MISURE DI SICUREZZA - Giovanni Cuccato Negli ultimi due secoli sono sorte diverse scuole, con differenti punti di vista, riguardanti le sanzioni e il loro modo di essere eseguite. La più risalente nel tempo è la cosiddetta “Scuola classica”. Gli esponenti di di questa, che si può definire, una prima scuola criminologia, affermavano la sanzione retributiva della sanzione penale. In questo modo, la sanzione penale, trova la sua giustificazione filosofica nell’idea che l’uomo sia un essere fondamentalmente libero, in grado di scegliere, in maniera consapevole tra diversi modi di condotta possibili. In base a questa sua presunta libertà, il soggetto deve essere punito in maniera adeguata, in quanto ha scelto consapevolmente di commettere un reato. Di conseguenza, la pena, è un’azione proporzionata al “male” commesso dal reo. Questa sanzione, negli ordinamenti odierni, è attuata come privazione della libertà personale, attraverso pene detentive, o attraverso sanzioni pecuniarie (che comportano u esborso di monetario). Nella scuola classica è il giudice che determina la quantità e la qualità (cioè il tipo e la durata) della pena. Esse sono determinate in base alla gravità del fatto commesso. Detta sanzione deve poi essere attuata nei modi e nei termini contenuti in quella che è la sentenza di condanna. Andando avanti nel tempo, si cominciò a pensare a “strumenti punitivi” differenti dalle carceri. Ecco che accanto alla pena fanno la loro comparsa le misure di sicurezza, misure cioè, che tendono a contrastare la pericolosità sociale. Queste istanze di cambiamento, vengono raccolte e presentate dalla “Scuola positiva”. Secondo questo filone della criminologia, la condotta umana non è completamente libera (affermazione in contrasto con la scuola classica). Il modo in cui gli uomini agiscono, è fortemente condizionato da fattori “esterni”, quali possono essere i fattori sociali; ma non solo, per la “scuola positiva” l’agire umano è viziato anche da fattori interni, fisiologici e biologici. Di conseguenza, di fronte a un comportamento antisociale, non si dovrebbe avere un giudizio di riprovazione e di conseguenza una punizione, ma si dovrebbe fare un’opera di attenuazione dei fattori che hanno causato la condotta antisociale. Ecco che, dopo queste premesse, ha senso parlare di misure di sicurezza, cioè di un trattamento “modellato” sull’autore del fatto. Secondo la “scuola positiva”, la misura deve necessariamente, avere una durata indeterminata, poiché tale provvedimento mira a eliminare il rischio per la società che è insito nel reo, la misura è quindi destinata a far cessare i suoi effetti, solo quando la pericolosità sociale possa dirsi esaurita. Questo, però, porterebbe a una non tutela del soggetto colpevole, in quanto la società ha bisogno di autotutelarsi dalle minacce che provengono da determinati individui. In tempi recenti, si è arrivati a “miscelare” le proposte e le soluzioni avanzate dalle diverse “scuole”: se da un lato non ha senso negare che l’uomo sia in grado di autodeterminarsi, dall’altro sarebbe ingiusto negare che sulle scelte umane pesano date caratteristiche socio-biologiche che, rendono, a volte, difficile lo scegliere tra il commettere crimini o meno. Si è quindi ritenuto necessario dover adeguare la sanzione penale sia agli scopi di punizione (o retribuzione), sia a quelli di rieducazione. Le prime influenze pratiche del pensiero portato dalla “scuola positiva”, si sono potute notare nel progetto di codice penale elaborato da Ferri nel 1921; questo progetto conteneva solo misure di sicurezza. Nel 1922, fa la sua apparizione, il codice Rocco. Questo è l’espressine dell’avvenuta commistione tra “scuola classica” e “scuola” positiva. Al suo interno, si pùo constare la presenza sia delle normali pene, sia delle misure di sicurezza; e mentre per la pena, si valuta il soggetto dal punto di vista della responsabilità, per le misure di sicurezza, si valuta il soggetto in base alla sua pericolosità sociale. Si istituisce, così, il sistema del “doppio binario”. Normalmente, a un soggetto, possono essere inflitte o la pena, oppure la misura di sicurezza. Attraverso il sistema del doppio binario, un soggetto poteva essere gravato di entrambe. Nel nostro codice, sono contemplate, anche, misure di sicurezza a carico del minore. Queste, possono essere applicate anche al minore infra-quattordicenne, se questo è considerato un soggetto socialmente pericoloso (art. 203 del codice penale). Tali misure sono: 1- la libertà vigilata (applicata con prescrizioni quali la permanenza in casa, calibrata per frequentare la scuola o per lavorare); 2- il riformatorio giudiziario o il collocamento in comunità. Queste comunità, devono rispondere a determinate caratteristiche elencate nell’art. 10 del codice penale, cioè, devono essere di tipo familiare e devono poter ospitare un numero massimo di 10 minori.