lutto e, contemporaneamente, bisogni di ascolto, vicinanza, comprensione, inclusione sociale, riconoscimento, riorganizzazione del progetto di vita da parte dei sopravvissuti o dei familiari delle vittime. Questi bisogni non sono di per sé in contrasto, ma possono essere percepiti come tali. La stessa messa in campo di un professionista psicologo può essere ricercato dalla collettività come strumento per sfuggire al doveroso ascolto del dolore altrui e nello stesso tempo rifiutato dai sopravvissuti che vorrebbero essere riconosciuti come persone “umanamente” (cioè “normalmente”) disperate. Un grave incidente può rappresentare, dunque, il crollo di un mondo intero, per chi ne è vittima, mentre un fastidioso contrattempo per gli “altri”. Tra gli “altri” ci sono anche i professionisti del soccorso, che appaiono a volte in questi casi “cinici”, sbrigativi, incapaci di fermarsi ad ascoltare realmente. Rispondere a questi diversi bisogni è necessario e possibile a diversi livelli. Buona educazione, intelligenza emotiva e cura degli aspetti deontologici della propria professione dovrebbero indubbiamente caratterizzare ogni protagonista dei soccorsi. Molto può e deve essere fatto per escludere dai servizi coloro che non sono in grado di mantenere nel tempo questi requisiti di base o, in alternativa, per andare alla radice dello stress e della de-formazione che hanno soffocato la loro umanità. Non bisogna tuttavia confondere la calda sensibilità prosociale e la discrezione dei soccorritori più maturi con gli specifici interventi che possono mettere in campo i professionisti della mente. In alcuni casi di incidenti individuali, la comunicazione di “bad news”, l’avvio dell’elaborazione del lutto traumatico, la prevenzione dei disturbi post traumatici e la gestione delle conseguenze familiari di una crisi improvvisa richiedono

competenze molto più complesse, proprie esclusivamente di chi ha superato un esame di Stato dopo una formazione specifica durata cinque anni (specialisti in Psicologia) o nove anni (Psicoterapeuti). Ma torniamo alla tipologia delle emergenze. Gli incidenti collettivi muovono bisogni psicosociali più complessi di quelli sopra illustrati. Si definisce incidente collettivo, dal punto di vista psicologico, quello in cui un gruppo di persone, relativamente ampio, si trova a condividere per un certo tempo una situazione drammatica. Si pensi, ad esempio, ad un gruppo di persone prese in ostaggio da rapinatori o terroristi e minacciato. Oppure ad un gruppo di parenti disperati che per ore attendono, insieme, notizie sui familiari imbarcati su un aereo (come è accaduto a Linate, o a Ustica). Si pensi ai passeggeri di un treno, un autobus, una nave, feriti insieme. Oppure ai condomini di una casa crollata per una fuga di gas. In questi casi, i drammi personali, dolorosi per ciascuno in modo imparagonabile, si intrecciano e si rinforzano a vicenda. La condivisione delle drammatiche condizioni di angoscia porta con sé dinamiche in cui si alternano gesti di supporto reciproco e aspri conflitti, fenomeni di contagio emotivo e positive azioni di mutuo aiuto. I confronti, le differenze tra chi, alla fine, sopravvive e chi no, scatenano rabbia e sensi di colpa. Le domande sulle ragioni della violenza subita si organizzano ed orientano verso strumenti di rivendicazione legale. La significatività dell’evento comporta spesso una maggiore visibilità, che attiva i mass media e, con loro, l’emozionata solidarietà della comunità civile (ma anche, a volte, la morbosa curiosità intrusiva o le sadiche fantasie punitive di alcuni). Il dramma condiviso diviene così un’esperienza specifica, che necessita di strategie di supporto diverse. L’angoscia del gruppo in attesa, i rapporti con la comunità più ampia, il desiderio rivendicativo che Marzo 2009

si fa forte dell’unità del gruppo, i ricordi delle emozioni condivise, chiedono di essere ascoltati con peculiari attenzioni. Rispondere a questi bisogni con le stesse risorse umane e le stesse metodologie messe in campo per gli incidenti semplici sarebbe un errore. La dimensione collettiva, infatti, richiede uno sguardo capace di cogliere le dinamiche di gruppo, valutare i sistemi relazionali attivati, cogliere l’inconscio collettivo, co-costruire narrazioni significative. Nello stesso tempo, permane la dimensione personalissima dell’esperienza dolorosa, che non può rimanere ignota, ma va intrecciata e connessa alle azioni degli altri, per poi potersi, successivamente, raccogliere in sé. Anche in questo caso, una formazione di base al lavoro di squadra, all’osservazione di contesti, alla comprensione del fatto che “un insieme non è mai semplicemente la somma delle sue parti” appare necessaria per tutti gli operatori del soccorso. I professionisti della mente operativi in questi ambiti saranno, invece, quelli più preparati alla gestione dei gruppi, delle organizzazioni, delle comunicazioni collettive e dell’elaborazione del lutto condiviso. Cosa accade, infine nelle situazioni che abbiamo definito “disastri”? Dal punto di vista psicologico, il “disastro” è l’insieme delle condizioni che si vengono a creare quando un evento distruttivo (di ordine naturale, tecnologico o sociale) ha perturbato una comunità vulnerabile, compromettendo non solo la vita o la salute di molte persone, ma soprattutto disperdendo molte risorse cruciali per la comunità stessa. Un terremoto, un’inondazione, un uragano sono disastrosi non perché fanno molte vittime (a volte ne provocano meno degli incidenti stradali), ma perché spezzano linee elettriche, acquedotti, vie di comunicazione. Essi distruggono beni, luoghi di produzione e di ricovero, istituzioni e servizi, mettendo in crisi anche le forze di soccorso locale, al punto da costringere la comuniMarzo 2009

tà ad aprire le proprie porte a forze di aiuto “straniere” per quel territorio. Anche una nube radioattiva o tossica (eventi disastrosi di origine tecnologica) possono mettere in ginocchio un territorio e gettare nell’angoscia migliaia di nuclei familiari e di persone singole. Per non parlare delle guerre (disastri “sociali”), oggi particolarmente capaci di coinvolgere la popolazione civile, che sono in assoluto la catastrofe più distruttiva per l’umanità. Questo livello di complessità pone alla psicologia dell’emergenza delle sfide totalmente diverse. Rimane identica, per certi aspetti, la necessità per i singoli sopravvissuti di attraversare il proprio dolo-

re. Rimane anche, molto spesso diffusa, l’esigenza di rielaborare gli eventi attraverso cui interi gruppi familiari, o classi, o reparti, hanno combattuto e superato, (feriti), le aggressioni proprie della catastrofe. Eppure c’è anche qualche bisogno psico sociale in più. C’è infatti da ripensare e riorganizzare l’intera comunità. Bisogna prendere decisioni cruciali per la sopravvivenza comune nel breve termine, recuperare risorse e prospettive per il medio e lungo termine. Tutti sono colpiti. Tutti, in qualche modo possono essere, o essere stati, vittime e sopravvissuti. Il senso di coesione si fa all’inizio più forte, www.emergencyoggi.it

per poi lasciar spazio, classicamente, a confronti, conflitti e fratture profonde, che segneranno a lungo la comunità dei rimasti. La lesione della struttura dei servizi lascia ciascuno allo scoperto, senza le certezze minime che offrono, alla nostra quotidianità, un rubinetto d’acqua potabile ed un filo di corrente elettrica. La caduta, o il forte stress delle istituzioni preposte a mantenere ordine, supporto, protezione e soccorso nella comunità, facilitano l’emergere dei più tristi fantasmi che albergano nell’animo umano: ansie abbandoniche, angosce mortifere, pulsioni gravemente aggressive. L’assenza di una struttura di contenimento e orientamento dei singoli e dei gruppi è spesso evidenziata anche dall’assenza di un pubblico, o di una controparte vicina, rispetto a cui definirsi “vittima”: se tutti sono colpiti, non c’è nessuno di preciso presso cui rivendicare o chiedere conforto. Diventano così controparte e punti di riferimento “quelli di fuori”: soccorritori e mass media che la solidarietà nazionale o internazionale di un mondo globalizzato riesce ad offrire. Il rapporto con lo “straniero”, pone dunque ulteriori sfide psicosociali: i soccorritori vengono spesso percepiti come gruppi di estranei (lo sono, in questi contesti, per definizione), più forti, più ricchi e più invidiabili (almeno al momento e in confronto alla distruzione diffusa) di chi si trova in condizioni di grave bisogno. In questi contesti, le metodologie, le tecniche e le strategie di intervento psicosociale sono necessariamente di più ampio respiro e richiedono ulteriori competenze professionali. Anche in questo caso, usare le metodologie proprie di un livello di complessità inferiore sarebbe un errore. E’ infatti il contesto che definisce gli spazi di azione e soprattutto i significati che possono essere condivisi. Sebbene il lutto ed il dolore si manifestino nelle stesse forme che abbia-

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mo visto emergere negli incidenti singoli e collettivi, diversa è la prospettiva in cui si collocano le domande e le offerte di aiuto. Ad esempio, diverso è pensare, per le vittime, che le forme dell’aiuto schierate saranno sempre accessibili (poiché, ad esempio, i sopravvissuti ad un incidente collettivo potranno a lungo rivolgersi allo stesso ospedale) oppure si ritireranno a breve (come sempre accade per gli aiuti eccezionali). Per chi volesse promuovere interventi psicosociali all’interno di disastri di qualsiasi natura, la mancata consapevolezza della propria posizione nel contesto generale dei soccorsi rappresenta un errore intollerabile. 2. Tempi dell’intervento psicosociale Per tracciare un quadro ancor più chiaro dei comportamenti, dei ruoli e delle mansioni, di chi realizza interventi psicosociali in contesti di emergenza, è necessario spendere alcune parole sui possibili ambiti e tempi dell’intervento psicologico. Come previsto dalla legge sulla Protezione Civile in Italia, distinguiamo quattro fasi importanti dell’intervento psicologico: previsione, prevenzione, soccorso e riparazione. La fase forse oggi più nota al grande pubblico è quella del soccorso. Competenze psicologiche, (specialistiche e non) vengono oggi proposte e richieste sul luogo del “crash”: a supporto dei feriti traumatizzati e degli operatori emotivamente coinvolti, vicino ai familiari in attesa, nei luoghi di riconoscimento delle salme e nei punti di raccolta dei feriti e degli scampati. Esistono in questo ambito molte esperienze positive in tutta Europa che confermano l’utilità della presenza di risorse specifiche altamente competenti nel tempo del soccorso. Anche gli interventi di riparazione sono facilmente comprensibili: psicoterapeuti individuali e familiari, psichiatri e psicotraumatologi si confrontano da decenni con la sfida impegnativa posta dal bisogno di rimarginare le ferite psichiche di un evento lesivo improvviso. Nel caso di disastri di ampia portata, l’azione di ri-orientamento e riorganizzazione sociale si articola oggi anche in raffinati interventi di psicologia di Comunità, che puntano al rilancio delle risorse delle reti e della cultura locale, evitando il dispersivo impegno in migliaia di psicoterapie individuali. Vorremmo in questa sede sottolineare che la sfida maggiormente innovativa è oggi, per la psicologia dell’emergenza, quella di lavorare sulle altre due fasi degli interventi: previsione e prevenzione.

