Vicenzaabc N. 9 - 14 Maggio 2004

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vicenzaabc la città a chiare lettere

venerdì 14 maggio 2004, numero 9, anno III

SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO Editore: VicenzaAbc scarl, Corte dei Molini 7, 36100 Vicenza. Partita Iva 03017440243. Telefono 0444.305523. Fax 0444.314669. E mail: [email protected]. Spedizione in abbonamento postale 45% Comma 20/B, legge 662/96 - DC Vicenza Redazione: Corte dei Molini 7, Vicenza. Telefono 0444.504012. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] www.vicenzaabc.it

Inchiesta. Il rondò della discordia e tutti i nuovi punti caldi: da Corso Padova a San Lazzaro, ecco dove non se ne può più

Albera, Campo Marzo, Canneti. Tre luoghi differenti della nostra città, tre appuntamenti diversi che evocano un’aspirazione comune: la richiesta di una migliore qualità della vita, la consapevolezza di poter cambiare le regole e i principi dello sviluppo urbano. All’Albera, i cittadini che scendono in strada si espongono in prima persona per reclamare il diritto di vivere sicuri in casa propria ed essere finalmente liberi dall’oppressione dei Tir e dell’inquinamento. Una protesta che non si può relegare a fenomeno passeggero, come qualcuno pretende di fare. A Campo Marzo, sabato pomeriggio, l’associazione Tuttinbici parte in gruppo per consegnare al Municipio la bellezza di 12 mila firme in favore della mobilità ciclistica. Ciò che chiedono è una Vicenza a misura delle due ruote, dove ci si possa spostare lasciando a casa l’auto e senza paura di essere investiti ad ogni incrocio o nelle rotatorie. All’Auditorium Canneti, stasera (venerdì 14), la città esprime tutta la sua voglia di verde pubblico con “Vicenza città verdissima”, un’assemblea aperta a tutti – agli amministratori in modo particolare - dove verranno presentate le esperienze delle tante associazioni e comitati che da anni si battono per una maggiore disponibilità di verde e di spazi collettivi. Da decenni non si viveva un momento di così forte partecipazione. Una maggiore sensibilità per le questioni ambientali, si riscontra anche nella svolta in atto al vertice di Confindustria, il mito della produttività ad ogni costo sta per essere spazzato via dalla concorrenza del colosso cinese, è giunto il tempo di pensare maggiormente alla qualità dei prodotti e alla salvaguardia del nostro territorio. Purtroppo in tanto dinamismo, a dimostrarsi statica e troppo spesso assente è proprio la Politica, quella con l’iniziale maiuscola, quella capace di rielaborare la protesta, preconizzare il divenire della società, fare sintesi degli interessi divergenti mediante gli strumenti della democrazia. Chi amministra questa città non potrà distogliere lo sguardo ancora per molto, è in atto un movimento dal basso, che chiede corresponsabilità e condivisione nelle scelte, ma pretende di essere ascoltato e per ottenerlo è disposto anche a sfidare le vecchie regole della rappresentanza. Ciro Asproso consigliere comunale Verdi

Decine di persone sulle strade con il sole o con la pioggia, a sfidare le contravvenzioni dei vigli e le “attenzioni” della Digos. Così la città dormitorio punta i piedi per riappropriarsi dei suoi spazi. Così i vicentini riscoprono la voglia di lottare per una migliore qualità della vita. Il nostro viaggioinchiesta attorno alla rotatoria maledetta indica le possibili soluzioni del problema ma anche la mappa delle zone che, come l’Albera, diventano ogni giorno più invivibili. A pag 4-5

Dal tramonto all’Albera C’era una volta una città rassegnata a tutto. Oggi lotta per una migliore qualità della vita Un suggestivo ritratto serale dell’Albera, trafficata anche di notte Servizi a pagina 4-5

Foto Pedon

Voglio una vita che non se ne frega

I miracolati di Torri: Che vita senza smog Meno traffico, più prospettive “Migliorano pure gli affari”

(m.r.) Eccoli qua i vicentini: date loro un polmone e si prendono pure l’altro. Succede a Torri di Quartesolo dove l’apertura della nuova tangenziale ha fatto riscoprire ai cittadini il piacere di vivere. Al punto che la già rivoluzionaria diminuzione del traffico non basta più: adesso vogliono retrocedere la loro via Roma da Statale a Comunale. Uno dei pochi casi in Italia dove un declassamento è più ambito di una promozione. Era dal 1991, anno dell’apertura del centro commerciale le

Piramidi, che a Torri avevano perso alcune sane abitudini come respirare o uscire di casa il sabato. Quasi quindici anni in mezzo allo smog, con un’eterna colonna di auto a tagliare in due il comune. Una vitaccia, dal mattino del lunedì alla sera del venerdì. Poi per fortuna arrivava il sabato ed era tutta un’altra musica: via i pendolari, ecco le famiglie per lo shopping. E la colonna d’auto triplicava, dal centro commerciale alla Caserma Ederle. “Oggi è tutta un’altra vita - racconta il pasticciere Busato dalla

sua celebre bottega in viale Roma - e sarà meglio ancora quando l’intera tangenziale sarà percorribile. Strano ma vero, vanno meglio anche gli affari: senza traffico la gente è meno stressata, si ferma più volentieri.” “Un’altra vita davvero - fa eco il parrucchiere del salone Carisma, sulla stessa strada Nessuno meglio di me, al momento costretto ad attraversare la strada con le stampelle, ve lo può assicurare. Fino a ieri era un’impresa impossibile”. Diego Marchioro, ex vicesinda-

co del Comune (oggi commissariato, alle urne in giugno) concorda in pieno. E raddoppia: “Fino a ieri questa era praticamente un’autostrada. Oggi è una statale, che siamo riusciti a vietare almeno ai mezzi pesanti. Ora bisogna puntare a trasformarla in comunale, con passaggi pedonali protetti, limiti precisi, aree verdi”. Il sogno è che i figli, guardando un domani le vecchie foto di via Roma, non la riconoscano più. Stupiti del coraggio con cui i loro genitori riuscivano a vivere in un posto così.

questa settimana

elezioni

sanità nel caos

città proibita

economia

Baggio addio

Tradimenti e parenti serpenti: la folle sfida di Isola Vicentina

La soluzione dei medici “Dateci più soldi”

Povere bici piste ciclabili riservate... alle auto

I vicentini alla carica di Confindustria

Gli amici di Caldogno raccontano il campione

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Tina Anselmi uccisa in Regione

Un piccolo segreto...

Gaffe di An sull’odiato ex ministro e partigiana: ma non era morta?

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Non bastava il volume Italiane edito e diffuso gratuitamente nelle edicole a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministro alle Pari Oppor tunità Stefania Prestigiacomo (Fi) con il suo ormai notissimo capitolo firmato da Pia Luisa Bianco che si è sbizzarrita in una sequela di sprezzanti giudizi su Tina Anselmi, irridendo la sua esperienza di staffetta partigiana, dimenticando la sua opera di primo ministro donna della Repubblica italiana e demonizzando la sua azione di presidente della commissione P2 (“improbabile guerriera”, “armata di furbizia contadina” si legge tra le pagine a lei dedicate). Affermazioni che vanno

ben oltre il limite del giudizio politico e iscritte a pieno titolo nella categoria degli insulti. Non bastava questa prodezza governativa nazionale: ci si è messo anche il Governo veneto con il suo assessore al Bilancio Maria Luisa Coppola che ha rincarato la dose. In un’intervista al Corriere del Veneto, dopo aver precisato che il suo percorso politico è mille miglia lontano da quello dell’Anselmi, (e ti credo: l’assessora, vicentina d’origine e residente a Rovigo, è cresciuta tra le file di An) la Coppola ha affermato di non aver trovato tracce nel Veneto dell’opera dell’ex ministro Anselmi. Due giorni dopo nell’aula del Consiglio regionale si discute-

va il piano triennale degli interventi veneti di solidarietà internazionale, presentato dalla stessa Coppola. Era l’occasione che le opposizioni del centrosinistra attendevano per far rimangiare all’assessora le sue dichiarazioni. Attesa vana perché la signora Coppola era ben lontana da Venezia. Le bordate, però, sono partite ugualmente e all’assessore è stato chiesto di tornare quanto prima in aula per “ritrattare” quanto affermato. Qualche ex democristiano della maggioranza, visibilmente imbarazzato, ha detto che forse le parole della Coppola era state fraintese dal giornalista. Un classico. A dissipare ogni dubbio ci ha

pensato il capogruppo di An Paolo Scaravelli che ha preso la parola e con lo sguardo spiritato ha urlato: “Lo abbiamo sempre detto che Tina Anselmi è un’incapace: è diventata ministro solo per aver fatto la Resistenza. Anzi, sinceramente credevo che fosse già morta”. Più chiaro di così. E tutti a domandarsi il perché di tanto furibondo livore. Si tratta semplicemente di un ennesimo esempio del clima che si respira nel nostro paese governato da persone che alla parola Resistenza perdono il lume della ragione confermando che, in barba agli sforzi di Fini, molti esponenti di An sono stati, sono e saranno sempre fascisti.

sette giorni di politica

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vicenzaabc

Mentre vengono sbugiardati i trionfali numeri della destra, il Paese pare avviato verso una deriva giustizialista

Dal caso Torri alla tortura decisiva la sfida sulla sicurezza

Anche il ministro Alemanno sceglie Vicenza per fare propaganda forcaiola. Ma la democrazia è un’altra cosa

È giusto che dei poliziotti siano sotto inchiesta per aver ucciso un bandito durante una rapina? In un Paese normale la risposta sarebbe sì. Ma in un paese normale politici e media si farebbero in quattro per spiegarne le ragioni: l’inchiesta di Torri non è una punizione, ma un atto dovuto per garantire che la Polizia segua sempre regole precise a tutela dei cittadini. Un’inchiesta di questo genere è un impiccio e può apparire umiliante per uomini che facevano il loro dovere. Ma una democrazia non può farne a meno. Da noi, che pure pretendiamo di essere una democrazia avanzata, chi governa preferisce ignorare questa logica e cavalcare l’onda delle emozioni. E più sono viscerali, più molla le briglie. Non sfugge alla regola il ministro Gianni Alemanno di Alleanza Nazionale. Ospite, lo scorso venerdì 7 maggio al convegno vicentino del Sap - il sindacato autonomo di Polizia - Alemanno ha promesso che si batterà per tutelare gli agenti di Torri di Quartesolo perché, parole sue, “il problema della sicurezza è troppo importante per rischiare che le forze dell’ordine siano demotivate. È inaccettabile che siano ancora sotto indagine e addirittura sospesi alcuni poliziotti per i fatti del G8 di Genova”. (Tra parentesi, il convegno non riguar-

dava la sicurezza ma le pensioni. Tra le stranezze di un paese anormale, bisogna abituarsi anche a un ministro delle politiche agricole, invitato a parlare di pensioni, che divaga sulla sicurezza. Trovate voi un nesso, se ci riuscite.) Le parole di Alemanno scivolano via perché sono le stesse che sentiamo ripetere sempre più spesso per le strade, negli uffici, nei bar. Meglio fermarle invece. Perché segnano, ben più delle teorie sulle politiche sociali, sulla scuola, sull’economia, la differenza tra la destra e la sinistra italiana di questi anni.

Il falso mito della sicurezza Dai tempi dell’ultima grande campagna elettorale che ha visto vincere la Casa della Libertà, la destra italiana ha puntato molto sul tema della sicurezza. Nell’Italia raccontata dai Tg della Fininvest, il paese governato dall’Ulivo era un Far West di cittadini terrorizzati da truffatori, ladri e puttane, indifesi da una polizia con le mani legate. Poi venne il governo Berlusconi e tutto si quietò. Stando agli stessi tg, i poliziotti ottennero mezzi e fiducia, i cittadini protezione, i ladri leggi speciali e fogli di via. Tutte bugie ovviamente. Come dimostrano i dati, niente è cambiato. Vuoi perché la moltiplicazione dei poliziotti si è dimostrata uno dei tanti miracoli italiani malriusciti, vuoi perché le solu-

zioni drastiche e risolutive esistono solo nelle fantasie dei sempliciotti.

