Emergency Oggi Rivista Mese Di Gennaio 2009

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Anno XV n.1 Gennaio 2009 Editore Key Communication sas Iscrizione Tribunale di Parma n. 32 del 08/08/1995 - Poste Italiane spa - Spedizione abb. postale 45% - DL 353/2003 (conv. in legge 27/02/04 n.46) Art. 1 comma 1 DCB Roma 4,00 euro ISSN 1723-7033 Rivista tecnico scientifica riservata al personale specializzato. Non diffusa al pubblico. In caso di mancato recapito restituire PT Romanina per la restituzione previo add.to.

SICUREZZA STRADALE

Editore Key Communication

LA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO NEL PERCORSO STROKE: OVERLAP SINCOPE-STROKE

Accertamento strumentale della morte in TERAPIA INTENSIVA MEDIANTE EEG

ensile di emergenza sanitaria

Gennaio 2009 ANNO XV n. 1

EMERGENCY OGGI Mensile di Emergenza Sanitaria Direttore responsabile Marina Boldrini [email protected] Editore: Key Communication sas P.za Badalocchio Sisto Rosa, 9\b 43100 Parma Redazione Via Po, 10 - 00198 Roma tel +39 06 8535 5798 - fax +39 06 8535 5606 [email protected] - www.emergencyoggi.it HANNO COLLABORATO:

A. Aguzzi, S. Bonetti, D. Bosco, L. Cimino, E. Clementi, F. De Luca, F. Fabi, F. Landuzzi, M. Poli, A. Santonati, G. Scaffidi, D. Scafi, F. Scoppetta, A. Spada, S. Tamburi Divisione pubblicità PUBBLIKEY [email protected] Via Po, 10 - 00198 Roma tel +39 06 8535 5798 - fax +39 06 8535 5606 Impaginazione Key Communication sas Impianti e stampa PIXART - Marghera (VE) Autorizzazione Tribunale di Parma n. 32 del 08/08/1995 Spedizione in abbonamento postale 45% Roma - Dati e tariffe per l’abbonamento Italia: 11 numeri Euro 42,00 Estero: 11 numeri Euro 84,00 Costo unitario Euro 4,00 Arretrati Euro 5,00 + Euro 3,00 spese postale. L’abbonamento partirà dal primo numero raggiungibile. Norme editoriali: Verranno presi in considerazione solo articoli mai pubblicati in precedenza e la richiesta di pubblicazione implica la rinuncia a pubblicare lo stesso presso altre riviste. La responsabilità di quanto scritto è da attribuirsi agli autori dei singoli articoli. Tutti i diritti riservati. Per ulteriori informazioni: [email protected] La informiamo che i suoi dati sono trattati nel rispetto degli obblighi di legge in materia di Privacy. L’informativa, ai sensi dell’ art. 13 D.Lgs. 196/2003, è consultabile sul nostro sito internet all’indirizzo: www.emergencyoggi.it Periodico associato USPI Unione Stampa Periodica Italiana

LA GESTIONE NELL’EMERGENZA DELLE TACHIARITMIE IN CORSO DI PATOLOGIA TIROIDEA F. Fabi, A. Spada, F. De Luca, G. Scaffidi, A. Santonati, D. Bosco, S. Tamburi

CONSIDERAZIONI IN MERITO ALL’ACCERTAMENTO STRUMENTALE DELLA MORTE IN TERAPIA INTENSIVA MEDIANTE EEG L. Cimino, F. Landuzzi

LA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO NEL PERCORSO STROKE: OVERLAP SINCOPE-STROKE

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S. Bonetti, M. Poli

FORMAZIONE UNIVERSITARIA QUALE APPROCCIO DINAMICO ED EVOLUTIVO DELLE COMPETENZE E DELLE PERFORMANCE INFERMIERISTICHE D. Scafi,A. Aguzzi, F. Scoppetta, E. Clementi

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La gestione nell’emergenza delle TACHIARITMIE in corso di PATOLOGIA TIROIDEA F. Fabi, A. Spada, F. De Luca - UOC I Medicina per l’urgenza – Direttore G. Cerqua G. Scaffidi - UOSD Pronto soccorso cardiologico A. Santonati, D. Bosco - UOSD Endocrinologia S. Tamburi - UOC Cardiologia – Direttore A. Boccanelli A. O. San Giovanni Addolorata - Roma

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ffrontare una patologia cardiaca, principalmente di tipo aritmico, in un paziente affetto contemporaneamente da una problematica tiroidea, o in corso di terapia con l-tiroxina, è spesso causa di dubbio. Mentre molti studi epidemiologici mostrano la palese incidenza di complicanze cardiovascolari nelle malattie tiroidee conclamate, divergenze si evidenziano in numerosi studi clinici per quanto riguarda il grado ed il livello di coinvolgimento cardiovascolare nelle forme di ipo e ipertiroidismo subclinico. Se alcuni studi mostrano infatti correlazioni positive fra ipertiroidismo subclinico e fibrillazione atriale (FA) (1), nonché correlazioni dirette tra ipo e ipertiroidismo subclinico e malattie e mortalità cardiovascolare, altri evidenziano un aumentato rischio di cardiopatia ischemica nell’ipotiroidismo subclinico o conclamato, ma non nelle donne; non consigliano la terapia sostitutiva con l-tiroxina negli ipotiroidei anziani (>85 anni) (2) poiché il conseguente incremento di consumo di ossigeno potrebbe essere dannoso, soprattutto in presenza di cardiopatia ischemica, senza beneficio in termini di mortalità (3). Il cuore rappresenta infatti il principale organo bersaglio dell’azione degli ormoni tiroidei. Questa interazione avviene attraverso il legame con recettori specifici nucleari nei miocardiociti, così come

Eo

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per meccanismi extranucleari transmembrana (in genere su canali transmembrana e pompe ioniche, più rapidi di quelli recettoriali nucleari, mirati a regolare la loro attività basale o i livelli soglia del potenziale d’azione) e azioni indirette sulle resistenze vascolari periferiche. L’azione recettore – mediata rappresenta la via più efficace e determina l’attivazione di una pompa per il calcio localizzata nel reticolo sarcoplasmatico della cellula miocardica (SERCa 2) con la conseguente rapida riduzione della concentrazione del calcio nel citosol a disposizione per la troponina C nei filamenti sottili delle miofibrille: in questo modo si spiega il rapido rilasciamento diastolico indotto dagli ormoni tiroidei. Gli ormoni tiroidei poi up-regolano l’mRNA che codifica per il ryanodine channel, il canale del calcio del reticolo sarcoplasmatico. L’aumentato numero di ryanodine channels risulta nell’aumentato rilascio di calcio T3-indotto dal reticolo sarcoplasmatico durante la sistole e probabilmente determina, in gran parte, l’aumentata attività sistolica del cuore ipertiroideo. Anche l’ATPasi Na/K, localizzata nel sarcolemma, influenza indirettamente la concentrazione del calcio: è anch’essa influenzata dallo stato tiroideo. Esempi tipici di alterazioni indotte dal T3 sulle proteine contrattili cardiache sono rappresentati da un effetto diretto degli ormoni tiroidei nell’espressione ge-

nica degli isoenzimi delle catene pesanti miosiniche e sulla contrattilità miocardica anche degli uomini. Gli ormoni tiroidei hanno anche effetti sul potenziale d’azione delle cellule del tessuto di conduzione cardiaco: aumento della velocità di depolarizzazione sistolica e della velocità di ripolarizzazione diastolica, riduzione della durata del potenziale d’azione (fase della ripolarizzazione) e della durata del periodo refrattario. È stata descritta l’inattivazione dei canali per il sodio, l’attivazione dei canali ITO del potassio che partecipano alla fase di ripolarizzazione precoce, dei canali per il calcio, del canale If con effetto pace-maker sul nodo seno-atriale; anche il canale del calcio ID, isoforma levogira, che ha anche importante funzione pace-maker, è stimolato dal T3. Gli ormoni tiroidei influenzano, infine, l’apparato cardiovascolare attraverso la riduzione di almeno il 50% delle resistenze vascolari periferiche, rilasciando direttamente le cellule muscolari lisce in coltura, e indirettamente attraverso l’attivazione del sistema adrenergico e del peptide natriuretico atriale (4). I sintomi cardiovascolari dell’ipertiroidismo sono rappresentati da tachicardia a riposo, durante il sonno e non correlata all’entità dello sforzo; cardiopalmo da contrazione cardiaca energica; polso ampio e scoccante; dispnea da sforzo dovuta a facile esaurimento della mu-

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scolatura respiratoria; ipertrofia ventricolare sinistra; aumentato rischio aritmico per accorciamento del QT (fibrillazione atriale soprattutto); cardiopatia ischemica dovuta all’incrementato consumo di ossigeno correlato all’effetto diretto del T3 sulle fibrocellule miocardiche ed alle aumentate richieste periferiche di ossigeno; ipertensione polmonare probabilmente causata dall’aumentata gittata cardiaca senza un contemporaneo declino delle resistenze vascolari polmonari. La fibrillazione atriale è l’aritmia più comune che si riscontra nel 2-8% degli ipertiroidei, soprattutto nelle fasce di età fino ai 15 anni e dopo i 60, nel sesso maschile, in pazienti già affetti da cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, valvulopatie (5). Le tachiaritmie rappresentano, alla luce di quanto esposto, il quadro clinico cardiologico più strettamente correlato con l’ipertiroidismo; tra tutte, la fibrillazione atriale (FA) è certamente la più importante. La FA ha una prevalenza dello 0.5 – 1% nella popolazione generale (6), presente soprattutto nella fascia d’età > 80 anni (8.8%) (7). Può essere primitiva, non associata ad altra cardiopatia organica o condizione clinica correlata (FA lone), ovvero secondaria, quando associata a cardiopatia ischemica, ipertensiva, valvolare, dilatativa, ipertrofica, e ad altre patologie tra cui la tireotossicosi. In corso di ipertiroidismo la prevalenza di FA è pari al 21% (8). La FA aumenta la mortalità cardiovascolare di 1.5 volte negli uomini, di 1.9 volte nelle donne (9), è causa di tromboembolismo nel 4.5% dei casi (rispetto allo 0.2-1-4% della popolazione generale) (10), è fattore di rischio indipendente per eventi cerebrovascolari acuti. Per questi motivi è indicata una terapia antiaggregante o anticoagulante (11):

In corso di ipertiroidismo il rischio tromboembolico della FA è aumentato, pari addirittura al 40% secondo gli studi più recenti. L’ipertiroidismo, sia sub-clinico che manifesto, si conferma un fattore di rischio per lo sviluppo di FA nella popolazione anziana (12); così come ci sono studi che hanno evidenziato relazioni inverse tra i bassi livelli di TSH e la sopravvivenza da malattie cardiovascolari e la mortalità cardiovascolare o il miglioramento della tolleranza dei sintomi e dello spessore del setto interventricolare dopo ottimizzazione della terapia con L-T4 soppressiva (13). La terapia consigliata della FA in corso di ipertiroidismo consiste quindi prima di tutto nel ripristino dell’eutiroidismo, poi nel controllo della frequenza ventricolare con beta bloccanti, propafenone, Ca antagonisti: è controindicato l’uso dell’amiodarone. È indicata la terapia anticoagulante per la prevenzione dell’ictus ischemico, in assenza di elevati rischi di patologia emorragica. La cardioversione può essere spontanea, e in questi casi la terapia va proseguita per 1-3 mesi dal ripristino dell’eutiroidismo; elettrica in caso di persistenza della FA dopo 3 mesi di eutiroidismo; immediata con l’uso di antiaritmici + anticoagulanti. Per quanto riguarda invece la profilassi delle recidive di FA, gli studi indicano la superiorità dell’amiodarone, un antiaritmico della classe III (bloccante i canali del potassio con conseguente prolungamento della fase di ripolarizzazione e del periodo refrattario del potenziale d’azione) su tutti gli altri antiaritmici, sia nella totalità dei pazienti, sia, soprattutto, nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica, sia rispetto agli altri antiaritmici, sia rispetto all’impianto di defibrillatore elettrico (14). Riportiamo ora l’esperienza del DEA di II

Categoria di rischio

Terapia raccomandata

Nessun fattore di rischio Un fattore di rischio moderato Qualsiasi fattore di rischio elevato o più di un fattore di rischio moderato

ASA 81-325 mg/die ASA 81-325 mg/die o Warfarin (INR target 2.0 – 3.0)

Fattori di rischio non validati o bassi Sesso femminile Età 65 – 74 anni Malattia coronarica Tireotossicosi

Fattori di rischio moderati Età > 75 anni Ipertensione Scompenso cardiaco Frazione d’eiezione < 35% Diabete mellito

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Warfarin (INR target 2.0 – 3.0)

Fattori di rischio elevati Pregresso TIA, stroke, embolia Stenosi mitralica Protesi valvolare cardiaca

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livello dell’ A.O. San Giovanni Addolorata riguardo alla gestione delle tachiaritmie. Le FA ed i flutter atriali nell’anno 2007 sono stati 644, pari allo 0,9% degli accessi totali di pronto soccorso (PS) (rispetto allo 1,5% dello studio Fire (18), con 307 casi parossistici (47.6%). Le TPSV sono state invece 90, pari allo 0,12% degli accessi totali di PS. Ben 397 accessi di PS nel 2007 sono stati motivati da generiche sensazioni di “cardiopalmo” o di “palpitazioni”. In 25 casi inoltre la diagnosi di dimissione è stata quella di extrasistolia: è plausibile che una parte di questi disturbi fossero aritmie parossistiche, non documentabili al momento dell’esecuzione dell’ECG. Dei pazienti giunti in PS il 56.8% è stato ricoverato (2.2% dei ricoveri totali da PS, rispetto al 3.3% dello studio Fire), il 43.2% è stato rinviato a domicilio. 70 pazienti sono stati gestiti in PS utilizzando l’osservazione temporanea: di questi il 77% è stato successivamente dimesso, con un evidente vantaggio gestionale: l’impiego dell’O.B.I. (Osservazione Breve Intensiva) potrà certamente incrementare tali vantaggi. Riguardo allo studio della funzionalità tiroidea, sono stati eseguiti 264 dosaggi di FT4 (41%) e 301 di TSH (46.7% contro il 34.3 dello studio Fire): 8 pazienti sono risultati affetti da ipertiroidismo (1.2% del totale), di questi 5 sono stati dimessi e rimandati all’ambulatorio di endocrinologia, 3 ricoverati; solo 2 pazienti ipertiroidei sono giunti in PS per cause extracardiache. In 3 degli 8 casi di ipertiroidismo gli episodi di aritmia erano recidivanti (fino a 5 episodi in 3 anni) e non si erano giovati della profilassi antiaritmica (beta bloccanti, propafenone). A proposito del dosaggio degli ormoni tiroidei in PS, i dati della letteratura internazionale confermano che il TSH rappresenta l’esame di prima scelta per individuare le patologie tiroidee, quindi un algoritmo che preveda l’esecuzione degli ormoni tiroidei e degli anticorpi anti –TPO “a cascata” (15 – 16), nei casi in cui il TSH superi i limiti di riferimento inferiore e superiore, rappresenta il modo più appropriato per valutare la funzionalità tiroidea (TSH reflex):

<0,35 FT4 FT3

TSH (mUI/L) 0,35 – 4,3 STOP

>4,3 FT4 - TPO

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5

Sono state eseguite 91 defibrillazioni elettriche, pari al 14% del totale di FA/flutter atriali ed al 29.6% dei ritmi parossistici. La cardioversione farmacologica, esclusivamente indicata nei casi di parossismi, segue criteri ben codificati: • Tachicardia atriale: in caso di stabilità emodinamica si può utilizzare adenosina, verapamil, diltiazem, propafenone/flecainide 2 mg/Kg in 10’, amiodarone 5 mg/Kg in 10’, sotalolo 1.5 mg/Kg in 10’ (grading IIa C) • FA/Flutter atriale: propafenone 2 mg/Kg in 10’, poi infusione 0.007 mg/Kg/min per max 2 ore; flecainide 1-2 mg/Kg in 10’ poi infusione 1.5 mg/Kg in 1h, poi 0.10-0.25 mg/Kg; amiodarone in caso di cardiopatia pre-esistente 5 mg/Kg in 10’ + 9001200 mg/24 ore • Tachicardia parossistica sopraventricolare da rientro nodale: adenosina 6-12 mg in 2’’ seguita da lavaggio con 20 ml di soluzione fisiologica; verapamil 5 mg in 5’ La terapia farmacologica consigliata per mantenere il ritmo sinusale in pazienti con FA parossistiche ricorrenti o FA persistente va modulata in base allo stato cardiologico coesistente (Vedi tabella. In condizioni di ipertiroidismo coesistente la cardioversione farmacologica è inadatta per l’elevata frequenza di recidive, anche immediate, per cui viene preferito l’uso di beta bloccanti per il controllo della frequenza cardiaca, se non controindicati. In questi casi può essere raccomandato l’uso di Ca antagonisti non diidropiridinici, in aggiunta alla terapia anticoagulante. Il problema terapeutico si pone in condizioni cliniche, frequenti negli anziani