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Fare prevenzione delle emergenze, in termini psicosociali, significa puntare ad aumentare le risorse di resilienza dei singoli e dei gruppi, sviluppare le capacità di far fronte (coping) agli eventi minacciosi, trovare i modi attraverso i quali le informazioni utili si radichino nella mente dei soggetti esposti ai rischi. Ogni comunità, infatti, risulta meno vulnerabile agli eventi negativi se ha maturato per tempo atteggiamenti protettivi, comportamenti efficienti e strumenti di comunicazione adeguati. Anche dal punto di vista dei singoli, un adeguato addestramento può risultare importante per reggere lo stress dei contesti emergenziali. E non si tratta solamente di conoscere ed introiettare le procedure ritenute più funzionali alla sopravvivenza in condizioni critiche. Lo “spirito di corpo”, così come la consapevolezza di poter lottare sempre, anche quando le condizioni sembrano disperate, aumentano notevolmente la probabilità di mettere in atto comportamenti psicologicamente funzionali nei momenti più impegnativi. In questo senso, la psicologia offre il proprio contributo in direzione preventiva, rendendo più efficaci i processi di apprendimento e di preparazione agli eventi negativi. Troppo spesso, infatti, si è pensato che per sviluppare buone azioni preventive fosse sufficiente fornire alle persone le informazioni “tecniche” sui rischi a cui sono esposte. Una buona strategia comunicativa ed una competenza tecnica sui contenuti sembravano essere le uniche competenze necessarie. Veniva in questi casi sottovalutata, con atteggiamento razionalistico, la dinamica emotiva che viene sollevata ogni qualvolta si chiede alla gente di prepararsi ad un evento negativo di cui non vede al momento l’urgenza. Sottovalutare la dimensione psicologica nelle azioni di prevenzione significa dimenticare che le informazioni diffuse sui rischi sollevano ansie. A volte, per difendersi dall’ansia, le persone aumentano, invece che diminuire, i comportamenti a rischio, per dimostrare a se stesse che possono governare il rischio stesso. La mente umana è infatti più complessa di quello che spesso immaginano i professionisti di area tecnica e non sempre è propensa ad usare il buon senso. Ciò è particolarmente vero nel caso di azioni preventive rivolte a fasce di popolazione peculiari, come i bambini, gli adolescenti, gli anziani, le cui visioni del mondo e i cui processi cognitivi differiscono da quelli degli adulti preparati. Un passaggio ancora ulteriore è dato dall’impiego di competenze psicologiche nel-

la fase di previsione. Tutti gli studi di Protezione Civile si basano su studi previsionali, che elaborano scenari ipotetici di tipo dinamico rispetto ai quali organizzare azioni di contrasto. Quali sono i rischi che gravano su un territorio? Quanto è probabile il loro manifestarsi in termini di intensità e frequenza? Quali sono i fattori che possono aumentare o diminuire la loro distruttività? Cosa accadrebbe, ad esempio se il Vesuvio intensificasse la sua attività? I modelli elaborati dagli esperti di vulcanologia sulla base dello studio di centinaia di eventi passati cercano di dare una risposta a questa domanda. Lo stesso accade per i modelli previsionali elaborati da metereologi e geologi, esperti di traffico, di scienze ambientali e di strutture architettoniche. Scenari più complessi vengono elaborati intrecciando questi eventi con lo studio della variabile umana, che appare decisamente cruciale nel determinare, così come arginare, incidenti e disastri. Dal punto di vista economico, sociologico, militare, diplomatico, non è difficile provare ad intrecciare ciò che sappiamo sui comportamenti umani e ciò che si riesce ad ipotizzare sull’evolvere di determinati scenari di rischio. Lo stesso può essere fatto a partire da modelli dinamici del comportamento umano. Sebbene la mente umana sia incredibilmente complessa, non funzioni in termini deterministici e sia capace di apprendere anche dagli errori altrui (così da accumulare esperienza e comportarsi in ogni nuova occasione in modo più raffinato), appare indispensabile sviluppare modelli dei comportamenti umani probabilmente attesi all’interno di determinati scenari di emergenza. Senza tali modelli si compie l’errore di presupporre che le reazioni umane siano insignificanti all’interno degli scenari di rischio. Senza ipotesi sulla componente umana, non è neppure sensato proporre azioni di prevenzione. Lo studio dei comportamenti agiti realmente, in situazioni critiche, può dunque molto aiutare la riflessione in questo senso, superando le ingenuità proprie di chi crede che le proprie personali esperienze, così come sceneggiature dei film drammatici, offrano informazioni attendibili sui comportamenti umani più diffusi o probabili. 3. Formare le competenze Vista la complessità delle fasi di intervento, dei diversi livelli di emergenza e dei bisogni psicosociali ad essi associati, può risultare facile comprendere come la for-

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mazione degli psicologi dell’emergenza non possa che essere molto articolata. In questa sede ci limiteremo ad esplorare il tema della formazione dei componenti delle squadre di intervento psicosociale attive nei momenti di soccorso. Può essere utile, innanzitutto, distinguere tra la formazione specifica degli specialisti di psicologia (psicologi e psicoterapeuti che vogliono operare in emergenza) e il rinforzo delle capacità prosociali di tutti gli altri operatori. Può diventare infatti altamente confusivo affermare che tutti possono fare qualcosa per offrire “sostegno psicologico” alle persone travolte dall’emergenza. Tutti sono sicuramente in grado di (e anzi devono fare del proprio meglio per) offrire conforto, consolazione, solidarietà, coraggio e rispetto, sia alle vittime che ai loro congiunti, così come ai colleghi soccorritori. Tutti debbono mettere in campo le proprie migliori risorse di intelligenza emotiva, empatia, “savoir faire”, umanità, buona educazione, correttezza professionale e civismo. Volontari, sanitari, militari e tecnici che non si impegnassero ad usare e a migliorare la propria mente e il proprio cuore prima di agire, non sarebbero buoni operatori dell’emergenza perché sostanzialmente non “umanitari”. Ma dire che tutti possono fare “sostegno psicologico” tende, oggi in Italia, a generare l’equivoco che qualsivoglia preparazione di base sia in grado di supplire o sostituire le competenze specifiche dei professionisti della mente. Si tratta decisamente di una posizione scorretta. L’utilizzo di schemi di azione, protocolli, indicazioni, suggerimenti e tecniche apprese in assenza di ampie conoscenze scientifiche su cosa sia la complessità della mente è potenzialmente pericolosa. In molte situazioni complesse (e l’emergenza lo è sicuramente), abbiamo visto operare con successo équipe ricche di competenze miste, che, lavorando congiuntamente, assumono il compito di sviluppare azioni di un supporto che non a caso viene chiamato “psico-sociale”. Si tratta di squadre, che sotto il diretto coordinamento di uno psicologo esperto in emergenze, raggruppano figure quali psicologi e psicoterapeuti, un educatore, un assistente sociale e/o una figura sanitaria. Ciascuna professionalità concorre in questi casi a realizzare azioni collettive di salute mentale, come d’altro canto avviene in tutti i servizi di salute mentale in Italia. In particolare, la dimensione “sociale” dell’intervento non può che arricchirsi dall’intreccio delle competenze di chi, per specifico mandato professionale, è portatore di strumenti funzionali all’analisi delle

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variabili demografiche, storiche, economiche, legali e culturali proprie di ogni gruppo sociale. Al contrario, gruppi costituiti da volontari generici o da soccorritori professionali non psicologi, non coordinati da professionisti della mente e preparati con percorsi di formazione esterni alle Università e agli Ordini professionali dovrebbero per chiarezza essere chiamati semplicemente di “supporto umanitario”. Fatte queste premesse, possiamo affermare che lo sviluppo di competenze emotive e comportamentali può risultare utile a tutti i livelli. Per questo, è utile differenziare i livelli della formazione in relazione ai target, agli obiettivi e ai format delle proposte formative. La tabella 1 riassume queste possibilità. Per quanto riguarda le competenze da sviluppare per giungere ad una alta qualità degli interventi, è necessario distinguere tra competenze di superficie e competenze profonde. Le prime si riferiscono a strategie efficaci che possono essere apprese in tempi relativamente brevi con percorsi di formazione mirati, le seconde riguardano invece aspetti relativi alla struttura di personalità e agli atteggiamenti fondamentali, che si sedimentano nel tempo e sono frutto di molte esperienze, incontri, letture e riflessioni. Per ciascun gruppo di competenze si possono distinguere conoscenze necessarie (che rappresentano la base informativa di riferimento e la strumentazione concettuale necessaria ad utilizzare con consapevolezza e flessibilità le tecniche) e Skills, cioè abilità comportamentali osservabili e misurabili. Nelle liste allegate nelle tabelle 3 e 4 competenze superficiali e profonde, conoscenze e skills sono presentati per aree, immaginando che ogni professionista della mente attivo in squadre di intervento psicosociale debba conquistare competenze di ordine psicologico, sociocontestuale, logistico - organizzativo e sanitario. Come si può osservare nella prima lista, i professionisti della mente non solo devono conoscere bene la psicologia di base (generale, dello sviluppo, sociale e clinica) ma anche approfondire i peculiari contributi della psicologia dell'emergenza. Sempre a livello di conoscenze, è necessario che acquisiscano informazioni per collocare correttamente le proprie azioni nel contesto specifico. I contesti in cui andranno ad operare sono infatti inusuali per la ricerca psicologica classica: le azioni di supporto vanno attivate in spazi spesso precari, ben diversi dagli studi opportunamente arredati e dalle rassicuran-

TABELLA 1: Livelli della formazione TARGET: A) Professionisti non psicologi impegnati in contesti di crisi (Medici, infermieri, forze dell’ordine, vigili del fuoco, educatori di strada, assistenti sociali) B) Specialisti della mente preposti specificatamente all’emergenza (Psicologi, Psicoterapeuti, psichiatri. ) Gli OBIETTIVI formativi ipotizzabili in riferimento ai diversi target sono: Professionisti non psicologi: miglioramento delle competenze comunicative e relazionali; rinforzo della consapevolezza e degli strumenti per monitorare i propri bisogni emotivi; affinamento delle capacità di individuazione dei bisogni da indirizzare verso risposte di supporto psicosociale. Professionisti della mente: specializzazione; acquisizione di conoscenze per operare nel contesto specifico e per interfacciarsi con le altre professionalità; acquisizione di tecniche e metodologie specifiche per la gestione di singoli, gruppi ed aggregati in emergenza; calibrazione delle competenze relazionali e di coping personali. Il FORMAT delle iniziative formative non può che essere diversificato: Professionisti non psicologi: Corsi strutturati in più incontri. Specialisti della mente : Master universitari; Corsi di perfezionamento; corsi strutturati con stage o tirocinio.

ti mura delle istituzioni. Poiché in emergenza sono sempre presenti molti bisogni e molti soccorritori, è indispensabile una buona conoscenza della logica complessiva delle strategie di soccorso e protezione civile, nonché delle logiche che guidano i comportamenti delle altre categorie professionali. Priorità ed urgenze vengono infatti definite diversamente dal punto di vista della sicurezza, dell’ordine pubblico, della medicina d’urgenza, della burocrazia, della disperazione personale. Per quanto riguarda gli skills, l’elenco presentato non è volutamente esaustivo, ma rappresenta una proposta di riferimento. Tra le abilità selezionate, abbiamo posto in evidenzia la capacità di gestire gruppi, ed in particolare gruppi di lavoro. Le varie correnti della psicologia hanno ovviamente proposte diverse in questo ambito, ma, per i motivi sopra esposti, riteniamo che la capacità di gestire gruppi rappresenti una competenza di primaria importanza. E’ anche necessario imparare a comunicare in maniera molto efficace, brevemente, chiaramente, emotivamente, nonché condurre attività specifiche quali i processi di disattivazione emotiva e di deMarzo 2009

