Poesie Dante De Giorgi

  • Uploaded by: Alfredo Romano
  • 0
  • 0
  • June 2020
  • PDF

This document was uploaded by user and they confirmed that they have the permission to share it. If you are author or own the copyright of this book, please report to us by using this DMCA report form. Report DMCA


Overview

Download & View Poesie Dante De Giorgi as PDF for free.

More details

  • Words: 7,271
  • Pages: 115
DANTE DE GIORGI

Poesie dell’amore malato A cura di Alfredo Romano

INTRODUZIONE Dante, amico mio. Quando ho finito di leggere le poesie di Dante sui tanti fogli sparsi, poesie degli ultimi tre anni della sua vita, ecco, mi sono detto, questi versi sono il suo testamento più vero, sono soprattutto tutto ciò che lui non ha mai potuto dire o gridare nell'arco della sua tormentata esistenza. Vi traspare, questo sì, un'esasperata impossibilità di vivere, di amare e di esserne ricambiato, ma anche uno stile che si traduce nell'evocazione di ritmi, suoni e parole che vanno al di là dello sfogo personale e che sono invece di sorprendente e rara poesia. Eppure, malgrado fossi un suo vecchio amico, non sapevo che Dante, nei suoi ultimi anni, avesse scelto la poesia come compagna di viaggio, in un dialogo solitario, è vero, ma pur sempre un messaggio in bottiglia che lui, naufrago, lanciava di giorno in giorno nella speranza che venisse raccolto almeno da una pagina amica. A onor del vero, da quando da ben 17 anni aveva contratto matrimonio, era come scomparso, si negava, rifiutava gli inviti. Era andato a vivere a Roma, certo, ma aveva conservato il suo lavoro qui a Civita Castellana, e io e altri amici non sapevamo darci spiegazioni. In seguito capimmo: Dante non era riuscito a trovare quella gioia e quella serenità familiare che tutti s'aspettano quando mettono su casa. Lui è stato sfortunato, ecco, e forse non voglio cercare altre motivazioni, quasi che ormai siano inutili. Sappiamo per certo che in tutti questi anni non ha fatto altro che invocare amore, inseguendo come un'ossessione l'oggetto del suo desiderio. Il resto, anche gli amici, tutto era diventato secondario per lui. Finché ha avuto un filo di speranza, ha evocato in bei versi questa sua ossessione, poi un giorno quel filo si è rotto e ha gettato la spugna. Vana a quel punto anche la poesia, quella poesia che, si sa, salva la vita. Dante se n'è andato in un giorno di gennaio del 2000. Aveva 50 anni. Era nato a Tricase, in provincia di Lecce, ed era approdato a Civita Castellana negli anni sessanta, con tutta la famiglia, all'epoca della massiccia emigrazione dei salentini a Civita Castellana. Di lui, qui a Civita, sono stato il primo amico. Accomunato dal suo stesso destino, lo conobbi nella Tenuta Terrano dove allora c'era la più grande concentrazione di famiglie meridionali, compresa la mia, dedite alla coltivazione del tabacco. Entrambi frequentavamo nel sud le scuole superiori e l'estate raggiungevamo le nostre famiglie, a dividere con loro la faticosa raccolta del tabacco al ritmo di 15 ore di lavoro il giorno. Dante in realtà, unico figlio maschio, adorato dai genitori e dalle due sorelle, veniva un po' risparmiato dalle grandi fatiche, quasi che a lui fosse stato affidato il riscatto sociale di una famiglia che lottava, come tutte allora, per la sopravvivenza. Come per gli extracomunitari oggi, anche per noi allora il termine "leccesi" stava a significare una colpevole diversità sociale e culturale. E non mancò il razzismo, pur in una Civita Castellana progressista dove la sinistra raccoglieva il 64% dei voti. Tutti ne soffrivamo per questo, ma si mordeva il freno, la strada per un'affermazione sociale e professionale era difficile. Dante, diplomatosi ragioniere, trovò ben presto un impiego presso l'azienda Colavene dell'imprenditore Gianni Colamedici di Civita Castellana. Dotato di intelligenza e capacità operativa non comuni, ben presto divenne la persona di fiducia dell'imprenditore e nelle sue mani vennero poste le sorti amministrative dell'azienda. Questa divenne la sua seconda famiglia, Gianni Colamedici il suo secondo padre. Me ne parlava sempre con ammirazione, come di un uomo che s'era fatto da sé. Dante, per trent'anni e più, ha profuso in quell'azienda tutte le sue risorse, e non stava lì a contare le ore di lavoro, non si risparmiava neppure il sabato e la domenica a volte, o durante le vacanze estive. Era, come si dice, "arrivato", e ne era orgoglioso. E lo era anche la sua famiglia che smise la coltivazione del tabacco. Una