No (o minimo) scompenso

Ipertensione

Coronaropatia

Scompenso cardiaco

Flecainide Propafenone Sotalolo

Ipertrofia ventricolare sinistra

Sotalolo

Amiodarone

Amiodarone

No

Ablazione da catetere

Si Amiodarone

Flecainide Propafenone Sotalolo Amiodarone

BIBLIOGRAFIA 1.JAMA 2006; 295(9): 1033 – 1041 2.J Clin End Metab 2004; 89(7): 3365 – 3370 3..Thyroid 2007; 17(11): 1067 – 1073 4.End Rew 2005; 26(5): 704 – 728 5.Klein I. Circulation 2007

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che sono anche i pazienti in cui più comune è il riscontro di FA/flutter atriali parossistici, in cui è presente cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, bronchite asmatica, sindrome bradi-tachi, ipotiroidismo da amiodarone, crolli vertebrali da amiodarone: in queste condizioni è, per vari motivi, controindicata la terapia con amiodarone, flecainide, beta bloccanti, verapamil. La via d’uscita è l’ablazione del nodo atrio – ventricolare, l’impianto di pace-maker DDD, la terapia con flecainide. Durante i periodi di ritmo sinusale il pace maker è attivo con modalità atrio-guidata, se interviene un periodo di eccessiva bradicardia sinusale il pace-maker interviene con modalità bicamerale, durante FA il pace-maker interviene con modalità VVI. Nel prossimo futuro la terapia di scelta delle tachiaritmie in corso di ipertiroidismi potrebbe essere rappresentata dal dronedarone, un derivato benzofuranico che non contiene iodio e che mantiene le capacità anti-aritmiche dell’amiodarone, senza essere gravato degli effetti sul metabolismo tiroideo (17). La gestione terapeutica dell’ipertiroidismo in presenza di segni di cardiopatia deve essere specifica e peculiare rispetto a quella del paziente non cardiopatico ed è perciò indispensabile che sia condivisa e concordata tra i vari specialisti. La nostra esperienza dimostra la funzionalità ed efficacia di un percorso diagnostico e terapeutico che guida il paziente tra il DEA, il Pronto Soccorso Cardiologico, gli ambulatori di endocrinologia e di aritmologia, il DH cardiologico e attraverso le diverse competenze plurispecialistiche permette una corretta gestione della patologia endocrino - aritmica.

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Ablazione da catetere

Ablazione da catetere

Amiodarone

Ablazione da catetere

6.Cugh SS. JACC 2001; 37: 371 – 378 7.Wolf PA. Stroke 1991; 983 – 988 8.Capucci A. La fibrillazione atriale. Ed Mc Graw Hill 1996 9.Benjamin EJ. Circulation 1998; 98: 946 – 952 10.The SPAF Investigators. AIM

Ablazione da catetere

1992; 116: 1 – 5 11.AFib Guidelines Slide-set 2006 Eur Soc Card 12.Auer. Am Hearth J 2001; 142: 838 13.Sawin CT. NEJM 1994; 331: 1249 – 1252 14.Tamariz L. J Am Coll Cardiol 2003: 536 A

15.Beckett GJ. Clin Endocrinol 2003; 56: 20 – 21 16.Wardle. Lancet 2001; 357: 1013 – 1014 17.Bramah N. NEJM 2007; 357(6): 987 – 999 18.Santini M. Et al. Ital Hearth J 2004; 5(3): 205 - 213

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Trauma Pak

Sacca di trasporto per kit immobilizzazione

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WIV - Spremisacca Viene utilizzato con le sacche per plasma o per soluzioni infusionali e consente di controllare rigorosamente la pressione con un manometro graduato in millimetri di mercurio. La sacca viene compressa con una pressione determinata dall’utilizzatore, che potrà comunque variarla agendo sulla peretta o sulla valvola di sfiato. Lo spremisacca WIV è stato studiato per poter essere impiegato durante il trasporto dei pazienti, ma trova un utilizzo ottimale anche in ospedali, cliniche e ambulatori medici. Un’asola posta nella € 59,00 parte superiore permette di appendere Iva inclusa lo spremisacca. Un moschettone di policarbonato consente di appendere la sacca evitando di dover fare nodi. Lo spremisacca WIV è ricavato dalla saldatura ad alta frequenza di due lamine di poliuretano. Questo sistema evita l’usura della tradizionale sacca di gomma, che deve essere ripetutamente sostituita. Può essere utilizzato insieme alla custodia Warmpak, inserendolo al suo interno. Può contenere sacche da 500 e 1000 cc.

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Considerazioni in merito all’accertamento strumentale della morte in terapia intensiva mediante EEG Cimino Luca, Landuzzi Fabrizio Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Sezione di Medicina Legale, Università di Bologna

Ciascuno di noi - volente o nolente - interagisce con gli altri componenti della società e contrae con essi legami di intensità e durata variabili, così di fatto costituendo i punti nodali della complessa struttura tridimensionale, idealmente rappresentativa della realtà sociale. Ne consegue che le quotidianità di tutti noi si interfacciano tra loro in maniera talora alquanto serrata, tanto che la vita di ciascuno non può non condizionare - negativamente o positivamente - le condotte altrui. Ed è proprio per la rilevanza delle potenziali interferenze che l’agire del singolo può esplicare nell’equilibrio globale della società, che ogni nuova persona che ne entra a far parte viene incasellata, codificata, etichettata, registrata, individuata ed identificata, per consentire alla società stessa un continuo monitoraggio dei suoi componenti in relazione agli aspetti educativi, contributivi, previdenziali ed assistenziali. Così come risulta ineludibile nella economia gestionale della società la “presa in carico” di ciascun nuovo elemento, altrettanto peso deve essere ed è dato alla dismissione del medesimo, in quanto la morte di una persona determina un insieme di conseguenze giuridiche tutt’altro che irrilevanti, quali - tra l’altro - la cessazione del diritto di avere/del dovere di dare assistenza, la modifica dello stato civile del coniuge superstite, l’apertura di successioni con trapasso delle proprietà e diritto di reversibilità di rendite o di pensioni, la estinzione del reato prima del giudizio e la legittimazione al prelievo di suoi organi o tessuti a fine di trapianto terapeutico. Considerazioni L’importanza di un adeguato accertamento della realtà della morte indusse già in un remoto passato il legislatore -forse influenzato talora anche dall’atavica paura di un seppellimento troppo precoce (tafofobia)- alla promulgazione di indicazioni specifiche, alcune peraltro rintracciabili sia nel Codice Napoleonico che tra quelle tuttora in vigore. L’attuale normativa è proiettata ad ottenere una certezza diagnostica della morte, su cui adeguatamente fondare la successiva cancellazione di una persona dal novero dei viventi con tutte le conseguenze giuridiche derivanti, e affonda le sue radici nei vigenti Regolamenti di Polizia mortuaria1 e di Stato civile2 che al proposito prevedono una serie di adempimenti in cascata, successivi alla constatazione del decesso. Sia essa avvenuta al domicilio o in ospedale, entro ventiquattro ore dalla morte di un individuo, pur con differenti modalità e da soggetti diversi, deve esserne notificato l’avGennaio 2009

venuto decesso all’Ufficiale di stato civile territorialmente competente che - prima di rilasciare l’autorizzazione al seppellimento - richiede l’intervento del medico necroscopo per l’accertamento della realtà della morte, così ufficialmente determinando l’uscita definitiva dal contesto sociale della persona oggetto della visita di quest’ultimo. Spetta poi ai medici curanti denunciare la causa di morte delle persone da loro assistite, riferendo la malattia che -a loro giudizio- l’avrebbe determinata. Solo allora viene autorizzato il seppellimento del cadavere, trascorso il previsto periodo di osservazione, durante il quale non deve essere attuata alcuna manovra potenzialmente impeditiva manifestazioni di vita. Indubbiamente, tali normative possono apparire anacronistiche e non conformi alle attuali conoscenze tecnico-scientifiche, inducendo qualche perplessità il loro fondare l’accertamento della realtà della morte sul rilievo di segni abiotici consecutivi e quindi su di una valutazione alquanto a posteriori, poiché dette manifestazioni tanatologiche richiedono numerose ore per rendersi evidenziabili, tanto che la visita necroscopica non può avvenire prima della quindicesima ora dal decesso. Tuttavia, tali procedure accertative sono proiettate verso una loro sempre più scarsa attuazione, sostituite da una progressiva applicazione generalizzata dell’accertamento strumentale. Indicazioni organiche in tema di accertamento strumentale della morte che prescindano dalla successiva destinazione del cadavere -e quindi in ogni caso sempre applicabili- sono riportate (per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico) nella legge 578/933. Le precedenti normative in materia -infatti- erano più o meno strettamente collegate alle procedure preliminari al prelievo di organi e di parti di cadavere a fini di trapianto terapeutico, mentre la citata legge definisce la morte come la “cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo”4 in qualsiasi caso, dal traumatizzato cranico nel reparto di rianimazione all’ultranovantenne cachettico a domicilio, e a prescindere dall’eventuale successivo espianto di organi. Pertanto, non essendoci diverse tipologie di morte, è forse meno fuorviante applicare le aggettivazioni “cardiaca” e “cerebrale” non alla morte stessa ma alle differenti tipologie di accertamento che -fin dalla prima regolamentazione di tali procedure prevista dalla Legge 578/93 (DM 582/945)sono individuate in rapporto ai differenti quadri clinici evidenziabili nel caso specifico, quantificandosi in 20 minuti primi la durata di un arresto cardiaco (rilevato graficamente ed in maniera continuativa mediante elettrocardiografo) tale da determinare la perdita irreversibile di tutte le funzioni

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dell’encefalo6 e prevedendosi un più articolato percorso accertativo in caso di “soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a misure rianimatorie”7, ove è richiesta la segnalazione alla Direzione sanitaria da parte del “Medico della struttura” dell’eventuale stato di incoscienza, di assenza di riflessi del tronco e di respiro spontaneo, nonché di silenzio elettrico cerebrale. Avvisata di ciò, la Direzione sanitaria convoca prontamente il Collegio medico (composto da un medico legale, un medico anestesista-rianimatore e da un medico neurofisiopatologo)8 che attua una serie di verifiche esplicitamente e puntualmente riportate in allegato al previsto regolamento applicativo, del quale nella Legge 578/93 erano pure presi in considerazione eventuali successivi aggiornamenti9. Riguardo al regolamento applicativo, inizialmente adottato con DM 582/94, nel corrente anno ne è stato approvato il primo aggiornamento con DM 11 aprile 200810 che ha fatto contestualmente cessare l’efficacia del previgente. Tra le modifiche apportate nell’ambito dell’accertamento strumentale della morte, si evidenzia ora la possibilità di registrare sia l’ecg che l’eeg non solo su supporto cartaceo, ma anche su supporto digitale, con gli indubbi vantaggi correlati, una volta affinata la relativa metodica. Vengono poi più attentamente definiti i “requisiti clinico strumentali per l’accertamento” (prima indicati come “condizioni che inducono all’accertamento”), non parlandosi più ad esempio di “stato di incoscienza” ma di “assenza dello stato di vigilanza e di coscienza”, non più di “silenzio elettrico cerebrale” ma di “assenza di attività elettrica cerebrale”. Il regolamento del 1994 prevedeva tre rilevamenti della simultaneità dei requisiti in esso previsti, mentre quello attuale ne richiede solo due: all’inizio ed alla fine del periodo di osservazione che ora è sempre non inferiore alle sei ore, quindi non più differenziato in base all’età (6 ore per soggetti di età superiore ai 5 anni, 12 ore per età da 1 a 5 anni; 24 ore per età inferiore ad un anno). Riguardo al soggetto cui attribuire l’esecuzione delle indagini elettroencefalografiche, il DM 582/94 lo individuava nel tecnico di neurofisiopatologia (TNFP), prendendo però in considerazione la possibilità -in caso di sua mancanza11 ed in ogni caso in “via transitoria e ad esaurimento”12- di affidare tali indagini ad infermieri adeguatamente formati. Pertanto, già nel 1994 il TNFP era già espressamente individuato come la figura professionale nel cui ambito di competenza far rientrare l’esecuzione delle indagini elettroencefalografiche, prevedendo al proposito solo specifiche eccezioni in situazioni/condizioni del tutto particolari. Negli anni successivi -tuttavia- si ebbe però una inopportuna sovrapposizione di competenze riguardo alla titolarità dell’attuazione delle indagini elettroencefalografiche, tanto storicamente ricomprensibile nell’ambito operativo proprio dell’infermiere (non solo per i generici riferimenti ad essa nel mansionario del 194013, ma anche e soprattutto per la sua esplicita attribuzione riportata in quello del 197414, poi abrogato del 199915) da essere ritenuta nel 2002 del tutto legittima -da parte dell’organo rappresentativo nazionale dei Collegi IPASVI- la sua collocazione nel contesto nel nomenclatore tariffario delle prestazioni di assistenza infermieristica16. L’evidente contrasto di attribuzioni venne stigmatizzata da autorità accademiche nazionali17 e non mancò di provocare anche l’intervento del Ministero della salute18, seguito poi dalla circolare 10/2004 del Comitato Centrale della Federazione dei Collegi IPASVI19, concludendosi infine in maniera ottimale con un “concordato” che forse ha rappresentato il primo esempio di accordo inter-professionale avente come oggetto il rispetto dei rispettivi ambiti di competenza20 e nel quale si affermava -sulla scorta anche di un antecedente parere del Consiglio Superiore di Sanità21- che “possono continuare ad eseguire esami EEG, in via transitoria, sotto supervisione medica e ad esaurimento, solo gli Infermieri che alla data del 15 marzo 1995, abbiano svolto tale attività per almeno tre anni, in via continuativa a tempo pieno e in strutture specifiche, previo parere favorevole del dirigente della struttura”. Alla luce di tale concertazione, le indagini elettroencefalografiche correlate all’accertamento strumentale della morte continuarono quindi ad essere eseguite sia da infermieri che da TNFP, con l’obiettivo di superare la transitorietà della situazione. Ora, a distanza di quattordici anni dall’approvazione del primo regolamento applicativo della legge 578/93, nell’aggiornamento procedurale approvato con DM 11 aprile 2008 non sono più previste le previgenti eccezioni, venendo quindi individuato esclusivamente il TNFP come il soggetto cui affidare l’effettuazione delle indagini elettroencefalografiche, come correttamente riconosciuto anche dalla stessa presidenza della Federazione IPASVI in data 2 luglio 2008, in una circolare inviata ai servizi infermieristici aziendali e ai collegi provinciali22. Peraltro, tale indicazione risulta perfettamente conforme alle disposizioni della legge

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1 Decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990 n 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria). (GU 12 ottobre 1990, n 239. SO). 2 Decreto del Presidente della Repubblica 3 Novembre 2000, n 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127). (GU 30 dicembre 2000, n 303, so n 223/L). 3 Legge 29 dicembre 1993, n 578 (Norme per l’accertamento e la certificazione di morte) (GU 8 gennaio 1994, n 5). 4 L 578/93. Art 1 (Definizione di morte): “1. La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo.”. 5 Decreto Ministeriale 22 agosto 1994, n 582 (Regolamento recante le modalità per l’accertamento e la certificazione di morte) (GU 19 ottobre 1994, n 245) 6 L 578/93. Art 2 (Accertamento di morte): “1. La morte per arresto cardiaco si intende avvenuta quando la respirazione e la circolazione sono cessate per un intervallo di tempo tale da comportare la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo e può essere accertata con le modalità definite con decreto emanato dal Ministro della sanità. (...).”. 7 L 578/93. Art 2: “(...). 2. La morte nei soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a misure rianimatorie si intende avvenuta quando si verifica la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo ed è accertata con le modalità clinico-strumentali definite con decreto emanato dal Ministro della sanità. (...).”. 8 L 578/93. Art 2: “(...). 5. L’accertamento della morte dei soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a misure rianimatorie è effettuato da un collegio medico nominato dalla direzione sanitaria, composto da un medico legale o, in mancanza, da un medico di direzione sanitaria o da un anatomopatologo, da un medico specialista in anestesia e rianimazione e da un medico neurofisiopatologo o, in mancanza, da un neurologo o da un neurochirurgo esperti in elettroencefalografia. I componenti del collegio medico sono dipendenti di strutture sanitarie pubbliche. (...).”. 9 L 578/93. Art 2: “(...). 3. Il decreto del Ministro della sanità di cui ai commi 1 e 2 è emanato entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere obbligatorio e vincolante del Consiglio superiore di sanità, che deve esprimersi dopo aver sentito le società medico-scientifiche competenti nella materia. I successivi eventuali aggiornamenti e modifiche del citato decreto sono disposti con la medesima procedura. (...).“. 10 Decreto Ministeriale 11 aprile 2008 (Aggiornamento del decreto 22 agosto 1994, n. 582 relativo al: “Regolamento recante le modalita’ per l’accertamento e la certificazione di morte”) (GU 12 giugno 2008, n 136).