TABELLA 3 : LISTA 1 Competenze di superficie AREA PSICOLOGICA. CONOSCENZE: conoscenza dei modelli teorici e dei settori di ricerca propri della psicologia dell’emergenza. SKILLS; avere padronanza delle metodologie di gestione dei gruppi e dei gruppi di lavoro in particolare; saper utilizzare tecniche comunicative efficaci; saper condurre attività di debriefing e defusing; saper proporre attività di rielaborazione ludica; saper attivare azioni di rielaborazione emotiva collettiva con diversi linguaggi; saper riconoscere i segnali di stress ed i sintomi di trauma individuali e comunitari; saper ascoltare; saper utilizzare tecniche di mediazione, negoziazione e gestione dei conflitti. AREA SOCIO- CONTESTUALE. CONOSCENZE: conoscenza del contesto socioculturale in cui si è chiamati ad operare; conoscenza del contesto geografico - storico. SKILLS: saper realizzare una dettagliata analisi del contesto; saper individuare bisogni, risorse, potenzialità, vincoli del territorio e della rete sociale; saper attivare reti e promuovere il lavoro di rete; saper utilizzare tecniche partecipative e di empowerment; saper identificare i ruoli formali ed informali nelle organizzazioni complesse; saper lavorare in équipe; saper riconoscere i limiti del proprio ruolo; saper rispettare ruoli e gerarchie; saper regolare reti tra organizzazioni; saper formulare progetti; saper utilizzare strumenti di coordinamento; saper generare soluzioni creative. AREA LOGISTICO- ORGANIZZATIVA: CONOSCENZE: conoscenza della terminologia di settore; conoscenza della normativa di settore; conoscenza dei protocolli operativi. SKILLS saper amministrare risorse; sapere pianificare risorse in relazione a tempi ed obiettivi; saper prendere decisioni in posizioni di coordinamento; saper stendere progetti e programmi. AREA SANITARIA CONOSCENZE avere nozioni di primo soccorso; avere nozioni di igiene . SKILLS Seguire regole di autoprotezione

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briefing. Tra le varie competenze, vogliamo sottolineare l’abilità ludica. Saper giocare veramente, in condizione di emergenza, è una competenza molto raffinata, poiché il gioco rappresenta spesso per i bambini sia lo strumento per rivivere i traumi che la via per rielaborarli. Una competenza superficiale in questo ambito, che non riesca a distinguere gioco compulsivo e gioco terapeutico può essere estremamente dannosa. Pensando ai possibili interventi all’interno di disastri ed incidenti collettivi, non può mancare, nel bagaglio delle competenze, la capacità di promuovere azioni di rielaborazione emotiva collettiva. Drammatizzazioni, dialoghi, tecniche proprie della psicologia culturale e narrativa possono rivelarsi indispensabili. Per altri aspetti, non può mancare qualche

ABELLA 4: Lista 2: Competenze profonde: ATTEGGIAMENTI: saper agire rapidamente; essere assertivi; saper operare in autonomia; avere capacità di autovalutazione; disporre di sufficienti capacità manuali e di orientamento; essere socievoli; essere disponibili al confronto; avere un pensiero creativo ed essere disponibili all’improvvisazione; avere capacità diplomatiche (capacità di rispettare l’immagine di sé dell’altro); essere orientati all’efficacia; essere orientati all’efficienza; avere buone capacità empatiche; essere flessibili; essere disponibili ad assumersi responsabilità; saper mantenere il setting professionale; sapersi mettere in gioco; avere buone capacità osservative; avere diversificate strategie di problem solving; saper reggere incertezza; sapersi uniformare alle direttive del leader; saper valorizzare le risorse altrui. IMMAGINE DI SE’: saper ascoltare e regolare le proprie emozioni; avere un buon grado di autocontrollo; avere buona consapevolezza di sé stessi e del proprio ruolo; saper riconoscere i propri limiti; disporre di strategie di coping adeguate; saper gestire le emozioni personali; avere una buona tolleranza della morte e della perdita; saper tollerare e gestire lo stress; VALORI: essere disponibili al confronto con l’alterità; essere disponibili all’impegno civile.

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skills relativo alla psico-traumatologia: saper riconoscere i sintomi del di-stress, individuare traumi, contrastare le dinamiche di strutturazione del trauma sono competenze specifiche. In molte situazioni, inoltre, sarà necessario essere in grado di realizzare un ascolto profondo, con tecniche rogersiane o semidirettive, usare tecniche di mediazione, di negoziazione, di gestione dei conflitti. Tra gli skills dell’area socio contestuale, al primo posto sta la capacità di realizzare analisi di tipo sistemico. La prima cosa da fare in emergenza, anche dal punto di vista psicosociale, è quella di raccogliere il massimo di informazioni nel più breve tempo possibile. Ciò significa ad esempio, in caso di disastri, essere in grado di ampliare lo sguardo fino a comprendere tutto quanto riguardi della cultura del luogo in cui si è chiamati ad operare: miti, riti, tradizioni, usanze, calendario, malattie, eventi precedenti costituiscono elementi importante per costruire o decostruire la trama di significati feriti dall’evento imprevisto. Se si vogliono superare i pregiudizi, che spesso necessariamente scattano quando molti estranei sono chiamati a capire velocemente gli altri, è necessario mantenere aperte strategie di osservazione, valutazione ed esplorazione rapida della realtà sociale in cui si è chiamati. Sviluppare e sostenere processi di Empowerment e saper lavorare con i ruoli formali e informali sono altrettanto importanti. I contesti di emergenza sono infatti caratterizzati da brusche cadute delle barriere sociali e da reiterati tentativi di privare vittime e sopravvissuti, in condizioni di debolezza, della loro capacità di autodeterminazione. Sviluppare empowerment in queste situazioni significa ricordare che mantenere il controllo che rimane possibile sulla propria vita, rappresenta una risorsa fondamentale per la ripresa psicosociale rapida ed efficace. Conoscere la terminologia, i protocolli, le normative e le sigle utilizzate da tutte le forze in campo significa, ovviamente, poter comunicare con esse, nonché caratterizzarsi come forza integrata di azioni di ampio respiro. Riguardo all'area sanitaria è indispensabile sapere come funzionano i soccorsi in urgenza, nonché conoscere le norme igieniche e le regole di auto-protezione sanitaria fondamentali in emergenza. Più complessa è la lista delle competenze profonde. Essa comprende atteggiamenti, valori e caratteristiche del Sé che sono spesso il frutto di percorsi di

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auto educazione continua. Prese separatamente, queste competenze possono apparire caratteristiche ideali, tutte chiaramente auspicabili per ogni mansione e ruolo professionale. Molte di esse assumono tuttavia, in emergenza, un valore che fa la differenza. Ad esempio, le capacità di agire rapidamente, essere assertivi, orientarsi bene nello spazio, utilizzare un pensiero creativo, possono facilitare non poco la scelta dei gesti e delle parole giuste al momento giusto. Anche la disponibilità all’improvvisazione è particolarmente importante. Sebbene alcuni protocolli predisposti per le emergenze scoraggino e disincentivino l’iniziativa personale di ordine creativo, non bisogna dimenticare che in una vera emergenza, molte poche cose funzionano realmente come dovrebbero funzionare. Alla fine di tutto l’elenco abbiamo inserito la capacità di autoironia: chiedere a sé stessi e agli altri di possedere tutte o anche solo la maggioranza delle competenze raccolte nella lista sarebbe decisamente eccessivo: nessuno è perfetto, ed anche le debolezze del Sé possono essere una risorsa se si è capaci di riderci sopra! Come ultimo aspetto vogliamo sottolineare l’importanza della dimensione valoriale come competenza profonda. Entrare in emergenza vuol dire dar valore alla vita, dar valore alle persone. Bisogna saper fare delle scelte valoriali, soprattutto in contesti violenti e caotici, dove è facile lo sciacallaggio: sciacallaggio mediatico, morale, economico e culturale che approfitta della debolezza dell’altro. Nessuna competenza psicologica ha valore senza una chiara presa di posizione su questo aspetto!

Riferimenti Bibliografici F Sbattella E. Pini Strategie di coping ed emozioni nei soccorritori. in Nuove tendenze della psicologia, Vol. 2 N.1, marzo 2004. F Sbattella E. Pini Traumi nei bambini e nei soccorritori: una ricerca sulle strategie di coping. Symbolon. Traumi psichici e psicopatologia. rivista scientifica on line, 2005. www.psicotraumatologia.it F Sbattella Competenze psicologiche nelle emergenze: Verso una definizione di ruoli e saperi in Nuove tendenze della psicologia, Vol. 3 N.3, settembre 2005. F Sbattella M. Tettamanzi e F. Iacchetti Basic therapeutic actions Un modello di intervento psicosociale per le vittime dello tsunami in Nuove tendenze della psicologia, Vol. 3 N.4, dicembre 2005. F Sbattella Emozioni infantili in contesti d’emergenza in Minori oggi tra solitudine e globalizzazione, Vita e Pensiero, Milano, 2005. F Sbattella Psicologi e psicologie in contesti di emergenza: una sfida per le conoscenze psicologiche. in C. Kaneklin A. Bruno G. Scaratti (a cura di), I processi di generazione delle conoscenze nei contesti organizzativi e di lavoro, Vita e Pensiero, Milano, 2005 F. Sbattella, M. Tettamanzi, La gestione della morte improvvisa e del lutto: comunicazione e supporto, in G.Trabucco, F. Buonocore (a cura di), Pronto Soccorso Triage. Accoglienza, rassicurazione, cura, aspettative, vissuti psicologici, bisogni. pp. 181- 187, Edizioni Libreria Cortina Verona, Verona, 2007. F. Sbattella M. Molteni Umorismo ed emergenza Quaderno di Psicologia dell’emergenza N.2, DSU, Un. Cattolica, Milano, 2008. M. Tettamanzi F. Sbattella Le conseguenze psicologiche degli incidenti stradali Quaderno di Psicologia dell’emergenza N.1, DSU, Un. Cattolica, Milano, 2007. Per approfondimenti: www.unicatt.it/psicoemergenza Conclude i lavori della mattina la Prof.ssa Clara Capello – Università di Torino, conducendo la discussione aperta sulle tematiche emerse e sulle riflessioni dei partecipanti.

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La sanità in Italia Per costruire un welfare stabile finanziariamente, efficiente nell’erogazione dei servizi, giusto nella tutela dei diritti è oggi indispensabile intervenire, con politiche pubbliche mirate, sul sistema sanitario italiano. Il volume di Fabio Pammolli e Nicola Salerno «La sanità in Italia», edito nella collana Arel-Il Mulino e in libreria dal mese di settembre, indaga sulle possibilità di realizzare questo obiettivo, analizzando l’incidenza dei capitoli della spesa sanitaria e farmaceutica sul sistema di governance pubblica. L’attenzione del libro – frutto di un percorso di riflessione portato avanti negli ultimi due anni congiuntamente dall’AREL e dal CERM – si sofferma approfonditamente sulla fiscalità federalista e, quindi, sulle interrelazioni tra Stato, Regioni ed Enti Locali. Ma l’approccio di fondo non è tecnocratico e investe anzi questioni di politica economica reale. Questioni inerenti alla vita quotidiana di milioni di cittadini e, quindi, alla tenuta di una società in profonda e continua trasformazione. Ai nuovi bisogni legati all’invecchiamento progressivo della popolazione italiana devono – si sottolinea nel volume – corrispondere interventi di coordinamento, regolazione e razionalizzazione che garantiscano la stabilità generale del sistema, senza tuttavia intaccarne né l’equità, né il principio irrinunciabile di universalità del servizio sanitario.