villetta alla periferia del paese fece il resto: quelle schiene ricurve all'alba di scuri mattini nel silenzio rotto dal ticchettio di foglie spezzate erano ormai un ricordo lontano. Mi accomunava con Dante una certa idea romantica della vita, un guardare le cose, gli avvenimenti e le donne, sempre con lo sguardo della poesia. Che poi significa vedere al di là. Già fin d'allora si mostrava attento alle buone letture e si faceva a gara a scoprire questo o quell'autore che ci fornivano riflessioni o discussioni di motivo esistenziale, per non dire confidenze sui nostri umori ed amori. Io ogni tanto salivo su di un treno e andavo lontano a tentare nuove esperienze di lavoro. Gli scrivevo da Milano e lui non vedeva l'ora che tornassi per fargli rivivere con gesti e parole le mie trascorse avventure. M'invidiava per questo, per quel mio sapermi staccare dalla famiglia e provare a vivere da solo in circostanze difficili. Era anche affascinato da quelle mie nuove idee di rivolta sull'onda dei movimenti giovanili di allora; incuriosito anche da quelle mie strane canzoni di satira e protesta tirate fuori dal mio bagaglio milanese. Io, per contro, mi schernivo: il fortunato era lui perché lui aveva un lavoro e io ero ancora in affanno. Questo rapporto a due ben presto finì. Si affacciavano nuove amicizie per me e trascinai anche lui nella mia banda di sbandati, per dirla alla Fo. Si passavano intere notti a cantare, a discutere animatamente, a giocare con i destini dell'umanità armati di tanta speranza e voglia di capire e di fare. C'erano ragazze nel gruppo e nascevano sguardi e amori, delusioni e abbandoni. Era la vita. Un sogno a ricordare. Negli anni seguì il riflusso e ognuno quasi si ritirò per la sua strada. Ma se questo è successo con alcuni amici, con Dante non sarebbe stato possibile. Poteva capitare di rivedersi anche dopo qualche tempo, ma era come essersi lasciati il giorno prima. Nel fare ogni sera ritorno a Roma, lui percorreva con l'auto una strada non molto distante da casa mia. Si fermava talvolta, per poco, poi ripartiva in fretta, come assillato da un incubo che l'attendeva. Io non capivo, ma lui era restio a confidarsi. "Ti voglio almeno una volta a cena con la tua donna," imploravo. Ma lui mi guardava con quel suo gesto di mordersi un labbro. Non insistevo. Mistero. Poi, prima dell'addio, ha lasciato scritto il perché: c'era purtroppo bisogno di un gesto per dare la sua anima in pasto alla verità, alla sua verità. Gli succedeva delle sere a volte, sul tardi, di telefonarmi. Diceva che aveva bisogno di sentire la mia voce e quella di Mina, la mia compagna. Nelle mani, magari, un bicchiere di vino lo incoraggiava a delle confidenze, a echeggiarmi, ancora una volta, il suo pessimismo cosmico. Una domenica pomeriggio mi chiamò col cellulare: era presso la riva del mare dalle parti di Fregene. "Senti le onde," mi ripeteva "ti ho chiamato per farti ascoltare il mare." Da quella voce traspariva tutta la sua radicata solitudine, una malattia dalla quale non voleva guarire, come dovesse pagare un prezzo a tutti i suoi sogni infranti. E intanto scriveva poesie, bellissime poesie che lui non mi leggeva. Come se niente e nessuno al mondo avesse potuto smuovere il duro gioco cui era legato. Lui non voleva aiuto, non gli serviva: lui voleva il suo amore, il suo amore chiuso a chiave di cui pur avvertiva il respiro nel silenzio della notte. A giugno del 1999, otto mesi prima di quell'infausto 29 gennaio 2000, si prestò a partecipare a un premio di critica letteraria recensendo il mio ultimo romanzo. Ne era così entusiasta che non faceva che comprare copie e regalarle ai suoi amici ed amiche. Era come se fosse il suo di romanzo, come se l'avesse scritto lui. Ecco, nessuno più di lui ha saputo regalarmi osservazioni e commenti tra i più appassionati, per non dire di 3

alcuni spunti ironici che l'avevano fatto ridere tutta una notte. Ero sorpreso. La giuria del premio, riunita a Otranto, assegnò a Dante il secondo premio. Lo inorgoglì questo evento: qualcuno, lontano, s'era accorto di lui. Ma non gli bastò a procurargli una maggiore stima si sé, a volersi un po' più di bene almeno, quel tanto da fargli capire che la vita è ricca di tante opportunità. Eppure Dante non era privo di interessi. Fino alla fine ha coltivato le sue buone letture: non soltanto romanzi, ma anche saggi di filosofia che potessero dare magari una qualche risposta ai suoi interrogativi di natura personale; non mancava altresì di interessarsi di matematica, di politica, di economia. Quando si parlava di libri, Dante tirava fuori una cultura e un linguaggio insospettati. Mi sono sempre chiesto come mai queste sue invidiabili risorse non siano state per lui un buon motivo di aggancio alla vita: ma Dante inseguiva solo e soltanto un sogno. Tre mesi prima. Un colpo di telefono dall'azienda: "Alfredo, ti annuncio che sto per divorziare. Trovami un appartamento a Civita, ma che sia luminoso." E io pronto: "Era ora, un passo che dovevi fare da tempo." E già, credevo che solo uno strappo avrebbe potuto cambiare in meglio la sua vita. E lo credo tuttora. Così mi sono messo a cercare. Incredibile, su di un anonimo VENDESI, c'era proprio scritto “Appartamento luminoso…” M'attacco al telefono: "Dante, te l’ho scovato l’appartamento luminoso!" Lui si è messo a ridere, a ridere che non la finiva più, a ridere che io avessi potuto prendere sul serio la sua “azzardata” richiesta. Poi 20 giorni prima l'ultima telefonata: "Ciao Alfredo, volevo salutarti…" Poi: "Passami Mina." Sentivo Mina ribattergli in modo più spassionato, senza fronzoli: "Basta, Dante, vieni ad abitare a Civita. Ti puoi rifare una vita, conosci tanta gente qui e sul lavoro non ti manca la stima. E poi ci siamo noi che ti vogliamo bene, ci sono altri amici…" Ma Dante De Giorgi inseguiva solo e soltanto un sogno. Alfredo Romano

4

NOTA DEL CURATORE Dante, nelle sue ultime volontà scritte prima del tragico gesto, ha lasciato il suo manoscritto di poesie proprio a Gianni Colamedici, che, purtroppo, è scomparso qualche anno dopo di lui. Era un desiderio di Colamedici veder pubblicate le poesie di Dante, mi disse che era per rendergli omaggio e anche giustizia. Gli eredi Colamedici, dando l’assenso alla pubblicazione di questo volume, intendono così rispettare la volontà del padre. In quanto al manoscritto, si tratta di fogli sparsi, alcuni con data, altri senza. Ho usato il criterio di accomunare le poesie datate, mentre le altre nell'ordine sparso in cui sono state trovate. Le poesie sono tutte scritte a mano con penna stilografica, la maggior parte su fogli a quadretti, altre su prestampati delle aziende Axa e Kerasan di Civita Castellana, aziende per le quali Dante si prestava per lavori di contabilità. Con qualche eccezione, le poesie sono senza titolo. Ho preferito perciò dare loro un numero progressivo. Ho rispettato gli a capo non allineati, esattamente come nel manoscritto. Evidentemente, Dante, si affidava a una poesia anche visiva.