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42/9923 (promulgata successivamente al precedente regolamento), in base alle quali il campo proprio di attività e di responsabilità del TNFP è determinato dai contenuti del suo percorso formativo, del suo Codice Deontologico e del suo profilo professionale adottato con DM 183/9524 e quindi anch’esso successivo al previgente regolamento. In tale profilo, il TNFP viene collocato nell’ambito della diagnosi delle patologie neurologiche e gli si affida la diretta applicazione di specifiche metodiche diagnostiche, tra cui si esplicita l’elettroencefalografia che -quindi- risulta del tutto ragionevole qualificare come suo atto tipico. Alla luce di reiterate sentenze della Suprema Corte25 nelle quali il compimento di anche un solo atto tipico di una professione da parte di soggetto non abilitato configura un esercizio abusivo della stessa26, appare quindi possibile affermare la configurabilità del delitto citato qualora indagini elettroencefalografiche vengano effettuate da soggetti non abilitati alla specifica professione di TNFP, con tutte le prevedibili conseguenze non solo penali, ma pure civili, in caso di eventuali danni al paziente correlabili ad inadeguata esecuzione delle indagini in argomento. Pertanto, appare non ulteriormente procrastinabile una riorganizzazione in tempi brevi dei servizi di elettroencefalografia ancora non conformi alle cennate disposizioni di legge, innanzi tutto per fornire un prodotto adeguato all’utente aziendale, con conseguente maggior tutela della sua salute, e -secondariamenteper evitare di utilizzare già scarse risorse economiche in risarcimenti altrimenti evitabili. Inoltre, riguardo allo specifico ambito dell’accertamento strumentale della morte, alla luce della eccezionale rilevanza sociosanitaria delle potenzialità terapeutiche delle attività di trapianto di organi e tessuti e della impellente necessità di loro tutela nei confronti di incombenti critiche detrattorie, si ritiene a maggior ragione che non ci si possa in ogni caso esimere da una puntuale e puntigliosa osservanza di quanto previsto dalla legge 578/93 e dal suo regolamento attuativo, poiché la legge 91/9927 si fonda proprio su di una attenta applicazione di tali normative, facendo ad esse esplicito riferimento per ben 12 volte in 28 articoli, apparendo quindi ovvio pure un assoluto rispetto di quanto in tali normative viene precisato riguardo al professionista cui affidare l’esecuzione dell’EEG: il TNFP. Pertanto, alcuni governi regionali (ad es. Lombardia28, Puglia29 e Piemonte30) si sono prontamente attivati, sollecitando i vertici aziendali a verificare l’esistenza di situazioni non conformi e -se del caso- a provGennaio 2009

11 “Mancanza” che appare qui ragionevole intendere non riferita all’organico aziendale, ma al mercato del lavoro, alla luce dell’allora non ancora pienamente approntata l’organizzazione formativa per tale figura professionale. 12 L’uso di una congiunzione con valore coordinativo e aggiuntivo sottolineava la ferma volontà del legislatore di sanare nel più breve tempo possibile eventuali situazioni operative nelle quali la specifica formazione di colui che esegue le indagini elettroencefalografiche non risultava adeguata alla delicatezza dell’incarico. 13 Regio Decreto 2 maggio 1940, n.1310 (Determinazione delle mansioni delle infermiere professionali e degli infermieri generici) (G.U. 25 settembre 1940, n. 225). Art. 3: “Dietro ordinazione del medico, l’infermiera professionale può eseguire le seguenti manovre o interventi: (…); f) applicazioni elettriche più semplici; (…).”. 14 Decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1974, n. 225 (Modifiche al regio decreto 2 maggio 1940, n.1310, sulle mansioni degli infermieri professionali e infermieri generici) (G.U. 18 giugno 1974, n. 157). Art. 2: “Le attribuzioni assistenziali dirette ed indirette degli infermieri professionali sono le seguenti: (…) 12) somministrazione dei medicinali prescritti ed esecuzione dei seguenti trattamenti diagnostici e curativi ordinati dal medico: (…) g) applicazioni elettriche più semplici, esecuzione di E.C.G., E.E.G. e similari; (…).”. 15 L. 42/99. Art. 1: “(…). 2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati il regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1974, n. 225, ad eccezione delle disposizioni previste dal titolo V, (…).”. 16 Nomenclatore tariffario 2002: prestazioni di assistenza infermieristica (deliberato dal Comitato centrale con atto n. 108/01 del 9 novembre 2001; approvato dal Consiglio nazionale della Federazione dei Collegi I.P.A.S.V.I. il 3 marzo 2002). Parte prima. A. Prestazioni singole di tipo tecnico. 01 Prestazioni comuni a tutte le attività assistenziali. 010 T Registrazione di un EEG (min euro 16,70; max euro 25,05). 17 Conferenza permanente Presidi delle Facolta’ di Medicina. Riunione 23 Gennaio 2003. 18 Ministero della Salute. Dipartimento per l’Ordinamento Sanitario, la Ricerca e l’Organizzazione del Ministero. Direzione Generale delle Risorse Umane e delle Professioni Sanitarie. Comunicazione 22 maggio 2003 (Oggetto: Nomenclatore tariffario 2002 – Prestazione n. 010T) (Ufficio V - DPS 03 / DIRP/V/ 461 / 4581). 19 In tale circolare si informavano i singoli Collegi provinciali che “il Comitato Centrale, riunitosi in data 4 e 5 giugno c.a., ha deliberato l’eliminazione dal Nomenclatore Tariffario, approvato dal Consiglio Nazionale in data 3 marzo 2002, della prestazione n.010T Registrazione di un EEG”. 20 Accordo Federazione Nazionale Collegi IPASVIAITN, Bologna 29 aprile 2004 (Patto di Rignano Garganico, 10 maggio 2004). 21 Consiglio Superiore di Sanità. Parere 17 gennaio

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1996. 22 Circolare Federazione IPASVI 2 luglio 2008. Oggetto: Modalità per accertamento e certificazione di morte. (Prot. P-3113/III.01): “(...) si conclude la fase in cui gli infermieri potevano - “pro tempore” - svolgere tale attività in base a diversi pareri del Consiglio Superiore di Sanità e ad un accordo specifico tra questa Federazione, l’AITN e il Ministero della Sanità. (...).“. 23 Legge 26 febbraio 1999, n 42 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie) (GU 2 marzo 1999, n 50). Art. 1 (Definizione delle professioni sanitarie): “(...). 2. (...). Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonchè degli specifici codici deontologici (...).”. 24 Decreto Ministeriale 15 marzo 1995, n.183 (Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del tecnico di neurofisiopatologia). (GU 20 maggio 1995, n 116). (...). Art.1: “1. E’ individuata la figura del tecnico di neurofisiopatologia con il seguente profilo: il tecnico di neurofisiopatologia è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, svolge la propria attività nell’ambito della diagnosi delle patologie del sistema nervoso, applicando direttamente, su prescrizione medica, le metodiche diagnostiche specifiche in campo neurologico e neurochirurgico (elettroencefalografia, elettroneuromiografia, poligrafia, potenziali evocati, ultrasuoni). (...).”. 25 Cass Pen, sez.VI, 5 maggio 1985 (pres. Faccini, rel. Trojano, P.M. Monteleone, ric. Lo Verso); Cass Pen, sez. VI, 8 ottobre 2002 , n. 49. 26 Codice penale (RD 19 ottobre 1930, n 1398) (GU 28 ottobre 1930, n 253, suppl). Libro II (Dei delitti in particolare). Titolo II (Dei delitti contro la pubblica amministrazione). Capo II (Dei delitti dei privati contro la pubblica amministrazione). Art. 348 (Abusivo esercizio di una professione): “Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire duecentomila a un milione.” 27 Legge 1° aprile 1999, n 91 (Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti) (GU 15 aprile 1999, n 87) 28 Regione Lombardia. Giunta Regionale. Direzione Generale Sanità. Circolare 30 giugno 2008 (prot H12008-0024974). 29 Regione Puglia. Assessorato alle Politiche della Salute. Settore Assistenza Ospedaliera e Specialistica. Uff.1. PO Contrattazione - Controllo atti dotazione organica delle Aziende Sanitarie. Circolare 30 giugno 2008 (prot. 24/5337/AOS/1). 30 Regione Piemonte. Direzione Sanità. Settore Programmazione Sanitaria. Circolare 5 novembre 2008 (prot. 35663/DA2005).

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vedere in merito, talora altrimenti ipotizzandosi pure la decadenza dall’incarico del Direttore generale inadempiente. Ma nel timore -rilevatosi nella realtà del tutto infondato- che ritardi di adeguamento degli organici tecnici aziendali si potessero ripercuotere negativamente sulla funzionalità dei collegi per l’accertamento della morte, con conseguenti rallentamenti delle attività di espianto, il Centro Nazionale Trapianti (CNT) segnalò tali ipotetiche difficoltà, manifestando l’esigenza di integrare opportunamente l’allegato al regolamento, “al fine di non incorrere nel rischio della perdita degli organi da trapiantare e di mantenere la disponibilità degli stessi su tutto il territorio”. Richiesto di esprimersi al riguardo, nel luglio scorso il Consiglio Superiore di Sanità ha rilasciato un parere31 nel quale si riteneva possibile -per il preposto Collegio- l’effettuare accertamenti di morte anche utilizzando indagini elettroencefalografiche eseguite non dal TNFP, ma da “personale disponibile“, così peraltro contraddicendo il suo precedente parere del 199632 con cui non solo limitava tale possibilità di vicariamento agli Infermieri, ma -tra questi- solo a quelli che alla data del 15 marzo 1995 avessero svolto tale attività “per almeno tre anni, in via continuativa a tempo pieno e in strutture specifiche, previo parere favorevole del dirigente della struttura“. Sulla scorta di tale parere (come tale non equiparabile a fonte di diritto) ed in contrasto con le indicazioni del DM 11 aprile 2008, il CNT inviò circolari ai centri regionali ove si affermava la possibilità di ulteriormente prorogare eventuali affidamenti agli infermieri delle indagini elettroencefalografiche33, così rallentando -di fatto- l‘iter di concorsi ed avvisi aziendali per TNFP ed inducendo da una parte affermazioni di ipotesi di condotta omissiva di atti d’ufficio nel rifiuto di infermieri ad eseguire l’EEG34 e dall’altra preavvisi di sospensione in tempi brevi delle attività di elettroencefalografia in assenza di adeguamenti alle norme vigenti35. Il problema qui in argomento è pure stato oggetto di specifiche mozioni assolutamente bipartisan presentate contemporaneamente nel settembre u.s. alla Camera dei Deputati36 e al Senato della Repubblica37, che concludevano affermando come (soprattutto nell’interesse primario del cittadino) “in base alle normative vigenti, l’accertamento strumentale della morte cerebrale non possa trovare adeguato fondamento se non su una loro attenta e scrupolosa osservanza. E` inoltre consequenziale il dedurre che il mancato rispetto dei parametri, delle metodologie, degli accorgimenti e delle indicazioni relative alle specifiche figure professionali da coinvolgere in tale processo potrebbe configurare anche la mancata legittimazione dell’affermazione di avvenuto decesso, così esponendo i responsabili della struttura a possibili –e non certo secondarie– conseguenze penali in riferimento alla cessazione di trattamenti di sostegno vitale“, impegnando il Governo “a garantire l’integrale ed univoco rispetto della normativa vigente; ad obbligare tutte le aziende sanitarie ad affidare in esclusiva al tecnico di neurofisiopatologia le metodiche previste dal rispettivo profilo professionale in particolare per l’effettuazione dell’EEG con cui si certifica lo stato di morte cerebrale; a inserire la deroga al blocco delle assunzioni oltre che agli infermieri anche ai tecnici di neurofisiopatologia che devono sostituirli in applicazione del decreto ministeriale 11 aprile 2008“. Conclusioni In base alle considerazioni svolte ed alle citate esternazioni di soggetti parlamentari, governativi ed istituzionali, sembrerebbe, pertanto, finalmente avviata verso un definitivo suo superamento la problematica relativa all’affidamento delle indagini elettroencefalografiche nei contesti aziendali in genere e -in particolare- presso le unità operative di terapia intensiva nell’ambito accertativo della morte. Tuttavia, nonostante siano passati già tre lustri dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della prima normativa in merito, sono ancora riscontrabili circa trecento casi in cui l’infermiere si trova -volente o nolente- ad eseguire procedure che tutti riconoscono come proprie di un’altra figura professionale, ma che vengono ugualmente a lui affidate (talora imposte con ordine di servizio o individuate come “atti d’ufficio) sulla scorta di ipotizzate emergenze, situazioni eccezionali o stati di necessità, ricordando però che in tali casi la non punibilità viene correlata alla concreta incombenza di un grave danno alla persona non altrimenti evitabile38. Nel concludere questa breve nota, la speranza di chi qui scrive è collocata in una attivazione dei vertici aziendali finalizzata ad un ragionevolmente celere adeguamento degli organici che -peraltro- sembrerebbe richiedere un onere economico non particolarmente rilevante, specie se confrontato con il conseguente miglioramento del prodotto all’utenza. Solo allora verrebbero a cessare quelle incresciose situazioni ove l’infermiere si trova ancora a dover agire compresso tra ipotesi di esercizio abusivo e di omissione di atti d’ufficio.