«La sanità in Italia» Si è svolto a Roma, mercoledì 18 febbraio 2009, il convegno di presentazione del volume di Fabio Pammolli e Nicola C. Salerno, La sanità in Italia, edito nella collana Arel-Il Mulino. Al dibattito, introdotto da Enrico Letta, hanno partecipato l’ex premier Giuliano Amato, presidente della Fondazione Treccani, e Raffaele Fitto, Ministro degli Affari Regionali «Dal questo volume emergono due importanti spunti per le nuove generazioni della classe politica italiana. Bisogna anzitutto stare molto attenti a non generalizzare le tematiche della sanità che invece devono essere costruite e affrontate caso per caso e con variabili sempre diverse. È poi opportuno - ha aggiunto - pensare all'unione dei fondi pensione e dei fondi sanità in un unico fondo welfare». Marzo 2009

Prevenzione e gestione dell’arresto cardiaco: dall’Ospedale al Territorio Roma, 13 giugno 2009 Auditorium S. Domenico, V. Casilina 235 - Roma Convegno organizzato dalla Fondazione Giorgio Castelli onlus e dalla UOC di Medicina Interna dell’Ospedale M. G. Vannini CREDITI ECM PROFESSIONE MEDICO CHIRURGO, 3 CREDITI, RIF. 6944 9017162 PROFESSIONE INFERMIERE, NON ANCORA ASSEGNATI, RIF 6944.9017163

La sinergia tra le varie entità coinvolte nella prevenzione e nella gestione dell’arresto cardiaco, sembra essere il mezzo più idoneo a contrastare un evento che ogni anno in Italia causa 60.000 decessi. Nel corso del convegno ognuno per la parte di propria competenza, si affronteranno il mondo ospedaliero, la medicina di base, il volontariato al fine di varare strategie atte a diffondere nel territorio la cultura dell’emergenza. 8,45

Saluto delle Autorita’

1° sessione, moderano : A. Spataro-G.F. Testa 9,00 “Fisiopatologia dell’arresto cardiaco” G. Ansalone-L. Cacciotti 9,20 “Tecniche diagnostiche d’avanguardia per l’individuazione dei soggetti a rischio di MCI” L. Calo’-E. De Ruvo 9,40 “Utilita’ terapeutica dell’ipotermia durante e dopo l’arresto cardiaco” G. Battisti- G.F. Testa 10,00 “Percorsi di prevenzione della MCI” C. Santini - U. Nicolella

11,15 “La gestione infermieristica dell’arresto cardiaco” S. Scelsi-F.Cirella 11,30 “Morte cardiaca improvvisa nello Sport” V. Castelli-A Spataro 11,50 “Prevenzione e promozione della salute attraverso un nuovo protocollo di visita medico-sportiva: dal progetto alla realta’ ” A. Spataro-M, Brozzi 12,20 “L’esperienza del volontariato” M. Martini-A.Vallifuoco-O. Di Michele 12,35 “Aspetti legislativi innovativi in tema di defibrillazione precoce in ambito extra-ospedaliero” D. Di Virgilio

10,20 “Ruolo della Medicina di base nella lotta alla morte cardiaca improvvisa” B. Valente

12,45 TAVOLA ROTONDA “La Cultura dell’emergenza in Italia: a che punto siamo?” Discussants : G. Ansalone, A. Destro, D. Di Virgilio, C. Santini, Serra, G.F. Testa,…

10,40 Discussione

13,15 COLAZIONE DI LAVORO

10,50 Coffee-break

14,15 Esercitazione pratica di rianimazione cardio-respiratoria ed uso del defibrillatore (BLS-D), tenuta da istruttori certificati ARES 118 Lazio

2° sessione, moderano : C. Santini- L. Calo’ 11,00 “ARES 118: i progetti Lazio cuore sicuro ed infarto net ” F. Cirella - S.Scelsi

16,15 Compilazione questionario 16,30 Chiusura del Convegno

Patrocini richiesti: ACSA - FADOI - FISM - IRC-COMUNITA' - SIMI - CONACUORE - REGIONE LAZIO - ARES 118 - COMUNE DI ROMA - PROVINCIA DI ROMA

Segreteria scientifica: Dott. Vincenzo Castelli, U.O.C. Medicina interna, Ospedale Madre G. Vannini, V. Acqua Bulicante 4 - Roma Fondazione Giorgio Castelli onlus tel. +39 06 24402037, e-mail: [email protected]

Segreteria organizzativa: Key Communication sas Via Po 10 - 00198 Roma tel. +39 06 8535 5798 fax +39 06 8535 5606 e-mail: [email protected]

Centomila chiamate al 118 di Bergamo: calano gli incidenti e gli infortuni Si consolida ben oltre le centomila chiamate annue ricevute (280 al giorno) l’attività della centrale operativa del 118 di Bergamo. Ma il 2008 appena concluso, dal punto di vista delle emergenze e urgenze sanitarie nella Bergamasca, è un anno che si caratterizza soprattutto per un calo sensibile (per la prima volta negli ultimi sei anni) delle richieste di soccorso per incidenti stradali e infortuni sul lavoro. I numeri restano alti e molto c’è ancora da fare, è vero, ma il trend registrato quest’anno è un buon segnale, come sottolineano gli esperti del settore: «Sono dati confortanti – spiega il responsabile del Servizio sanitario urgenza ed emergenza 118 di Bergamo, Oliviero Valoti – merito probabilmente delle numerose campagne di sicurezza condotte da vari soggetti sul territorio e in particolare fra i giovani». MENO INCIDENTI E MENO INFORTUNI Poco più di 5 mila le richieste di soccorso giunte nel 2008 alla centrale operativa del 118 (che ha sede agli Ospedali Riuniti) per incidenti stradali. Sono quasi 500 richieste in meno (con un calo superiore all’8 per cento) rispetto al dato del 2007, in cui le chiamate furono 5.475 e rispetto al 2006, in cui le richieste di ambulanze da inviare per scontri con feriti erano state 5.576. «Credo che le campagne di questi ultimi anni – commenta il dottor Valoti – stiano cominciando a dare qualche frutto tangibile. Le forze dell’ordine, polizia stradale, carabinieri, polizie locali, ma anche le scuole, l’Asl, l’Aci, gli Ospedali Riuniti, hanno messo in campo numerose iniziative di formazione e di sensibilizzazione. Cito ad esempio gli incontri organizzati dall’ospedale con le scolaresche su questo tema, in particolare con le classi quinte delle superiori, che in qualche caso sono state condotte a visitare il reparto di Rianimazione per rendersi conto delle conseguenze di un incidente. Forse questo calo, finalmente evidente, delle chiamate al 118 per incidenti stradali è indice del fatto che si è imboccata la strada giusta». Al calo delle chiamate al 118 corrisponde in effetti anche un calo netto degli incidenti mortali. L’Eco di Bergamo nel 2008 ha riportato la cronaca della morte di 114 bergamaschi contro i 141 del 2007. Se si considera inoltre il dato relativo ai morti per incidenti avvenuti entro i soli confini della provincia, escludendo le tragedie avvenute altrove, il numero delle vittime nel 2008 scende a 98 contro le 120 del 2007 (quasi il 20 per cento in meno). Calo netto rispetto al 2007 anche per quanto riguarda un’altra voce su cui la campagna informativa è stata pressante: gli infortuni sul lavoro. Le chiamate al 118 sono state 325 nel 2008 contro le 396 del 2007 (meno 18 per cento). Buon segno, ma è assolutamente vietato abbassare la guardia. 118, OLTRE CENTOMILA SQUILLI In termini generali, invece, le chiamate al 118 nell’anno che si è appena concluso sono state ancora una volta tantissime da tut-

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ta la provincia, ben oltre le centomila, che significa circa 280 al giorno. «Dopo la crescita esponenziale degli ultimi anni, in cui si è compiuto un balzo di oltre 40 mila chiamate in più – analizza il responsabile del 118 Oliviero Valoti – l’attività della nostra centrale operativa si è stabilizzata ben oltre le centomila chiamate annue». Da rilevare che una tale mole di «squilli» non si trasforma interamente in ambulanze inviate sul territorio. Le missioni attivate, infatti, sono poco meno di 50 mila, ovvero circa la metà rispetto alle chiamate. Questo significa che molte sono ancora le chiamate «improprie» al 118. «Sono ancora molte – conferma infatti Valoti – le telefonate alla centrale operativa da parte di cittadini che richiedono informazioni o consulenze. Questo avviene a volte per un errato utilizzo del servizio, che dovrebbe essere contattato in casi di effettiva urgenza o emergenza, ma anche quando il cittadino non riesce, per vari motivi, a trovare risposte alle proprie esigenze da parte del servizio del medico di base». ELISOCCORSO: 630 OPERAZIONI Fiore all’occhiello del 118 di Bergamo è l’elisoccorso, che ha base a Orio al Serio: 630 gli interventi nel 2008, in calo rispetto a quelli del 2007, che furono 667. «Sono calati gli interventi di soccorso in montagna – chiarisce Valoti – probabilmente grazie a una maggiore prudenza da parte degli escursionisti, che affrontano le gite meglio equipaggiati». RESTYLING AL PARCO MEZZI In questo periodo è in corso inoltre un rinnovo del parco mezzi: diverse ambulanze particolarmente «vissute» sono state sostituite (fra queste, una decina di ambulanze della Croce Rossa in servizio 24 ore su 24) e a gennaio arriveranno probabilmente anche tre nuove automediche. Sempre come automedica il 118 di Bergamo dispone da alcuni mesi anche di un suv Audi Q7 super attrezzato, donato dall’Ance Bergamo (Associazione nazionale costruttori edili). Marzo 2009

COOPERAZIONE ALLE SCOTTE

Medici cinesi in arrivo alle Scotte per il progetto formativo tra Siena e Cina Grazie ad un accordo siglato tra l’Assessorato al Diritto alla Salute della Regione Toscana e il Ministero della Salute della Repubblica Popolare Cinese Medici cinesi in arrivo al policlinico Santa Maria alle Scotte grazie ad un progetto di cooperazione nel settore della medicina tra Siena e la Cina. L’accordo è stato sottoscritto tra l’Assessore al Diritto alla Salute della Regione Toscana e il Direttore Generale del Dipartimento Risorse Umane del Ministero della Sanità Cinese e, per tre anni, alcuni medici provenienti dalle più prestigiose strutture sanitarie della Cina, potranno svolgere periodi formativi presso gli ospedali della Toscana. A fare da apripista in questa esperienza c’è il policlinico Santa Maria alle Scotte che, già dal 31 marzo, con la collaborazione dell’Università di Siena, ospita sei medici cinesi, quattro uomini e due donne. “Si tratta di un progetto – spiega il direttore generale delle Scotte, Paolo Morello Marchese – che punta a far crescere professionalmente sia i nostri medici che i colleghi cinesi grazie ad un confronto quotidiano di esperienze e competenze. Daremo il via ad uno sviluppo costante e ad un aggiornamento continuo di tutti i professionisti coinvolti nelle diverse discipline medico-chirurgiche”. I medici cinesi in questa prima esperienza, che avrà una durata di tre mesi, lavoreranno gomito a gomito con i colleghi

delle Scotte tra le corsie dell’ospedale: sono specialisti in ginecologia, pneumologia, neonatologia, urologia e chirurgia cardiotoracica. “Ci sarà la massima collaborazione – aggiunge il direttore sanitario, Laura Radice - con i corrispettivi italiani all’organizzazione e alla realizzazione di programmi di formazione e di seminari. In particolare i corsi di formazione saranno destinati alla preparazione del personale medico negli ambiti di ematologia, oncologia, cardiochirurgia, microchirurgia, trapianti d’organi e medicina d’urgenza”. Per coordinare il progetto è stato costituito un gruppo di lavoro ad hoc, formato da rappresentanti di entrambe le parti, che provvederà a elaborare un piano di lavoro annuale, controllare in itinere la realizzazione dei programmi e redigere una valutazione finale al termine di ogni anno di collaborazione. “Si tratta di un progetto ambizioso e innovativo – conclude Morello - che rappresenta per i nostri medici un’opportunità per confrontare il proprio operato e le caratteristiche della nostra organizzazione sanitaria con quelli di altri colleghi appartenenti a contesti diversi”.

