La Piazza D'italia 12 - La Piazza D'italia, Franz, Turchi, Informazione, Politica, Italia, Esteri, Istituzioni, Politica, Scienze, Spettacolo, Tempo Libero, Www.lapiazzaditalia.it, Www.franzturchi.it, Alleanza Nazionale, Parlamento Europeo, Elezioni Europee

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COPIA OMAGGIO

In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy

Abb. sostenitore da E 1000 - Abb. annuale E 500 - Abb. semestrale E 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina

LA PIAZZA D’ITALIA — Fondato da Turchi —

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 - DCB-Roma

ATTUALITA’

Bene la linea Tremonti

SCANDALO CALCIO

di NICOLA IMBERTI intervista a FRANZ TURCHI

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«T

EMO il giorno nel quale non mi combattano più». Franz Turchi scomoda addirittura Sant’Ignazio di Loyola per commentare la svolta lanciata da Gianfranco Fini durante l’ultimo esecutivo di Alleanza Nazionale. A lui una vita tutta a Destra (è stato eurodeputato di An), un nonno e un padre fondatori del Secolo d’Italia, il documento presentato dal leader del partito è piaciuto molto. Però, con Sant’Ignazio, è come se dicesse che qualcuno, all’interno del centrodestra, potrebbe non gradire questa svolta? «No, assolutamente. Non credo che la “nuova” An possa dare fastidio a qualcuno. Se così sarà, però, ben venga. Vuol dire ci sarà dibattito, si tornerà finalmente a fare politica. Se invece c’è qualcuno che, fino ad oggi, pensava alla propria carriera e che adesso la vede minacciata, ora dovrà uscire allo scoperto». Insomma, avete lanciato un sasso nello stagno e adesso aspettate? «Il documento presentato da Fini è ottimo, innovativo e, per la prima volta dopo la sconfitta elettorale, indica alla Cdl una strada e un obiettivo. Dopotutto non poteva che essere così». Perché? «In termini culturali, storici, identitari la Destra si è sempre fatta portatrice di innovazioni». Stavolta, però, le novità si chiamano Ppe e, in prospettiva, partito unico. Come crede che reagiranno i vostri elettori? «Quella del partito unico è una prospettiva finale. Una prospettiva che, fino ad oggi, sembrava essersi chiusa». E il Ppe? «Finalmente diventa una scelta definitiva». Già, ma come reagirà l’elettorato? «Tutto verrà discusso. Si aprirà un dibattito politico a cui parteciperanno tutti. Importante è anche il fatto che il documento fissi un obiettivo temporale: le Europee del 2009». Alcuni suoi colleghi hanno parlato di An come di un partito da rifondare. In effetti non è che, negli ultimi tempi, Alleanza Nazionale godesse di ottima salute. Forse c’era la necessità di recuperare un po’ di smalto? «Io non credo che si tratti di un problema di smalto. Sicuramente c’è un risultato politico negativo. Poi c’è stata la campagna mediatica che ha cavalcato alcuni scandali e che sicuramente ha pesato. Inoltre da parte di Berlusconi, probabilmente, non c’è stata un’immediata risposta politica a ciò che stava accadendo. Diciamo che si è evitato il problema». Allora ci avete pensato voi? «Tutte queste cose hanno fatto perdere passione all’elettorato di destra che, come lei Continua a pag. 6 ISSN 1722-120X

50009 >

9 771722 120000

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1-15/15-31 Luglio - 1-15/15-31 Agosto 2006 - Anno XLIII - NN. 6,7 - € 0,25 (Quindicinale)

INTERNI

INTERVISTA A GIORGIA MELONI

LA PIAZZA D’ITALIA Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727

— a pagina 3 —

Medio Oriente: Anno Zero

Israele risponde agli Hezbollah In Libano è di nuovo Guerra L’Unione Europea prova a mediare LA VIGNETTA

John Ronald Tolkien (1892–1973)

“Potete trasformare l’anello in un allegoria proprio del nostro tempo, se gradite: un allegoria del destino inevitabile che aspetta tutti i tentativi di sconfiggere il poteredel mare attraverso il potere”

ACTON INSITUTE For the study of Religion and Libert http://www.acton.org/research/libtrad/

www.lapiazzaditalia.it Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti

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1-31 marzo 2006

LA PIAZZA D’ITALIA - ATTUALITÀ Cogne: Taormina, Corte ha già deciso su capacità di Annamaria Franzoni

Aborto: Torino, sorpresa al sant’Anna sperimentazione ru846

Venezuela: Italiana uccisa, forse assassini hanno sbagliato persona. Elena e marito alloggiavano in stanza proprietario Posada

Torino, (Adnkronos) - ‘’Credo che la sentenza sia gia’ scritta. Dal punto di vista delle prove dell’innocenza di Annamaria Franzoni e’ stata fatta una barricata all’azione difensiva e Annamaria Franzoni sara’ dichiarata parzialmente o totalmente incapace di intendere o di volere perche’ questo e’ un paese in cui non e’ possibile svolgere un ruolo produttivo o efficiente perche’ c’e’ una grande situazione di prevenzione’’.

