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vicenzaabc la città a chiare lettere
venerdì 7 maggio 2004, numero 8, anno III
SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO
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Inchiesta. Perchè comprare in città è diventato impossibile
Famiglia mattone della società Nel nostro Paese vi è un filo conduttore che lega temi e questioni tra loro enormemente distanti. Dalla riforma Moratti ai prezzi degli immobili, dalla “guerra al terrorismo” allo smantellamento del welfare, vi è un soggetto deputato a far da ricettacolo a tutti i flussi e le tensioni mosse da mutamenti storici così radicali: la famiglia. Anzi, trascritto in italiano corrente: la Famiglia. Su questo nucleo storico della società italiana si sta giocando uno degli scontri politici più importanti degli ultimi anni. Cerchiamo di vederlo sinteticamente. Per tradizione, siamo un paese incentrato sulla famiglia di cui la leggendaria “mamma italiana” è simbolo storico. Un mito tutto nostro paragonabile all’altrettanto esclusivo “Italiani brava gente” (sempre e comunque). Tutti i tentativi di modernizzazione della società del dopoguerra sono passati attraverso il ridimensionamento (o per lo meno la revisione) non solo della struttura sociale che ci è più propria, ma soprattutto della sua variante più retriva, il familismo. Il berlusconismo, con la sua insopportabile retorica sulla famiglia, con i suoi incentivi una tantum (i famosi 800 euro a figlio), con il suo populismo ad esclusivo beneficio dei media (ché, la realtà, resta faccenda ben più complicata), sta operando un radicale tentativo di destrutturazione di quello che la nostra società è riuscita a costruire a livello collettivo, pubblico, al di fuori della cerchia ristretta dei legami famigliari. Un esempio su tutti: la riforma della scuola che, secondo il ministro Moratti, dovrebbe regalare alle famiglie un “nuovo protagonismo”, consegna - di fatto - un sistema che pur con tutti i suoi limiti (dovuti soprattutto alla cronica assenza di risorse) funziona, alla logica privatistica propria del concetto stesso di famiglia. Lo stesso dicasi del welfare. Chi mai raccoglierà i cocci di uno stato sociale che, taglio dopo taglio, ridurrà oltre ogni limite la contribuzione statale (dunque collettiva) alle componenti più deboli (ma non solo) della società italiana? Risposta facile: la famiglia. Se vogliamo, anche la mancanza di adeguate politiche del Governo rispetto al carovita rientra nella stessa logica che vuole privatizzare la società italiana nel suo complesso. Tanto per legarci all’inchiesta di questo numero di Abc, quante giovani coppie sarebbero oggi in grado di costruire da sole il proprio percorso esistenziale (casa, lavoro) – in definitiva, una nuova “benedetta” famiglia - senza il contributo economico sostanziale del nucleo d’origine? In questo caso, paradossi di una volontà politica precisa, ma incapace ed inetta nella costruzione del proprio progetto politico. Perfino le paure e le ansie collettive per l’instabilità generata dalla fine della logica bipolare trova – da noi – risposta adeguata (si fa per dire) solo all’interno del nucleo famigliare. Con tutto il rispetto del caso, in quale paese “normale” si avrebbe così forte la percezione di una gestione della drammatica situazione degli ostaggi italiani in Iraq lasciata in mano - tra dichiarazioni e manifestazioni - alle famiglie dei prigionieri? Certo, a quanto si dice, esiste un lavoro sotterraneo dei nostri rappresentanti politici. Ma quale credibilità possono avere viste, ad esempio, le mancate dimissioni del capo della nostra diplomazia impegnato a Porta a Porta mentre veniva ufficializzato l’assassinio di Fabrizio Quattrocchi? Davvero pensiamo che uno come Frattini possa lavorare bene – con efficienza ed efficacia – ad una tale situazione di crisi? Infine, sulla questione della famiglia si gioca uno dei più clamorosi fraintendimenti comunicativi di questo periodo, incentrando il dibattito – anche con il contributo di certa parte del mondo cattolico – su cosa sia o non sia, culturalmente e socialmente, la “famiglia” tra vecchio ordine e coppie di fatto, coppie omossessuali, single, ecc. E mentre ci si attarda su simili questioni, qualcuno sta perseguendo (fortunatamente con una buona dose d’incapacità) la più clamorosa controriforma che la società italiana si trovi ad affrontare dal dopoguerra. Davide Lombardi
Case da matti Il mercato immobiliare vicentino ai raggi X: chi sta speculando chi ci rimette, chi lascia fare. E peggio ancora per chi va in affitto Se non ci fosse la mamma, saremmo una città di eterni mammoni. Non è un controsenso: per riuscire a comperare casa, e uscire finalmente da quella di mammà, i vicentini non hanno che una possibilità: ricorrere ai soldi dei genitori. È una delle realtà che esce dalla nostra ricerca sul mattone vicentino. Con gli incredibili prezzi che corrono, se il mercato della casa è ancora vispo lo si deve proprio alla forza del legame famigliare che - in positivo o in negativo - permette alle nuove generazioni di comprare ancora. Tra difficoltà del mondo del lavoro e prezzi correnti infatti, i vicentini attorno ai trent’anni potrebbero al massimo permettersi l’acquisto di un garage. Basta scorrere i prezzi: per un medio appartamento in un condominio di vent’anni (tre camere, due servizi, garage) si va tranquillamente oltre i 250 mila euro: mezzo miliardo di vecchie lire. Roba da nababbi. E nemmeno la periferia è più una soluzione. Le cause: dagli investitori che si sono buttati sul mattone, e comprano a prezzi alti a discapito di chi ha realmente bisogno di una casa, al passaggio lira euro. E cercar casa in affitto non è più una soluzione: si spende più che per un mutuo. Alle pagine 4 e 5
Prezzi folli? E io la baratto Strategie contro il caro alloggi. All’Ater gli inquilini inaugurano lo scambio-casa un tricamere al terzo piano a San Marco per un bicamere al piano terra ai Pomari In un Paese in cui non si scambia a cuor leggero nemmeno un fustino di detersivo, fa notizia un’azienda, per di più pubblica, che propone ai suoi inquilini di barattare la casa in cui vivono. L’idea è dell’Ater, azienda territoriale edilizia residenziale che, nata dalle ceneri del vecchio Iacp gestisce l’edilizia popolare tra città e provincia. Impegnata da sempre a offrire case per chi non può permettersi i costi del mercato, l’Ater ha lanciato questa pazza idea per venire incontro alle esigenze dei suoi inquilini. “Pensiamo all’anziano, che vive in una casa al terzo piano senza ascensore e vorrebbe spostarsi a un piano terra - dice il presidente Marco Tolettini - o a
Una casa Ater
chi ha trovato casa a Santa Bertilla ma avrebbe piacere di avvicinarsi ai figli in un altro quartiere”. Da quando è stata lanciata, l’iniziativa ha visto fiorire decine di annunci nella bacheca Ater: “Cedo bicamere secondo piano
con ascensore in zona Pomari. Cerco primo piano, anche monolocale, tra zona Stadio e San Pio X”. Certo, portare a termine gli affari non è semplice: “Un po’ tutti siamo abituati a considerare la nostra casa più bella delle altre - dice Patrizia
Moretto, responsabile relazione esterne dell’azienda - perciò concludere lo scambio in realtà è difficile”. Ma è l’idea che conta. Come quella, sempre firmata Ater, di premiare le case più belle degli inquilini in affitto: “Alla faccia di chi considera le nostre case popolari in senso dispregiativo - spiega Tolettini vogliamo dimostrare che l’Ater lavora bene e realizza case di qualità. Perciò abbiamo organizzato il concorso, “La casa più bella”, riservato agli inquilini, che premierà l’alloggio meglio tenuto”. E anche questo in fondo è un modo di cambiare casa per chi altrimenti non ne avrebbe mai la possibilità.
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Per Cicero in dito medio stat virtus L’assessore sorpreso dalle telecamere di Canale 68 mentre, nel bel mezzo di una conferenza stampa, manda inequivocabilmente a quel paese i colleghi della Libertà Dal Zotto e Pellizzari Tanto tanto tempo fa, assumere un ruolo sociale importante (ad esempio, dirigere una città), significava automaticamente acquisire un certo stile, qualche volta perfino un’etica, che i francesi sintetizzano nell’efficace espressione noblesse oblige. Altri tempi, appunto. Per esempio: avevamo lasciato l’assessore Claudio Cicero gongolante per il successo del suo convegno sull’Alta Velocità e ce lo ritroviamo, inopinatamente, vittima di uno spiacevole episodio. Alcuni giorni fa in Comune si svolge una conferenza stampa presente lo stesso assessore alla
Mobilità, quando i due consiglieri Dal Zotto e Pellizzari hanno l’infelice idea di affacciarsi all’ingresso della sala sede della conferenza. Giusto il tempo di dare un occhio, visto che i due non erano a conoscenza dell’evento. Una curiosità che – chissà perché – ha parecchio indispettito Cicero. Che si è subito premurato di far chiudere la porta in faccia ai due intrusi rinforzando la propria disposizione con un ampio gesto del dito medio rivolto ai due consiglieri di Forza Italia. Di qui lo spiacevole episodio cui accennavamo: Canale 68 riprende tutto e,
nonostante i cortesi inviti del bravo assessore al cameraman, decide di diffondere il ser vizio nell’edizione serale del tg. Poi, come sempre accade, a un episodio sinceramente sfortunato ne segue – a cascata – subito un altro. Ed ecco che alcuni consiglieri d’opposizione firmano un’interrogazione al sindaco che ha per oggetto “il senso di educazione civica dell’assessore Cicero”. Davvero spiacevoli, ingiusti, sfottenti, alcuni passaggi dell’interrogazione: “tale gesto, negli ambienti più aristocratici della politica, è notoriamente la rappresentazione
fisica del motto gentilizio ‘vaffanculo’. Ed esso era inequivocabilmente e deliziosamente rivolto verso i due consiglieri”. Sempre i soliti comunisti snob. Ma noi, per una volta, ci sentiamo di prendere le parti dell’assessore. In quest’era berlusconiana vanno parecchio di moda corna (anche se governative), barzellette e piacevoli apprezzamenti ai didietro di qualche bella deputata. Che sarà mai il piccolo dito medio di Cicero? In fondo, non è certo colpa sua se, ormai sepolta la stagione in cui noblesse oblige, la madre dei parvenus è sempre incinta.
sette giorni di politica
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L’intervento. Perché dal voto del 12 e 13 giugno prossimo dipendono i destini di tutta l’umanità
Europee: un’occasione d’oro per riappassionarci di politica Queste elezioni non sono solo un simbolo né interessano esclusivamente il Vecchio Continente Il centrosinistra può e deve vincere perché il mondo chiede nuovi equilibri economici e sociali Si conoscono, da tempo, le risposte, allarmanti, raccolte da inchieste e sondaggi sul rapporto tra opinione pubblica e politica. La quale, purtroppo, sta molto in basso nel pensiero e nella stima della gente. Senza troppa distinzione fra la politica e i suoi attori. Ce n’è abbastanza per doverci seriamente pensare. Sempre che non si preferisca mettersi sull’onda, tranquilli o rassegnati, e accettare le fatalità della storia. Se è una fatalità che il destino del mondo sia in mano a Bush, che il governo del nostro paese appartenga a Berlusconi, che la nostra città sia dominio della destra. Dove, si tratti degli scenari mondiali come delle nostre dimensioni nazionali o locali, trova posto e cresce una cultura dell’uomo, dei popoli, dei rap-
porti economici e sociali che, sotto i nostri occhi, drammaticamente, rischia di cambiare i nostri modelli di vita. Così diventa concretamente possibile una guerra, che i cittadini del mondo non volevano, e lo hanno detto a gran voce nelle strade e nelle piazze di tutti i paesi. Perché i potenti hanno deciso, e i loro caudatari hanno detto: ci siamo anche noi. E nella guerra e nelle sue regole orrende ci sta anche la tortura, una scoperta dolorosa, un monito, su cui l’America democratica si sta risvegliando e il mondo è chiamato perentoriamente a riflettere.