I numeri del fallimento Oggi, come quattro anni fa, i numeri di furti, borseggi, rapine, omicidi, stupri, truffe sono sempre gli stessi, con sporadiche variazioni del tutto fisiologiche. La differenza è che un 6 per cento in meno di rapine diventa subito un titolo d’apertura per sette telegiornali, mentre un 8 per cento in più di borseggi si riduce a una breve nell’edizione della notte. Per quanto fallimentare, la ricetta

della destra ha raggiunto un obiettivo: convincere qualche milione di italiani che il pugno duro è necessario. Così oggi diventa normale sentire il parro-

Miracolo fallito omicidi e rapine in aumento Frodi triplicate: da 54000 nel 2002 a 187000 nel 2003. Omicidi in crescita: dopo 10 anni di costante diminuzione, nel 2003 sono aumentati del 10,3%. Rapine al top: + 14,2% nel 2002, + 4,3% nel 2003. È il livello più alto degli ultimi 40 anni. Borseggi in salita: 165 mila nel 2003 (più 6,9% rispetto al 2002) Scippi in aumento: saliti del 2,8% nel 2003 Furti negli appartamenti: in aumento Totale reati: 2001: 2.163.000 - 2002: 2.231.000 2003: 2.457.000 Secondo i manifesti elettorali di Berlusconi, i furti sono calati del 17% Dati su base nazionale, fonte Istituto Cattaneo di Bologna, 2004

co di Torri di Quartesolo che, all’indomani della rapina costata la vita a un uomo, dice ai giornalisti: “Sarebbe stato più grave se fosse morto un agente”. E diventa normale che il ministro dell’agricoltura pretenda di giustificare il comportanmente criminale di molti poliziotti del G8 alla caserma Diaz di Genova. Scopriamo un po’ alla volta che le conseguenze sono peggiori di quanto avessimo immaginato. Mezzo centrodestra italiano chiede oggi di ampliare il concetto di legittima difesa fino a poter inseguire un ladro disarmato per sparargli alla schiena. Pochi giorni dopo, un gruppo compatto della maggioranza si rifiuta di considerare la tortura come un crimine. Poche settimane e mezzo mondo scopre che la suddetta tortura è effettivamente una prassi consolidata del sistema militare americano. Con queste premesse diventa obiettivamente difficile spiegare alle persone che indagare dei

poliziotti per aver ucciso un pluripregiudicato con Kalashnikov è una situazione di cui andare fieri. Però è doveroso, e sarebbe bello che il centrosinistra riuscisse a mantenersi compatto (almeno) su questo. La spaccatura con la destra, su questo fronte è totale. Da una parte chi cavalca il problema sicurezza conscio che questo è percepito (il corsivo è d’obbligo) come il più importante da milioni di italiani. Dall’altra chi deve continuare a battersi per spiegare che la realtà è diversa. La destra ha vinto le elezioni raccontando che viviamo in un paese ostaggio di rapinatori di borsette e comò. La sinistra spieghi che questi rapinatori esistono e vanno combattuti, ma che sono poca cosa rispetto ai rapinatori di tangenti ospedaliere, alta finanza, soldi pubblici e finanziamenti privati. Sbugiardare le loro promesse di sicurezza non è difficile. Difendere l’inchiesta di Torri lo è, ma è doveroso provarci. Una democrazia non può creare un precedente che permetta un nuovo caso Diaz o la morte di un ladruncolo disarmato che sta forzando una macchina. Non foss’altro perché il ladrucolo potreste essere voi, che avevate semplicemente dimenticato le chiavi. Sotto questa luce, l’avviso di garanzia inviato ai poliziotti non è solo un bel colpo per fare un titolone sui giornali e scatenare le polemiche nei bar. È un bel colpo per l’intera democrazia. Matteo Rinaldi

La singolare storia del comune dove si va al voto tra le più incredibili alleanze traversali

A Isola tradimenti e parenti serpenti Partiti che si spaccano. Alleanze trasversali. Amici che diventano nemici. Una guerra di frazioni e campanili. È questa la sciarada elettorale di Isola Vicentina, un paese di appena ottomila abitanti sul quale però si sono accesi i riflettori più importanti della politica locale. Uno scenario da milioni di euro che ruotano attorno al più importante distretto vicentino delle cave. Uno scenario che ha la sua chiave di lettura nel controllo della politica urbanistica di Isola. Uno scenario con equilibri così delicati da far saltare ogni schema politico tanto da mandare in panne molti partiti della Cdl. La Lega locale infatti contesta quella provinciale. Fi è divisa da una guerra interna. Ma pure il centrosinistra annaspa, non corre in proprio, sceglie un profilo basso. E a Isola intanto la gente si chiede se durante questa campagna saranno scoperchiate un po' di pentole, dentro alle quali non si guarda da anni. L’Isola che non c’è. Fare ordine nel

marasma di Isola è complesso. Un punto di riferimento arriva da Insieme per Amministrare, la lista del sindaco uscente Valter Baruchello. Il primo cittadino azzurro non può più ricandidarsi e il suo successore più accreditato è il vicesindaco Matteo De Rossi. I due sono appoggiati da una parte cospicua di Fi e dell'Udc, ma nel loro entourage non mancano persone con un passato nel centrosinistra o nella sinistra Dc. Baruchello da alcune settimane porta avanti il suo programma di opere realizzate: asfaltature, riqualificazione dell'arredo urbano, nuovi impianti sportivi. Un programma contenuto in un elegantissimo quaderno a colori di sedici pagine intitolato "Cinque anni di scelte concrete". Nel volumetto il primo cittadino spiega: "Passati cinque anni possiamo dire di aver rispettato le promesse fatte all'inizio del mandato". Se la lista che fa riferimento a Baruchello è quantomeno composita, ancora più articolata lo è quella del candidato Massimo De Franceschi, che nel mandato del 95-99 era stato capogruppo per le forze di centrosinistra quando quest'ultimo governava assieme a Baruchello. De Franceschi (uno dei

potenti del paese) ha ricoperto la posizione di presidente della casa di riposo e ora corre contro l'ex alleato precisando: "Sono contento che i Ds e il centrosinistra ci diano un appoggio esterno, ma la nostra lista (Partecipare) contiene nomi che vengono dal centrosinistra, dal centrodestra e dalla società civile". Scuole, bilancio partecipativo, attenzione al sociale, sono i punti salienti del programma dei candidati, i quali fanno della qualità della vita la linea di indirizzo principale. Pepe alla contesa lo mette Onorio De Franceschi, conosciutissimo ex presidente dell'Ater di Vicenza, in campo con la civica Per Isola: "Ho deciso di scendere in campo come candidato sindaco perché sono stato contattato da moltissime persone. Dopo dieci anni di strapotere di Baruchello è bene che ci sia un cambio di rotta. La nostra lista ha ottenuto l'appoggio esterno di An, ma siamo aperti a tutti gli schieramenti. Siamo per un paese più vivibile, siamo per una politica

ACQUE MOSSE

portata avanti nell'interesse generale e non in quello di pochi. Speravo di mettere insieme un numero maggiore di persone attorno al mio progetto, purtroppo tutte le altre liste hanno legami organici con l'attuale primo cittadino. A ogni modo abbiamo già approntato i sedici nominativi che correranno per il rinnovo del consiglio comunale". Una posizione che Giobattista Gasparella, capolista della civica Isola Pulita (candidato sindaco la leghista Paola De Bei) non condivide: "Dov'era De Franceschi quando facevamo le battaglie contro l'amministrazione durante questi cinque anni? Non vorrei mai che fosse stato impegnato con l'amministrazione ad identificare aree edificabili. Il problema è che lui non sopporta il sindaco perché sono due galli in un pollaio dove domina la medesima politica, quella che noi contestiamo a questa amministrazione". Gasparella, consigliere uscente, iscritto a Fi, ma in guerra con

Baruchello dal giorno della sua elezione, rappresenta l'ultimo dei quattro gruppi attualmente in lizza. La leghista De Bei però, nenanche a farlo apposta, è in rotta con i leader provinciali del partito, che sembra non abbiano gradito il suo attivismo contro "gli abusi, gli sprechi ed una concezione feudale del territorio". E lo stesso Gasparella spara a zero su tutti: "Se si vuole la trasparenza, ci siamo rimasti solo noi. Gli altri hanno tanti altri interessi, che spesso coincidono con quelli di famiglia". Una posizione dura che è in linea con le azioni eclatanti messe in campo in questi ultimi diciotto mesi dai due: esposti in procura sui presunti abusi edilizi del primo cittadino, volantini a bizzeffe, sit in contro le lottizzazioni selvagge, richieste per una commissione speciale sulle cave "voluta anche dal segretario provinciale dei Ds, ma ignorata dalla sinistra locale". E soprattutto fucile puntato contro la maxi lottizzazione per lo Sporting club: "Un piano - dicono i due - che doveva inizialmente consegnare alla città i campi di allenamento del Vicenza Calcio e che invece si è trasformato nella opportunità di costruire quattrocento appartamenti". E siccome tra i promotori c'è il presidente di

Assindustria Massimo Calearo "si comincia a capire come mai ad Isola la temperatura sia salita così rapidamente". Ma la questione fondamentale di Isola, l'argomento di cui solo pochi parlano riguarda le cave. Il futuro sindaco avrà le chiavi per radiografare la situazione, ordinare controlli, vedere se le escavazioni sono state effettuate secondo le norme vigenti. I cavatori, si mormora in paese, sono sempre stati molto vicini agli amministratori e negli ultimi tempi, nel novero dei potentati locali, si sarebbero affacciati anche gli immobiliaristi. Per Baruchello si tratta di voci campate per aria. Isola Pulita, la lista della De Bei, è sul versante opposto e dice di essere pronta a scoperchiare la pentola se vincerà le elezioni. Gli altri nei programmi non fanno nomi e cognomi. Solo dopo il 13 giugno si saprà se sotto le argille di Isola si nasconde qualche segreto inconfessabile. Marco Milioni Nella foto: Valter Baruchello discusso sindaco uscente

IN LAGUNA. La consigliera Donazzan: “Grembiulini obbligatori”

Foto Pedon

La pasionaria di An che combatte le griffe

Belli dentro. Nella foto, l’austero look della sobria Elena.