Operativo in Burkina Faso un Pronto Soccorso nato sulla base del modello senese grazie al chirurgo Alberto Guasconi Il progetto di cooperazione internazionale portato avanti con il Ministero degli Esteri E’ operativo in Burkina Faso un pronto soccorso organizzato in base al modello senese. L’importante risultato è stato raggiunto grazie al progetto di cooperazione internazionale portato avanti dal chirurgo senese Alberto Guasconi, medico del Pronto Soccorso del policlinico Santa Maria alle Scotte, appena rientrato dalla missione svolta con il Ministero degli Esteri nel Paese africano. Il dottor Guasconi è stato scelto per la sua più che decennale esperienza nel settore dell’emergenza medico-chirurgica in situazioni internazionali difficili e in zone di guerra. “Il Pronto Soccorso dell’ospedale CMA di Ouagadougou – spiega Guasconi - è uno dei due ospedali presenti in Ouaga, la capitale del Burkina Faso, con una popolazione di circa 5 milioni di abitanti. Nato negli anni 50 era un ospedale rurale ma è ora il principale punto di riferimento per tutta la città e, alla data del mio arrivo, il pronto soccorso non era dotato di Marzo 2009

sala di emergenza ma si presentava come semplice poliambulatorio”. Il Ministero della Salute del Burkina ha quindi chiesto alla cooperazione italiana di mettere in funzione un vero e proprio pronto soccorso, sul modello italiano, per quello che è il terzo ospedale dello Stato Africano. “Ho trovato una buona collaborazione da parte dell’èquipe locale e tanta voglia di imparare – continua Guasconi – e ho cercato di mettere a frutto le mie competenze e l’esperienza maturata in questi anni, sia a Siena che nelle missioni umanitarie. Proprio ispirandomi al modello senese ho progettato e attivato il triage, identificando i percorsi per l’urgenza, quelli che sono comunemente classificati come codice rosso e giallo, e predisponendo un diverso iter per le urgenze differibili, cioè i casi meno gravi. Inoltre ho allestito una sala d’urgenza con la strumentazione di base necessaria per gli interventi salvavita”. I percorsi di triage sono stati costruiti in base alla sintomatolowww.emergencyoggi.it

gia. “E’ stata una scelta – prosegue Guasconi – dettata dalla volontà di rendere i medici e gli operatori locali pienamente autosufficienti nel gestire l’emergenza anche dopo la mia partenza, seguendo quindi iter formativi e percorsi assistenziali formulati come quelli in uso alle Scotte”. Il Burkina Faso è attualmente il terzo Paese più povero sulla Terra, situato nell’Africa Occidentale e confinante con Mali, Niger, Benin, Togo, Ghana e Costa d’Avorio. “Grazie alla disponibilità della direzione del Pronto Soccorso di Siena e dell’Azienda Ospedaliera – conclude Guasconi – ho potuto partecipare e conseguire ottimi risultati nella progettazione e realizzazione della struttura di emergenza in Burkina Faso, con piena soddisfazione delle autorità locali e dello stesso Ministero degli Esteri italiano. E’ un grande appagamento, per chi lavora nel campo dell’emergenza-urgenza, sapere che c’è una piccola parte di Siena operativa in Burkina Faso”.

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libri • dal mondo • ICTUS: PRESTO DISPONIBILE UNA NUOVA MOLECOLA Sono 200.000 gli italiani colpiti ogni anno da ictus cerebrale che, spesso, vanno incontro a grave disabilita' permanente. Nel 25% dei casi, la causa e' la fibrillazione atriale che si manifesta con sintomi di affaticamento, irregolarita' del battito cardiaco, palpitazioni, dispnea. Arriva presto una nuova molecola per prevenire l'ictus e combattere i danni della fibrillazione atriale. L'anticoagulante orale rivaroxaban sara' disponibile entro l'estate per la profilassi del tromboembolismo venoso negli interventi di chirurgia protesica ortopedica maggiore di anca e ginocchio. "Il 5% dei pazienti con fibrillazione atriale - afferma il prof. Diego Ardissino, direttore dell'Unita' Operativa di Cardiologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma - va incontro a un evento tromboembolico. La malattia colpisce in egual misura donne e uomini e tende a diventare sempre piu' frequente con l'aumentare dell'eta': una persona su tre, superati gli 80 anni, ne soffre. Per anni la comunita' cardiologica si e' impegnata nella ricerca di un nuovo anticoagulante che potesse superare le difficolta' d'impiego e di gestione dell'attuale terapia anticoagulante con dicumarolici". Entro l'estate 2009 sara' in commercio anche in Italia rivaroxaban, una molecola di nuova concezione, a somministrazione orale, con l'indicazione nella prevenzione del tromboembolismo venoso (TEV) in chirurgia ortopedica protesica maggiore di anca e ginocchio. Rivaroxaban, con l'efficacia dimostrata nel ridurre il rischio tromboembolico nella trombosi venosa profonda, ha la potenzialita' di rivoluzionare anche la terapia dei pazienti a rischio tromboembolico nella fibrillazione atriale. "Infatti il meccanismo alla base della formazione del trombo venoso - spiega Antonio Carolei, professore ordinario di Neurologia all'Universita' degli Studi dell'Aquila - e' identico a quello che porta alla formazione del trombo arterioso. La nuova molecola potra' quindi garantire importanti vantaggi anche alle persone con fibrillazione atriale. Tale indicazione e' attualmente in studio nel progetto ROCKET-AF". Con rivaroxaban i pazienti colpiti da questo disturbo non dovranno piu' sottoporsi a controlli frequenti per "aggiustare la dose" e avranno a disposizione un anticoagulante orale efficace in dose fissa.

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news • congressi • tecnologie • libri SAVONA

180MILA RICHIESTE SOCCORSO AL 118 IN UN ANNO In un anno il 118 di Savona Soccorso ha ricevuto 180 mila chiamate, un numero leggermente superiore rispetto all'anno precedente. Un quarto delle richieste e' stato effettuato nella fascia oraria 8-12: sono alcuni dati del bilancio dell'attivita' svolta dagli operatori della centrale operativa e dallo staff dell'automedica diffusi stamani in una conferenza stampa. ''Il tempo intercorso tra la chiamata di soccorso e l'arrivo dell'ambulanza - ha osservato il dirigente Salvatore Esposito - e' stato di poco meno di 8 minuti per i 'codici rossi' quando le disposizioni nazionali indicano come tempo massimo stabilito tra chiamata e arrivo, 8 minuti per l'area urbana e 20 per l'extraurbana. Un dato dunque molto positivo''. In proporzione le chiamate di soccorso sono state 12 ogni 100 residenti e i principali luoghi di intervento sono stati: casa 54%; strada 12,3%; uffici ed esercizi pubblici 12,35%; luoghi di lavoro 1%. Le principali patologie rilevate, quelle traumatiche (29%) e cardiocircolatorie (14%). Per l'anno nuovo e' stata assicurata l'attivazione definitiva della postazione di automedica del finalese per 12 ore diurne.

All'avanguardia il nuovo reparto Grandi Ustioni del Sant'Eugenio E’ un reparto all'avanguardia per dotazione di posti letto e attrezzatura tecnologica il nuovo reparto 'Grandi ustioni' dell'ospedale Sant'Eugenio a Roma, inaugurato alla presenza del presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo. I lavori di ristrutturazione, durati circa 17 mesi, sono costati 3 milioni di euro, più della metà dei quali destinati a strumenti e tecnologie. Il reparto, il più grande e attrezzato d'Italia, conta 28 posti letto di cui quattro destinati all'alta terapia intensiva, dedicati cioè a pazienti che hanno ustioni su oltre il 40 per cento del corpo, mentre altri 10 posti letto saranno destinati a pazienti con ustioni che vanno dal 15 al 40 per cento. Collegata, via telecamere, con la sala operatoria, anche un'aula dedicata alla didattica e alla formazione. “Il cittadino indiano aggredito e dato alle fiamme da tre giovani nella stazione di Nettuno, alle porte di Roma, sarà il primo paziente accolto nella nuova struttura del reparto 'Grandi Ustioni' del Sant'Eugenio a Roma”, ha assicurato il presidente Marrazzo, che, proprio inaugurando il reparto, ha voluto precisare: ''La cosa più bella è che questo è un segnale che la nostra società, la nostra comunità laziale e romana, non è rappresentata da quei balordi, da quei violenti che devono essere solo oggetto della nostra riprovazione netta e ferma. La nostra società sarà fatta dai nostri camici verdi e bianchi, e spero, sarà fatta per questa persona da una nuova vita'' Marzo 2009

Costo-efficacia nella gestione del paziente con dolore toracico Filippo Pieralli, Alberto Conti Medicina d’Urgenza. Dipartimento di Accoglienza Accettazione Emergenza. AOU Careggi, Firenze Il dolore toracico rappresenta una delle principali sindromi di accesso al Dipartimento di Emergenza con potenzialità di patologie sottostanti ad alto tasso di morbilità e mortalità. La cardiopatia ischemica è presente in circa il 50% dei casi di dolore toracico. E’ per tale motivo che negli USA a partire dai primi anni ’90 sono nate all’interno dei Dipartimenti di Emergenza le Unità per il Dolore Toracico, internazionalmente note con il nome di Chest Pain Unit, con l’intento, tramite protocolli di rule-out della cardiopatia ischemica, mediante un triage rapido e funzionalmente strutturato, di permettere una diagnosi sicura con una deospedalizzazione precoce ed una riduzione dei costi. La più importante esperienza deriva dallo studio CHEER nel quale 424 pazienti con angina instabile a rischio intermedio di eventi coronarici sono stati randomizzati al trattamento convenzionale con ricovero ospedaliero in Unità Cardiologica o alla gestione in Chest Pain Unit. Nei 6 mesi di follow-up non sono state osservate differenze nell’outcome dei due gruppi di pazienti, e nessun evento è occorso nei pazienti destinati al management Chest Pain Unit dimessi precocemente con una riduzione dei costi del 61% con la gestione CPU rispetto alla gestione convenzionale con ricovero diretto. Le sindromi coronariche acute (ACS) rappresentano attualmente le principali cause di mortalità e morbidità nelle popolazioni ad alto tasso di industrializzazione, la loro prevalenza è in costante aumento e sono presenti in circa il 50% dei pazienti che si presentano al Dipartimento di Emergenza per un dolore toracico. Le sindromi coronariche acute senza sopralivellamento del tratto ST (NSTEACS) rappresentano circa i 2/3 di tutte le ACS mentre il 1/3 rimanente è rappresentato dalle sindromi coronariche acute con sopralivellamento del tratto ST (STEACS). Una strategia riperfusiva precoce è nota da molti anni ridurre la mortalità e la morbilità nella STEACS e rappresenta lo stato dell’arte del trattamento di queste sindromi. Tuttavia è materia di dibattito recente se una strategia invasiva precoce sia preferibile ad un atteggiamento più conservativo nelle NSTEACS. Recentemente negli studi FRISC-II, TACTICS-TIMI18 e RITA-3 è stato dimostrato che una strategia invasiva precoce è Bibliografia essenziale -ACC/AHA 2002 guideline update for the management of patients with unstable angina and Non-STsegment elevation myocardial infarction. www.circulationaha.org ESC 2002 guideline for the Mangement of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation. www.escardio.org -Farkouh ME, Smars PA, Reeder GS et al. A clinical trial of a chest pain observation unit for patients with unstable angina (CHEER study). NEJM 1998; 339:1882-8. -Conti A, Paladini B, Toccafondi S et al. Effectiveness of a multidisciplinary chest pain unit for the assessment of coronary syndromes and risk stratification in the Florence area. AHJ 2002. -Antman EM, Cohen M, Bernink P et al. The TIMI risk score for unstable angina/non ST elevation myo-

