Anno XV n.2 Febbraio 2009 Editore Key Communication sas Iscrizione Tribunale di Parma n. 32 del 08/08/1995 - Poste Italiane spa - Spedizione abb. postale 45% - DL 353/2003 (conv. in legge 27/02/04 n.46) Art. 1 comma 1 DCB Roma 4,00 euro ISSN 1723-7033 Rivista tecnico scientifica riservata al personale specializzato. Non diffusa al pubblico. In caso di mancato recapito restituire PT Romanina per la restituzione previo add.to.
MEDIA E 118
Editore Key Communication
Nursing Intensive Critical Unit
Intra Addominal Pressure
ensile di emergenza sanitaria
Febbraio 2009 ANNO XV n. 2
EMERGENCY OGGI Mensile di Emergenza Sanitaria Direttore responsabile Marina Boldrini
[email protected] Editore: Key Communication sas P.za Badalocchio Sisto Rosa, 9\b 43100 Parma Redazione Via Po, 10 - 00198 Roma tel +39 06 8535 5798 - fax +39 06 8535 5606
[email protected] - www.emergencyoggi.it HANNO COLLABORATO:
G. Capitò, L. Cimino, M. Izzi , F. Landuzzi, A. Monesi, S. Musolesi, D. Scafi, F. Scoppetta Divisione pubblicità PUBBLIKEY
[email protected] Via Po, 10 - 00198 Roma tel +39 06 8535 5798 - fax +39 06 8535 5606 Impaginazione Key Communication sas Impianti e stampa PIXART - Marghera (VE) Autorizzazione Tribunale di Parma n. 32 del 08/08/1995 Spedizione in abbonamento postale 45% Roma - Dati e tariffe per l’abbonamento Italia: 11 numeri Euro 42,00 Estero: 11 numeri Euro 84,00 Costo unitario Euro 4,00 Arretrati Euro 5,00 + Euro 3,00 spese postale. L’abbonamento partirà dal primo numero raggiungibile. Norme editoriali: Verranno presi in considerazione solo articoli mai pubblicati in precedenza e la richiesta di pubblicazione implica la rinuncia a pubblicare lo stesso presso altre riviste. La responsabilità di quanto scritto è da attribuirsi agli autori dei singoli articoli. Tutti i diritti riservati. Per ulteriori informazioni:
[email protected]
SIGNIFICATO E DETERMINAZIONE DELLA PRESSIONE INTRA-ADDOMINALE D. Scafi, F. Scoppetta, G. Capitò
L’AUDIT IN AREA CRITICA: CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI L. Cimino, F. Landuzzi, A. Monesi, S. Musolesi, M. Izzi
EMERGENZE MEDICHE IN VOLO: QUALI LE PIÙ RICORRENTI?
BAGNINI TORNATE A SCUOLA! S. Mazzei
4
7 16
20
La informiamo che i suoi dati sono trattati nel rispetto degli obblighi di legge in materia di Privacy. L’informativa, ai sensi dell’ art. 13 D.Lgs. 196/2003, è consultabile sul nostro sito internet all’indirizzo: www.emergencyoggi.it
MINOREL Periodico associato USPI Unione Stampa Periodica Italiana
24
Nursing Intensive Critical Unit
Significato e determinazione della
PRESSIONE INTRA-ADDOMINALE Scafi Danilo - Infermiere Area Critica/Coordinatore Scoppetta Federica - Infermiere Coordinatore Capitò Gino - Medico
L
a rilevazione dei parametri vitali del paziente critico è una componente importante dell’attività infermieristica. Permette, infatti, di monitorare le modificazioni dello stato clinico del paziente e di assicurare l’immediato riconoscimento di eventi avversi. Come è ben noto,gli scopi generali della rilevazione infermieristica di alcuni parametri sono di: • generare dei dati fisiologici che servono a guidare gli interventi; • permettere un precoce riconoscimento dei problemi • identificare la necessità di cambiare la strategia di trattamento che, nello specifico del monitoraggio emodinamico, e non solo, sono rivolti a evitare la progressione da disfunzione d’organo ad insufficienza d’organo. Tradizionalmente con il termine “parametri vitali” ci si riferisce alla misurazione di 4 parametri: la frequenza cardiaca (FC), la pressione arteriosa (PA), la temperatura corporea (Tc°) e la frequenza respiratoria (FR). Tuttavia le osservazioni sul paziente in terapia intensiva, necessarie per monitorarne lo stato clinico, possono comprendere parametri altrettanto importanti quali lo stato di coscienza, le alterazioni della cute , la diuresi oraria, la pulsossimetria la misurazione della pressione venosa centrale (PVC),e la MISURAZIONE DELLA PRESSIONE INTRA-ADDOMINALE (Intra Abdominal Pressure, IAP). Come ben noto,l’ipertensione intra-addominale (Intra Abdominal Hyperten-
Eo
4
sion, IAH) associata alla disfunzione organica definisce la Sindrome del Compartimento Addominale (Abdominal Compartment Syndrome, ACS). L’elevata pressione intra-addominale (Intra Abdominal Pressure, IAP) ha un effetto dannoso sulla fisiologia polmonare, cardiovascolare, renale, splancnica, muscoloscheletrico-tegumentaria e del sistema nervoso centrale. La combinazione di IAH e le alterazioni fisiologiche sopra menzionate conduce ad una sindrome clinica con una significativa morbilità e mortalità. I sintomi iniziali della ACS richiedono un pronto riconoscimento ed un rapido intervento in maniera da ottimizzare i risultati, riducendo al minimo conseguenze ed esiti. Analogamente a quanto accade nella più nota Sindrome Compartimentale degli spazi intrafasciali degli arti inferiori, un aumento della pressione addominale può provocare la cosiddetta Sindrome del Compartimento Intra-addominale (la cavità addominale può considerarsi a buona ragione come un solo grande compartimento chiuso). In Letteratura vengono attualmente utilizzati termini come Sindrome del Compartimento Addominale (ACS), Ipertensione Addominale (AH) ed Aumentata Pressione Intraaddominale (IAH). Mentre il termine “ACS” indica la cavità addominale come uno spazio chiuso, e il termine “Sindrome” la patologia associata , quello “Ipertensione Addominale” è meno preciso e denota semplicemente un aumento di pressione al di sopra della norma.
Per ACS si è soliti intendere una condizione nella quale un aumento di pressione in uno spazio anatomico chiuso interferisce negativamente con la funzionalità e vitalità dei tessuti ivi contenuti. Gli spazi anatomici più frequentemente interessati dalla sindrome compartimentale sono quelli fasciali degli arti, il globo oculare (glaucoma), la cavità cranica (ematoma epi/subdurale) e la capsula renale (oliguria postischemica). L’ipertensione intra-addominale è il punto di partenza di un processo che culmina con la ACS. Ipertensione intra-addominale e sindrome del compartimento addominale si possono osservare sia in pazienti chirurgici che non. L’ipertensione intra-addominale è stata descritta come uno dei fattori causali della cosiddetta disfunzione multiorgano; i suoi effetti sono potenzialmente letali, poiché gli organi intraaddominali contenuti dentro una cavità protetta dal peritoneo e limitati nella loro espansione da strutture osteomuscolari e tendinee non sono esenti dal modificare la loro fisiologia in relazione ai cambiamenti di volume che consensualmente innalzano la pressione all’interno di questo “contenitore”. La ACS, al contrario, è una condizione nella quale un prolungato aumento della pressione all’interno della parete addominale, della pelvi, del diaframma e del retroperitoneo può agire negativamente sulla funzionalità dell’intero tratto gastroenterico e dei contigui organi extraperitoneali. In tali situazioni si rende terapeuticamente necessaria la decompressione chirurgica. Febbraio 2009
Intra Addominal Pressure, AIP Si considera come normale una IAP di 03 mmHg (minime variazioni si hanno con i movimenti diaframmatici respiratori) o minore (uguale a quella atmosferica o subatmosferica), con variazioni a seconda della sede in cui si eseguono tali misurazioni e delle modificazioni posturali, essendo, inoltre, leggermente positiva nei pazienti in ventilazione meccanica. Nei pazienti in ortostatismo, la differenza fra regioni alte (subfreniche) e basse (pelviche) dipende dalla tonicità della muscolatura addominale e può raggiungere i 10 mmHg. Durante il ciclo respiratorio si hanno variazioni di 23mm Hg, e la pressione subfrenica residua è spesso inferiore a quella atmosferica. Va detto che valori pressori al di sotto dei 10 mmHg sono considerati normali, come pure fisiologici possono ritenersi i modesti aumenti che si verificano con la tosse, la manovra di Valsalva, la defecazione, il vomito e con l’attività fisica (alcuni Autori hanno misurato, in queste circostanze, valori molto alti di IAP, fino a 100 mmHg). La compliance della cavità peritoneale è molto importante: in un modello sperimentale animale (maiale) è stato possibile iniettare quasi 4 litri di soluzione (in maialini di 20 Kg) per ottenere una IAP di 25 mmHg. Quando la cavità peritoneale è riempita, la IAP segue le leggi dell’idrostatica, per cui il suo valore diviene uniforme. L’assenza di pressione all’interno della cavità addominale permette l’adeguato funzionamento degli organi ivi contenuti, in particolare di quelli che compongono il sistema vascolare, i quali sono in rapporto con la pressione intrinseca della cavità stessa e “distribuiscono” il flusso ematico in risposta alla pressione che si esercita esternamente. Le disfunzioni riportate dagli organi intraaddominali possono essere direttamente cagionate dall’effetto meccanico della pressione esercitata su di essi e dal ridotto flusso sanguigno. La maggior parte delle alterazioni fisiologiche si presentano per incrementi pressori al di sopra dei 25 cmH2O (1,36 cmH2O equivale a 1 mmHg). Sono state proposte varie classificazioni dell’ipertensione intra-addominale, ma attualmente ampiamente accettata è quella proposta da Burch e coll. dell’Università del Colorado, in cui la stessa risulta graduata secondo quattro gradi così ripartiti: Febbraio 2009
• I grado: 10-15 cmH2O. Quando la pressione intra-addominale è fra 10 e 15 cmH2O non si osservano significative modificazioni, tranne una modesta acidificazione del pH arterioso. In questo caso si raccomanda di ottimizzare la volemia e mantenerla in forma adeguata ripetendo le misurazioni ogni 2 ore.
• II grado: 15-25 cmH2O. Un aumento della pressione intra-addominale al di sopra di 15 cmH2O provoca alterazioni nella pressione inspiratoria di picco come conseguenza della trasmissione della pressione intra-addominale, per vicinanza, sul torace. Il trattamento deve basarsi sull’ottimizzazione emodinamica e contemplare la possibilità di decomprimere chirurgicamente l’addome secondo il grado di compromissione del paziente.
• III grado: 25-35 cmH2O. In questi pazienti esiste un franco deterioramento della perfusione di tutti gli organi e le strutture intra-addominali dovuto all’ostruzione estrinseca, che provoca un’importante diminuzione del flusso sanguigno splancnico, con conseguenti alterazioni funzionali secondarie all’ipossiemia ed acidosi, oltre alle marcate alterazioni respiratorie, per le quali la condotta terapeutica deve guidare ad una rianimazione aggressiva con decompressione chirurgica.
• IV grado: >35 cmH2O. A questi livelli si assiste ad una compromissione emodinamica imminente e ad un progressivo importante deterioramento delle condizioni del paziente, per cui deve instaurarsi una rianimazione massiva seguita da una laparotomia urgente. Una pressione intra-addominale al di sopra di 20 cmH2O produce importanti cambiamenti a livello di organi e sistemi, e che si traducono in alterazioni emodinamiche, respiratorie, renali, epatiche e cerebrali.Pertanto, non correggere tempestivamente tale situazione può produrre complicazioni progressive e letali per il paziente.
www.emergencyoggi.it
Ai fini pratici si suole però distinguere la IAP in tre gradi, definendo con il termine “prolungata” un aumento pressorio presente da più di 6 ore: • IAP lieve: prolungato, aumento acuto di 10-20 mmHg. Gli effetti fisiologici di tale ipertensione sono generalmente ben compensati e quindi non clinicamente significativi. L’approccio terapeutico, di norma, é quello conservativo. • IAP moderata: prolungato, aumento acuto di 21-35 mmHg. E’ generalmente richiesto un trattamento, e l’intervento chirurgico di decompressione addominale può risultare di importanza cruciale. • IAP severa: prolungato, aumento acuto > 35 mmHg. E’ assolutamente indicata la decompressione chirurgica. In rapporto ad altre condizioni patologiche che si associano all’aumentata IAP, possiamo distinguere un’ipertensione addominale acuta ed una cronica. L’ipertensione addominale acuta è una condizione patologica di temporaneo aumento della pressione addominale, che può progredire verso la ACS e perciò richiedere la decompressione chirurgica. Esempi di questa condizione sono rappresentati da peritonite diffusa, occlusione intestinale, rottura di aneurisma dell’aorta addominale, edema peritoneale successivo a manovre rianimatorie per trauma addominale, emorragia retroperitoneale ed epatica, e, infine, anche il trauma extraperitoneale che richiede massiva somministrazione di liquidi. NURSING • Inserire secondo procedura il catetere vescicale nel caso in cui il paziente non ne sia già portatore. • Verificare lo svuotamento della vescica • Indossare un paio di guanti sterili ed allestire un campo sterile sul quale predisporre tutto il materiale necessario: • circuito per monitoraggio pressione arteriosa, • sacca transfer bag, • set flebo ,circuito ad hoc per monitoraggio pressione vescicole. Al di fuori del campo predisporre una soluzione fisiologica per riempimento circuito pressione • accordare il catetere vescicale e sen-
Eo
5
•
•
•
•
•
za inquinarne l’ingresso chiuderlo con tappo sterile. Eliminare la sacca di raccolta presente avendo cura di segnalare in grafica il quantitativo di urina raccolto fino a quel momento. Se in uso c’è un urinometro dopo avere vuotato la camera di raccolta,proteggere l’estremità di collegamento inserendola all’interno di garze sterili imbevute con iodiopovidone e contenute nell’involucro sterile. Collegare al catetere vescicale il circuito ad hoc per il monitoraggio della pressione addominale e questo al trasduttore di pressione usato normalmente. Collegare al circuito un flacone di soluzione fisiologica da 500 ml possibilmente a temperatura di 37°C (l’utilizzo di un volume di riempimento riscaldato pare permetta una stima della pressione intraddominale più accurata). Dopo aver fatto defluire i 50-100 ml all’interno della vescica con l’apposita siringa, con valvola antireflusso verso il flacone, ruotare il rubinetto del circuito al fine di escludere il circuito di irrigazione. Chiudere il collegamento con il catetere vescicale agendo sul rubinetto e mettere in collegamento il circuito con l’aria ambiente al fine di effettuare lo zero. Dopo aver effettuato lo zero, agendo sul rubinetto, mettere in collegamento il trasduttore di pressione con la vescica
Convegni 15/16 Maggio 2009 Congresso Internazionale di Medicina D’Urgenza Merano Tagungsort - Kurhaus Tel. 02/66103598 - Fax 02/66103840 Tel. 347/6507318
[email protected] www.pep-congressi.it
16 /17 Aprile 2009 La Medicina a 360° ovvero l’emergenza-urgenza Il Puzzle interpretativo dello shock Modena - Camera di Commercio Tel. 051/300100 int. 169 Fax 051/309477
[email protected] www.planning.it
7/8/9 maggio 2009 2° Convegno Internazionale Il Triage Infermieristico in Pronto Soccorso: "l'evoluzione" Riccione, Palazzo dei Congressi Tel. 0549/941052 Fax 0549/908623
[email protected] www.alpha.sm 12/13 Marzo 2009 SINCOPE 2009
BIBLIOGRAFIA Del Gaudio A.R., Livi P. “Sindrome compartimentale della cavità addominale: farmaci vasoattivi e per fusione intestinale”- Min. Anestesiol. 2002; Vol.68, Suppl.1 highlyal n.9. Staudacher C.,Di Palo S., Mereu A. “La sindrome compartimentale addominale. Trattamento chirurgico”- Min. Anestesiol. 2002; vol.68,suppl. 1 al N. 9 Kron L. “ The measurement of intra-abdominal pressare as a criterion for abdominal re-exploration”- Ann.Surg. 1984;199:28-30. Martin A. Schreider, MD, FACS “Damage Control Surgery”- Crit. Care Clin. 20 (2004) 101-118 Asnaghi M.,Lucchini A., Iacobelli L., Nesci M. “ Monitoraggio della pressione addominale”- Min. Anestesiol.,2002; vol.68 n.5. Brune: in Lacey SR “The relative merits of various methods of in direct measurements of intra-abdominal wall defects”- J. Pediatr. Surg. 1987; 22:1207-1211. Collee GG. “Bedside measurement of intra-abdominal pressure via an indwelling naso-gastric tube: clinical validation of the technique”- Int. Care Med. 1993;19:478-483. Fusco MA. ”Estimation of intra-abdominal pressure by bladder pressure measurement: validity and methodology”- J. Trauma 2001;50:297-302. Saggi BH. “Abdominal compartment syndrome”. - J. Trauma 1998;45:597-609. Surgeman H. “Intra-abdominal pressure, sagittal abdominal diameter and obesity comorbidity”- J. Intensive Med. 1997; 241:7179. Malbrainn .L.N.G. “Pressione addominale nel paziente critico: misurazione e rilevanza clinica”. - Intensive care Med. 2000; 1:6974 Ed. Italiana. Surgue M., Buist MD, Hourihan F e coll. (1995) ”Studio prospettico sull’ipertensione intra-addominale e funzione renale dopo laparotomia”. - Br.J.Surg. 82:235-238. Biffi WL. “ Secondary abdominal compartment sindrome is highly lethal event”- The Am.J. Surgery 2001;182:645-648.