Con la cosiddetta “legge dei grembiulini” il gruppo di Alleanza Nazionale in Consiglio regionale ha ottenuto, come si suol dire, un’esposizione mediatica senza precedenti. I giornali veneti e quelli nazionali si sono fatti in quattro (scomodando con interviste anche Lidia Ravera e perfino il leader storico del ‘68 Mario Capanna) per illustrare questa proposta che punta, in sostanza, a privilegiare nell’assegnazione dei finanziamenti della Regione Veneto le scuole elementari e medie venete che renderanno obbligatoria per i propri allievi la divisa di istituto. “È per scoraggiare il consumismo dei vestiti griffati, eliminare imbarazzanti differenze sociali e alimentare lo spirito di appartenenza” hanno spiegato i presentatori. Tra questi la bassanese Elena Donazzan che con i suoi 32 anni è la più giovane dei consiglieri veneti. La più giovane, ma un tipo

tosto. Ha lasciato volentieri il ruolo di tenera mascotte di palazzo Ferro-Fini alla consigliera leghista, anch’essa bassanese, Mara Bizzotto, nata nello stesso mese dello stesso anno (il giugno del 1972) ma 19 giorni prima di lei e si è specializzata in incursioni politiche dentro e fuori il palazzo. Membro della commissione agricoltura, Elena è una paladina convinta dell’attività venatoria al punto che un giorno ha annunciato in aula di aver finalmente conseguito la licenza di caccia. Per coerenza. Un po’ Diana cacciatrice e un po’ Giovanna d’Arco. Due anni fa alla guida di un manipolo di Azione Giovanile si fionda in Istria per rendere omaggio alle tombe italiane nei cimiteri locali che vengono progressivamente fatte sparire dalle autorità croate. Alla frontiera trova il modo di aver da ridire con le guardie di confine che, forse avver-

tite della “spedizione”, la strapazzano. Rischia l’arresto e si sfiora l’incidente diplomatico. Guerrigliera ma anche, a suo modo, pacifista. Lo scorso anno alla vigilia dell’apertura delle ostilità in Irak vola a Bagdad insieme ad un altro consigliere regionale,il padovano Iles Braghetto dell’Udc ma soprattutto di Comunione e liberazione. Lì i due incontrano alcuni rappresentanti delle chiese cristiane locali. Vengono imbarcati nell’ultimo volo di linea che lascia Bagdad prima che l’aeroporto e lo spazio aereo irakeno vengano chiusi. Seguace della corrente del ministro Alemanno, Elena Donazzan si muove spesso per conto suo spiazzando gli altri consiglieri di An che si sforzano (anche se poco convinti) di adeguarsi alle metamorfosi imposte dalla segreteria nazionale: non fa mistero di essere perplessa dalle uscite

“antifasciste” di Fini e tenta di compensarle in loco sponsorizzando ogni possibile e immaginabile iniziativa pubblicistica sui due storici cavalli di battaglia del post fascismo italiano: “le vittime delle foibe” e i “crimini” dei partigiani. Ma torniamo alle divise scolastiche. Elena Donazzan le predica ma personalmente preferisce alternare mises maliarde che provocano qualche brivido maschile nei corridoi di palazzo Ferro-Fini ai tailleurspantalone da donna in carriera e ai jeans da combattimento. Va detto che questa proposta ha probabilità molto vicine allo zero di diventare legge regionale. An lo sa benissimo però l’obiettivo è stato raggiunto: in tempi in cui l’immagine del partito, soprattutto in Veneto, è un po’ sbiadita, pagine di giornali e riflettori delle TV sono stati assicurati.

cronaca

vicenzaabc

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Tangenti 5 regole per non sbagliare

Malasanità. Reazioni alle gravissime accuse lanciate dal procuratore Pecori

Malati di mazzette Il sindacato: ignorate le regole anti corruzione. Ma intanto grazie a Forza Italia, controllare i furbi sarà più difficile Le accuse lanciate dalle pagine del Corriere del Veneto sono durissime: la sanità è malata. Di mazzette. Parole destinate a lasciare un segno. Perché a pronunciarle è il Procuratore reggente di Vicenza Paolo Pecori, impegnato nell’inchiesta sulle tangenti al San Bortolo. Nell’intervista rilasciata al quotidiano, Pecori lascia chiaramente intendere che il caso Soranzo (il primario di otorinolaringoiatria arrestato) è solo la punta di un iceberg. La corruzione sarebbe molto più diffusa di quanto finora emerso dalle indagini. Talmente diffusa da far dichiarare al Procuratore: “la fine della corruzione è solo un’illusione”. Solo che, contrariamente a quanto accaduto per tangentopoli dove la falla aperta con Mario Chiesa liberò una cascata, qui mancano (ancora) le prove e qualcuno che parli mettendo a nudo l’intero sistema. Scoperchiare la tangentopoli sanitaria vicentina sarà compito della Magistratura. Resta la gravità delle dichiarazioni rilasciate da Pecori. Affermazioni che, ne siamo certi, sono state fatte a ragion veduta. Con in mano elementi, se non probanti, certamente molto significativi. Possibile che nessuno sapesse? Avesse

quantomeno subodorato? “Nessun dubbio: se avessimo saputo avremmo certamente denunciato” dice Claudio Scambi, responsabile Sanità della Uil, che continua: “Il problema è quello del rispetto delle regole. La riforma Bindi ha ben determinato gli spazi per l’interesse privato del singolo sanitario all’interno della struttura pubblica. Solo che – nonostante il recente richiamo di Alessandri alle regole da rispettare nell’esercizio della libera professione – il clima è

un po’ quello del laissez faire. Insomma, le regole ci sono. Basterebbe farle rispettare”. Già, perché questa difficoltà? “Scarse risorse? Mancano uomini per effettuare le dovute verifiche?” a chiederselo è Giancarlo Puglioni della Cgil: “Nella sanità i medici sono l’unica categoria a poter godere di tutti questi benefici. Come Sindacato abbiamo più volte chiesto, senza mai avere risposte esaurienti, una rendicontazione completa rispetto alle attività libero-professionali.

Anche rispetto alle prestazioni per conto Ulss svolte in cliniche private. Al massimo abbiamo ottenuto generiche risposte verbali. Alessandri – e con lui tutti gli altri direttori delle Ulss – invece di limitarsi a ricordare le regole, le faccia rispettare”. Come riuscirci? “Purtroppo il futuro si apre a scenari sempre più torbidi. Per i medici del servizio sanitario nazionale si profila la fine del rapporto di esclusività. Una regola chiave. Proprio in questi giorni il Senato ha approvato un emen-

Le norme ci sono ma chi le rispetta? damento al decreto sull'emergenza sanitaria presentato dalla senatrice di Forza Italia Alberti Casellati (la stessa che aveva imputato alla rigidità della Legge Bindi, la prima causa ad aver spinto Soranzo “a fare il furbo”). L'emendamento prevede che i medici ogni anno scelgano se optare per il rapporto di lavoro esclusivo con il Servizio sanitario nazionale oppure no. In questo modo viene modificato il principio dell'irreversibilità della scelta, previsto dalla legge attuale. Bell’affare: sarà ancora più difficile effettuare i controlli”. Dello stesso avviso Maurizio Dei Zotti della Cisl: “L’Ulss di Vicenza è ingovernabile. Ricorda l’Italia del Medioevo con i suoi feudi, ducati, comuni. Ognuno procede come meglio gli aggrada. Salvo riscoprire l’unità quando c’è da difendere gli interessi di qualcuno. Che, evidentemente, sono poi anche degli altri. L’impressione d’insieme è quella di un ambiente dove – in assenza di controlli – tutto è lasciato alla responsabilità del singolo individuo. E si sa, l’occasione fa l’uomo ladro. Non mi stupirei affatto se, come lascia intendere Pecori, stessero per scoppiare altri bubboni”. Davide Lombardi

I punti contenuti nella lettera inviata a primari, aiuti e direttori medici dal Direttore generale Antonio Alessandri il 19 dicembre 2003.

1. Silenzio in Sala

L’utilizzo delle sale operatorie per l’attività libero-professionale deve essere programmato fuori dall’attività istituzionale e non interferire con esse.

2. Timbrare il cartellino

L’attività deve essere svolta negli orari concordati previa timbratura

3. Registrarsi, prego

Ogni richiesta di prestazione va registrata attraverso il Cup (Centro Unico Prenotazioni)

Il presidente dell’Ordine: “Alzare gli stipendi ed eliminare la commistione tra pubblico e privato”

I medici: “Dateci più soldi” Ezio Cotrozzi, presidente dell’Ordine dei Medici di Vicenza, che cosa pensa delle dichiarazioni di Pecori? La classe medica vicentina è molto attenta e corretta. Non ho dubbi che vi sia un assoluto rispetto delle regole e della legge da parte di tutti. Il caso Soranzo sembra indicare il contrario. Infatti, lui è iscritto all’ordine di Padova. Allora, la corruzione non supera la barriera di Grisignano? Dico solo che a Vicenza, come Ordine, siamo attentissimi di fronte a situazioni di questo genere. Evitiamo di fare di ogni erba un fascio? Evitiamo. Resta il fatto che Pecori è andato giù durissimo. Il Procuratore avrà i suoi motivi per rilasciare queste dichiarazioni. Tiri fuori quello che sa. Del resto è mia intenzione andare a parlare al più presto con lui. L’Ordine deve essere informato di eventuali scorrettezze di qualche suo

iscritto. Per poter coordinare la nostra azione con quella della Procura. Ma per quel che mi riguarda, ripeto, ho grande fiducia nella classe medica. Pensa vi sia una correlazione tra l’attuale normativa e quello che è successo al San Bortolo? La situazione attuale ha bisogno di correttivi. In questo caso si è avuto un pessimo uso dell’intramoenia (la libera professione all’interno nelle sedi pubbliche ndr) Tra l’altro, questa confusione normativa va contro i cittadini. Per una visita in lista d’attesa si può aspettare anche sei mesi. Pagando, la si fissa in un’ora. La riforma sanitaria è qualcosa lasciato a metà. Di qui lo spazio per possibili abusi. Il Ministro Sirchia, in un’intervista al Sole 24 ore, dice che controllarvi è impossibile, ci vorrebbe un carabiniere per ogni medico. Il che – parole sue - non sarebbe elegante. Non è un problema di eleganza, ma di logica. Quel che dice Sirchia è giustissimo. Dice che

questo sistema è sbagliato perché non è stato portato fino in fondo. Bisognerebbe dare più soldi ai medici, molti di più di quelli che prendono oggi, ed eliminare l’intramoenia. Tra l’altro, il nostro contratto è scaduto da tre anni. Dunque lei è favorevole alla liberalizzazione proposta dal centro-destra. La medicina deve essere libera per definizione. Ma lei crede che l’emendamento proposto dalla Alberti Casellati, per cui di anno in anno potrete decidere se dare l’esclusiva al Servizio Pubblico o meno, vada in direzione di una chiarificazione normativa? Credo che aggiunga confusione alla confusione. Comunque, prima di esprimermi a riguardo, preferisco attendere l’incontro che abbiamo convocato con il Senatore Flavio Tredese per la prossima settimana. Servirà per farci idee più precise su cosa bolle in pentola. d.l.

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5. Mai fuori sede

I medici sono autorizzati a svolgere attività libero-professionale in un’unica sede esterna se mancano spazi all’interno dell’ospedale (entro il 2005 però – fatte salve modifiche all’attuale normativa – le due sedi dovranno essere ricondotte ad una).

A Campo Marzo approdano i pirati

Centro Storico: ironia alla Vicentina

Continua la vertenza sulla manutenzione di Campo Marzo. L’area necessita un risanamento immediato. Le sponde della Seriola sono un “immondezzaio” e igienicamente pessime. Lo spazio alle spalle dello storico bar Moresco versa in uno stato di abbandono, inoltre il viottolo centrale non possiede adeguati sgorghi per l’acqua piovana e per questo si allaga. I cittadini si sono fatti sentire più volte lasciando eloquenti cartelli “Qui molo 4” o “Acqua alta a Vicenza”. La Circoscrizione ha inoltre fatto richiesta per un miglioramento dell’illuminazione e l’installazione di un palco per eventi musicali e per creare un luogo di aggregazione.

Stanga: strade anti polemica

Sono state inaugurate due nuove vie laterali di Via Caminer divise da Via Vittime di Guerra. Sono state intitolate a Elisa Salerno e Vittoria Madurelli. Due personaggi... apolitici dopo il caso di via delle Foibe che aveva provocato una polemica.

Villaggio del Sole: ridateci il rock

4. 30 e lode

Pare che non avrà buon fine la richiesta dell’area Castaneda per il Villazza Rock. Matteo Tosetto, presidente della Circoscrizione Sei, dichiara che la decisione deve essere presa dal Comune ma in realtà l’area è di pertinenza della Circoscrizione. “L’area scelta dall’organizzazione era perfetta per una festa che, quest’anno, avrebbe dovuto essere

già ridimensionata e resa più appetibile per le famiglie” – commenta il consigliere diessino Andrea Tapparo. Continua inoltre la protesta ormai infinita per la situazione di emergenza dell’Albera (articoli nelle pagine seguenti).

Pomari: Comune, fuori i soldi

Non si è ancora risolta la questione sull’ex area Zambon (l’area, inquinata, necessita di una messa in sicurezza se non addirittura di una bonifica). “Il Comune deve farsi carico al più presto della situazione e provvedere ai costi – dice Tapparo – che in seguito potrà eventualmente recuperare dalla Zambon.”

Laghetto: occhio alle buche

Sono iniziati i lavori per il miglioramento del manto stradale in via dei Laghi. Le condizioni di molti marciapiedi delle strade lateriali sono però ancora pessime e pericolose soprattutto per gli anziani.