1 Non ho radici le ho tagliate con esse son cadute le foglie dei rami. Le zolle umide d'autunno non bastano. La scorza dei tronchi inaridita di muschio mi lascia. La vita è morte continua. Sorridi ai tuoi amici ai tuoi cari ai tuoi cieli radici profonde che il sangue ti porta brividi al cuore. 1996

2 È il vuoto dell'anima che ti risucchia a vivere. È il non essere che appare e turbina. Dove sei amico mio morbido specchio della mia anima. 1996

7

3 Spossata dall'arida estate la fonte già quasi non gocciola più. Il muschio (umili ricordi) disseta l'anima. Basterà per l'inverno. 4 agosto 1996

8

4 No la sola cosa che dici No un'arma pesante fracassa il cuore No e il pensiero spezzato mi smarrisce No e il volo del cuore rovina si spacca precipita in mille dubbi che restano. Veleno nell'anima il mio dolore infinito incompreso il tuo. Chi siamo? 24 dicembre 1996

9

5 Le mie bandiere le ho bruciate sul compromesso d'un giorno in più d'un passo più avanti d'un altro sguardo poco più in là. E gli altri andavano lontani miglia su strade larghe scordando vicoli scordando angoli di pietra nera là dove l'anima resta più sola ed è insicura ma è sincera. Azzurro sole di casa mia. 20 aprile 1997

10

6 Spegnete il lume della ragione adesso. Aprite le porte al vento caldo e all'indolenza taccia la scienza. Che i nostri figli siano il tempo candidi come gigli limpidi semplici materia primordiale di creazione acqua d'impasto unione d'universo. 19 dicembre 1997

11

7 Potessi raccogliere con le mani il tuo sorriso. Potessi con i miei occhi comprenderti d'un tratto fossi il tuo letto l'aria che respiri turbinio di pensieri che ti spinge come vela al vento. Luce scintillante gemma che ti circonda fossi l'abbraccio nudo in cui ti stringi sola nei solitari attimi in cui ti struggi di malinconia. Fossi io quell'ultimo sogno anelito amore d'un dolce bisogno di semplicità di allegria di riso ineffabile segno di felicità. Potessi amarti come tu mi vuoi Maria. 19 dicembre 1997 12

8 Di frana scomposta in un bosco di massi ancor freschi di terra di nidi travolti di muschio divelto di rami spezzati di tronchi feriti da tanta coerente violenza che arrossa il ruscello di fango è percorso il trillo del merlo smarrito null'altro vi scopre il mio cuore malato. 21 aprile 1998

13

9 E se c'è un Dio dei deboli! dei deboli contro Dio dov'è che fa chi è. Un dio senza ragione senza senno irrazionale e… debole dove è abbracciami amico mio fratello. 14 maggio 1998

14

10 Esplodere l'improvviso pensiero in VERITÀ… … e non comprendere più la VITA. Eppure è qui lo zero assoluto l'attimo iniziale l'UNIVERSO. Ripetere l'unicità d'essere all'infinito nell'unità di conto nel so nel sum nel me e se le parole bastassero a dire quel che la vita ti bagna ciò che del tempo ti segna dove trovarle quali le sillabe antiche gonfie di vero di certo d'universale. Solitudine è conoscere e niente parole per dire. maggio 1998

15

11 E come il velluto del muschio si sveglia pian piano al sentore di gocce già rade di pioggia d'agosto sì secco il mio cuore mi tenta al risveglio. La coppa di sale nell'aria stagnante martella anche l'ultima stella. Ma la polvere è crosta già secca. luglio 1998

16

12 E nei tuoi occhi fieri d'orgoglio e lucidi di pianto ritrovo limpido il senso d'essere. Carezza l'anima il tuo tormento come il turgore di fresche nubi lava la polvere d'una calda estate. Basta la pioggia promessa a riaccendere l'antica sete. Basta quel buio improvviso a far risplendere il sole nascosto. 7 luglio 1998

17

13 Scrosciano nelle pozzanghere sotto la pioggia le molte auto che s'allontanano. Brillano di gocce lucide quasi si dondolano le fioche lampade lungo i viali. Quietamente piove. E senti rivoli scorrere limpidi tra i tuoi capelli sulle tue spalle lavarti il cuore delle sue nebbie dei suoi rancori. Piangi col cielo non soffri più. 4 dicembre 1998

18

14 Le labbra mie che sfiorano le guance tue arrossate. Le mani mie che colgono le gambe tue rotonde. Le dita tue che arruffano i miei capelli radi. Nei nostri occhi brilla il riso e il desiderio (furtive occhiate e scoppi di risa imbarazzate) poi quell'attimo infinito di verità profonda quel mare che s'acquieta nel turbine silente. … nelle pupille splende un sole di dicembre 19 dicembre 1998

19

15 ICONA Potrei lasciarti addosso quel timore (e quel piacere) d'essere amati. Potrei sfilarti l'anima con un sorriso (o una lacrima) di verità. Ma poi il rimorso del silenzio soltanto mi rimarrebbe …e di te neanche l'immagine. 8 marzo 1999

20

16 Invano arando i pensieri cerco parole d'amore. Inutili sguardi lontani chiedono amore. Soltanto il cristallo reale dell'essere soli rimane. E con esso il rimorso di non ricordare d'avere vissuto. 8 marzo 1999

21

17 Ho bisogno d'inverno di freddo che passi le ossa di vento che tagli la faccia di ricordi di morte di rami spezzati di amori traditi di te della tua disperazione consolata dal dubbio del mio ritorno del gelo che scalda e rannicchia nel senso del solo nel buio dispero. 17 marzo 1999