Eo
6
Bologna, Royal Hotel Carlton Tel. 0541/305839-811 Fax 0541/305842
[email protected] www.gimsi.it 14/17 Settembre 2009 The Fifth Mediterranean Emergency Medicine Congress (MEMC V) Valencia, Spain Tel. 011-414-276-6445 Fax 011-414-276-3349
[email protected] 14 Marzo 2009 Convegno "Il chirurgo e il paziente critico" Monza Tel. 051/230385 Fax 051/221894
[email protected] www.noemacongressi.it 21-23 Maggio 2009 VII Congresso nazionale SIS 118 Il Sistema 118 e la rete clinica Perugia, Centro Congressi Giò Jazz Tel. 075/5730617 - Fax 075/5730619
[email protected] www.csccongressi.it Febbraio 2009
L’Audit in Area Critica: considerazioni medico-legali Cimino L., Landuzzi F. - Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Sezione di Medicina Legale, Università di Bologna Monesi A., Musolesi S., Izzi M. - Infermiere specialista Area Critica, Ausl BO
L’ “errore”1, per la peculiarità dell’oggetto di studio che la riguarda (l’uomo malato), nonché per gli inevitabili difetti di conoscenza e limiti di mezzi tecnici, è per così dire intrinseco alla medicina stessa, tanto che un noto aforisma ippocratico sentenziava: “Ars longa, vita brevis, occasio praeceps, experimentum pericolosum, iudicium difficile”. Tuttavia nella genesi di un evento avverso, accanto a questo “error scientiae” ontologicamente connaturato alla disciplina medica per la persistente provvisorietà delle conoscenze che la caratterizza, possono essere individuati essenzialmente due gruppi principali di errori: errori individuali del medico ed inadeguatezza del sistema sanitario per carenze strutturali e tecnologiche e/o per cattiva organizzazione. Fra i primi possiamo ricordare i comportamenti imprudenti e/ negligenti; la competenza e l’aggiornamento clinico insufficiente; l’ errore tecnico riguardante la diagnosi, la terapia o la prognosi; la violazione di procedimenti diagnostici e/o terapeutici; l’inesperienza e/o imperizia in procedure diagnostiche e/o terapeutiche; l’insufficiente capacità di collegare i dati del paziente con le conoscenze acquisite, etc.; mentre fra gli errori riconducibili ad inadeguatezze del sistema ricordiamo, ad esempio, le inadeguatezze strutturali, tecnologiche e farmaceutiche; le carenze qualitative e/o quantitative di risorse umane; i carichi di lavoro eccessivi; la cattiva organizzazione ambientale del lavoro; la comunicazione inadeguata tra operatori; una recente e rapida modificazione dell’organizzazione di lavoro; l’esistenza di un “conflitto” fra obiettivi diversi (ovvero tra esigenze di budget aziendale di controllo di spesa ed efficienza clinica), ed altri ancora. In tale contesto fra le varie strategie impiegate per ridurre le possibili fonti di errore, nell’ottica di un progressivo miglioramento della qualità in sanità, si colloca lo strumento dell’audit clinico che, per le sue caratteristiche intrinseche, appare particolarmente funzionale in un contesto di criticità sanitaria. L’audit in area critica Nell’ambito di realtà operative comportanti lo svolgimento di funzioni ed attività ad alto contenuto tecnico e professionale, nonché di rilevante impatto emotivo quali si configurano quelle relative ai servizi d’emergenza e soccorso (Vigili del Fuoco, 118, Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico, etc.), uno degli strumenti più indicati per l’analisi delle criticità rilevabili -e potenzialmente addebitabili all’organizzazione o all’intervento del singolo- appare senz’altro quello dell’audit che può essere definito come quell’ “iniziativa condotta da clinici che cerca di migliorare la qualità e gli outcome dell’assistenza attraverso una revisione tra pari strutturata, per mezzo della quale i clinici esaFebbraio 2009
minano la propria attività e i propri risultati in confronto a standard espliciti e la modificano se necessario” (Brit. Gov., 1996). L’audit clinico, che rappresenta uno degli strumenti del governo clinico e si basa sul miglioramento della qualità professionale attraverso la revisione della documentazione sanitaria, consiste pertanto operativamente in una verifica interna con discussione fra i sanitari di un particolare processo clinico, attuata attraverso l’analisi dei problemi secondo il classico sistema di P.D.C.A.2. In particolare lo strumento dell’audit si caratterizza per l’esistenza di due livelli di realizzazione: il primo livello consiste in uno o più incontri, in cui gli operatori discutono i propri casi, che vengono di volta in volta selezionati per accordo congiunto dei partecipanti oppure scelti con modalità random fra i casi più rappresentativi di un determinato periodo; in questa fase si procede attraverso un’analisi retrospettiva interna, che si avvale della revisione di materiale cartaceo (cartelle cliniche, cartelle infermieristiche, schede assistenziali), oppure attraverso un’analisi retrospettiva esterna realizzata da gruppi non direttamente afferenti all’organizzazione stessa. Il secondo livello di analisi, invece, prevede il coinvolgimento di contesti interistituzionali volti a verificare l’adeguatezza del processo assistenziale erogato in riferimento a protocolli e linee giuda in essere ed i risultati ottenuti rispetto all’atteso. Sebbene tutte le attività sanitarie presentino una elevata probabilità di incorrere in complicanze ed errori, l’attività dell’emergenza sanitaria extra-ospedaliera presenta rilevanti e peculiari problematiche che, se non correttamente affrontate, possono dare luogo ad esiti anche nefasti sull’utenza. In particolar modo, il soccorso del paziente traumatizzato e/o in arresto cardio-respiratorio, per la frequenza continuamente crescente del numero di interventi richiesti, nonché per la natura della patologia presentata, che condiziona la rapidità e le particolari procedure di soccorso, risulta talora foriero di approcci terapeutici incongrui con conseguenze iatrogeniche anche potenzialmente letali sui pazienti (ad es.: pneumotoraci e tamponamenti cardiaci secondari a manovre inadeguate e finanche non necessarie; uso improprio di lacci emostatici nelle ferite degli arti con conseguenti quadri di grave ischemia; inadeguate manovre in politraumatizzati cranici e spinali con aggravamento del quadro neurologico, etc.). In tale contesto l’audit clinico si rileva come una utile metodica per valutare la qualità degli interventi sul paziente critico extra-ospedaliero, in modo tale da determinare, attraverso una valutazione retrospettiva della qualità del servizio erogato sulla base del confronto fra le prestazioni svolte e ed i risultati ottenuti, un cambiamento nella pratica clinica quotidiana tale da ottimizzare il modello di intervento
www.emergencyoggi.it
Eo
7
stesso. Tale verifica, nello specifico ambito dell’emergenza territoriale, viene attuata tramite una meticolosa ricostruzione della successione degli eventi, con attenta valutazione dei tempi d’intervento sulla scena, delle dinamiche del caso, dell’impegno delle forze impiegate e delle scelte compiute dai membri dell’équipe intervenuta. Tutta la ricostruzione viene presentata e condivisa in una sessione tenuta all’interno del servizio cui fanno parte gli stessi professionisti coinvolti nel caso in oggetto, e nonostante le difficoltà intrinseche a siffatto procedimento di analisi retrospettiva, non di meno essa -se ben utilizzata- viene a costituire uno strumento di alta qualità e grande utilità, in grado di offrire un valido spunto per la revisione critica dei fatti, la formazione e l’aggiornamento professionale, nonché per la rivalutazione ed eventuale adeguamento di procedure obsolete finalizzato alla ricerca di nuovo strumentario/materiale e di più adeguate strategie. L’impostazione di un audit richiede una serie di componenti ad esso intrinseci che rappresentano per così dire la conditio sine qua non, affinché tale strumento di analisi possa assolvere nel modo migliore ai compiti che si prefigge, e che possono essere essenzialmente ricondotti a: una ricostruzione del caso in oggetto, in maniera il più possibile fedele ed aderente al reale svolgimento dei fatti; la scelta dello strumento più idoneo per presentarlo (diapositive corredate di foto, filmati, lucidi proiettati o semplice discussione verbale del caso, etc.); l’assoluta certezza del mantenimento di un sufficiente rispetto della privacy dei soggetti coinvolti nel caso e citati o visualizzati nella documentazione presentata; la completa disponibilità, da parte dei membri dell’équipe intervenuta, a rielaborare e criticare assieme la propria condotta evitando inutili e aprioristici atteggiamenti difensivi; la disponibilità, da parte dei partecipanti alla riunione, ad ascoltare la narrazione dei fatti e ad esprimere un parere con un intento costruttivo e di collaborazione, tralasciando atteggiamenti di giudizio e di pervicace radicamento delle proprie convinzioni apoditticamente considerate le migliori e pertanto ritenute non negoziabili; la presenza, durante lo svolgimento delle medesime sessioni, di un coordinamento autorevole, fondato su adeguata formazione e prolungata esperienza professionale, riconosciuto unanimemente da tutti i membri dal gruppo di discussione, tale da contenere le eventuali “spinte” individuali potenzialmente dispersive. L’importanza del rispetto di tutti questi fattori, si evidenzia dal fatto che gli studi che si sono interessati di verificare l’efficacia dell’audit hanno dimostrato che esso può condurre a risultati variabili, in rapporto proprio alle sue caratteristiche intrinseche, risultando pertanto indispensabile che esso venga pensato, elaborato e realizzato dagli stessi professionisti che poi lo applicheranno, al fine di innescare -attraverso di esso- un processo di autovalutazione finalizzato al miglioramento del proprio operato. Al contrario, la sua inefficacia si appalesa chiaramente nel momento in cui esso viene imposto dall’alto, poiché ciò può portare i professionisti coinvolti ad interpretarlo come un mezzo di controllo del loro operato. Pertanto, l’audit non deve mai assumere i connotati di un mezzo inquisitorio o sanzionatorio, né indurre una sterile competizione fra gli operatori stessi, pena l’inutilità di questo strumento, ma essere considerato un mezzo, una risorsa utilizzabile da tutto il gruppo per migliorare la
Eo
8
qualità del proprio lavoro. Altro elemento da considerare in relazione ad un corretto utilizzo dell’audit è che esso non deve essere considerato uno strumento finalizzato alla ricerca, ma un metodo per verificare che i risultati di questa siano applicati all’utenza nella pratica quotidiana, intervenendo adeguatamente laddove si verifichino delle mancanze in tal senso; in altre parole, si può affermare che il suo “campo d’applicazione” inizia dove la ricerca termina, verificando che gli standard da questa definiti siano applicati durante la pratica clinica quotidiana. Nella preparazione di un audit è necessario quindi prendere in considerazione alcuni aspetti fondamentali, fra i quali ricordiamo: l’argomento preso in esame deve essere ritenuto di primario interesse dal gruppo, come , ad esempio, quello riguardante gli accadimenti coinvolgenti le squadre impegnate nel soccorso in quanto trattasi di interventi complessi con rischio intrinseco per la vita e/o la salute sia del paziente che -talvolta- anche dei soccorritori, e che, pertanto, risultano di sicuro impatto emotivo anche sull’opinione pubblica; al fine di consentire ai partecipanti all’audit di proporre eventuali correttivi, occorre considerare, nell’erogare l’assistenza nella fattispecie necessaria, la presenza o meno di variabili, riguardanti sia il singolo soccorritore che l’l’intero team, direttamente nello scenario interessato; da un punto di vista clinico, è indispensabile tenere conto dell’impatto dell’operato del team di soccorso sulla morbilità/mortalità delle vittime coinvolte. L’audit rappresenta dunque uno strumento prezioso che tuttavia, affinché possa avere la dovuta efficacia in termini di miglioramento della pratica clinica quotidiana, deve essere costruito su di un ben preciso quesito cui si desideri dare una risposta esaustiva, avendo ben definiti gli obiettivi che si vogliono perseguire ed i miglioramenti prestazionali che si desiderano ottenere, risultando quindi indispensabile, a tal fine, individuare lo standard di riferimento elaborato attraverso l’esame delle più aggiornate evidenze scientifiche internazionali disponibili sull’argomento. Ogni standard deve essere poi valutato attraverso la formulazione -da parte del gruppo che elabora l’audit- di indicatori che rappresentano un dato quantitativo (espresso di solito percen-
“Il vero problema non consiste tanto nel trovare il modo di impedire ai cattivi medici di danneggiare o anche di uccidere i propri pazienti, quanto piuttosto di evitare che i bravi medici compiano tali misfatti” Atul Gawande (1999) Febbraio 2009
tualmente) della qualità della prestazione erogata; si può così affermare che gli standard definiscono la pratica clinica quotidiana, mentre gli indicatori rappresentano la percentuale nella quale essa deve essere erogata. Senza standard ed indicatori l’audit perde infatti la sua valenza formativa di crescita professionale e condivisione dell’errore, fallendo -di fatto- il suo scopo. In tale contesto diventa pertanto prioritaria tenere presente, nell’ambito del processo formativo cui la pratica dell’audit è legata, la fase di misurazione della qualità delle cure erogate ed i criteri che consentono di verificare il raggiungimento degli standard e degli indicatori3, criteri questi che il Royal College of Nursing, nel 1990, ha definito come “un elemento o una variabile che permette il raggiungimento di uno standard (un chiaro obiettivo di assistenza) e la valutazione del suo raggiungimento o meno”. Tali criteri possono essere di struttura, inerenti cioè le risorse umane e materiali da mettere in campo, ma anche il bagaglio di conoscenze necessarie ed il tempo da impiegare; di processo, riguardanti cioè gli interventi necessari al miglioramento delle modalità con cui viene erogata la pratica assistenziale, ricomprendendo in questo ambito anche la documentazione e la valutazione; nonché di risultato, che considerano non solo i diretti risultati attesi, ma anche le aspettative di miglioramento ragionevolmente prevedibili a seguito delle modificazioni apportate alla pratica assistenziale quotidiana. A tale riguardo, nella condivisione pubblica di un evento complesso, merita sottolineare come l’aspetto forse più problematico da affrontare appare quello della valutazione che -in ipotesi- si potrebbe attuare sulla base di una raccolta di dati effettuata attraverso i normali strumenti di indagine, tenendo conto di tutte le variabili a disposizione e delle diverse fonti di provenienza. Ad esempio, si potrebbe procedere attraverso la revisione delle schede di missione dei mezzi intervenuti, tramite un confronto con il medico accettante il paziente in pronto soccorso che ha stilato la diagnosi di ingresso ovvero dall’esame della cartella clinica, una volta che il paziente sia ricoverato in reparto, tenendo ben conto tuttavia che, in riferimento ad un contesto di criticità sanitaria, data l’estrema variabilità degli interventi che caratterizzano tale particolare ambito, l’audit sarà costruito su di un Febbraio 2009
1 E’ importante, a tale riguardo, chiarire il differente significato esistente fra termini quali “errore”, “sbaglio” e “violazione”. L’ “errore”, infatti, connota un difetto non intenzionale nella formulazione di un progetto volto a realizzare un determinato scopo, oppure una deviazione non intenzionale da una sequenza correttamente programmata di azioni fisiche o mentali, eccetto che tale deviazione sia dovuta a caso fortuito. Lo “sbaglio”, invece, indica un’ applicazione non corretta di regole o teorie di cui il medico deve essere a conoscenza (secondo il criterio dell’homo ejusdem professionis ac condicionis), con conseguenze non volute, ma comunque prevedibili, prevenibili e pertanto evitabili. Infine, il termine, “violazione”, vuole designare un’ infrazione deliberata, anche se non reprensibile, di quelle regole pacificamente riconosciute come regole di buona condotta, ovvero necessarie o consigliabili per conseguire un determinato obiettivo, salvaguardando le condizioni di sicurezza delle persone e delle cose e la funzionalità di un apparato o di un sistema. 2 Il ciclo P.D.C.A., elaborato da Deming, per l’efficacia delle azioni di miglioramento o mantenimento dei processi e delle performance, si realizza in 4 fasi: 1. Plan (pianificare); 2. Do (fare); 3. Check (verificare i risultati); 4. Act (decidere di mantenere o di correggere). 3 Attualmente, in riferimento alle problematiche sulla valutazione della qualità, prevale il concetto di qualità totale. Questo termine è nato e si è sviluppato in Giappone come Total Quality Management (TQM) e negli stati Uniti come Quality Assurance (QA). I canoni del TQM prevedono il superamento dei concetti di qualità del servizio (efficacia terapeutica) e di qualità del sistema (certificazione, accreditamento), per giungere al controllo degli aspetti organizzativi (qualità programmata e qualità erogata), dei rapporti con l’utente (qualità prevista e qualità percepita), ma anche per una valutazione di competitività operata attraverso tecniche di benchmarking (qualità paragonata). In Italia questo metodo è stato introdotto nel 1984 come Verifica e Revisione della Qualità (VRQ), rimpiazzato successivamente dal Miglioramento Continuo della Qualità (MCQ). Un progetto MCQ si sviluppa attraverso le seguenti fasi: identificazione dei possibili problemi; scelta del problema prioritario; definizione dei criteri, degli indicatori e delle soglie di buona qualità; progettazione dello studio; individuazione delle possibili cause del problema; esecuzione e l’analisi dello studio; progettazione di interventi migliorativi; valutazione dell’impatto a breve, medio e lungo termine; comunicazione dei risultati conclusivi. 4 Art. 19 CDM (Aggiornamento e formazione professionale permanente): “Il medico ha l’obbligo di mantenersi aggiornato in materia tecnico-scientifica e gestionale-organizzativa, onde garantire lo sviluppo continuo delle sue conoscenze e compe-