Viale Cricoli: riprendiamoci il quartiere

La Circoscrizione pone l’attenzione sull’area attorno a viale Cricoli, sempre più disastrata. E’ necessario un piano per recuperare la zona e sottrarla all’abbandono.

Ca’ Balbi: 30 all’ora

E’ previsto un volantinaggio e una raccolta firme per sensibilizzare i cittadini sul progetto 30 all’ora i cui lavori sono stati lasciati a metà. Sara Sandorfi

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C’era una volta una

la nostra inchiesta

vicenzaabc

C’era una volta una città rassegnata a tutto. Oggi scende in strada per una m

Le soluzioni: i pro e i contro di bretella, semaforo, pedaggio... Le nuove Albere: da Corso Padova a viale San Lazzaro Retroscena: perché ai camionisti l’autostrada non piace

Foto Pedon

L’Albera ha dato i su Quante volte sono scesi in strada? Ormai abbiamo perso il conto. I cittadini della zona dell’Albera, il rondò più grande e malfamato della città, da tempo hanno scatenato una rivolta contro la circolazione, che nella zona ha raggiunto livelli da raccordo autostradale. Un traffico che assomma migliaia di camion e decine di migliaia di auto che, giorno e notte, rombano attorno al rondò e si disperdono tra viale Trento, viale Diaz e soprattutto viale del Sole e la statale Pasubio. Un traffico che ha spinto una cittadinanza storicamente chiusa, paziente e timorosa a organizzare manifestazioni di protesta clamorose e coraggiose: mascherine davanti alla bocca, cartelli in mano, striscioni tesi e via, su e giù per le zebre pedonali. Tanto basta per far letteralmente impazzire il traffico, creare colonne chilometriche, far saltare i nervi agli automobilisti. E agli amministratori. Per i quali l’atteggiamento dei cittadini è comprensibile ma ingiustificabile. Si chiede loro di portare pazienza. Il tempo di realizzare la bretella. Una decina d’anni. Scendono numerosi, nonostante l’acqua, armati di bandiere, striscioni, cartelli, megafoni. Sono i residenti dell’Albera che esprimono tutta la loro rabbia perché non hanno ancora ricevuto non solo le risposte alle loro rivendicazioni ma neanche la sacrosanta considerazione da parte dell’Amministrazione. Ma cerchiamo di capire chi sono e cosa vogliono. Nella primavera del 2001 nasce il Coordinamento dei Comitati: Villaggio del Sole, viale Trento, via Pecori Giraldi, Maddalene di Vicenza e Motta di Costabissara, costituito dagli abitanti di quelle zone, esasperati per il gravissimo inquinamento ambientale ed acustico provocato soprattuto dai mezzi pesanti che trasportano le merci da e per la ricca e produttiva provincia vicentina, verso l’imbocco dell’autostrada Vicenza ovest. Il monossido di carbonio è al di sopra dei livelli massimi consentiti (Dal 1988!) e le polveri prodotte dai motori a gasolio dei camion rende l’aria irrespirabile, sporca ogni cosa stia fuori per più di qualche minuto. Il rumore e le vibrazioni provocano danni agli stabili; crepe si aprono sui muri, disturbano il riposo ed il sonno degli abitanti. Il problema si potrebbe arginare a detta di uno dei fondatori del Coordinamento, Giuseppe Farina, “Rendendo obbligatorio l’uso dell’autostrada A/31 per i mezzi pesanti, molti dei quali vanno oltre Thiene. Una normativa regionale prevede un rimborso per il supplemento di strada percorso. Non costerebbe niente, è solo una questione politica…”. “La situazione è insostenibile, come ha ammesso lo stesso sindaco” dice il Consigliere comunale Ds Giovanni Rolando, portavoce di uno dei comitati, “ma la soluzione auspicata è ancora lontana da venire; la dichiarazione dello Stato di emergenza Sanitaria e di conseguenza l’emissione dell’Ordinanza Sanitaria di divieto di transito ai mezzi pesanti 24 ore su 24 nelle zone interessate, per tutelare il bene primario; la salute del cittadino”.

Gaetano Callegaro ed Annamaria Berton di Legambiente spiegano: “Il vero problema è il trasporto delle merci via strada. Si dovrebbe incentivare il trasporto via treno, creando le infrastrutture adatte. L’Albera è solo la punta di un iceberg”. Le persone protestano in modo semplice ed effiace: aspettano il segnale verde all’attraversamento pedonale per impegnare le zebre. Tanto basta a creare un caos. Sono perlopiù anziani, uomini e donne comuni, a sostegno di un movimento “No Trafic” pacifico e rispettoso delle regole, tanto che le forze dell’ordine non intervengono se non per invitare, con garbo e gentilezza, qualche passante “troppo lento” che ingombra la sede stradale quando scatta il verde per le auto, a camminare più in fretta. Tra le lamentele degli abitanti c’è anche il fatto che alla lentezza nello scattare del verde dal momento della chiamata pedonale (4 minuti circa), si contrappone la velocità con cui dal verde si passa al rosso (pochi secondi). La signora Elena Miani dice: “Per andare in chiesa devo solo attraversare la strada, 400 metri circa, ma è un’impresa. E poi a causa dell’aria malsana non posso aprire le finestre di casa, neanche in estate”. Da quando un anno fa è stata costruita la rotatoria ed installato il semaforo per il passaggio dei pedoni sono state investite tre persone. Una di queste è Sonam Uddin, di origine bangladese: “Stavo andando a comprare il latte al bambino nella farmacia di fronte. Pioveva ed ho attraversato in fretta. Una macchina non si è fermata e mi ha colpito. Ho fatto un volo di alcuni metri ma per fortuna non mi sono fatto niente! La signora alla guida non è neppure scesa dalla macchina, ha aperto il finestrino e mi ha chiesto se stavo bene. Poi se n’è andata. Per non dire dei piatti sulla tavola che tremano per le vibrazioni provocate dai camion”. Faccin Letizia dice: “È dal ’48 che abito qui, vivo da sola, negli ultimi tempi ho riparato già due volte le

crepe in cucina. Mi sento soffocare. Di notte il letto trema, la foto del mio povero marito, si è spostata nella cornice. Stavimo meio quando ierimo poareti” . Andrea Tapparo, Presidente della Circoscrizione 6: “E’ preoccupante l’assenza degli amministratori. Il Sindaco vorrebbe ma non può, eppure nel ’91 il suo predecessore Variati lo fece (si riferisce al blocco del traffico pesante su quella tratta). Queste persone si sentono sole, abbandonate, hanno l’impressione che si stia prendendo tempo, cercando di passare la patata bollente magari alla prossima amministrazione”. Fa la sua apparizione anche l’onorevole Lalla Trupia, deputato dei Ds, venuta a portare “solidarietà e non indifferenza, perché gli amministratori devono stare vicini alla gente, sporcarsi le mani, cercare soluzioni, il Sindaco ha fatto come Ponzio Pilato; se n’è lavato le mani”. Fiorenzo ha portato Ilaria, la figlia di circa sette anni, alla manifestazione. Se ne stanno tornando a casa e lei gli dice: “Papà, ma non è successo niente, i camion continuano a passare.” A vedere le fotografie delle persone che scendono in strada appare chiaro che la politica con l’Albera ha poco a che fare. A protestare non sono certo i soliti noti, come sostiene qualcuno, ma casalinghe, commercianti, pensionati. Buona parte di queste persone non ha mai fatto nemmeno uno sciopero, altro che rivolte premeditate. Questi anziani con la mascherina antismog sono invece il segnale che i tempi stanno cambiando: anche nella pacifica Vicenza il concetto di qualità della vita sta diventando sempre più importante. Chi una volta dedicava mezz’ora in più del suo tempo per fare gli straordinari al lavoro, oggi preferisce dedicarla al miglioramento della sua vita. Se l’amministrazione della città non capisce il significato di tutto ciò, non potrà mai rispondere alle richieste della sua città. Claudio Carolo

Da est a Ov

Colonne, smog, mu

È probabile che l’Albera sia solo la spi re sempre più forte. Perché di case che saggio di un mezzo pesante ce ne sono zone della città. Ecco le principali.

Corso Padova - Viale

Corso Padova è ancora considerata un prestigiose del semicentro. Per quanto dato sapersi. È certo invece che la vivi cala giorno dopo giorno. A causa anch di Ponte degli Angeli, il traffico è aum di punta, le colonne partono dal ponte tavolta al semaforo di viale della Pace. bus è un incubo per chi vive nelle vecc zona: vibrazioni e crepe su soffitti e pa una cosa normale. Non bastasse, preo una sorta di assalto alla diligenza edili cando le abitazioni in Corso Padova. t so della Fiat Savi – che vedrà nascere d tamenti - e tre nuovi centri residenzial vicinanze, crescono in modo esponenz Non crescono ovviamente strade e par segue un aumento di traffico micidiale da ancora a doppio senso che sopport na un senso unico.

IV Novembre - Viale

Peggio di Corso Padova: tra via IV No Scroffa si concentra una quantitò di sm impallidire l’Albera. Mancano solo i c zine di bus e corriere Ftv (con centinai fanno egregiamente le veci. Metteteci p

Se i tir danneggiano. Asproso: “Trasformiamo viale Pasubio in una tratta a pedaggio”

Una barriera elettronica contro i bisonti della strada Ciro Asproso, consigliere dei verdi, non ha dubbi: lui la ricetta per risolvere il problema dell’Albera ce l’ha. Facendo pagare un pedaggio ai mezzi di trasporto pesanti si limiterebbe la loro presenza. “Questo sistema – spiega Asproso – si chiama ‘Road Pricing’. È un utile alleato contro il traffico, già affermato in altre città”. A Londra, per sempio, è stato installato un imponente meccanismo denominato ‘Congestion charging zone’ che regola il flusso automobilistico. In poco tempo ha diminuito la pressione sulle congestionate strade della capitale inglese. Misure simili, nel nostro piccolo, sono state adottate anche a Genova e Venezia.” Come potrebbe essere applicato il road pricing a Vicenza? E che benefici porterebbe? Attraverso dei portali elettronici, tutti i mezzi pesanti che attraversano la zona interessata sono costretti a pagare un pedaggio per il transito. Questo pedaggio deve essere sufficiente a scoraggiare il passaggio. Il ricavato dell’operazione, inoltre, servirà a pagare la messa in opera del progetto e l’eventuale realizzazione e manutenzione di tutte le infrastrutture

non si pagano e quindi fanno risparmiare: è questo il pensiero da cambiare. Passare per le statali è un costo e deve essere sostenuto soprattutto dai suoi utenti che maggiormente logorano queste vie. In questo modo, però, aumentano i costi per i trasportatori e di conseguenza per i trasporti. Non ci sono alternative?

Centro di Londra: un’area per entrare nel “Congestion charging zone”. Oltre 400 porte d’accesso e 800 telecamere per far pagare un pedaggio ad ogni auto

necessarie (barriere fonoassorbendi, asfalto speciale) a migliorare la qualità della vita dei residenti del quartiere. Molti trasportatori, però, devono passare obbligatoriamente per l’Albera: è la naturale prosecuzione della statale Pasubio per raggiungere la zona industriale e la statale per Verona. Ora che nel casello di Vicenza ovest si è allacciata la tangenziale per Padova, il

traffico è destinato ad aumentare. Le vie alternative per i trasportatori, come l’autostrada da prendere a Thiene, ci sono. Il problema maggiore è l’enorme quantità di camion e tir che attraversano soltanto il nostro territorio, entrando in autostrada, per esempio, verso Verona o Padova. Questo perché il pedaggio è ancora la barriera psicologica da superare. Le statali

Il trasporto su gomma è costoso. Questo deve essere capito. I tragitti medio-lunghi dovrebbero essere affidati a mezzi più compatibili ed economici come il trasporto fluviale e su ferrovie, molto sviluppati in Italia, tempo fa, ma ora abbandonati per una politica dei trasporti su gomma che non ha portato e non porterà risultati positivi. Come è facile intuire è un problema risolvibile solo in scala nazionale attraverso una politica concreta sui mezzi di trasporto alternativi. A livello locale le autorità competenti credono in soluzioni alternative? Purtroppo l’attuale amministrazione sembra più interessata ad arroccarsi sulle sue scelte invece

di procedere ad un dialogo costruttivo. Un gran peccato, perché sono soprattutto i cittadini, attraverso le loro manifestazioni, a richiedere risposte da chi li governa. Quando ho proposto il pedaggio in viale Pasubio, pochi giorni fa, Cicero e la maggioranza hanno storto il naso. Eppure pochi giorni dopo una soluzione del genere è stata presa in considerazione anche in Trentino. Quindi la situazione dell’Albera è la diretta conseguenza di una gestione negligente del traffico urbano da parte dell’attuale amministrazione? La questione non è così semplice. Capisco la posizione di Cicero. Ci troviamo di fronte a un problema dalla non facile soluzione – spiega Asproso – Lottiamo contro la potente lobby degli autotrasportatori, ben decisi a tutelare in ogni modo i loro interessi economici, senza badare alla sicurezza dei cittadini. Non dobbiamo dimenticare la debolezza normativa delle ordinanze di limitazione del traffico. Per questo chi ha il potere decisionale deve impegnarsi di più. i.t.