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31 Consiglio Superiore di Sanità. Parere 10 luglio 2008: “(...). Poiché l’accertamento e la certificazione di morte costituiscono atto sovraordinato, questo deve essere conseguito sulla base delle indagini elettroencefalografiche eseguire anche in mancanza della figura professionale specifica del tecnico di neurofisiopatologia, avvalendosi in condizioni di necessità, di eccezionalità e di urgenza di tutto il personale disponibile adeguatamente addestrato, fino a quando la rete dei tecnici di neurofisiopatologia non sarà completata, al fine di utilizzare ogni potenziale donatore e consentire il regolare svolgimento delle attività di espianto e trapianto di organi.(...).”. 32 Consiglio Superiore di Sanità. Parere 17 gennaio 1996. 33 E-mail da [email protected] a “centri regionali” (martedì 24 giugno 2008 15.20): “(...) qualora si creino condizioni di necessità (ove non sia possibile utilizzare personale specializzato) il coordinatore regionale può allo scopo, avvalersi di personale infermieristico formato ad hoc e che operi sotto lo stretto controllo di un medico.“. 34 Regione Piemonte. Assessorato Tutela della Salute e Sanità. Coordinamento Regionale delle Donazioni e dei Prelievi di Organi e Tessuti. Torino, 20 giugno 2008. 35 Azienda Sanitaria Regionale Molise. Zona di Termoli. Distretto di Termoli. Ambulatorio di Neurologia. Comunicazione 17 novembre 2008 (prot. 34135). 36 Camera dei Deputati. XVI legislatura, 55a seduta (giovedì 25 settembre 2008): Paola Binetti, Livia Turco, Bobba, Barani, Mosella, Palumbo, Di Virgilio, D’Incecco, Renato Farina, Vignali, Servodio, Lusetti, Bossa, Carella, Causi, Bocci, Volontè, Cavallaro, Castagnetti, Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Duilio, Bosi, Sbrollini, Ria, Polledri, Pedoto, Grassi, Pelino, Enzo Carra. 37 Senato della Repubblica. XVI legislatura, 61ª Seduta. (giovedì 25 settembre 2008): Baio, Bosone, Garavaglia Mariapia, Calabrò, Divina, Del Vecchio, Astore, Gustavino, Bassoli, Tomassini, Bianchi, Di Giacomo, Ghigo, Peterlini, D’Alia. 38Codice penale (RD 19 ottobre 1930, n 1398) (GU 28 ottobre 1930, n 253, suppl). Libro primo (Dei reati in generale). Titolo III (Del reato). Capo I (Del reato consumato e tentato). Art. 54 (Stato di necessità): “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessita’ di salvare se’ od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne’ altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessita’ e’ determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.“. Gennaio 2009

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Lo Stroke è una patologia che colpisce solo negli USA più di 700.000 persone l’anno, causando circa 163.000 morti e una percentuale di invalidi che varia dal 15% al 30%, risultando così in costi elevatissimi1. Con l’avvento della terapia trombolitica, una rapida diagnosi ed una corretta applicazione degli schemi terapeutici sono diventati degli elementi essenziali per ridurre le conseguenze, sia in termini di mortalità che di invalidità, e quindi di riduzione di costi. Tali obiettivi possono essere raggiunti grazie alla collaborazione dei pazienti stessi, del personale di soccorso preospedaliero, dei medici dell’emergenza urgenza e dei medici specialisti neurologi finalizzata ad una rapida attivazione dei mezzi di soccorso ed un rapido riconoscimento della malattia. In particolare, riveste un ruolo importante il medico del Dipartimento di Emergenza Urgenza (DEA) chiamato a riconoscere lo Stroke nelle sue presentazioni tipiche e all’interno di quelle condizioni che lo mimano, ossia che si possono presentare con sintomi simili, come la cefalea e la sincope, dove diventa fondamentale evitare diagnosi erronee per non ritardare i possibili provvedimenti teraputici.

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Dott. Stefano Bonetti, Dott. Maurizio Poli UOPS Presidio ospedaliero Gardone Val Trompia, Azienda Ospedaliera Spedali Civili - (BS)

LA DIAGNOSI DI STROKE La diagnosi di Stroke è solitamente clinica, supportata in alcuni casi dall’imaging radiologico. I sintomi sono generalmente di tipo negativo, ossia caratterizzati dalla perdita di una funzione mappata nel territorio cerebrale interessato dall’insufficienza vascolare. In diagnosi differenziale entrano tutte quelle condizioni caratterizzate da tali sintomi o segni neurologici insorti improvvisamente o al risveglio legati però ad altra eziologia e che quindi possono mimare uno Stroke, definite in letteratura “brain attack”2. Fanno parte di questo gruppo patologie quali la sincope, l’ipoglicemia, la cefalea primaria, le lesioni cerebrali occupanti spazio, i disordini labirintici. E’ necessario quindi affinare l’approccio diagnostico in tutte le fasi del percorso del paziente dall’insorgenza dei sintomi fino alla Stroke Unit o al reparto per acuti di destinazione. LE STRATEGIE DIAGNOSTICHE LUNGO IL PERCORSO DEL PAZIENTE Prima tappa è l’informazione alla popolazione, diversi studi hanno già dimostrato come tale intervento aumenti la proporzione di pazienti trattati con la terapia fibrinolitica. La maggior parte degli eventi si verifica a domicilio, spesso i pazienti negano o razionalizzano i propri sintomi; anche pazienti ad alto rischio cardiovascolare non riconoscono i sintomi. Nelle varie analisi condotte per spiegare il ritardo nella richiesta di cure mediche dall’insorgenza dei sintomi si è riscontrata una scarsa cultura della popolazione in merito alle caratteristiche cliniche dello Stroke ed alle sue possibilità

terapeutiche odierne3. Fondamentale risulta poi l’intervento del personale 118 e dell’emergenza territoriale per ridurre i ritardi nell’invio preospedaliero, nella valutazione e nel trasporto. Chi risponde alla chiamata di soccorso del paziente o dei suoi famigliari deve identificare rapidamente i potenziali pazienti con Stroke e assegnare una priorità elevata. Gli operatori sul posto devono identificare tali pazienti con ragionevole sensibilità e specificità; esistono a tal proposito strumenti semplificati e validati come la Cincinnati Prehospital Scale (CPSS)4, basata esclusivamente sull’esame obiettivo attraverso la rilevazione di 3 elementi: l’asimmetria facciale, anomalie del linguaggio e l’ipostenia dell’arto superiore. Altri strumenti come la Los Angeles Prehospital Stroke Scale (LAPSS)5 si basano sullo stesso principio della CPSS con aggiunta di elementi anamnestici. L’introduzione di tali strumenti, dopo un addestramento adeguato, ha dimostrato un notevole miglioramento della sensibilità nel riconoscimento dello Stroke nel personale tecnico di soccorso6. Infine deve essere garantito un livello di assistenza adeguata durante il trasporto, considerato che i pazienti affetti da Stroke possono andare incontro a complicanze delle vie respiratorie. Nel Dipartimento di Emergenza devono essere applicati strumenti per una rapida diagnosi dei pazienti con sospetto Stroke, al fine di indirizzare rapidamente tali pazienti alla terapia fibrinolitica o perlomeno di trasferirli presso strutture adeguate (le Stroke Unit). Parallelamente risulta fondamentale inquadrare corGennaio 2009

rettamente dal punto di vista eziologico anche quelle condizioni patologiche che mimano lo Stroke, ma che in realtà non lo sono, al fine di portare il paziente affetto da queste problematiche verso le cure appropriate7. Tra i vari strumenti utilizzati nei Dipartimenti di emergenza a tale scopo, troviamo la cosiddetta scala ROSIER (Recognition of Stroke in the Emergency Room)8; tale scala permette di associare al paziente uno score, predittivo della possibilità che lo stesso sia affetto da Stroke. Viene assegnato un punteggio positivo (+1) ad una variabile positiva per Stroke, un punteggio negativo (-1) ad una negativa; il punteggio finale, se negativo o pari a 0 permette di ritenere non compatibile con Stroke la condizione clinica del paziente valutato. Le variabili considerate comprendono elementi anamnestici e obiettivi (sincope all’esordio, asimmetria facciale o degli arti etc.) studiati attraverso odds ratio relativamente a dati presenti in letteratura in studi in merito agli aspetti clinicoanamnestici dei pazienti con Stroke confermato. L’applicazione della ROSIER (strumento veloce e semplice nel suo utilizzo) non permette di escludere al 100% lo Stroke se negativa o pari a 0, consente comunque di considerare una diagnosi alternativa allo Stroke in modo da indirizzare verso le cure più adeguate pazienti affetti da problematiche mimanti lo Stroke. Dai dati presenti in letteratura emerge quanto una corretta raccolta anamnestica (anche attraverso l’utilizzo di strumenti come la ROSIER), un accurato esame obiettivo (anche attraverso l’utilizzo della National Institute of Health Stroke Scale, NIHSS) ed una stratificazione del rischio considerate le patologie pregresse del paziente permetta al medico del DEA di rivestire un ruolo chiave nel riconoscimento e nella gestione dello Stroke, individuando nel collega specialista neurologo una figura complementare nel percorso diagnostico-teraputico dello Stroke9.

tologia legata all’imminente perdita di coscienza. Contrariamente a ciò, evidenze in letteratura dimostrano come numerosi casi di Sincope valutati nei Dipartimenti di Emergenza si siano rivelati alla fine di natura cerebrovascolare. Presso il nostro Dipartimento di Emergenza vengono valutati circa 400 casi l’anno di pazienti che si presentano per perdita di coscienza, un quarto dei quali clinicamente manifesta caratteristiche dubbie, necessitando pertanto specifici approfondimenti. Abbiamo quindi ritenuto opportuno produrre uno strumento per inquadrare correttamente le perdite di coscienza dal punto di vista del rischio, al fine di evitare sottostime minacciose in termini di mortalità e morbilità. Questo aspetto diventa preponderante nel caso dello Stroke, dove il mancato riconoscimento può avere conseguenze altamente negative come già riportato in precedenza. E’ stato pertanto elaborato un piano diagnostico terapeutico per la gestione della Sincope, attraverso lo studio della letteratura, la pratica clinica ed il confronto con altre realtà. Il nostro obiettivo è stato quello di ottenere uno strumento clinico utilizzabile per la stratificazione del rischio nei pazienti presentatisi per sin-

OVERLAP SINCOPE E STROKE, LA NOSTRA ESPERIENZA La Sincope è definita dall’American College of Emergency Phsycians’clincal policy come “un sintomo complesso composto da breve perdita di coscienza associata all’impossibilità di mantenere il tono posturale che si risolve spontaneamente senza necessità di intervento medico”10. Solitamente la sincope non si presenta con segni neurologici focali tipici dello Stroke, presentando aspetti peculiari come la caratteristica sintomaGennaio 2009

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cope, per dimettere in sicurezza quei pazienti in cui la causa della sincope è a basso rischio e ricoverare secondo criteri di apprpriatezza quei pazienti in cui la causa della sincope è meritevole di ulteriori indagini diagnostico-terapeutiche. Il piano diagnostico terapeutico formulato è costituito da un’istruzione operativa che permette di inquadrare gli episodi sincopali dividendoli in 3 grosse categorie etiologiche (cardiovascolare, neuromediata, cerebrovascolare) e di indirizzare quindi il percorso del paziente tra dimissione, osservazione breve e ricovero in divisione per acuti considerando un elenco di fattori di rischio anamnestici, legati a reperti obiettivi e diagnostico-strumentali secondo le linee guida ESC 200411. Elaborato il piano diagnostico terapeutico, il nostro secondo obiettivo è stato quello di validare tale strumento, attraverso l’elaborazione dei dati relativi agli esiti dei pazienti. E’ stata quindi applicata tale istruzione operativa, attraverso l’utilizzo di una pratica check-list, a tutti i pazienti valutati nel nostro DEA presentatisi per perdita di coscienza, per un periodo di 6 mesi da settembre ’06 a febbraio ’07. Abbiamo quindi valutato gli esiti dei pazienti considerati in tale periodo, in particolare sono stati valutati il decorso clinico e le diagnosi alla dimissione dei pazienti ricoverati nelle divisioni per acuti, 42 pazienti il 21,6 % del totale (Figura 1). La quasi totalità dei pazienti inquadrati ad elevato rischio nel Dipartimento di Emergenza è stata ricoverata con diagnosi di sincope di non determinata diagnosi, fatta eccezione per 2 casi di TEP ed uno di SCA. Risultato particolarmente interessante dalla valutazione delle diagnosi alla dimissione dalle divisioni per acuti è stato il riscontro di 5 casi di patologia cerebrovascolare, di Stroke ischemico (Figura 2). La patologia cerebrovascolare è considerata all’interno del nostro piano diagnostico-teraputico come possibile causa di perdita di coscienza da prendere in considerazione. Gli episodi sincopali dimostratisi alla fine eventi cerebrovascolari non avevano ottenuto una diagnosi precisa nel DEA, pertanto erano stati ricoverati presso una divisione per acuti essendo stata la classe di rischio individuata a livello elevato necessitando ulteriori approfondimenti clinico strumentali. In tali casi l’applicazione della scala ROSIER aveva dato esito negativo. Il dato conferma quanto riscontrato in letteratura tra gli studi in merito al cosidetto “brain attack” ossia quelle condizioni

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CONCLUSIONI

patologiche che mimano lo Stroke e pongono problematiche nella diagnosi differenziale. La sincope infatti è una presentazione considerata atipica per lo Stroke seppur in diversi studi si trovi come sintomo d’esordio o di corredo in casi di Stroke diagnosticato con certezza. Pertanto, nella nostra casistica circa il

Strategie educazionali applicate a tutti i livelli nella Catena di Sopravvivenza dello Stroke (dal paziente alla Stroke Unit passando per il personale di soccorso pre-ospedaliero) che permettono l’introduzione e l’utilizzo di strumenti per una rapida individuazione dei casi di Stroke, forniscono un notevole guadagno in termine di riduzione mortalità ed invalidità dei pazienti con relativo abbassamento dei costi di gestione. La stratificazione del rischio attraverso elementi anamnestici, reperti obiettivi e diagnostico-strumentali secondo procedure codificate (elaborate grazie allo studio della letteratura e dei dati della realtà locale) permette di rilevare od escludere condizioni patologiche pericolose per la vita come lo Stroke anche in quei casi che lo mimano come la Sincope, vere e proprie sfide diagnostiche per il medico nel DEA, ormai attore principale anche in condizioni da sempre considerate quasi di esclusiva pertinenza specialistica.

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2,5% degli episodi di perdita di coscienza si sono alla fine rivelati casi di Stroke ischemico. Anche in dati in merito all’età media di tali pazienti concorda con quanto presente in letteratura ossia che nell’età avanzata aumenta l’incidenza di casi di Stroke con presentazione per così dire atipica12,13.

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cal Sciences 2008;35(3):335-341 8.Mohd Nor A, Davis J, Sen B et al. The recognition of Stroke in the emergency room (ROSIER) scale: development and validation of a Stroke recognition instrument. Lancet Neurol 2005;4:727-34 9.Scott PA, Silbergleit R. Misdiagnosis of Stroke in tissue plasminogen activator-treated patients: characteristics and outcomes. Ann Emerg Med 2003;42(5):611-618 10.Huff JS, Decker WW, Quinn JV. Clinical policy: critical issues in the evaluation and management of adult patients presenting to th emergency department with syncope. Ann Emerg Med 2007;49(4):431-44 11.Brignole M, Alboni P, Beneditt DG et al. Guidelines on management (diagnosis and treatment) of Syncope – Update 2004 – Executive summary. Eur Heart J 2004;(25),2054-2072 12.Vroomen PCAJ, Buddingh MK, Luijckx GJ et al. The incidence of Stroke mimics among Stroke department admissions in relation to age group. Journal of Stroke e Cerebrovascular disease 2008:17(6):418-422 13.Hand PJ, Haisma JA, Kwan J et al. Interobserver agreement for the bedside clinical assessment of suspected Stroke. Stroke 2006;37:776-780

IN VENETO UNA RETE INTEROSPEDALIERA 'ANTI-ICTUS' La Giunta regionale del Veneto ha deciso di istituire una rete interospedaliera per la gestione ed il trattamento della fase acuta nei pazienti colpiti da ictus cerebrale, una patologia in notevole aumento che costituisce la terza causa di morte in assoluto e con un esito di disabilita' nel 50% dei casi. ''Con un successivo provvedimento, porremo mano anche alla riorganizzazione della fase post acuta - annuncia l'assessore alla Sanita' Sandro Sandri - perche' il paziente, una volta tornato a casa, sia nelle migliori condizioni possibili''. In Veneto si registrano 10.000 nuovi casi l'anno, con un'incidenza di 225-250 casi ogni 100.000 abitanti. La rete individuata dalla Regione, che crea un sistema diffuso di presa in carico del malato in ogni provincia, si basa su tre diversi settori. Il primo e' costituito dalle Unita' Ictus di secondo livello: si tratta di aree dedicate che hanno gia' raggiunto una consolidata esperienza nella trombolisi sistemica dislocate in ospedali in cui sono attive una struttura complessa di Neurologia con guardia medica 24 ore su 24, una Neuroradiologia e una Neurochirurgia, in modo che vi si possa organizzare anche il trattamento endovascolare. Ci sono poi le Unita' Ictus di primo livello: aree dedicate con possibilita' di monitoraggio dei pazienti dislocate negli ospedali in cui e' operativa una struttura complessa di Neurologia con guardia attiva almeno 12 ore. Il terzo e ultimo livello e' quello delle ''aree dedicate all'Ictus'': sono quelle identificate in altri ospedali, inserite nelle strutture di Neurologia, Medicina o Geriatria, che non prevedono la possibilita' di effettuare il trattamento trombolitico. Per il miglior trattamento dei pazienti, nei tre livelli dovranno essere sviluppati sistemi di teleconsulto per i quali la Regione attivera' un gruppo di lavoro nell'ambito del Progetto ''Health Optimum''.