In difesa dei nostri diritti Così è possibile, nel parlamento di un paese civile come il nostro, l’approvazione di norme, da un temibile ampliamento della legittima difesa, alla ammissibilità, a certe condizioni, perfino della tortura, che feriscono e violano costituzione e umanità. E non serve, semmai è aggravante, che non tutta la maggioranza fosse d’accordo, ma ha votato compatta per salvare una indegna coalizione. E, sempre parlando di questa deriva culturale, diventa possibile, in un comune come il nostro dove gli immigrati danno larghe testimonianze di
servizio allo sviluppo economico e all’assistenza sociale, adottare nei loro confronti provvedimenti di netta discriminazione.
L’arma bianca del voto Cosa fare, allora, davanti a queste politiche e a queste culture di governo? E’ un tema di grande attualità e delicatezza, tema prioritario per le forze che, nel nostro paese e nella nostra città, vogliono restare fedeli ai principi e alle regole della democrazia e della civiltà. Un compito impegnativo perché contrastare questa pericolosa deriva, nelle diverse sedi in cui si sviluppa, esige di definire l’entità e la capacità di coesione delle forze disponibili ad essere,
oggi coraggiosa opposizione, domani forze di governo e di rinnovamento. E consapevoli, sempre, che l’arma fondamentale della democrazia, la nostra arma, resta il libero voto dei cittadini e dei popoli. Il richiamo pressante va dunque, inevitabilmente, al voto del 12-13 giugno, quando uno dei più grandi agglomerati umani del pianeta, cittadini di 25 paesi, si troveranno a votare per un unico parlamento d’Europa. E diventa stringente chiedersi come stiamo andando a questo appuntamento di massima portata. Sarà il modo tiepido, consueto finora alle campagne elettorali europee? Incontri e dibattiti latitanti. Manifesti formato gigante, barche di euro al vento, che non sembrano scuotere l’opinione pubblica. Tutto scontato? O è necessaria e possibile una forte rianimazione della campagna elettorale? Una scelta che riguarda le forze politiche di centrosinistra e insieme ciascuno di noi.
La politica è un valore Ritornare alla politica, riaffermare il valore potente della posta in gioco, in questo nostro vecchio continente. Cosa saranno i prossimi anni dell’Europa, un passaggio che, senza ombra di retorica, segnerà la storia.
Romano Prodi e, sotto, due padri nobili dell’Europa: De Gasperi e Spinelli
Non la nostra soltanto di europei, ma quella del mondo. I prossimi anni vedranno il nuovo assetto a 25 paesi consolidato, capace di collegare, rendere compatibili, fondere interessi, economie, culture. La nuova costituzione europea dovrà vedere presto la luce per dare stabilità e regole certe alle istituzioni e ai rapporti fra gli stati. Una forte Europa sarà nella condizione di dare contributi essenziali per gli equilibri economici e sociali del mondo. E non abbiamo dubbi che soprattutto qui, dentro la nostra storia e la nostra cultura, potrà maturare una effettiva ricerca di equilibrio di pace fra le nazioni. E se queste sono scelte di cultura politica e di passione per i valori umani, e sono insieme legittime aspettative dei popoli,
Ospite di Vicenza Riformista, il filosofo ammalia la platea, difende il papa, attacca la Fallaci ACQUE MOSSE
Cacciari, politica senza politichese Arriva a passo svelto per recuperare il suo abituale ritardo. E’ vestito come sempre con semplicità, giacca vagamente sportiva e pantaloni non in tinta. Si scusa del ritardo: “Abbiamo approfittato per una piccola riunione con alcuni consiglieri regionali e ci siamo attardati nelle solite discussioni”. Poi, dissacrante, piazza la battuta: “Chissà poi perché investiamo il nostro tempo in cose inutili come la politica”.
Il Massimo della schiettezza È venerdì 30 aprile e ci sono centocinquanta persone ad aspettare Massimo Cacciari che parlerà di “Cristianesimo o Europa”. C’è anche chi non è riuscito a entrare per la scarsa capienza dei Chiostri di Santa Corona. Poco male: fra pochi giorni sarà ancora a Vicenza. Perchè poi tanto entusiasmo per questo personaggio, viene da chiedersi? Ex sindaco di Venezia, ex avversario di Galan in Regione, presunto amante di Veronica Lario, moglie di Berlusconi, il “filosofo” risponde da solo. Mentre saliamo le scale, guarda l’orribile paratia provvisoria che accoglie i visitatori dei Chiostri e commenta: “Ma a Vicenza non hanno ancora trovato i soldi per sistemare questo sconcio?” Schietto e crudo, Cacciari parlerà magari una lingua difficile non mai il politichese. Dopo l’introduzione dei suoi anfitrioni, Giuseppe Pupillo e Luca Romano, Cacciari parte con la sua oratoria secca, grintosa, priva d’indecisioni. La sala è avvinta: mezz’ora, un’ora, un’ora e mezza. Quasi neanche un sospiro. Alla fine
l’applauso è fragoroso e convinto. Eppure l’argomento non è facile: si parla di filosofia e teologia, e frequenti sono le citazioni dei classici, i riferimenti in greco e in aramaico. Chi ascolta non appartiene, se non parzialmente, all’ambiente tradizionale della politica. Ci sono professori e studenti universitari, religiosi e laici, molti giovani.
Un viaggio nel passato per capire il presente Cacciari parla delle culture greche, orientali e mesopotamiche, delle origini semitiche del cristianesimo. E va volentieri in polemica con la cultura imperante. Con garbo e senza animosità, ma senza mezzi termini, cerca di capire la tremenda situazione in cui viviamo attraverso la storia: “Dov’è questo confronto fra Occidente ed Oriente, che qualcuno si sforza continuamente di richiamare? La realtà è che ebraismo, cristianesimo e islamismo hanno una comune origine nell’area
del Mediterraneo, nella culla della cultura greca e latina”. Eccolo qui “il filosofo”, in tutte le sue sfaccettature. Fulminante, quando definisce il rapporto con il mondo islamico: “Il tratto costitutivo dell’Europa è nel concetto di trinità, Quello dell’Islam nella passione. La guerra santa è la guerra per creare un unico mondo proteso a credere nell’unico Dio. Per il cristiano vale l’agostiniana ricerca di sé stesso. Su questa distinzione fra Cristianesimo e Islam si fonda l’Europa con tutti i suoi valori e anche con il paradosso più grande: l’Europa delle strazianti guerre civili, delle distruzioni è anche la culla della pace, perché tutta la sua cultura è basata sul motto cristiano del “De pace fidei”. Commovente, quando parla di Giovanni Paolo: “Un papa immerso nella sua tragicità, apparentemente impotente, compenetrato dal male per meglio conoscerlo e per tentare di vincerlo”. Provocatorio, quando difende la nostra componente religiosa nell’approccio con le altre culture: “Se non ci fosse avremmo il dominio di quella parte laica che manifesta la sua intolleranza. Come la Fallaci della Rabbia e l’orgoglio...” Deciso, quando difende la laicità dello Stato: “Quando Chiesa e politici parlano di radici cristiane a cosa si riferiscono? Al loro senso originario e storico o al loro senso vivo? Il dibattito politico tende a banalizzare la questione. Non
credo sia giusto inserire il riferimento alle radici cristiane nel nuovo statuto Europeo. E comunque, non farlo per una mera questione di ossequio formale nei confronti della Chiesa. Appassionato, quando difende l’Europa dei valori: “La vera Europa è quella che riesce ancora ad opporsi all’Europa del pragmatismo e del dominio militare, quella rappresentata dagli Stati Uniti d’America. Dove speriamo che vinca Kerry”. Perfino scortese, quando liquida con una battuta l’inviata del Giornale di Vicenza che gli chiede un commento alla serata: “Ma non hai ascoltato? “Sì, ma non sono mai stata forte in filosofia” “E allora perché ti hanno mandata?”.
Impegno e passione per vincere La serata vicentina si conclude a cena, ospiti di un imprenditore vicentino. Quando questi mostra a Cacciari la sua quadreria, con opere quasi interamente provenienti dalla Russia, lui dimostra ovviamente grande competenza. E commenta tela per tela con fare da esperto. “La pittura è una delle sue grandi passioni – commentano alcuni ospiti – e sulle icone russe ha scritto molti articoli”. La politica purtroppo, pare esserlo un po’ meno. “Ho già dato” replica a chi gli chiede un commento sulla situazione odierna. Ma il messaggio è chiaro: per vincere, per far valere le proprie ragioni, ci vogliono impegno, passione, e poi ancora passione. Di questo ha bisogno il centrosinistra. Se non ora quando? Federico Formisano
il voto del 12 13 giugno non può che essere indirizzato alle forze che credono nell’Europa, nelle sue antiche e nuove vocazioni, dove riposano le garanzie del rispetto dell’uomo e dei valori della convivenza tra i popoli. Questo voto capace di fermare le derive della destra europea può assumere un forte significato anche all’interno dei singoli paesi. Un’inversione di tendenza, uno stop che suoni alto a Roma e a Vicenza. Un voto europeo che può rappresentare, in casa nostra, la svolta, urgente e rassicurante, dopo il tempo, già infinitamente lungo, degli errori e degli inganni. Con il centrosinistra in prima linea in questa battaglia democratica del voto. Giorgio Sala
IN LAGUNA
Alla fiera del candidato Regione a caccia di voti Ma chi l’ha detto che fare il politico in Regione è una pacchia (stipendi alti, orari elastici, ritmi di lavoro su misura, ecc.)? Dando uno sguardo alle candidature: quasi venti consiglieri, praticamente un terzo dell’intera assemblea legislativa, sono potenzialmente sul piede di partenza. D’accordo qualcuna potrà essere una candidatura “di bandiera” per acchiappare voti con nomi noti, ma molte sono candidature autentiche. Del resto basta scorrere la lista. Per la carica di presidente della Provincia di Verona si schiera Gustavo Franchetto (Margherita) ex anchor man di Telearena attualmente vicepresidente del Consiglio veneto; a lui ha tentato di contrapporsi Raffaele Bazzoni di Forza Italia presidente della commissione urbanistica sempre di palazzo Ferro-Fini. Ha tentato perché nel caos in cui versa la Casa delle libertà scaligera il povero Bazzoni si è visto impallinato dal fuoco amico. Carlo Alberto Tesserin di Forza Italia, presidente della commissione che sta elaborando il nuovo Statuto del Veneto vuole fare il Presidente della Provincia di Venezia; per la stessa carica la Lega, che notoriamente al primo giro dappertutto si muove in proprio, sarebbe intenzionata a far partecipare nientemeno che il Presidente del Consiglio regionale Enrico Cavaliere. Una mossa di dubbio gusto vista la carica istituzionale ma così vanno le cose. E non basta. Renzo Marangon, capogruppo di Forza Italia a palazzo Ferro-Fini è candidato presidente per la Provincia di Rovigo dopo che un altro forzista si è ritirato (con i manifesti già pronti e affissi per le strade). Maria Pia Mainardi consigliera della Margherita è invece in pista per diventare sindaco a Bassano. Sempre ai piedi del Monte Grappa la leghista Mara Bizzotto vuole essere prima cittadina di Tezze sul Brenta. Daniele Stival, quello che promette 5 mila euro a chi fa arrestare Unabomber, è candidato sindaco a Portogruaro. Il consigliere Udc Franco Bozzolin è fino all’ultimo in forse per la candidatura a sindaco di Legnago; anche in questo la presenza del consigliere regionale servirebbe a tagliar
corto su beghe interne alla casa delle libertà. E veniamo a Padova. Flavio Zanonato capogruppo dei Ds a palazzo Ferro-Fini si candida, com’è noto, per (ri)fare il sindaco del capoluogo mentre Franco Frigo della Margherita si candida per (ri)fare il Presidente della Provincia. Si tratta delle poste in gioco politicamente più rilevanti. Una vittoria del centrosinistra a Padova sarebbe una sconfitta personale di Galan. Per il vertice della Provincia di Padova è ai nastri di partenza anche il leghista Maurizio Conte che attualmente presiede la commissione ambiente del Consiglio veneto. Sempre a Padova, Margherita Miotto della Margherita è candidata per l’Ue e sembra anche che Zanonato in caso di vittoria l’abbia “prenotata” per fare l’assessore. Suspense dell’ultima ora da parte di An indecisa se appoggiare al primo turno la sindachessa uscente Giustina Destro. In caso contrario, il candidato di Alleanza Nazionale sarebbe l’assessore regionale Raffaele Zanon. Iles Braghetto e Antonio De Poli, entrambi dell’Udc ed entrambi padovani, sono candidati per l’Europarlamento. Ci potranno entrare solo dopo che il capolista, il ministro Carlo Giovanardi, se eletto altrove si dimetterà. Classico esempio di una poltrona per due. Obiettivo Strasburgo anche per il verde Gianfranco Bettin il quale però conta di arrivarci con le proprie forze occupando il seggio che è stato dell’alpinista Messner. Floriano Pra, vecchia volpe dorotea e potentissimo boss di Agordino e Cadore, è candidato per fare il Presidente della provincia di Belluno e coronare così una lunga carriera. Sempre nel Bellunese Claudia Cadorin, entrata in Consiglio regionale con Forza Italia e poi uscita per inventarsi un gruppetto “liberale-riformatore-radicale” oggi imparentata con la lista “della bellezza” di Vittorio Sgarbi, si candida per diventare sindaco di Sedico. Punta al seggio europeo nelle liste di Alleanza nazionale anche Maria Luisa Coppola, rodigina di origini vicentine assessore al bilancio della Giunta Galan.
