Museke N. 15 - Pasqua 2001

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NOTIZIARIO DEL GRUPPO OPERAZIONE MUSEKE O.N.L.U.S. – Via Brescia, 10 – 25014 CASTENEDOLO (Brescia) ITALY Tel. 030/2130053 – Fax 030/2130044

NUMERO QUINDICI - PASQUA 2001 impianti: nadir - ciliverghe (bs) / stampa: euroteam - nuvolera (bs)

Pasqua, per una nuova presenza d’amore e di speranza “È

a Cristo che la Chiesa guarda. Lo fa ponendosi sulle orme di Pietro, che versò lacrime per il suo rinnegamento, e riprese il suo cammino confessando a Cristo,con comprensibile trepidazione,il suo amore:“Tu sai che io ti amo”. Lo fa accompagnandosi a Paolo, che lo incontrò sulla via di Damasco e ne restò folgorato:“Per me il vivere è Cristo, e il morire un guadagno”. A duemila anni di distanza da questi eventi, la Chiesa li rivive come se fossero accaduti oggi.Nel volto di Cristo essa, la Sposa, contempla il suo tesoro, la sua gioia. Confortata da questa esperienza, la Chiesa riprende oggi il suo cammino, per annunciare Cristo al mondo, all’inizio del terzo millennio: Egli “è lo stesso ieri, oggi e sempre”. (Giovanni Paolo II, Novo Millenio Ineunte.)

Dobbiamo guardare avanti, riprendere il largo, fiduciosi nelle parole del Risorto e del suo mandato missionario; possiamo contare sulla forza dello Spirito effuso a Pentecoste e che ci spinge a ripartire sorretti dalla speranza che non delude. Pasqua è slancio di futuro e di speranza. La celebrazione della Pasqua dona la speranza, ma insieme ci educa a essa. Educarsi alla speranza significa raggiungerla attraverso la memoria delle Scritture e la vigilanza; si-

gnifica fidarsi dell’azione di Cristo e dello Spirito; saper vedere l’aspetto evolutivo e buono della stessa storia umana, nonostante l’intreccio di equivoci, sopraffazioni e violenze. Educarsi alla speranza significa saper vedere la propria vita nel progetto positivo di Dio, continuando a sperare oltre gli insuccessi, e credere che il vero compimento del bene sarà operato da Dio stesso. Surrexit Christus spes mea, canta la sequenza Pasquale. Anche la parola profetica riletta in Cristo illumina la speranza Pasquale all’alba di questo terzo millennio:“io conosco i progetti di pace che ho fatto a vostro riguardo, progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza” (Ger 28,11). L’evento della Pasqua è vero,anche se non è un avvenimento registrabile nella storia. E’ un fatto eccedente a ogni descrizione e comprensione. Come l’Amore. Dalla mappa testuale del nuovo testamento si può affermare che la Pasqua del Signore è un fatto relazionale. Gesù riprende le relazioni, ma non secondo la modalità di prima;una comunicazione nuova e profonda che prima non era possibile: è di presenza che si tratta, non di vicinanza fisica. Gesù non è tornato in vita come prima e neppure se ne è partito: è il Vivente. Ora è in una condizione non “manipolabile”, nella sua

corporeità. Ecco la novità: con tutto se stesso (è lo stesso di prima, Gesù figlio di Maria, e non uno spirito) è in grado di entrare in relazione con noi senza ostacoli (entra a porte chiuse) e in una condizione del tutto nuova (con una corporeità risorta). Il Signore vivente anticipa nella sua continua a pag. 8

