Ora Ho Capito Perche Dio Li Ha Benedetti

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Ora ho capito perché Dio li ha benedetti

Questa lettera aperta scritta da un giovane medico iracheno, mi è arrivata in ufficio in data 2/4/2009 da una Dott.ssa Irachena che lavora nell’AlHusaynia Health Center- Baghdad – Iraq, è intitolata “Ho capito perché Dio li ha benedetti” “‫”عرفت ليش ال موفقهم‬

«Da   quando   le   mie   unghie   erano   piccole   sentivo   mio   padre   ­   oh   Dio,  permanga la sua ombra su di noi ­ ripetere questa frase: «vivi e vedi, coltiva  cotone e raccogli lana». Non ne avevo capito il senso, però mi piaceva come  suonava e così ripetevo senza conoscerne il significato, sperando di capirlo  una volta divenuto grande. Questo accadeva negli anni ‘80. Sono   passati   i   giorni   e   ho   raggiunto   l’età   giovanile,   sono   cresciuto   e  crescendo   ho   cominciato   a   riflettere   sulla   situazione   della   nazione   e  soprattutto   della   società   irachena.   Ho   visto   il   popolo   applaudire   ad   un  dittatore,   con   ragione   e   senza   ragione,   nonostante   che   lui   avesse   ville  bellissime e il popolo vivesse nella totale miseria. Ho visto un popolo il cui  sangue veniva sparso inutilmente, applaudire ugualmente il dittatore che lo  obbligava a glorificarlo, pena la morte. Ho visto gente che per glorificare il  dittatore   senza   occasione   ha   sparso   sangue   ed   è   salita   sulle   spalle   dei  generosi e sui cadaveri degli innocenti. In questo modo la società irachena si  è gonfiata di ignobili, ipocriti, che pur di vivere bene si sono fatti belli sulle  spalle degli altri, si sono innalzati i vigliacchi e hanno sepolto i migliori.   Ho cominciato a vedere verso la fine degli anni ‘90 la meraviglia delle  meraviglie dei comportamenti dei figli di questa società. Gente che vuole  emergere ad ogni costo, pur senza merito, calpestando i generosi lungo il  loro   cammino,   cancellando   le   aspirazioni   degli   altri   e   dei   giovani.   Sono  emersi   gli   opportunisti   e   sono   diventati  leaders,  ma   in   compenso   sono  scappati   migliaia   di   competenti.   Il   risultato   di   tutto   ciò?   Le   cose   sono  peggiorate andando di male in peggio.  Quando   nel   2002   è   arrivato  internet   ho   visto   che   il   mondo   intero   e   in  particolare l’Occidente si stava sviluppando alla stessa velocità in cui l’Iraq  1

regrediva. Allora mi sono chiesto, “ma siamo la nazione che Dio ha preferito  alle altre? Siamo la miglior nazione nata per la gente? Siamo il popolo della  religione   e  fonte  della  profezia e  delle  nazioni in   Occidente  o no?  Se  si  perché questa contraddizione?”  Intanto il tempo passava e sono diventato medico, oggi ho 33 anni. Alcune  cose sono cambiate, è caduto il dittatore e con lui l’ingiustizia. Ne sono stato  felice pensando che finalmente avevamo l’occasione per giungere a ciò a cui  erano giunti gli altri, la nostra ricchezza era tornata nelle nostre mani ed era  venuto qualcuno che poteva spostare l’ago della bilancia.  Ho   gioito   così   finchè   non   mi  sono   scontrato  con  la  dura  realtà  dell’Iraq  odierno: del nuovo Iraq democratico e libero, in cui ‘ovviamente’ la giustizia  è garantita per tutti e nella costituzione c’è posto per tutti e ognuno può  esercitare i propri diritti.  Mi è arrivato  l’invito per un convegno di medici in Italia e Francia, era  un’ottima   occasione   per   un   giovane   ambizioso   come   me,   anche   solo   per  vedere dove sono arrivate le nazioni e poter poi portare quell’esperienza ai  miei   amici   come   pure   alle   nostre   aziende   sanitarie   che   sono   quasi   più  fatiscenti di quanto non lo fossero sotto il regime. Figuriamoci che alcuni dei  loro impiegati non hanno mai avuto rapporto alcuno con la medicina!!! Ho  preso il consenso del Preside della facoltà e il Decano dell’Università  dove lavoro. Sono andato in Presidenza per ottenere il ‘sostegno’ economico  per   la  trasferta,   come  previsto  dalle  regole dello  stesso  Ministero  che  ha  incoraggiato  la partecipazione a simili attività culturali che si tengono in  Europa.   Una   volta   ottenuta   l’approvazione   da   parte   del   Preside  dell’Università e dal responsabile della sezione finanziaria, erano già passati  due mesi di pura ed inutile burocrazia, ed ero già in ritardo!! Dopo di che  sono andato alla sezione della scholarship e i rapporti culturali per ritirare il  documento necessario rilasciato dal presidente della sezione, sono entrato  nel suo spettabile ufficio e ho visto un uomo di mezza età, soggetto al quanto  riprovevole   dai   denti   gialli   e   dalle   labbra   azzurre   a   causa   dell’eccessivo  fumo, gli ho consegnato i documenti richiesti, che ha subito letto per dirmi  in risposta: ‫!!! انت بعدك صغير على هيج مشاركات اذا انته بهلعمر تسافر لوربا شخليت للكبار‬ “sei ancora  piccolo per queste cose, se a questa età già partecipi a tali   eventi in Europa, cosa lasci per i grandi !!!” 2