cronaca
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“Uccide i nostri megozi”. “Macchè, li valorizza”. E il centro si divide
Palladio mette i jeans In pieno Corso pronto ad aprire il nuovo megastore Zara Polemiche per le concessioni e per l’impatto commerciale L’ombra di un nuovo grande magazzino di abbigliamento aleggia su Corso Palladio e spacca i negozianti del centro. Da qualche temp i vicentini a passeggio lungo il Corso scoprono che i locali dell’ex libreria Galla (trasferita dal lontano 1992) - tra il negozio Pal Zileri e la Banca Nazionale del Lavoro sono stati interamente ristrutturati. Autore la Incos del gruppo Ingui. Fuori dalle nuove vetrine, per il momento vuote, campeggia la scritta Zara. Per chi non lo conoscesse, si tratta di uno dei più aggressivi marchi europei di abbigliamento, caratterizzato da moda giovane e prezzi bassi. Una sorta di Benetton prima maniera, che promette di cambiare faccia al centro. E che ha acceso, con largo anticipo, la polemica. Polemica che ha molte ragioni. Anzitutto perché, sostengono in molti, quel negozio non può
aprire. “C’è un contenzioso aperto – spiega Marino Quaresimin, consigliere comunale del centrosinistra – tra la società che rappresenta il gruppo e il Comune. Secondo le norme tecniche vigenti (articolo 17 e 21 delle Norme tecniche di attuazione del Prg) in centro storico non è possibile subentrare con un’attività diversa da quella precedente. Perciò Zara non potrebbe aprire. Ma la società del gruppo spagnolo ha fatto ricorso al Tar appellandosi alle ultime norme sulla libe- Le vetrine del megastore Zara in Corso Palladio. Aprira? Sotto, l’avviso della prossima apertura ralizzazione del comSoprana, attento commerciante un errore” fanno sapere. mercio.” Lo scontro intanto si sposta del centro oltre che consigliere Al negozio Etiquette, esattamendi Vicenza te di fronte alla nuova sede di anche al di fuori degli uffici tec- comunale nici: molti negozianti si oppon- Capoluogo, che l’apertura di un Zara, la responsabile non ha gono fermamente a punto vendita di grande richia- dubbi: “Non c’è nulla di nuovo, Zara perchè temono mo non deve crere preoccupa- sono le leggi del mercato. Ma mi che, a colpi di bassi zioni. “Al contrario: è un buon lascia perplessa la scelta di prezzi, possa schiac- segnale. Dimostra che il centro Vicenza come primo negozio nel ciare la concorrenza storico, ben lungi dall’essere Triveneto. Anche se sono innedelle botteghe del morente, è invece molto richie- gabili i suoi lati positivi: verransto. Zara potrebbe portare no a visitarla da Verona, centro. Ma non è un’opinio- molte persone, giovani soprat- Padova, Bassano. Speriamo che qualcuno, con un po’ di gusto e ne comune. Molti tutto”. altri vedono di buon Diversa l’opinione di molte bou- disponibilità economica, si occhio l’arrivo del tique del centro: “Corso accorga anche delle botteghe Palladio è il salotto buono della circostanti.” megastore. i.t. e m.r. Dice Stefano città. Aprirlo a questi negozi è
Un vicentino racconta la caduta dell’ultima barriera europea tra le due Gorizie
Ho visto crollare un muro Il confine palpabile era sparito discretamente qualche settimana fa lasciando agli ultimi pezzetti di muro il compito della memoria. È la notte del Primo Maggio: c’è un maxischermo a dividere visivamente la Piazza Transalpina di Gorizia e calamitare a sé gli sguardi della gente. A mezzanotte, la Slovenia fa il suo ingresso nell’Unione Europea grazie al semplice decorso del tempo, ma pare incredibile. Quando il conto alla rovescia urla lo zero, questa specie di stordimento non diminuisce, aumenta. I fuochi d’artificio esplodono alti riverberando sui sorrisi della folla. Forse ci eravamo illusi che i confini fossero un che di biologico, di inevitabile come una vetta alpina? Forse è così per noi, nati liberi e
già da un pezzo abitanti di paesi “Schengen”, il confine è al massimo l’esibizione di un documento. L’esistenza o meno dei confini ci pare una questione giuridica, quasi un cavillo da commercianti. Non è sempre stato così. Per la signora accanto a me per esempio, goriziana doc, visitare la nonna da bambina era una segreta corsa tra le viti, sfidando le mitragliatrici delle guardie Iugoslave. E’ un esempio, solo per capirci, questi dintorni di orrore ne hanno visto davvero tanto. Erigere e levare confini, da queste parti ha significato sempre e solo morte. E’ per questo allora che l’abbattimento definitivo delle divisioni cui si assiste non può considerarsi un fatto superficiale. Sparisce l’oggetto stesso del con-
tendere lasciando nella scia, oltre a terribili ricordi, una moltitudine di cittadini di un’Europa che si carica di differenze, nella convinzione di una possibile convivenza. E’ chiaro che l’Unione non è tale per magìa: ci sono voluti tempo, innumerevoli trattative, convergenze economiche e legislative graduali oltre a condizioni politiche favorevoli. Ma è successo, senza cannoni. Se le divisioni di ieri possono riuscirci tanto superate, lontane ed inutili, se gli applausi di questa piazza fanno rumore ma non troppo, forse siamo davanti ad un tintinnìo garbato che ci chiama ad applicare alle guerre di oggi qualcosa di quest’insospettabile discrezione della pace. Michele Stratta
Nuove tendenze. Alla festa del Primo Maggio
Lo sponsor si scopre amico degli stranieri Da sette anni, il giorno della festa del lavoro vede le cittadine e i cittadini migranti riunirsi in Piazza delle Poste per fare musica, ballare e lanciare alcuni alla città. Quest’anno, per la prima volta, anche sponsor e laboratori per bambini condotti dal gruppo dei Mediatori Culturali. Il Primo maggio dei lavoratori stranieri è l’occasione per parlare di loro. E per parlarsi. “Stranieri che lavorano molto, talmente tanto da non avere il tempo di andare a scuola per imparare bene l’italiano” ci dice Fatima Mbaye, attivissima Presidente dell’Associazione Donne Immigrate in Veneto. Ma quando si fermano, notte o giorno che sia, sanno fare festa. Festa vera, di quelle che durano fino al mattino, con cibi colorati e speziati e danze con una musica che ti fa muovere i piedi e pulsare il cuore anche se non vuoi. La festa prende vita nel cuore della città proprio perché vuole coinvolgere la città e gli abitanti che, per caso o per scelta, si trovino a percorrere le vie del centro storico. Fatima, proprietaria dell’African Market nei pressi della Questura, è la mente e l’anima della festa. Fa da padrona di casa con una inimitabile mescolanza di managerialità, pragmatismo e simpatia nordestini e senegalesi. Ringrazia gli sponsor “Novità importante di quest’anno - sottolinea - individuati con grande abilità di marketing, perfettamente in linea con il target. Le Poste Italiane, per esempio. Fatima spiega che la scelta del luogo, Contrà Garibaldi, meglio conosciuta come piazza delle Poste, rappresenta uno dei luoghi più significativi per gli stranieri. Tramite la posta avviene l’invio di denaro ai parenti lontani, e innumerevoli sono le spedizioni, in entrata e in uscita, con le quali i cittadini migranti, con fatica e determinazione, tengono unite le loro storie presenti, passate e future,
in Italia e nel proprio paese natio. Così è per Fatima che, se le chiedi qual è la sua nazionalità, ti dice Senegalese, ma è qui da oltre dieci anni, e se l’Italia fosse come la Francia sarebbe a tutti gli effetti cittadina italiana, ci tiene a precisare. Tra gli sponsor c’è anche una società alla prima uscita pubblica, almeno a Vicenza. Offre agli stranieri consulenze immobiliari per l’acquisto casa, addirittura biglietti di aereo a rate. In Italia è attiva da tre anni, da Milano si è espansa in tutta Italia e non poteva certo mancare in una terra così ricca di clientela potenziale. Ma se chiedi la vera novità ai bambini presenti ti dicono “i laboratori”; quest’anno, per la prima volta, il rigido e asettico portico di mussoliniana memoria delle Poste Italiane assume un’aria allegra con bambini che costruiscono monili, maschere africane, si fanno scrivere il nome in cinese, intrecciano braccialetti e si lasciano dipingere con fiori e simboli di pace sulle braccia. A gestire i laboratori sono i mediatori culturali che operano nelle scuole della città; vengono chiamati, con un contributo del Comune e il finanziamento degli Istituti interessati, in occasione dell’inserimento di alunni che non conoscono l’italiano e all’interno di progetti di educazione interculturale. Sali, diminutivo di Salamatha che nella sua lingua significa pace, costruisce una medaglia dell’amicizia e ne mostra orgogliosa un’altra preparata per la sua grande amica che non è venuta, Beatrice, che in Italiano significa portatrice di gioia. In effetti, i grandi assenti alla festa sono proprio i bambini italiani. Peccato. Gli Italiani presenti osservano, incuriositi e ammirati. L’augurio è che presto non servano più permessi di soggiorno e passaporti, perché l’Africa è qui, oggi. Isabella Sala
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Prezzi altissimi anche per le aree periferiche, mutui a vita per un Vicenza più ricercata di Venezia e Milano? No, sono i prezzi a ess
La città dal mattone Le cifre: un midi 120 mila euro, un tricamere 250 mila Le cause: investitori scatenati e costruttori fuori mercato Le soluzioni: i vicentini si difendono con... i soldi di papà Le cifre
Le cause
Le soluzioni
• Addio mito della periferia: mezzo miliardo di vecchie lire per 120 metri quadrati. Anche nei quartieri più lontani. • Affitti da 600 euro al mese: dalla dura vita del single, alle scarse offerte per le famiglie
• Gli investitori: delusi dalle Borse, si buttano sul mattone. A scapito di chi ha bisogno di una casa • I costruttori: puntano sui mini perché rendono di più • Il passaggio lira euro: ha falsato il mercato
• Le banche: mutui fino al 75%. Ma per i non-dipendenti, occhio al rischio ipoteca • La famiglia: a Vicenza una grossa percentuale di compravendite sopravvive solo grazie all’aiuto dei genitori
Facciamo un’ipotesi appena appena fittizia: una giovane coppia di vicentini decide di metter su casa. Lui ha 31 anni, è impiegato in un call center e guadagna intorno ai 1000 euro al mese. Lei, 29 anni, fa la commessa in un negozio, un paio d’anni di contratto davanti a 900 euro al mese. Visto che stanno insieme da parecchio decidono di fare il “grande salto”. La prima domanda che i due si porranno è del tutto scontata: acquistare o affittare? E qui finisce la storiella della nostra giovane coppia. Perché se contano su genitori con buona disponibilità possono pensare di acquistare. Altrimenti, fatti quattro conti, è molto probabile che i due lascino i sogni nel cassetto e decidano di affittare. Spenderanno buona parte dello stipendio, ma non avranno alternative, almeno finchè acquistare sarà meno proibitivo. Trincerarsi dietro un consolatorio “son giovani, hanno tempo”, non servirebbe. Perchè lo stesso vale per una coppia non più giovanissima che, dopo aver vissuto in affitto i primi anni insieme, decide di acquistare un bicamere con la prospettiva di fare un figlio. E lo stesso vale per la coppia con due figli cioè quella in perfetta media nazionale - desiderosa di passare a un tricamere.