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più efficace della strategia conservativa non solo nei pazienti ad alto rischio (innalzamento troponina, recidiva di angina durante terapia, modificazioni attive dell’ECG, segni scompenso cardiaco/ridotta funzione ventricolare sinistra, instabilità emodinamica), ma anche nei pazienti a basso rischio di eventi cardiovascolari. Tuttavia, questo atteggiamento terapeutico può determinare l’estensione delle indicazioni e l’incremento dei costi, che se non ben ponderato in rapporto ad una documentata costo-efficacia, può pesare notevolmente su un sistema sanitario con risorse limitate. Per questo motivo abbiamo condotto uno studio di costo-efficacia su 210 pazienti consecutivi con NSTEACS che si sono presentati al DEA dell’Azienda Ospedaliera Careggi nel periodo gennaio 2001-marzo 2002, randomizzati a ricevere un trattamento invasivo precoce (gestione cardiologica-UTIC) o un trattamento più conservativo (CPU su letti di High Dependency Unit (HDU) del DEA) che prevedeva il ricorso alla coronarografia soltanto in presenza di caratteristiche di alto rischio. Gli end-point dello studio a 1 e 6 mesi sono stati: end-point combinato morte+IM non fatale+angina, durata della degenza, costi di gestione. I risultati sono stati analizzati nell’intera popolazione e per sottogruppi TIMI risk score <4 , e > 4. I risultati hanno mostrato a parità di outcome a 1 e 6 mesi, un incremento dei costi nella gestione ardiologia tradizionale nell’intera popolazione. In particolare nei pazienti a più basso rischio (TIMI<4) a parità di outcome abbiamo documentato un risparmio di circa il 30% (9.900 € vs 12050 €) nella gestione in PU-DEA rispetto alla gestione convenzionale in UTIC; nessuna differenza in termini di outcome e di costi di gestione è stata documentata per i pazienti con TIMI risk score > 4. La gestione in HDU-DEA appare quindi fattibile, sicura e costo-efficace per quei pazienti con NSTEACS a più basso rischio di eventi (TIMI<4), mentre è da preferire una gestione ardiologia specialistica in UTIC con il ricorso ad una strategia invasiva precoce per quei pazienti a più alto rischio di eventi (TIMI>4).

cardial infarction. A method for prognostication and therapeutic decision making. JAMA 2000; 284: 835842. -Invasive compared with non-invasive treatment in unstable coronary-artery disease: FRISC II prospective randomised multicentre study. Lancet 1999;354:708-715. -Cannon CP, Weintraub WS, Demopoulos LA et al. Comparison of early invasive and conservative strategies in patients with unstable coronary syndromes treated with the glycoprotein IIb/IIIa inhibitor tirofiban (TACTICS-TIMI18). TACTICS trials. NEJM 2001; 344: 1879-87. -Fox KAA, Poole-Wilson PA, Henderson RA, et al. Interventional versus conservative treatment for patients with unstable angina or non-ST-elevation myocardial infarction: the British Heart Foundation RITA 3 randomised trial. Lancet 2002;360:743-751. -Wallentin L. Non-st-elevation acute coronary syn-

www.emergencyoggi.it

drome: fuel for the invasive strategy. Lancet 2002;360:738-739. -De Winter RJ, Windhausen F, Cornel JH, et al. Early invasive versus selectively invasive management for acute coronary syndromes. The invasive versus conservative treatment in unstable coronary syndromes (ICTUS) trial. NEJM 2005;353:1159-1161. -Boden WE. Acute coronary syndromes without stsegment elevation – what is the role of early intervention ?. NEJM 2005;353:1159-1161. -Mehta SR, Cannon CP, Fox KA, et al. Routine vs selective invasive strategies in patients with acute coronary syndromes: a collaborative meta-analysis of randomized trias. JAMA 2005;293:2908-2917. -Conti A, Pieralli F, Sammicheli L, et al. Updated management of non-st-segment elevation acute coronary syndromes: selection of patients for low-cost care, an analysis of outcome and cost effectiveness. Med Sci Monit 2005;11(3):CR100-108.

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FORMAZIONE A.I.E.S. Sicilia

Formazione al Primo Soccorso nelle Scuole L’A.I.E.S. Sicilia (Associazione italiana Educazione Sanitaria) e la AUSL 3 (Unità Operativa Educazione alla salute Aziendale, gli UUEESS di Acireale e di Giarre, le UU.OO. di Cardiologia ed i Presidi Ospedalieri di Acireale e Giarre) con il sostegno di TAKEDA realizzeranno nel mese di marzo 2009 il progetto “Formazione al Primo Soccorso nelle Scuole”. Il progetto, presentato presso la sede dell’AUSL3 di Catania, ha lo scopo di educare 150 studenti delle scuole medie superiori all’emergenza cardiologica, insegnando loro la rianimazione cardiopolmonare (RCP), una tecnica di soccorso per le vittime di arresto cardiaco, che unisce la respirazione bocca a bocca alle compressioni toraciche. Con l’ausilio di un semplice manichino didattico, il Mini Anne, la RCP consente di far arrivare ossigeno al cervello e al cuore per tenere vivi i tessuti, in attesa di un defibrillatore che possa correggere il problema elettrico del muscolo cardiaco. Secondo i dati recentemente forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, è fondamentale intervenire il più tempestivamente possibile (per ogni minuto trascorso, la sopravvivenza diminuisce del 10%), e la morte cardiaca è una delle più diffuse cause di mortalità. Per i soccorsi e gli operatori sanitari è materialmente impossibile ridurre oltre un certo limite i tempi di intervento e per questo è importante che tutti siano pronti a prestare il primo aiuto. I corsi saranno tenuti nel mese di marzo presso le sedi dei Presidi Ospedalieri di Acireale e Giarre, grazie all’impegno di volontari dell’A.I.E.S. Sicilia, di operatori UOESA e UUEESS, cardiologi specialisti delle tecniche della rianimazione cardiopolmonare (istruttore IRC, Italian Resuscitation Council) delle UU.OO. di Cardiologia dei Presidi Ospedalieri di Giarre e Acireale, secondo un calendario concordato dai responsabili degli

UUEESS con le scuole coinvolte. I destinatari saranno, ad Acireale, 100 studenti del 5° anno provenienti dal Liceo Classico “Gulli e Pennisi”, dall’I.T.I.S. “Ferraris” e dal Liceo Scientifico “Archimede”; mentre nel comune di Giarre saranno coinvolti 50 studenti del 5° anno del Liceo Classico “Amari”, dell’ I.P.S.A.A. “Mazzei”, dell’ I.P.S.I.A. “Majorana – Sabin”, del Liceo Scientifico “Leonardo”, dell’ I.P.S.S.A.R. “Falcone”. “Se tutte le persone avessero la competenza di base per intervenire in una manovra di primo soccorso molte vite potrebbero essere salvate” ha dichiarato Salvatore Cacciola, Presidente Regionale A.I.E.S. Sicilia e Dirigente Responsabile UOESA dell’ASL 3 di Catania. “L’AIES Sicilia – ha aggiunto Cacciola – si impegna a consegnare gratuitamente ad ogni studente un kit che comprende, oltre al manichino, un manuale e un dvd di istruzioni all’uso. Tutto il materiale rimarrà in dotazione ai ragazzi che così potranno diventare a loro volta istruttori, trasmettendo quanto appreso a scuola ai loro familiari e agli amici”. “L’impegno degli studenti a conoscere le tecniche di primo soccorso – ha sostenuto il Direttore Generale della AUSL 3 di Catania, Antonio Scavone – diventa essenziale per dare ulteriori speranze di vita. Per questa ragione abbiamo voluto ancora una volta richiamare l’attenzione del mondo della scuola sui problemi della salute – ha concluso il Direttore Generale dell’AUSL3 – favorendo l’impegno delle giovani generazioni per rendere ancora più efficiente la ‘catena della sopravvivenza’”.

Corsi da 60 ore all'anno nelle scuole

Il Parlamento 'studia' le nuove materie

Alla Camera e al Senato diversi testi, firmati Pd, Pdl e Lega, per leggi tra cui quelle che prevedono lezioni alle medie e al liceo per dare la possibilità agli studenti di conoscere i rudimenti del primo soccorso oppure imparare le

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differenti realtà culturali, etniche, sociali e linguistiche Sapere come comportarsi in caso di malore improvviso o di incidente, essere capaci di praticare un massaggio cardiaco o di tamponare un'emorragia fino all'arrivo dell'ambulanza: alle medie e al liceo si impareranno i rudimenti del pronto soccorso. Maggioranza e opposizione spingono in questa direzione con due proposte di legge presentate alla Camera e al Senato che mirano ad introdurre nei programmi scolasti-

ci l'insegnamento del primo soccorso. Anche i ragazzi, insomma, devono saper affrontare situazioni di emergenza che possono presentarsi in qualunque momento. Le cifre, del resto, parlano chiaro: ogni anno in Italia 60mila persone muoiono per un arresto cardiaco, 23mila sono vittime di un trauma improvviso e 6mila di un incidente stradale. Un intervento di primo soccorso tempestivo ed adeguato puo' salvare il 30% delle persone colpite, sottolineano i firmatari delle due

iniziative legislative, il deputato del Pd Gerolamo Grassi e il senatore del Pdl Luigi D'Ambrosio Lettieri. Per imparare l'abc del pronto soccorso ci vogliono 60 ore all'anno, secondo le due proposte di legge,12 per ognuno dei 5 livelli di insegnamento previsti: tecniche di base, primo soccorso della persona traumatizzata, l'aiuto a chi non ha subito traumi ma e' stato colto da malore, defibrillazione precoce semiautomatica, primo soccorso nelle grandi emergenze.

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COINVOLGERE I GIOVANI NELLA RETE DELL’EMERGENZA Regione Toscana

PARTE LA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN EMERGENZA URGENZA Cinquanta medici si formeranno in 25 atenei italiani Enrico Rossi: «La Toscana ha precorso i tempi con il progetto Harvard» Si avvia finalmente il percorso per la formazione universitaria degli specialisti in medicina di emergenza urgenza. La Conferenza Stato Regioni ha dato il via libera all'accordo che consentirà l'inserimento di almeno 50 contratti per questa specializzazione, da avviare nei 25 atenei che ne hanno fatto richiesta e che hanno già pronto il piano di studio. Tra sei anni usciranno dalle aule i primi specialisti in questa fondamentale branca clinica, che diventa così una disciplina organicamente incardinata nel sistema formativo della sanità. E' stato anche concordato l'impegno per completare l'anno prossimo il fabbisogno di professionisti richiesto dalle Regioni. Un “tavolo politico” Governo-Regioni avrà il compito di monitorare il percorso. «Si tratta di una novità decisiva per i nostri servizi – commenta l'assessore per il diritto alla salute, che è anche coordinatore della commissione salute della Conferenza Stato-regioni - alla quale abbiamo a lungo lavorato. L'esigenza formativa in questo settore era tanto pressante da spingerci, fin dal 2004, ad avviare in Toscana un progetto di qualificazione in medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza, in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze e la Harvard Medical Faculty Physicians. Abbiamo precorso i tempi e investito risorse, ma questo ci ha concesso di formare al più alto livello centinaia di giovani medici e di assicurare con essi ai pazienti dei pronto soccorso e del 188 della Toscana un servizio al passo con gli indirizzi professionali più avanzati». Il progetto toscano di qualificazione in medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza è stato finalizzato alla certificazione di tutti gli operatori dei DEA e del sistema territoriale dell'emergenza (118), al fine di omogeneizzare il bagaglio di conoscenze e competenze del medico dell'emergenza. I medici hanno partecipato a percorsi formativi della durata di 10 mesi (con attività teorico-pratiche) nelle 3 Aree Vaste della Toscana. Tra il 2005 e il 2008 sono stati certificati 456 medici. A partire dall’anno accademico 2004/2005 è stato istituito, proprio per sopperire alla mancata attivazione della Scuola di Specializzazione in Medicina di Emergenza-Urgenza (per altro istituita con Decreto Ministeriale del 17.02.2006 pubblicato sulla G.U. 118 del 23.05.2006) anche il Master triennale in Medicina di Urgenza. La prima edizione del master è partita a Settembre 2004 presso l’Università degli Studi di Firenze per estendersi, dall’anno successivo, anche agli Atenei di Pisa e Siena. Sono stati attivati complessivamente 4 master. I medici partecipanti ai master, tra quelli che hanno concluso e quelli che stanno ancora frequentando, sono circa 50. La Regione Toscana ha finanziato complessivamente, nei 4 master, circa 30 borse di studio, con un impegno economico complessivo di circa 3 milioni di euro. Alcuni dei partecipanti sono medici dipendenti delle Aziende Sanitarie e per questi, al fine di garantire la partecipazione al master, la Regione ha assicurato all’Azienda Usl le spese di sostituzione. Anche in questo caso l’impegno economico è stato superiore ad 1 milione e mezzo di euro.

