Giornale Di Brescia Libri 2007-11-10 Pagina 47

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Data e Ora: 10/11/07

00.36 - Pag: 47 - Pubb: 10/11/2007 - Composite

LIBRI

Giornale di Brescia

SABATO 10 NOVEMBRE 2007

47

«LA NEBBIA DENTRO», DI SERGIO PENT

Una generazione sdoppiata: storia di due fratelli divisi dalla vita, uniti dalla terra

Sergio Pent (foto Basso Cannarsa)

Due vite, una terra. Due biografie diverse, una matrice comune. Due esistenze opposte, con una sola radice: i luoghi, le persone, gli affetti, le storie dell’infanzia. È bello, intenso, commovente, a tratti struggente il nuovo romanzo di Sergio Pent, «La nebbia dentro». Ovvero l’anima che vaga tra i sentieri incerti del passato; persa, ritrovata e ancora persa e poi chissà, ancora ritrovata, nelle grandi scelte della vita, fra eroismi, vigliaccherie, desideri, rinunce, fallimenti, delusioni e successi. La nebbia che è dentro di noi, che ogni tanto si dissolve per

lasciarci nudi davanti alla nostra fragilità, a chiederci il perché di un destino voluto o subito. La nebbia che sconvolge l’animo di Attilio e Pietro, i fratelli protagonisti del libro. L’ambiente è un piccolo paese della Val di Susa. Poche case e una terra densa di storie umane, sudori, fatica, sbornie, sofferenze, gioie semplici. Dove la vita segue il ritmo delle stagioni e dei lavori in campagna. Al funerale del padre, dopo anni, si ritrovano Attilio e il fratello maggiore Pietro. Il primo da giovane ha lasciato la Valle per Torino, si è impe-

gnato in politica, ha fatto carriera, è sottosegretario con auto blu e guardia del corpo. Il secondo, maestro pentito, ha scelto di vivere qui, accanto al padre, nella sicurezza dei suoi libri, rifugiato in una cultura letteraria frustrata dal vano cercare nei suoi viaggi all'estero i luoghi e le vite scoperti nelle pagine. Due percorsi opposti: Attilio ha aggredito la vita, Pietro ha preferito starsene ai margini; il primo ha scelto la sfida, il secondo ha rifiutato la competizione, appartandosi. Così nella carriera, come nel lavoro, nell’amore, nella quotidianità.

Ma qui, nella casa dell'infanzia, fra le montagne della Val di Susa, qualcosa accade. Attilio è arrivato da Roma con il figlio Riccardo - prototipo dell’adolescente arrogante ed annoiato (con l’aggravante del burinismo...) - e l’autista Thomas (una macchina umana da guerra...). La pace del luogo, la distanza dalla frenetica cloaca romana, il nascere di ricordi e sensazioni, la volontà di riconoscere un passato negletto avvicinano Attilio a Pietro. Dapprima frenano la diffidenza dei tanti anni trascorsi senza vedersi, la lontananza dei caratteri e dei

Andrea Camilleri stila un dizionario su Cosa Nostra ispirandosi ai bigliettini di Provenzano

Un mondo dentro quei pizzini «Voi non sapete quello che state facendo»: dice Benedetto Provenzano al vicequestore Renato Cortese che gli sta mettendo le manette, dopo l’irruzione nella masseria di Montagna dei Cavalli. Scartata l’ipotesi che si tratti di una delle sue numerose citazioni bibliche, frutto di manie superstiziose più che religiose, la frase si presta almeno a due interpretazioni: o si tratta dell’ultima minaccia del "boss dei boss" che vede così ingloriosamente finire la mitica latitanza durata ben 43 anni, oppure è l’immancabile reazione del potente che davanti all’imminente uscita di scena pronostica diluvio e sfacelo. Ma Provenzano, forse, pensa alla guerra che si scatenerà per la sua successione. Lui ha retto Cosa Nostra con mano ferma per quattro lustri, dopo una fase tremenda di stragi e atrocità. Il feroce Totò Riina, negli anni Ottanta, aveva intrapreso la via militare e terroristica che costò la vita, tra gli altri, ai magistrati Chinnici, Livatino, Falcone e Borsellino. Al suo arresto, nel ’93, seguì un interregno incerto, poi fu Provenzano - con Riina già luogotenente di Luciano Liggio - a togliere lo scettro dei Corleonesi dalle mani di Leoluca Bagarella e a riportare un nuovo ordine. Preciso il disegno: Cosa Nostra non è tanto una banda di scalmanati sanguinari, quanto un sistema che produce guadagni favolosi. E così è: Confesercenti valuta la galassia di mafia, ’ndrangheta e camorra come la più fiorente impresa italiana, con un «fatturato» di 90 miliardi di euro l’anno.

