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La statuaria in cartapesta e un’opera in cera nella chiesa Maria SS.Annunziata di Ostuni L’esiguo patrimonio dei manufatti in cartapesta esistenti nella SS.Annunziata di Ostuni è riferibile all’Ottocento e al secondo quarto del nostro secolo. Alcuni, probabilmente commissionati dalle confraternite di S. Anna e dello Spirito Santo, e tuttora conservati nei locali dell’ex convento. In un documento del 1904, che ci permette di recuperare l’ordine degli altari, la loro originaria intitolazione, il numero di statue, la loro collocazione e, talvolta, la provenienza, oltre che quantificare gli oggetti sacri, gli arredi, le tele, viene menzionata una sola opera in cartapesta allora esistente: un Cristo risorto, conservato in sacrestia e del quale, peraltro, oggi non si conserva traccia. 1 Dall’estensore del documento non viene riconosciuta in cartapesta la statua di S.Francesco d’Assisi, ab antiquo sull’omonimo altare, nella navata destra, realizzata intorno alla prima metà dell’Ottocento. Le poche opere in cartapesta, che attualmente fanno parte integrante del patrimonio della chiesa, comprendono u n Crocifisso di antica fattura; una testa di Gesù, frammento superstite di un simulacro di grandi dimensioni (il Cristo risorto?); due graziose statuine raffiguranti i Santi Cosma e Damiano, in cartapesta e argilla, e quattro Angioletti adoranti. Questi ultimi databili tra gli anni Trenta-Quaranta, sono a firma di Cesare Gallucci (1899-1980), scultore poco indagato ma dall’iter produttivo comune ad altri famosi e conosciuti cartapestai a lui contemporanei.2 Tra la statuaria in pietra, legno e cartapesta, spicca per pregio e originalità la statua raffigurante S. Leonardo di Porto Maurizio. Attualmente in una nicchia della sacrestia, viene detta nel documento citato “lavorata in Venezia a spesa di varii divoti”3 e collocata nel Cappellone intitolato al Beato, accanto a una tela dal medesimo soggetto. La realistica statua del Santo, beatificato nel 1796 e successivamente nominato patrono dei missionari, 4 è opera in cera realizzata da ignoto ceroplasta, a mio parere di area più generalmente settentrionale e operante in Venezia a cavallo dei due secoli. Con quest’opera l’anonimo artista dimostra, alla data di esecuzione, di aver sviluppato doti tecniche degne di un abile e consumato modellatore. E’ il caso di soffermarsi sull’uso della cera in arte, non fosse altro che per la rarità sul nostro territorio di manufatti realizzati con tale tecnica e censiti a tutt’oggi. 5
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Sorvolo su l’usanza di fabbricare, sin dal tempo dei greci e dei romani, figure di cera, maschere o immagini di defunti da usare durante le cerimonie funebri, meglio conosciute come cerae o cerae pictae.6 Successivamente, in epoca medievale e moderna, la cera venne parecchio usata sia in Italia che all’estero, e numerosi furono gli ex voto, realizzati anche a grandezza naturale. 7 In Italia, diversi scultori utilizzarono la cera, considerata, nonostante i costi, materiale ausiliario per modellare figure o per preparare bozzetti per opere di dimensioni maggiori. Basti per tutti citare i fiorentini Lorenzo Ghiberti (1378-1455), Luca della Robbia (1400 ca.-1482), Andrea di Francesco di Ciòne, meglio conosciuto col soprannome di Verròcchio (1435-1488). Di quest’ultimo narra il Vasari: “Si dilettò assai Andrea (...) al fare imagini di più perfezione non pure in Fiorenza, ma in tutti i luoghi dove sono divozioni e dove concorrono persone a porre voti, e, come si dice, miracoli, per avere alcuna grazia ricevuto. Perciò che, dove prima si facevano o piccoli d’argento o in tavolucce solamente, o vero di cera e goffi affatto, si cominciò al tempo d’Andrea a fargli in molto miglior maniera, perchè avendo egli stretta dimestichezza con Orsino ceraiuolo, il quale in Fiorenza aveva in quell’arte assai buon giudizio, gli cominciò a mostrare come potesse in quella farsi eccellente”.8 Il racconto del Vasari, utile alla ricostruzione storica della ceroplastica, e sul quale pertanto mi diffondo, prosegue con l’incontro romano (1506 ca.) di Jacopo Tatti, detto il Sansovino (1486-1570), con il Bramante. Questi “gli ordinò che dovesse ritrar di cera grande il Laocoonte, il quale faceva ritrarre anco da altri, per gettarne poi uno di bronzo, cioè da Zaccheria Zachi da Volterra, Alonso Berugetta spagnolo e dal Vecchio da Bologna, i quali (...) fece vederli a Raffaello Sanzio da Urbino, per sapere chi si fusse di quattro portato meglio. Là dove fu giudicato da Raffaello che il Sansovino, così giovane, avesse passato tutti gli altri di gran lunga, (...) fu (...) ordinato che si dovesse fare gittare di bronzo quel di Iacopo; e così, fatta la forma e gettatolo di metallo, venne benissimo”.9 Il Sansovino successivamente (1510 ca.), eseguì per il Perugino “molti modelli in cera; e fra gli altri un Cristo deposto di croce, tutto tondo, con molte scale e figure, che fu cosa bellissima”.10