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Roma

Lezione Interattiva Pediatrica in Campidoglio Il Dott. Marco Squicciarini, Delegato nazionale per il PBLSD, ha tenuto presso il distaccamento del Campidoglio nella sede del Dipartimento delle Politiche Sociali e Socio Sanitarie, in presenza dell’Assessore Sveva Belviso e circa un centinaio di dipendenti del dipartimento, la Lezione interattiva di primo soccorso pediatrico, manovre di disostruzione e defibrillazione precoce per la popolazione. Per l’occasione era accompagnato da una rappresentanza di ogni componente della CRI e dal Delegato Provinciale per il PBLSD Dott. Paride Ferrazza. Con l'occasine il Comune di Roma ha formalmente annunciato una collaborazione con Croce Rossa per diffondere su tutto il territorio del Comune le manovre salva-bambini che il dott. Marco Squicciarini in qualità di referente nazionale ed internazionale continua ad esportare e presentare ovunque con risultati entusiasmanti. Alla presenza del Commissario della CRI di Napoli Paolo Monorchio (venuto apposta per dare poi seguito alla esportazione di tale corso anche nel suo territorio), il Presidente del MOIGE (movimento genitori italiani) dottoressa Maria Rita Munizzi, si sono appalesate delle unità di intenti sulla divulgazione di questi corsi di grande utilità sociale diffusi da Croce Rossa. Il Dott. Marco Squicciarini ha poi presentato il Manualetto della Disostruzione del Lattante e le linee guida “sonno sicuro” redatte in collaborazione con la Prof. Maria Pia Villa (Primario del Dipartimento di Pediatria dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma) che si andrà ad aggiungersi all’altro vademecum sulla disostruzione del bambino. Il Dott. Squicciarini ha anche annunciato un corso da 600 istruttori di Croce Rossa a livello Nazionale ed intercomponente per distribuire in maniera omogenea su tutto il territorio Nazionale nuovi Istruttori del Corso di Manovre di Disostruzione. L’assessore Belviso ha annunciato una piena collaborazione con Croce Rossa nella stampa e nella divulgazione del materiale informativo che si inserisce perfettamente nel Progetto Baby Card del Comune di Roma che si occupa proprio di bimbi e mamme .

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La CASA DEI RISVEGLI Luca De Nigris della Azienda USL di Bologna Obiettivi, finalità, risultati e storia della Casa dei Risvegli dell'Azienda USL di Bologna

La Casa dei Risvegli “Luca De Nigris” dell’Azienda USL di Bologna è una struttura ospedaliera riabilitativa del Servizio Sanitario della Regione Emilia-Romagna, analoga, per fase clinica sulla quale interviene e intensità di cura, alle strutture italiane di alta specialità neuroriabilitativa che si occupano di gravi lesioni cerebrali acquisite ll Servizio Sanitario Regionale dell’EmiliaRomagna, primo in Italia, ha costituito una rete integrata per la riabilitazione di pazienti con gravi cerebro lesioni, Gra.Cer., che prevede un centro Hub Regionale presso l’Azienda Ospedaliera di Ferrara e circa 100 posti letto per la riabilitazione intensiva distribuiti in 13 presidi ospedalieri – pubblici e privati accreditati – del territorio regionale, oltre ad un registro regionale dedicato. La Casa dei Risvegli Luca De Nigris rientra nel progetto Gra.Cer., differenziandosi dalle altre strutture riabilitative per il modello ambientale ed organizzativo sperimentato, differente da quello tradizionale ospedaliero e più orientato ad una assistenza integrata. Lo sviluppo della rete Gra.Cer ha permesso di realizzare nel territorio della Regione Emilia Romagna una maggiore tempestività della presa in carico del paziente, garantendo adeguati e appropriati servizi di cura e di riabilitazione, continuità delle cure, equità nelle condizioni di accesso e di fruizione, attraverso la stretta collaborazione e il collegamento di tutti i differenti nodi. Il modello prevede la presa in carico dalla fase acuta fino al ritorno a casa del paziente, offrendo un sistema di assistenza integrata sanitaria e sociale per ciascuna fase del percorso riabilitativo. La

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Casa dei Risvegli è un tassello della rete, espressamente dedicato alle persone con situazione di bassa responsività protratta a lento recupero. Nel territorio di riferimento della Azienda USL di Bologna sono assistite ogni anno circa 200 persone con Gravi Cerebrolesioni Acquisite, 40 delle quali necessitano di cure ospedaliere che si protraggono per alcune settimane o mesi. La Casa dei Risvegli è una struttura progettata per persone gravemente disabili per cerebro lesione acquisita, non autosufficienti e che richiedono trattamenti riabilitativi intensivi continuativi in fase postacuta, nell’ambito di un percorso integrato di assistenza e riabilitazione. Si tratta di giovani e adulti in condizioni di responsività ridotta con un potenziale anche minimo di recupero, già presi in carico dal percorso integrato di assistenza e riabilitazione dell’Azienda USL di Bologna. La storia Il progetto della Casa dei Risvegli Luca De Nigris nasce nel 1998 dall’incontro fra l’Azienda USL di Bologna e l’associazione di volontariato ONLUS “Gli Amici di Luca” per sviluppare una progettualità in grado di assicurare la massima pluridisciplinarietà e integrazione al percorso di

presa in carico delle gravi cerebro lesioni acquisite con il coinvolgimento dei familiari. La Direzione Generale della AUSL di Bologna ha affidato alla Medicina Riabilitativa dell’Ospedale Maggiore, sede del Trauma Center, lo sviluppo di un progetto ad hoc che comprendeva la Casa dei Risvegli. Successivamente, l’Azienda USL di Bologna ha destinato gli spazi idonei alla realizzazione della Casa dei Risvegli nell’area adiacente l’Ospedale Bellaria, sostenendone i costi di costruzione. I lavori, durati 2 anni, si sono conclusi alla fine del 2004. Il 23 Dicembre 2004 è stata deliberata l’approvazione del progetto di sperimentazione assistenziale triennale “Casa dei Risvegli Luca De Nigris”. Nel progetto sono stati definiti i criteri di eleggibilità per il ricovero. Il percorso di accesso alla Casa dei Risvegli prevede, infatti, che tutti i pazienti provengano dall’area di riabilitazione acuta dell’Ospedale Maggiore, che assicura in tutti i casi il giudizio di relativa stabilità clinica e la conoscenza del caso per la gestione delle eventuali complicanze intercorrenti. Si tratta di persone con grave esito di cerebrolesione acquisita, fra 14 e 65 anni, in discrete condizioni di stabilità clinica o con rischio di instabilità relativamente basso, in assenza di altre patologie di riMarzo 2009

lievo. Devono comunque presentare un potenziale evolutivo riabilitativo, anche se limitato o a bassa probabilità. Sono eligibili pazienti con grave cerebro lesione acquisita da non più di 9 mesi se causata da trauma (le probabilità di miglioramento statisticamente si riducono sensibilmente dopo 1 anno) e da non più di 3 mesi se causata da danno ipossico o vascolare (le probabilità di miglioramento statisticamente si riducono sensibilmente dopo 3-6 mesi). Le tipologie diagnostiche previste sono: A) pazienti con bassa responsività protratta a lento recupero; B) pazienti con gravi disturbi motori cognitivi e del comportamento che necessitano di un addestramento specifico prima della dimissione, in maniera da raggiungere l’autonomia personale minima sufficiente per il rientro a casa. La sperimentazione 2005-2008 Tra gli obiettivi della sperimentazione, in particolare, la presa in carico riabilitativa intensiva e multidimensionale di pazienti che mostrano recuperi anche minimi delle funzioni motorie e cognitive in un lungo arco di tempo. Sono considerate parte integrante e strutturale del percorso assistenziale la partecipazione del paziente e della sua famiglia, con particolare attenzione per la preparazione alla successiva gestione a domicilio del paziente. Elemento qualificante della sperimentazione l’integrazione fra Azienda Sanitaria e Associazione di Volontariato nei processi di assistenza, riabilitazione e ricerca. A tutto ciò si aggiungono la particolare expertise professionale degli operatori e l’integrazione tra servizi sanitari e sociali a garanzia della effettività della continuità assistenziale e della completezza del percorso. Un problema comune nei processi di cura e riabilitazione del paziente con esiti gravi e gravissimi di cerebrolesione è l’atteggiamento di “delega assistenziale” da parte dei familiari, che può essere motivato da paura, rifiuto, negazione, rinvio del problema al futuro o al momento del ritorno a casa, presenza discontinua o saltuaria. Per molte ragioni, strettamente collegate all’equilibrio e al benessere della famiglia stessa, è indispensabile che essa possa giocare un ruolo consapevole nel processo assistenziale e riabilitativo sin dall’avvio della presa in carico. La Casa dei Risvegli persegue esplicitamente l’obiettivo di fornire alle famiglie aiuto e formazione specifica. Ad oggi il 72% dei famigliari ha partecipato ai programmi di formazione realizzati. Marzo 2009

Per la molteplicità delle funzioni sviluppate e per il tratto marcatamente sperimentale delle attività svolte, la Casa dei Risvegli è anche un centro di ricerca in grado di assicurare integrazione funzionale tra attività di sperimentazione e di ricerca clinica e assistenza. Nei tre anni di sperimentazione appena conclusa (marzo 2005 – dicembre 2008) la Casa dei Risvegli ha seguito circa 70 persone con esiti di Grave Cerebrolesione Acquisita, assicurando in media 500 minuti di assistenza per paziente al giorno e 200 minuti di riabilitazione per paziente al giorno (comprendendo anche le attività pedagogiche). L’età media dei pazienti accolti è di 37 anni, nel 63% dei casi inferiore ai 40 anni; il 75% dei pazienti è di sesso maschile (rapporto maschi/femmine 3:1). Oltre i tre quarti delle giornate di degenza sono state utilizzate da pazienti residenti nella provincia di Bologna, il 20% circa da pazienti residenti in altre regioni. La prevalenza assoluta è delle cause traumatiche della Grave Cerebrolesione Acquisita (73%), seguita dalle cause vascolari (14%). Le cause ipossiche rappresentano poco più del 10%, in prevalenza da arresto cardiaco. L’88,2% dei pazienti entrati alla Casa dei Risvegli sono giunti a distanza variabile fra 1 mese e 6 mesi dall’evento acuto, solo l’11,8% tra 6 mesi e 1 anno dall’evento, nessuno oltre un anno. La degenza nella struttura si attesta in media attorno ai 6 mesi. Il costo medio della assistenza per pa-

ziente è di circa 80.000 Euro. Il costo medio di un posto letto all’interno della struttura è di circa 400 euro al giorno, 100 euro in più al giorno rispetto ad un posto letto in una struttura ospedaliera riabilitativa intensiva per pazienti con disabilità da altra causa neurologica. La continuità del percorso dopo il ricovero Le dimissioni dalla Casa Dei Risvegli non significano la conclusione del progetto riabilitativo e/o assistenziale. Le dimissioni sono precedute dall’attivazione dei servizi socio-sanitari per garantire la continuità assistenziale necessaria. La Regione Emilia-Romagna con un proprio decreto (DGR 2068/2004) ha previsto un percorso facilitato e di supporto socio-sanitario per le famiglie e i pazienti. La normativa regionale garantisce, infatti, una équipe multidimensionale che assicura il piano di assistenza e riabilitazione anche a domicilio, in base alle necessità e alle disabilità residue. Come ulteriore sostegno alle famiglie delle persone che al momento delle dimissioni presentano condizioni di gravissima disabilità, di stato vegetativo o di minima coscienza e necessità assistenziali elevate, la Regione Emilia-Romagna prevede, in base alla condizione economica del nucleo familiare, un assegno di cura e di sostegno di 23 euro al giorno o la permanenza in strutture residenziali qualificate senza costi a carico dell’utente, qualora non sia possibile il ritorno a casa.