22

18 Mi basta quell'umile bacio ch'ho dato a fiore di labbra sull'orlo del cuore per dirti di avere vissuto. Non bastan parole, né baci o carezze, è per dire alla vita che ho amato. 2 aprile 1999

23

19 Gli uomini non parlano più con me. È la loro muta condanna del mio rifiuto. È il loro esplicito consiglio di essere. Così solitario nella loro solitudine mi chiedono di spegnermi. 4 aprile 1999

24

20 Strano l'amore capriccio di bimbo, sorriso di donna, risata in gola, mani tremanti, cuore disciolto, amico timido, valzer sull'erba, un ammiccamento un bacio in piazza neve bianchissima sole a dicembre fragor di primule sapor di fragole musica aria di primavera. 12 aprile 1999

25

21 Nella povertà del mio vivere sempre ho vissuto la ricchezza delle donne a me vicine. La tua ricchezza… i tuoi colori la tua risata l'amore semplice per derelitti bastava un fiore dei tuoi vasetti a farmi ricco e non ho più fiori per ripagarti non ho più grazie più non ti basta questo mio amore Maria. 12 aprile 1999

26

22 Non ho ancora visto i tuoi occhi appannarsi d'eternità. Non ho ancora visto il tuo viso disciogliersi in serenità. Ma già temo il silenzio della tua voce il rompersi delle tue idee l'inutile seguito del mio futuro l'obbligo vivido di continuare l'immane compito di dover vivere l'incapacità nota di saper amare. 17 aprile 1999

27

23 Ed ecco quel vuoto di musica nota pervade la sera piovosa d'aprile. Qualcuno richiama ad un'antica preghiera. La notte che scende è ancora più sola dopo il canto dei merli perduti dietro canti d'amore. Oh tristezza che scendi solitaria follia acuto momento di malinconia pensiero d'eterno stanchezza di vivere ma ecco… La mano è già tesa ad un nuovo giorno. Aspetta… ritorno. 20 aprile 1999

28

24 Com'è limpido il lago stamane sotto un cielo rigonfio di pioggia le piccole onde (quasi l'affetto d'un cane) carezzano lente la spiaggia. I merli vivaci discutono correndo i viali deserti. Che pace. Che vuoto che inutili attimi gettati come grani di sabbia nella squallida nebbia dell'alba. Mi sento più solo dell'onda che carezza la spiaggia. Nemmeno il pensiero di te riempie quel vuoto che prende le viscere, gli occhi, la mente, che tronca il grido al gabbiano che spegne lampare al mattino che gonfia di rabbia quell'onda paciosa che spacca la sabbia cacciandoti in gola quell'urlo di vita che non ti consola. Ecco le reti son piene. Tiratele su. 21 aprile 1999

29

25 Ho un piccolo dono da farti stanotte è un fiore di maggio appena sbocciato è falce di luna in velluto di stelle è sogno d'amore appena accennato è un piccolo canto è il soffio d'un bacio è un sorriso è uno scherzo è un giro di valzer fatto su un prato. È il sentirmi felice. È saper che lo sei. È sentirti vicino quanto basta al pensiero (quasi fosse una rosa) sussurrarti all'orecchio amore ti amo. 3 maggio [1999]

30

26 Dai tuoi occhi dai tuoi teneri abbracci dalle tue labbra dalle tue parole sincere dai tuoi morbidi seni e… dalle tue spalle altere dai tuoi ricordi dalle tue piccole mani dai tuoi sogni dai tuoi desideri dai tuoi doni dai tuoi pensieri dalle tue attese dai tuoi ritorni dalle tue paure dai tuoi entusiasmi dalle tue risa e… dai voli di rondine ad ali incrociate ove io (come sempre senz'ali) mi sono trovato da questo impossibile sogno di vita da questa partita perduta e giocata a carte scoperte e poste nascoste da queste giornate striate di sole e intinte di morte da quella dolcezza che ci riprende guardandoci fissi dal fondo del cuore da questo soltanto comprendo ed apprendo d'aver conosciuto anch'io 31

l'AMORE. 21 maggio 1999

32

27 Non posso donarti l'amore che cerchi. Non potrò mai amarti coi tuoi sentimenti. Posso solo spostare orologi all'indietro. Posso farti rivivere sogni effimeri all'alba. Quel profumo di viola che ancora permane tra le pagine chiuse di un libro di scuola. O sfiorar con le dita le tue labbra socchiuse. Poi ancora una volta la notte chiuder queste palpebre inquiete. Taceranno nel sonno forzato i pensieri, i ricordi, le attese. E tu che mi chiami e tu che non chiedi e tu che non torni. Questa nebbia che lieve s'avanza ormai copre la luna e la stanza. Il tuo nome è nascosto alle stelle non ho nulla neanche parole. Vuote 33

anche quelle. maggio 1999

34

28 E neanche la voglia assassina di masturbazione. E neanche la gola assetata di vino o di grappa. E neanche la forza imbecille di correre in auto. In gola serrato soltanto la voglia di pianto. E sentir che ci sei e sentir che sei accanto che mi ascolti i pensieri che cammini i ricordi nostri soltanto. E aver la paura di perderti ancora e aver la certezza che mi sei vicina è questo il conto del tempo che si è fermato il nostro tempo vissuto il nostro tempo sognato. maggio 1999

35

29 Non c'è canto stanotte che sappia ascoltare il mio cuore né profumo di fiori d'aprile a portarmi i tuoi baci. C'è soltanto la luna smarrita nel buio d'un suono di piano. C'è soltanto il pianto sommesso dell'ultimo uomo sommerso dal primo peccato e dall'eterno perdono. 2 giugno 1999

36

30 Ho cercato nella luce della sera quell'abbraccio di donna quella voce d'amico quel senso di vita che il tuo sorriso mi ha dato stamane. Ma il tempo scorrendo tra i muri di strade intristite di questa città mi nega persino il ricordo. luglio 99