“La memoria non sia prigione” La celebrazione del Centenario di Evangelizzazione in Rwanda essuno può rimanere prigioniero del proprio passato”:è uno dei concetti centrali dell’omelia del cardinal Roger Etchegaray tenuta a Kigali l’8 febbraio. L’inviato del papa concludeva in questo modo l’anno giubilare del Rwanda, coincidente con il centenario dell’evangelizzazione. Pochi giorni prima la conferenza episcopale aveva pubblicato una lettera pastorale che presentava il sinodo straordinario, realizzato nelle diocesi lungo il 2000, dedicato “all’etnismo”. E’ presto per parlare di veri e propri frutti di questo cammino. I vescovi citano il caso concreto delle associazioni che si sono formate, di “vedove del genocidio”e di mogli con il marito in prigione (sospettato autore di massacri),“che si sono messe assieme superando gli antagonismi, per affrontare insieme i problemi della vita”. Amahoro: pace. E’ il nome dello stadio di Kigali nelle vicinanze dell’aeroporto (quello dove stava per atterrare l’aereo del presidente Juvenal Habyarimana, il cui abbattimento,il 6 aprile di sette anni fa, fu il detonatore dei massacri).Uno stadio che non è stato solo arena di competizioni sportive ma di ben altre sfide. Come quando,negli anni e nei mesi preparatori del genocidio, vi risuonavano le arringhe dei leader del partito presidenziale e delle milizie interahamwe. “Hutu Power! Potere, Potere, potere!”. Come quando, rovesciate le sorti, a dispetto della “protezione” della missione Onu venivano selezionati, tra gli sfollati che vi si ammassavano, i predestinati a un’immediata esecuzione. Come quando, a poche settimane dal secondo in-

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tervento militare in Congo – quello che tuttora continua – vi si celebrava il quarto anniversario della vittoria del partito al potere tra una folla con pochi entusiasmi. Ed è su questo parterre che, l’8 febbraio scorso, è echeggiata per bocca dell’inviato speciale di Giovanni Paolo II (in questo stadio il papa aveva incontrato i giovani, nel 1990, tre settimane prima dell’inizio della guerra), la parola pace. Una pace a caro prezzo, da co-

niugarsi con perdono e riconciliazione. “Per Dio il perdono non è un’attitudine tattica: è il suo stesso essere. Siete invitati ad una verifica della vostra fede. Non possono uscire né vincitori né vinti”, ha chiarito il cardinal Roger Etchegaray nell’omelia della celebrazione di chiusura dell’anno centenario dell’evangelizzazione del Rwanda (coincidente con il giubileo), trasmessa in diretta – si noti – da radio e tivù nazionali.

Pubblicazioni Il libro di Michela Fusaschi (Hutu – Tutsi. Alle radici del genocidio rwandese, Bollati Boringhieri, Torino 2000, pp. 187) intende contribuire a dare una risposta alle tante domande suscitate dalla tragedia rwandese e specialmente dal genocidio, il massacro di centinaio di migliaia di rwandesi tutsi e hutu moderati, perpetrato nel 1994 ad opera di rwandesi hutu estremisti. Lo studio sostiene che per capire qualcosa in più del “caso rwandese”bisogna andare a vedere come, più di cento anni fa, colonialismo e chiesa hanno interpretato (male) l’identità dei tre gruppi – hutu, tutsi e twa – che vivono nel paese.E parla di etnia come “finzione coloniale”. Dunque, secondo questo lavoro, la politica delle potenze coloniali, soprattutto del Belgio, e l’azione missionaria della chiesa cattolica si sono basate su questa interpretazione, che ha favorito lo sviluppo e il progresso del gruppo tutsi. Si è creata, così, una situazione di disuguaglianza e di ingiustizia; ma soprattutto si è creata una coscienza etnica, razziale che fa definire in termini razziali l’identità di gruppo. E’ questa coscienza razziale che sta dapprima alla base del potere tutsi, esercitato in maniera assolutistica grazie al favore del governo coloniale e della chiesa. E’ ancora questa coscienza che è alla base, in concomitanza con l’accesso all’indipendenza, delle rivendicazioni del gruppo maggioritario hutu, fornendo quella connotazione razziale che ha condotto alla guerra civile e al genocidio. Un’altra pubblicazione è Desidero informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie, il reportage del giornalista statunitense Philip Gourevitch, tradotto da Einaudi nel 1998, pp. 374, ti inchioda già con questo titolo lungo, gelido e struggente al tempo stesso; tratto dalla lettera fatta pervenire da un gruppo di pastori tutsi protestanti asserragliati in un ospedale ai loro superiori hutu. La scrittura drammatica dell’autore restituisce appieno l’esplosiva atmosfera centro-africana in un documento di rara intensità etica.