www.emergencyoggi.it
tenze in ragione dell’evoluzione dei progressi della scienza, e di confrontare la sua pratica professionale con i mutamenti dell’organizzazione sanitaria e della domanda di salute dei cittadini (…)”. 5 Art. 3.1 CDI: “L’infermiere aggiorna le proprie conoscenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull’esperienza e la ricerca, al fine di migliorare la sua competenza. L’infermiere fonda il suo operato su conoscenze validate ed aggiornate, così da garantire alla persona le cure e l’assistenza più efficaci (…)”. 6 A tale riguardo ricordiamo che l’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale attualmente in vigore, all’art. 20, comma 5 recita che: “La partecipazione alle attività di formazione continua costituisce requisito indispensabile per svolgere attività di medico di medicina generale ai sensi del presente Accordo. Per garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza all’assistenza prestata, il medico è tenuto a soddisfare il proprio debito annuale di crediti formativi, attraverso attività che abbiano come obiettivi quelli definiti al comma 1 del presente articolo”. Al comma 10 dello stesso articolo si sottolinea, inoltre, che: “Il medico che non frequenti i corsi obbligatori per due anni consecutivi è soggetto all’attivazione di procedure di cui all’art. 30 per l’eventuale adozione di sanzioni previste, graduate a secondo della continuità dell’assenza”. Attualmente tutti gli operatori della Sanità hanno l’obbligo di partecipare a corsi per la Formazione Continua al fine di acquisire i Crediti formativi necessari per anno, all’interno dei programmi Regionali per l’Educazione Continua Medica (ECM); il venir meno a tale obbligo potrebbe portare all’applicazione di provvedimenti sanzionatori a carico del sanitario inadempiente. 7 Art. 328 c.p. (Rifiuto di atti d’ufficio.Omissione): “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. (…)”. 8 Art. 1218 c.c. (Responsabilità del debitore): “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. 9 Art. 2049 c.c. (Responsabilità dei padroni e dei committenti): “I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”. Art. 2051 c.c. (Danno cagionato da cosa in custodia): “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Eo
9
singolo accadimento e non su di una pluralità di casi, come potrebbe invece verificarsi in un contesto ospedaliero. Nella fase della valutazione, i risultati ottenuti saranno confrontati con gli standard assistenziali e gli indicatori definiti nella fase precedente, in tal modo addivenendo alla verifica e motivazione dell’eventuale mancato raggiungimento di tali standard nella pratica clinica corrente, con successiva impostazione dei necessari correttivi e progettazione della fase di re-auditing. Altro elemento determinante per un positivo risultato di un audit è rappresentato sia dalla coesione dei gruppi che ne curano l’impostazione, sia dal coordinamento di esso che deve riflettere una adeguata autorevolezza culturale in grado di stimolare un positivo confronto dialettico fra i partecipanti, nella consapevolezza della responsabilità di perseguire il migliore livello assistenziale, in particolar modo in area critica ove l’utente presenta un equilibrio organismico estremamente precario che può essere compromesso irreversibilmente da qualsiasi comportamento che non sia stato improntato alla dovuta diligenza, prudenza e perizia. Quale strumento di crescita professionale, l’audit costituisce pertanto una risorsa di grande utilità non solo per l’operatore sanitario che lavora all’interno di una struttura ospedaliera, ma anche per quello impegnato nel territorio. Tuttavia, esso può indurre un miglioramento della qualità prestazionale solo se ogni professionista coinvolto crede fermamente nella possibilità di mettere in dubbio il proprio operato e quello del team di cui fa parte, confrontandosi costruttivamente, secondo la filosofia della evidence based medicine, sia con l’esperienza dei colleghi, sia con ciò chele risultanze consolidate della ricerca internazionale evidenziano in riferimento al caso specifico. Considerazioni medico-legali In siffatto ambito, un aspetto particolare, ma significativo per gli eventuali scenari di responsabilità che si potrebbero delineare, riguarda la possibilità che l’applicazione dello strumento dell’audit clinico per valutare la qualità dell’intervento sanitario in un contesto di emergenza extraospedaliera, faccia emergere un aumento dell’incidenza della patologia iatrogenica nei soggetti soccorsi quale indice di un’inadeguata preparazione degli operatori sanitari coinvolti. Gli operatori sanitari, siano essi medici o infermieri, “sono tutti ex lege portatori di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex art. 2 e 32 cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità (…), obbligo di protezione che perdura per l’intero tempo del turno di lavoro” (Cass., Pen., sez. IV, 13 settembre 2000, n. 9638). Pertanto, ad ogni sanitario, con riferimento al modello dell’ eiusdem condictionis ac professionis, è richiesto un particolare dovere di diligenza, prudenza e perizia in relazione alla natura dell’attività svolta, soprattutto in un settore, quale quello dell’emergenza extraospedaliera, che, pur facendo riferimento a situazioni connotate dalla necessità di un’azione terapeutica rapida ed incisiva per evitare la morte o gravissime lesioni al soggetto soccorso, si deve anche caratterizzare per la correttezza e la completezza dell’intervento. Gli operatori che agiscono in tale settore, dunque, devono possedere precisi ed adeguati standars formativi, basati su protocolli validati e riconosciuti a livello internazionale, che, vista anche la tumultuosità delle nuove acquisizioni in questo campo, non potranno non essere periodicamente verificati ed aggiornati.
Eo
10
La necessità di aggiornamento, finalizzato a garantire livelli clinico-assistenziali sempre più efficienti ed efficaci, rappresenta non solo un obbligo deontologico per tutti gli operatori sanitari (art. 19 Codice di Deontologia Medica4; art. 3.1 Codice Deontologico dell’Infermiere5), ma anche un dovere etico e morale di tutti i medici, e per quelli dipendenti dal S.S.N. sia a regime di impiego, sia a regime convenzionale6, l’aggiornamento professionale diviene anche un obbligo di natura giuridica, finalizzato al miglioramento del servizio, particolarmente in un settore, quale quello dell’emergenza, in cui sono richiesti alti e costanti livelli di preparazione. Proprio in quest’ottica le varie organizzazioni scientifiche internazionali, quali ad esempio l’E.R.C. (European Resuscitation Council), l’I.L.C.O.R. (International Liaison Committee on Resuscitation), l’A.C.S. (American College of Surgeons) etc., impongono periodici “retraining” per mantenere valida la certificazione acquisita nelle varie procedure di emergenza, al fine di garantire una adeguata e costante preparazione dei sanitari coinvolti in attività di emergenza; con analogo fine è stato costituito l’Atto n. 1711 del 22/05/2003 (Atto d’intesa fra Stato e Regioni) che, con l’approvazione di “Linee guida su formazione e addestramento permanente del personale operante nel sistema emergenza/urgenza”, si prefigge lo scopo di garantire una tempestiva, appropriata ed efficace risposta del sistema afferente all’ “area critica”. L’utilizzo di protocolli operativi validati a livello internazionale, pur costituendo una garanzia dell’impiego delle migliori metodiche di intervento esistenti al momento, non rappresenta, tuttavia, una scriminante al dovere di ogni sanitario di agire con prudenza, diligenza e perizia in relazione ai compiti che gli competono. A tale proposito appare doveroso richiamare i principi relativi alla responsabilità professionale sanitaria in équipe, visto che l’attività in “area critica” si caratterizza per il simultaneo intervento di una squadra di operatori sanitari ciascuno dei quali opera in parallelo; in questo contesto, infatti, il principio generale che permette di individuare la responsabilità penale dei singoli partecipanti all’interno dell’équipe medico-chirurgica trova sostegno nella teoria, ormai consolidata, dell’affidamento, secondo la quale ogni componente dell’équipe deve concentrarsi sulla propria attività di competenza confidando sulla correttezza dell’operato dei collaboratori, fermo restando il potere di controllo di chi, in un dato momento, assume la qualifica di responsabile del gruppo o capo équipe. Applicando siffatto principio ogni membro della squadra di intervento risponderà solamente di un’eventuale non corretto adempimento dei doveri di prudenza, diligenza e perizia inerenti i compiti che gli competono con l’obbligo, però, di attivarsi quando ragioni oggettive o soggettive facciano dubitare della congruità del comportamento di altro collaboratore componente l’équipe; il capo équipe, inoltre, avendo anche obblighi di coordinamento e di controllo, in caso di errore dei suoi collaboratori verificatosi in una situazione di difficoltà da lui stesso conosciuta e, quindi, in qualche modo controllabile, sarà chiamato a rispondere delle conseguenze ad esso errore causalmente riconducibili. A tale riguardo, infatti, l’art. 1228 c.c. (Responsabilità per fatto degli ausiliari) recita che: “Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”, da cui deriva che sul debitore grava anche l’onere di verificare la rispondenza dell’attività dell’ausiliario alla diligenza
Febbraio 2009
richiesta, nonché la pronta attivazione, ogni qual volta dovesse risultare necessario operare la tempestiva sostituzione dell’operatore che non ottemperasse i propri doveri. Anche dall’analisi della normativa (Dpr n. 128/1969; Dpr n. 761/1979; Dpr n. 419/1998) e dalla dottrina in argomento emerge che sul responsabile dell’équipe qui considerata incomba una serie di obblighi confermanti, nel loro complesso, una posizione di garanzia nei confronti dell’assistito; per tale motivo ad esso compete sia la scelta del personale, che non deve limitarsi alla sola presenza di una qualifica giuridica e funzionale per ricoprire un determinato ruolo, ma deve basarsi sulla verifica dell’effettiva abilità del delegato in relazione alla specifica mansione (responsabilità “in eligendo”), sia il dovere di controllare che il personale a lui subordinato operi in modo corretto, adottando le cautele che mirino a scongiurare danni a carico degli assistiti (responsabilità “in vigilando”). Proprio per tali motivi l’omessa notizia da parte del responsabile (coordinatore, capo équipe, dirigente medico II livello, etc.) di una situazione da lui riconosciuta come precaria (quale, ad esempio, l’accertata inadeguatezza della modalità di intervento da parte del personale operante in un servizio di emergenza eventualmente emersa da una valutazione tramite audit clinici), può essere per lo stesso foriera sia di responsabilità penali, potendosi configurare a suo carico il reato di omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.7), che di un’inadempienza nei confronti dell’ Ente o dell’Amministrazione. Inoltre, in caso di danni all’assistito, l’organo di governo della struttura direzionale, vedendosi leso nella propria reputazione a causa di comportamenti del proprio personale scorretti in quanto secondari ad una carente formazione, quindi prevedibili, ma mai ufficialmente allo stesso organo comunicati, potrebbe sentirsi legittimato anche al licenziamento del responsabile per violazione dei principi di correttezza e buona fede nei confronti dell’amministrazione stessa. Sempre dal punto di vista penale, inoltre, l’utilizzo di operatori sanitari non adeguatamente formati o che non raggiungano i livelli di performance richiesti per operare in particolari ambiti, quale è appunto quello del soccorso del paziente traumatizzato in contesti di emergenza extraospedaliera, configurando anche un’indubbia situazione di pericolo per la vita e l’integrità personale di altri, potrebbe essere come tale considerato perseguibile o, comunque, produttivo di un aumento della pena inflitta al responsabile di una situazione pericolosa poi causativa la morte o lesioni personali delle persone assistite. Da quanto finora enunciato emerge, quindi, l’evidenza che in caso di danni ad un paziente da parte di un operatore che, pur risultando non adeguatamente formato, continuasse ugualmente a prestare servizio con le medesime mansioni ed ad operare all’interno di una squadra d’emergenza, si potrebbero delineare responsabilità a carico non solo dello stesso operatore, ma del certificatore e del direttore del servizio d’emergenza. Peraltro, in siffatte ipotizzate circostanze, tutt’altro che trascurabile risulterebbe anche la responsabilità dell’ente o dell’amministrazione sanitaria che, pur a conoscenza dell’impiego di operatori sanitari risultati, da prove di verifica, inadeguati per determinati impieghi, non fossero intervenuti a reinserirli in specifici percorsi formativi o non avessero verificato l’adeguatezza dei percorsi formativi stessi. Infatti, la peculiare evoluzione della sanità pubblica, caratterizzata da una spersonalizzazione dell’attività sanitaria, fa si che, oltre alle responsabilità del singolo operatore, che andranno comunque indagate attraverso l’esame del suo operato, e di chi occupa posizioni di tipo dirigenziale all’interno di un’équipe, sussiFebbraio 2009
sta una responsabilità di tipo organizzativo che fa riferimento all’ente nel suo complesso, ossia alla struttura sanitaria stessa. Un danno alla persona, infatti, può verificarsi in rapporto non solo ad errori del personale sanitario impiegato direttamente alle cure dell’infermo, ma può dipendere anche da disfunzioni o insufficiente organizzazione, fra le quali possiamo citare, ad esempio, la insufficienza del personale medico e infermieristico in base ai carichi di lavoro; la scarsa attenzione, la inadeguata disposizione (culpa in eligendo) o lo scarso controllo (culpa in vigilando) dello stesso variamente addetto ai diversi settori; un suo scadente aggiornamento ed addestramento, etc. L’organo di governo della struttura direzionale, poiché l’ente si obbliga a fornire una prestazione complessa di assistenza sanitaria, ha il dovere di compiere delle scelte strategiche per rendere funzionale un servizio e vigilare sulle necessità dello stesso onde assicurare efficienza, continuità, prontezza e completezza di ogni prestazione. Da ciò deriva che la struttura, al pari del singolo operatore sanitario, è anch’essa responsabile dell’attività diagnostica e terapeutica ai sensi dell’art. 1218 c.c.8, potendosi per altro a suo carico configurare una responsabilità di tipo oggettivo e/o di presunzione di colpa (artt. 2049-2051 c.c.9), ancorata al principio della culpa levis anche in caso di imperizia in operazioni di particolare difficoltà. Dalle considerazioni fin qui esposte emerge, quindi, la necessità di sottolineare che, in caso i risultati di percorsi di verifica della qualità, quali quelli emersi, ad esempio, attraverso l’utilizzo dello strumento dell’audit clinico nel campo dell’emergenza, evidenzino una inadeguata preparazione dei sanitari in relazione agli standars operativi richiesti, si impone la necessità di attivarsi al fine di determinare adeguati cambiamenti nella pratica clinica, compreso anche il reinserimento di quegli operatori risultati carenti in nuovi percorsi formativi fino all’acquisizione dei livelli di preparazione necessari. Un mancato intervento in tal senso, consentendosi comunque a tale personale sanitario lo svolgimento delle mansioni e delle operazioni al cui corretto adempimento l’attività formativa e di verifica era mirata, potrebbe integrare, in caso del verificarsi di danni ai pazienti, responsabilità non solo a carico dell’operatore interessato, ma anche nei riguardi dei certificatori dell’avvenuta formazione, dei direttori di tali servizi nonché dello stesso ente o amministrazione sanitaria responsabili della corretta funzionalità del servizio stesso. Bibliografia 1.Castaldi R., Matricardi C., Romanelli F., Vagnoni S., Zatti V.: La responsabilità professionale del medico. Maggioli Editore, Rimini, 2005. 2.Chiodo E.: Legislazione e medicina legale dell’emergenza sanitaria. Centro Scientifico Editore, Torino, 2002. 3.Cimino L., Izzi M., Landuzzi F., Monesi A., Musolesi S., Cicognani A.: Il “codice alpha”: uno strumento per la crescita del personale che opera in area critica. Considerazioni operative e medico-legali. Emergency Oggi 5: 9, 2007. 4.Donabedian A.: La qualità dell’assistenza sanitaria. La Nuova Italia Scientifica, Milano, 1990. 5.Galliani I.: Dalla responsabilità professionale medica alla responsabilità della struttura. In: Fornari U., Jourdan S.: La responsabilità professionale dello psichiatra. Centro Scientifico Editore, Torino, 2006. 6.Guerrieri S.: Audit clinico al 118. Emergency Oggi 10: 26, 2006. 7.Longoni P.: Il self audit come strumento di autovalutazione. In: Caimi V., 8.Tombesi M. (a cura di): Medicina Generale. UTET, Torino, 2003. 9.Merry A, McCall Smith A. L’errore, la medicina e la legge. Giuffré Editore, Milano, 2004. 10.Puccini C. Istituzioni di Medicina Legale 6ª ed. Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 2003. 11.Quintaliani G., Gori F.: I sistemi di qualità e l’appropriatezza. Professionale, Corso Perugina, 2002. 12.Ruffolo U., Grazzini B.: La responsabilità medica. Giuffré, Milano, 2004. Servadei F.: Il fenomeno trauma. Emergency Oggi 7: 4, 2004.