«Voi non sapete». Andrea Camilleri scegliendo questo titolo per il suo dizionarioracconto della mafia non solo cita la frase che segnò la fine del «regno» di Provenzano, ma al tempo stesso vuole dire quanto poco conosciamo quel mondo che ora viene messo in luce dai «pizzini». Impressionante è la realtà che appare dietro quei biglietti, scritti a macchina e conservati con maniacale meticolosità, con i quali Provenzano per vent’ anni ha dominato Cosa Nostra. Volutamente sgrammaticati, spesso criptati, hanno la forma dimessa del consiglio, del parere, ma sono ferrei strumenti di potere. Documentazione agghiacciante e preziosissima, a saperla leggere. Eccolo il mondo della mafia: uno sconvolgente intreccio fra tradizioni arcaiche (dove parentela e onore creano reti violabili solo a rischio della vita) e spregiudicatezza imprenditoriale. Lo dimostrano, ad esempio, i seminari che Provenzano - quasi fosse un amministratore delegato - organizza per portare Cosa Nostra ad «immergersi» dopo la stagione «stragista» di Riina. Ogni affiliato viene coinvolto per trovare la strategia più adatta a ricollocare le attività mafiose fuori dai riflettori della cronaca, a navigare sott’acqua come un sommergibile, in modo d’avere più agevole capacità di manovra. Troppo rumore fa male agli affari, spiega Provenzano quando ordina ai suoi di ammazzare solo quando non esiste altro modo per «far ragionare» la gente. Essere costretti ad uccidere è una sconfitta. «Bisogna sempre chiedersi - dice - se uno possa fare più

danno da morto che da vivo». Nessun clamore, è il suo tratto distintivo. Per 43 anni di lui si conoscerà solo una foto sbiadita. Camilleri legge i pizzini di Provenzano con l’occhio smagato del siciliano che ne ha viste di tutti i colori. Ha la conoscenza storica e «ambientale» adeguate per cogliere sfumature che altri trascurerebbero. «Mafia» è un termine che Provenzano non usa mai, ma perché «mafioso» è il clima, lo sfondo, l’insieme che tutto regge. Camilleri descrive il «capo dei capi» nella sua vita quotidiana: la fedeltà agli affetti, la passione per i pullover di chasmere, l’impassibilità, la capacità di trasformarsi, se serve, da feroce assassino a uomo che predica «pace e giustizia», i trucchi che gli permettono di restare per quasi mezzo secolo latitante e proprio per questo, misteriosamente onnipotente. Dalla stessa visuale Camilleri descrive la malapianta che infesta e permea la Sicilia e il Sud - ma con crescenti ramificazioni al Nord - come un parassita che svuota l’intera società, imponendo la sua legge. Cresce e ingrassa, soffocando ogni altra forma di vita. Il padre del commissario Montalbano aveva promesso che mai avrebbe scritto un romanzo sulla mafia. «Perché non voglio renderla simpatica», aveva detto. Ne scrive ora in forma quasi «tecnica», rinunciando al suo inconfondibile linguaggio, ma senza nulla togliere all’abilità narrativa. Un racconto che vale più di un saggio. L’eredità di Provenzano è argomento di stretta attualità. Catturati nei giorni scorsi i Lo Piccolo, padre e figlio, restano in campo

a Seconda guerra mondiale vista dall'altra parte. Non L dal lato dei fronti di battaglia

Bernardo Provenzano il giorno dell’arresto molti capetti. E sopra tutti Matteo Messina Denaro. Sarà guerra, come pronosticava Provenzano, o Cosa Nostra continuerà silenziosa ad affondare le radici nei fondali più limacciosi del Bel Paese? La cronaca dei prossimi mesi ce lo dirà. AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Soldati americani durante un’operazione ad al-Haditha