Una eccellenza del Servizio Sanitario regionale dell’ Emilia Romagna al servizio delle gravi cerebro lesioni acquisite “Ringraziamo il presidente del Senato, Renato Schifani, per la visita effettuata alla Casa dei Risvegli, in particolare per le parole di apprezzamento nei confronti dell’Azienda USL di Bologna, dei volontari, e degli operatori.” Così Francesco Ripa di Meana, direttore generale dell’Azienda USL di Bologna in occasione della vista del presidente del Senato, Renato Schifani, alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna avvenuta il 13 marzo. Accolto dall’Assessore alle politiche per la salute Giovanni Bissoni, Schifani ha visitato la struttura e incontrato familiari degli ospiti e operatori.

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Camerino

Nei prossimi mesi a Camerino, nella zona dell’ospedale civile, verrà costruita l’elisuperficie progettata e finanziata dalla Provincia di Macerata per le emergenze sanitarie. Infatti, è stato sottoscritto in Provincia, a Macerata, l’atto pubblico di concessione dell’area relativa. dalla Provincia di Macerata www.provincia.macerata.itL’intera procedura, avviata dalla Provincia nel dicembre scorso con l’approvazione dello studio di fattibilità dell’opera, sta procedendo quindi speditamente. Nell’arco di meno di due mesi sono stati portati a termine tutti gli adempimenti burocratici da parte dei tre enti interessati: Provincia, Asur 10 e Regione Marche. La Giunta regionale ha accolto con sollecitudine la richiesta avanzata dalla Provincia per l’assegnazione dell’area e l’Asur territoriale n.10 di Camerino, appena ricevuto il nulla osta alla stipula della concessione, ha approvato lo schema definitivo di concessione che è stato sottoscritto dal direttore generale Pierluigi Gigliucci intervenuto alla stipula dell’atto da parte del Segretario generale della Provincia, Piergiuseppe Mariotti. Per la Provincia ha firmato il dirigente del dipartimento “Area del Territorio”, Cesare Spuri.. Il terreno necessario per la realizzazione dell’elisuperficie viene concesso in uso gratuito all’Amministrazione provinciale che può così procedere all’appalto dell’opera, progettata dai propri tecnici del settore patrimonio. L’investimento è di circa 150 mila euro L'elisuperfice avrà un diametro di e le caratteristiche dell’elisu37 metri, sistemato a verde, che tecniche perficie sono del costituirà l'area di sicurezza tutto simili a quelle all'interno della quale sarà delle pista già opedal giugno realizzata un'area di avvicinamen- rativa scorso accanto al to e di atterraggio del diametro di nosocomio di Civi27 metri. tanova. Il progetto, infatti, rientra in un

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la Provincia costruisce l'elisuperficie accanto all'ospedale programma provinciale di protezione civile che – ha avuto modo di precisare il presidente Giulio Silenzi – tiene ben presente anche i bisogni dell’emergenze sa- Nelle foto, la firma dell’atto di concessione dell’area nitaria. Così co- tra l’Asur 10 di Camerino e la Provincia. me avvenuto a Civitanova Marche, infatti, anche a Camerino l’intervento è stato pensato, da un lato quale supporto alle operazioni di soccorso sanitario e dall’altro quale supporto alle attività di protezione civile. Una volta completato il programma si avrà sul territorio provinciale una vera e propria rete di elisuperfici in grado di offrire risposte rapide in tutte le emergenze sanitarie e di protezione civile.

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VAL D'AOSTA

Società Italiana di Pediatria

APPROVATA LEGGE SU EMERGENZA URGENZA

Migliaia di bimbi maltrattati un'emergenza da affrontare

Il Consiglio regionale della Valle d'Aosta ha approvato oggi un disegno di legge che recepisce in parte le osservazioni formulate dal Consiglio dei ministri nel ricorso alla Corte costituzionale contro la legge regionale 4/2008, che detta norme in materia di disciplina del sistema regionale di emergenza-urgenza sanitaria. "Le modifiche - ha osservato l'assessore alla sanità, Albert Laniece - rappresentano la sintesi dell'intesa raqgiunta con il ministero della sanità che mantiene inalterata l'importanza della figura di autista soccorritore". Rispondendo a Patrizia Morelli (Vda Vive-Rv), che ha sollevato perplessità sul fatto che "l'autista soccorritore avrebbe capacità operative inferiori a quelle dei volontari dei soccorsi che possono compiere gesti più qualificati e più qualificanti in rapporto agli impiegati", l'assessore Laniece ha poi evidenziato che "anche gli autisti soccorritori seguono corsi di formazione prima della loro assunzione e anche nel corso dell'attività". Patrizia Morelli ha, quindi, espresso preoccupazione perché "il servizio sta soffrendo di una mancanza d'attenzione e perché la politica ancora una volta non fornisce risposte ai diversi operatori del settore e lascia che ciascuno coltivi il proprio piccolo orticello piuttosto che ricercare una vera sinergia, condizione essenziale per l'emergenza-urgenza sanitaria". Infine, secondo Emily Rini (Uv), relatrice del disegno di legge, "il ruolo dell'autista soccorritore è fondamentale per il servizio di emergenza sanitaria perché prevede competenze specifiche diversificate, oltre ad una preparazione specifica in ambito sanitario attestata da corsi qualificanti, e richiede anche la capacità di conduzione del veicolo di soccorso".

Il maltrattamento infantile è una delle piaghe più dolorose che la società civile deve affrontare. "Per quanto aberrante possa sembrare - afferma Pasquale Di Pietro, presidente della Società italiana di pediatria in una nota - ci sono migliaia di bambini che vengono tutti i giorni maltrattati, lì dove maltrattamento può significare veri e propri atti di violenza fisica, psicologica, ma anche forme di trascuratezza e negligenza. Uno studio prospettico di qualche anno fa dell'Istituto superiore di sanità, effettuato sui pronto soccorso - ricorda Di Pietro - aveva riscontrato un'area di rischio (considerando anche le forme meno gravi come la trascuratezza) pari al 2% degli accessi". La maggior parte dei casi di maltrattamento infantile, prosegue Di Pietro, avviene all'interno della famiglia, spesso a causa di genitori psicologicamente fragili o di contesti sociali degradati. "Ci sono, pertanto, delle situazioni a rischio che possono favorire questo tipo di evento e che vanno tenute sotto più stretto controllo - rileva il pediatra - ma il maltrattamento può avvenire anche in contesti insospettabili". Uno dei maggiori problemi è il riconoscimento del problema da parte di quelle figure 'istituzionali' esterne alla famiglia che hanno contatto con i bambini. "Primo tra tutti il pediatra del bambino, ma anche gli insegnanti e la rete dell'assistenza sociale in quei casi in cui è già attiva per seguire la famiglia. Poiché i casi di maltrattamento non sono quasi mai isolati – sottolinea il presidente della Sip - ma si ripetono nel tempo, è particolarmente importante il riconoscimento precoce che può togliere prima possibile il bambino da una situazione che ha generalmente gravissime conseguenze sul suo sviluppo psico-fisico". D'altra parte la delicatezza del problema deve fare agire "con competenza e cautela, perché non sono rari i casi di genitori ingiustamente accusati di aver usato violenza sui loro figli e riconosciuti poi completamente innocenti, con tutte le conseguenze terribili, per lo stesso equilibrio della famiglia, che comporta vivere una situazione del genere", ricorda Di Pietro. La Sip ha sempre avuto a cuore il problema del maltrattamento infantile e ha creato già molti anni fa un Gruppo di studio hoc, che ha sviluppato, tra l'altro, una ceck list per il riconoscimento dei casi di maltrattamento. In questo contesto si inserisce l'incontro 'Il bambino maltrattato: dal dire al fare', che si terrà domani a Genova, organizzato dal Dea dell'Istituto Gaslini e dall'Osservatorio nazionale degli specializzandi di pediatria e patrocinato dalla Società Italiana di Pediatria. "La delicatezza del problema e la difficoltà nel riconoscere prima possibile i casi di maltrattamento e le situazioni a rischio – spiega Pietro Ferrara, coordinatore del Gruppo di studio sul maltrattamento della Società italiana di pediatria – impone una formazione specifica. L'evento di Genova è, quindi, doppiamente importante, non solo perché accende i riflettori su questo grave fenomeno, ma anche perché è rivolto agli specializzandi in pediatria, che si troveranno presto a doverlo affrontare sul campo".

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Orthopaedic Knowledge Update La traumatologia muscoloscheletrica si è evoluta rapidamente negli ultimi anni per l’introduzione di metodiche di trattamento innovative e sofisticate tali da portare questa disciplina ad acquisire una dimensione subspecialistica. I nuovi protocolli e le nuove tecniche rappresentano ambiti di continuo aggiornamento per ortopedici, fisiatri, radiologi e medici dello sport. Con questo volume gli Autori si propongono di fornire un’analisi della letteratura più recente e significativa nei diversi ambiti della traumatologia, confrontando filosofie di trattamento, tecniche chirurgiche e risultati. Il testo si rivela quindi un’utilissima fonte di aggiornamento per tutte le figure mediche che si occupano, a diverso titolo, dei traumi all’apparato muscoloscheletrico. Edizione italiana a cura di Massè A., Biasibetti A. BAUMGAERTNER M.R., TORNETTA III P. In collaborazione con Orthopaedic Trauma Association Volume di 574 pagine con 201 figure e 55 tabelle (2008) Prezzo: € 86,00

www.emergencyoutlet.it Segni & sintomi Notes Manuale tascabile per le professioni sanitarie Le informazioni cliniche di cui avete bisogno in formato tascabile. Studenti e professionisti avranno a disposizione uno strumento di estrema utilità per la valutazione clinica del paziente. Di facile e immediata consultazione, indispensabile nella pratica clinica quotidiana, il volume rappresenta un riferimento irrinunciabile per un'assistenza sanitaria sicura ed efficace. Il testo e strutturato per diagnosticare le patologie più comuni dal neonato all'età geriatrica.

Edizione italiana a cura di Goffi A. GULICK D. Volume tascabile rilegato ad anelli di 224 pagine con numerose figure e tabelle a colori (2009) Prezzo: € 15,00

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16 /17 Aprile 2009 La Medicina a 360° ovvero l’emergenza-urgenza. Il Puzzle interpretativo dello shock Modena - Camera di Commercio Tel. 051/300100 int. 169 Fax 051/309477 [email protected] - www.planning.it 17-18 Aprile 2009 XI Convegno CONACUORE Hotel Baia del Re – Modena Tel. 059/342459 Fax 059/2923049 [email protected] www.conacuore.it 7/8/9 Maggio 2009 2° Convegno Internazionale Il Triage Infermieristico in Pronto Soccorso: "l'evoluzione" Riccione, Palazzo dei Congressi Tel. 0549/941052 Fax 0549/908623 [email protected] - www.alpha.sm 8-9 Maggio 2009 Giornate iblee delle emergenze medicochirurgiche Poggio del Sole - Ragura tel. +39 0932 448254 fax +39 0932 448467 [email protected] - [email protected] 15/16 Maggio 2009 Congresso Internazionale di Medicina D’Urgenza Merano Tagungsort - Kurhaus Tel. 02/66103598 - Fax 02/66103840 Tel. 347/6507318 [email protected] - www.pep-congressi.it 21-23 Maggio 2009 VII Congresso nazionale SIS 118 Il Sistema 118 e la rete clinica Perugia, Centro Congressi Giò Jazz Tel. 075/5730617 - Fax 075/5730619 [email protected] - www.csccongressi.it 29-30 Maggio 2009 II° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Infermieri Sala Gessi Palazzo dei Congressi di Riccione Tel. 050 2201353 - 050 8052276 Fax 050 2209734 [email protected] - www.aiisg.it

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