Road Pricing

Cos’è: il road pricing è l’attivazione del pedaggio per l’utilizzo di certe strade. può essere limitato ad alcune categorie di veicoli (camion, bus turistici). Lo scopo è di limitare l’accesso ad aree sensibili Dove è già adottato: Singapore, Oslo, Trondheim, Melbourne, Los Angeles, Londra, Venezia, Genova Pro: È un sistema democratico perché non vieta l’accesso. I costi per la realizzazione del progetto sono ammortizzabili attraverso l’entrata del pedaggio. Il guadagno netto può essere utilizzato per opere di insonorizzazione e miglioramento della qualità della vita delle aree interessate Contro: Costo iniziale che deve essere sostenuto dal Comune. Tempi di realizzazione lunghi

la nostra inchiesta

vicenzaabc

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iglior qualità della vita Le soluzioni. I pro e i contro

uoi frutti

Tante idee. Con vantaggi e svantaggi Da attuare il prima possibile La bretella

Cos’è: un tratto di strada che, collegandosi prima e dopo viale Pasubio e l’Albera, dirotta la maggior parte del traffico che dalla circonvallazione est prosegue per la statale verso Thiene e viceversa. Pro: deviando il traffico si migliora la qualità della vita nell’area residenziale. La bretella, inoltre, velocizza ulteriomente il passaggio dei veicoli senza danneggiare gli automobilisti. Contro: i tempi di realizzazione sono estremamente lunghi, da cinque anni – la migliore delle ipotesi – a quindici anni. La bretella non risolve il problema ma lo sposta soltanto. Tra le varie alternative, inoltre, risulta tra quelle più onerose e a maggior impatto ambientale.

Autostrada

vest, l’Albera che verrà

Il traffico alla bilancia

uri che tremano e auto che sfrecciano

Per ridurre il caos facciamo vedere ai padroncini quanto pesa una multa

ia di un malessetremano al paso in molte altre

e Pace

na delle zone più ancora, non è bilità nella zona he della rotatoria entato. Nelle ore e per arrivare . Il passaggio dei chie case della avimenti sono ccupa il futuro: zia sta moltiplitra l’ex complesdecine di appari nelle immediate iale i residenti. rcheggi. Ne con, lungo una straerebbe a malape-

Trieste

ovembre e Borgo mog da far amion, ma dozia di furgoni) ne poi migliaia di

auto, perennemente in colonna a causa del rondò di ponte degli Angeli. E metteteci poi il parcheggio selvaggio di fronte all’istituto Farina (ovviamente nelle ore di punta): basta una 500 per bloccare due bus in entrambi i sensi di marcia e creare un tappo di cento auto. Per non rischiare, le premurose mamme che accompagnano i figli al Farina vanno sul sicuro parcheggiando una dozzina di gipponi. Ne consegue uno strombazzamento che fa schizzare i livelli di inquinamento acustico che neanche a Città del Messico. Proseguendo verso Anconetta la situazione non migliora: l’incrocio con via Ragazzi del 99 è ai limiti della saturazione. Ma non fatelo sapere a Cicero: potrebbe piazzarci un risolutivo rondò.

San Lazzaro - SS Felice e F. Per comprendere la gravità della situazione del traffico in questa zona basta fare un semplice esperimento: attraversare la strada in un punto qualsiasi. Nelle ore normali ci vuole sangue freddo e uno scatto da atleta (oppure un raro automobilista pietoso). Va meglio nelle ore di punta, infilandosi tra un cofano e un portabagagli. Verso viale San Lazzaro il traffico si fa più scorrevole, e gli automobilisti, granzie anche alla strada larga, ne approfittano per liberare i motori ingolfati. Quando i vigili piazzano l’Autovelox, le casse dei Comune gioiscono. Putroppo i residenti non hanno il piacere. Non è un caso se in zona i prezzi degli appartamenti sono più abbordabili che altrove. Non è un caso se chi abita sulla strada cerca spesso e volentieri di vendere.

Cos’è: il controllo pianificato e sostenuto del peso di tutti i tir Dove è già adottato: Austria, al confine con il Brennero Per far dimagrire il traffico all’Albera non c’è niente di meglio che una bilancia. Con un po’ di astuzia e senza le continue verifiche della situazione e delle possibili soluzioni, è già possibile attuare un sistema per dirottare velocemente tutto il traffico pesante. Questo meccanismo, è bene precisarlo, più che da un’analisi approfondita delle dinamiche del traffico, è nato dall’osservazione del comportamento di alcuni camionisti. È vero che molti autotrasportatori utilizzano le strade provinciali per risparmiare sui costi dell’autostrada, ma è anche vero che in autostrada i controlli sul peso delle merci trasportate sono molto maggiori rispetto alle statali. È lecito domandarsi, dunque, se la maggior parte dei trasportatori, soprattutto tra i padroncini che lavorano in proprio, evitino i controlli. Da qui nasce l’idea: perché non appostare una pattuglia permanente all’imboccatura dell’Albera? In Austria ci hanno pensato prima di noi: al Brennero, appena entrati in territorio austriaco, la polizia locale blocca tutti i tir per un controllo a tappeto. All’Albera la stessa strategia limiterebbe l’afflusso dei camion stracarichi, proprio quelli che producono la maggior parte di danni relativi alle vibrazioni e all’inquinamento, oltre ai gravi problemi di sicurezza che un sovraccarico comporta. E premierebbe i trasportatori che sono in regola con la legge. Le direttive su questi controlli sono precisate nell’articolo 167 del Codice stradale e prevedono multe fino a quasi 1400 euro e ben quattro punti in meno nella patente. I controlli, poi, possono essere eseguiti dalla Stradale, dalla Polizia di Stato, dai Carabinieri, dalla Finanza e anche dalla polizia provinciale e municipale, naturalmente nel proprio territorio di competenza (articolo 12 del codice stradale). Non ci sarebbero, dunque, scuse relative alla mancanza di pattuglie da parte del Comune. Perché da palazzo Trissino non è partita una direttiva a riguardo?

Reliquiariodel capo di Santa Prassede (part.), Musei Vaticani.

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O pere appartenenti a Fondazione G iorgio Cini, Fondazione Q uerini Stampalia, G allerie dell’ Accademia, Musei Vaticani, Museo B agatti Valsecchi, Museo Poldi Pezzoli, Pinacoteca Ambrosiana, T esoro di San Marco e altre istituzioni culturali e religiose del Veneto e della Lombardia, restaurate grazie a B anca Intesa in collaborazione con le Soprintendenze per i B eni Archeologici e per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico del Veneto e della Lombardia.

Cos’è: la proposta consiste nel rendere appetibile il transito dei veicoli pesanti attraverso l’autostrada con incentivi fiscali. Gli autotrasportatori saranno agevolati nell’utilizzare una rete di trasporto veloce già esistente, limitando l’afflusso nelle zone urbane. Pro: è attuabile immediatamente. I fondi per una iniziativa del genere sono – in teoria – già stati previsti da alcune leggi regionali. È una soluzione ideale soprattutto per la maggior parte dei trasporti che attraversano soltanto il nostro territorio, senza fermarsi. Contro: anche se disponibili, i fondi sono estremamente limitati e risolverebbero la situazione solo per un breve periodo. Per il passaggio autostradale i trasportatori hanno già a disposizione delle agevolazioni.

Divieto di accesso

Cos’è: una proibizione del transito di tutti mezzi pesanti, come è già stato attuato in viale Dal Verme. Pro: si risolve il problema alla radice, eliminando la causa dei danni. Le spese sono contenute e, dopo un periodo iniziale di controllo e vigilanza stradale sostenuta, senza ulteriori costi aggiuntivi. Contro: si eliminerebbe l’unica strada ancora percorribile per attraversare a nord-ovest la città. L’intero traffico pesante passerebbe per le aree dei comuni limitrofi, saturando vie non adatte al flusso dei mezzi pesanti, con un aumento dei costi di trasporto e dell’inquinamento diffuso.

Limitare la velocità

Cos’è: attraverso dei dissuasori di velocità (semafori che si azionano quando si supera una certa velocità, autovelox permanenti, dossi artificiali) si limita la velocità dei veicoli in transito. Pro: sparirebbero le vibrazioni eccessive e l’inquinamento acustico. Il traffico sarebbe più omogeneo e meno pericoloso per pedoni e ciclisti. Contro: non risolverebbe l’inquinamento atmosferico. Aumenterebbero le code in prossimità dell’area interessata, soprattutto nelle ore di punta. L’uso di dossi e limitatori fisici, inoltre, otterrebbero il risultato opposto, aumentando il rumore e le vibrazioni.

Il semaforo

Cos’è: il ripristino del vecchio sistema semaforico per l’incrocio dell’Albera. Non sempre, visto che la rotatoria si è rivelata molto efficace per il passaggio durante le ore di traffico controllato, ma almeno la mattina e la sera, quando vi si riversa la maggior parte dei veicoli. Pro: il sistema semaforico è già presente e non è stato ancora rimosso. I costi per la riattivazione e l’organizzazione sono minimi. Se attivato in orari costanti renderebbe omogeneo il traffico, perché chi può eviterebbe il passaggio durante le ore di punta. Contro: durante le ore di attivazione aumenterebbero le code – e di conseguenza l’inquinamento – ripristinando, di fatto, la ben peggiore situazione precedente la realizzazione della rotatoria.

Gallerie di Palazzo Leoni Montanari Vicenza, S. C orona 25 dal 20 marzo al 20 giugno 2004 da mercoledì a domenica dalle 10 alle 18 ingresso libero

città e persone

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vicenzaabc

Intanto Tuttinbici raccoglie 12 mila firme: “Non ci possono più ignorare”

Piste ciclabili, che farsa Ma la città vuol pedalare Altro che percorsi riservati: un’impresa attraversare il centro Dodicimila firme in un colpo solo oggi li raccoglierebbe forse sono una petizione contro la guerra in Iraq. La guerra che combattono i volontari di Tuttinbici, per fortuna, è molto meno tragica ma altrettanto difficile: vogliono far scendere i vicentini dall’auto e far scoprire loro il valore della bicicletta. Per farlo, si sono rimboccati le maniche e hanno raccolto un numero impressionante di firme, dodicima appunto, ovvero più di un vicentino su dieci. Se pensiamo che i volontari di Tuttinbici che hanno raccolto le firme si contano sulle dita di una mano, capite il valore del risultato. “Abbiamo trovato una città ben disposta e soprattutto trasversale – raccolta la presidente vicentina Anna Maria De Vigili – La bici non ha colore politico e nemmeno età: hanno firmato ragazzi, giovani, anziani. Persone di ogni credo politico e di ogni ceto sociale.” Le 12 mila firme di Tuttinbici saranno consegnate al sindaco sabato 15 con una cerimonia semplice e volutamente chiassosa: una carovana di biciclette – tanto meglio se munite di seggiolini con bimbi – che partirà da Campo Marzo per arrivare in Municipio. Il bello di queste 12 mila firme è che non serviranno a finanziare chissà qualche progetto faraonico. Macchè, sono state raccolte semplicemente per chiedere al comune di fare quello che è già stato stabilito: la realizzazione del piano delle piste ciclabili, un programma pluriennale (già approvato in consiglio comunale nel lontano 2002) per cinque percorsi ciclabili, sempre protetti, continui che permettano di attraversare la città. Il piano prevede un totale di 140 chilometri interamente ciclabili. Attualmente sono solo 24. Chiediamo semplicemente di rendere sicuro l’uso della bicicletta e dunque di realizzare una mobilità diversa che limiti i danni provocati dall’inquinamento: percorsi ciclabili sicuri e condizioni di vivibilità migliore per i piccoli e gli anziani.