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Gli ultimi sei mesi: l’attività a Gitega useke da più di trent’anni sta lavorando con molta attenzione alla promozione umana. Così quando si ricevono delle proposte di aiuto o di intervento ci mettiamo a disposizione per quanto ci è possibile. Quando l’Africa chiama e lancia l’S.O.S. si deve rispondere con ogni sforzo, senza pensare ai problemi o alle difficoltà che si possono incontrare, partire con entusiasmo e coraggio,con forza e tanta speranza, essendo più che sicuri di dare una mano direttamente a chi è veramente bisognoso, ai grandi esclusi per la loro condizione di povertà. E’ per questa categoria di persone che abbiamo fatto bagaglio e a settembre siamo partiti con Colombo Carlo e la sua signora Maria come infermiera ci siamo messi subito al lavoro, in modo particolare Carlo con il suo entusiasmo e grande capacità,in 6 mesi è riuscito a costruire la casa per le suore ed una scuola materna.A febbraio ci hanno raggiunto il gruppo dei tecnici, Gritti Alfredo, Caprioli Giuseppe e Vismara Emilio come idraulici, Bosio Gino e Maggio Giuseppe elettricisti,Loda Andrea e Casella Enrico piastrellisti, la signora Loda Elsa cuoca e sarta. E’ stata un’esperienza molto bella per tutti, anche con non poche preoccupazioni; ma le difficoltà ci caricavano di entusiasmo sapendo che un centinaio di bimbi al prossimo settembre saranno accolti in questa struttura. Sono bimbi molto poveri, figli di mamme vedove, costrette a lavorare la terra qua e là. Devono lasciare i bambini tante ore in terra, senza pranzo; per i più piccoli al massimo qualche goccia del proprio latte; abbiamo incominciato ad avvicinare i molti bambini della strada,che a cause della loro dura esperienza è difficile inserire in

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orfanotrofio o in famiglie. Abbiamo fatto trovare loro ogni giorno un pasto caldo e un posto letto, il nostro grande desiderio è quello di poterli inserirli in famiglie e far loro frequentare la scuola elementare. Il mio impegno si è rivolto maggiormente all’orfanotrofio di MWTUENZI, gestito dalle consacrate della Famiglia di Nazaret,dove sono ospitati mediamente una cinquantina di bimbi, la metà dei quali pic-

colissimi,che vivono in una grande povertà. Nel Natale 1999 Enrica L. li ha visitati ed è rimanendone scioccata e con una spina nel cuore. Il suo aiuto concreto e continuo con quello di MUSEKE ci ha dato la possibilità di comperare e sistemare materassi, coperte, lenzuola, vestiti, viveri e medicinali. Ho sentito il grande sostegno di tutti; quindi mi auguro che il gruppo Museke continui ad avere tanto coraggio nel continuare l’opera iniziata. Con un gruppo così alle spalle si riesce sempre a fare qualcosa di bello e di grande. Mi rendo conto che la gestione sarà un bell’impegno ma con tutti voi, amici carissimi, la speranza di riuscire è assicurata. Sono convinta infatti che sia più quello che si riceve che quello che si da. Ne vale sempre la pena! Con il progetto NDERANSEKE i tanti bimbi potranno trovare amore e aiuto attraverso la vostra adozione a distanza. Grazie di cuore a tutti della vostra generosità e collaborazione. Cesarina

Volontari costruttori, grazie l 5 febbraio siamo partiti da Castenedolo per tornare,circa un mese, a Museke. Il gruppo era composto da: Gino Bosio (Roncadelle), Giuseppe Caprioli (Castenedolo), Enrico Casella (Castenedolo),Alfredo Gritti (Bergamo),i coniugi Andrea e Elsa Loda (Castenedolo), Giuseppe Moggia (Roncadelle), Emilio Vismara (Bergamo).Tutti noi avevamo già avuto esperienze di lavoro in Africa, quindi, conoscendo discretamente bene la mentalità e le condizioni di vita del posto, non abbiamo avuto problemi di ambientazione e di affiatamento. Lo scopo del nostro viaggio è stato il completamento della casa dell Suore “Bene Maria” e dell’annesso asilo. Questo progetto è frutto della sensibilità e degli sforzi diella signora Cesarina Alghisi di Concesio, che ne è anche promotrice e responsabile. Conosceva la congregazione delle Suore “Bene Maria” e le esigenze del Burundi,in quanto ha avuto anche altre esperienze nel Continente Africano. Le necessità più impellenti sono legate alla casa delle Suore:queste, infatti, vivono in una struttura della Diocesi. Nella nuova casa andranno ad abitare, mentre nell’attuale continueranno a svolgere le loro attività.Hanno un’atelier di ricamo e cucito e una scuola di pittura, entrambe aperte alle ragazze del luogo. L’altra tragica realtà alla quale la signorina Alghisi ha voluto dare una soluzione, è la presenza di innumerevoli bambini provenienti dalle famiglie più che povere della zona. Per questo, annesso alla nuova casa, abbiamo completato l’asilo, che darà l’assistenza diurna a circa cento bambini. Il progetto è stato iniziato a settembre, quando sono arrivati a Museke la signorina Cesarina e la coppia Carlo e Maria Colombo. Il signor Carlo ha provveduto alla costruzione della parte in muratura