FRANCESCO TOMATIS

La vita e la morte, la libertà e l’amore: dialogo fra Gesù, Socrate e Lao Tzu Non è certo un tipo che si lascia intimorire Francesco Tomatis, docente di filosofia teoretica nell’Università di Salerno; forse anche perché, come si legge nella sua scheda biografica, è istruttore di Kung Fu classico cinese. Eccolo, dunque, nel suo ultimo breve e intenso lavoro, convocare intorno a un tavolo niente meno che Gesù, Socrate e Lao Tzu, ovvero i rappresentanti di tre fra le massime tradizioni religiose e culturali dell’umanità. E dopo averli riuniti, li fa dialogare sulle questioni più alte e complesse che gli uomini hanno trovato davanti a loro fin dagli albori della loro storia: la vita e la morte, la libertà e l’amore, la parola e il mistero. Ai dialoghi prende parte anche un quarto personaggio, Aurora, presenza femminile capace di accelerare la nascita della verità e la sua venuta al mondo. Ma sbaglierebbe chi pensasse che lo scritto di Tomatis è rivolto al passato.

Scrive il noto teologo Piero Coda nella Prefazione del libro: «Queste pagine pulsano col e nel presente. Perché rammemorano il passato di sapienza dell’umanità. E proprio così dischiudono l’orizzonte di ciò/di chi sta venendo». Tomatis ha voluto avvicinare persone, idee e linguaggi lontani, realizzando un dialogo multicolore e trasparente: ne è scaturito un testo estremamente originale e particolarmente complesso, che si rivolge a tutti coloro che amano la meditazione profonda e la riflessione, che non si stanca di tornare in maniera incessante a quegli interrogativi ineludibili che sono al cuore stesso dell’esistenza umana. Maurizio Schoepflin

DIALOGO DEI PRINCIPI CON GESÙ, SOCRATE E LAO TZU AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Francesco Tomatis Bompiani 149 10

dove si è svolta la tragedia più immediata che ha coinvolto i combattenti, ma dalla parte delle famiglie dei militari, di chi è restato a casa potendo solo aspettare, di chi ha vissuto il conflitto lontano dal fronte, ma carico di ansie, di speranze, di paure, e ha comunque patito i bombardamenti e le conseguenze del passaggio delle truppe tedesche in ritirata. E' questo il conflitto raccontato nel libro di Gabriella Parca La guerra acerba, edito dalla Tea, Tascabili degli editori associati (10 euro). La Parca è giornalista e saggista spesso impegnata sul fronte della questione femminile (negli anni Sessanta scrisse un saggio che ebbe molta eco, I sultani). Ora in questo libro - definito romanzo ma largamente intriso di ricordi personali - ricostruisce come ha vissuto la guerra. «Il secondo conflitto mondiale visto con gli occhi di una ragazzina» recita il sottotitolo. In maniera piana, lontano da ricercatezze letterarie, l'autrice racconta la Seconda guerra mondiale dalla ribalta del suo paese non

PUNTOGIALLO

Andrea Camilleri Mondadori 214 17.00

AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Sergio Pent Rizzoli 208 17

di Alberto Ottaviano

lontano da Roma, e ci restituisce la parabola di un'adolescente che, partita da un'ammirazione incondizionata per il Duce (quello che era ritratto sulle copertine dei suoi quaderni con lo slogan «Mussolini ha sempre ragione»), scopre gradualmente la tragica realtà della guerra. Scorrono nelle pagine gli avvenimenti dal 1940 al '45, filtrati attraverso le incerte notizie apprese dai bollettini ufficiali del regime, ma anche dalla clandestina Radio Londra, dall'Osservatore romano o dai racconti degli sfollati e degli sbandati: le prime apparenti vittorie dell'Italia, poi le sconfitte, lo sbarco degli americani in Sicilia, la caduta del Duce, l'8 settembre, la terribile deportazione degli ebrei romani, la battaglia di Cassino, la liberazione di Roma, l'uccisione di Mussolini. Dal collegio, dagli spensierati balli nelle serate estive e dalle gite in bicicletta, la protagonista è stata catapultata nel dramma crudele di un Paese mandato allo sbaraglio: c'è stato appena il tempo di un timido amore per un coetaneo, un amore che non ha potuto sbocciare, tragicamente infranto nelle grotte delle Fosse Ardeatine.