Ore 8:29, pista ciclabile di Corso Fogazzaro. Un eroe della resistenza scarta a destra il tre tonnellate e mezzo. L’auto che sopraggiunge alle spalle avrà la pazienza di aspettarlo mentre completa l’ardita manovra?

Ore 8:55, centro storico. È giovedì di mercato e i parcheggi liberi latitano. Nel vano tentativo di far entrare una Clio nel posto di una bicicletta, un ardito incappa nell'idrante.

Ore 9:16, di nuovo in Corso Fogazzaro. Giacca, cravatta e Suzuki: davanti alla Chiesa dei Carmini inizia la dura giornata del vicentino medio. All’eventuale vigile potrà sempre dire: “Mi son fermato solo un attimo”

Ore 9:17, ancora in corso Fogazzaro. “Ma io lavoro!” Con questa scusa, tipicamente vicentina, operai e artigiani occupano lo spazio ciclabile per caricare e scaricare il materiale. Che si fa? Si chiude un occhio?

Ore 15:47, panoramica di viale Trento. Una Opel Vectra duemilaedue turbodiesel grigio metallizzata parcheggiata in pista ciclabile si gode l’incredibile paesaggio.

Ore 15:50, Corso Fogazzaro. Questo automobilista tenta un parcheggio impossibile, ma poi - spaventato dalle auto in arrivo, non certo dal ciclista fotografo desiste dall’impresa.

Ore 16:17, L'ora della siesta in corso Fogazzaro: ciclisti e pedoni tutti al bar. Offrirà da bere il proprietario della Punto nera?

Ore 16:38 – Corso Fogazzaro, venti minuti dopo: il proprietario della Punto è ancora al bar. La signora tenta un sorpasso azzardato. Ma chi le ha dato la patente?

Ore 17:08, Corso Fogazzaro. Si esce dal lavoro ma la pista è sempre occupata. Servizio domiciliare consegna pasti pronti e medicinali Istituto Salvi. Un’infrazione etica è meno grave?

E intanto nasce il manuale per sopravvivere Dalle mappe anti vigili a come chiudere bene il lucchetto tutti i bici-segreti Abbasso le piste ciclabili! Boicottate i mezzi pubblici!”. Una affermazione che generalmente si associa ai vari ‘autofili’ che scorrazzano nella nostra città, inquinando e dribblando pericolosamente tra pedoni e ciclisti. Invece l’affermazione viene da un ciclista doc, che ha visto nascere e diffondere il critical mass (proteste in bici contro il traffico) di Milano e che ha viaggiato in lungo e largo con le due ruote anche in Sicilia, scoprendo luoghi e realtà dimenticate. “Sono contro le piste ciclabili perché sono una forma di ghettizzazione delle due ruote – ci spiega Alberto, milanese – e contro i mezzi pubblici dal momento in cui a Milano, dove vivo, il biglietto della metro è passato da 1500 lire a 2 euro. Una scelta condivisi dalla maggior parte delle persone che vive in centro, soprattutto ora, dopo i fatti di Madrid. I mezzi pubblici fanno paura”. “Sempre meglio che a Vicenza – riprende Silvano – da noi è pure vietato attraversare i parchi in bici. E Cicero vieta di pedalare nelle rotatorie. Ma sono le bici a provocare gli incidenti se le macchine non rispettano la precedenza?” Un dibattito acceso si è aperto alla libreria “Librarsi” per la presentazione vicentina del “Manuale di sopravvivenza ciclica urbana”. Il libro è stato scritto dal collettivo Elsinki, di cui Alberto e Silvano fanno parte, e riporta la storia della bici come mezzo di trasporto e rivendicazione politica nel corso del tempo, dalle suffragette al g8. “Elsinki era il nome di battaglia di una partigiana dell’Ossola che per prima si rese conto dell’importanza strategica della bicicletta per la resistenza: organizzò le staffette partigiane nel Piemonte.” Ma il libro non è un manifesto politico. Parla, con ironia ma senza disimpegno, della gioia di viaggiare piano, di gustarsi un viaggio facendo del bene per sé e per gli altri. Parla delle esperienze del G8 e del pedalare nella Sicilia segreta. Parla degli itinerari da seguire per visitare, pedalando, le città italiane, con tanto di cartine dove sono segnalate i belvedere, i punti di ristoro e quelli critici, dove tener d’occhio “auto e vigili urbani”. Il colorato manuale si conclude con una breve ma esaustiva serie di schede su come utilizzare e riparare la propria bici. “Perché la bici è un mezzo amico, simpatico, popolare, alla portata di tutti. Se si rompe la si può aggiustare da sé, basta non aver paura di sporcarsi le mani. La bicicletta è libera, come dovrebbe essere la strada.” i.t. Manuale di sopravvivenza ciclica urbana Terre di Mezzo Editrice Berti Euro 10,00

PARACADUTE il locale mai banale

tele visioni

Sul piccolo schermo tre film da Francia e Spagna che non lasciano indifferenti

Sabato 15

mente “perfetto”. Attori perfetti e mostruosamente bravi; sceneggiatura perfetta: non c‚è una battuta sbagliata, una parola fuori posto. Tutto il film è esaurito in se stesso nella sua eleganza. Avevamo urlato di entusiasmo alla sua opera prima, e con ragione, lo ripeto, ma questo è solo onanismo stilistico.

Il ristorante dai 900 sapori La piazzetta di Brendola è una terrazza sulla pianura e fronteggia, in linea d’aria, il Castello di Montecchio. In un lato della piazza (l’altro ha la chiesetta in stile gotico di bella eleganza) un palazzetto semplice e squadrato ospita questo ristorante che lascia stupiti, appena entrati, per la elegante semplicità dell’arredo, per la incredibile presenza di prodotti alimentari che si possono comprare, messi su ripiani, su credenze in stile, su cassettoni, senza che ci si senta oppressi dalla presenza di pasta di Fara San Martino, di riso di Grumolo, di mostarda vicentina, di olio del Garda, di vini di produttori nostrani. Locale rustico, solo apparente, nelle tovaglie a quadrettoni (ma i coprimacchia sono bianco candido), di buon gusto, caldo, accogliente. Ne anima la cucina il giovane Riccardo che, dopo un periodo passato al Golf Club, prima di Creazzo e poi di Brendola, (in precedenza aveva lavorato all’Hosteria delle Bele di Valdagno) ora si è messo in proprio. Cucina di semplice ma non banale esecuzione, curata, legata alle stagioni con piatti di breve cottura e di sapori immediati. Non chiedete l’antipasto perché è offerto: abbiamo gustato sopressa vicentina con sfogliatelle calde ed un’ottima polentina di Marano con funghi di primavera. Fra i primi assaggiate le tagliatelle coi bisi o la “cocotte” di pasta ed

asparagi di Bassano di pieno sapore anche se la besciamella abbondava…Le paste sono tutte casalinghe ed i maccheroncini hanno un ragout bianco di vitello da farne il bis! Sapidi bocconcini di faraona in tecia fra i secondi, con patate al forno e verdure saltate nelle quali si avverte, lontano, il profumo di aglio. Non mancano il tradizionale spezzatino di musso, le costolette d’agnello ed il carrè di maiale al rosmarino (perché una cottura “al rosa” per questa carne bianca?), prima di terminare con un dolce come il tortino al cioccolato o la torta di ricotta e mele servita tiepida. Una gradevole realtà in evoluzione, accattivante anche nel prezzo: ci vorranno 25 euro circa per una pausa rilassante in cima al colle. Qualche discreta bottiglia e servizio sorridente e professionale della giovane moglie Manuela. D’estate si mangia fuori , il che aumenta il piacere. Mastro Ghiottone Novecento Piazza del Popolo 3 Brendola 0444 400664 Apre solo la sera : sabato e domenica anche a pranzo Chiuso il lunedì Carte di credito tutte 12.5/20

Disney Channel, 20.30, Il pianeta del tesoro. Ma il povero Stevenson, aveva proprio bisogno di questa versione cartoon modernista ed ipertecnologica? Ai vostri figli, regalate il libro.

L’Europa vince, almeno col cinema E per i nostalgici dell’America che fu, “Tutti gli uomini del presidente”

Domenica 16 St.Universal, 14.30, Tutti gli uomini del presidente. Datatissimo racconto dello scandalo Watergate. Ennesima versione del mito americano n.1 (anche se commettiamo degli errori, poi abbiamo il coraggio di ammetterli e chiedere scusa) e n. 2 (la stampa è libera e onnipotente). Vi viene in mente niente, in giorni come questi? St.Universal, 17.00, Harry Potter e la camera dei segreti. Dignitosa versione cinematografica del romanzo, ben raccontata, ben recitata, ben illustrata: nulla di più e nulla di meno. Davvero bravo e raffinato Jason Isaacs nella parte dell'infido Lucius Malfoy: superiore alla media. Lunedì 17 Sky, 21.00, Era mio padre. Che delusione. Con American Beauty, Mendes ci aveva dato un capolavoro sulla solitudine esistenziale, ed anche un film di rara bellezza ed eleganza formale. Forse con questo voleva farci vedere di poter essere ancora più bravo, ma ha davvero esagerato. EMP è un film assoluta-

Sky, 21.30, Essere e avere. Filmdocumentario sull'esistenza quotidiana di una pluriclasse elementare francese in una scuola di montagna, EA è un racconto immensamente semplice quanto commovente e poetico sul percorso interiore di un gruppo eterogeneo di bambini di fronte al sapere ed all'umanissima 'autorità' del loro maestro. Le loro vicende sono filmate con pudore e rispetto, ma anche con pulizia e verità. Bene ha detto sulla Stampa Fabio Ferzetti: "Un film Zen". Un grandissimo capolavoro, da amare e meditare. Assolutissimamente imperdibile. Sky, 22.55, Debito di sangue. Decisamente, al grande Eastwood i film 'civili' riescono male, come questa storia banale e goffa, troppo simile ad un altro suo flop: Fino a prova contraria. Ma ha fatto tanti e tali capolavori - fino all'ultimo, meraviglioso Mystic River - che gli possiamo perdonare anche questo. Martedì 18 St.Universal, 11.30, La donna che visse due volte. Una storia d'amore

misteriosa e straziante, un 'giallo' malinconico, un capolavoro. Per me, il più bel film di Hitchcock.

sistema sociale americano. Comunque da vedere, ma con le pinze.

Mercoledì 19

St.Universal, 23.25, Apollo 13. Se i tre astronauti americani coinvolti nell'incidente del '70 sono sopravvissuti, quello che rischiano di morire, ma di noia, sono gli spettatori di questo piatto e pallosisssimo film.