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Alcuni bambini orfani accolti in una famiglia, a Muynga

Burundi: Appello del consiglio di sicurezza Un pesante appello è stato rivolto dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu ai gruppi ribelli del Burundi, invitandoli a riprendere la discussione per raggiungere un accordo con le altre forze militari e civili del paese.Due tra i maggiori gruppi Hutu opposti al governo del maggiore Buyoya, infatti, non hanno nemmeno preso parte alle discussioni di Arusha, durate due anni. Sotto la guida di Nyerere e, dopo la morte di costui, sotto l’impulso di Nelson Mandela,il governo,il parlamento e diciassette partiti di matrice Hutu e Tutsi hanno raggiunto un accordo il 28 agosto 2000. Il Consiglio di Sicurezza ha biasimato e condannato tutti i gruppi del Burundi perché continuano a far uso delle armi e della violenza per raggiungere i loro obiettivi. Intanto il maggiore Buyoya ha incontrato, privatamente e quasi di sorpresa,il 9 gennaio a Libreville (Gabon) il capo del principale movimento di ribellione Hutu “Forze di difesa della democrazia” (Fdd), Jean-Bosco Ndayikengurukiye, in presenza dei Presidenti del Congo e del Gabon, come il 24 dicembre precedente aveva incontrato, sempre privatamente,il presidente Kabila a Lagos (Nigeria).Buyoya ha espresso la speranza che i due incontri possano incidere positivamente sulla soluzione del difficile problema della pace in Burundi. Il leader del Fdd avrebbe accettato di intavolare discussioni separate con il governo.

della struttura dirigendo i lavori di una squadra formata da Barundi. Nel mese di lavoro, abbiamo svolto serenamente e in armonia con la gente del posto il nostro compito. In particolare abbiamo installato l’impianto idraulico, quello elettrico e le piastrelle, sia della casa che dell’asilo. Il progetto non finisce qui,perché

si sta già pensando a realizzare la Chiesa e altre strutture. Siamo contenti che insieme al nostro contributo, abbiamo portato alla gente povera di Gitega (Burundi) un po’di speranza e di coraggio e che la nostra presenza tra loro sia stata di appoggio e sostegno,anche se non per nostro merito. Gino Bosio MUSEKE - 4