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i numeri

NUOVA RISONANZA CALCOLA IL RISCHIO DI ICTUS Un nuovo apparecchio per la risonanza magnetica che consente di calcolare la percentuale di rischio dei pazienti che potrebbero avere un ictus, e' ora a disposizione della Fondazione Istituto Neurologico Besta di Milano e dell' Ospedale di Niguarda. Si chiama MRI-NOVA ed e' in grado di fare una angiografia quantitativa senza bisogno di introdurre un catetere nelle arterie interessate. Individuati eventuali restringimenti (stenosi) e occlusioni, ostruzioni o dilatazioni (aneurismi) e il conseguente danno sul tessuto cerebrale a valle rimasto 'a secco' per le alterazioni del flusso sanguigno, la MRI-NOVA calcola e quantifica le alterazioni emodinamiche (cioe' del flusso sanguigno) indicando se e quando c'e' un pericolo imminente. Finora - riferisce una nota del Besta - non si poteva prevedere il momento giusto per intervenire su un vaso alterato applicando uno stent o eseguendo un by-pass. E per capire quando passare dai farmaci alla chirurgia il medico doveva interpretare i segni e i sintomi clinici e i dati strumentali. Ora si potra' studiare direttamente il vaso come se ci fosse un rivelatore di flusso inserito direttamente nell'arteria interessata, ma senza invasivita' perche' tutto e' virtuale: il calcolo lo fa il computer che, con un algoritmo, ricrea le sezioni virtuali del vaso sanguigno senza dover cateterizzare il paziente. La MRI-NOVA (messa a punto nell'Universita' dell'Illinois a Chicago) non e' solo strumento di valutazione preventiva ma anche di controllo sull'efficacia dei trattamenti: si potra' ad esempio verificare se il bypass di una carotide che si era occlusa (ogni anno causa di ictus per 61mila pazienti USA e di TIA per 19mila) ha ripristinato il flusso sanguigno.

STRUMENTO CONTRO ICTUS CEREBRALE A OSPEDALE VENEZIA Una nuova attrezzatura per la prevenzione dell'ictus cerebrale e' entrata in funzione nella divisione di neurologia dell'ospedale civile di Venezia. Si tratta di un ecocolordoppler di ultima generazione e di fascia alta strumento d'indagine che viene utilizzato per la visualizzazione ecografica dei principali vasi sanguigni e lo studio del flusso ematico al loro interno. Il nuovo ecocolordoppler permette non solo un esame sofisticato dei vasi del collo, ma anche di quelli intracranici. Inoltre, grazie ad un particolare contrasto, consente di vedere un eventuale flusso di emboli favorendo la prevenzione dell'ictus cerebrale. ''L'acquisizione di questa diagnostica molto sofisticata e di altissima qualita' - spiega il primario Francesco Paladin - si inserisce nel nostro sforzo di rendere sempre piu' efficace e moderna la diagnosi e la terapia delle cerebropatie vascolari''. Sui 357 pazienti ricoverati in reparto nel 2008, 141 avevano una diagnosi di patologia cerebrovascolare. Fin dal 2006 la Neurologia dell'ospedale di Venezia cura i pazienti colpiti da infarti cerebrali (stroke ischemico) anche con farmaci che sciolgono i trombi intracerebrali. Recentemente e' stato attrezzato presso la neurologia di Venezia un letto monitorizzato dedicato ai pazienti con ictus sia ischemico che emorragico. Gennaio 2009

Con oltre 190mila casi ogni anno in Italia, uno ogni 3 minuti, di cui l´80% sono nuovi episodi e il 20% recidive che riguardano soggetti precedentemente colpiti, e 70mila decessi (il 10-12% di tutti i decessi per anno), l´ictus celebrale rappresenta un serio problema di salute pubblica, risultando la prima causa di invalidità, la seconda di demenza (dopo l´Alzheimer) e la terza di mortalità (dopo malattiecardiovascolari e neoplasie) tra gli adulti nei paesi industrializzati.

È un´emergenza neurologica che colpisce soprattutto gli anziani, con una prevalenza nella fascia di età 65-84anni del 6,5%, leggermente più alta negli uomini (7,4%) rispetto alle donne (5,9%) e con un´incidenza che aumenta progressivamente con l´età raggiungendo il valore massimo negli ultra ottantacinquenni (il 75% degli ictus colpisce i soggetti over 65).Dati allarmanti ma in progressivo miglioramento grazie ai traguardi raggiunti dalla ricerca clinica e farmacologica negli ultimi dieci anni, alla definizione di nuovi modelli organizzativi all´interno delle strutture sanitarie (le Stroke Unit) ed alla formazione di personale specializzato.

Negli ultimi dieci anni la sopravvivenza dopo un ictus è cresciuta del 10% ed è salito il numero di quanti lo superano senza grave invalidità. Molto resta ancora da fare, soprattutto per quanto riguarda l´assistenza, dall´evento acuto alla riabilitazione; per chi è colpito da un ictus, infatti, solo un´assistenza davvero adeguata può evitare peggioramenti senza gravi disabilità se non addirittura la morte. Per questo motivo a volte può risultare indispensabile seguire un preciso percorso assistenziale che va dalle primissime fasi d´intervento, ricovero in una stroke unit con équipe multidisciplinari, trombolisi e accesso alla diagnostica per immagini, fino alla dimissione protetta con reinserimento sociale e familiare del paziente. Per migliorare l´assistenza ai malati, negli ultimi anni sono nate anche in Italia le stroke unit, strutture in cui il paziente viene trattato in modo multidisciplinare e integrato. Il primo intervento fondamentale è quello di accertare il prima possibile, con tac o risonanza magnetica, se si tratta di ischemia o emorragia; in caso di ictus ischemico, lì dove indicato, la terapia da somministrare è la trombolisi che agisce sciogliendo i coaguli di sangue. L´introduzione della trombolisi nella pratica clinica ha permesso di raggiungere risultati importanti rappresentando la migliore cura possibile per il trattamento del paziente colpito da ictus celebrale ischemico. La terapia precoce resta il caposaldo nella terapia dell´ictus acuto ed è di importanza vitale che i pazienti giunti a una stroke unit e idonei al trattamento trombolitico, vi vengano sottoposti senza indugi. L´importante è agire nel minor tempo possibile poiché le cellule nervose, private dell´ossigeno portato dal sangue, muoiono in pochi minuti - continua Toni - In soccorso di pazienti e medici arrivano i dati di alcuni studi internazionali che hanno evidenziato la possibilità di estendere la finestra temporale entro cui sottoporsi al trattamento dalle 3 alle 4,5 ore dall´insorgenza dell´ictus. Nonostante l’esistenza di Linee di indirizzo nazionali, si registra una notevole disomogeneità dei modelli organizzativi regionali in tutte le fasi assistenziali e non in tutte le regioni sono stati istituiti dei percorsi ad hoc dedicati all´assistenza dei pazienti con . Le stroke unit, dove i malati sono seguiti da un gruppo multidisciplinare costituito da infermiere, fisioterapista, logopedista e medico, in genere un neurologo, e altri, fisiatra, cardiologo, rianimatore, sono ancora insufficienti. Quelle autorizzate alla somministrazione della terapia trombolitica sono circa 90, distribuite in prevalenza al centro e nord del Paese. Dovrebbero essere molte di più, così da garantire a tutti i cittadini un Sistema Sanitario omogeneo ed uguali possibilità di cura indipendentemente dalla regione di domicilio.

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Sicilia

PRONTO SOCCORSO VENETI SOTTO VIDEOSORVEGLIANZA Una somma di 600 mila euro, prima parte di un programma triennale dotato di 1 milione 800 mila euro complessivi, e' stata assegnata dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alla Sanita' Sandro Sandri, per finanziare l'installazione o il rafforzamento, dove presenti, di sistemi di videosorveglianza nei Pronto Soccorso degli Ospedali veneti. ''Purtroppo sottolinea Sandri - la realta' a volte supera la fantasia, e ci troviamo a dover fronteggiare un fenomeno preoccupante, come il verificarsi di episodi di intolleranza anche gravi e di veri e propri reati persino all'interno di un Pronto Soccorso, troppo spesso zona di frontiera invece che luogo di cura, dove la stragrande maggioranza dei pazienti mantiene comportamenti assolutamente civili, ma si trova sempre piu' spesso a dover convivere con altre manifestazioni umane ben diverse, importune ed a volte pericolose''. Lo stesso, rileva l'assessore, vale per il personale sanitario in servizio, che va parimenti cautelato. ''Per questi motivi la Regione ha inteso attivare uno stanziamento triennale, del quale questa assegnazione e' la prima tranche. Per quelle successive, con l'ausilio di una specifica commissione di esperti, valuteremo su quali altri aspetti inerenti la sicurezza indirizzare gli interventi. I primi 600 mila euro - precisa Sandri - sono stati dedicati alla videosorveglianza, considerata sia come deterrente, sia come strumento per individuare i responsabili di azioni violente o comunque illecite''. I finanziamenti sono stati assegnati alle 7 Ullss capoluogo di provincia in base al numero di Pronto Soccorso presenti nel loro territorio di competenza. Saranno poi queste ultime a suddividere la propria quota di competenza tra le Ullss della provincia sulla base del numero di accessi ai Pronto Soccorso di ciascuna Azienda e del bacino d'utenza della stessa. I Pronto Soccorso operanti nelle rete ospedaliera veneta sono in tutto 41, dei quali 4 in provincia di Belluno; 7 a Vicenza; 6 a Treviso; 8 a Venezia; 7 a Padova; 3 a Rovigo; 6 a Verona. La ripartizione effettuata dalla Giunta regionale alle Ullss capofila e' la seguente: all'Ulss 1 di Belluno 58.536 euro; alla 6 di Vicenza 102.438 euro; alla 9 di Treviso 87.804 euro; alla 12 di Venezia 117.072 euro; alla 16 di Padova 102.438 euro; alla 18 di Rovigo 43.902 euro; alla 20 di Verona 87.804 euro.

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RINNOVATA CONVENZIONE TRA REGIONE E ''118'' E' stato firmato tra la Regione e il Comitato regionale della Croce Rossa presieduto da Guglielmo Stagno d'Alcontres il rinnovo della convenzione per la gestione del 118 in Sicilia. Il servizio continuera' ad essere gestito dalla Sise - societa' in house della Cri - fino al prossimo 30 giugno agli stessi patti e condizioni della precedente convezione, pure essa di sei mesi, che si e' conclusa il 31 dicembre. Il valore dell'importo complessivo del rapporto convenzionale dal primo gennaio al 30 giugno 2009 e' di 46 milioni e 283.857 euro, esclusi Tfr ed Irap. Tra autisti e soccorritori il personale impiegato e' di circa 3200 unita'. E l'anno chi e' appena chiuso e' stato per il 118 in Sicilia all'insegna dei grandi numeri: fino a tutto novembre i soccorsi effettuati sono stati complessivamente 209.917, quasi duemila in piu' rispetto ai 208.061 dei primi undici mesi del 2007. In notevole crescita gli interventi nei due bacini territoriali di Messina (32.534 contro 30.391) e Agrigento- Caltanissetta-Enna (27.707, nel 2007 furono 26.801). Restano pressoche' invariati i soccorsi effettuati nel bacino di Palermo e Trapani, sfiorando quota 78 mila.

Il 15 dicembre 2008, nella Sala delle Colonne di Palazzo Marini a Roma, si è tenuto un convegno sul tema:

Promosso dalla Fondazione Giorgio Castelli con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari, per dare vita a progetti di ricerca sulle patologie cardiache. L’opera dei medici nella quotidiana lotto contro quella che è la prima causa di morte nei Paesi occidentali, può essere coadiuvata attraverso l’addestramento alla rianimazione cardio-respiratoria di base e all’uso del defibrillatore semiautomatico da parte di operatori che assistono i giovani nella pratica sportiva. Gennaio 2009

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Dal 2009 il sistema emergenze in Romagna sarà gestito da Ravenna A febbraio la centrale unica del 118 si sposterà dall'ospedale Infermi di Rimini a Ravenna. Un cambiamento preceduto da qualche dubbio sul funzionamento del sistema. Ultimi giorni di lavoro per la centrale riminese del 118. Da febbraio 2009, infatti, cambia il sistema di ricezione delle telefonate di emergenza. Se oggi la richiesta di soccorso arriva al centralino riminese, tra un mese digitando il 118, quella stessa telefonata arriverà alla centrale unica romagnola delle emergenze: a Ravenna. A questa centrale andrà il compito di individuare il mezzo di soccorso più vicino alla richiesta di aiuto. Il tutto organizzato grazie ad un sistema gps. Rimini si prepara così ad uniformarsi al nuovo sistema delle emergenze, con sede unica per le province di Ravenna, Forlì Cesena e Rimini. Un cambiamento preparato da tempo, ma preceduto da una fase polemica. Critiche dettate da una considerazione: ovvero l'allontanamento del servizio dagli utenti. Di certo, la prova dei fatti per il nuovo sistema arriverà dopo qualche mese, con la stagione estiva: quando le utenze, con i turisti, crescono in maniera esponenziale. Il sistema Romagna delle emergenze allora dovrà reggere il confronto con l'attuale organizzazione delle emergenze nella stagione estiva riminese: che vede la distribuzione dei mezzi di soccorso, nei momenti clou della stagione, in zone strategiche, come per esempio alcuni punti spiaggia.

“Sport: spunti di discussione ed interventi per il 3° millennio”

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da sn.: la Dott.ssa B.Benedetti, Segr. F.I.G.C. settore giovanile-scolastico, il Dott. V. Castelli e On.le W.Veltroni. Al convegno, patrocinato dalla Regione Lazio, dal Comune di Roma, dalla Provincia, dal Coni, da Ares 118, da Conaucore, da Aisf,erano presenti autorità On.le L. Ciocchetti, On.le Concia, On.le Veltroni oltre a numerosi esperti trai quali: il Dr.ssa B.Benedetti (segr. Nazionale F.I.G.C. Settore Giovanile-Scolastico), il Prof. P.E. DI Papero, il Prof.

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G.Novelli Preside della Facoltà Medicina e Chirurgia Università Tor Vergata Roma, il Consulente del Sindaco di Roma per le attività sportive e motorie Prof. G.Capua, il Dott. V.Castelli, il Prof. Rizzo, il prof. Volpi, il Dott.. Signorotti, il Prof. Spataro, il Prof. Brozzi, il Dott. P. Russo.