37

31 Lo so che adesso soltanto pensarti è sleale (non puoi più essere mia). Lo sento che ora il tuo senso di vivere è solo di Essere (di essere tua). I miei sentimenti son briciole sprazzi di luce riflessi di specchi malmessi rumori di tempo scordati accordi di piano dismessi parole con rime già usate. Vecchiaia già nota carezze ormai conosciute. ………….. Eppure negli occhi ancor pieni di voglia di vivere e di amore. Ci sono ti sento ci siamo e ti amo. 23 luglio 1999 38

32 Sapessi passarti ogni attimo di verità insospettata che giunge al mio cuore. Sapessi donarti ogni brivido d'infinito essere che mi spalanca l'anima e si spegne sapresti di certo il dolore di vivere. 23 luglio 1999

39

33 ECLISSE Non sciogliere il nodo di vita che ancora ci lega lontani. Socchiudi le labbra in una preghiera pagana. Allarga le dita per una carezza a me nota. Sorridi guardando da sola il sole calante. Son dentro la neve nascosto nell'erba assopito nel raggio di luna che adesso ti bacia. È un soffio il mio vivere nel tuo pensiero. E adesso mi basta. 11 agosto 1999

40

34 Piove ed è musica che si spande in aria. È ritmo soffuso di parole ascoltate e aspettate è un tuono sommesso e lontano è lo scroscio di grandine nell'acqua piovosa è il passo affrettato di chi torna a cena è pena sopita è dolce rimpianto è il conto d'un cuore senza più focolare è luce bagnata sui vetri di casa è attesa è sussurro pacato tranquillo, sereno, è invito al riposo sommerso d'oblio e pago di gioia appena sfiorata è acqua che cade quasi senza ragione indolente e sincera che abbraccia illumina e bagna di un bacio la sera. 21 settembre 1999

41

35 Ritorna sul filo radente del vento di tramontana il bisogno il ricordo l'assillo penetrante il desiderio di vita. Eppure nemmeno quest'aria allarga il mio cuore. Attendo una voce già spenta e il sole s'oscura silente. Ho solo parole che più non so dire. Persino la luce è remore. Mi manchi e lo so. 8 novembre 1999, h 22.50

42

36 Il Vuoto. L'estetica suprema del nulla. Pur nulla soverchia abbondanza. Il niente la mancanza vertiginosa caduta senza fine senza termine. Neanche il terrore a cui aggrapparsi l'assoluto inesistente soltanto e sicuramente per sempre. 10 novembre 1999

43

37 RAMMENTO Bambino rubavo da terra fumante di solchi d'aratro solerte a novembre quell'umido odore il colore, l'abbraccio di terra feconda. Oggi son le tue tenere braccia le calde tue mani frementi gli aneliti ardenti di baci spezzati da sguardi e carezze e cercar nella mente emozioni già note e che pure ci lascian stupiti. Si schiude la terra a ricevere il grano si schiudono gli occhi ad ascoltare parole si schiudon le labbra a chiedere amore si schiude la nebbia… che splendido il sole. 25 novembre 1999

44

38 Oh Dio dell'Amore che la vita mi hai dato ho da renderti grazie per ciò che ho vissuto per una sola parola di ciò che ho ascoltato per un solo essere che ho conosciuto perché del tuo Amore lo hai sempre vivificato. Vivere ed Amare è lo stesso sentire. 3 dicembre 1999

45

39 Il bisogno di avere vicino qualcuno da amare a cui dire le cose che dentro son vive esplode nel cuore. … ma è come di notte una luce in montagna sommersa da nebbia disperata solitudine maligna. 3 dicembre 1999

46

40 Le luci che a mille t'illuminano Roma non hanno faville e nemmeno quell'anima che in piazza a Natale (eterna notte profonda) scaldavano le mani ed il cuore bambino stupito da un fuoco di streghe di bimbi e di mamme di fiamme d'inferno vicino alle chiese e ad occhi color paradiso. 7 dicembre 1999

47

41 Ma adesso che quel poco di me che ho dato al lavoro è finito. Cos'è che rimane a darmi l'aiuto che cerco? Nemmeno quell'alito lieve di comuni ricordi condivisi che illumina i visi e gli umidi occhi dei vecchi che parlano agli altri guardandosi dentro spegnendo candele per far brillar gli occhi di voci passate di sensi sbiaditi di cose perdute ma poi ritrovate più vive più vere nel pieno ricordo d'un semplice sguardo d'un lampo di gioia nel riso d'un gioco che spezza la noia con l'esser presente del passato attuale vivo vivente nel muto racconto del Bene del Male. 7 dicembre 1999

48

42 Nemmeno una musica ravviva nemmeno una preghiera a cui stringere le scarne dita dell'ultima ora. La stella, la nostra stella, è spenta da quattro lampioni gialli di città.

49

43 E basta la porpora d'un freddo tramonto bastano i rami (le dita) d'alberi spogli nel verde incupito di prati nascenti per sciogliere il cuore. Svanisce nel cielo dorato la bianca spuma d'aereo.

50

44 Il cielo è plumbeo striato di bianco l'aria è ferma nevica da qualche parte nevica. Ho i piedi gelidi la testa vuota nevica da qualche parte nevica. Sporche le strade di carte secche e foglie umide sporchi i pensieri di vecchi ricordi di pene antiche inutili trascorse e non risolte. Nevica da qualche parte nevica.

51

45 Potessi d'un volger di sguardo ridarti l'anima gli anni bruciati le frasi non dette i gesti, i momenti i giorni voluti. Potessi spezzando un sorriso svelarti le cose che sempre hai saputo che sempre t'ho dato ma ignote scordate, sbagliate.

52

46 Forse vivere non è altro che sentirsi svanire, spegnersi come fiamma senz'aria scivolar via come acqua di fiume superficie eterea impalpabile luce di luna.