Nderanseke: dal Burundi ci scrivono.... Gitega, 4 Aprile 2001 miglia è liberarli così della soli- con le famiglie adottive. tudine e dell’educazione in mas- Lavoriamo insieme nel dialogo Carissimi amici di Museke, sono contentissima di scrivervi sa, è un appello importante e si- reciproco, anche loro si muovono. prima di tutto augurarvi già le gnificativo. E quando c’è da fare con BujumCon la vostra contribuzione, feste pasquali. Vorrei ringraziarvi tanto per la ogni volta che riesco ad affidare bura, abbiamo una corrisponvostra sensibilità e solidarietà alla famiglia è una conquista, e dente tanto disponibile, che faciper i nostri bimbi che ci aiutate continuo ad assisterli ed appog- lita e orienta soprattutto chi degiarli. Cerco i momenti impor- ve andar dal medico per appunad aiutare. tanti per incontrare tutti i bam- tamenti ed esami. Grazie di cuore. Vorrei raccontarvi come stiamo bini e genitori adottivi regolar- Sarebbe impossibile sostenere la spesa delle degenze. Lei mi accovivendo collaborando con voi mente. glie tutti i vari casi e li segue. Ad esempio, a Pasqua, tutta la nel Progetto “NDERANSEKE”. Come sapete, la visita che ha pro- mia comunità è invitata per l’oc- Tanti saluti e grazie da tutti voi. vocato la nascita del progetto casione del battesimo di sei bam- Quanto si sta realizzando è merito vostro, ancora grazie. “NDERANSEKE” è quella della bini di Nazaretti. Buona Pasqua! Il numero dei bambini orfani nostra carissima Enrica Lombardi, effettuata nel Dicembre che sono all’orfanotrofio è semSuor Cécile Miburo pre superiore a quelli affidati al1999 a Gitega - Museke. Siamo andate insieme presso le famiglie, perché ci sono tanti l’orfanotrofio delle Suore della casi, oltre alla crisi che persiste, Mutwenzi, 17 Marzo 2001 Famiglia di Nazareth a Mutwen- c’è la fame, malattie, ecc. Carissimi benefattori, zi e questa visita provvidenziale In ogni caso, le famiglie che tutti carissimi fratelli, ha mosso il suo cuore. Si è subito e due i genitori sono poche. Tan- Tanti saluti. Come state? te sono le vedove che si offrono E il viaggio come è andato? interrogata!!! Nel settembre 2000, una seconda per accogliere questi bambini in Volevamo augurarvi una buona visita ancora più commovente è difficoltà. quaresima e buona festa di Pastata quella di don Roberto Lom- Io sono in piena collaborazione squa. Vorremmo ringraziarvi tanbardi, Cesarina Alghisi e gli ami- con l’orfanotrofio di Nazaretti e tissimo per il bene che fate semci tecnici e volontari italiapre per noi. Ci avete aiutato ni. molto. Queste visite, insieme ad alIn questo periodo, ho mantre frequenti di Cesarina Aldato nelle famiglie una venghisi e amici hanno messo tina di bambini e grazie al in un’incisiva evidenza le vostro contributo, ho potumiserie che esistono negli to consegnare al giorno orfanotrofi. della partenza, coperte e Tanti di questi sono nati per vestiti sufficienti. rispondere alle urgenze Ultimamente, ho comperaconseguenti alla guerra. to una tonnellata di fagioli Le anime di buona volontà e una parte l’ho tenuta per si sono lanciate a vivere il nostro orfanotrofio; l’algiorno per giorno con quetra, l’ho mandata nelle detsti bimbi piccini accettando te famiglie adottive, (“peranche rischi perché senza ché c’è tanta fame”). mezzi e condizioni per gaVi ringrazio moltissimo per rantire il loro futuro. tutto questo. Parlare dell’adozione di faQuello che chiedo al Simiglie adottive è un solliegnore è che alimenti in voi vo per i bambini orfani e tante grazie e tanti beni, coabbandonati che potranno sì ottenete per voi e per gli gioire dei diritti come altri altri. bambini: calore famigliare, Grazie ancora! condizioni sociali. Vostra sorella Affidare i bambini alla fa- Orfani di Mutwenzi con le suore Cécile e Salomé Salomé Mbonimpa MUSEKE - 5

Riflessioni e progetti di Museke l nostro anno giubilare si apre con la riunione consigliare del 18 gennaio nella quale la nostra Presidente ci informa dell’esito della visita effettuata a Gitega nel periodo natale-capodanno. Se da un lato possiamo leggerLe sul viso l’espressione raggiante e soddisfatta dell’opera realizzata con la collaborazione dei nostri soci volontari sempre pronti a donarsi (ci riferiamo alla ristrutturazione del centro di Gitega già commentato nei precedenti notiziari), lo sguardo si spegne e l’atteggiamento si fa sofferente quando le considerazioni toccano lo stato generale di questo paese: la situazione è in forte regresso, ancora peggiore rispetto al 1964 con una gravosa povertà diffusa, uno stato di paura permanente, lotta etnica radicalizzata nella storia e mancanza di beni di prima necessità alimentari innanzi tutto. Qui nasce la spinta,il "bisogna fare qualcosa" che si traduce nella proposizione delle adozioni a distanza. Il progetto adozioni viene affinato in aprile e finalizzato al recupero degli orfani tramite le famiglie indigene. L’idea appare valida perché sostenere la famiglia che accetta di accogliere uno o più orfani contribuisce a ricreare il tessuto sociale che sta alla base di ogni convivenza civile e ci conforta ora la sintonia con il pensiero del papa quando recentemente ha sensibilizza-