Miliardi d’occasione Sono moltissimi, giovani e non, costretti a confrontare le loro legittime aspirazioni con i prezzi non proprio economici del mercato immobiliare. Cercare (e trovare) casa a Vicenza non è cosa per tutte le tasche. Anche per un appartamento in periferia si parla di cifre intorno ai 1.500 euro al metro quadro. Acquistare un midi di un’ottantina di metri significa tirar fuori 120.000 euro (poco meno di 240 milioni di vecchie lire).
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La periferia non è più una soluzione Francesco Balbo Agenzia Abitare
Avvicinandosi al centro i prezzi salgono di molto: intorno ai 3.000 euro. E parliamo di
bicamere. Le cifre crescono enormemente per un tricamere. Basta sfogliare gli annunci per scoprire che un appartamento in un condominio di Sant’Andrea (tre camere, due servizi, garage) costa oggi 284.000 euro: oltre il mezzo miliardo di vecchie lire. Roba da nababbi. Un po’ meglio va a san Pio X: per un tricamere medio in un condominio di venti-trent’anno, con due servizi e l’irrinunciabile garage, si parte da 170.000 euro. Ben oltre 300 milioni. Prezzo d’occasione: affrettarsi.
Periferia alle stelle E se si puntassero le proprie carte sull’hinterland? Non è affatto detto che sia la soluzione migliore. I prezzi non sono molto lontani da quelli della cintura urbana. Anzi, ci spiega Francesco Balbo dell’agenzia Abitare a
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Servono tricamere, costruiscono Giorgio Reniero mini presidente Fiaip
Vicenza, “c’è una certa tendenza ad uscire dalla città. Questo perché è cambiata la percezione di cosa significhi qualità della vita. Un tempo si cercava di stabilirsi il più vicino possibile al posto di lavoro, ora invece vivere fuori città è considerato appetibile: più facile trovare una casetta, o una palazzina, con giardino. Senza considerare il minor inquinamento, la tranquillità e, spesso, perché no, anche i servizi migliori. Ma se cresce la domanda per questo tipo di soluzione è chiaro che i prezzi lievitano, adeguandosi alla maggior richiesta”. Insomma, non c’è scampo neanche fuori città. Basta guardare i prezzi delle villette cresciute come funghi da Bertesina a Quinto, da Creazzo alle Maddalene: per quelle che vengono chiamate “porzioni di plurifamiliare”, che rispetto a un condominio offrono il fascino di una casa su due o tre piani e di qualche metro quadrato
di verde, i prezzi tornano a impennarsi: dal mezzo miliardo di vecchie lire in su. Eppure, a guardare la quantità degli affari
Dannati investitori andati a termine, scopriamo che la compravendita resta molto positiva. Ma è “merito” soprattutto dei cosiddetti acquirenti d’investimento, ovvero persone di una certa disponibilità economica che acquistano (soprattutto
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I più sfavoriti sono gli stranieri Cinzia Cariolato sindacato Uniat
mini) per poi affittare. La tendenza è particolarmente significativa da quando le difficoltà della borsa e spettacolari crac finanziari come Cirio e Parmalat hanno fatto virare gli investimenti verso un bene-rifugio come il sempreverde rossomattone. Anche perché i tassi di rendimento sul mercato a scarso o nessun livello di rischio sono molto bassi (ad esempio i titoli di stato rendono non più dell’1,5 percento) e chi ha soldi finisce per operare scelte che coniughino rischi bassissimi a rendite comunque sostanziose. Ma questi acquirenti, così facendo, drogano il mercato perché contribuiscono ad abbassare l’offerta e soprattutto a far lievitare i prezzi.
Il riciclo del nero I prezzi degli immobili sono aumentati anche a causa di un effetto collaterale del passaggio da lira a euro. Si parla cioè di una vera e propria valanga di denaro che si è riversato sul mercato poco prima del 31 dicembre 2002. Molti di coloro che avevano quattrini non dichiarati depositati in qualche banca estera hanno dovuto, col passaggio al nuovo sistema monetario, trovare il modo di investire i soldi giacchè non potevano certamente portarli in banca per cambiarli in euro. E dove, se non sugli immobili? Risultato: hanno comprato, senza badare eccessivamente ai prezzi.
Che sono lievitati, ancora una volta a danno di chi di una casa aveva davvero bisogno.
Banca aiutami Anche se il paese si è decisamente impoverito in questi ultimi anni, chi acquista una casa per viverci riesce ancora a trovare il modo di farlo, anche se in misura leggermente inferiore rispetto al passato. Infatti oggi, grazie alle scelte macroeconomiche europee (dal trattato di Mastricht alle politiche di contenimento della spesa pubblica, fino alle scelte della
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Ci vuole l’intervento del Governo
Fulvio Rebesani sindacato Sunia
banca centrale europea) i tassi di interesse sono ad un minimo storico: dal 3 al 3,5 per cento rispetto al 10-12 percento di 10 anni fa. E’ ovvio che gli investimenti nel settore immobiliare ne risultino parecchio favoriti. I mutui bancari coprono circa il 75 per cento della perizia di stima di un immobile, ma sopravvalutando la stessa rispetto alla cifra reale che poi l’acquirente deve tirar fuori, si arriva a coperture reali fino al 95% dell’intero costo. E così la gente – tutto sommato – continua a comprare, il mercato tira e, come sempre accade quando la domanda è alta, lievitano i prezzi.
Viva la mamma Ma se i nostri due fantomatici giovani decidessero di comprare nonostante i lavori precari, potrebbero trovare comunque qualcuno che finanzi il loro progetto? Sì, perché il mutuo per l’acquisto di un immobile è pur sempre un mutuo ipotecario. Ergo, qualora la coppia si trovasse improvvisamente nell’im-
possibilità di saldar banca sarebbe com ca. Alla peggio, i d tutto (a meno di no in famiglia), ma in dove la rete familia dell’intera sistema s verifica raramente.
Cara cas
E se i due volessero in affitto? Peggio c Vicenza si parla di i 600 euro al mese. vane single, che si a ta: primo, deve rico secondo, deve prep 400 euro. In buona oltre la metà di un nel canone d’affitto A confermare la di l’aumento delle rich le pubblica che son Comune: 985, ben cento in più rispett bando 2002. Increm che ha sorpreso lo Assessorato ai Serv Sociali impreparato una simile esplosio richieste. E’ vero ch oltre la metà delle domande provengo anziani e extracom (ormai sistematicam associati in varie st che come soggetti a “rischio”), ma fors queste categorie no hanno diritto ad un in cui poter vivere? Colpa del libero m secondo Fulvio Reb del Sunia (Sindacat Inquilini) “il Gover non intende modifi gli effetti deleteri d ro mercato sull'acc alla casa per cui so ha quattrini può av sicuramente una ca altri, i più poveri, v
COMUNICATO PREVENTIVO PER LA DIFFUSIONE DI MESSAGGI POLITICI ELETTORALI PER L'ELEZIONE DEI RAPPRESENTANTI ITALIANI AL PARLAMENTO EUROPEO FISSATE NEI GIORNI12 E 13 GIUGNO 2004 E PER LE ELEZIONI COMUNALI E PROVINCIALI FISSATE NEI GIORNI 12 E 13 GIUGNO 2004 CON EVENTUALE BALLOTTAGGIO NEI GIORNI 26 E 27 GIUGNO 2004 ai sensi della Legge n. 28 del 22.02.2000 e successive modificazioni e per gli effetti delle Delibere n.58/04/CSP e n. 60/04/CSP dell'Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni
Vicenza Abc Scarl dichiara di aver depositato un documento analitico, a disposizione di chiunque abbia interesse a prendere visione, presso la propria redazione in Vicenza: Vicenza Abc - Corte dei molini, 7 - Tel. 0444 305523 Le tariffe (IVA esclusa) sono le seguenti: euro 10 a modulo (45x48) bianco e nero Si applicano le maggiorazioni di listino per posizione di rigore, posizione speciale, ecc. Le richieste di inserzioni, con gli specifici dettagli relativi alla data di pubblicazione, alla consegna dei materiali per la stampa, ecc dovranno pervenire all'ufficio di cui sopra entro 5 giorni lavorativi precedenti la pubblicazione. I messaggi politici elettorali devono recare l'indicazione del committente e la dicitura "messaggio politico elettorale". Saranno pubblicati tutti gli annunci pervenuti nei termini indicati, nel rispetto delle condizioni stabilite nel documento analitico.
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n mini appartamento, bicamere e tricamere a costi proibitivi. sere drogati. Ecco perché. E le possibili soluzioni
e d’oro
re le rate del mutuo, la munque tutelata dall’ipoteue giovani perderebbero on trovare un fideiussore un paese come l’Italia are è comunque il centro sociale, l’eventualità si
sa popolare
o puntare su un’abitazione he andar di notte. Per una cifra media tra i 500 e Non va meglio a un gioaccontenti di una stanzetorrere a un immobiliato; ararsi a spendere almeno a sostanza, ciò significa che normale stipendio se ne va o. Troppo. fficoltà di molti anche hieste di edilizia residenziano pervenute quest’anno al dueo al mento stesso vizi o ad ne di he
ono da unitari mente atistia e che on na casa
ercato, besani to rno icare el libeesso lo chi vere asa; gli vivono
nell'incertezza o convivono tra più famiglie oppure, i giovani, rinunciano a formarsi una nuova famiglia non avendo i soldi per pagare l'affitto. A queste situazioni, sempre più diffuse con il progressivo impoverimento del popolo italiano, c'è un unico rimedio: la realizzazione di edilizia pubblica per l'affitto. La Regione Veneto, in adesione al Governo, accetta il taglio della spesa sociale e ne distribuisce gli effetti negativi sulle famiglie e sulle persone a basso reddito. Di conseguenza le Ater, che realizzano abitazioni pubbliche per l'affitto, non ottengono finanziamenti aggiuntivi, adeguati ad affrontare l'emergenza casa”.
Il mercato chiede tricamere? “Pagare e accontentarsi” Diamogli miniappartamenti La dura vita dell’affittuario Le ragioni di una situazione assurda E quante fregature per gli stranieri Tra la giungla di annunci commerciali di appartamenti in vendita all’interno di un qualsiasi quotidiano, o periodico specializzato, la probabilità di trovare un tri-camere non arredato e’ praticamente pari a quella di scovare un ago in un pagliaio al primo colpo d’occhio: provare per credere. Di offerte ce ne sono per tutti i gusti e tutte le tasche, certo: appartamenti di pregio, se non di lusso, in centro città, in prima periferia, in zone residenziali piene di verde, con il cielo blu, un bel parco giochi per i piccoli e l’aria assolutamente pura, e’ sicuro, ma purtroppo si tratta sempre di angusti monolocali o mini appartamenti, la cui metratura non si aggira mai al di sopra dei 50 mq. E la tipica famiglia italiana, quella con il babbo, la mamma e un figlio, se alla ricerca di casa, magari la prima, magari quella che rappresenta il coronamento di una vita di lavoro duro, di risparmi, frutto di piccole o grandi rinunce dove l’andrà a scovare? La realtà purtroppo e’ che il mercato immobiliare e’ malato, e’ un mercato dove l’offerta e’ tanta, probabilmente troppa, ma non incontra assolutamente la domanda. La realtà e’ che “gli investitori, hanno forzato costantemente la mano ai costruttori costringendoli a edificare solo ed esclusivamente monolocali e mini appartamenti perché questi risultano più commerciabili”, spiega Giorgio Reniero, presidente della Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali. D’altra parte basta fare due conti, un tri camere non arredato in una zona di semi periferia comporta un investimento che si aggira attorno ai 220.000 Euro, che si tradurrebbe in affitto pari a 950 euro al mese, insostenibile per il reddito di una famiglia media italiana. Quindi meglio investire in mono e mini arredati, comportano costi minori e sono agevolmente vendibili e affittabili. “A causa della situazione di alta flessibilità, o meglio non stabilita’ della situazione lavoro in Italia – incalza Reniero- oggi come oggi ad acquistare sono principalmente i pochi che lo possono fare per puro investimento, non certo per utilizzare l’immobile a scopo abitativo. Quindi il fenomeno “acquisto della prima casa” ha registrato una flessione e questo ha causato il sovraffollamento del mercato di appartamenti di piccola metratura, di mono locali ed i mini, appunto”. Ad aggravare la situazione di alcune zone della provincia, come Montecchio Maggiore, Arzignano, o Chiampo, ad esempio, anche una nuova delibera comunale che prevede che ogni appartamento debba contare non meno di 40 metri quadrati se abitato da una sola persona, almeno 80 metri quadrati se abitato da due e cosi’ via. Delibera questa ideata secondo il “nobile” intento di evitare che gli appartamenti siano sovraffollati, soprattutto da extra comunitari, “ma se una normativa del genere verra’ adottata anche a Vicenza, - rincara il Presidente -cosa ne sara’ delle giovani coppie che faticano anche ad acquistare un appartamento di soli 40 metri quadrati?” A completare il ragionamento, Reniero identifica come una delle cause della situazione piuttosto allarmante, anche la mancanza di un interlocutore istituzionale cui il mercato immobiliare possa fare riferimento, che dovrebbe identificarsi con i comuni, responsabili dei piani regolatori cittadini, con l’Associazione Industriali e la Camera di Commercio.