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Sicurezza stradale

Audizione alla Camera del Ministro Sacconi Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Maurizio Sacconi ha tenuto il 20 gennaio un'audizione sul tema della sicurezza stradale alla Commissione Trasporti della Camera. Di seguito pubblichiamo uno stralcio dalle conclusioni in cui il Ministro traccia le linee di azione per ridurre i danni e le morti sulle nostre strade con un approccio a "360" gradi, integrato e interistituzionale: "…richiamo nuovamente la vostra attenzione sulla necessità di un approccio integrato e multisettoriale al tema della sicurezza stradale, in quanto ritengo azione utile per contribuire al contenimento dell'impatto drammatico dei traumi da traffico. A tal fine, ritengo comunque opportuna, in un'ottica di sinergia e coordinamento delle numerose iniziative intraprese, l'istituzione di una sorta di "cabina di regia" che gestisca, in modo efficace ed efficiente, l'organizzazione delle attività. Ricordo poi l'opportunità che tali iniziative tengano conto dei punti fondamentali dell'attività di prevenzione secondo quanto emerge dalla letteratura internazionale di Evidence Based Prevention, e dalle direttive europee. Ciò, al fine di incidere efficacemente nella riduzione del fenomeno degli incidenti stradali e delle relative cause (in particolare: velocità elevata, uso di alcool e droghe, costante e corretto uso di sistemi di ritenuta). Fondamentale è altresì il ruolo delle campagne informative, da svolgersi anchenei luoghi di lavoro (visto pure l'aumento,

seppur lieve, degli incidenti "in itinere") e dell'educazione stradale nelle scuole, per una corretta percezione dei rischi e deglieffetti sulla guida legati a comportamenti scorretti o all'assunzione di alcol o di sostanzestupefacenti. Ciò, ferma restando la necessità di sensibilizzare i genitori all'utilizzo deidispositivi di ritenuta per se stessi e per i propri figli. Ed ancora, un ruolo chiave ritengo sia giocato dai controlli da svolgere, in particolare, sulle c.d. categorie a rischio. Mi riferisco sia ai giovani (in particolare, per quelli sino ai 21 anni) che ai lavoratori addetti a mansioni legate all'attività di trasporto di passeggeri e merci, con riguardo ai quali ritengo necessario assumere unatteggiamento di "tolleranza zero", rispetto all'assunzione di alcol o all'uso di sostanzestupefacenti che possano mettere in pericolo la loro incolumità o quella di terzi. In vista del raggiungimento dei predetti obiettivi, posso assicurare sin d'ora ilpieno e costante coinvolgimento del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali che continuerà a contribuire, per quanto di propria competenza, al contenimentodell'impatto drammatico dei traumi da traffico, anche grazie: 1. al supporto scientifico ed epidemiologico alla rappresentazione numerica del fenomeno "incidenti stradali", con particolare riferimento alla produzione ed alla diffusione: a) dei dati inerenti la mortalità derivante

da traumi da traffico (che seppur in fasedi lento decremento rimane ancora assai pesante); b) dei dati inerenti l'invalidità derivante ai feriti. Si calcola, infatti, che per ognimorto su strada via siano due invalidi permanenti; c) dei dati inerenti l'impegno derivante dal problema servizi di diagnosi, cura eriabilitazione (emergenza 118, pronto soccorso, unità ospedaliera e reti riabilitative). 2. al miglioramento operativo dei servizi per le tossicodipendenze, con lafinalità di rendere più efficaci gli interventi preventivi e di disassuefazione a favore soprattutto della popolazione giovanile (categoria maggiormente a rischio), anche inaffiancamento con le forze dell'ordine e con la magistratura. 3. al miglioramento della certificazione medica di idoneità alla guida sia iniziale, sia successiva a fatti di salute (patologie neurologiche, psichiche, ecc) o a episodi di guida pericolosa (è il caso, ad esempio, della guida in stato di ebbrezza o dialterazione psichica da droghe, ecc). In questo ambito è da intendersi l'adesione delMinistero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali all'iniziativa di costituire,presso il Dipartimento Politiche Antidroga, un tavolo di lavoro per la sperimentazione di "drug test" per l'ottenimento della certificazione sanitaria di idoneità alla guida. 4. all'ulteriore miglioramento, qualitativo e

'La linea della tolleranza zero - ha osservato successivamente Sacconi a margine dell'audizione - puo' essere anche sperimentale, reversibile. Vedremo - ha aggiunto - se potra' dare una risposta positiva lasciando inalterato l'attuale tasso limite dello 0,5''. Anche nel corso dell'audizione il ministro ha precisato di non ritenere ''indispensabile un intervento teso ad una riduzione lineare degli attuali limiti di alcolemia stabiliti dalla legge (ad esempio, un abbassamento del limite di alcolemia consentito dall'attuale 0,5 a 0,2)''. Un simile provvedimento avrebbe infatti, ha osservato, un impatto sull'intera popolazione e ''non si tradurrebbe in un'azione mirata sulle categorie e sulle situazioni veramente 'a rischio', per le quali - ha sottolineato - ribadisco la necessita' di un livello di 'tolleranza zero'''. Il ministro ha annunciato inoltre un progetto sperimentale volto per costituire gruppi di intervento misti per consentire la partecipazione degli ispettori del lavoro all'attivita' di controllo su strada. Obiettivi del progetto, ha aggiunto, sono ''rendere piu' efficace e rilevante l'attivita' di vigilanza nel settore dell'autotrasporto'' e ''semplificare le procedure di avvio degli accertamenti di competenza delle Direzioni provinciali del lavoro presso le sedi delle imprese di autotrasporto oggetto di controllo su strada''. Il progetto e' in linea con le ispezioni in materia di autotrasporto tese ad incrementare la sicurezza stradale attraverso controlli di orario di lavoro, tempi di guida e riposo dei conducenti.

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• libri • dal mondo •

leggi e decreti •congressi • tecnologie • libri

Leggi e decreti quantitativo, dei servizi ospedalieri e territoriali di emergenza 118, rianimazione, ortopedia – traumologia, fisiatria e della rete riabilitativa, nonché con un maggior supporto di carattere psicologicoai familiari colpiti da tali drammatici eventi. Sui predetti aspetti, l'eccellenza, non sempre omogenea nel Paese e all'interno delle singole Regioni, risulta spesso cruciale per ilcontenimento ed il recupero dei danni da trauma stradale. 5. ad una specifica campagna di sensibilizzazione su medici prescrittori (inparticolare Medici di Medicina Generale) e farmacisti (anche per i farmaci da banco) finalizzata a segnalare ai pazienti gli effetti negativi dei farmaci che agiscono sul sistemanervoso centrale. Oltre a ciò, alla luce dell'evidenza che circa la metà delle morti da incidente sullavoro è attribuibile a trauma stradale (in itinere o a danno di lavoratori che usano l'autoo altro mezzo per servizio), ritengo che proprio all'interno del Ministero del Welfarepossano trovare nuova sintesi le politiche, prima spesso scoordinate, dedicate alla prevenzione del fenomeno, attraverso accertamenti specifici sui lavoratori addetti a mansioni che comportano attività di trasporto di passeggeri e/o merci, nonché alla cura ed all'efficace riabilitazione dei soggetti colpiti. Ciò, in evidente collaborazione con l'INAIL e con il Ministero dei Trasporti. 20 gennaio 2009 Gennaio 2009

Sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni in ambito emergenza-urgenza E' stato pubblicato il decreto 17 dicembre 2008 "Istituzione del sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria in emergenzaurgenza". Il decreto si applica alle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria di emergenza-urgenza da parte sia del Sistema 118 e sia dei presidi ospedalieri con riferimento alle attivita' del Pronto Soccorso. La realizzazione e la gestione del Sistema informativo è affidata al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Dipartimento della qualità - Direzione Generale del Sistema Informativo ed è finalizzato alla raccolta delle informazioni relative alle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria di emergenza-urgenza

Visto l'art. 1, comma 6, del decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, nella legge 14 luglio 2008, n. 121, che trasferisce le funzioni del Ministero della salute con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali; Visto il decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 15 luglio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 180 del 2 agosto 2008, concernente «Delega di attribuzioni del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Sottosegretario di Stato prof. Ferruccio Fazio, per taluni atti di competenza dell'Amministrazione»; Visto il decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 che costituisce atto di indirizzo e coordinamento delle attivita' delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di emergenza sanitaria;

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Visto il decreto del Ministro della sanita' del 15 maggio 1992 che definisce i criteri ed i requisiti per la codificazione degli interventi di emergenza; Visto l'atto di intesa tra Stato e regioni dell'11 aprile 1996 di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992; Visto l'Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le Province autonome del 25 ottobre 2001 sul documento di Linee - Guida sul sistema di emergenza sanitaria concernente: «Triage intraospedaliero (Valutazione gravita' all'ingresso) e chirurgia della mano e microchirurgia nel sistema dell'emergenza - urgenza sanitaria»; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, di definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza, che riconosce l'attivita' di emergenza sanitaria territoriale e l'attivita' di pronto soccorso quali prestazioni di assistenza sanitaria garantite dal servizio nazionale in quanto ricompresse la prima nell'ambito dell'assistenza distrettuale e la seconda nel-

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l'ambito dell'assistenza ospedaliera; Vista l'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, la quale dispone all'art. 3 che: la definizione ed il continuo adeguamento nel tempo dei contenuti informativi e delle modalita' di alimentazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), come indicato al comma 5, sono affidati alla Cabina di Regia e vengono recepiti dal Ministero della Salute con propri decreti attuativi, compresi i flussi informativi finalizzati alla verifica degli standard qualitativi e quantitativi dei Livelli Essenziali di Assistenza; il conferimento dei dati al Sistema Informativo Sanitario, come indicato al comma 6, e' ricompreso tra gli adempimenti cui sono tenute le regioni per l'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato di cui all'art. 1, comma 164, della legge 30 dicembre 2004; Visto l'Accordo Quadro, del 22 febbraio 2001, tra il Ministero della sanita', le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per lo sviluppo del Nuovo Sistema Informativo Sanitario Nazionale che all'art. 6, in attuazione dell'art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, stabilisce che le funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo delle fasi di attuazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), debbano essere esercitate congiuntamente attraverso un organismo denominato «Cabina di Regia»; Visto il decreto del Ministro della salute del 14 giugno 2002, con il quale e' stata istituita la Cabina di Regia per lo sviluppo del Nuovo Sistema Informativo Sanitario Nazionale (NSIS); Considerato che il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) ha la finalita' di supportare il monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza, attraverso gli obiettivi strategici approvati dalla Cabina di Regia, nella seduta dell'11 settembre 2002; Vista l'Intesa Stato-regioni del 10 dicembre 2003, la quale dispone l'avvio del progetto «Mattoni del Servizio Sanitario Nazionale» con l'obiettivo di individuare le metodologie e i contenuti informativi necessari al pieno sviluppo del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS); Considerato il parere positivo espresso, in data 3 aprile 2007, dalla Cabina di Regia per il Nuovo Sistema Informativo Sanitario sui documenti conclusivi delle attivita' condotte dal Mattone 11 «Pronto Soccorso e Sistema 118», nell'ambito del programma «Mattoni del Servizio Sanitario Nazionale»; Visto il decreto del 12 dicembre 2007, n. 277, «Regolamento di attuazione dell'art. 20, commi 2 e 3, dell'art. 21 e dell'art. 181, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante: «Codice in materia di protezione dei dati personali» con il quale si individuano i trattamenti dei dati sensibili e giudiziari effettuati dal Ministero della salute; Tenuto conto, in particolare, che la scheda C01 del suddetto schema di Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari effettuati dal Ministero della salute, prevede, per l'esercizio delle funzioni di programmazione, controllo e

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valutazione dell'assistenza sanitaria, la gestione dei dati relativi alle prestazioni di assistenza sanitaria privati degli elementi direttamente identificativi, in quanto gia' comunicati in forma codificata dalle regioni e province autonome; Visto lo schema di regolamento per i trattamenti dei dati sensibili e giudiziari effettuati dalle regioni e province autonome, redatto ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sul quale l'Autorita' Garante per la Protezione dei dati personali ha espresso parere favorevole in data 13 aprile 2006; Tenuto conto, in particolare, che la scheda 12 del suddetto schema di regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari effettuati dalle regioni e province autonome, prevede che: i dati provenienti dalle aziende sanitarie siano privati degli elementi identificativi diretti subito dopo la loro acquisizione da parte della Regione o provincia autonoma; ai fini della verifica della non duplicazione delle informazioni e della eventuale interconnessione con altre banche dati sanitarie della Regione, la specifica struttura tecnica individuata dalla Regione, alla quale viene esplicitamente affidata la funzione infrastrutturale, provvede ad assegnare ad ogni soggetto un codice univoco che non consente l'identificazione dell'interessato durante il trattamento dei dati; Considerato che, tra gli obiettivi strategici del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) una delle componenti fondamentali e' rappresentata dal «Sistema di integrazione delle informazioni sanitarie individuali», nell'ambito del quale e' ricompreso il monitoraggio delle prestazioni erogate in emergenza sanitaria dal Sistema 118 e dal Pronto Soccorso; Constatata la necessita' di avviare l'acquisizione dei dati relativi alle prestazioni erogate dal Sistema 118 e dal Pronto Soccorso per finalita' riconducibili al monitoraggio dell'attivita' dei servizi, con analisi del volume di prestazioni, e valutazioni sulle caratteristiche dell'utenza e sui pattern di trattamento; Acquisito il parere in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 20 novembre 2008; Decreta Art. 1. Ambito di applicazione 1. Il presente decreto si applica alle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria di emergenza-urgenza da parte sia del Sistema 118 e sia dei presidi ospedalieri con riferimento alle attivita' del Pronto Soccorso. Art. 2. Sistema informativo emergenza-urgenza 118 e Pronto Soccorso

1. Nell'ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), e' istituita il Sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni erogate in emergenza-urgenza (di seguito denominato Sistema). La realizzazione e la gestione di tale Sistema e' affidata al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Dipartimento della qualita' - Direzione Generale del Sistema Informativo dell'ex Ministero della Salute (di seguito denominato Ministero). 2. Il suddetto Sistema e' finalizzato alla raccolta delle informazioni relative alle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria di emergenza-urgenza di cui all'art. 1, comma 1. 3. Le regioni e le province autonome mettono a disposizione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), presso il Ministero, le informazioni secondo le modalita' riportate nel disciplinare tecnico. Art. 3. Flussi in ingresso nel Sistema informativo 1. Coerentemente con quanto previsto nei documenti «Flusso informativo del Sistema 118» e «Flusso informativo del Pronto Soccorso» elaborati dal «Mattone Pronto Soccorso e sistema 118», nell'ambito del programma «Mattoni del Sistema Sanitario Nazionale», il flusso informativo per le prestazioni di emergenza-urgenza, dettagliato nel disciplinare tecnico, fa riferimento alle seguenti informazioni: per il Sistema 118: a) identificazione della Centrale Operativa del 118; b) dati relativi alla chiamata telefonica al numero 118; c) dati relativi alla missione di soccorso attivata dalla Centrale Operativa del 118; d) identificazione dell'assistito; e) dati relativi alle prestazioni erogate nell'ambito della missione di soccorso; f) dati relativi all'esito dell'intervento; per il Pronto Soccorso: g) identificazione della struttura erogatrice; h) dati relativi all'accesso ed alla dimissione; i) identificazione dell'assistito; j) dati relativi alle diagnosi ed alle prestazioni erogate; k) dati relativi alla valorizzazione economica dell'accesso. 2. Le informazioni di cui al precedente comma devono essere rilevate al completamento dell'intervento di Emergenza-Urgenza sanitaria e trasmesse con le modalita' ed i tempi previsti dall'art. 5 del presente decreto. 3. La trasmissione verso il sistema informativo delle informazioni di cui al comma 1 deve essere effettuata da parte delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano con riferimento alle prestazioni di emergenza-urgenza erogate dalle Centrali Operative 118 e dalle strutture accreditate per le attivita' di pronto soccorso, situate all'interno del proprio territorio, nei confronti di cittadini residenGennaio 2009

ti e non residenti nel territorio stesso. Art. 4. Accesso al Sistema informativo 1. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Dipartimento della qualita' - Direzione Generale della Programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di Sistema dell'ex Ministero della salute ha completo accesso al sistema informativo per elaborazioni finalizzate al monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza. 2. Sono, altresi', autorizzate all'accesso le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano sia con riferimento ai dati del proprio territorio, sia con riferimento ai dati delle altre regioni e province autonome. 3. I dati memorizzati presso il Sistema possono essere messi a disposizione dei soggetti autorizzati dal Ministero per funzioni di specifica competenza. 4. I soggetti, di cui ai commi precedenti, possono fruire anche dei dati integrati con altre informazioni del patrimonio informativo del Ministero, attraverso l'accesso al Nuovo Sistema Informativo Sanitario che rende disponibili analisi comparative dei fenomeni in materia di assistenza sanitaria. Art. 5. Modalita' e tempi di trasmissione 1. Il Sistema viene alimentato con le informazioni relative alle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria di emergenza-urgenza, da parte sia del Sistema 118 e sia dei presidi ospedalieri con riferimento alle attivita' del Pronto Soccorso, a partire dal 1° gennaio 2009. 2. Le informazioni devono essere rilevate al completamento dell'intervento di Emergenza-Urgenza sanitaria e trasmesse al NSIS, con cadenza mensile, entro il mese successivo al periodo di riferimento in cui si sono verificati gli eventi stessi. 3. Le trasmissioni verso il Sistema informativo devono avvenire secondo le modalita' indicate nel disciplinare tecnico, parte integrante del presente decreto, e nella documentazione di specifiche tecniche disponibili sul sito internet del Ministero (www.nsis.ministerosalute.it). 4. Eventuali variazioni riguardanti le modalita' di comunicazione e aggiornamento di cui ai commi precedenti, saranno pubblicate sul sito internet del Ministero (www.nsis.ministerosalute.it), anche in attuazione di quanto previsto dall'art. 54 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, concernente il codice dell'amministrazione digitale. Art. 6. Disposizioni transitorie 1. Per le regioni e province autonome che non dispongano di tutte le informazioni richieste nell'art. Gennaio 2009