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to le adozioni per gli adulti, in definitiva assegnare un contributo alla famiglia per far crescere fisicamente moralmente e scolasticamente un orfano è di fatto l’adozione dell’intera famiglia. In maggio, approfittando anche della presenza della sig.ra Gianna vedova dell’ex presidente del Burundi, accompagnata dalla figlia, abbiamo avuto un incontro conviviale che da una parte ha voluto coronare l’opera compiuta a Gitega con la presenza di tutti i volontari (tutti pronti a riproporsi per nuove iniziative) che hanno contribuito più o meno direttamente alla sua felice realizzazione ed ha costituito inoltre un approccio più approfondito ed utile per capire le modalità di attuazione del

progetto di affido.La sig.ra Gianna peraltro è tra le attive collaboratrici che si sono rese disponibili ad attuare il progetto noto ora con il nome Nderanseke. In luglio è stato approntato e spedito l’ultimo container a Gitega ed a settembre un nuovo incontro consigliare pone tra gli argomenti l’interrogativo del come porre la nostra associazione nell’ottica della realtà visibile in loco e non solo per una ulteriore occasione di solidarietà concreta, trasparente negli ideali e nel modo di realizzarli. La storia di cosa si è fatto, di ciò che si sta facendo e dell’impegno su quanto si andrà a fare merita una richiamo alla condivisione ed una visione di prospettiva e questo è quanto emerge dalle riflessioni che i consiglieri nell’incontro di novembre hanno cercato di mettere a fuoco,con tutte le difficoltà immaginabili legate ai tanti stereotipi che la società moderna propone ed alla instabilità dei paesi più bisognosi di aiuto verso i quali è sempre stata rivolta l’attenzione dell’associazione. Il pieghevole distribuito a fine dicembre è una piccola finestra della nostra realtà missionaria, può diventare una finestra più grande se non addirittura una porta e, come nella miglior tradizione cristiana ci sarà sempre qualcuno che invita ad entrarci nel rispetto della libertà di ognuno. Il Consiglio Direttivo MUSEKE - 6

Per ora, settanta adesioni ul volto dei bimbi burundesi deve ritornare e rimanervi il sorriso: questo il desiderio del Gruppo Museke che propone il Progetto Nderanseke di adozione di una famiglia. Il progetto ora ha preso il via. Più di una settantina di adesioni giunte da vicino e da lontano hanno gettato un ponte nel cuore dell’Africa per conoscere, sostenere e donare conforto. Ognuna di queste famiglie italiane sarà dunque di aiuto ad uno degli orfani, degli abbandonati, dei disperati che sono sempre in crescendo. Certamente l’individuazione della famiglia burundese disponibile all’accoglienza è difficile, perché la guerra ha causato lo sfaldamento di tantissimi nuclei famigliari, ha provocato la perdita di vite umane disseminando ovunque vedove in condizioni precarie. Questo compito è affidato a delle suore del luogo che conoscono la situazione e cercando di alleviare sofferenze e soddisfare le necessità più urgenti, cercano con impegno,ma non senza problemi, chi può essere in grado di prendersi carico di un nuovo bambino.

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Le offerte del progetto intanto continuano,per portare il sorriso a Prosper, Chantal, Innocent... Quanti nomi! Quanti volti! A ciascuna delle famiglie adottanti verrà, nei limiti del possibile,inviata una fotografia:i ragazzi, per l’occasione, si sono “agghindati”e messi in posa.Basta poco per ve-

derli felici! Per noi,abituati al superfluo che ci rende incontentabili e insoddisfatti, è faticoso calarsi nella loro realtà di miseria e avere la consapevolezza che il “poco”per noi è “tanto”per loro. Coraggio, dunque, proseguiamo in questa gara di generosità. Amalia Gennari

Sono bambini che, grazie alla vostra sensibilità, sono stati adottati da alcune famiglie burundesi

continua da pag. 1

vicenda ciò che ormai è a tutti disponibile nella sua umanità risorta: un futuro definitivo di vita e di pace. La Pasqua, come fatto relazionale, dice ormai che nella forma dell’umanità risorta di Gesù, Dio Padre è per sempre e per tutti disponibile.Di conseguenza la vita umana non è conse-

gnata all’assurdo e alla disperazione, ma è custodita nelle mani paterne di Dio. Il Risorto è dentro ogni vicenda personale e sociale per condurla al suo compimento, alla propria “Risurrezione”. La risurrezione di Gesù è un invito forte a non eludere il nostro impegno di rendere la vita personale e sociale più umana,di affrontare il nostro quo-