Davide Lombardi
Casa, a che prezzo?
Anna Manente
le cifre si intendono in euro al mq. fonte: osservatorio Ministero degli Interni - primo semestre 2003
Centro e semicentro
Laghetto, S. Lazzaro Anconetta
S. Felice, Via Quadri S. Bertilla
Appartamento di pregio
min. 1840 max. 2453
min. 1289 max. 1473
min. 1594 max. 1717
Appartamento normale
min. 1350 max. 1840
min. 882 max. 1289
min. 1104 max. 1594
Appartamento scadente
min. 920 max. 1350
min. 674 max. 982
min. 736 max. 1104
Affittare casa a Vicenza: si parte da 350 euro mensili per un molocale in periferia e da 480 euro in su per un bicamere; per un tricamere il salto è notevole: da 800 a 1900 euro in media. Ma si arriva, nei quartieri più prestigiosi del centro storico, anche a duemila, tremila euro al mese per piccoli appartamenti senza particolari servizi. Basta sfogliare una delle tante riviste di immobiliari, on line oppure su carta, quali Rete Casa o la Settimana di Vicenza. Sondando le principali agenzie immobiliari della città i risultati sono contrastanti: da più voci il mercato vicentino viene descritto tranquillo e poco incline a richieste pressanti che fanno lievitare i prezzi. Chiariscono all’immobiliare Bellieni: “L’offerta non manca. Ma la domanda spesso non coincide. Chi vuole affittare cerca soprattutto il buon prezzo mentre chi affitta tende a offrire qualità. Da una parte c’è più attenzione al prezzo rispetto al luogo o alla qualità dell’alloggio.” “Vicenza è un mercato tranquillo– confermano all’agenzia Tefa – ma i prezzi sono altissimi.” Nelle normali leggi della domanda e dell’offerta questa affermazione è strana. “Eppure è così, per diversi motivi. La mancanza di liquidità da parte degli inquilini si è fatta sentire. Molti non ce la fanno a pagare nei tempi stabiliti e gli affittuari aumentano i prezzi come forma di protezione. C’è anche il problema degli extracomunitari. Per rinnovare permessi di soggiorno devono avere una residenza. Farebbero di tutto per ottenere un appartamento e i proprietari lo sanno. E poi ci sono le solite conversioni da lire ad euro che abbiamo visto anche al supermercato... Purtroppo le agenzie sono solo degli intermediari, non possono agire sul prezzo. È innegabile che per chi cerca una piccola soluzione in centro, per motivi di studio o lavoro, si trova in gravi difficoltà.” Eppure ci sarebbero anche gli accordi per affitti agevolati. “Aiuterebbero gli inquilini ma anche gli affittuari, grazie ad agevolazioni fiscali particolarmente interessanti da parte dei comuni. Ma per la maggior parte dei proprietari è l’affitto, ciò che incassano mensilmente, che conta e rinunciano a questa opportunità. “Gli affitti a Vicenza – dice Cinzia Cariolato, rappresen-
tante Uniat di Vicenza - sono un grande problema soprattutto per i lavoratori extracomunitari. In parte per il basso reddito, in parte per la diffidenza degli affittuari privati, che non vedono ancora di buon occhio gli stranieri e temono per le loro proprietà. Alcuni proprietari sono disposti ad accettare gli stranieri ma approfittando della loro impossibilità di trovare facilmente alloggi. È diffuso, di conseguenza, il subaffitto o l’affitto sommerso. Molti immigrati, non solo singoli individui ma anche intere famiglie, vivono pigiati in piccoli appartamenti.” Se per gli stranieri la situazione è drammatica, per gli italiani le cose non sono più facili. “L’aumento degli affitti e il carovita, a fronte di stipendi che non vengono aggiornati all’inflazione, non aiuta – continua Cariolato – Anche per le famiglie di medio reddito è difficile arrivare a fine mese e sono proprio loro le più esposte. Perché la soglia per accedere ai contributi comunali è molto bassa. Chi è sulla soglia della povertà non può accederci.” Eppure una soluzione c’è. Le principali associazioni di inquilini e delle imprese costruttrici, insieme ai comuni, hanno firmato dei contratti concordati che integrano i contributi comunali con agevolazioni fiscali. Risultato? “Meno spese sia per i costruttori, sia per gli inquilini. Purtroppo la maggior parte dei costruttori non vedono globalmente i vantaggi fiscali di questo accordo. Ai loro occhi è evidente solo l’affitto (e il guadagno immediato) più basso. Dal 1998, data di firma degli accordi, ad oggi solo un’ottantina di azienda costruttrici hanno collaborato. Troppo poche. Da alcune settimane abbiamo aggiornato i contratti concordati, che prevedono nuove agevolazioni. Speriamo che il riscontro sia maggiore.” Ilario Toniello
città e persone
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Lo scrittore graziato dopo sei anni di carcere racconta la nuova malavita
Carlotto: da noi la mafia non esiste. Però insiste “La mala del Brenta è morta. Ma quella di oggi è peggiore” Quando si dice essere al passo coi tempi. Arriva Massimo Carlotto a Vicenza e la città, due giorni prima, mette in scena nella prima periferia di Torri una delle situazioni perfettamente descritte dal romanziere padovano nei suoi noir. Carlotto è a tutti gli effetti un personaggio al confine tra realtà e fantasia. La sua vita è un romanzo, di quelli più neri che la storia italiana ricordi. Per questo la sua storia è diventata un simbolo, una battaglia per la giustizia; per questo nel suo ultimo libro, presentato lo scorso 22 aprile da Librarsi, Carlotto ha voluto lanciare una denuncia pesante al sistema carcerario italiano che ha sperimentato di persona e, più in generale, dell’abbandono in cui vengono lasciati dal sistema giudiziario in egual misura vittime e carnefici. “L’oscura immensità della morte” (e/o Editrice, come gli altri suoi romanzi) nasce una sera del maggio scorso in cui Carlotto spegne il televisore dopo l’ennesimo talk show sulla grazia sì e no per Adriano Sofri. E’ soprattutto una reazione all’ennesima intervista che spiega, a detta del Ministro della Giustizia, come le carceri italiane possano essere paragonate a hotel a quattro stelle. “Alberghi che non soddisfano la clientela - commenta Carlotto se il nostro è il Paese con il maggior numero di suicidi in carcere.” Carlotto dice di volere raccontare quello che di solito non viene detto, di fronte ad una informazione che informa sempre meno e pilota sempre di più. “In effetti il suo è un libro che spiazza”, chiarisce subito l’amico vicentino Flavio Foralossi nella presentazione, la quarta, di un’opera di Carlotto da Librarsi in questi ultimi anni. -E’ ancora più duro del solito, talmente duro che leggendolo ci si sente a tratti imbarazzati, a disagio. Scontro volutamente cercato dall’autore, perché i libri non devono sempre compiacere il lettore, dice lui; perché impedisce tranquille identificazioni in un racconto in cui non ci sono
Qui e a destra due immagini di Carlotto buoni e cattivi e non c’è spazio per la compassione, sottolinea Foralossi. Il libro racconta situazioni paradossali quanto reali: il cancro all’ultimo stadio che diviene un’occasione di vita perché è la sola speranza di uscita dal carcere; la vittima senza pietà; le volontarie che “torturano” i carcerati e le famiglie nel tentativo, quasi sempre fallimentare (ma non è tutta colpa loro, dice Carlotto), di portare conforto. La scrittura è scarna; interessante è l’utilizzo dello slang carcerario (pochi vocaboli su sesso, calcio, reati) e, in parallelo, dei monologhi del vedovo cui sono stati uccisi moglie e figlio in una rapina, solo con la sua incapacità di elaborazione del lutto. Alla base di tutto c’è una tesi precisa dell’autore: non ha senso coinvolgere le famiglie delle vittime nelle richieste di perdono così come attualmente avviene in Italia. Carlotto ha incontrato varie famiglie di vittime, e in tutte ha riscontrato il tratto comune del desiderio di vendetta, che non viene chetato né dal processo, né da una pena di qualsiasi entità. La nostra è una
società in cui mancano totalmente percorsi educativi per coloro che vengono coinvolti in fatti criminali, sostiene l’autore. La richiesta di perdono diviene così l’unico momento in cui i familiari possono tornare ad esercitare un ruolo attivo nella vicenda che ha sconvolto le loro vite, e le statistiche parlano chiaramente, con il 95% di diniego alla concessione del perdono. Gli chiediamo cosa ne pensa della tentata rapina di Torri di Quartesolo, simile a una vicenda descritta nel romanzo Arrivederci amore Ciao, se crede sia un segnale di ripresa della malavita organizzata. “La mala del Brenta è morta e sepolta, finita definitivamente con il processo e la condanna di Felice Maniero”, ci spiega deciso. Possiamo credergli, non solo perché un suo personaggio, Tristano Castelli (omonimo del ministro e di uno dei malviventi di Torri), porta un nome che rappresenta con la sua storpiatura la fine del boss del Brenta (il Felice Maniero che diventa Tristano Castelli!), ma perché nel romanzo Nessuna cortesia all’uscita vengono citati alcuni
atti del processo che sono serviti a Carlotto per ricostruire nei dettagli il declino e la fine dell’organizzazione criminale veneta. “Quelli di oggi sono solo alcuni personaggi che si ricompongono in bande” ribadisce Carlotto. Poco prima, nella presentazione pubblica, aveva spiegato l’anomalia delle carceri italiane, in cui si formano bande di ex detenuti che, una volta fuori, si rimettono al “lavoro”. Nulla a che fare con mafie e formazioni organizzate quindi. Sono bande che si formano e riformano, ci dice, e non sono queste che bisogna soprattutto temere. La nuova organizzazione criminale molto attiva anche in queste zone è quella “globalizzata” che non delinque solo ma entra nelle pieghe dell’industria, della finanza, dell’economia. “Nel mondo l’attività di riciclaggio, pari a 10.000 miliardi annui – ci ricorda Carlotto - è prerogativa dell’area mediterranea. Maniero non ha mai fatto i nomi dei “regolari” che collaboravano alle attività di riciclaggio, oggi quei nomi sono stati passati ad altre bande. Il nuovo scenario, ben descritto nei suoi libri, racconta di mafie venute dall’estero che hanno cambiato la struttura e il campo d’azione dell’organizzazione criminale nordestina così come hanno portato una nuova complessità nelle carceri, per tornare all’ultima sua fatica letteraria. Più dei giornali, accanto alle cronache dei media locali, consigliamo ai lettori vicentini non troppo delicati la lettura di qualche “romanzo di genere” di Massimo Carlotto. Storie per chi non ha paura di guardarsi dentro, potremmo dire con uno slogan vero ma bruttarello; per noi Veneti, anche e soprattutto narrazioni per chi non ha paura di osservare, con uno sguardo nuovo, ciò che sta fuori della porta di casa. Isabella Sala
La vita come un noir Chi è Massimo Carlotto: 11 processi, 6 anni di galera e quattro gialli di successo Raccontare la vita di Massimo Carlotto in poche righe non è impresa facile. La sua storia giudiziaria, racconta l’inizio del Fuggiasco, sua biografia letteraria nonché incipit dell’omonimo film da poco uscito in Italia, è composta da 96 chili di atti giudiziari pari a 11 processi in tutti i gradi di giudizio, Corte Costituzionale compresa, 6 anni di galera, vari di latitanza, 86 giudici e 50 periti interessati, una malattia contratta in carcere che gli è quasi costata la vita. Oggi Carlotto è un gentile e apparentemente quieto signore a cavallo tra i quaranta e i cinquanta. Da dieci anni scrive nerissimi gialli che attraverso gli occhi di un suo personaggio, l’Alligatore, hanno raccontato la fine della mafia del Brenta e l’esordio e la proliferazione di tutte le nuove realtà criminali prevalentemente di origine straniera. Chi desideri intraprendere una viaggio nei luoghi del mitico Nordest alla proustiana maniera, dove viaggiare non è spostarsi ma guardare le cose con occhi nuovi, legga la Verità dell’ Alligatore, Nessuna Cortesia all’Uscita, Il mistero di Mangiabarche. Carlotto conosce nel profondo i meccanismi della malavita e del mondo che ci gira intorno, del carcere, degli “irregolari” che si aggirano spesso indisturbati e mimetizzati molto vicini alla nostra realtà quotidiana perché ci è finito inaspettatamente e profondamente dentro. La sua vita, così come poteva essere nell’ immaginazione di un giovane impegnato e idealista, si ferma a 18 anni. E’ il 1976, Carlotto è uno studente militante di Lotta Continua. Padova al tempo non è certo una tranquilla città di provincia. Sono gli anni del terrore e del terrorismo.