www.emergencyoggi.it
Eo
11
MEDIA E 118
Trentino Emergenza 118
Eo
12
Il progetto di comunicazione che si pone l’obiettivo di migliorare la comunicazione con i media su eventi di emergenza gestiti dalla centrale operativa del 118 e dal nucleo elicotteri “Il progetto presentato è il frutto di un lavoro di coordinamento significativo” dichiara Franco Debiasi, direttore generale facente funzioni dell’Apss” con il quale ci siamo posti l’obiettivo di migliorare la comunicazione con i giornalisti su eventi legati all’emergenza. Con questa proposta abbiamo cercato di conciliare l’indiscusso valore e importanza del lavoro dei cronisti nel dover dare ai cittadini con precisione e urgenza le notizie, con l’esigenza molto forte emersa dagli operatori dell’emergenza di poter eseguire con la dovuta concentrazione un lavoro estremamente delicato”. “Anche i numeri del 2008 esprimono il nostro lavoro quotidiano” conferma Alberto Zini direttore dell’U.O. 118 urgenza emergenza dell’Apss “ con ben 37.000 interventi, circa 100 al giorno, e 150.000 richieste di intervento, circa 150 al giorno. Da qui la necessità di poter dare le notizie con una certa regola, che proponiamo, con due finestre telefoniche di mezz’ora al giorno e l’impegno di inviare una scheda dell’evento, via fax o con email alle redazioni o ai giornalisti che ne faranno richiesta. Il tutto nel rispetto dovuto della privacy pur consapevoli dell’importanza di notizie di pubblico interesse” “Anche noi, con l’intenzione di migliorare le informazioni ai giornalisti, e consapevoli di effettuare un servizio molto importante per la comunità, 2411 missioni nel 2008, 1518 ore di volo, 2510 ore fuori sede e 150 ore di addestramento” interviene Bruno Avi comandante del nucleo elicotteri” abbiamo messo a disposizione due numeri di telefono cellulari attivi per tutta la giornata di servizio, con la richiesta di chiamare dalle ore 11.00 alle 12.00, dalle 17.00 alle 18.00 e allo scadere delle effemeridi serali.
Febbraio 2009
Differenza att. torale
nucleo elicotteri 14,0%
enti pubblici 9,9%
P.A.T. 24,2%
privati 0%
VV.F. incendi 2,1% boschivi 0,7%
Differenza soccorsi
soccorsi primari 37,1%
soccorsi secondari 12%
soccorsi primari 47,8%
nucleo enti pubblici privati elicotteri 0% 5,6% 14,8%
P.A.T. 14,4%
VV.F. incendi soccorsi secondari 2,2% boschivi 15% 0,3%
Rip. Attiv.
ore volo missioni
soccorsi primari soccorsi secondari
Soccorsi A questi numeri, prosegue Avi, rispondono rispettivamente i piloti delle due eliambulanze che daranno informazioni sugli interventi di soccorso, sempre nel pieno rispetto della privacy. Durante le missioni di soccorso, chiamando il 335-7445484, elicottero I-PATE e il 335-7445485 elicottero I-TNBB non si avrà nessuna risposta fino al rientro in base dell’elicottero, è quindi importante riattaccare dopo alcuni squilli”. “Abbiamo voluto disciplinare il rapporto, non sempre facile, con i giornalisti” interviene Claudio Bortolotti, responsabile del nucleo elicotteri” e questa proposta che è emersa dal gruppo di lavoro ci sembra una buona base sulla quale possiamo lavorare, come nucleo elicotteri stiamo già
Febbraio 2009
adottando il sistema presentato e i risultati ci sembrano buoni e soddisfacenti per tutti. Mi preme ricordare, al di là dei numeri che sono importanti, la mole di lavoro decisamente significativa di questi due servizi, per l’intera comunità trentina”. Le conclusioni all’assessore alla salute Ugo Rossi che afferma “la soddisfazione di un progetto arrivato in porto, anche se suscettibile di cambiamento, sul quale chiediamo la collaborazione di tutti voi per poter essere operativi a breve. Abbiamo lavorato in una logica di trasparenza, di collaborazione e condivisione, con l’intenzione di informare correttamente, puntualmente e con precisione”.
www.emergencyoggi.it
Eo
13
TRENTINO EMERGENZA 118 CENTRALE OPERATIVA 118 BOZZA DI PROCEDURA PER LE COMUNICAZIONI AI MEDIA
PREMESSA Alcuni eventi di emergenza, gestiti dalla Centrale Operativa 118 nell’ambito dl Sistema di Emergenza Provinciale, costituiscono da sempre interesse per i Servizi Stampa. In particolare suscitano tale interesse gli incidenti in genere, stradali in pri-mo luogo e per frequenza, ma anche altri di diversa natura, quali intossicazioni, con-taminazioni, lesioni da agenti fisici, aggressioni, precipitazioni. Dall’inizio della sua attività la Centrale Operativa 118 è quotidianamente interpellata dai giornalisti delle diverse testate, con ripetute telefonate nelle ore più diverse, an-che quando gli eventi di emergenza sono ancora in corso. Le informazioni fornibili dalla Centrale Operativa 118 riguardano genericamente l’evento occorso. Non possono in alcun modo riferire l’identità delle persone coinvol-te, né le specifiche lesioni subite, ma limitarsi ad una generica indicazione della gra-vità delle stesse. La presente procedura è stata predisposta per consentire la corretta trasmissione di dette informazioni, prevenendo le telefonate dirette dei giornalisti agli operatori della Centrale Operativa 118, evitando così ogni possibile interferenza, soprattutto in momenti di intensa attività di soccorso. Tale trasmissione avviene tramite apposite schede informative sottoscritte dal medi-co della centrale stessa. Eventuali delucidazioni in merito possono essere richieste telefonicamente al medico di centrale esclusivamente in brevi fasce orarie definite, su numero telefonico dedicato. PROCEDURA Il medico di centrale, per consta118 INFORMA tazione diretta o su segnalazione degli operatori di turno, indiviScheda Informativa per la Stampa dua l’evento da segnalare alla stampa, compila la scheda infor- Tipo di evento:............................................................. mativa “118 Informa” (allegata Data:........................................................................... alla presente scheda), firmando- Luogo:......................................................................... ne la copia cartacea. Ora:............................................................................ Compilata la scheda, il medico Dinamica dell’evento:................................................... provvede ad inviarla sia per po- Numero delle persone coinvolte:................................... sta elettronica, sia via fax agli in- Condizioni delle persone coinvolte (lievi, gravi, molto dirizzi dei media locali. Eventua- gravi, decedute): li delucidazioni in merito alle in- ................................................................................... formazioni trasmesse possono Forze intervenute (mezzi sanitari, vigili del fuoco, forze essere chie-ste dai giornalisti in- dell’ordine, soccorso alpino, …): teressati dalle ore 10.30 alle ore .................................................................................. 11.00 e dalle ore 17.00 alle ore Destinazione delle persone coin-volte (ospedale, altra 17.30, tutti i giorni al numero di destinazione):............................................................. telefono che verrà indicato. A ta- Osservazioni:............................................................... li richieste risponde il medico re- ................................................................................... sponsabile della Centrale Ope- .................................................................................. rativa 118. In sua assenza risponde il medico di turno di centrale. Le comunicazioni avvengono su te-lefono cellulare dedicato, a disposizione del dirigente preposto. GESTIONE DOCUMEN-TALE Le copie cartacee delle schede informative sono tenute in centrale operativa il gior-no del loro inoltro ed il giorno successivo, in un contenitore predisposto dall’infermiere coordinatore della Centrale Operativa 118. Lo stesso provvede a consegnarle successivamente alla segreteria di Trentino Emergenza 118 che ne ga-rantisce l’archiviazione corrente per l’anno in corso ed il successivo invio all’archivio di deposito individuato.
Eo
14
TELE-ELETTROCARDIOGRAFIA ALLE MOLINETTE
L'elettrocardiogramma ora si esamina via internet. Succede all'ospedale Molinette di Torino, dove da questa mattina e' attivo il sistema di tele-elettrocardiografia che collega via web tutti i reparti e i presidi sparsi sul territorio cittadino con il reparto centrale di Cardiologia. Ogni paziente che deve fare un ECG non deve' piu' spostarsi fino al reparto per aspettare l'esito, mobilitando personale di accompagnamento e sopportando lunghe code, ma basta che, una volta rilevato il tracciato, questo venga trasmesso con un'intranet locale direttamente dal reparto di ricovero o di day hospital al reparto di Cardiologia. Li' un cardiologo stila in tempo reale il referto, che viene poi restituito al paziente sempre utilizzando internet. L'esperimento ha gia' avuto tre fasi pilota: dapprima interessava solo il day hospital di Chirurgia Vascolare, poi si e' estesa all'ospedale San Giovanni Vecchio, infine ad altri dieci elettrocardiografi installati nelle strutture piu' periferiche dell'ospedale. Ad oggi gli ECG eseguiti ''a distanza'' sono stati 11847.
118, AMBULANZE COLLEGATE VIA SATELLITE CON OSPEDALI La centrale del 118 in collegamento permanente con tutti i Pronto Soccorso. E' la novita' presentata oggi dalla Centrale operativa dell'Ares 118 di Roma, che si e' dotata di un nuovo sistema satellitare Gipse, cosi' da collegare le centrali gestite dallo stesso Ares e i pronto soccorso-Dea della Regione consentendo uno scambio continuo di informazioni utile a ottimizzare tempi e modalita' di ricovero del paziente assistito. Il nuovo sistema, presentato dalla direttrice dell'Ares Marinella D'Innocenzo e dal presidente della Regione Piero Marrazzo, consentira' anche di inviare alla postazione 'Gipse' dell'ospedale scelto le informazioni sui parametri di intervento e vitali del paziente. ''Al momento - ha spiegato D'Innocenzo - il collegamento e' realizzato con quasi tutti i Dea di secondo livello (Policlinico Umberto I, San Giovanni-Addolorata, Policlinico Gemelli, San Camillo Forlanini, San Filippo Neri) e i Pronto soccorso e i Dea di primo livello dell'Aurelia Hospital, Cristo Re, Sandro Pertini, Policlinico Casilino, Tor Vergata, Sant'Andrea, Grassi-Ostia, Bambin Gesu'''. L' iniziativa prendera' il via a marzo, ha detto Marrazzo, da quando ''iniziera' la consegna delle nuove ambulanze, 116 mezzi tutti dotati del sistema di rilevamento satellitare''. Febbraio 2009
il tuo appuntamento quotidiano con il mondo dell'emergenza sanitaria è
www.emergencyoggi.it mantieniti aggiornato
il mensile cartaceo entra gratis
gli approfondimenti richiedi il mensile cartaceo,
11 numeri € 42 annuali
[email protected]
l'attualità
i video
i congressi
EMERGENZE MEDICHE IN VOLO: quali le più ricorrenti? TOP TEN DEI MALORI IN VOLO, SVENIMENTI IN POLE POSITION Volare è bello da svenire, infatti sono proprio gli svenimenti le emergenze che svettano in cima alla classifica delle emergenze mediche che più spesso si registrano in volo sulle compagnie aeree europee. Stilata dall’equipe di Michael Sand, dell’Università di Bochum in Germania, la top ten delle emergenze aeree ha trovato 5300 casi di ‘svenimento aereo’ tra 2002 e 2007. Nel campione di voli esaminato ci sono state in tutto 10189 differenti emergenze e 279 voli hanno dovuto deviare la propria rotta verso l’aeroporto più vicino per far fronte ad un’emergenza medica che si è verificata a bordo. Dopo gli svenimenti (5307 casi, il 53,5% delle emergenze) troviamo nella classifica i malesseri di stomaco (926 casi, il 5,9% delle emergenze) e al terzo posto, posizione non trascurabile visto che si stima che entro il 2030 il 50% dei passeggeri aerei avrà più di 50 anni, i problemi cardiaci (509 casi, 4.9%). Gli esperti, si legge sulla rivista Critical Care, hanno chiesto a 32 compagnie aeree europee di fornire in forma anonima dati sui casi medici riportati in volo, emergenze mediche e chirurgiche negli anni tra 2002 e 2007. Il numero totale di incidenti è stato correlato al traffico passeggeri, espresso in ‘passeggeri chilometro trasportatip - RPK. Inoltre sono state analizzate le nascite e i decessi a bordo, il tipo di rotta, continentale/intercontinentale, il coinvolgimento di personale medico. Le emergenze chirurgiche piu’ frequenti sono state trombosi e appendiciti. Invece la ragione medica più frequente che ha costretto il pilota ad atterrare all’aeroporto più vicino è stata l’attacco cardiaco (22,7%), l’ictus (11,3%) e le crisi epilettiche (9,4%). Si sono registrate anche due nascite e un tentato suicidio. Si noti però, scrivono gli autori, che solo 4 compagnie aeree sono state in grado di fornire i dati richiesti, cosa che evidenzia un’inadeguatezza nella documentazione a bordo circa le emergenze mediche, sebbene l’aviazione sia regolata da molte leggi internazionali e nazionali
Eo
16
V
olare in aereo può essere stressante sotto molti punti di vista, e quindi costituire un elemento scatenante per condizioni di emergenza medica. In effetti, le emergenze mediche durante il volo sono relativamente frequenti. Per questo, come evidenzia uno studio epidemiologico pubblicato su Clinical Care, sarebbe molto importante avere dati esaurienti e coerenti sui quali basare un protocollo standard da seguire quando qualcuno richiede assistenza medica durante un volo. È sempre più in aumento il numero di chi si rivolge ai voli in aereo per spostarsi, e con l’allungarsi della vita anche l’età media dei passeggeri continua ad aumentare. Questi due aspetti fanno sì che il numero di emergenze mediche durante i voli sia anch’esso in aumento. Risulta ovvia l’importanza di avere una serie di misure di soccorso, un kit medico adeguato alle necessità in caso di emergenza, un protocollo chiaro da seguire rispetto a decisioni che spesso vanno prese molto in fretta. Aspetti ancora più importanti, se si considera che a volte l’emergenza medica può riguardare anche gli stessi piloti. Di fatto, tuttavia, solo il 17 per cento delle emergenze mediche viene documentato dalle compagnie aeree, e fra queste non vi è alcuno standard nei criteri di documentazione e classificazione, il che rende estremamente difficile confrontare i dati per trarne considerazioni generali. In questo studio epidemiologico, su 32 compagnie aeree considerate solo 4 erano in grado di produrre i dati necessari alla ricerca, e fra queste solo due hanno avuto i requisiti per partecipare allo studio. Sono stati esaminati 10.189 casi di emergenza medica in volo avvenuti nel corso degli anni 2002-2007, analizzandone la tipologia, la presenza di attrezzatura adeguata, l’intervento di un medico a bordo, gli atterraggi di emergenza, i tassi di nascite e di decessi a bordo. La sincope è risultata di gran lunga l’incidente più frequente (53,5 per cento dei casi), seguito dai disturbi gastrointestinali (8,9 per cento), dai problemi cardiaci (4,9 per cento), dalla paura di volare (4,3 per cento) e dalle sindromi dolorose (4,1 per cento). Fra le situazioni che hanno richiesto interventi chirurgici di emergenza a bordo, la più comune era la trombosi, seguita dall’appendicite. Nell’86 per cento dei casi è intervenuto un operatore sanitario presente a bordo, e nel 2,8 per cento dei casi è stato necessario un atterraggio immediato. La non standardizzazione degli approcci, delle dotazioni e delle procedure per le emergenze mediche in volo nasce da diversi fattori. In primo luogo, le legislazioni nazionali variano rispetto sia all’obbligo del medico presente a bordo di intervenire (per Stati Uniti, Canada e Regno Unito il medico non è tenuto a prestare soccorso a bordo, mentre per molti stati Europei non può astenersi dal farlo), sia rispetto al livello di responsabilità a seguito del suo intervento (le compagnie aeree degli Stati Uniti sollevano i medici che intervengono dalle eventuali conseguenze legali). Gli standard relativi alla presenza e tipologia del kit di emergenza variano da una compagnia all’altra o Febbraio 2009
in base alla lunghezza dei voli, e spesso le disposizioni sono abbastanza vaghe da permettere alle compagnie un’ampia discrezionalità. Sarebbe dunque estremamente importante avere dati epidemiologici attendibili, in modo da poter sviluppare attrezzature e procedure standard generalizzate. Ad esempio, la frequenza dei problemi cardiaci indica che sarebbe utile avere a bordo un defibrillatore. Gli autori invocano la costituzione di un registro internazionale basato su metodi di documentazione uniformi, per permettere ulteriori ricerche, sviluppare procedure di screening preventivo mirate, e per dare l’avvio allo sviluppo di legislazioni chiare e di protocolli che garantiscano ai passeggeri un uguale trattamento in qualsiasi tipologia di viaggio in aereo.