53

47 Altri dissimulando l'ansia di vivere ebbri di splendore d'essere tronfi di bandiere facili gonfi di sorrisi e lacrime certi del giusto del vero vivono. La mia (vita) sparsa nei rivoli di sguardi spezzati da mutezza d'essere di voci rotte da timor d'esistere di gioie perse speranze inutili nomi imploranti occhi di grazia muore di giorno in giorno inutile nell'impossibile certezza d'essere vuota anche d'estetica.

54

48 E pur di vivere tu spacchi l'anima. Con un sorriso sugli occhi limpidi scevri d'ogni malizia pieni di sole giovane libero nel tuo pensiero ebbro nel tuo sentire dominus dei tuoi amati. Eccoti Eccoci noi, non vivi, a te osanniamo grati.

55

49 (a Sergio)

Quella finestra mia sul mondo s'è chiusa per sempre. I tuoi occhi non mi guardano più. Le tue risate delle mie paure: l'aiuto a vivere sicuro. Il vuoto non lo conoscevo solo solo solo.

56

50 Essere immane parola t'espandi nel tempo opprimi la mente esplodi nell'aria, nel pianto, sconfini oltre il cielo ti sciogli in amore. Essere oscuro pensiero d'un sé sconosciuto o forse ben noto ma incontrollabile specchio d'altri simili storti pensieri attimi sprazzi di luce dell'anima schizzi e colori di carezze appena accennate forse soltanto sognate, vissute più intense sentite più tue non vere.

57

51 Coccole le dita che carezzano la gola morbida piena di parole estranee semplici, vaghe sfondo ad un profondo essere turgido di vita e pronto a espandersi in cieli liberi vividi di luce tersa specchiata al fine verdi occhi languidi.

58

52 Graffiano e pure t'acquietano sprazzi di luce di bimba nuvole al vento di donna ancora stupita da occhi smarriti. Dove trovare il coraggio d'aprirti i miei dubbi l'inutile senso dell'essere che sento e mi opprime Dove.

59

53 Buona sera sera mia. Come sempre radio accesa a fare compagnia e sogno un focolare. Come sempre calde luci di finestre nella via palpiti di vita chiacchere a tavola. Sguardi sorrisi pianti di bimbi lontani come i miei ricordi del vivere d'altri mai fatto mio. Buona sera mia sera.

60

54 Aggrappato al volante dietro fari gialli nella notte e il buio d'attorno, e paura di fermarsi e voglia di correre e paura di giungere. Buio nell'anima il cuore non vede più nulla alza i fari. Un muro è il silenzio in agguato da sempre. È inutile piangersi addosso adesso tocca a te.

61

55 E tra le mani il tuo viso m'ha ridato lo stupore dell'essere le tue labbra il senso della mia giovinezza perduta nel tuo no. Nell'anima conta il ricordo.

62

56 Il silenzio invadente, penetrante, opprimente. Unica realtà di peso la notte semplice inutile come l'urlo di sirena, lontano. Dolore d'altri.

63

57 Smettete di vivere di essere di dirvi in TV morite cessate svanite. La vita Deve Rivivere. IPOLR(T)1

1

Sigla non decifrabile riportata come scritta. Forse un messaggio? 64

58 Potrà esser mai la Violenza l'unica ragion d'essere?

65

59 Nel cielo serale di Roma volteggio di silenti gabbiani attorno al rumore di luci … e lampare dei Fori mi torna alla mente sbiadito e tagliente il mio mare percorso da onde lucenti da stelle da corvi leggeri. Non sento il diverso rumore. Frenetica è l'onda ed il flusso continuo di auto. Incredulo mi bagno di pace!

66

60 FIORI DEL MALE O verità strette dal profondo malessere dell'anima portata agli ultimi spasimi di sopportazione. Impercettibili riflessi della vita dell'essere intravisti nella profonda loro essenza nella loro VERITÀ ma in un attimo pagato caro è volato via prima d'essere compreso capito afferrato fatto proprio universale.

67

61 Come placida alga che in un seno si culla nell'onda un pensiero rincorre un sereno ricordo di dare. Come riso di bimbo rincorre una palla beato nel sole d'aprile scintilla un ricordo di gioia. Come occhi di donna che coprono il cielo d'azzurro striato di nuvole bianche frementi di vento di brezza d'aprile. Brividi, chiari, di brina scaglie di luce abbagli d'amore è questo il mio cuore stasera.

68

62 E tu dove sei amico cercato luce, scroscio di pioggia sole che spacca le nubi stella scintilla di fuoco nel buio limite dell'universo. Dove cercarti dove.

69

63 Ricordo pacato di strada che scorre serena di fianco a un tramonto d'autunno e tu che mi parli ed io che t'ascolto sereno. La vita che scivola via col nostro tranquillo consenso appagati dai pochi momenti di quiete nel vento che scrolla gli alberi spenti che scuote di brividi foglie. Che tavola il lago stasera che limpido il chiaro di luna. Ti amo.

70

64 L'oh-issaa plumbeo su un mare placido protetto appena da un muro esile sono i tuoi occhi terrore panico mi prende l'anima allo stupore di baci morbidi senza futuro eppure quell'aria limpida di primavera un'ottica forte mi fa paura … e m'innamoro.

71

65 Obbligato a vivere condannato a soffrire e gli altri ti sopportano e te lo dicono e tu lo intendi lo senti l'avverti lo noti l'intuisci ti spezza. Non uno degli amici mi è rimasto non uno.

72

66 Dai tuoi occhi parole nuove cercavo non specchi che spezzano l'anima. L'addio sarebbe più facile quasi come un colpo di vento. Un taglio netto distinto che spacca un bivio infinito tra l'ombra e la luce sperata.

73

67 Ascolta quel grido con cui ci arrendiamo tra i fumi del vino a inattese verità.

74

68 Non guardarmi negli occhi non dischiudere labbra e parole che più non so ascoltare. Le tue mani soltanto mi parlano appena sfiorando le mie di tremuli palpiti. Solo occhi stupiti continuano a dirmi CI SIAMO.