Carlotto si presenta ai carabinieri per denunciare l’omicidio di una venticinquenne da lui trovata agonizzante. Viene accusato di omicidio, assolto e condannato, inizia la sua vita di latitante in Francia e in Sud America descritta nel Fuggiasco. La vicenda giudiziaria, la più lunga e intricata della storia ita-
liana, si conclude dopo 18 anni per grazia concessa dal capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro il 7 aprile del 1993. Primo firmatario a favore del provvedimento di grazia era stato l’ex Presidente della Corte Costituzionale, il vicentino Ettore Gallo. Da allora Massimo Carlotto ricomincia una nuova vita, forse la prima, certamente la prima per scelta. Oggi è romanziere, sceneggiatore, collabora a progetti di teatro e musica perché, dice, a lui intessano le “storie” e ogni vicenda umana si lega ad un mezzo che può aiutare meglio di altri a descriverla. Il prossimo sarà il fumetto, anticipa. Chissà se il suo detective, l’Alligatore, e i tanti di contorno assomiglieranno ancora di più in modo inquietante a chi ci sta a fianco, noi stessi inclusi. Altre informazioni su www.massimocarlotto.it i.s.
Paolo Vidali e i 2 della Boeche A furia di parlare di professori che mettono in confusione gli studenti ci siamo confusi da soli. E Paolo Vidali, che nel numero scorso ci ha scritto un intelligente e divertente ricordo di Silvia Boeche, è diventato Paolo Lanaro. Mille scuse al
gentilissimo Paolo Vidali, dal quale ci prendiamo un meritatissimo 2 (anche se lui - giurano i suoi alunni - non ne ha mai dato uno in vita sua). Dice che lui e Lanaro si sono fatti una risata assieme. Vada per il 2,5 allora. abc
RITRATTI VICENTINI
Siamo la coppia più bella del mondo Assieme dall’asilo alla laurea: Corgnoi, bruscandoli e arrabbiature: Luca e Marco, gemelli inseparabili Gianni Ossi e una vita da solista
Luca e Marco Ferronato si sono laureati nello stesso giorno: di per sé questa non sarebbe una notizia se i due non fossero gemelli. Due gemelli con un particolare e strettissimo rapporto: i due venticinquenni hanno percorso assieme tutte le tappe del loro corso scolastico, iniziando a sei anni nelle elementari “Da Porto” di Piazza Marconi per arrivare alla laurea. Non solo scuola: assieme hanno iniziato a giocare a pallacanestro nella mitica “Vicenza Basket Giovane”, quando il canestro sembrava loro un cerchio di ferro posto molto, molto lontano dal suolo. Hanno continuato percorrendo tutti i livelli della pallacanestro giovanile, e a forza di mirare a quel cerchio lontano hanno iniziato anche a centrarlo assicu-
randosi il posto da titolari nelle varie squadre della società vicentina. Viene il momento del passaggio alle Medie che i due giovanotti frequentano assieme in via Riale; senza problemi ed alternando alle lezioni il gioco tanto amato. Dopo tre anni sono ancora assieme alle superiori: al liceo scientifico Lioy nella stessa classe e con gli stessi insegnanti. Quando arrivano alle scuole medie superiori, sono gli stessi psicologi a consigliare ai due gemelli di prendere strade diverse. Ma Marco e Luca si oppongono: vogliono rimanere assieme. Si diplomano, emulandosi anche nel risultato finale. Chi scrive ignora se abbiano poi dovuto discutere sul tipo di facoltà o se si siano trovati perfettamente d’accordo: sta di fatto che scelgono Padova e optano per scienze politiche. All’inizio è una cavalcata trionfale. Gli esami sono affrontati con il consueto brio ed è come andare a schiacciare a canestro, lassù vicino al cielo. I loro compagni li spingono a presentare domanda per le borse di studio Europee. A ragione: nel 20012002 si assicurano entrambi la possibilità di recarsi all’estero per compiere un corso di studio semestrale. Ma le strade debbo-
no dividersi: Luca andrà in Svezia, Marco in Inghilterra. All’inizio la cosa non appare traumatica. Invece, i due ragazzi sembrano perdere smalto e sicurezza. È quasi crisi. I libri sono bruscamente messi da parte, la pallacanestro è abbandonata. I due si cercano con frequenza, spesso tornano a Vicenza perché non riescono a stare lontani. Luca in Svezia trova anche la ragazza, ma sembra che questo non gli basti. Allora ricompongono il tandem e ritornano, definitivamente, a Vicenza. Riprendono la loro vita, ritrovando presto l’equilibrio perduto. Ricominciano anche a giocare a basket a buoni livelli: arriva l’esordio in C2, per Luca con il Basket Giovane, per Marco con il Garcia Moreno di Arzignano. Si avvicinano a grandi passi verso la laurea. Ma sembra quasi che vogliano aspettarsi reciprocamente. Loro, l’emulazione l’hanno sempre superata così, ridendoci sopra. E così quando arriva quel momento molto atteso, sono assieme. Sono lì con papà Roy, con mamma Loretta, con la nonna, gli zii e tutto l’armamentario di circostanza. E il papiro, rigorosamente unico. Sono lì assieme come lo sono sempre stati. Federico Formisano
Sarà capitato agli abituali frequentatori del centro storico di incontrare uno strano personaggio intento a vendere corgnoi (le comuni chiocciole), bruscandoli, tanoni e bruschi (germogli selvatici primaverili): è Gianni Ossi, al secolo Giovanni Rampazzo, singolare personaggio molto conosciuto in città. Di solito si posiziona a fianco della “Fontana dei bambini” esponendo la sua mercanzia raccolta spesso alzandosi prima dell’alba per sorprendere les escargots, come direbbero i francesi, dopo le notti di pioggia, quando escono allo scoperto, oppure graffiandosi le mani per strappare i bruscandoli ai rovi. Non è una vita facile la sua: con una pensione di invalidità civile di 200 euro mensili, Gianni cerca di sbarcare il lunario ma incappa spesso in ulteriori grane a causa dalla regolamentazione dell’attività commerciale ambulante: occupazione del suolo pubblico, commercio abusivo, mancanza di norme igeniche... “Piccolezze” che gli hanno causato a più riprese noie con i vigili urbani. Lui non capisce questo accanimento nei suoi confronti: “Con tutti i delinquenti che ci sono per le strade vengono a rompere le p… a me che non faccio male a nessuno!” afferma sconsolato. E
ancora: “C’è gente che quando passa mi prende in giro, mi offende. E allora mi verrebbe da fargli il…”. Ha un carattere battagliero ma fondamentalmente buono e subito dopo gli torna il sorriso. Vive con un fratello, con il quale ha però un rapporto conflittuale, mentre dei parenti meglio non parlargliene nemmeno: “Parenti serpenti, fradei cortei…” taglia corto. La sua unica gioia è il calcio. E’ un fedele tifoso del Vicenza che segue nelle partite in casa grazie a un biglietto regalato e al buon cuore di un addetto che lo lascia passare. Conosce alcuni giocatori del Vicenza che lo hanno preso in simpatia e lo trattano con gentilezza, regalandogli anche qualche soldo: “Sono affezionato a Margiotta, mi vuole bene!” afferma. Alcuni passanti chiedono il prezzo della sua merce e cercano di contrattare. Gianni non ci sta: “Vai tu a prenderteli se ti sembrano troppo cari!”, urla. Non è molto diplomatico. Potrebbe dire che sono prodotti non modificati geneticamente, nati spontanei e quindi non trattati con concimi chimici e pesticidi… ma non è da Gianni Ossi! Lui scatta come una molla, irascibile come un ragazzino, suscettibile alle critiche ed allo scherno.
Si lamenta a tratti di un dolore allo stomaco che lo tortura: “Sono andato a farmi visitare dai dottori ma non hanno capito niente! Sono tutti degli….”. Si calma e prosegue: “Alle volte porto dei bruscandoli al Villaggio Sos, dove ci sono i bambini senza mamma. Ecco, loro sono contenti e mi trattano bene”. La generosità alberga nei cuori puri; quanti dei suoi detrattori lo sono altrettanto? Confida che i servizi sociali del Comune non lo aiutano; e che spesso si sente solo. “Ma c’è qualcosa che ti piacerebbe fare?” gli chiedo a bruciapelo. Lui ci pensa un attimo e risponde con un sorriso: “Andare al mare. O anche in montagna. Non ci sono mai andato!” Claudio Carolo
economia e società
vicenzaabc
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La Vicenza che innova (3). Da Vale Rossi ai motociclisti
di tutto il mondo
Amici per la
pelle
L’intuizione Dainese: proteggere “gli spericolati” Vestire uno come Valentino Rossi, uno dei testimonial più richiesti al mondo, è già una grande soddisfazione. Proteggerlo da cadute a 250 all’ora poi, è una grande responsabilità. Per entrambe le cose Dainese si sente l’azienda giusta. Non per niente lo ha scelto come principale modello dei propri prodotti. Prodotti che da oltre trent’anni vestono (e salvano la vita) a dozzine di campioni e migliaia di appassionati sulle strade. E pensare che tutto cominciò in una cantina buia...
Vestivamo un certo Agostini La Dainese nasce nel 1972, è fondata dall’attuale presidente Lino Dainese. L’attività inizialmente si basa sulla produzione di pantaloni in pelle per il motocross. Prima grande chiave di successo, il colore: Lino Dainese è il primo che abbandona il classico nero per colori allegri e chiassosi. Ma anche la qualità la fa da padrone: non a caso già dagli esordi l’azienda trova grande riscontro sui piloti più in voga e il pluricampione del mondo Giacomo Agostini è tra i primi a vestire Dainese. La scelta di vestire grandi campioni, assieme alla grande attenzione a migliorarsi, fanno sì che la Dainese diventi presto un’azienda di proporzioni europee e poi mondiali. Oggi Dainese è presente in Francia, Spagna, Austria, Svizzera, Olanda, Inghilterra, Germania e Stati Uniti, con un fatturato che supera i 100 milioni di euro all’anno, 70 dei quali realizzati all’estero.
paraschiena è quello che consideriamo il nostro simbolo poiché riassume il nostro concetto di comodità ed estetica. Quando la Dainese è nata le tute erano tutte uguali. Non vi era sagomazione. È nata con noi. Il concetto che ci ha guidato è quello di proteggere lo sportivo dalla testa ai piedi senza rinunciare alla comodità e al look. Quello che cerchiamo di fare da sempre è una protezione omogenea dello sportivo: solo studiando una protezione dalla testa ai piedi si può ottenere un risultato soddisfacente.” E dove possono nascere le protezioni se non laddove ce n’è più bisogno? “Per Dainese la partecipazione agli eventi sportivi è totale. Ci permette di studiare insieme all’atleta le soluzioni migliori. Tra tutti i nostri campioni, non ce n’è uno uguale all’altro: ognuno ha le sue preferenze. Accontentare tutti presuppone un grande impiego di forze nel campo della ricerca. E’ importante non fermarsi e continuare a svilupparsi stando bene attenti a quello che offrono le nuove tecnologie. Se le corse sono sempre più veloci, le protezioni devono essere sempre più sicure.”