COME NON AMMALARSI IN AEREO, UN BREVIARIO SU LANCET Viaggiare in aereo e’ diventato il modo piu’ comune per spostarsi sulle lunghe distanze. Ogni anno oltre 2 miliardi di persone salgono su velivoli che sono ormai capaci di voli senza scalo di 18 ore e piu’. Questo puo’ creare dei problemi per la salute. I risultati di una tavola rotonda sul tema sono stati pubblicati dalla rivista britannica ‘The Lancet’. Accade sempre piu’ di frequente che qualcuno si senta male in volo, questo e’ dovuto all’aumentato numero dei passeggeri, ma anche e soprattutto all’aumentato numero di ore nelle tratte senza scalo. L’articolo su Lancet avvisa i viaggiatori che abbiano condizioni di salute non buone o preesistenti problemi cardiaci, di pressione o polmonari, di usare alcune precauzioni e indica i maggiori fattori di rischio. Gli studi mostrano - scrive la rivista una’associazione tra tromboembolie e lunghi trasferimenti aerei, ‘’con picchi quando la durata del volo supera le otto ore. Ma il rischio comincia ad aumentare quando si superano le quattro ore’‘. Dito puntato soprattutto sulle scarse possibilita’ di movimento a bordo. Quindi, meglio un posto di corridoio che vicino al finestrino: avrete piu’ possibilita’ di alzarvi ogni tanto o di stendere le gambe (soprattutto in economica). Ci sono poi le infezioni. Molti passeggeri, per lungo tempo in spazi limitati, con ricambi d’aria saltuari, sicuramente ne facilitano la diffusione. Lancet ricorda come dopo l’11 settembre, quando per il trauma la gente negli Usa viaggiava meno in aereo, l’influenza si diffuse in ritardo e con maggior lentezza. L’aria in cabina e la pressurizzazione sono i due punti chiave, secondo lo studio pubblicato. Bisogna lavorarci per stare meglio a bordo, e dopo.
Febbraio 2009
www.emergencyoggi.it
R-aid Trolley Zaino multiuso con trolley e sacche R Series In un tempo di grande mobilità sentiamo il bisogno di zaini che ci accompagnino in modo capace e affidabile. Da qui nasce l’esigenza di dotare uno degli zaini più venduti di un sistema trolley che si integra perfettamente con il profilo dello zaino stesso. Il trolley è dotato dell’innovativo carrello Mach System. Zaino realizzato in Cordura 1000 D rosso. Misure del prodotto: Lunghezza: 420 mm - Larghezza: 330 mm - Altezza: 650 mm
€ 182,40
R-aid
Iva inclusa
mo
Zaino multiuso di soccorso giallo/nero R-aid è uno zaino multiuso di soccorso veramente capiente e versatile, indicato per i servizi di emergenza in generale. Sviluppato in altezza, permette di ospitare in appositi alloggiamenti quattro contenitori di diversi colori, attrezzati per i vari presidi di soccorso e facilmente collocabili tramite comode strisce di Velcro®. Il sistema di fissaggio permette l’estrazione di qualsiasi sacca da qualunque posizione senza interferire sulle altre. R-aid è composto da due ulteriori borse, amovibili tramite una comoda cerniera: la prima, più piccola, è collocata sopra e la seconda, che si trasforma in un comodo zainetto, è collocata nella parte anteriore. Esternamente sono presenti tre tasche, due laterali e una nella parte anteriore dello zaino. Schienale anatomico, spallacci imbottiti e regolabili. Realizzato in Cordura molto resistente con strisce rifrangenti che ne migliorano la visibilità.Sono disponibili le sacche colorate dedicate R Series. Disponibile nella versione 10 G. Misure del prodotto: Lunghezza: 420 mm - Larghezza: mm - Altezza: 570 mm
si atis
nt
sco
€ 99,00 Iva inclusa
Spencer Scoop Barella cucchiaio arancio
€ 360,00 Iva inclusa
Grazie all´azione "cucchiaio" svolta dalle due lame longitudinali è possibile sistemare la barella sotto il paziente senza doverlo muovere. La barella cucchiaio può essere impiegata per sollevare, trasferire o trasportare la maggior parte dei pazienti. Particolare attenzione è stata posta nella scelta e definizione dei materiali impiegati nella costruzione, che devono rispondere a requisiti di leggerezza, resistenza meccanica, affidabilità e durata. La silhouette della barella cucchiaio è stata studiata per migliorarne l´inserimento sotto il corpo del paziente e al tempo stesso stabilizzarlo in fase di trasferimento o trasporto. E´ fornita con tre cinture di fissaggio con aggancio rapido.
WIV - Spremisacca Viene utilizzato con le sacche per plasma o per soluzioni infusionali e consente di controllare rigorosamente la pressione con un manometro graduato in millimetri di mercurio. La sacca viene compressa con una pressione determinata dall’utilizzatore, che potrà comunque variarla agendo sulla peretta o sulla valvola di sfiato. Lo spremisacca WIV è stato studiato per poter essere impiegato durante il trasporto dei pazienti, ma trova un utilizzo ottimale anche in ospedali, cliniche e ambulatori medici. Un’asola posta nella superiore permette di appendere € 59,00 parte lo spremisacca. Un moschettone di poliIva inclusa carbonato consente di appendere la sacca evitando di dover fare nodi. Lo spremisacca WIV è ricavato dalla saldatura ad alta frequenza di due lamine di poliuretano. Questo sistema evita l’usura della tradizionale sacca di gomma, che deve essere ripetutamente sostituita. Può essere utilizzato insieme alla custodia Warmpak, inserendolo al suo interno. Può contenere sacche da 500 e 1000 cc.
Per l’acquisto utilizzare la cartolina a pagina 30
www.emergencyoutlet.it
crocerossachepassione “Il Commissario Dott. Marco Squicciarini in qualità di referente Nazionale della Croce Rossa Italiana per le manovre di disostruzione e rianimazione cardiopolmonare pediatriche ha effettuato la “Lezione Interattiva di Primo Soccorso Pediatrico” agli Asili della Organizzazione Sanitaria Ebraica a Roma, ospite del Dott. Giorgio Sentieri ( Presidente Asili Ebraici) e la Dottoressa Manuela Spizzichino responsabile interna della OSE Organizzazione Sanitaria Ebraica ed Assistenza all’Infanzia. Erano presenti come Istruttori il Dott. Paride FERRAZZA ( delegato provinciale per il PBLSD ), numerose Infermiere Volontarie accompagnate per l’occasione dalla Ispettrice Provinciale Sorella IRIS LODI e Sorella Mirella MICONI come Monitore Coordinatore del Comitato Provinciale di Roma, La Signora Martinez (Ispettore Provinciale Comitato Femminile) accompagnata da numerose Volontarie, e sei VDS del Gruppo di Roma Nord per supportare il commissario nelal sua preziosa attività. Il corso è stato rivolto alle insegnanti ed alle mamme dei bambini che frequentano gli asili della comunità ebraica, le quali alla fine della lezione interattiva con rilascio di attestato, hanno poi preso contatto con Sorella Mirella MICONI per organizzare diversi corsi all’interno della loro struttura proposti dal comitato provinciale di Roma. Questo evento è alla base del progetto del Commissario Dott. Marco Squicciarini che vede la Croce Rossa Italiana come atavica depositaria della formazione del personale di ogni livello ordine e grado, sia sanitario che non , per diffondere manovre e corsi salva vita. Questa attività è stata ovviamente resa possibile grazie alla formazione recente di 280 istruttori sul territorio nazionale di “area pediatrica” che ora sono pronti a formare chiunque ne faccia richiesta. Il Commissario Squicciarini ringrazia tutti i Volontari di tutte le
Febbraio 2009
componenti che erano presenti e che hanno permesso il perfetto svolgimento del corso. Il prossimo appuntamento è in Senato dove il Commissario, con molti Volontari di tutte le componenti, ripeterà la Lezione Interattiva Pediatrica ai dirigenti di Palazzo Madama .
Chi salva un bambino... salva il mondo intero
www.emergencyoggi.it
Eo
19
BAGNINI tornate a scuola! di Stefano Mazzei
L
’ultimo rapporto 2008 del Ministero della Salute, indica che il 96,2% delle coste balneabili nazionali, sono risultate esenti da inquinamento. L’Italia, può quindi vantare ben 4.970 km di spiagge e mare pulito, 26 in più dello scorso anno. Un dato sicuramente eccellente, ma si può dire altrettanto per la sicurezza di chi frequenta questi luoghi nel periodo estivo? Le spiagge normalmente vengono classificate in tre diverse tipologie: a) “sorvegliate”, lidi dove generalmente sono presenti stabilimenti balneari oppure cooperative di bagnini, queste ultime tramite apposite convenzioni con comuni e concessionari, assicurano un servizio di salvataggio; b) “libere attrezzate”, sono spiagge dove il servizio di salvataggio, è spesso fornito dal così detto “Punto Blu”, cioè una
Eo
20
postazione con un bagnino, il quale in cambio di questo servizio all’utenza balneare, riceve dal Comune la licenza di noleggio attrezzature balneari (lettini, ombrelloni, pedalò, ecc.); c) “libera”, dove non esiste alcun servizio di salvataggio con personale qualificato e da una recente indagine condotta dalla Società Nazionale di Salvamento, queste rappresentano il 40% dei 5000 chilometri di spiagge balneabili. Questi dati sono purtroppo supportati dal numero di incidenti mortali, che si registrano tra coloro che si dedicano alle attività balneari e che gli studi statistici rivelano essere circa un centinaio ogni anno. Anche se, bisogna sottolinearlo, molti di questi decessi sono causati da arresto cardiaco improvviso, a seguito del quale la vittima trovandosi da sola in acqua subisce la sommersione, e di conse-
guenza l’incidente spesso viene classificato come sindrome da annegamento. In ogni caso questo rimane un dato particolarmente significativo, se si considera che questi incidenti sono concentrati per la maggior parte nel periodo estivo e sempre secondo i dati statistici, la quasi totalità degli annegamenti si verifica, guarda caso, sulle spiagge cosiddette “libere”, vale a dire ove non esiste un servizio organizzato di salvataggio. In questo contesto la Capitaneria di Porto – Guardia Costiera, gioca un ruolo fondamentale, in quanto organismo preposto e tecnicamente competente a garantire la sicurezza in mare. Infatti gli uffici dei Compartimenti Marittimi, ad ogni inizio stagione emanano “L’Ordinanza di sicurezza Balneare”, la quale per tutto il periodo estivo, normalmente dal 1° maggio al 30 settembre, disciplina
Febbraio 2009
gli aspetti relativi alla sicurezza della navigazione, dei bagnanti, nonché degli utenti in genere, che frequentano le spiagge. La normativa vigente, purtroppo non prevede la vigilanza sulle spiagge libere; l'unico obbligo a carico delle amministrazioni dei comuni costieri e quello di apporre una segnaletica sull'assenza di servizio di salvataggio. Ma come è facilmente intuibile, queste indicazioni sono del tutto insufficienti ad impedire il verificarsi di incidenti: i cartelli infatti non salvano le persone, i bagnini sì. C’è comunque da chiedersi perché uno stabilimento balneare è obbligato a garantire un servizio di salvataggio con personale brevettato, quando un Comune può semplicemente apporre un misero cartello. Sicuramente per motivi economici non si può pretendere che tutti i 5000 km di spiagge siano sorvegliate, ma almeno le più frequentate lo dovrebbero essere. Per fortuna esistono alcuni Comuni più sensibili al problema della sicurezza dei propri turisti e cittadini, e grazie a convenzioni stipulate con cooperative di Bagnini, riescono ad assicurare il servizio di salvataggio sui litorali più frequentati da bagnanti nel periodo estivo. Alla stessa maniera la pensa la Regione Sicilia, che unica in Italia, con la Legge n. 17 del 1998 “Istituzione del servizio di vigilanza e salvataggio per le spiagge libere siciliane”, ha obbligato tutti i Comuni a dotarsi nelle spiagge libere di un servizio organizzato di salvataggio. Un’indiscutibile segno di grande civiltà. In Italia sono due le associazioni che su delega del competente Ministero dei Trasporti e della navigazione, sono autorizzate a rilasciare la certificazione professionale per svolgere il servizio di salvataggio sul litorale marittimo, piscine fiumi e laghi: la Società Nazionale di Salvamento (SNS), www.salvamento.it fondata nel lontano 1871, è stata la prima associazione al mondo a qualificare professionalmente i Bagnini di salvataggio in servizio presso gli stabilimenti balneari, e la Federazione Italiana Nuoto settore Salvamento (FIN) www.federnuoto.it riconosciuta dal C.O.N.I.. Entrambe le associazioni, si avvalgono di una rete di sezioni presenti su tutto il territorio nazionale, le quali tramite i propri Istruttori organizzano corsi per il conseguimento del brevetto di Bagnino di Salvataggio (SNS) e Assistente bagnanti (FIN), cambia il nome ma non cambia la validità, in quanto entrambi i brevetti sono equivalenti. Febbraio 2009
Anche i requisiti di idoneità per accedere al corso formativo e il percorso didattico, sono pressoché identici: età compresa tra i 16 e 55 anni, provate capacità natatorie, buono stato di salute, la frequenza a circa 40 ore di lezioni, divise tra teoria e pratica, durante le quali gli allievi acquisiscono principalmente specifiche competenze nel nuoto di salvamento, gestione dell’emergenza e primo soccorso in ambiente acquatico. Le prove d’esame per il conseguimento del brevetto valido per il litorale marittimo, fiumi, laghi e piscine, avvengono al cospetto di una commissione presieduta da un delegato della locale Capitaneria di Porto, da un medico e dall’istruttore e prevedono: una sessione di teoria sulla conoscenza dell’ordinanza balneare e gestione dell’emergenza; una di pratica, con prove di voga sul pattino e di primo soccorso con rianimazione sul manichino; infine la prova di salvataggio a nuoto, e proprio su quest’ultima, la più importante, che la SNS e la FIN si differiscono in modo sostanziale. La FIN prevede infatti che l’aspirante Assistente bagnanti, debba dimostrare di aver raggiunto almeno le seguenti abilità minime: nuotare m 100 a crawl in meno di 1’40” , percorrere, in meno di 1’25”, m 50, di cui 25 m crawl testa alta recupero del manichino a 1,50 metri di profondità, 25 m del ritorno trasportando il manichino con una delle prese codificate, nuotare m 25 in apnea recuperando tre oggetti intervallati di 5 m, infine trasportare il manichino per 25 m dando dimostrazione di tre tecniche codificate. La prova della SNS, che invece risale ad una circolare in vigore dal 1929 (quasi un secolo fa), prevede che il candidato sostenga le prove in un tempo massimo di 8 minuti: 25 m. rana subacquea (se la prova viene eseguita in piscina), sommozzare e ripescare un oggetto di 3-4 Kg su fondali di 4-5 metri (se la prova viene effettuata in mare), 25 m. stile libero, 25 m. rana, 25 m. dorso, 25 m. stile libero testa alta, immersione e recupero pericolante sul fondo, 25 m, trasporto pericolante e recupero sul bordo vasca. Per entrambe le associazioni esiste anche la possibilità di conseguire il brevetto di salvataggio per prestare servizio solo nelle piscine, che a differenza di quello “completo” al candidato Bagnino e/o Assistente bagnanti non è richiesta, né la prova di voga, né la conoscenza dell’ordinanza balneare, per cui nella commissione non è prevista la presenza del delegato della Capitaneria di Porto. Successivamente è comunque possibile www.emergencyoggi.it
acquisire il brevetto di abilitazione anche per il litorale marittimo, partecipando ad una sessione di esame di quest’ultimo, integrando le prove di esame non effettuate in precedenza: voga e ordinanza balneare, senza ripetere quella di nuoto. Oggi quindi oggi ci troviamo di fronte a due esami (FIN e SNS), i quali nonostante siano validi per il conseguimento della stessa abilitazione, presentano evidenti disomogeneità di valutazione proprio nella prova principale, quella del nuoto, dove oltremodo per la FIN, secondo quanto prescrive il proprio regolamento, non è obbligatoria la presenza del delegato della Capitaneria di Porto, se non nella prova di voga. L’anomalia forse più evidente rimane comunque quella sul livello di aggiornamento e competenze che i Bagnini e Assistenti bagnanti riescono a mantenere negli anni, su argomenti quali ad esempio: la gestione delle emergenze, l’utilizzo di nuove attrezzature, il primo soccorso, le leggi e i regolamenti. Le attuali normative vigenti purtroppo non prevedono nessun obbligo in questo senso, ma sia la FIN, che la SNS, richiedono periodicamente il rinnovo del brevetto ai propri soci. Alla FIN, l’Assistente bagnanti è chiamato ogni due anni ad effettuare un versamento di 58 euro, mentre il Bagnino della SNS rinnova il brevetto ogni tre anni, ma con un versamento di 80 euro. La procedura è semplice: due foto, certificato medico che attesta il buono stato di salute, si compila un modulo con i propri dati, si allega copia del versamento e si spedisce alle rispettive associazioni, dopo qualche giorno si riceve un nuovo fiammante brevetto….. ma con nessun aggiornamento incluso. Tale iniziativa viene spesso lasciata alla buona volontà degli istruttori più attivi, oppure alla responsabilità del singolo brevettato. In Toscana a partire dal 2009, la FIN e la SNS grazie ad un protocollo d’intesa sottoscritto con la stessa Regione, hanno avviato un progetto triennale in collaborazione con il servizio d’emergenza 118, che prevede la possibilità di frequentare un corso di aggiornamento di primo soccorso, per tutti coloro che devono rinnovare il brevetto di salvataggio. Per capire se davvero esiste questa necessità di aggiornarsi, ho eseguito un sondaggio su un campione di 140 tra Bagnini e Assistente bagnanti, intervistati direttamente sulle spiagge dove prestavano servizio, ponendo loro dieci domande su argomenti legati alla loro attività, senza loro chiedere a quale