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Meritano d’essere inoltre citati artisti di altra area ed epoca, come il trentino Antonio Abondio (1538-1591), probabilmente il ritrattista in cera più celebrato del Cinquecento;11 l’abate siracusano Gaetano Giulio Zummo (1656-1701), per il quale la definizione di ceroplasta è quantomai pertinente per essersi servito per la realizzazione delle sue opere esclusivamente della cera. 12 Le opere dello Zummo - scrive R.W. Lightbown (1981) “testimoniano della sua abilità compositiva, della plastica bellezza delle sue figure, della vivacità con cui sapeva rendere azione ed espressione, nonché del suo perfetto dominio di ogni tradizionale espediente ausiliario della ceroplastica, dall’uso di sfondi dipinti, a quello del chiaroscuro. I suoi rilievi gareggiano, in fatto di ampiezza della concezione e di raffinatezza di esecuzione, con la scultura barocca eseguita con altri materiali e con la stessa pittura”.13 Altro scultore in cera fu Giovan Bernardo Azzolino, attivo a Napoli tra il 1594 e il 1645, del quale si conserva il dipinto raffigurante Madonna con Bambino e Santi, presso la chiesa di S.Francesco a Manduria.14 La produzione ceroplastica proseguì nel Settecento, con sculture e gruppi a soggetto sacro, specie in Emilia. Quanto alla mobilità degli artisti, val la pena sottolineare, senza comunque troppo a lungo soffermarvisi, la presenza di un artista di area centro-settentrionale nel meridione della Penisola: il fiorentino Giovanni Pieri (1698-1773), autore di ritratti e di scene di genere, attivo soprattutto a Napoli alla corte dei Borboni. 15 Qui, successivamente, emerse in quest’arte la figura dell’alcantarino Pietro Antonio da Chiaia, al secolo Abramo Flora (1826-1906). 16 Le sue opere spaziano dalla riproduzione di frutti in cera alla statuaria di carettere sacro. Tra le sue prime realizzazioni un Cristo moribondo (1867), esposto nella chiesa napoletana di S.Domenico Maggiore, e numerose altre opere. All’Esposizione Universale del 1895, la ricerca e i risultati ottenuti nel campo della ceroplastica gli vennero riconosciuti con la medaglia d’oro per la realizzazione del simulacro del Beato Egidio Maria di S.Giuseppe (1888), esposto nella chiesa di S.Pasquale a Chiaia in Napoli. 17 Il Flora non fu l’unico artista meridionale a diffondere e nobilitare questa antichissima espressione d’arte.18
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Successivamente, come autori di area strettamente salentina, vanno ricordati Luigi Guerra (1810 ca.-1900), noto per la sua produzione di ex voto in cera e Salvatore Sacquegna (1877-1955), allievo del De Lucrezi e uno tra i più capaci cartapestai leccesi. Quest’ultimo realizzò per Pio X un bassorilievo in cera raffigurante il Dogma dell’Immacolata, che gli valse il titolo di Cavaliere, e un S.Carlo Borromeo che cura gli appestati, per il quale Pio XI lo nominò fornitore pontificio.19 In definitiva, le testimonianze artistiche dei Francescani Riformati e tutte le opere che corredano la chiesa della SS.Annunziata, costituendone così il patrimonio artistico, la memoria storica dell’impegno e del fervore religioso che ha animato nel corso dei secoli la comunità ostunese e più in generale il popolo della nostra regione, ci offrono ancora una volta, attraverso il loro studio, l’opportunità di ricostruire la storia delle comunità religiose e al contempo la vita dei numerosi artisti chiamati a realizzarle. Si tratta di opere degne tutte di essere recuperate, salvaguardate e valorizzate per noi e le generazioni a venire. Salvatore P. Polito
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1Archivio Storico Comunale di Ostuni (ASCO), Archivio post-unitario, cat.7, cl.V, b.89, fasc.14. Si tratta di un Verbale