3, comma 1, e' prevista la possibilita' di avvalersi di un differimento dei termini per l'avvio delle trasmissioni previste dall'art. 5, comma 1. 2. Le regioni e province autonome che intendono avvalersi del differimento dei termini di cui al comma precedente, trasmettono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tramite apposita comunicazione al Ministero, il Piano di adeguamento dei propri sistemi informativi atto a consentire, non oltre il 1° gennaio 2010, l'alimentazione del Sistema, mediante la trasmissione di tutte le informazioni indicate relative alle prestazioni di emergenza-urgenza erogate a partire da tale data. 3. I Piani di adeguamento di cui al comma precedente saranno sottoposti ad approvazione della Cabina di Regia per il Nuovo Sistema Informativo Sanitario Nazionale. Questa ultima predisporra' verifiche periodiche per valutare l'attuazione dei piani di adeguamento approvati. Art. 7. Ritardi ed inadempienze 1. Fino al 31 dicembre 2011 le informazioni trasmesse in coerenza con quanto previsto nei Piani di adeguamento, saranno sottoposte a verifica in ordine a completezza e qualita'. A tal fine le Regioni e Province Autonome trasmetteranno, con cadenza semestrale, relazioni che verranno esaminate dalla Cabina di Regia del Nuovo Sistema Informativo Sanitario. 2. Entro il 31 dicembre 2011 il Ministero congiuntamente alle regioni e province autonome procederanno alla verifica dei contenuti informativi ed ad un eventuale aggiornamento degli stessi. 3. Dal 1° gennaio 2012 il conferimento dei dati nelle modalita' e nei contenuti di cui al presente decreto e' ricompreso fra gli adempimenti cui sono tenute le regioni per l'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato, ai sensi dell'Intesa sancita dalla Conferenza Stato-regioni il 23 marzo 2005. Art. 8. Regole di acquisizione e di controllo dei dati 1. Le modalita' di alimentazione del Sistema sono specificate nel disciplinare tecnico. 2. Le specifiche tecniche relative ai contenuti informativi sono disponibili sul sito internet del Ministero (www.nsis.ministerosalute.it), anche in attuazione di quanto previsto dall'art. 54 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, concernente il codice dell'amministrazione digitale. 3. Eventuali integrazioni o modifiche alle regole di acquisizione e di controllo dei dati, riportate nell'allegato tecnico al presente decreto, saranno formalizzate, pubblicate e comunicate da parte del livello nazionale alle regioni e province autonome, attraverso un protocollo di comunicazione e rese disponibili sul sito internet del Ministero www.emergencyoggi.it

(www.nsis.ministerosalute.it). Art. 9. Trattamento dei dati 1. La riservatezza dei dati trattati nell'ambito del sistema, ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ed, in particolare, dell'art. 34, comma 1, lettera h), verra' garantita dalle procedure di sicurezza relative al software e ai servizi telematici, in conformita' alle regole tecniche di cui all'art. 71, comma 1-bis, del Codice dell'amministrazione digitale. 2. La trasmissione telematica dei dati, secondo le modalita' basate su servizi di cooperazione applicativa conformi alle regole dettate dal SPC o su servizi di scambio di flussi telematici, sono descritte nell'allegato tecnico al presente decreto. 3. Ai fini della cooperazione applicativa le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e il Ministero garantiscono la conformita' delle infrastrutture alle regole dettate dal Sistema Pubblico di Connettivita' (SPC). 4. Con riferimento al precedente comma 3, le regioni o province autonome di Trento e di Bolzano che non dispongono di servizi di cooperazione applicativa conformi alle regole dettate dal SPC, d'intesa con il Ministero, predispongono un piano di adeguamento dei propri sistemi. Nelle more dell'adeguamento dei sistemi regionali, il conferimento dei dati e' reso possibile attraverso lo scambio di flussi telematici, secondo le modalita' e procedure descritte nell'allegato tecnico al presente decreto. 5. Eventuali integrazioni o modifiche alle modalita' di trattamento dei dati, riportate nell'allegato tecnico, saranno formalizzate, pubblicate e comunicate da parte del livello nazionale alle regioni e province autonome, attraverso un protocollo di comunicazione e rese disponibili sul sito internet del Ministero (www.nsis.ministerosalute.it). In ogni caso, l'approvazione delle modifiche e l'aggiornamento degli standard tecnologici saranno effettuati secondo le modalita' previste dall'art. 71 del Codice dell'amministrazione digitale. Art. 10. Entrata in vigore Il presente decreto entra in vigore dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il presente decreto e' inviato ai competenti organi di controllo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 17 dicembre 2008 p. Il Ministro l Sottosegretario di Stato: Fazio Allegato 1

DISCIPLINARE TECNICO

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FORMAZIONE UNIVERSITARIA quale approccio dinamico ed evolutivo delle

COMPETENZE e delle PERFORMANCE INFERMIERISTICHE

Analisi del contesto

Scafi Danilo - Infermiere Coordinatore/Area Critica Aguzzi Alessandro, Scoppetta Federica - Infermiere Coordinatore Clementi Enrica - Infermiere

Il progetto formativo del Corso di Laurea in Infermieristica mira a far conseguire agli studenti le competenze professionali proprie dell’infermiere, così come stabilite dalla normativa europea (D. Lgs 353/94), dall’ordinamento didattico universitario e dalle altre due coordinate che definiscono, ai sensi della legge 42/99, il campo proprio di attività e responsabilità delle professioni sanitarie: il profilo professionale, il codice deontologico. Tali competenze sono espresse dagli obiettivi generali di apprendimento del Corso di Laurea che guidano l’insieme del progetto formativo Il progetto formativo si articola, nei tre anni di corso, in programmi di insegnamento teorico, organizzati per corsi integrati, composti da insegnamenti coerenti tra loro per obiettivi e contenuti. I corsi integrati a loro volta concorrono coerentemente al raggiungimento degli obiettivi dell’anno di corso. Ogni anno di corso è, a sua volta, coerentemente interrelato con gli altri. Pertanto gli obiettivi educativi generali del Corso di Laurea, corrispondenti alle competenze prototipiche derivate dal profilo professionale, trovano adeguata

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e progressiva declinazione negli anni di corso, nei corsi integrati e nei vari insegnamenti i cui contenuti sono selezionati in ragione della loro pertinenza con il sistema degli obiettivi sopra ricordato. I programmi, pertanto, sono organizzati e presentati secondo il seguente schema: • un razionale che mette in luce la caratterizzazione propria dell’anno di corso • i corsi integrati, per ognuno dei quali sono descritti gli obiettivi ed elencati gli insegnamenti con i relativi Settori Scientifico disciplinari (SSD) A ogni corso integrato corrisponde in allegato una scheda secondo il modello ECTS (European Credit Transfert System) in cui sono specificati i docenti, il numero dei CFU, gli obiettivi e i contenuti degli insegnamenti, la bibliografia, i metodi di insegnamento e di valutazione d’esame. LA FILOSOFIA DELLA FORMAZIONE INFERMIERISTICA La formazione infermieristica: • E’ un investimento della società a sostegno della tutela della salute. Essa e’, quindi, configurabile come un sistema che contribuisce alla

protezione e allo sviluppo sociale • Si fonda su una concezione assistenziale condivisa, centrata sulla persona La formazione si impegna ad approfondire, diffondere, sostenere e condividere, in tutti le sedi e con tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione del progetto formativo, una concezione assistenziale sostenuta da valori, filosofie, obiettivi dichiarati, in campo nazionale ed europeo, che considerano la persona, il suo progetto di vita e la qualità della vita come prioritarie coordinate valoriali. Pertanto, i concetti di persona, ambiente-cultura, salute-malattia, benesseresofferenza, vita-morte, che sostanziano l’assistenza infermieristica, ispirano anche le scelte valoriali, pedagogiche e didattiche del progetto formativo. • Considera i problemi prioritari di salute della popolazione e i problemi di qualità dei servizi come ancoraggi indispensabili per progettare e realizzare percorsi formativi utili alla società L’utilità sociale di una professione è direttamente correlata alla qualità delle sue risposte di pertinenza ai problemi che la società stessa presenta. Gennaio 2009

L’approccio formativo centrato sui problemi prioritari di salute stabilisce, pertanto, una forte e dinamica interazione tra formazione del personale sanitario e necessità della popolazione assistita. L’utilità sociale di una professione è altresì determinata dalla qualità dei contesti organizzativi, culturali,operativi in cui essa realizza il proprio mandato sociale.pertanto, l’approccio formativo centrato sui problemi di qualità dei servizi stabilisce una forte e dinamica interazione tra formazione del personale sanitario e qualità del sistema sanitario. Coerentemente a questa prospettiva, la formazione, ai vari livelli, considera i problemi, sia di salute della popolazione, sia di qualità dei servizi, come occasioni di apprendimento e oggetti di studio, ricerca, sperimentazione. • Si fonda su una concezione pedagogica che pone al centro lo studente e i suoi processi di apprendimento L’apprendimento è un processo individuale, archetipico, attivabile spontaneamente da chiunque in quanto correlato fisiologicamente alla crescita e alla maturazione della persona. l’apprendimento efficace genera nella persona mutamenti stabili e consapevoli del proprio “stare nel mondo”. L’apprendimento professionalizzante, rivolto a un soggetto adulto e guidato da uno specifico progetto formativo, è efficace se intercetta, amplifica e orienta ciò che la persona già possiede naturalmente: la capacità di autodeterminare i mutamenti necessari per conseguire risultati valutati importanti e, quindi, motivanti. L’apprendimento è posto, quindi, in primis, sotto la diretta responsabilità dello studente. la struttura formativa si impegna, attraverso qualificati setting formativi e metodi appropriati, a porre lo studente nelle condizioni di condividere, contrattare, organizzare, realizzare e valutare il proprio percorso formativo. Tutto ciò nella convinzione che colui che è artefice dei propri cambiamenti, non si limita a reagire agli stimoli e agli eventi, ma si colloca in un’autonoma prospettiva pensante, che gli consente di travalicare gli apriorismi e di interrogarsi sul significato delle cose e sul senso della propria presenza in rapporto agli altri.

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• Si sviluppa attraverso percorsi formativi orientati al raggiungimento di obiettivi Gli obiettivi sono le espressioni delle competenze professionali che ci si aspetta che lo studente acquisisca. Tali obiettivi derivano dalla coordinate che la normativa professionale ha posto come riferimento per la definizione del campo proprio di attività e responsabilità dall’infermiere; nella fattispecie il profilo professionale, il codice deontologico e l’ordinamento didattico. • Utilizza metodi di valutazione validi La valutazione è un elemento di grande peso nella qualità di un programma di formazione che non ha come oggetto solo i discenti ma anche il programma e i docenti. Particolare attenzione è posta alla qualità essenziale della valutazione: la sua validità rispetto a ciò che essa misura. Da ciò deriva particolare attenzione ai metodi utilizzati per realizzarla. Tutto ciò che nella convinzione che la valutazione assume anche i caratteri di un vero e proprio sistema di protezione sociale: protezione dall’incompetenza. L’APPRENDIMENTO CLINICO “L’insegnamento clinico è l’aspetto della formazione infermieristica attraverso il quale gli studenti, facenti parte di un gruppo e in contatto diretto con persone sia sane che malate o con una collettività, apprendono a pianificare, fornire, valutare l’assistenza infermieristica globale richiesta sulla base delle conoscenze e capacità acquisite; lo studente impara non solo a essere un membro del gruppo, ma anche guida del gruppo capace di organizzare l’assistenza infermieristica globale. Gli studenti partecipano alle attività dei servizi nei limiti in cui tali attività contribuiscano alla loro formazione, permettendo loro di imparare ad assumere le responsabilità inerenti l’assistenza infermieristica” (Decreto Legislativo 2/5/94 n. 353 “Attuazione delle direttive CEE in materia di riconoscimento di diplomi e svolgimento di attività di medico, odontoiatra, veterinario, infermiere, ostetrica” – art. 6) Il raggiungimento delle competenze professionali si attua attraverso una formazione teorica e pratica che includa anche l’acquisizione di competenze comporta-

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mentali e che venga conseguita nel contesto lavorativo specifico di ogni profilo, così da garantire, al termine del percorso formativo, la piena padronanza di tutte le necessarie competenze e la loro immediata spendibilità nell’ambiente di lavoro. Particolare rilievo, come parte integrante e qualificante della formazione professionale, riveste l’attività formativa pratica e di tirocinio clinico, svolta con la supervisione e la guida di tutori professionali appositamente assegnati, coordinata da un docente appartenente al più elevato livello formativo previsto per ciascun profilo professionale e corrispondente alle norme definite a livello europeo ove esistenti” (Decreto Interministeriale 2 aprile 2001 - Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie) I due riferimenti normativi sopra citati esprimono l’importanza del tirocinio nel percorso formativo professionalizzante della laurea in Infermieristica. Il processo di apprendimento clinico dello studente si realizza come apprendimento: • attraverso l’esperienza diretta per conseguire le competenze definite dagli obiettivi educativi • sostenuto da un sistema tutoriale dedicato • supportato da metodi di apprendimento e di valutazione pertinenti ai principi a)Gli ambiti esperienziali che sostengo l’apprendimento clinico sono: • UO di Medicina e specialità mediche, Chirurgia e specialità chirurgiche, Servizi materno infantili territoriali e di assistenza domiciliare, servizi di area critica, Servizio psichiatrico territoriale – assistenza domiciliare, b) il sistema tutoriale clinico è rappresentato da tre ordini di figure: • il tutor d’area della sede formativa con funzioni di supervisione organizzativo pedagogica della realizzazione dei tirocini in un area di servizi (medica, chirurgica, intensiva ecc…) • il tutor clinico, infermiere della sede di tirocinio • l’infermieri guida di tirocinio, individuato tra gli infermieri presenti nella sede di tirocinio c) i metodi di apprendimento per facilitare l’apprendimento clinico dello studente sono: il contratto formativo, le sessioni tutoriali di riflessione sull’esperienza, le

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attività di studio guidato. La valutazione è condotta sulla base degli obiettivi di apprendimento sia in momenti formativi sia in momenti certificativi. INDIVIDUAZIONE DELLE CRITICITÀ La collocazione organica del tirocinio all’interno del curriculum formativo differenzia il tirocinio dai modelli di apprendistato o di addestramento, perché rende il fare in situazioni reali un apprendimento complesso che sollecita una risposta di tipo globale sia da parte dello studente che da parte del tutore. L’integrazione fra obiettivi teorici ed obiettivi di tirocinio dà allo studente la possibilità di comprendere la logica del percorso formativo e di cogliere la continuità fra contenuto del tirocinio ed i quadri teorici di riferimento che precedono o seguono l’esperienza clinica. Uno dei punti problematici della formazione infermieristica è quello dell’analogia fra approfondimento teorico del nursing clinico e la realtà assistenziale concretamente vissuta nei reparti. Il gap teorico pratico a volte appare a volte evidente già nell’orientamento degli infermieri docenti e degli infermieri clinici. Mentre l’infermiere docente punta ad

uno studio teorico dei modelli infermieristici ricavati dalle migliori esperienze internazionali, ma non sempre sperimentabili e applicabili sula campo, l’infermiere clinico risponde al pressing crescente di un modello direttivo che dà indicatori di qualità più legati all’efficienza che alla qualità soggettivamente percepita. OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO RELATIVI ALLA FUNZIONE ASSISTENZA: 1.accogliere la persona e la sua famiglia nel contesto assistenziale: 2.comunicare con la persona assistita e la sua famiglia in modo adattato 3.identificare, sulla base dei dati raccolti, i bisogni di assistenza prioritaria della persona, valutandone il livello di autonomia in rapporto alla malattia, al contesto di cura, al percorso diagnostico terapeutico 4.definire gli obiettivi di assistenza e il programma delle attività da realizzare 5.applicare gli interventi tecnici, relazionali ed educativi previsti dal piano stesso adattandoli 6.documentare nella cartella infermieristica l’assistenza realizzata e la relati-

va valutazione 7.informare, in coordinazione con il medico, la persona assistita sulle finalità e modalità di attuazione dei percorsi diagnostici e terapeutici 8.organizzare i percorsi diagnostici e terapeutici prescritti 9.preparare e assistere la persona prima, durante e dopo l’esecuzione di esami diagnostici e trattamenti terapeutici, invasivi e non, secondo i protocolli stabiliti e utilizzando le tecnologie disponibili secondo le specifiche istruzioni operative 10.monitorare le reazioni cliniche ed emotive della persona assistita, gli effetti terapeutici dei trattamenti effettuati, rilevando precocemente i segni e sintomi di eventuali effetti collaterali 11.attuare interventi assistenziali, secondo i protocolli, per prevenire o trattare complicanze 12.identificare segni e sintomi di situazioni acute/critiche attuare interventi mirati a fronteggiarle, attivando tempestivamente il medico e altri professionisti 13.attuare interventi mirati a fronteggiarle, attivando tempestivamente il medico e altri professionisti 14.individuare i problemi prioritari nell’ambito dell’autogestione della malattia e dei trattamenti, gestibili attraverso interventi educativi 15.stabilire e applicare con la persona assistita e la famiglia un progetto educativo personalizzato 16.valutare il livello di capacità di autocura raggiunto dalla persona e dalla sua famiglia 17.gestire, in collaborazione con l’èquipe assistenziale, la fase della dimissione della persona dal contesto di cura. OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO RELATIVI ALLA FUNZIONE ORGANIZZAZIONE 1.Organizzare le attività assistenziali per le persone affidate tenendo conto delle esigenze della persona, del contesto organizzativo specifico e dell’utilizzo ottimale delle risorse disponibili del servizio. 2.attribuire al personale di supporto, sulla base della valutazione delle ne-