Eo
21
delle due associazioni appartenessero. Il 96% è di sesso maschile, l’età per il 18% è compresa tra i 16 e i 20 anni; per il 20% tra i 25 e 30 anni; il 16% tra i 30 e i 40 anni; il 18% sono invece gli over 40. Il 15% possiede il brevetto da meno di due anni; il 26% da 3 a 5 anni; il 32% da 5 a 10 anni; mentre il 26% da oltre dieci anni. Ecco i risultati: Il 10% non conosce l’orario di balneazione: (dalle ore 9 alle 19), alcuni lo scambiano per il proprio orario di lavoro. Quasi il 20% non conosce la zona riservata alla balneazione (normalmente si estende a largo per 200 metri dalla battigia). Il 40% non ricorda il numero blu d’emergenza della Guardia Costiera (il 1530). Il 32% non conosce l’esatto significato della bandiera rossa (pericolo per la balneazione), tutte le risposte errate sono state “divieto di balneazione”, peccato che l’Italia è l’unico Paese europeo che ancora permette la balneazione quando esiste un giustificato pericolo per praticarla, tanto c’è (quasi) sempre il bagnino che rischia la vita per salvare il solito “avventuriero” di turno. Il 71% non è in grado di riconosce una zona di mare dove si sono formate delle buche, (a causa della maggiore profondità, a mare calmo il colore dell’acqua risulta più scuro, mentre con mare agitato le onde che attraversando la buca non frangono), per questo attraggono i bagnanti che annegano perché non toccano più, e sfiancano i nuotatori per la corrente sempre presente che li spinge a largo, fino alla perdita completa delle forze per mantenersi a galla. Oltre l’80% non concentra la propria attenzione sui soggetti più a rischio in acqua (i non nuotatori), persone che utilizzano galleggianti, che rimangono vicini a riva perché hanno paura dei fondali profondi, nuotatori goffi che nonostante si prodigano in cento bracciate, rimangono sempre piantati nello stesso punto, oppure che avanzano nell’acqua tenendo la testa molto sopra la superficie. In questo caso la risposta è stata sempre: “i bambini, gli anziani e i diversamente abili”. Errore comune di chi ragione con la mentalità “terrestre” invece che “acquatica”. In acqua un diversamente abile, un’esile bambino, o un anziano, potrebbe essere molto più acquatico, di un giovane palestrato che non è capace a nuotare e rischia di affogare dove l’acqua è profonda solo pochi centimetri sopra l’altezza delle sue vie respiratorie. Il 38% non è capace ad eseguire una
Eo
22
gassa d’amante, (nodo per eccellenza di arresto, utilizzato frequentemente per l’ormeggio). Oltre l’80% non ha la minima idea di cosa sia un’isobara (linea che unisce i punti di uguale pressione, utilizzata sulla mappe meteo). Il 31% non conosce la rosa dei venti. La domanda chiedeva quale vento spira da sud-ovest. Il BLS (Basic Life Support) questo sconosciuto. L’ultima domanda proposta, ma non per questo meno importante delle precedenti, al contrario è quella che meglio individua la portata del problema: spiegare la corretta sequenza delle manovre di primo soccorso, più precisamente la riani-
mazione cardio polmonare (RCP). Il risultato è stato che il 75% degli intervistati (la percentuale sfiora il 90% nei brevettati da oltre 6 anni) non conosce la corretta sequenza per eseguire delle semplici manovre salvavita, oppure non è aggiornato sulle ultime linee guida emanate da IRC – Italian Resuscitation Council (www.irc-com.org). Questo rappresenta sicuramente il dato più allarmante, in quanto oltre alla significativa percentuale negativa, (che sicuramente sarebbe stata superiore, se oltre al test teorico, avessimo fatto eseguire anche una prova pratica) includiamo gli aspetti di carattere penale (omicidio colposo per imperizia), senza contare quelli morali per non essere riusciti a riportare in vita una persona a causa di una improvvisata gestione dell’emergenza. A seguito della quale il giudice, eseguendo anche solo una semplice ricerca su internet, scoprirebbe migliaia di siti web che descrivono le corrette procedure di primo soccorso, meglio conosciute come basic life support (BLS) previste dagli standard internazionali per soccorritori laici ILCOR -International Liaison Committee on Resuscitation.
Il Bagnino del Bagno Maria, famoso personaggio del simpatico comico toscano Panariello, non dovrebbe esistere più da tempo, pensare di eseguire un salvataggio a nuoto a mani nude, equivale ad un suicidio. Oggi ad esempio esistono importanti attrezzature di supporto, dal bay watch al giubbotto gonfiabile, alla moto d’acqua, dalla gestione del trauma spinale in acqua, al defibrillatore semiautomatico, fino alla somministrazione dell’ossigeno, con corsi di alta specializzazione per il loro corretto utilizzo. Se non si è aggiornati, essere in possesso di un brevetto da trent’anni, non significa avere trent’anni di esperienza, ma la stessa esperienza derivata da un anno, ripetuta per trenta. Probabilmente una certificazione di qualità specifica per il servizio di salvataggio in acqua, riconosciuta da precisi standard internazionali, potrebbe aiutare l’utenza balneare ad individuare con facilità le strutture che garantiscono una maggiore professionalità e preparazione in questo settore, che tra mare e impianti natatori, ogni anno vede aumentare considerevolmente il numero dei frequentatori. In questo modo un cliente più attento alla sicurezza personale e dei propri familiari, prima ancora che allo spazio in cabina o del posto del lettino in prima fila, sarà in grado di individuare e selezionare lo stabilimento balneare o la piscina, che offre il miglior servizio di salvataggio. Già la qualità… sì perché come abbiamo potuto verificare non sempre chi è in possesso di un titolo professionale, è aggiornato e in grado di rispondere più efficacemente seguendo nuove linee guida o tecniche più avanzate, e il Bagnino o l’Assistente bagnanti non fanno eccezione. Questo sondaggio anonimo, è stato effettuato esclusivamente per capire se esiste tale necessità, con il solo obiettivo di sensibilizzare chi nel settore a vario titolo si occupa di salvataggio in acqua, avvalorato anche dal fatto che sia la FIN che la SNS possiedono un programma didattico assolutamente completo, di fatto nei loro manuali è riportato tutto quello che è stato richiesto in questa indagine. Quindi amici Bagnini e Assistenti bagnanti, che hanno partecipato al sondaggio o letto questo articolo e non hanno saputo rispondere anche solo ad una delle dieci domande descritte sopra…… specializzatevi e soprattutto aggiornatevi. Per visualizzare i grafici completi dell'indagine: www.bagnini.org Febbraio 2009
Modello di Integrazione per il Network Ospedaliero della Regione Lazio
MINOReL Una dettagliata e aggiornata mappa sull’offerta di salute della Regione Lazio (strutture, personale, servizi, tecnologie) e la prima analisi dell’appropriatezza dei trasferimenti dei pazienti tra le strutture della rete di emergenza-urgenza alla luce del rispetto del sistema gerarchico e dei criteri geografici sono state presentate oggi presso l’Università Cattolica di Roma in occasione del convegno “L’evoluzione delle politiche sanitarie nella Regione Lazio: dal Piano Sanitario Regionale a oggi” promosso dall’Ateneo del Sacro Cuore e dall’Assessorato alla Sanità della Regione Lazio. Si tratta dei primi risultati del Progetto MINOReL (Modello di Integrazione per il Network Ospedaliero della Regione Lazio), iniziato nel 2002 con l’obiettivo principale di sviluppare un metodo valido e replicabile per l’analisi della rete ospedaliera regionale, focalizzando l’attenzione – contemporaneamente – sull’analisi dei cosiddetti nodi della rete (gli stabilimenti ospedalieri del Lazio) e sulle relazioni che intercorrono tra questi nodi (per esempio i trasferimenti di pazienti). Il progetto è finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito dei progetti ex art. 12 ed è in via di conclusione sotto la responsabilità scientifica del prof. Giancarlo Vanini e coinvolge il Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” come unità operativa di coordinamento (coordinatore il prof. Americo Cicchetti, responsabile del laboratorio di Economia sanitaria dell’Istituto di Igiene della Cattolica) e vede la partecipazione dell’Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio (coordinatore dott. Paolo Papini) e del Dipartimento del Ssr dell’Assessorato alla Sanità della Regione Lazio.“La Regione Lazio, come pressoché tutte le Regioni italiane – ha spiegato il prof. Americo Cicchetti - è alle prese con la necessità di ottimizzare la rete dei servizi sanitari e ospedalieri, ma si scontra oltre che con difficoltà oggettive (per esempio la difficoltà di riconvertire i piccoli ospedali) anche con difficoltà meto-
Eo
24
Progetto promosso da Università Cattolica, Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio e Assessorato alla Sanità della Regione Luci e ombre dai primi dati sui trasferimentidei pazienti della rete di emergenza
dologiche nell’analisi dell’efficienza, dell’efficacia e dell’appropriatezza non tanto dei singoli stabilimenti ospedalieri, quanto della rete nel suo complesso fatta di caratteristiche strutturali, tecnologiche e organizzative e di relazioni tra le singole strutture.A questo scopo, il gruppo di lavoro ha messo a punto una metodologia in grado di mappare congiuntamente le caratteristiche strutturali e quelle relazionali in modo da ottenere indicazioni per le politiche regionali di ottimizzazione del funzionamento della rete”.
La mappa del “sistema salute” della Regione Lazio È in avanzata fase di realizzazione la mappatura delle caratteristiche organizzative, tecnologiche e strutturali dei presidi ospedalieri della Regione Lazio. “Al momento – ha detto Cicchetti - sono disponibili i risultati relativi a 96 strutture sulle 121 complessive. Allo stato attuale risultano nei 96 presidi mappati 31.117 unità di personale, di cui 2193 a contratto (7%). I medici sono 7571, di cui 1139 a contratto (15%). Sono attivi grazie a
Attivare un collegamento permanente tra le centrali operative dell'Ares 118 e i pronto soccorso-Dea del Lazio, per consentire agli operatori delle ambulanze di sapere che tempi di attesa ci sono nei vari ospedali e di capire, quindi, dove è meglio trasportare il paziente per fare in modo che venga assistito il prima possibile. Questo l'obiettivo del nuovo sistema satellitare 'Gipse', presentato nella Centrale operativa del 118 dal presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, e dal direttore generale dell'Ares 118, Marinella D'Innocenzo. Si tratta di una integrazione al servizio attuale, grazie al quale gli operatori potranno controllare in tempo reale lo stato di affollamento dei pronto soccorso inteso come numero di pazienti in attesa o in trattamento divisi per codice; inviare un messaggio alla postazione dell'ospedale scelto con informazioni relative all'identità del paziente, alla patologia riscontrata e nel momento in cui il paziente viene preso in carica dal personale sanitario, quest'ultimo invia alla Centrale operativa la segnalazione che l'ambulanza è nuovamente disponibile. Marrazzo ha quindi sottolineato l'importanza del sistema satellitare, spiegando ad esempio come "le informazioni relative a una persona colpita da infarto vengono trasmesse on-line direttamente all'ospedale che accoglierà questo paziente. Ciò significa che il paziente che entra nella struttura ospedaliera è in condizioni di essere operato immediatamente. Questo è un cambiamento che dà un segnale fortissimo di che cosa può essere la tecnologia al servizio dei cittadini". "Con questo sistema- ha aggiunto D'Innocenzo- riduciamo i tempi e miglioriamo l'appropriatezza". Il direttore generale del 118 ha poi snocciolato alcuni dati dello scorso anno: "Sono state 1,4 milioni le chiamate ricevute e oltre 500 mila gli interventi effettuati. Abbiamo coperto 42 grandi eventi e cinque maxi emergenze, ultima delle quali le esondazioni del dicembre scorso".
Marrazzo inaugura il sistema Rete 118-Pronto soccorso
Febbraio 2009
questo personale 118 servizi di diagnostica per immagini attivi h 24. Identico il numero dei servizi di laboratorio aperti ai cittadini h 24. Sono 225 blocchi operatori rilevati (mancano ancora i dati del Policlinico Umberto I che faranno lievitare il numero)”. Le connessioni degli ospedali a internet Interessanti anche i dati sulla disponibilità di “connettività” in rete dei presidi. Il 70% degli stabilimenti hanno una connessione internet permanente. Nel resto dei casi la connessione è solo temporanea o inesistente. “Però, il 91% degli stabilimenti – ha proseguito Cicchetti - dichiara di avere l’accettazione informatizzata, strumento fondamentale per la corretta gestione delle ammissioni, delle dimissioni e dei trasferimenti dei pazienti”. La rete di emergenza: appropriatezza e ‘criticità’ nei trasferimenti dei pazienti tra strutture In contemporanea con questa mappatura, attraverso l’adozione di tecniche di social network analysis, per la prima volte adottate a livello internazionale ai fini dell’analisi organizzativa dei sistemi sanitari, sono state analizzate le relazioni di scambio di pazienti nell’ambito del sistema di emergenza e urgenza della Regione Lazio. “Il fenomeno in termini assoluti è rile-
vante – ha sottolineato Cicchetti -. Ogni giorno circa 40 persone vengono trasferite con ambulanza o elicottero tra unità di emergenza della Regione per un totale che sfiora i 15.000 trasferimenti annui. I rischi stradali, il traffico e la duplicazione di prestazioni sono alcuni tra gli elementi che suggeriscono una attenta analisi dell’appropriatezza di tali trasferimenti”. I dati mettono in evidenza, anche grazie a strumenti di visualizzazione grafica delle reti, che la rete dei trasferimenti tra pronti soccorso (PS), DEA di I e di II livello appare particolarmente densa. Anche i dati confermano che sono prevalentemente i DEA di II livello ad attirare i pazienti trasferiti da DEA di I e pronti soccorso, suggerendo una sostanziale appropriatezza di funzionamento della rete. È comunque un DEA di I livello (quello dell’ospedale Umberto I di Frosinone) ad avere il record di pazienti accettati provenienti da altri nodi della rete dell’emergenza (1208). “I dati, ad ogni modo – ha commentato Cicchetti -, mostrano che non sempre i trasferimenti avvengono secondo le indicazioni previste dal sistema ‘gerarchico’ del servizio 118 (per esempio da PS a DEA di I; da PS a DEA II o da DEA I a DEA II) e spesso anche il criterio ‘geografico’ è violato con pazienti che si muovono al di fuori dei confini delle 6 Aree 118 in cui è suddivisa la Regione”. “L’approfondimento di tale analisi, oggi in corso, oltre a dare la
possibilità di comprendere l’effettiva efficacia della rete dei servizi – ha aggiunto Cicchetti -, promette di fornire interessanti indicazioni per l’ottimizzazione delle Aree 118 al fine di minimizzare i trasferimenti inappropriati dei pazienti anche attraverso il potenziamento di alcuni nodi della rete dell’emergenza”. Gli sviluppi di MINOReL, l’estensione dell’analisi ad altre reti sanitarie “Aldilà dei risultati, ancora parziali ma eloquenti – ha continuato Cicchetti -, il metodo di analisi sembra aver superato una importante prova e può considerarsi oramai testato per essere adottato nell’analisi di altre ‘reti’ sanitarie (per esempio i trasferimenti di pazienti per specifiche patologie di particolare gravità come i trapianti o l’ictus) e per essere esportato in altre regioni. L’analisi delle reti sanitarie attraverso la metodologia Minorel potrebbe divenire effettivamente una best practice che la Regione Lazio è pronta ad esportare in altre Regioni e a livello nazionale”.“Le implicazioni dello studio – ha concluso Cicchetti - sono già alla prova delle decisioni politiche. Le evidenze prodotte possono rappresentare importanti elementi ai fini dell’attività di programmazione sanitaria, che si dovrà sviluppare nei prossimi mesi per l’avvio del Piano Sanitario Regionale 20052007”. .
botta...