Un incontro di pace a Bukavu Alla fine del febbraio scorso si è tenuto a Bukavu il Simposio internazionale per la pace in Africa (in sigla SIPA). Circa 300 gli italiani che vi hanno partecipato. Ma è soprattuttto, la gente di Bukavu e di Butembo, nonostante l’immane tragedia di due milioni di morti nella guerra contro Mobutu e di 1.700.000 nella seconda contro Kabila, (da parte di Uganda, Ruanda e Burundi, sostenuti da inglesi e americani), ossia contro il governo di Kinshasa e i suoi alleati (Angola, Zimbabwe, Namibia e Ciad), ha saputo costruire una resistenza nonviolenta, in forme originali, unendo le forze tra “società civile” (associazioni, movimenti e organismi coordinati), la Chiesa di Cristo in Congo (ECC o unione delle Chiese Protestanti) e la Chiesa Cattolica in collaborazione stretta. Basti dire che l’idea e il programma dell’iniziativa è stato costruito e attuato da loro, con una avvedutezza e tenacia meravigliose. I gruppi italiani promotori (Chiama l’Africa, Beati i costruttori di Pace e l’Operazione Colomba dell’associazione Papa Giovanni XXIII) hanno corrisposto, raccogliendo l’invito per rompere il silenzio internazionale su tale dramma. Bene ha fatto don Albino Bizzotto, presidente dei “Beati”, a “chiedere perdono, a nome degli europei e degli occidentali in genere, di tutti i misfatti da noi compiuti nei loro riguardi”; e questi misfatti continuano, dovuti all’egemonia del potere economico, grazie al quale i diamanti e gli altri preziosi estratti dalle miniere hanno più valore – si è detto nel simposio – delle persone e delle popolazioni locali. Ci sono, evidentemente, anche responsabilità degli stessi africani; ma senza nulla togliere alla responsabilità preminente del sistema economico perverso vigente a livello planetario. Ciò esige di puntare l’occhio su un altro punto nevralgico che sta all’origine del malessere mondiale: l’inadeguatezza dell’ONU, senza parlamento – quindi non può fare la pur minima legge – e senza un vero e proprio governo.Occorre che tutto il mondo pacifista, ma anche quello politico, culturale, sociale e religioso, metta al primo posto la “via istituzionale alla pace”, ossia una vera autorità sovranazionale, in armonia con il disposto dell’art. 11 della Costituzione italiana e con l’insegnamento sociale della chiesa.

B u o n a P a s q u a • P a s i k a N z i z a

tidiano come l’unica cosa seria, di non fuggire dalla durezza della vita, perché lui è ormai il definitivamente presente negli spazi opachi dell’esistenza per farli rifiorire grazie alla forza del suo Spirito. Don Roberto

BUONA PASQUA PASIKA NZIZA

Una giornata per ricordare i Missionari martiri Nel suo calendario la Chiesa cristiana ha fissato la data del 24 marzo come giornata di ricordo e celebrazione dei suoi martiri. Scrive il papa:“Nel nostro secolo sono tornati i martiri, spesso sconosciuti, quasi militi ignoti della grande causa di Dio. Il martire è il più genuino testimone della verità dell’esistenza. Egli sa di avere trovato nell’incontro con Gesù Cristo il significato della sua vita e niente e nessuno potrà mai strappargli questa certezza. Né la sofferenza, né la morte violenta potranno mai farlo recedere dall’adesione alla verità che ha scoperto nell’incontro con Cristo.” La missione e il martirio nascono dalla certezza che Lui, è la verità e la vita. E’in questo quadro che prende risvolto e significato la Giornata dei Martiri. Ricordare i martiri, celebrare il loro sacrificio,significa riscoprire la fede, ricevere una nuova spinta per immetterci sulla strada che porta a far risplendere la verità piena di Cristo, al di sopra di ogni incomprensione e divisione. Nell’ultimo 24 marzo noi abbiamo fatto memoria soprattutto di suor Gina Simionato (55 anni, di cui 30 in Africa),una vita spezzata da una raffica di mitra, in Burundi, una Domenica mattina di ottobre del 2000, mentre, con alcune consorelle, dal seminario di Gitega, stava recandosi a Gihiza per partecipare alla messa nella chiesa che circa trent’anni orsono Museke aveva contribuito a costruire. Così pure il volontario laico consacrato Antonio Bargiggia, 43 anni, milanese, ucciso presso Kibimba, a pochi chilometri a sud di Gitega.

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