Tra “rabaltoni” e luci della ribalta Sicuri sì, ma occhio all’immagine. “Se progettasse caschi,
di tutti i possibili sport
parastinchi e quant’altro senza badare all’estetica, oggi la Dainese non sarebbe quello che è dice Cafaggi L’apparenza conta, non si può nascondere. Il campione di moto come quello di sci è sotto le luci della ribalta e ha l’obbligo di essere “cool”. La protezione perciò dev’essere bella e confortevole. Questo non vale solo per gli sportivi di fama mondiale ma per tutti coloro che praticano sport dinamici.” Questa attenzione all’immagine vincente si nota anche nei negozi e show room Dainese. Come quello, tutto video e hi tech, in Contrà Cesare Battisti in pieno centro a Vicenza. “Puntiamo su vetrine dinamiche e aggressive: colpiamo l’attenzione Paolo Santagiuliana, imprenditore, “spicca il volo” da uno dei prodotti di Taplast: la pompa in plastica priva del pubblico anche gra- di molla, che ha reso l’azienda leader mondiale nel settore zie a questo.” orizzonti. Dalla fine degli anni erano un possibile mercato in Ottanta si è passati dalla sola cui muoversi. Abbiamo scomUn airbag produzione di tute all’allargamesso e abbiamo vinto.” per la moto mento della gamma dei prodotTra i punti di forza di Dainese ti con l’inclusione di caschi, di questi ultimi anni c’è senza Innovazione è certamente una guanti e stivali. In seguito la dubbio il paraschiena, sempre parola chiave per Dainese. La ricerca ci ha permesso di dedipiù comune nelle nostre strade ditta investe circa il 7% del suo carci anche ad altri sport in cretra i motociclisti della domenifatturato nella ricerca. scita come lo sci (con particolaca. “Il patrimonio di conoscenze re attenzione allo snowboard) o “Il paraschiena è frutto di studi acquisite nei primi vent’anni ci la Mountain Bike. Tutti gli sulla sicurezza ed è diventato il ha portato ad allargare i nostri sport che comportano rischi nostro simbolo proprio per
Tanti i campioni che vestono il marchio vicentino: da Max Biaggi a Ghedina alla Compagnoni
Sue due ruote o sugli sci, l’importante è proteggere
Protezione totale (e occhio al look) Già dalla metà degli anni Settanta la Dainese inizia a studiare nuove protezioni per gli sportivi e nel decennio successivo inizia la collaborazione con l’organizzazione medica che segue il motomondiale oltre al motocross e alla superbike. Col passare degli anni si specializza sempre più nella cura dello sportivo rinnovando continuamente i prodotti. “Proteggere l’uomo dalla testa ai piedi nella pratica di sport dinamici. È questo il nostro motto – spiega il responsabile marketing Vittorio Cafaggi - Il
Max Biaggi e Maurizio Poggiali: nel mondo del motociclismo le protezioni sono da sempre un must. Negli ultimi anni però c’è stato un grande impulso alla ricerca;
Kristian Ghedina e Deborah Compagnoni: nello sci le protezioni sono paradossalmente ancora più importanti: per troppi anni gli sciatori hanno rischiato la vita senza alcuna protezione
LETTERE Abc tra leggerezza e approfondimenti Per la prima volta da quando è nato il nostro settimanale sento la necessità di 'mettere il becco' nelle scelte redazionali. Sono rimasta eufemisticamente perplessa dai servizi sulla scuola: "Viaggio (semiserio) tra i professori": perché scegliere il folclore, dopo l'iniziativa degli industriali, la mancata presenza della Moratti, la manifesta-
zione contro, intensa e partecipata, degli studenti e degli insegnanti che hanno potuto parteciparvi? E' questa la risposta alternativa al grosso battage, alla propaganda di chi vuole la (contro)riforma? Mi sembra sbagliato lasciar trascorrere il tempo, consentire che la protesta si diluisca, che ci si dimentichi di un ministro timoroso di affrontare un contradditorio. Prima facciamo i seri e poi scherziamoci su, perché mentre noi ridiamo compare il necrologio per la morte di B.M. e si celebra una messa. Gioconda Rilievo Sui problemi della riforma Moratti abbiamo in cantiere un'inchiesta seria e circonstanziata. In ogni caso, noi la vediamo così: la Moratti che dà forfait
questo. Un’innovazione vincente e di cui a tutt’oggi non si potrebbe fare a meno. Ma non ci fermiamo qui: il reparto ricerca e sviluppo ha nuovi importanti progetti. Ad esempio D-Air, che studia la realizzazione di un air bag per moto. E’ un progetto affascinante e complicato che pensiamo di poter mettere in commercio nel giro di un paio d’anni. Finché non siamo sicuri della sua funzionalità non lo commercializzeremo, ma gli studi procedono e il lavoro è a buon punto. Inoltre abbiamo il progetto Procom, che studia il miglioramento del comfort attraverso una speciale tuta dotata di sensori che misurano temperatura e umidità. Nel nostro settore la ricerca è fondamentale. Ci teniamo a migliorarci continuamente e i nostri prodotti sono tutti innovativi. Per questo la gente ci premia.”
L’intuizione del “fai da te” “In un’epoca in cui sopravvivono quasi solo le grandi multinazionali, Dainese è un’eccezione. E’ un’azienda nata in provincia di Vicenza, che ha ancora il suo cuore a Molvena, piccolo e delizioso comune nelle colline bassanesi. Un posto dove non ti aspetteresti mai di trovare, tra un vigneto e un campo verde, un’azienda conosciuta in tutto il mondo. Ma per Dainese “vivere in provincia” non è un problema. Il fondatore Lino Dainese ha un forte legame con il territorio e lo dimostra il recente progetto che è un po’ il suo fiore all’occhiello al di fuori del mondo delle protezioni: la ristrutturazione di un vecchio mulino sulla Strada Marosticana, diventato ora Mulino 503, una singolare galleria d’arte per artisti emergenti. Ma tornando all’azienda, un altro segreto che ha permesso a Dainese di fare il salto di qualità è stata un’intuizione commerciale. Dainese ha infatti iniziato a vendere direttamente ai negozi di tutti i principali paesi europei senza passare attraverso gli importatori. Una strada che all’inizio poteva sembrare un azzrdo ma che invece, superate le prime difficoltà, si è rivelata vincente” Sara Sandorfi
perché teme di essere contestata non è più una notizia dopo che ne hanno parlato ampiamente tutti i giornali locali. Vogliamo invece trattare argomenti che destino sempre un minimo d'interesse. Da qui la scelta di privilegiare - necessariamente - argomenti a volte più generali e meno ancorati alla realtà quotidiana. Quando avremo 16 pagine o magari 24, sarà più facile dar spazio a tutto quello che merita. Il fatto di realizzare un servizio di colore poi, non significa né essere favorevoli alla Moratti né ignorare i problemi. Ogni tanto – diciamo una volta ogni paio di mesi - ci sembra doveroso proporre qualcosa di più godibile e leggero. La vita, qualche volta, va presa con il sorriso. m.r.
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la città a chiare lettere
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cultura
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Il programma
Grande attesa per “New Conversations - Vicenza Jazz 2004” al via l’11 maggio
Dai classici dei mostri sacri ai più arditi esperimenti
A noi piace caldo
MARTEDI’ 11 MAGGIO Teatro Olimpico, ore 21 Gianmaria Testa & Gabriele Mirabassi VENERDI’ 14 MAGGIO Teatro Astra, ore 21 Tristango: "Round Piazzolla" Con Società del Quartetto e Amici della Musica SABATO 15 MAGGIO Canneti, dalle 16 alle 20 Concerti allievi scuole di jazz DOMENICA 16 MAGGIO Tempio S. Corona, ore 11,30 Coro e Orchestra di Vicenza: “Bach to Africa” Piazza dei Signori, ore 16,00 Abbey Town Jazz Orchestra Claudio Angeleri Quintet Teatro Olimpico, ore 20 Karin Schmidt e Rossano Sportiello Uri Caine: "Solitaire" In collaborazione con le Settimane Musicali al Teatro Olimpico Piazza dei Signori, ore 21,30 David Murray Latin Big Band LUNEDI’ 17 MAGGIO Teatro Olimpico, ore 21 Lee Konitz - Bill Frisell - Marc Johnson Trio John Abercrombie Quartet MARTEDI’ 18 MAGGIO Teatro Astra, ore 21 29th Street Saxophone Quartet Art Ensemble of Chicago: “Tribute To Malachi Favors and Lester Bowie” MERCOLEDI’ 19 MAGGIO Teatro Olimpico, ore 21 Kenny Werner Trio Stefano Bollani & Antonello Salis GIOVEDI’ 20 MAGGIO Teatro Olimpico, ore 21 Pietro Tonolo - Gil Goldstein Essiet Essiet - Joe Chambers Quartet Anouar Brahem Trio: “Le pas du chat noir” VENERDI’ 21 MAGGIO Palazzo Chiericati, ore 18 "I Musicali Affetti" & Doron David Sherwin L’antica musica e la moderna pratica. Musiche della Serenissima nel XVII sec. In collaborazione con “Spazio & Musica” Teatro Olimpico, ore 21 Ottavia Piccolo & Roberto Bonati Chamber Ensemble: “Chants de Trobadours” Angela Finocchiaro & Paolo Damiani Trio SABATO 22 MAGGIO Teatro Olimpico, ore 18 Orchestra Sinfonica di Sanremo & Andrej Gavrilov In collaborazione con “Il Suono dell’Olimpico” Teatro Astra, ore 21 Bobby Previte "Bump the Renaissance"
che sporadico concerto (soprattutto nelle province limitrofe) e dopo i festivals estivi, l'appassionato di jazz vicentino torna a vivere il "suo" festival e, il più tenace, a far le ore piccole al Trivellato Jazz Cafe. Pur presentando "mostri sacri" (si pensi a Lee Konitz che coniuga tradizione e rigenerante "inquietudine" artistica tesa all'innovazione, ormai da più di mezzo secolo) il nutrito programma ha un taglio a 360 gradi, intendendo con ciò un'apertura a tante forme musicali che, molto spesso, con il jazz hanno ben poco da spartire. La direzione artistica è molto attenta ad osservare e quindi a proporci tutto quello che c’è di interessante, intrigante e trasgressivo nell'intero panorama della musica improvvisata. Ecco appunto, non necessariamente jazz. Tendenza comune a quasi tutti i festivals italiani ed esteri di questi tempi. Si possono quindi proporre, sperando anche in un maggior successo al botteghino, artisti che seppur molto interessanti esulano dalla matrice jazzistica comunemente e convenzionalmente intesa. Lo "swing" non è più conditio sine qua non nelle performances di tanti artisti e, a volte, la sua evidente latitanza viene sostituita da forme di timing "implicito". Vengono inoltre prodotte appositamente collaborazioni tra artisti di diversa estrazione artistico/musicale coinvolgendo anche, si noti, cantautori personalissimi (Gianmaria Testa) e attori di
foto Collini
Finocchiaro e Piccolo tra i protagonisti
Organizzata da Trivellato e Comune, la rassegna musicale vicentina è tra i pochi eventi culturali che vanno oltre la dimensione provinciale Finalmente! Dopo un anno di Una passione trasversale attesa, trascorso a consumare i solchi degli antichi vinili o a far decodificare ai lettori i moderni che va dai 20 ai 70 anni cd, dopo aver assaporato qual-
Il grande sassofonista Charlie Parker
cinema e teatro (Ottavia Piccolo e Angela Finocchiaro). Nel cartellone vi sono, diciamolo, grandissimi e riconosciuti maestri dell'avanguardia di oggi e di un tempo come Bill Frisell, Uri Caine, Pietro Tonolo, Kenny Werner, Marc Johnson e nuovi talenti. Come sempre l'Olimpico ospiterà quanto di meglio e famoso è presente nella rassegna, ma chi scrive preferirà ritrovare gli umori e le emozioni più propriamente jazz nei concerti e after hours proposti al Trivellato Cafe (la vecchia Cantinota): autentici outsiders del jazz nazionale animeranno qui le nostre serate di vecchi innamorati di questo genere. Non si è voluto fare la solita noiosa critica ad opera di eterni insoddisfatti e conservatori (ricordate le antiche dispute sul
jazz cool e hot!) ma solamente precisare un po’ di cosette e, last but not least, dire che siamo sicuramente felici che questo festival nostrano esista. Cerchiamo magari di assicurarcene l'esistenza a lungo garantendo all'interno di esso una "verace" e predominante presenza di autentici jazz masters. Facciamolo un po’ più jazz, questo festival, se possibile, e con l'ambizione di catturare sempre più pubblico di veri jazz fans. Gli altri fans, lasciamoli ai tanti altri festival di altre musiche. Si vuole accontentare tutti e molto spesso non si riesce ad accontentare nessuno. Auguri in ogni caso ad un team che profonde tantissima energia nell'organizzazione di questo festival. Yeah! Mauro Baldassarre
Una jam session dietro ogni angolo Al Trivellato Jazz Cafè/La Cantinota
SABATO 15 MAGGIO ore 22.30: High Five
ore 23.30: Carla Marciano “Trane’s Groove”
GIOVEDI’ 13 MAGGIO ore 22.30: Bosso-Bonisolo Quintet
DOMENICA 16, LUNEDI’ 17, MARTEDI’ 18 MAGGIO ore 23.30: Danilo Memoli Trio
SABATO 22 MAGGIO ore 23.30: Kyle Gregory “Pat Boy Quartet”
MERCOLEDI’ 19 MAGGIO ore 23.30: Tribute To Weather Report
Tutte le sere del festival concerti e jam sessions anche in altri locali della città
VENERDI’ 14 MAGGIO ore 22.30: Fabrizio Bosso Quartet
GIOVEDI’ 20 MAGGIO ore 23.30: Roberto Magris Quartet VENERDI’ 21 MAGGIO
Dal 15 al 23 maggio, al LAMeC (piano terreno Basilica Palladiana): Attilio Pavin Street Jazz Mostra fotografica
Orario: 10-13; 15-19. Lunedì chiuso Da martedì 18 a venerdì 21 live performances con la partecipazione di Francesco Carta (pianoforte), Gianluca Carollo (tromba), Marco Ronzani (sax) I prezzi: dal 13 al 15 maggio: 10 euro dal 16 al 18 maggio: ingresso libero dal 19 al 22 maggio: 5 euro
Ventinovenne contrabbassista, il vicentino Ivan Valvassori è uno che, da appassionato e da musicista, il jazz lo sente direttamente sulla pelle. “Favolosa iniziativa ‘New Conversations Vicenza jazz’, dieci giorni di grande musica. Eppure mi piacerebbe che una manifestazione di questa levatura entrasse di più nel cuore vivo della città. Al di fuori dei luoghi canonici dove si tengono le serate, si respira poco l’atmosfera intensa di questo straordinario genere musicale. Il risultato è una manifestazione con un cartellone di indubbio spessore che fa più scena che sostanza. Umbria Jazz permette ben altra immersione nello spirito della musica”. Insomma, c’è sempre qualcosa da criticare? “Ma no, per carità. E’ solo che per ciò che si ama si desidera sempre il meglio. Normale, no? Del resto un pubblico di nicchia è quasi naturale per il jazz, erroneamente considerato una musica per pochi, molto intellettuale. In realtà ha radici profondamente popolari. Tra l’altro, lo posso assicurare, non si diventa affatto più intelligenti ascoltando Charlie Parker o Miles Davis”. Ma da musicisti jazz come si vivono a Vicenza i 350 giorni all’anno in cui si spengono i riflettori accesi dalla manifestazione? “Meglio di quel che si possa pensare. Considerando che siamo una piccola realtà provinciale, non certo una piazza come Roma o Bologna. Trovare locali in cui suonare è dura, ma grazie ad una scuola come la Thelonius con i suoi ottimi insegnanti e le sue iniziative, esiste un vero ambiente jazz in città”. E il futuro di un giovane musicista come Valvassori? “Difficile, se non impossibile, diventare un professionista. E forse neanche lo vorrei. Il jazz è passione pura. Mi è più che sufficiente quello che faccio già adesso: suonare”. (d.l.)