...e risposta
14 mila trasferimenti annui di pazienti all'interno della rete di emergenza ospedaliera del Lazio, oltre 7 mila risultano inappropriati con aggravio di costi e rischi connessi al trasporto degli ammalati. La meta' dei trasferimenti tra i diversi presidi regionali di emergenza violano il criterio gerarchico e il criterio geografico. I risultati sono stati presentati nel corso dell'audizione presso la commissione consiliare speciale ''Raccolta di analisi e predisposizione proposte per riforma sistema sanitario'', presieduta da Luigi Celori (An). ''E' ora che anche nel Lazio - ha commentato il presidente Celori - si proceda ad una riforma del sistema sanitario mediante una compiuta riorganizzazione della rete ospedaliera secondo un moderno modello 'hub and spokes', dove strutture altamente specialistiche, gli hub, sono connesse a strutture satelliti meno complesse diffuse sul territorio, gli spokes''.
I dati dello studio 'Minorel' presentati in Commissione Sanita' non rispecchiano la attuale situazione delle reti di emergenza del Lazio. Lo afferma, in una nota, la direzione generale Ares118 che definisce ''singolare che nel 2009 venga discusso uno studio che prende in considerazione dati obsoleti non rispondenti piu' alla realta'. Nel progetto 'Minorel' si legge chiaramente che i dati presi in considerazione sono quelli degli archivi Asp dell'anno 2003''. Secondo Ares-118, ''oggi le rete dell'emergenza e' modulata proprio su quel sistema di 'hub&spoke' che il consigliere Celori tanto auspica per la nostra regione, ma che gia' esiste, come testimonia la delibera di Giunta n.420/2007, intitolata proprio 'Riorganizzazione della rete di emergenza e attivazione delle reti di alta specialita''. Al consigliere Celori ''si ricorda che nel Lazio - aggiunge la nota - esiste un modello di risposta in emergenza differenziato per patologia riconosciuto da tutti come uno dei modelli di risposta piu' evoluti d'Europa. Celori puo' essere rassicurato sul fatto che Ares 118 e' costantemente monitorizzata, sarebbe semmai opportuno porre l'attenzione verso i Pronti Soccorso di quegli ospedali che, pur avendo alle spalle un cospicuo numero di posti letto, continuano a trasferire un gran numero di pazienti''
Febbraio 2009
www.emergencyoggi.it
Eo
25
libri • dal mondo •
A Siena ottimi risultati ottenuti dall’attivazione dell’Area Stroke, dedicata alla cura dell’ictus E’ il più grande reparto della Regione Toscana Alessandro Rossi: “in dieci mesi abbiamo ridotto la mortalità per ictus dal 15% degli anni precedenti al 4,9%” Operativa al policlinico Santa Maria alle Scotte un’area di mergenza neurologica, chiamata Stroke Unit, dedicata alla cura dell’ictus. Si tratta del più grande reparto della Toscana per il trattamento di questa patologia che colpisce ogni anno in Italia 200mila persone. Dopo un periodo di sperimentazione la struttura, attiva all’interno del Dipartimento di Neuroscienze, diretto dal professor Alessandro Rossi, lavora a pieno regime e i primi risultati sono ottimi: a dieci mesi dall’apertura, su 350 pazienti trattati per ictus, la mortalità è scesa dal 15% degli anni precedenti al 4,9%. Cosa è cambiato? “L’Area Stroke – spiega il professor Rossi – è dotata di 18 posti letto interamente dedicati alla cura dell’ictus cerebrale . Di questi, 8 posti letto sono ad alta intensità di cura, dotati cioè di strumenti tecnologici in grado di tenere sotto controllo i parametri vitali del paziente”. Il reparto è inoltre dotato di un sistema innovativo di controllo informatizzato di tutte le procedure cliniche ed assistenziali. “Da un punto di visto organizzativo – prosegue Rossi – abbiamo adottato un modello assistenziale integrato con un team di medici dedicati, per metà neurologi di cui è responsabile la dottoressa Rossana Tassi, e per metà internisti e cardiologi, il cui responsabile è il professor Giuseppe Martini. Il team infermieristico coordinato da Marcella Pistolesi, è stato specificatamente formato, così come il gruppo di fisioterapisti e logopedisti che vi operano”. L’Area Stroke è abilitata dalla Regione Toscana e dal Coordinamento Nazionale all’esecuzione della fibrinolisi sistemica, un trattamento che, se somministrato entro le 3 ore dall’insorgenza dei sintomi di un ictus ischemico, può ridurre o far regredire completamente il danno neurologico. Per velocizzare l’ iter diagnostico e terapeutico è stato attivato uno specifico “percorso ictus” con la collaborazione di 118, Dipartimento di Emergenza e Laboratorio Analisi delle Scotte e l’Azienda Usl7 con gli spedali di Nottola e Campostaggia. “Poiché potenzialmente tutti pazienti che arrivano al Pronto Soccorso delle Scotte entro le tre ore – conclude Rossi possono essere sottoposti a tale trattamento, sarà importante educare la popolazione a riconoscere i primi sintomi dell’ictus”.
Eo
26
news • congressi • tecnologie • libri •
AREU E MEDIASET INSIEME PER CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE SUL 118 L'Azienda Regionale dell'Emergenza Urgenza (Areu), con sede a Lecco, lancia il progetto 'Aiutaci ad aiutarti' per far conoscere tutto quello che si puo' fare durante e dopo la chiamata di soccorso al 118 per consentire agli operatori di offrire un servizio tempestivo ed efficace. Il primo passo e' un filmato di 30 secondi prodotto gratuitamente da Mediaset che ha condiviso la filosofia del progetto e che verrà trasmesso sulle 3 reti del gruppo in quattro fasce orarie e racconta la storia di un bambino che si trova solo in casa con il nonno colpito da malore. Grazie alle indicazioni dell'operatore al telefono, il piccolo riuscira' a fornire le informazioni essenziali per premettere di organizzare al meglio l'intervento di soccorso. Il video sara' inoltre trasmesso nelle settimane successive, grazie alle partnership con Federfarma, SEA e Telesia, sugli schermi posizionati negli aeroporti di Linate e Malpensa, in numerose farmacie della Lombardia e nella Metropolitana Milanese. Conoscere i momenti e i passaggi fondamentali che caratterizzano l'intervento di emergenza e' la base per garantire l'appropriatezza della chiamata. Nel 2008 le Centrali Operative della Lombardia hanno registrato circa il 15% di chiamate improprie, che avrebbero dovuto avere in realta' un altro destinatario o addirittura che si sono rivelate scherzi.
QUASI 12 MILA SCHERZI TELEFONICI NEL 2008 Chiamate mute, false emergenze, contrordini, numero digitato per errore. Nel 2008 i 'centralini bollenti' del 118 lombardo hanno dovuto fare i conti con una quota consistente di chiamate cosiddette "improprie": ben 236.974, il 14,4% circa del totale chiamate (un milione e 646.054). Piu' di una telefonata su 10, dunque, ha fatto perdere tempo prezioso al personale delle centrali operative del 118 regionale. Fra chi poteva evitarsi la chiamata non mancano i burloni: sono infatti quasi 12 mila (11.922 per l'esattezza) gli scherzi telefonici ricevuti dal 118 lombardo l'anno scorso. E c'e' perfino qualcuno che confonde la linea degli Sos sanitari con un 'telefono amico' da chiamare per parlare del piu' e del meno: quasi 5 mila utenti (4.619) volevano solo "chiacchierare un po'". I numeri sono stati diffusi dall'Azienda regionale emergenza urgenza (Areu) della Lombardia, insieme alla guida 'Aiutaci ad aiutarti' che punta a promuovere un ricorso piu' corretto al 118: istruzioni su cosa e come comunicare all'operatore che risponde al telefono, su cosa si puo' chiedere e su come comportarsi in attesa del mezzo di soccorso. Ma ecco i dati. Nel 2008 le centrali operative del 118 regionale hanno contato 51.509 chiamate mute, 25.572 errori di chiamata, 1.736 chiamate false, 11.922 scherzi, 29.334 revoche di una precedente richiesta di soccorso e altre 22.395 chiamate improprie non meglio definite. E ancora: sono state 4.619 le richieste di 'compagnia', 44.152 le chiamate dirottate alla guardia medica, 7.368 quelle dirottate al medico di base e 38.367 effettuate dai mass media. Giornalisti in cerca di notizie. Calcolatrice alla mano, risultano appunto 236.974 telefonate 'inutili', o addirittura inopportune fatte per riderci su. Febbraio 2009
dal mondo
news • congressi • tecnologie • libri • news • congressi
BASILICATA DEGENZE E CRONICITA' EMERGENZE FUTURE La Basilicata ha avviato un percorso di riorganizzazione del sistema sanitario regionale ''improntato all'efficienza e alla razionalizzazione delle risorse'': per il prossimo futuro dovra' riorganizzare le strutture tenendo conto di un costante invecchiamento della popolazione (78 anni la speranza di vita nel 2006, rispetto ai 75 del 1995) e di un livello particolarmente alto di malattie croniche, tra cui l'ipertensione arteriosa. Si tratta di indicazioni e dati contenuti nel rapporto ''Il sistema sanitario della Basilicata nel 2008'', realizzato dalla Ceis e presentato, a Potenza, nel corso di un convegno. In generale, i livelli di mortalita' sono inferiori alla media nazionale. Per quanto riguarda le principali patologie, i valori delle malattie del sistema cardiocircolatorio sono superiori a quelli nazionali; in controtendenza, invece il dato sui tumori (seconda causa di decessi in Basilicata), inferiore a quello medio italiano. La Regione, nei mesi scorsi, ha avviato il processo di riduzione delle Asl e di riorganizzazione del sistema sanitario che, per i ricercatori del Ceis, ''va nella giusta direzione per il contenimento dei costi'', anche se alcuni interventi ''non hanno trovato un'adeguata risposta al ridimensionamento del personale sanitario, che continua a rimanere un'importante voce di costo''. L'assistenza ospedaliera' ''appare efficiente'', e molti capitoli di spesa sono stati contenuti, tra cui quelli per gli acquisti dei farmaci. Si tratta nel complesso di dati da ''tenere in conto - ha spiegato l'assessore regionale alla salute, Antonio Potenza - in particolare per l'assistenza agli anziani e l'istituzione di un Centro per la lungodegenza, che comporterebbe costi minori rispetto alla degenza ospedaliera''. Febbraio 2009
asce 'Emergenza SIDS', un progetto che sarà avviato tra poco in Toscana. Ovvero il Programma che consente alle Strutture di Emergenza Urgenza (118, Pronto Soccorso, Pediatri di base) di assistere in tempi rapidi i genitori il cui figlio è vittima della SIDS (la morte improvvisa del lattante). Un protocollo comune da estendere a tutti i Pronto Soccorso e alle Strutture Pediatriche in Italia per offrire percorsi omogenei per tutti quei bambini vittime della SIDS (Sudden Infant Death Syndrome), la morte improvvisa e inattesa del lattante, e i loro genitori. Su questo importante tema si è incentrata la discussione medico-scientifica tra i maggiori esperti, durante il convegno che si è aperto nell'Aula Magna dell'Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze. Uniformare le procedure in tutti quei casi in cui appare inspiegabile la morte di un lattante è - come spiegano gli organizzatori del congresso - estremamente rilevante sotto due profili: da un lato permette di accompagnare e quindi dare un supporto ai genitori consentendo loro di affrontare meglio possibile questo dramma e facilitando l'esecuzione del riscontro diagnostico, dall'altro favorisce la creazione di percorsi interdisciplinari e integrati fra gli operatori sanitari che si trovano ad affrontare queste situazioni. Per arrivare a un protocollo comune si è costruito un Gruppo di Lavoro Interassociativo formato dalle maggiori Società Pediatriche (SIP, SIN, SIMEUP, SIMP, SIPPS). È la prima importante novità emersa nel convegno promosso al Meyer, sede del Centro di Riferimento Toscano, dal tema 'SIDS: Istituzioni, cultura e comunità. Firenze 19942009' organizzato dalla Regione Toscana (Assessorato Diritto alla Salute). Ospedale Pediatrico Meyer. Università di Firenze e dall'Associazione Semi per la Sids, con il patrocinio della Società Italiana di Pediatria. Società Italiana di Neonatologia. Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza Pediatrica, Società Italiana di Medicina Perinatale e Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale. Un evento che è la migliore sintesi di quindici anni di lavoro, di impegno e di lotta contro questa malattia che colpisce i bambini dal primo mese al primo anno di vita, rappresentando la prima causa di morte tra i lattanti. E proprio nel segno del grande lavoro svolto dal Centro di Riferimento Sids, dall'Associazione Semi per la Sids e dalle Società Pediatriche, in accordo con la Regione, è avvenuta l'anticipazione di 'Emergenza SIDS', un progetto che sarà avviato tra poco (febbraio) in Toscana. Ovvero il Programma che consente alle Strutture di Emergenza Urgenza (118, Pronto Soccorso, Pediatri di base) di assistere in tempi rapidi i genitori il cui figlio è vittima della SIDS. L'importanza del progetto è quello di essere riusciti a costruire una procedura che consenta di informare e soccorrere i genitori, rispettando appieno il dramma che vivono. Grazie a questo Programma i genitori saranno supportati non solo dall'operatore all'Emergenza, ma anche dallo specialista SIDS, dal pediatra e dall'anatomo-patologo. Un altro importante momento del convegno è stata la lettura magistrale di uno dei maggiori esperti di SIDS a livello internazionale: Torleiv Ole. Rognum , anatomo-patologo dell'Università di Oslo. Nel suo intervento ha evidenziato tutti quegli aspetti legali sulla SIDS. Una patologia la cui incidenza è stimata attorno all'1 per mille. Un dato in riduzione del 50% grazie alle Campagne per la Riduzione del Rischio, messe in atto dalla fine degli anni -Novanta.