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FORMAZIONE UNIVERSITARIA quale approccio dinamico ed evolutivo delle COMPETENZE e delle PERFORMANCE INFERMIERISTICHE cessità assistenziali 3.interagire con i componenti dell’èquipe facilitando i rapporti e apportando contributi costruttivi 4.intervenire costruttivamente nell’analisi e nella soluzione dei problemi evidenziati nell’organizzazione dell’assistenza OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO RELATIVI ALLA FUNZIONE 1.autovalutare il proprio livello di competenze professionale e segnalare i propri bisogni di formazione 2.realizzare attività di autoformazione e documentare il percorso di apprendimento svolto 3.realizzare attività di guida di altri studenti, di altri operatori in formazione I livelli di responsabilità formativa La responsabilità possono così essere identificate: • Coordinatore del corso di laurea in infermieristica Responsabile nella definizione dell’apprendimento clinico e della sede formativa; • Responsabile Servizio Infermieristico Responsabile nella definizione di condizioni organizzative favorenti l’apprendimento clinico • Tutor clinico Responsabile: 1.dell’accoglienza ed orientamento dello lo studente nell’esperienza di tirocinio presso la struttura; 2.di un’adeguata integrazione dello studente nell’unità operativa e segue il suo inserimento nel servizio; 3.delle strategie, degli strumenti di verifica e della valutazione; 4.nel sostenere il processo d’apprendimento e guida dello studente verso il raggiungimento degli obiettivi del progetto formativo. • Infermiere guida di tirocinio nelle unità operative Responsabile dell’insegnamento secondo evidence base nursing; • Coordinatore infermieristico della sede formativa Responsabile: definire le figure che affiancano lo studente, elaborare la valutazione diagnostica, formativa e finale; seguire direttamente o supervisionare lo svolgimento delle attività di tirocinio ed il relativo monitoraggio, sulla base del progetto formativo stabilito;

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Gli interventi strutturali E’ necessario che all’interno di un’organizzazione (ospedale, distretto, dipartimento) vengano chiariti organigramma e funzionigramma, i ruoli e le responsabilità con assegnazione degli operatori, spazi, strutture e attrezzature. Gli interventi sui processi Identificazione e applicazione del contratto di apprendimento clinico fra lo studente del corso di laurea in infermieristica ed il tutor clinico rappresentante della sede formativa clinica. Il tutor clinico nella sede formativa rappresenta il necessario supporto e guida allo studente nel percorso di apprendimento delle competenze professionali e, nel contempo, un’opportunità di accrescimento e sviluppo per l’intera équipe assistenziale ed uno stimolo al miglioramento della qualità assistenziale, relazionale e gestionale dell’unità operativa. Le azioni formative La crescente complessità del sistema sanitario esige che gli infermieri siano in grado di svolgere le proprie funzioni assistenziali con sempre maggiore competenza e professionalità. L’approdo della formazione infermieristica in ambito universitario ha comportato sostanziali modifiche nell’articolazione del piano delle attività professionalizzanti dell’infermiere. Per quanto attiene l’apprendimento clinico, l’orientamento dei programmi è sempre più volto a favorire l’acquisizione di un sapere esperto caratterizzato dalla compenetrazione di conoscenze tecnico-scientifiche ed abilità pratiche. I Risultati attesi I risultati attesi sono che lo studente nell’ambito dell’apprendimento clinico sia in grado di: • verificare da un punto di vista applicativo le conoscenze acquisite • integrare la conoscenza teorico pratica • maturare capacità diagnostiche, attraverso la formulazione di ipotesi • verificare le ipotesi diagnostiche, alla luce dei principi dell’evidence based nursing • sviluppare capacità decisionali • acquisire competenze operative e ca-

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pacità relazionali • accrescere l’attitudine al lavoro in equipe Gli indicatori per gli OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO RELATIVI ALLA FUNZIONE ASSISTENZA sono le prestazioni che devono essere eseguite per il soddisfacimento dell’obiettivo stesso: OBIETTIVO 1) a.favorire l’orientamento e l’inserimento del bambino nel contesto assistenziale b.facilitare l’espressione dell’ansia, della paura e delle necessità di aiuto del bambino c. creare un clima di fiducia, rispetto, sicurezza e collaborazione d.raccogliere l’ananmesi infermieristica registrando i dati relativi a: • la storia del bambino e la sua situazione socio familiare • le sue abitudini di vita e gli elementi della storia clinica correlati ai problemi di salute manifestati • la capacità di collaborazione e le risorse attivabili dal bambino e dai suoi familiari OBIETTIVO 2) a.Comunicare con il bambino/ragazzo in modo adatto all’età, alle sue reazioni e alle sue capacità e anche per quanto possibile attraverso l’utilizzo di attività ludiche in collaborazione con gli operatori di volontariato OBIETTIVO 3) a.valutare il peso, il colore della cute, il pianto,il tono muscolare b.valutare quantità e aspetto delle feci e delle urine e distinguere le alterazioni c. ifferenziare il vomito dal rigurgito e valutare l’aspetto, l’andamento evolutivo, il rapporto con l’introduzione degli alimenti d.rilevare il colorito cutaneo, FC e FR, PAOS, temperatura corporea e.valutare il rapporto tra introdotti ed alimenti f. valutare nel bambino affetto da patologie respiratorie la tosse, le modifiche del rit mo respiratorio (polipnea – bradipnea), la diversa frequenza respiratoria in rapporto all’età, rientramenti intercostali, cianosi OBIETTIVO 4)

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FORMAZIONE UNIVERSITARIA quale approccio dinamico ed evolutivo delle COMPETENZE e delle PERFORMANCE INFERMIERISTICHE a.definire in collaborazione con l’equipe gli obiettivi e il programma assistenziale, ricercandone la condivisione con il bambino assistito e la famiglia b.pianificare interventi in collaborazione con l’équipe per consentire ai familiari di esprimere le loro preoccupazioni OBIETTIVO 5) a.valutare e mantenere il micro-macro ambiente secondo i parametri concordati di luce, rumore e traffico b.scegliere i supporti adeguati (cuscinetti, rotoli, nidi, ciambelle) per mantenere la postura più idonea di ogni singolo bambino in base alla sua patologia OBIETTIVO 6) a.gestire ed organizzare l’accompagnamento del bambino dal reparto verso altri servizi OBIETTIVO 7) In caso di indagini diagnostiche: a.provvedere all’esecuzione di prelievi di materiale biologico (urine, feci, escreato, tamponi nasali, faringei, oculari) quando necessario e secondo le modalità in uso b.preparare ed eseguire il prelievo venoso e capillare c. applicare il saturimetro ed effettuare il monitoraggio della saturazione transcutanea In caso di trattamenti terapeutici: a.preparare e somministrare le varie terapie: orale, oculare, SC, IM, EV topica, inalatoria b.effettuare l’aspirazione faringea se necessaria c. preparare farmaci antiblastici, oppiacei, immunoglobuline, fattori di crescita

BIBLIOGRAFIA 1. Altieri L, Migliozzi D. Una ricerca di qualità. La spendibilità della ricercavalutazione nei programmi sociali”. In Cipolla Op.cit. 2. Altieri L. A quali condizioni la valutazione della qualità percepita dai cittadini influisce positivamente sulla qualità dei professionisti e delle organizzazioni? 3. Burrato F. Indicatori e ricerca empirica. In Grazia-Resi. Op. cit.

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In caso di intervento chirurgico: a.preparare il bambino/ragazzo all’intervento chirurgico in base all’età e al tipo di intervento b.effettuare gli interventi previsti per l’immediato post-operatorio secondo i protocolli in uso nel servizio (controllo del dolore, terapia infusionale, mobilizzazione del paziente operato, medicazione di ferite chirurgiche Nell’utilizzo di apparecchiature: a.provvedere alla gestione del CVC e CVP secondi in protocolli in uso b.controllare il funzionamento corretto di monitor e pompe infusionali OBIETTIVO 8) a.monitorare gli effetti collaterali immediati e tardivi dei trattamenti farmacologici (nausea, vomito, diarrea,astemia,orticaria, ipertermia, gastralgia) b.monitorare le reazioni ai farmaci chemioterapici e agli emoderivati OBIETTIVO 9) a.rilevare e segnalare tempestivamente i segni di stravaso venoso e malfunzionamento dell’accesso venoso ed applicare le misure di trattamento b.utilizzare correttamente i dispositivi di protezione individuale c. applicare correttamente i protocolli per la prevenzione ed il controllo delle infezioni crociate OBIETTIVO 10) a.Rilevare segni e sintomi che segnalano alterazioni significative nelle condizioni del bambino: colore e aspetto della cute, respiro, temperatura, umore, stato della coscienza ed eventuali sintomi neurologici: tremori, scarso orientamento tempo – spazio

4. Cinotti R, Cipolla C. (A cura di). La qualità condivisa fra servizi sanitari e cittadini. Milano: FrancoAngeli, 2003. 5. Cipolla C, Giarelli G, Altieri L. (A cura di). Valutare la qualità in sanità. Milano: FrancoAngeli, 2002. 6. Cipolla C. (A cura di). Manuale di Sociologia della Salute II. Ricerca. Milano: FrancoAngeli,2004. 7. Corposanto C. Il ciclo statistico della ricerca sociale. Milano: FrancoAngeli, 2002. 8.Corposanto C. Indicatori di qualità

OBIETTIVO 11) a.insegnare al bambino ed ai suoi familiari la gestione a domicilio di dispositivi infusionali a lunga permanenza b.insegnare al bambino ed ai suoi familiari la gestione a domicilio di trattamenti farmacologici quali fattori di crescita, antiblastici per via orale e intramuscolare, ferrochelanti c. insegnare al bambino e alla sua famiglia a prevenire e gestire i problemi correlati alla malattia OBIETTIVO 12) a.facilitare e sostenere l’espressione di sentimenti dei genitori nei confronti dei loro bambini b.aiutare i genitori a riconoscere gli atteggiamenti dei loro bambini come segni comunicativi OBIETTIVO 13) a.identificare i bisogni ancora compromessi b.individuare in collaborazione con altri professionisti forme integrative e di aiuto identificare il care giver all’interno della famiglia e all’interno dei servizi territoriali OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO RELATIVI ALLA FUNZIONE ORGANIZZAZIONE sono le prestazioni che devono essere eseguite per il soddisfacimento dell’obiettivo stesso: OBIETTIVO 14) a.analizzare i processi ed i risultati dell’assistenza infermieristica erogata b.riconoscere le difficoltà organizzative c. ricercare una soluzione identificando i problemi affrontabili d.confrontarsi con i professionisti dell’equipe.

dei sistemi sanitari. In Cipolla Op. cit.N. 1-2, 2006 9. Corrao S. Il focus group. Milano: FrancoAngeli, 2000. 10. Dani L. La buona qualità. Milano: FrancoAngeli, 2003. 11. Degli Espositi L, Valpiani G, Baio G. Valutare l’efficacia degli interventi in sanità. Roma: Il Pensiero Scientifico editore, 2003. 12. Deming WE.. L’impresa di qualità. Torino: Isedi ed., 1989. 13. Donabedian A. La qualità dell’as-

sistenza sanitaria. Roma: La Nuova Italia Scientifica, 1989. 14. Fiocco PM.. La ricerca progetto. In Cipolla Op. Cit. 15. Giarelli G. Sistemi sanitari. Milano: FrancoAngeli ed., 1998. 16. Maturo M. Governance ed opzioni deliberative. In Cipolla Op. Cit. 17. Vertecchi L. Manuale della valutazione – analisi degli apprendimenti e dei contesti. Milano:FrancoAngeli ed., 2003.

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libri • dal mondo • congressi • tecnologie • libri ’ UNITA’ CINOFILA è formata da personale specializzato in soccorso e salvataggio costituita da un BAGNINO di Salvataggio e un cane [di razza Terranova, Golden Retriver, Labrador Retriver: la cui particolarità sono le zampe palmate] abilitato all’operatività del salvataggio pronta ad intervenire in tutte le situazioni di pericolo per la vita umana in mare/fiumi/laghiI. Queste razze di cani oltre ad avere la caratteristica di avere le zampe palmate per ottenere una spinta efficace in acqua, hanno una grossa predisposizione all’acqua nonché un carattere docile. L’unità cinofila è costituita da un bagnino di salvataggio e dal suo cane addestrato. L’addestramento fatto è di tipo moderno “ non coercitivo” basato sullo studio della psicologia canina ove il cane non viene mai obbligato ad eseguire un esercizio, ma viene invogliato a farlo ( come se fosse un gioco) per il piacere di far felice il suo padrone, tutto si basa sul rapporto conduttore-cane elemento essenziale nell’unità cinofila. L’addestramento a terra è fondamentale per l’educazione del cane ai comandi e fa capire al conduttore le regole base della cinofilia, il lavoro in acqua è un vero e proprio allenamento agonistico nuoto con il cane per distanze non inferiori ai mt.100 ripetute sei- sette volte , nuoto con il cane in velocità fino ad una boa distante mt.50 e tornare a riva trainato dal proprio cane , anche questo esercizio ripetuto sei – sette volte con qualsiasi tipo di mare , resistenza ed affiatamento sono le basi essenziali per diventare una perfetta unità cinofila da salvataggio , che ricordiamo deve essere composta da un bagnino di salvataggio e dal cane abilitato all’ausilio dello stesso . Nel Centro Unità Cinofila da Sal-

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vataggio il conduttore, viene preparato al brevetto di bagnino di salvataggio per le tecniche di rianimazione,primo soccorso coordinamento soccorsi e nozioni di voga . Nella parte finale dell’addestramento in acqua , alcuni figuranti dello Staff simulano vere e proprie situazioni di malori per verificare il grado di preparazione dell’unità cinofila nel salvataggio di persone in procinto di annegare. Il Centro Unità Cinofila da Salvataggio di Santa Marinella, dispone di sette unità cinofile con brevetto operativo ( Bagnino di salvataggio della S.N.S. e cane con abilitazione all’operatività ), ed effettua un servizio di monitoraggio costiero della costa laziale nel periodo estivo, nel tratto Tarquinia –Civitavecchia –Santa Marinella-Furbara, nel progetto promosso dalla Regione Lazio “ al mare sereni “ è inserito nel piano SAR della Capitaneria di Porto di Civitavecchia, iscritto nelle liste del Volontariato della Protezione Civile Nazionale, Regionale,e Comunale, oltre alle sette unità cinofile con brevetto operativo , dispone anche di quattro unità cinofile con brevetto avanzato di protezione civile , sette bagnini di salvataggio della S.N.S., cinque operatori abilitati all’uso del defibrillatore BLS-D , un infermiere professionale e cinque operatori con patente nautica Il C.U.C.S. ,effettua con successo nel periodo Ottobre –Aprile , corsi di addestramento per unità cinofile da salvataggio riconosciuti dall’A.N.U.C.S.A Associazione Nazionale Unità Cinofile Salvataggio Acqua , ( nel 2008 24 iscritti al centro) da cui finanzia gran parte dell’attività di Protezione Civile. Partecipa attivamente a progetti per la solidarietà sociale da quest’anno è attivo sul territorio , l’Acquatic Team Rescue , un team di cani da salvataggio selezionato

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