Rai1, 21.00, John Q. Buon film, ma discontinuo e mal riuscito. Da un lato, viene descritta perfettamente la spietata realtà del proletariato americano alle prese con un sistema sanitario crudele e disumano, che nega le cure e la stessa sopravvivenza a chi non se la possa pagare. Da questo punto, una lezioncina di politica ed educazione civica davvero esemplare. Ma si vede che al regista è sembrato troppo, ed allora, per farsi perdonare, ha pensato di stemperare il tutto con un‚overdose di retorica american-patriottarda quale raramente si è vista. Così il marito è lo stereotipo dei mariti americani, rude ma buono; e soprattutto è lo stereotipo del padre americano, che carica di buoni consigli moralistici e maschilisti suo figlio; e i comprimari sono gli stereotipi dell‚americano buono, la cui coscienza è stata sì avvelenata dal culto del denaro e del profitto, ma che poi, messo di fronte ad una scelta “da uomo”, ritrova, nel proprio cuore palpitante da pioniere, una lacrima ed uno scatto d’orgoglio come solo i veri uomini sanno fare. E non poteva mancare, conseguentemente, un happy end, ambiguo e confuso quanto mai, perché non sarà certo una scandaletto come questo a far mutar opinione e regole alle compagnie assicuratrici e al

Giovedì 20 Rai2, 21.00: Parla con lei - Rai2, 23.10: Tutto su mia madre. Due film consecutivi di Almodòvar, con tutto il relativo carico di morbosità e di perversioni, rischiano di stroncare chiunque. Da evitare accuratamente. St.Universal, 23.15, L'esercito delle dodici scimmie. C'è un premio in palio, a cura dell'Internazionale Masochista, per chi riesce a raccontare logicamente la trama di questa insopportabile palla, ma non l'ha mai vinto nessuno. Le estimatrici possono godersi Brad Pitt, ma non so se basta a compensare Bruce Willis. Venerdì 21 St.Universal, 21.00, Excalibur. Film elegantissimo, colto e stupendamente visionario, senz'altro il migliore tra i (non molti) ispirati al Ciclo Arturiano. Assolutamente imperdibil Giuliano Corà

economia e società

vicenzaabc

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Brunetta (Fi) non scalda la platea: gli industriali stanchi di liberismo

Compagno padrone All’assemblea vicentina, Assindustria fa l’occhiolino a sinistra

Calearo e Montezemolo perfettamente compresi nella parte di locomotori – nei rispettivi ruoli – del treno confindustriale. All’assemblea territoriale vicentina tenutasi lunedì 10 maggio - ospite illustre il presidente designato di Viale dell’Astronomia che ha scelto proprio Vicenza per la sua prima uscita territoriale - i due non hanno deluso le attese scaldando una platea bisognosa di essere stimolata, ma soprattutto rassicurata. Nella sua relazione introduttiva Calearo ha affrontato con determinazione lo spettro che aleggiava sull’assemblea, il declino dovuto al lungo periodo di recessione (meno 21,4% l’export delle aziende vicentine nel 2003) e a un’economia che ancora non trova la strada della ripresa. Le parola d’ordine lanciata – e ripresa poi da Montezemolo – è quella ormai diventata il suo leit-motiv: “fare squadra”. Ma se il presidente di Assindustria sa che uno slogan va bene per strappare un applauso, è altrettanto consapevole che per realizzare l’ambizioso programma di “ripensare il capitalismo” (oggetto della sua relazione) serve qualcosa di più.

Più politica meno mercato Di qui l’autocritica di Calearo ai limiti del modello produttivo italiano, agli industriali stessi, incapaci di andare oltre i propri limiti strutturali che li portano “a confondere gli interessi dell’impresa con quel-

li della famiglia, ad evitare la finanza e privilegiare i prestiti, a spendere poco in innovazione, ad essere attenti al prodotto e poco al servizio, ad essere restii a crescere, ad allearci e fare massa critica”. La critica ai nodi irrisolti che frenano lo sviluppo: Europa - “la nostra più grande opportunità” - ma anche “gigante economico e nano politico” (e chissà se a Calearo è venuto in mente un parallelo in chiave locale…), la competizione – insostenibile se giocata sugli stessi piani con il colosso Cina, l’inerzia della pubblica amministrazione, l’arretratezza del paese nella formazione e nella ricerca. Ma anche la grande voglia di recuperare orgoglio e ottimismo attraverso un “nuovo patto per lo sviluppo” da fondarsi su qualità, ricerca, innovazione, internazionalizzazione e – ultimo citato non certo per ordine d’importanza – rispetto dell’ambiente. Per il disastrato territorio Veneto, un richiamo non solo formale.

Montezemolo in rosso A completare l’intervento proiettato verso il futuro di Calearo, un Luca di Montezemolo incravattato di rosso per festeggiare l’ennesimo trionfo Ferrari. Richiamandosi anch’egli all’unità “per una nuova Confindustria moderna e autorevole”, alla necessità di modernizzare il capitalismo italiano (e veneto) distinguendo tra proprietà e gestione (in

azienda, “meglio avere un figlio ricco e scemo in meno e una manager in più”), alla crescita di un sistema d’imprese in grado di produrre aggregazione (“Lo dico qui nel Nordest, basta col piccolo è bello”).

Industriali da pensionare Del tutto prevedibile che i due cavalli da corsa di Confidustria tirassero le fila a tutto il gruppo con relazioni, se non vincenti, almeno convincenti. Le paure, i dubbi, quell’aria di crisi e declino da cui tutti cercano di ritrarsi come la peste, è emersa nel dibattito che ha intervallato i due interventi. A partire dalla consapevolezza di un paese che sta irrimediabilmente invecchiando (“in America gli industriali hanno 20 anni” ha detto Mario Carraro, presidente dell’omonima azienda) fino all’ammissione di “una situazione così grave da non riuscire più a farcela da soli”. Parola di Andrea Riello, presidente dell’Ucimu.

Enrico Letta batte Brunetta Ed è proprio su questo punto – il rapporto con gli altri soggetti del sistema Italia, la politica in particolare – che è emerso uno degli spunti più interessanti del meeting vicentino. Se è vero che sia Calearo che Montezemolo hanno espresso una (scontata) volontà di autonomia rispetto alla

politica (“Gli imprenditori abbandonino ogni desiderio di appoggiare questo o quello schieramento. Bisogna puntare al confronto sui progetti di sviluppo, modernizzazione e innovazione del sistema”), altrettanto vero è che l’amore con l’attuale compagine di governo è morta e sepolta. Lontanissimi i tempi in cui Berlusconi a Parma (era il 2001, quasi un secolo fa) dichiarava ad un’entusiasta assemblea di Confindustria “il mio programma è il vostro programma”. E a Vicenza, tra i politici presenti (Enrico Letta per il Centrosinistra, Renato Brunetta per la Casa delle Libertà), quello che ne è indubbiamente uscito meglio è l’esponente del centrosinistra, apparso disponibile al confronto (“E’ ora di finirla coi finanziamenti a pioggia tipo Tremonti-bis”) e pragmatico di fronte al dogmatismo turboliberista di Brunetta che, come un disco rotto, ripete sempre le stesse ricette sia che l’economia voli, sia che impazzi la recessione (“Si lasci libero il mercato di agire. Io amo la caoticità del mercato, perché è il mercato a fare la selezione naturale”). Tutto questo, mentre tutti gli industriali, ma proprio tutti, chiedono alla politica più ordine, più chiarezza, più concordia sui grandi temi. Detta altrimenti: più aiuti. Qualcosa che, con il caos creativo del mercato lasciato libero a se stesso, ha ben poco a che fare. Davide Lombardi

Posti che contano Vicenza attacca Da Paolo Scaroni a Dalla Fontana ecco chi conquisterà Confindustria Ancora non si è capito bene quale sarà il posto assegnato a Vicenza nella Confindustria targata Montezemolo. Nessun vicentino – né veneto - è stato inserito nel comitato di Presidenza. In molti si aspettavano una poltrona importante per Calearo dopo l’appoggio dato al manager Ferrari durante la campagna elettorale. Poltrona che, a quanto pare, gli è stata offerta. Ma che il leader di Assindustria avrebbe rifiutato. Perché incompatibile con la carica territoriale alla quale, ad un solo anno dall’elezione, non sarebbe parso serio rinunciare. Per Calearo la poltrona in Viale dell’Astronomia non sembra essere priorità assoluta. Anche perché – a detta dei suoi collaboratori - il filo diretto con Montezemolo c’è eccome. Nonostante all’assemblea di Assindustria l’uomo di Maranello sia rimasto tutto sommato abbastanza sul vago,

puntando sulla solita metafora calcistica: la nuova Confindustria sarà una squadra compatta con una panchina lunga. “Non possiamo” ha detto “rifarci alle logiche della politica e dell’occupazione dei posti. Dobbiamo lavorare tutti insieme per una Confindustria autorevole. E se nello spogliatoio ci sono idee diverse, questo deve essere uno stimolo. Basta che quando scendiamo in campo remiamo tutti nella stessa direzione”. Panchina lunga sì, ma sempre panchina. Anche se Montezemolo ha lasciato la porta aperta: “Ho tenuto per me l’incarico della promozione all’estero come segnale forte dell’importanza di questo settore. Vicenza, così impegnata sui mercati internazionali, dovrà dare un contri-

buto importante”. Qualcosa di più per accontentare la platea. Ma ancora niente di certo. Vicenza paga il fatto di essere comunque parte della regione che ha sostenuto fino all’ultimo il concorrente Tognana? Improbabile. Dopo la rinuncia di Calearo, la partita non pare affatto chiusa. Intanto si dà per certa l’investitura di Adamo Dalla Fontana, vicepresidente vicentino, a diventare braccio operativo di Confindustria proprio nella promozione all’este-

ro. Ma non è tutto. Quanto siano solide le cambiali che Calearo ha ancora da esibire rispetto a Montezemolo lo sapremo tra breve. Alberto Bombassei, presidente di Federmeccanica, è entrato nella presidenza. Il nuovo incarico lo costringerà a lasciare Piazzale Juarez (sede della potente federazione) e traslocare in Viale dell’Astronomia. Lasciando vacante il posto. Chi lo sostituirà? L’attuale vicepresidente? Che, per chi non lo sapesse, si chiama Massimo Calearo. Veneto fregato, vicentini in carrozza? Potrebbe essere. Anche perché a fine anno l’Enel entrerà ufficialmente in Confindustria. Amministratore delegato è un vicentino di Creazzo, Paolo Scaroni. L’entrata del colosso energetico a fianco degli industriali non potrà passare sotto silenzio. E allora forse, anche nella nuova Confindustria postindustriale in cui le logiche delle poltrone non contano più, il Veneto – oggi seduto in panchina – potrà scendere, in piedi, in campo. d.l. Nelle foto: Massimo Calearo e Paolo Scaroni

Lettere Morire in moto per volontà di chi? Non passa settimana senza apprendere dai giornali notizia di incidenti che coinvolgono motociclisti, generalmente di giovane età, e generalmente con conseguenze drammatiche. Sarebbe interessante sapere se questo problema si presenta con le stesse modalità anche in altri Paesi, per capire se la causa sta nel mezzo, nella situazione stradale o nel sistema di educazione stradale che vige nel nostro paese. Si percepiscono chiaramente due probabili cause principali: le attuali motociclette hanno prestazioni e caratteristiche molto prossime a veicoli realizzati per competizioni ed il comportamento stradale che ne deriva da un utilizzo non tipicamente stradale, porta ad una costante trasgressione del codice stradale. Per fare un esempio pratico rivolto alla prima causa, è come se gran parte della popolazione automobilistica viaggiasse con una Ferrari o una Porsche. Sul secondo punto ci sono alcune cose che andrebbero analizzate con un adeguato approfondimento e che possono rispondere a interrogativi quali: la formazione effettuata dalle autoscuole è adeguata? Gli esami per l’ottenimento della patente rispondono a criteri di omogeneità e qualità dei risultati finali? E’ corretto che si possa guidare un mezzo con caratteristiche così esasperate con una scarsa esperienza di guida precedente? E’ da notare inoltre una interessante e sostanziale differenza nella psicologia “motociclistica”: venti-trenta anni fa la motocicletta era vista come un mezzo per viaggiare in maniera spartana, ma soprattutto “libera”, una alternativa anche idealizzata all’auto per intraprendere grandi tour alla scoperta di luoghi e genti e magari altri motociclisti. Attualmente è vista come un mezzo per procurarsi quell’adrenalina che nella vita di

ogni giorno riusciamo ad annusare solo in Tv o al cinema. Per dirlo in altri termini, una volta il mito era il tour fino a Capo Nord, adesso è fare la salita del Costo a 200 Km/h. Gioca a favore di questo modo comportamentale anche il fatto che i controlli stradali sono esigui; si ha la netta impressione che in traffico stradale sia notevolmente aumentato rispetto a qualche anno fa, ma che gli organici e i mezzi di chi deve effettuare il controllo del rispetto del codice stradale siano rimasti quelli di trenta anni fa. Voglio porre due interrogativi, uno da utente della strada ed uno da genitore, ai redattori e lettori: la società e le istituzioni hanno recepito la gravità della situazione e stanno facendo il possibile per invertire questo trend? È giusto che i nostri figli, il futuro di questa nostra società, mettano in forse le nostre e le loro speranze e aspettative ogni volta che salgono su una motocicletta? Antonio Cunico (d.l.) Verrebbe da dire, al solito, che non conta il mezzo, ma il modo in cui viene usato. E invece credo che in questo caso non sia vero. Forse abbassare il livello di prestazioni di moto (e auto) sempre più potenti potrebbe essere una delle scelta possibile (e auspicabile). Intanto però, in autostrada, si potrà andare ancora più veloci. Serve aggiungere altro?