N
Emergenza Sids
www.emergencyoggi.it
Eo
27
Ospedale Maggiore di Bologna
inaugurato l’ Edificio D opo 5 anni di lavori e un investimento di 94 milioni di eurorealizzata una delle maggiori riqualificazioni ospedaliere in Italia senza interruzione del servizio ai cittadini. E’ stato inaugurata oggi la nuova ala dell’Ospedale Maggiore di Bologna - Edificio D - alla presenza di numerose autorità, tra cui Vasco Errani, Governatore della Regione Emilia Romagna, Giovanni Bissoni, assessore regionale alla Salute, Giuliano Barigazzi, assessore provinciale alla Sanità, Giuseppe Paruolo, vicesindaco di Bologna, Francesco Ripa di Meana, direttore generale dell’Azienda Usl di Bologna alla quale l’Ospedale Maggiore fa capo. I lavori per la costruzione della nuova torre sono durati 5 anni e mezzo con un investimento di 94 milioni di euro, oltre 57 dei quali da fondi regionali e statali. Durante tutto il periodo della sua realizzazione non è mai stata interrotta o limitata l’attività dell’Ospedale Maggiore che ha continuato a erogare servizi sanitari al pieno delle sue potenzialità. La nuova torre dell’Ospedale Maggiore di Bologna, l’Edificio D, conta 16 piani distribuiti su 60 metri di altezza, sormontati da una moderna elisuperficie di oltre 700 metri quadrati per l’atterraggio e il decollo degli elicotteri del 118, sorretti da 7.000 tonnellate di acciaio, quante quelle utilizzate per la costruzione della Tour Eiffel. Con una superficie di 44.000 metri quadrati complessivi, 227 posti letto, 18 sale operatorie in via di ultimazione, si configura come uno dei più importanti interventi di riquali-
D
Eo
28
ficazione ospedaliera in Italia, in linea con una concezione dell’ospedale centrata sui diversi gradi di intensità di cura. “La struttura del nuovo edificio supporta in maniera più efficace il nostro modello organizzativo – dichiara Francesco Ripa di Meana, direttore generale dell’AUSL di Bologna - che ruota intorno ai bisogni dei pazienti, con reparti organizzati secondo criteri di complessità clinico-assistenziale, in maniera da garantire risposte mirate e personalizzate attraverso modelli flessibili di utilizzazione di personale e tecnologie. Oggi consegnamo alla città un ospedale più moderno e tecnologico, con l’emozione e l’orgoglio che derivano dalla consapevolezza che si tratta di un obiettivo colto grazie alla determinazione, al sacrificio e alla dedizione di una intera comunità per il bene comune.” L’Ospedale Maggiore, tra eccellenza clinica e integrazione con il territorio, uno dei primi ospedali italiani nell’area dell’emergenza-urgenza. L’Ospedale Maggiore di Bologna, da sempre l’ospedale dei bolognesi, è sede di alcune aree di eccellenza come il Trauma Center, la Stroke Unit e la Cardiologia, che ne fanno uno dei maggiori ospedali italiani nelle aree dell’emergenza-urgenza per casistica trattata, qualità della assistenza e risultati. Una attività condotta in rete con l’Istituto Ortopedico Rizzoli, l’Ospedale S. Orsola Malpighi, l’Ospedale Bellaria e tutti i presidi ospedalieri dell’area metropolitana. Questa spiccata vocazione al trattamento della emergenzaurgenza non ha impedito al Maggiore di
Tra eccellenza clinica e integrazione con il territorio, uno dei primi ospedali italiani nell’emergenza urgenza
sviluppare, progressivamente, una forte integrazione con le strutture assistenziali del territorio realizzando percorsi di presa in carico del cittadino che vanno dall’intervento del 118 sino al ritorno a casa o all’affidamento alle strutture distrettuali. Un itinerario del quale sono parte strutturale le dimissioni protette, l’assistenza a domicilio, i percorsi riabilitativi, il rapporto stretto con i medici di medicina generale, tutti i servizi di teleassistenza, come è tradizione del modello del Servizio sanitario della Regione Emilia-Romagna. L’ospedale moderno e tecnologico di oggi è il risultato di mille cambiamenti che si sono succeduti negli anni mantenendo costante il legame forte con il territorio, con la sua comunità, con i suoi bisogni. Un radicamento che ha origini antiche: nel 2010 si celebreranno, infatti, i 750 anni della sua fondazione. Il Maggiore, un ospedale in continua evoluzione: previsti più di 37 milioni di nuovi investimenti Il piano di ammodernamento dell’ospedale Maggiore è stato avviato nel 1997 e si è sviluppato senza mai interrompere l’attività assistenziale. Sono previsti, per i prossimi anni, nuovi interventi per un valore complessivo di 37.700.000 euro, che si aggiungono ai 94 milioni già impegnati per la realizzazione dell’Edificio D. Attualmente è in costruzione la nuova Centrale Operativa del 118, il cui completamento è previsto per la fine del 2009. Questo intervento, per il quale sono stati investiti più di 3 milioni di Euro, oltre a dotare il 118 di una centrale operativa alFebbraio 2009
l’avanguardia, permetterà di liberare un’area che sarà destinata successivamente alla costruzione del nuovo edificio di ingresso. Realizzato in convenzione con il Comune di Bologna, la nuova entrata cambierà in maniera significativa fruibilità e funzionalità delle strutture di accoglienza e, più in generale, dell’intero ospedale. Accanto al nuovo ingresso sarà realizzato un parcheggio interrato a 3 livelli per più di 550 posti auto. Grazie ad un sistema di tapis roulant si accederà direttamente al primo piano dell’ospedale, nell’area degli ascensori. In questo modo si realizzerà una netta distinzione tra i percorsi dei visitatori e quelli degli operatori dell’ospedale. Completeranno l’intervento un minimarket, un centro convegni, esercizi commerciali, bar, ristorante e un albergo con 30 stanze per i parenti dei degenti, per un investimento complessivo di oltre 34 milioni di euro. Il nuovo edificio D, 16 piani di comfort e tecnologia L’edificio D dell’Ospedale Maggiore ospita stanze per il ricovero, singole o a due letti, ma progettate per rispettare gli standard per 3 letti, ognuna con un grande bagno dedicato, accessibile alle persone disabili. Le stanze sono dotate dei più moderni standard di comfort alberghiero e dei sistemi più evoluti di comunicazione: ogni letto è infatti dotato di un unico pannello di controllo per la gestione della chiamata, dell’illuminazione, della televisione e del telefono e ogni stanza è predisposta per il collegamento internet. L’infermiere può parlare in viva voce con qualsiasi ospite da qualsiasi punto del reparto.
Il trauma center del Maggiore diretto da Giovanni Gordini, considerato il primo in Italia: 100 mila interventi all´anno, 80 mila dei quali passano dal pronto soccorso. Pronto Soccorso, Medicina d’Urgenza, Chirurgia d’Urgenza e del Trauma, Ortopedia-Traumatologia, Rianimazione-118, Neurochirurgia d’Urgenza e del Trauma, Radiologia, Chirurgie Specialistiche Toracica e Vascolare, Servizio Trasfusionale, Anestesia, Terapia Intensiva. In una gestione efficace di un trauma è indispensabile che tutte queste unità operative siano attive e ben coordinate. Il Trauma Center dell’Ospedale Maggiore ha maturato negli ultimi anni un’esperienza tale da renderlo leader in Italia nella gestione dei casi di trauma. Per questo motivo si svolge a Bologna, ormai da 4 anni, il più importante evento nazionale di approfondimento delle tematiche legate al trauma, rivolto a tutti gli operatori dell’emergenza urgenza d’Italia. Nelle giornate del 13 e 14 febbraio, 400 professionisti da tutto il Paese si sono riuniti a Bologna, per la Quarta Edizione del Convegno “TRAUMA: UPDATE AND ORGANIZATION”, promosso dal Trauma Center dell'Ospedale Maggiore in collaborazione con la rete dei
Febbraio 2009
Il Trauma center dell’Ospedale Maggiore La Regione Emilia Romagna, prima in Italia, a partire dal 2001 ha sviluppato, all’interno della programmazione sanitaria regionale, il concetto di rete anche per il sistema di risposta al traumatizzato, secondo il modello hub & spoke (dove gli hub sono i centri di riferimento e gli spoke i “raggi” periferici connessi al centro). Sono state individuate quindi tre aree, che costituiscono i tre Trauma Center Regionali (Parma, Bologna e Cesena). Il Trauma Center dell’Ospedale Maggiore è nato, tra i primi in Italia, alla fine degli anni ’80 ed è oggi il centro con la maggiore casistica a livello nazionale e il punto di riferimento per la provincia di Bologna. Nel 2008, infatti, la Centrale Operativa 118 ha svolto 97.997 interventi, ai quali sono seguiti 528 ricoveri in Rianimazione - 242 dei quali traumi - 1990 ricoveri in Ortopedia con 1500 traumi e 232 traumi maggiori, 293 ricoveri in Neurochirurgia con 117 traumi, e 58 interventi di chirurgia d’urgenza. La sua attività si svolge attraverso una profonda e reale integrazione tra le diverse specialità presenti: Pronto Soccorso, Medicina d’Urgenza, Chirurgia d’urgenza e del trauma, OrtopediaTraumatologia, Rianimazione-118, Neurochirurgia d’urgenza e del trauma, Radiologia, Chirurgie specialistiche toracica e vascolare, Servizio Trasfusionale, Anestesia, Terapia Intensiva. Dal primo soccorso alla sala operatoria in 40 minuti Grazie a questo modello organizzativo, e al coordinamento di 25 postazioni territoriali, già dall’ambulanza è possibile decidere di portare il traumatizzato al Pronto Soccorso del Maggiore, dove viene immediatamente preso in carico dal Trauma Team, composto da un rianimatore, due infermieri specializzati e un medico di Pronto Soccorso, oltre agli specialisti che di volta in volta sono necessari (ortopedico, traumatologo, chirurgo, neurochirurgo, radiologo). Dopo la stabilizzazione la persona viene trasferita in reparto o in sala operatoria e, in questo caso, i tempi del Trauma Center del Maggiore sono gli stessi dei migliori TC americani: 40 minuti circa. Il percorso assistenziale non si conclude con le dimissioni dall’ospedale ma, laddove necessario, prosegue a casa con diverse forme di assistenza, dalla riabilitazione all’infermiere domiciliare.
Trauma Center dell’Emilia Romagna (Bologna – Cesena – Parma). Ampio il panorama dei temi trattati nelle due giornate di convegno: dalla evoluzione della prima diagnostica nel traumatizzato, che prevede anche l'impiego della Ecografia, alla rilevanza delle nuove tecniche non invasive nel trattamento dei traumi dell'aorta. Verranno confrontati i modelli organizzativi che consentono di usare al meglio risorse così specifiche come le sale operatorie in contesti poco "programmabili" come gli ospedali sedi di trauma ed il ruolo, importante, della componente professionale infermieristica. Infine, partendo dall’esperienza pilota dell’Emilia Romagna, che ha visto il Maggiore in prima linea nella realizzazione del primo Registro Traumi, verranno confrontati i Registri sin qui realizzati in campo nazionale. I relatori, 3 dei quali europei, provengono dalla rete dei Trauma Center regionali, oltre che da quelli di Milano Niguarda e San Camillo di Roma, che da sempre collaborano con quelli emiliano romagnoli.
www.emergencyoggi.it
Eo
29
libri Questo volume nasce dall’esigenza di sviluppare dei protocolli pratico-operativi in tutte le condizioni cliniche ascrivibili all’urgenza o all’emergenza medica. Per meglio rispondere a questi bisogni si è ritenuto indispensabile il coinvolgimento diretto di numerosi Autori specialisti, nei loro settori, nella gestione delle emergenze mediche. Più in particolare, nei singoli capitoli si sono approfondite tutte le variabili cliniche ed eziopatogenetiche necessarie a individuare più facilmente i percorsi che meglio possono guidare le procedure diagnostiche e le opportune modalità di intervento terapeutico. Il volume si rivela quindi un manuale di facile consultazione e di pratica utilità per tutti i medici che quotidianamente sono coinvolti nell’attività di assistenza medica in emergenza.
MEDICINA D’EMERGENZA P. MONDA
1022 pagine Prezzo: € 45,00
PIANI DI ASSISTENZA INFERMIERISTICA Linee guida per un’assistenza personalizzata VII Edizione
Il volume presenta 70 piani di assistenza standardizzati e 8 percorsi clinico-assistenziali (Clinical Pathway) relativi ad altrettanti problemi prioritari di salute. Tutti i piani standardizzati proposti illustrano i collegamenti M.E. DOENGES – M.F. MOORHOUSE – A.C. MURR fra i tre linguaggi infermieristici standard riconosciuti dalla American Nurses Association (ANA), il cosiddetto sistema Edizione italiana a cura di Paola FERRI NNN. Tali linguaggi sono le diagnosi infermieristiche elaboIn collaborazione con M.G. Bernardi, P. Bernardi, rate dalla North American Nursing Diagnosis Association F. Davolio, R. Lombardi, D. Mecugni, O. Riboli, P. Volpi Internaional, i risultati infermieristici (nursing outcomes classification NOC) e gli interventi infermieristici (nursing inter1006 pagine ventions classification NIC) sviluppati dall’Iowa Outcomes Prezzo: € 84,00 Project e dall’Iowa Interventions Project.
EMERGENZA SANITARIA
CORSO ACLS Manuale per studenti
RESPONSABILITÀ PENALE E PREVENZIONE DEL RISCHIO GIURIDICO
American Hearth Association
Santelices G.
140 pagine Prezzo: € 40,00 Edizione 2008
160 pagine Prezzo: € 15.00 Anno di pubblicazione: 2007
La confezione comprende Libro e DVD
Per ordinare i volumi e i prodotti compila e spedisci la cartolina q.tà
Prezzo Unitario
Totale
(scadenza offerte: 31.03.2009)
SPEDIRE VIA FAX AL NUMERO 06 8535.5606 ALLEGANDO IL PAGAMENTO EFFETTUATO TRAMITE: A/B non trasferibile intestato a Key Communication sas A mezzo versamento su c/c postale N° 98991003 Alla consegna con corriere TNT (diritto di contrassegno di € 10,33 da aggiungere all’ordine) Alla consegna con Poste Italiane (diritto di contrassegno di € 1,50 da aggiungere all’ordine) Tramite Carta di Credito anche telefonicamente allo 06/85355798 N° Carta Scadenza n° Sicurezza Firma Nome Cognome Cod. Fiscale Via N. Loc Cap Prov.
Spese di spedizione*
€ 8,00 Tel.
E-mail
Professione
TOTALE ORDINE
ATTENZIONE: TUTTI I CAMPI SONO OBBLIGATORI
La libreria completa sul sito
GARANZIA DI RISERVATEZZA. Il trattamento dei dati personale che La riguardano viene svolto nell’ambito della banca dati elettronica della Key Communication s.a.s. e ai sensi e per gli effetti del D. Lgs. 196/03 concernente la tutela dei dati personali. Solo se Lei non desiderasse ricevere comunicazioni barri la casella.
E’ POSSIBILE ORDINARE TELEFONICAMENTE AL N.
06.8535.579 8
www.emergencyoggi.it Libri e prodotti sul sito www.emergencyoutlet.it
Key Communication - Via Po, 10 - 00198 Roma - Tel. +39 06 85355798
e-mail:
[email protected]
NO ’ TA VI
ECOCARDIOGRAFIA TRANSESOFAGEA IN AREA CRITICA Guarracino F.
L’ecocardiografia transesofagea assume un ruolo sempre maggiore in area critica, poiché consente di acquisire le informazioni anatomiche e funzionali del cuore e dei grossi vasi, necessarie alla comprensione dei complessi quadri clinici, anche nelle situazioni in cui l’approccio transtoracico non è eseguibile o non è soddisfacente.
222 pagine Prezzo: €85,00 Anno pubblicazione: 2008
Lo scopo di questo manuale è quindi quello di fornire tutte le informazioni necessarie ad un corretta applicazione di questa tecnica nella pratica clinica.
Le aritmie cardiache, ipercinetiche e ipocinetiche, rappresentano talvolta una severa emergenza cardiologica, costringendo a procedimenti diagnostici e scelte terapeutiche di estrema urgenza. Questo libro nasce per caso, dopo confronti continui, letture ripetute, rierche approfondite, nasce nel tentativo di rendere semplici argomenti pur complessi, libero da ogni nozionismo esasperato e vicino alla esigente cultura pratica del medico di primo soccorso. I disegni sono personali, alcuni di essi suggeriti, la iconografia e' ricca e raccolta durante anni di fedele servizio, numerose sono le informazioni fisiopatologiche fornite con semplicita' e i suggerimenti sussurrati, tutto frutto di lunga esperienza
ARITMIE CARDIACHE IN EMERGENZA Enrico G. Ruggiero 105 pagine Prezzo: € 27,00 Anno pubblicazione: 2008
ADVANCED MEDICAL LIFE SUPPORT Terza Edizione
AMLS è un testo sui metodi pratici di trattamento delle emergenze nell'adulto. Ideato per fornire la conoscenza pratica e le competenz necessarie per operare in modo efficace e per gestire le emergenze. Ogni capitolo parte dalla descrizione delle procedure di valutazione per arrivare all'analisi delle diagnosi. Dalton-Limmer- Mistovich-Wer- Scritto da Autori inequivocabilmente qualificati, è un libro realizzato per prepaman rare gli studenti al livello avanzato dell'EMS training americano. Il testo è dedicato a studenti in medicina, medici o paramedici che abbiano svolto corsi di livello avanzato ( è indispensabile avere una familiarità con l'ana540 pagine tomia, la fisiologia e la fisiopatologia). Prezzo: € 60,00 L'obbiettivo del manuale è di fornire conoscenze di tipo pragmatico applicabiAnno di pubblicazione: 2008 li alle comuni emergenze mediche.
Il manuale costituisce uno strumento didattico fondamentale per chi si accosta ad un corso di formazione in Supporto Vitale Avanzato per il bambino. Di facile consultazione, permette di giungere alle sessioni pratiche del corso con conoscenze aggiornate sulle lesioni in età pediatrica e, soprattutto, organizzare l'approccio al bambino critico. Contenuti Riconoscimento del bambino compromesso o “a rischio”, Trattamento avanzato delle vie aeree, Shock, Arresto cardiaco, Urgenze aritmiche, Gestione avanzata del politrauma, Alterazione dello stato mentale e coma, Stato di male epilettico, ABC della nascita in emergenza fuori dalla sala parto, Emergenze nel bambino con necessità speciali, Situazioni particolari di emergenza, Stabilizzazione e trasporto, Farmaci dell’emergenza, Analgesia e sedazione nel paziente pediatrico, Aspetti psicologici nelle emergenze pediatriche, Aspetti etici, I piani di emergenza intraospedalieri, Procedure
IL MONITORAGGIO STRUMENTALE IN AREA CRITICA M. GALVAGNI C. PERINI
88 pagine Prezzo: €15,00
PALS PEDIATRIC ADVANCED LIFE SUPPORT Italian Resuscitation Council, Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica
256 pagine Prezzo: € 44,00 Anno pubblicazione: 2008
Snello ed estremamente pratico, questo volume sintetizza lo scenario tecnologico che, a colpo d’occhio, si può osservare ponendosi di fronte a un posto letto di una qualsiasi terapia intensiva generale. Nasce dall’esigenza di avere a disposizione un testo semplice, eppure completo, che descriva i principali sistemi di monitoraggio in area critica e spieghi il funzionamento degli strumenti standard, i dati ottenibili da ogni strumento, i vantaggi e gli svantaggi del presidio e una metodologia per una corretta interpretazione dei dati forniti. L’opera rappresenta una rapida guida pratica sia per l’infermiere che per la prima volta si affaccia all’area critica, sia per chi già vi lavora. Risulta inoltre particolarmente utile anche all’infermiere esperto, spesso impegnato nel ruolo di tutor dei colleghi neoassunti o degli studenti del corso di laurea in Infermieristica, attività che richiede un costante aggiornamento e una rapida capacità di risposta