gewiesche ha intitolato questo volume «Regole d’ingaggio». Si tratta, certo, di una scelta provocatoria, visto che le forze americane in Iraq spesso hanno regole d’ingaggio poco chiare ed in talune situazioni questa sorta di codice di battaglia viene interpretato in senso molto poco restrittivo. Questo è accaduto ad al-Haditha dove all’alba del 25 novembre 2005 un attentato della guerriglia irachena ha colpito un convoglio di marines, i quali hanno reagito prima uccidendo cinque iracheni, pare studenti che stavano raggiungendo il liceo e poi due famiglie ancora addormentate nelle loro abitazioni. Langewiesche nel suo ultimo lavoro fornisce un’analisi spietata e atroce dell’attuale situa-

zione irachena: da quando gli americani hanno dovuto sostenere la sanguinosa battaglia di Falluja e quotidianamente devono fare i conti con attentati kamikaze, la situazione è precipitata. Il giornalista sostiene che «per non legare le mani ai soldati in combattimento, le regole di ingaggio estendono a tal punto il concetto di minaccia da consentire in pratica l’uccisione di qualsiasi maschio tra i venti e i sessant’anni, anche se disarmato e anche se in fuga». Ciò ha provocato la strage di civili di al-Haditha.

REGOLE D’INGAGGIO AUTORE EDITORE PAGINE EURO

di Marco Bertoldi

Dante nella Roma di Bonifacio

Al-Haditha,25 novembre 2005: la storia di un’ordinaria tragedia Nell’estate del 2006 in Italia si è avuto un gran parlare delle regole d’ingaggio. In quel momento un nostro contingente doveva raggiungere il Libano, inquadrato nelle forze di peace-keeping delle Nazioni Unite. Ed effettivamente il mondo politico italiano si interrogava su quali erano gli spazi di azione dei nostri militari una volta arrivati sul campo. Perché in sostanza quando si parla di regole d’ingaggio, ci si riferisce alla possibilità di un contingente di fare fuoco su ipotetici nemici. L’ultimo agile volume del giornalista americano, William Langewiesche, tratta della guerra in Iraq e specificatamente fa riferimento ad un evento particolare: lo sterminio di due famiglie irachene da parte di un gruppo di marines il 25 novembre 2005. Non a caso Lan-

LA NEBBIA DENTRO

VOI NON SAPETE

«Regole d’ingaggio», ultimo lavoro del reporter americano Langewiesche, ritrae uno spaccato paradigmatico della questione irachena

Carlo Muzzi

I TASCABILI

va di cambiare il mondo. Qualcuno, come Attilio, ha preferito adeguarsi, salire su uno scoglio guardando gli altri affogare, attento a non finire nello stesso modo. Altri, come Pietro, hanno rinunciato a tradire se stessi, pagando il prezzo della solitudine. Ma non potremmo dire, alla fine, chi fra i due soffra di più. Enrico Mirani

Laguerradallaparte deicivili

La mafia è una rete che permea l’intera società e la soffoca Claudio Baroni

valori; ma poi - piano piano - il gelo si rompe. Gli odori, i sapori, i colori della terra, il ricordo dei genitori, la riscoperta di gesti e sensazioni comuni della loro infanzia riannodano i fili di una fratellanza che credevano perduta, disfatta dal potere da una parte, dall’isolamento dall’altra. Non è solo una storia di sentimenti familiari. Sergio Pent, classe 1952, valsusino che vive a Torino, critico letterario per vari giornali, racconta anche il destino di una generazione, quella maturata negli anni Settanta. Che sogna-

William Langewiesche Adelphi 80 5,50

Pagina a cura di:

MAURIZIO BERNARDELLI CURUZ e ENRICO MIRANI

a portato fortuna Dante Alighieri al romano Giulio LeoH ni che ne ha fatto il protagonista

di una serie di romanzi gialli, il primo dei quali gli ha fruttato il Premio Tedeschi con pubblicazione sul Giallo Mondadori ed i successivi due sono stati pubblicati da Mondadori in una collana da libreria. Che ora ospita il quarto: La crociata delle tenebre (pagine 358 euro 18), sottotitolo «Dante indaga nei misteri di Roma», in cui il futuro autore della «Divina commedia» è inviato come ambasciatore di Firenze nella corrotta e marcia Roma di Bonifacio VIII, papa che nel poema farà (giustamente) pessima fine. È il 1301, poco prima dell’esilio (Dante avrà qui la notizia della vittoria dei Neri appoggiati da Carlo di Valois), e Dante si troverà ad indagare su una serie di omicidi di giovani donne i cui corpi vengono mutilati. Su uno sfondo storico reale (l'ambasceria ecc.) e con grande attenzione (e qualche lieve licenza) alla personalità dantesca, Leoni innesta un’opera di fantasia cupa e aspra ben congegnata, ma perché inficiarla con un’orrenda bestemmia da stornellata? Joe R. Lansdale, il texano ritenuto da molti uno dei più grandi