75

69 E adesso soltanto le scorze di noci mangiate mi restano in tasca. Nell'aria bagnata di pioggia nemmeno il ricordo pacato dell'ultimo sole. Soltanto quel fango umiliato da un'auto in corsa acquieta l'anima sola. Soltanto quegli occhi imploranti l'amore proibiscono uscir dalla vita e accettarne il dolore.

76

70 Ma se persino ascoltando nell'ora consueta parole a noi care non hai saputo gridarmi l'amore che provi (per me?). Ma se guardando i miei occhi non hai mai compreso il posto supremo che t'ho dedicato perché ancora mi chiedi di essere. Io sono soltanto se e quando tu sei.

77

71 È trascorso il mio tempo lontano dagli altri e dalla mia vita. Non ho più ricordi non ho più radici. Soltanto parole vuote brillanti nel nulla di momenti sbagliati. È un pozzo la vita guardata dal basso. I sogni riflessi di luna lontana e smarrita. È il bivio che incombe. È il nulla che preme. Potessi gridarti di starmi lontano!

78

72 Se tu non conosci la furia pacata di malinconia dell'attesa infernale d'un cenno d'amore. Se ti basta il tintinnio allegro di nacchere a sopprimere sogni di gioia e paure d'amore. Allora, passeggia, serena, su viali, di vita, vissuta. Il tuo sguardo è acqua di fonte che sfiora la pietra. Non ama.

79

73 Che oggi nessuno mi guardi vedrebbe quel vuoto profondo che prende la mente e vanifica il cuore. Che oggi nessuno mi senta udrebbe parole di rabbia graffiate dall'ira e rancore seccate da quell'odio infinito che solo la vita può dare. Per viali già calari di luna e di sera trasporto indolente un corpo senz'anima. Per me la vita è vilente2.

2

Licenza poetica.

80

74 Quante volte ho mendicato il pane d'un saluto il sorso d'un sorriso lo sguardo innamorato negli angoli di strade sconosciute. Quante volte. Quante volte. Quante volte sorpreso sconcertato ho trovato l'amaro d'un riso di schermo del furbo di turno la lama affilata di invidia pietosa quella cara che ammazza e non lascia neanche gridare.

81

75 Stanotte i miei sogni hanno colori di verdi marciti del nero dell'erba seccata nell'ombra di muri sbrecciati. I ricordi stanotte son ruvide mani spaccate di calce che tengono bici da donna con sella di cuoio consunto e raggi di ruota spezzati. La veglia è percorsa da rami interrotti da visi, da voci, da canti e paesi già noti scordati. La vita (ed il giorno) è ancora lontana così come il tenue tocco di una campana.

82

76 Un pensiero mi basta …….. e ascoltar la tua voce m'adombra un ricordo. Scintilla nel tepore di sera d'estate, il tuo amore sereno… le tue fresche risate. La brezza dai monti preannuncia l'autunno e i tuoi occhi (finestre sul cielo) mi danno le ali e mi fan migratore. Stupisce l'immenso orizzonte. Ma stiamo vicini siam senza paure.

83

77 Il crepuscolo scende isolando i rumori di fondo di questa città. È la vita che pulsa tranquilla come il fiume che scorre. Quattro lampade accese tra finestre socchiuse due portiere che sbattono un aereo che passa lontano un cane che abbaia un richiamo di madre un riso di un bimbo. Nell'aria si spande un profumo di cena. Qualcuno fischietta lontano una coppia parlotta vicino vicino. Ridendo qualcuno mi chiama. Che pace stasera.

84

78 E adesso che il bisogno di birra di grappa o di fumo è importante tanto quanto è mancante una Donna è adesso che senti il destino schiacciarti anche nei tuoi pensieri liberi forse persin nel passato. Accanto ti scorre la vita degli altri e la senti più viva del cuore che piange.

85

79 Ti sento anche se sei lontana nella tiepida casa alla tenue montagna azzurrina aggrappata, che al mattino ancor prima dell'alba la vedo occhieggiar da lontano; son tremule luci di finestre appannate che calde si svegliano al freddo mattino. Rammentano dolci che ancora qualcuno saprà sussurrarti ti amo.

86

80 Datemi un soffio giocoso di vento che scacci d'un tratto la malinconia. Datemi un riso scomposto di bimba che dica alla vita SEI MIA! Basterebbe per vivere ancora mill'anni e soffrir queste pene d'inferno.

87

81 C'è uno strano tremore nell'aria stasera un frullio di rondini garrule intorno al mio cuore il tuo nome rincorre il pensiero le tue risa m'avvolgon di pace la tua voce (pacata di flauto) racconta serena di sogni e di vita. Mi basta un trillo di rondine. Il tuo sguardo spalanca la mente e m'acquieta l'anima stanca.

88

82 E poi smettendo di pensare svuotando l'anima spaccare il cuore e sciogliere la mente in un taglio netto limpido d'ira gonfio di rimorsi indicibili gridare il silenzio d'una notte illune muta rotta dal pianto di novembre vuoto spento arido è il pensiero.

89

83 E come sempre mi ritrovo nello squallore di una periferia ai margini di un quartiere lontano da tutti ai margini d'una folla mai capita mai amata. Nevica nell'aria gelida della mia anima neve sporca ed inutile. Non è Natale.

90

84 Quel fremito di voce tremula ride. Quegli occhi profondi di tacite intese sperdono l'anima e i sensi esaltano. Brilla sprizzando vita il sole del tuo sorriso. Taci ed il cuore palpita sazio e in attesa.

91

85 Ed io che mi chiamo ragazzo e tu che mi chiami già vecchio e gli altri che ormai non chiamano più. Vorrei circondarmi di specchi. Vorrei circondarti di anni ripieni di affanni e pur di ricordi che almeno aiutassero ad essere, senza bisogno di specchi senza bisogno di chiedere a chi ci sta accanto chiamami saprò d'esser vivo.