di consegna di tutti gli oggetti mobili ed arredi sacri esistenti nella chiesa degli ex Riformati di Ostuni. e A.C.P.O. , fasc. 23, 2 Giugno 1908. 2 La statuaria di Cesare Gallucci, contemporaneo di G. Manzo (1849-1942), L.Guacci (1871-1934), G.Malecore (18761967), di cui fu allievo, intorno agli anni Venti e Trenta era molto richiesta all’estero, soprattutto a Malta, dove lo stesso intratteneva rapporti commerciali con la ditta FARRUGGIA & SONS. Rapporti protrattisi fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale. E, negli stessi anni, tramite un referente leccese (tal padre Candido, abitante in Lecce in piazzetta Ludovico Ariosto), collettore di Terrasanta, al Gallucci venivano commissionate statue da spedire in Siria ed Egitto. Successivamente, fino agli anni Sessanta egli ha continuato a produrre statuaria sacra per committenti napoletani e romani, coadiuvato in bottega dai figli Attilio (1926-vivente) e Carmelo (1929-vivente). Colgo l’occasione per ringraziare quest’ultimi per le notizie fornitemi sull’attività del padre e segnalare l’inedito altorilievo raffigurante S.Lucia nella chiesa Matrice di Carmiano (Le), firmato e datato 1921. 3 ASCO, Archivio post-unitario, cat.7,cl.V, b.89, fs. 14. 4 Cfr. Bibliotheca Sanctorum, vol.II, pp.1208-1220 5 Risultano documentati attraverso gli Inventari dei beni di alcune famiglie nobili e riferibili al Settecento “un quadretto piccolo (...) coll’imagine di Nostro Signore Gesùcristo a cera e di Santa Maria Maddalena inginocchiata” e “due piccoli simulacri di cera, uno di Santa Agata e l’altro di San Sebastiano”. Cfr. Archivio di Stato Lecce (AS LE), Sezione notarile, Protocolli, not. Gesualdo Lucrezio, 46/123 (30 marzo 1796); e AS LE, Corte regia di Gallipoli, Processi civili, b.4, fasc. 39 (27 maggio 1808). 6 Cfr. Enciclopedia Italiana Treccani, s.v. “Ceroplastica”, vol. IX, p. 817 7 Riporto solo alcuni esempi noti: Il conte d’Artois nel 1290, inviò alla chiesa di Notre-Dame di Boulogne il proprio simulacro fatto realizzare in cera; CarloVI nel 1389, commissionò il proprio ritratto a grandezza naturale da collocarsi di fronte alla tomba di S.Pietro di Lussemburgo in Avignone; Luigi XI nel 1466, donò alla statua di Notre-Dame di Clery, la figura in cera della figlia Anna di Francia, tanto per citare alcuni tra i più autorevoli committenti d’oltralpe. 8 Cfr. G.Vasari, Le Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Roma, 1991, (rist. anast.), pagg. 506-507. 9 Idem, pag. 1301 10 Idem, pag. 1302. Cfr. inoltre R.W. Lightbown, Le cere artistiche del Cinquecento, in “Arte Illustrata”, giugnosettembre, 1970 e ottobre-dicembre, 1970: “Alla Deposizione del Sansovino va il merito di esssere stata la prima scultura in cera nota, considerata dai conoscitori coevi un’opera d’arte di carattere permanente, della stessa valenza di una scultura eseguita con altri materiali.”. 11 Cfr. F. Dworschak, Antonio Abondio medaglista e ceroplasta 1538-1591, Trento, 1958. 12 G.G. Zummo, artista autodidatta, è anche l’autore delle celebri raffigurazioni della Corruzione dei corpi e della Pestilenza esposte nel Museo Nazionale di Firenze. 13 Cfr. R.W.Lightbown, Gaetano Giulio Zumbo, in “Burlington Magazine”, CVI, 1964. 14 Sull’attività dell’Azzolino Cfr. La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di G.Briganti, Milano, 1988, p.632 ed ivi bibliografia. 15 Cfr. A.Gonzales-Palacios, Giovanni Francesco Pieri, in “Antologia di Belle Arti”, n.2, 1977. 16 Val la pena di segnalare la parentela di Abramo Flora con il pittore-decoratore latianese Agesilao Flora (1863-1952), suo procugino. 17 Cfr. P.Coco, I Francescani nel Salento, vol.II, Taranto, 1928, pagg. 558-559. Al francavillese p. Pietro Antonio Flora sono inoltre attribuite le statue in cera di S.Francesco per il convento generalizio; di S.Giacomo della Marca per Monteprandone (Ascoli Piceno); del Beato Giacomo da Cerqueto per gli Agostiniani di Perugia; della S.Petronia per l’Arcivescovado di Napoli; del S.Giustino martire per l’allora Vescovo di Foggia; del S.Bonaventura per il convento della Sacra Famiglia di Francavilla Fontana (Brindisi) ed altre numerose opere per conto di altrettanto insigni committenti. 18 Anche il “versatile” Mauro Manieri si interessò di “fusione della cera”. Cfr. M.Cazzato, La cartapesta. Origini e sviluppi, in C.Ragusa, Guida alla cartapesta leccese, a cura di M.Cazzato, Galatina, 1993, p.13. 19 Cfr. C.Ragusa, Guida ... p.105 e, inoltre, A. De Santis, Ricordo di S.Sacquegna modellatore di figurazioni sacre, in “Corriere del Giorno”, XIX, 246, Taranto, 16 agosto 1969, p.9. Dell’artista segnalo l’opera inedita (in cartapesta) raffigurante la Madonna del Buon Consiglio (1920 c.) presente nella chiesa parrocchiale Mater Domini in Squinzano (Le).