Nino Longano ha 73 anni e il jazz nel sangue. “Seguo questa manifestazione dal ’97. Non me ne perdo una anche se queste ultime edizioni stanno sperimentando in modo eccessivo le commistioni con altri generi.” Appassionato di jazz sin da piccolo, Nino vanta 1500 lp, tra i quali vere rarità, che ha integrato (a malincuore?) con i moderni cd. Una collezione che, assieme alla passione, gli ha regalato grandi soddisfazioni: “Alla mia venerabile età sono stato chiamato dalla Birreria Sartea di viale Verona per fare il dj: 4 ore di jazz ogni martedì sera. Una soddisfazione doppia, perché posso far sentire questa meravigliosa musica anche agli altri. Con mia grande sorpresa, ho trovato che i giovani sono molto interessati.” Secondo Longano il buon jazz deve avere tre ingredienti essenziali: “Lo swing, il blues e l’improvvisazione. Quando ne manca uno, il jazz non è più jazz”. Sul programma di quest’anno Longano ha le idee chiare: “Molto bene il Tristango con Saverio Tasca, assai godibile, da non perdere il Kenny Werner Trio del 19 maggio, ottimo Pietro Tonolo.” Una ragione per avvicinare al jazz chi non ha mai ascoltato questa musica? Per Longano basta pensare alla passione e alla disponibilità dei musicisti: “Buona parte di loro, dopo aver suonato per una serata intera, non ci pensano due volte a organizzare fantastiche jam session in giro per i locali della città.” Peccato che Vicenza spesso non ci voglia sentire: sono stati capaci di mandare i vigili per fermare le note di artisti di valore mondiale... Un ultimo suggerimento: “Consiglio a tutti i jazzofili di provare anche il Panic jazz club di Luca Berton, a Marostica. Un posto dove i vip del jazz fanno la fila per suonare”.
PARACADUTE il locale mai banale
tele visioni
Zenzero: stelle Michelin nascoste in cucina Si mescola agli altri capannoni industriali, solidi e squadrati, ma è un ristorante ed ha anche tredici camere, questo locale sulla statale per Padova. Da qualche tempo sta acquistando una certa considerazione fra i gourmets della zona e c’è una precisa ragione: il locale ha, come chef, un giovane che ha lavorato per sette anni da Massimiliano Alajmo, delle vicine Calandre di Rubano, il più giovane tre stelle Michelin del mondo, certamente un artista nel quale passione e talento hanno trovato la miglior espressione in cucina. E ciò che si rileva allo Zenzero è la filosofia di una cucina a volte creativa, il più delle volte innovativa, che non sono una copiatura di quella del maestro ma la riproposizione di una certa filosofia dei piatti, della loro costruzione, degli abbinamenti coerenti verso un gusto di gran bontà. La sala ristorante è estremamente “rarefatta” negli arredi, lineare, a volte impersonale, con predominanza di nero e pareti di carta. Vi è cucina del
territorio e della tradizione rivisitata con capacità, iniziando dal baccalà mantecato con polenta croccante e rape rosse alla coda di rospo marinata al vapore con purea al limone e piccole verdure. Provate, fra i primi, i tortelli neri al dentice e scampi con bottarga e zenzero, da farne il bis, o la più conosciuta crema di fagioli rossi e lenticchie con sautè di scampi al lardo. Fra i secondi si ricorda l’agnello in crosta di scalogno e miele, tanto quanto, per concludere l’elegantissima mousse di zabaione e zenzero con salsa d’arance candite. Carta dei vini importante. Ci vorranno 55 euro (vini esclusi) per godere di un pranzo non consuetudinario. Mastro Ghiottone Zenzero Via Nazionale 94/96 Grumolo delle Abbadesse (Vi) 0444 389010 Apre solo la sera Chiuso domenica Carte di credito: tutte Voto: 13/20
sabato 8 Cinema3, 18.35, Caccia a Ottobre Rosso. Buon thrilling da guerra fredda, ma ormai lo sanno a memoria anche i bambini. Raisat, 19.00 Uomini contro. Bellissimo film antimilitarista, tratto dall'ottimo Un anno sull'altipiano, di Lussu. Imperdibili Gian Maria Volonté ed il grande Alain Cuny. Da vedere, e da rileggere il libro. Sky, 21.00, Men in black 2. Ancor più banale e stupido del primo. Passi Will Smith, che non è un attore, ma cosa ci fa qui uno bravissimo come Tommy Lee Jones? St.Universal, 21.00, La mummia. Banale e noioso, una parata di effetti speciali senza passione. Insopportabile, in particolare, la commistione non riuscita tra il genere drammatico e quello ironico. Raisat, 21.00, Central do Brasil. Didascalico, sciatto, piagnucoloso, brutto: neorealismo alla latinoamericana. Rai1, 0.40, Cappello a cilindro. Fred Astaire e Ginger Rogers: that's cinema! domenica 9 Rete4, 21.00, Vidocq. Un’autentica delizia. E non solo per
tutti i film della settimana da non perdere e quelli da... lasciar perdere
Vidocq e Psyco, domenica bestiale Tra Dépardieu e Hitchcock, capolavori (ogni tanto) anche in chiaro la presenza del gigantesco Dépardieu, che è gigantesco non solo per le sue dimensioni, ma anche per la sua incredibile capacità di essere il personaggio, di riempire la scena, di focalizzare su di sé tutta l’attenzione e l’interesse. È una delizia anche per l’incredibile fotografia; per le prospettive allucinate; per gli inquietanti contrasti di luci ed ombre. E poi c’è la storia. Attingendo dal vastissimo serbatoio del feuilleton ottocentesco (che consiglio vivissimamente a chi abbia fame e sete di avventura pura, di intrigo inestricabile e di pauroso mistero: tutte cose che il cinema oggi rarissimamente ci dà), Pitof costruisce una storia perfetta, che pare davvero uscita dalla penna di Allain e Souvestre. Non per nulla lo sceneggiatore è Jean Christophe Grangé, quello dello splendido I fiumi di porpora. Guardatelo, abbandonatevi e godete (anche delle grazie di Inès Sastre, ahimè troppo velocemente esposte). Rete4, 22.50, Psycho (1998). Ci dev'essere un inferno apposta per gli autori di remakes, specialmente per questo: che lo spirito del grande Hitchcock lo tormenti per l'eternità. lunedì 10 Sky, 21.00, XXX. Dunque: c'è Vin Diesel, che non è un attore, Asia Argento, che non è
un'attrice, il film, che non è un film: buon divertimento. Cinema1, 17.05, People i know. Si tratta, prima di tutto, di un’incredibile prova d’attore di Al Pacino, come se ne avessimo avuto bisogno, del resto, per renderci conto che si tratta di uno dei più grandi e sensibili attori che il cinema abbia mai avuto. Qui interpreta la parte di un press agent di New York, costretto a soddisfare, all’occorrenza, anche le voglie e i bisogni più squallidi dei suoi assistiti. Ma lui attraversa questo mondo malato senza farsene infettare. Dolcissima e quasi irriconoscibile Kim Basinger, St.Universal, 23.25, Taxidriver. Capolavoro, incubo allucinato sulla follia e la solitudine della metropoli. Il grande De Niro forse mai così grande. Assolutissimamente imperdibile. martedì 11 Sky, 21.00, L'avversario. L’avversario è la storia di Daniel Fau, lo studente di medicina francese che, al secondo anno di Università smise di fare gli esami, ma senza dirlo a nessuno. Raccontò invece a tutti che stava proseguendo gli studi con ottimi risultati, che si era laureato, che era stato assunto con incarichi dirigenziali all’O.M.S. Si sposò, ebbe due figli, si creò una cerchia di relazioni sociali nell’am-
biente medico e per quindici anni, ogni mattina, partì per andare ad un lavoro che non esisteva, trascorrendo invece le sue giornate nascosto nei parcheggi delle stazioni di servizio o nei boschi, a leggere pubblicazioni mediche per tenersi aggiornato. Ogni mese portava a casa uno “stipendio” che prelevava invece dal capitale della famiglia, che glielo aveva affidato per investirlo. Quando, per una serie di minimi accidenti, tutto il castello cominciò a scricchiolare, uccise la moglie, i due figli, i genitori, e tentò il suicidio. Oggi vive detenuto nelle carceri francesi. Quello che colpisce nella sua vicenda non è solo e tanto la serie di omicidi atroci, che la regia pudicamente nasconde il più possibile, quanto l’immensa, universale solitudine in cui quest’uomo ha vissuto per quindici anni della sua vita. Assolutissimamente imperdibile. Sky, 21.00, Harry Potter e la camera dei segreti. Dignitosa versione cinematografica del romanzo, ben raccontata, ben recitata, ben illustrata: nulla di più e nulla di meno. Davvero bravo e raffinato Jason Isaacs nella parte dell'infido Lucius Malfoy: superiore alla media. St.Universal, 23.05, L'ombra del dubbio. Mai perdere un Hitchcock! Giuliano Corà