92

86 È da vigliacchi salvare il salvabile? Ma cosa vuol dire vigliacco? È amore il bisogno assoluto di qualcun altro? e l'amore cos'è?

93

87 Domanda (non razionale) perché le cose belle debbono essere rifiutate a priori?!

94

88 Ore 10 e ventidue Leopardi e l'Infinito suo nostro oramai e tu che chiami sempre ed ora che non chiami mai. In cielo la luna nel cuore l'attesa (paura di già di attesa delusa). Ma so che ci sei sappiamo di attenderci. Lottiamo per dirci quello che sentiamo.

95

89 Ho chiesto aiuto a… una puttana a… un amico a… una sorella a… una moglie a… un'amante a… una madre a… un padre a… tutti quelli che venivano fuori in ordine alfabetico. NESSUNO HA RISPOSTO.

96

90 Squilla il telefono sobbalza il mio cuore mi squilla l'anima pazzo d'amore. So che ci sei sento che t'amo delirio riflesso e sciolgo in parole il sentire.

97

91 Ore 23 d'un uomo (?) d'una persona (?) d'un ESSERE perché sento d'essere. Una feritoia sul terreno la luna in cielo un cellulare una (la) penna Leopardi ed il pensiero di te. Forse è nulla oppure tutta la mia vita.

98

92 Una volta il mio cuore aspettava silente e paziente quel trillo di luna che illumina l'anima e scioglie la mente e i pensieri più tristi in dolci parole. Adesso si sbrana in attese già vane prima d'esser ricordi di sensi spezzati di amori appassiti noccioli di vita vissuta o forse perduta.

99

93 Scialba serata di settembre intrisa di malinconia. Un brivido trafigge il cuore già saturo di nostalgia. Il cielo arancio le nubi turgide già foglie cadono. [Di seguito una variante della stessa poesia, scritta sulla stessa pagina in seconda colonna]

Livida aurora di settembre intrisa di malinconia. Trafigge un brivido il cuore saturo di nostalgia. Il cielo è arancio le nubi turgide le foglie cadono memorie inutili […]3 estate. Venga l'inverno il freddo e l'umido a riscaldarci ed asciugare le piaghe vere le primavere. 3

Incomprensibile nel testo.

100

94 Sono gli altri che ci fanno morire con la poca memoria di noi. Siamo noi che portiamo la morte nel cuore se viviamo di soli ricordi.

101

95 L'inutilità di vivere ho sentito nel ricordo negato nel saluto appassito d'un amico perduto. Il vuoto dell'anima ho toccato in un viso sbilenco di donna. Il freddo d'un addio al tramonto non viene scaldato neanche dal sole di luglio. Il sogno è finito. Il treno riparte.

102

96 Eccomi inutile a contentar le aspettative erotiche d'un altro ignoto. Eccomi specchio di desideri inconfessabili alla moralità corrente. Ed io? nulla. Inutile presenza dell'essere.

103

97 I sentimenti. Vere nuvole e coltelli su cui posare il capo … la notte.

104

98 Ho sperato nel saluto d'un amico nell'amore di una donna nel calore di una casa. Era solo il trillo d'un telefono niente più.

105

99 Inutile illudersi. La fine è quel muro di logica umana e destino divino. La pietra il suo duro sentire è la sola misura dell'essere. Soltanto il vitreo pensiero d'un serpe innocente riflette la mente dell'umanità.

106

100 Vivere? Continuamente dentro sé stessi dietro le lenti degli occhialini dei finestrini dell'automobile del grigio schermo del tuo computer nel velo spesso dei tuoi pensieri? Non altri che te e in tua funzione! Sciogliersi è vivere e anche perdersi.

107

101 La mente piccolo tremendo controllo dell'anima immane cinico bisturi per fare l'uomo. Spaccatela datele un'anima.

108

102 Eppure HO CHIESTO AIUTO a te eppure non c'eri più. __________________ Non chiedo nient'altro che scomparire. __________________

109

103 L'amore non è personale. L'amore non è temporale. AMARE è UNIVERSALE Nel tempo Nel soggetto Nel modo Nel senso (o sentimento). FORSE L'UNICO! L'UNO Dell'ESSERE………. MA Dove Può ESSERE il VERBO PER Dirlo?

110

104 Bisogno di superare il conosciuto l'ormai noto Come si spande l'odore a chilometri di distanza? La capacità umana di portare esempi a conforto e paragoni della nostra idea è aumentata in maniera parossistica. L'esempio è riduttivo non applicativo CACCIALO VIA!!

111

105 Nel buio di luna calante nel vivido d'essere solo eppur presente necessita vivere magari soltanto dicendo buon giorno oppur buona notte all'ultimo ignoto oppure al primo amico.

112

106 L'AMORE cos'è il ritmo di tacchi già noti? il senso di piaceri conosciuti un profumo sperato una voce forse nota? la parola? il gesto? forse un volto ma basta un cenno nascosto imprevisto. Ti AMO e non so perché e non so per quanto ma t'amo.

113

107 Silenzio lasciate che l'erba ricresca all'ombra di palpebre chiuse.

114

[QUARTA DI COPERTINA] Questa raccolta di versi vuole essere un omaggio a un uomo che in vita sua ha dato a tutti più di quanto abbia ricevuto, un omaggio a un poeta che se n'è andato lasciandoci in eredità dei versi tragici, sì, ma belli, teneri, appassionati, esempio di quell'amore che devasta, vissuto fino in fondo, a espiare quasi quei tanti e frivoli amori che non sanno neppure l'intensità di uno sguardo, di un fugace e timido sguardo. Alfredo Romano

__________________________________________________

Related Documents

Poesie
November 2019 26
Poesie
May 2020 10
Poesie
August 2019 15
Poesie...
June 2020 24
Dante
October 2019 32

More Documents from ""