autori noir degli ultimi anni, da amare o odiare senza vie di mezzo, promise che avrebbe pubblicato in anteprima mondiale da Fanucci, il suo editore italiano, il nuovo romanzo. Promessa mantenuta: è La ragazza dal cuore d’acciaio (pagine 430, euro 18), in cui due reduci dall’Iraq, uno ora giornalista segnato dentro dalla guerra, l’altro «pericoloso come un serpente a sonagli in un bosco dove infuria un incendio», collaborano per scoprire che fine abbia fatto una ragazza scomparsa. Un romanzo che diverte e infuria, tipico dell’autore. Altra autrice molto tipica con i suoi gialli al femminile privi di crudeltà e volgarità, ma non di suspense, è Mary Higgins Clark di cui Sperling & Kupfer pubblica ora Ho già sentito questa canzone (pagine 396, euro 18). Una ragazza sposa un ricco vedovo che se lo vede accusato di aver ucciso la prima moglie, fatto sparire una giovane anni prima (e forse il padre della sposina). La scrittrice in genere crea tensione mostrando un assassino che ha preso di mira la protagonista, ignara di ciò che l’attende; stavolta invece il tema è di chi la moglie si debba fidare: del marito che ama, o della polizia?

«L’anulare»: suggestivo romanzo di Ogawa Yoko con protagonista una ragazza che lavora in un posto singolare...

Quel laboratorio che trasforma la materia in eternità Rita Piccitto Non ci mette molto il lettore ad entrare in un stato di sottile attesa, di ovattata suspense. Già dalla seconda pagina si capisce subito che la semplicità della scrittura non è che l’invisibile filo di una ragnatela pronta a imprigionarti. «L’anulare» di Ogawa Yoko è un libro enigmatico che racconta la storia di una ragazza assunta in un laboratorio, un po’ speciale, vedremo. Ci lavora da un anno quando ha inizio la vicenda; lavoro semplice, fin troppo semplice, come dichiara la protagonista da subito, nessun particolare problema, bastano un po’ d’ordine e una certa attenzione. Sono in due, lei che si occupa dell’accoglienza dei visitatori e dei registri; lui, il titolare, il fascinoso signor Deshimaru è il responsabile esperto nella conservazione degli «esemplari». E da qui in avanti il lettore

si imbatte in una stranezza dopo l’altra. In un luogo sotterraneo, nella sede fatiscente di un ex collegio femminile, snocciolano clienti a lasciare oggetti che saranno con «amorevole cura» trasformati in «esemplari». Oggetti organici o inorganici non importa, ognuno ha qualcosa cui è legato e ognuno vuole separarsi per sempre da qualcosa che ha perduto; come la ragazzina che si presenta con i tre funghi spuntati sulle macerie dell’incendio in cui perse i genitori, oppure la donna che consegna uno spartito musicale chiedendo di trasformare il suono in un esemplare, appunto. Assieme alla protagonista che si abitua pian piano a penetrare il senso di tutti quegli oggetti, diverso da come veniva inteso nel mondo esterno, pure il lettore si cala, quasi senza accorgersi, in quella bizzarria, avido di orrori, mai però palesemente svelati. Ad un certo punto anche la protagoni-

sta diventerà cliente del laboratorio, e in un modo assai singolare; anche lei ha perso qualcosa, infatti. Nella fabbrica di bibite dove lavorava prima, tra la cisterna di raccoglimento e il giunto del nastro, è rimasto un pezzetto del suo anulare sinistro, una piccola «conchiglia di carne rosa» finita chissà dove. Così anche lei decide di consegnare qualcosa di sé al laboratorio. Che cosa? Un dialogo con l’eternità, giocato tra desiderio e paura e basato più su sensazioni che su esplicite rivelazioni, su domande senza risposte. L’universo feticista e ossessivo di Ogawa Yoko, la difficoltà umana di astrarsi dalla materia, l’anelito all’infinito trovano nella semplicità disarmante della scrittura il loro significato più autentico.

L’ANULARE AUTORE EDITORE PAGINE EURO

Ogawa Yoko Adelphi 103 9

Nel libro di Ogawa Yoko in un singolare laboratorio si conservano strani «esemplari»

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