Professori cattivi alunni ancora di più Riguardo al pezzo sugli insegnanti che terrorizzavano gli alunni nelle scuole superiori di Vicenza, posso dire che sono stato studente per tre anni (dalla terza alla quinta) della prof. Marilisa Dalla Pozza, soprannominata da noi ''la Vecchia''.

Devo dire comunque che col tempo è molto migliorata, nel senso che già nella nostra classe i voti partivano dal 2 e non più dallo zero, e che ben metà di noi, me compreso (modestamente), è riuscita ad arrivare alla sufficienza. Volevo aggiungere che oltre all' atteggiamento alla Lilli Gruber aveva un singolare gusto per abbinare i colori dei vestiti (tipo il rosso assieme al viola) e un clamoroso profumo, che i poveri cristi dei primi banchi erano costretti a repirare per tutta l' ora. Un' altra caretteristica di questa insegnante: per interrogare scorreva con il dito il registro e quando andava verso i primi dell'al-

fabeto chiamava gli ultimi e viceversa. Non serve aggiungere altro... Antonio Astorino (m.r.) I semiseri ritratti sui maestri del terrore, ovvero gli insegnanti vicentini più temuti proposto sul numero del 30 aprile, si prestano ovviamente a mille interpretazioni e sfumature personali. C’è stato anche chi si è stupito nel trovarci professori - a loro dire - buoni come il pane. Il commento più gettonato: “C’era di ben di peggio!” Ne deduciamo che parlare di scuola è peggio che parlare di calcio.

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la città a chiare lettere

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cultura

Tre immagini di Roberto Baggio: primo piano per le fans, capriola dopo un gol in Nazionale, il celebre codino sul suo numero 10

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A Caldogno il campione saluta la sua città Gli amici raccontano “Una grinta senza pari, ma mai un gesto arrogante”

Lunedì 10 Maggio cinquecento persone convengono a Villa Caldogno per festeggiare Roberto Baggio, il calciatore più amato d’Italia “il nostro figlio più illustre” come afferma il sindaco della cittadina alle porte della città. Chi scrive, peraltro, pensa che quella di lunedì sera più che la celebrazione di Baggio sia stata la festa di Caldogno e dei caldognesi: e non tanto e non solo perché hanno potuto aprire a molti personaggi la meravigliosa Villa Caldogno, illuminata e festante, perché hanno ospitato giornalisti da tutta Italia e operatori di molte televisioni, belle ragazze ed ex calciatori, quanto perché hanno potuto finalmente aprire i loro cuori e raccontare le loro storie fatte di piccoli episodi di condivisione. Hanno potuto sentire da Ilvo Diamanti cosa lega Baggio alle sue origini, scoprire che anche per il sociologo più famoso d’Italia, il “divin codino” non potrà mai staccarsi dalla sua terra e sentire che quella è la stessa loro pulsione, lo stesso loro sentimento. Baggio ha sì ricevuto premi ed attestati, è sceso sul loro campo di calcio in elicottero, è arrivato, in ritardo di un’ora, è passato fra loro come la madonna pellegrina, scortato da body guard e carabinieri, incalzato da frotte di cameraman, fotografi, cacciatori d’autografi. Ma questo era solo uno sfondo, la realtà era che loro tornavano ad essere i protagonisti; quando la villa palladiana spegnerà le luci, quando Baggio attaccherà le scarpe al tanto decantato chiodo, tutto ritornerà come prima ed egli finalmente sarà semplicemente uno di loro. L’Andreina, la moglie di Roby, tornerà come quasi tutti i giorni a fare la spesa dal macellaio che è stato, anche lui, un suo compagno di squadra. I figli andranno a giocare con gli amici che saranno i figli dei suoi amici. E al Bar Sport i ritagli dei giornali ingialliranno ma lui passerà a prendersi il caffè e magari a giocare a “briscolon con l’accuso”. Il primo presidente, Mutterle continuerà a conservare gelosamente il primo cartellino di Roberto (anno 1979-80) e nessuno potrà portarglielo via a meno che non lo espongano nel museo che il

“Di notte a far bisboccia di giorno a fare gol era un talento sempre, e senza bisogno di fare vita da atleta”

L’ULTIMO BAGGIO DI SOLE

Sindaco ha promesso di realizzare presso il nuovo centro sportivo. Assieme alla foto di quella squadra d’esordienti allenata da Giampietro Zenere, detto Piero “fornaro”, perché è stato, per anni, il fornaio di Caldogno. Piero che racconta con il gusto di un filò dei tempi andati la sua storia, sempre la stessa. Lui che nella notte fra il venerdì ed il sabato si alzava alle 1.30 per fare il pane, che, quando il pane era sfornato, lo caricava sulla Bianchina e girava tutto il paese per distribuirlo; finiva le consegne all’una, giusto in tempo per cambiarsi e per andare ad accompagnare i ragazzi in trasferta o per giocare in casa “Spesso indossavo due scarpe diverse, una da ginnastica l’altra da “festa” perché ero completamente cotto!” I ragazzi salivano anche in sette sulla sua

Bianchina e partivano per andare a giocare. Quando arrivava in prossimità del campo Pietro “fornaro” spegneva il motore per risparmiare i soldi della benzina, tanto arrivavano a spinta per la voglia che avevano di scendere in campo. E tutti portavano un soprannome: il terzino Loris Cervato era “Cabubi”, come un personaggio dei cartoni animati, Stefano Piccoli era “Befana”, Maurizio Casarotto era “Nottolo”, poi c’erano “Magnaortighe”e “Cagainbraghe” (per-

ché portava il cavallo dei pantaloncini un po’ troppo basso) Baggio non aveva il sopranome; era Roby per tutti e ancor oggi questo fatto appare scontato, logico. “L’unica differenza rispetto a noi era nell’incredibile passione che già da piccolo ci metteva. Gliela coglievi nello sguardo. Tecnicamente era bravissimo, era nato con delle doti innate di palleggio, di tocco di palla, ma soprattutto era incredibilmente determinato”. “Cabubi” Cervato racconta di aver fatto piangere Roberto perché “quell’anno il campionato lo dovevamo vincere noi (Roberto aveva segnato 54 goal in 24 partite) ma in finale feci un clamoroso autogol e questo decretò la sconfitta della squadra”. L’anno dopo Baggio va al Vicenza ma subito lo seguono in quattro,

Diego Ceola, Mauro Carli, Antonio Piccoli e Marco Caron. Raccontano che Baggio non lo vedevano mai. Lui si allenava già con la prima squadra anche se aveva quindici anni. Con la squadra Allievi fanno di tutto per vincere il campionato e ci riescono: gli hanno promesso che se andranno in finale Roberto sarà aggregato alla loro squadra e potranno tornare a giocare assieme come facevano quando erano bambini sul campo dietro alla Chiesa. La prima partita di finale li vede opposti al Torino; zero a zero all’andata, quattro a zero al ritorno con quattro goal di Baggio e loro che possono vantarsi con tutti: lui è un nostro amico, viene dal nostro paese, è cresciuto con noi nel campo dell’oratorio!” Poi arriva la Fiorentina e il gol di Baggio su punizione basta solo per ottenere uno striminzito pareggio, al ritorno è sconfitta con il minimo scarto e le strade tornano a separarsi. Nottolo Casarotto ricorda, ancor oggi, quella volta che lui e Roberto uscirono assieme di sera per andare in discoteca e poi, tornati a casa a tarda notte, convinsero la sorella di Roberto a mettersi ai fornelli per preparare un piatto di pasta. Quella notte dormirono assieme a casa di Roberto e il mattino, in due sul motorino di Nottolo, si recarono allo Stadio “Menti”. Roby, come se avesse dormito tutta la notte, giocò una partita stupenda, e il Vicenza vinse tre a zero, anche grazie ad una doppietta del giovane talento di Caldogno. Ma loro, Carli e Ceola, Casarotto e Cervato, e tutti quei ragazzi di venti anni fa, aspettano solo un momento (sarà forse a settembre o forse mai) quando il macellaio convincerà Andreina a chiedere al marito di giocare assieme a loro l’ultima partita. Sanno che, se questo avverrà, a fine partita, andranno a mangiare fuori e sarà come tornare indietro nel tempo. “Ma sì dite pure che andrà in Giappone, che andrà in Argentina- ripetono quasi in maniera ripetitiva i suoi vecchi compagni di squadra- Ma alla fine lui da qui, da Caldogno, dal suo mondo non si sposterà, perché lui non è cambiato ed è sempre quello di venti anni fa!” Federico Formisano

Secondo l’ex presidente Dalle Carbonare il rientro del campione avrebbe portato miliardi, altro che spese

Roby in biancorosso: un affarone gettato al vento A festeggiare Baggio, fra i vecchi compagni, c’è anche il portiere Rovrena che si è allenato con Roby nel periodo in cui il fantasista era tornato da Milano, dopo la conclusione del rapporto con l’Inter. Rovrena ha ascoltato le sue confessioni e sa bene che Roby avrebbe voluto tornare a Vicenza. “In quel periodo –ricorda Rovrena- Roberto parlava spesso con Dalle

Carbonare, l’ex presidente del Vicenza, perché con Pieraldo c’era piena sintonia, usavano lo stesso linguaggio”. Se Dalle Carbonare fosse stato presidente del Vicenza Baggio avrebbe indossato nuovamente la casacca biancorossa con la quale aveva esordito a soli sedici anni in serie C. Su quest’argomento Dalle Carbonare non stempera i toni della polemica, anzi rincara la dose: “Questo è

un buco nero nella storia centenaria del Vicenza; non aver offerto, quattro anni fa, a Baggio l’opportunità di ritornare è stato un errore gravissimo, un’occasione persa”. Si parlava di un problema d’ingaggio. “Assolutamente no; è evidente che l’ingaggio di Baggio sarebbe stato recuperato attraverso i diritti televisivi, con le partite

giocate a livello internazionale, con gli incassi dei biglietti venduti. Il Brescia che ha preso Baggio e non era sicuramente una squadra tecnicamente di livello superiore al Vicenza, ha ottenuto quattro anni di salvezze in serie A, due partecipazioni all’InterToto la coppa che ammette alla partecipazione alla Coppa Uefa. Ha incassato molto di più del Vicenza nello stesso periodo. A Brescia con

Baggio hanno quindicimila abbonati, noi oggi ne contiamo duemila e cinquecento” I suoi compagni avrebbero potuto risentire della diversità di trattamento? “Anche questo è un ragionamento che non regge. Un giocatore sa che se nella sua squadra c’è un giocatore di questo livello non può che trarne vantaggi: perché il campione sa assumer-

si le proprie responsabilità, ma anche perché è più facile per tutti i giocatori della rosa garantirsi i premi legati al rendimento e ai risultati. Inoltre, chi gioca con Baggio può imparare moltissimo e migliorare tecnicamente: l’esempio è dato da alcuni giocatori che dopo aver giocato con lui hanno ottenuto il passaggio a grandi squadre o addirittura la convocazione in Nazionale.”.

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