Mi sono meravigliato grandemente di tale risposta insensata. Gli ho subito  fatto presente che, essendo il responsabile dell’unico reparto di rianimazione  nella   regione,   l’associazione   europea   stessa   mi   aveva   convocato   per   la  partecipazione,   ancora   di   più,   gli   stessi   grandi   responsabili   di   questa  associazione hanno accettato di sponsorizzare la mia partecipazione a questo  convegno, essendo uno dei primi in questo campo.  L’impiegato   allora   ha   preso   il   documento   ed   è   andato   dal   Preside  dell’università   e   ha   cambiato   la   formula   in   margine   cancellando   la   mia  partecipazione,   è   tornato   a   me   dicendo   che,   come   stava   scritto,   i  laureati/baccalaureati possono essere invitati solo per partecipare a seminari  di formazione e non a convegni! Dopo un mese mi è arrivato un altro invito dall’Università di Copenhagen,  questa volta per un seminario di formazione sulle malattie cardiache. Dalla  Danimarca  mi   sono   giunti   ben sei  documenti,  con  questi   mi  sono  recato  nuovamente   presso   la   mia   università   per   seguire   il   solito   iter   e   mi   sono  dovuto   ripresentare   dal   medesimo   impiegato   della   volta   precedente.   Era  l’estate del 2008. Questa volta tal signore mi ha detto che doveva presentare  la questione al consiglio di facoltà, sapendo bene che tutti erano in vacanza e  il consiglio non si sarebbe mai radunato per me!! Ma come se non bastasse  ha   anche   aggiunto   che   dopo   la   presentazione   al   consiglio   di   facoltà  bisognava presentare la domanda al consiglio dell’università. Sapendo che  anche in questo caso  il presidente del consiglio era fuori Iraq e non sarebbe  tornato prima di settembre 2008. Il seminario cominciava a partire da due  settimane dal  momento in  cui presentavo la mia domanda e il solo visto  necessitava di almeno due settimane. Questo è il lato oscuro del racconto, ora vi racconto quello positivo …. Ho telefonato il responsabile del corso di formazione, un professore danese  che non conoscevo, per dirgli che partecipare a mie spese era impossibile, in  tutta risposta lui mi ha chiesto un po’ di tempo per cercare una soluzione!! Mi ha telefonato dopo due giorni per comunicarmi che uno dei partecipanti  si era ritirato e in questo modo erano avanzati un pò di soldi che avrebbe  destinato al mio soggiorno per la durata del corso. Mi sono chiesto più volte  perchè questo professore danese non aveva preso per sé quanto era avanzato,  come avrebbe fatto invece la maggioranza dei dirigenti iracheni.  

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Dopo un giorno mi ha telefonato ancora per dirmi che si era ritirato un’altro  giovane   ed   essendo   avanzati   altri   soldi   avrebbe   pagato   anche   il   viaggio.  “Strano” ho detto tra me, perchè questo danese si comporta così con me e io  non sono del suo paese, nè della sua religione, nè della sua età, tantomeno  del suo grado di scienza? Sono andato all’Ambasciata Danese e ho presentato la mia domanda per  ottenere   il   visto.   Il   Console   mi   ha   risposto   il   che   la   percentuale   delle  possibilità di essere accettato è solo l’1%!! Perche?   Ho   capito   subito.   Naturale   sono   iracheno!   Ho   chiamato   l’uomo  buono e l’ho informato che c’era un problema presso l’Ambasciata; mi ha  risposto  subito   che  avrebbe  provveduto alla cosa! L’uomo ha chiamato il  Ministero per gli Affari Esteri Danesi introducendomi a loro, di conseguenza  mi ha subito ricontattato per comunicarmi che il visto era pronto e che lo  andassi a prendere.   La   velocità   del   rilascio  ha   suscitato   la   meraviglia   di   tutti   gli   impiegati  dell’Ambasciata, avendolo ricevuto io, prima dello stesso Console!!      Ho preso il visto di giovedì e il venerdì, vacanza ufficiale, non ho ottenuto  la prenotazione del volo, quando la domenica successiva dovevo già essere in  Danimarca. Molto dispiaciuto per l’accaduto ho telefonato l’uomo buono e gli ho riferito  il mio problema, che lui ha risolto facendo in prima persona la prenotazione  elettronica   del  biglietto   sulle   linee  britanniche,  ed  ecco   che  il  biglietto   è  arrivato nel giro di qualche minuto!! Dunque sono andato a Damasco per  presentarmi agli uffici delle linee britanniche, lì però mi hanno detto che non  potevo  volare  perché  sprovvisto del visto di  entrata provvisoria a Londra  dove facevo transito. Un momento di sconforto mi ha assalito, dopo tutta quella fatica, quasi al  traguardo mi si diceva che non potevo partire!  Voi come pensate che abbia trovato la soluzione? Chiaro, giacché mi aveva  assistito   fino   ad   allora,   ho   telefonato   nuovamente   l’uomo   buono   per  informarlo   del   problema.   Pensate,   si   è   anche   scusato   perché   non   era   al  corrente della necessità di avere tale visto transitorio, mi ha mandato subito  un   altro   biglietto,   questa   volta   con   una   compagnia   turca,   e   qui   non  necessitavo del visto provvisorio !!!  4

Sono volato con l’aereo verso Copenhagen e non credevo a ciò che ha fatto  quel professore. Perchè mi aveva aiutato così lungamente e ripetutamente?  Tanto   più   che   non   mi   conosceva.  Non  potevo  fare  a  meno  di  metterlo   a  confronto   con   il   musulmano   figlio   del   mio   paese,   responsabile   della  scolarship e delle relazione culturali nella mia università, che non ha mosso  un dito per aiutarmi, anzi.. In  Danimarca   ho   trovato   tutta   un’altra   dimensione,   altra   gente   e   altra  educazione,   compresa   altra   morale;   altro   modo   di   indirizzarsi   alle   cose,  totalmente diverso dall’Iraq!!  Quando   sono   tornato  a  casa  i   miei  amici  mi  hanno  chiesto  cosa  avessi  imparato. Ho risposto loro che avevo finalmente compreso “il motivo per il  quale Dio è in accordo con loro”. Solo ora avevo trovato le risposte alle  domande che mi assillavano sin da quando ero bambino: perchè il popolo  occidentale progredisce sempre di più e noi sempre di più regrediamo?!! Segue una poesia  Diamo il difetto al nostro tempo ma il difetto è in noi e non c’è difetto nel nostro tempo, ma solo in noi. Che Dio abbia misericordia al compianto poeta Nazar Alqabbani quando  disse: facciamo dei nostri onori vigliaccheria e facciamo dei nostri nani campioni improvvisiamo il campionato improvviso nelle genti pigre elemosiniamo da Dio la vincita sui nostri nemici le nostre anime denunciano il fallimento le nostre giornate sono dedicate all’azzardo, coppa e sonno, siamo la vera nazione suscitata per i popoli? Il ricercatore iracheno nel suo discorso critica il comportamento di alcuni, il che in fondo rispecchia l’attuale società irachena, e fa un’inclusione presa dall’Qurano, Sura III, Âl 'Imrân, dove si legge: 110

“Voi siete la migliore comunità che sia stata suscitata tra gli uomini, raccomandate le buone consuetudini e proibite ciò che è riprovevole e credete in Allah” 5

Quindi l’iracheno sta dicendo, se voi Musulmani del mio popolo agite in questo modo e siete anche orgogliosi di ciò che siete e che fate, allora siete nulla. Siete nulla di fronte all’estraneo che non mi conosce e che mi ha ripetutamente e disinteressatamente aiutato. Seguendo tale logica, all’orecchio di un cristiano o di un conoscitore della Bibbia, subito viene alla mente la parabola del buon samaritano. Questi infatti è e resta di esempio a tutti: dare aiuto a chi ne necessita, al di là di ogni appartenenza etnico-religiosa, proprio come direbbe Paolo, appunto l’Apostolo delle Genti, «Tutto si faccia tra voi nella carità» (1Co 16:14). Sicuramente il Signore non cambia la storia affidata alla nostra responsabilità e coscienza consegnandoci un semplice libro, che resta morto se non trasforma il nostro cuore aprendolo altruisticamente e disinteressatamente all’altro, direbbe di nuovo Paolo «la lettera uccide, lo spirito vivifica» (2Cor 3,6). Solo in questo modo Egli ci potrà sostenere nell’impegno a vincere il male con il bene, a combattere l’odio e la violenza con l’amore, l’indifferenza con la solidarietà. Vivere la Pasqua non è entrare in un mondo di sogni, ma credere alla possibilità e alla responsabilità di entrare nella storia concreta di ogni giorno con il coraggio di chi sa di lavorare con il Signore per far germogliare i semi dell’umanità nuova riconciliata con Dio Amore e in se stessa, al di là delle distinzioni umane e di pensiero. Che gli uomini siano tutti uguali, con uguali diritti e uguali doveri, è una verità indiscutibile, ma la cosa si complica quando si cerca di capire qual è il significato di tale espressione. Tutti gli uomini sono figli di Dio, e, come tali, sono uguali tra di loro. Ma perché questa non sia solo un’affermazione di principio, è necessario che essi stessi sentano profondamente e vivano quotidianamente questa verità. Nell’essere tutti figli di Dio, essi hanno uguali diritti e uguali doveri: inevitabilmente: essendo figli di Dio hanno tutti lo stesso diritto di dirsi tali e hanno tutti lo stesso dovere di vivere come tali. Uguali, perché tutti, aventi la stessa origine soprannaturale, hanno l’uguale diritto di esercitare questa loro prerogativa nei confronti dell’intero creato, ed hanno l’uguale dovere di esercitare questa loro prerogativa in vista della loro origine e, quindi, del loro fine Come non possiamo fare un accenno alle Radici cristiane dell’Europa, anche se il professore sconosciuto che ha aiutato il ricercatore iracheno fosse stato un modernista ateo o agnostico o cristiano, è cresciuto o quantomeno ha vissuto, vive, in terra cristiana, la cui cultura in un certo qual modo deve avergli pur dato qualcosa. Il termine “cultura” ha una radice che lo collega per un verso al termine “culto” e per l’altro al termine “colto”. Al primo è legato il concetto di adorazione, al secondo il concetto di coltivazione. Si comprende facilmente come i due concetti rimandino ad un’unica azione: quella del dovere e della preoccupazione umana nei confronti del divino, che comportano 6

l’adorazione di Dio e la frequenza nella pratica dell’adorazione. Una stessa “cultura” è necessariamente una medesima adorazione e un medesimo modo di adorare Dio. Ove questo non si verifichi o smetta di verificarsi, non si potrà parlare di una stessa cultura. Quale è la differenza tra ‘la cultura’ di quanti hanno osteggiato il giovane e quella dell’anonimo buon samaritano, oltre che la propria coscienza?

Louay Shabani

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