Torino, (Adnkronos) - Interrotta per la pausa estiva, non riprendera’ al Sant’Anna di Torino, almeno per il momento la sperimentazione della pillola Ru486. Le ragioni della decisione saranno spiegate nel pomeriggio dal commissario dell’azienda ospedaliera da cui dipende l’ospedale, Marinella D’Innocenzo e da Vittorio Demicheli, direttore dell’assessorato regionale alla sanita’.

Caracas, (Adnkronos) - Potrebbe essere stato un tragico sbaglio di persona a causare la morte di Elena Vecoli, la 34enne fiorentina uccisa l’altra notte nell’arcipelago di Las Roques in Venezuela, trascorreva la luna di miele con il marito Riccardo Prescendi, 46 anni, rimasto ferito. Escluso il movente della rapina, gli inquirenti venezuelani indagano sullo scambio di persona.

Scandalo Calcio Giuste punizioni per ripartire L’Italia campione del Mondo e’ senza dubbio un grande stimolo per ripartire. Soprattutto perche’, questi ragazzi, che fondamentalmente non c’entrano nulla con le sporcizie che per anni hanno caratterizzato lo sport piu’ amato dagli italiani, hanno dimostrato di essere uomini veri, si sono battuti contro tutto e tutti come degli Annibale e, proprio come il generale cartaginese, mentre la loro patria – calcistica - affondava, non pensavano ad altro che battere sul campo l’avversario di turno. Ma soprattutto, desideravano fare un torto ad uno dei pubblici piu’ antisportivi che la storia dei campionati del mondo di calcio ricordi: il pubblico tedesco, ospite della competizione, ma neanche sfiorato dalla vergogna di fischiare l’inno nazionale di una delle squadre finaliste. Che vadano a dar lezioni di civilta’ai selvaggi ululanti che occupavano le tribune! I nostri ragazzi, in mezzo all’ostilita’ di casa e straniera, memori di tutto, hanno combattuto con la cattiveria agonistica giusta – sana – e vinto la loro battaglia, per la gioia di tutti gli italiani, che hanno accolto il trionfo

come una catarsi . Gli italiani amano questo sport e sono stufi, nauseati dal marcio che lo ha caratterizzato in questi anni. Anche i tifosi delle squadre coinvolte nello scandalo si sono per un istante dimenticati dello sconforto e del dilemma terribile che li attanagliava per gridare: Italia, Italia! Ora bisogna ripartire e per ripartire, il repulisti non solo e’ opportuno, e’doveroso. Chi ha sbagliato e’ giusto che paghi, anche duramente. Per questo, spazzati via gli autori delle combine, occorre che anche le societa’ paghino un dazio proporzionale al coinvolgimento nell’associazione a delinquere che ha manipolato campionati e giocato con l’affetto e la passione della gente. Perche’ a chi dice: e’ ingiusto penalizzare i tifosi, paghino i personaggi che hanno sbagliato e basta, senza retrocessioni e penalità. Diciamo No. Primo perchè questi personaggi hanno agito in nome e per conto di alcune società; Secondo, perche’ il prossimo campionato sarebbe

impossibile da giocare per ragioni d’ordine pubblico. Immaginate cosa potrebbe succedere prima, dopo e durante ogni partita della Juventus? No, meglio pagare, per tante altre ragioni (tralasciando ovviamente quelle economiche che imporrebbero il laissez faire).

Non ultimo la certezza che le grandi societa’ troveranno – grazie all’immenso serbatoio di tifosi che si ritrovano – la forza necessaria per riemergere e risorgeranno. Ma soprattutto potranno ripresentarsi agli occhi dell’opinione pubblica in una nuova veste, con la faccia

pulita di un bambino che la domenica si reca con la famiglia allo stadio per incitare i propri idoli. Certo, la Juventus in B (o forse in C), l’inibizione di Moggi e l’azzeramento dei vertici federali renderanno il nostro calcio un po’ piu’ sciapo, ma almeno si tornera’ nei bar a parlare di fuo-

rigioco e gol annullati e non piu’di quello che c’e’ dietro i fuorigioco e i gol annullati . La parola ai giudici dunque, e che la stagione ricominci. La vittoria ai mondiali e’ un buon incipit, l’iniezione di entusiasmo ideale per ripartire con il piede giusto.

Cdl su di un binario morto Ripensare la coalizione dei conservatori I referendum si chiudono come peggio non si poteva: cambiamento rimandato sine die, vittoria della demagogia terrorista imperniata sul mito della disintegrazione e Paese costretto a correre verso il futuro su una 500, e a contare su chi si scanna

LA PIAZZA D’ITALIA fondato da TURCHI Via E. Q. Visconti, 20 00193 - Roma

Luigi Turchi Direttore

Franz Turchi Co-Direttore

Lucio Vetrella Direttore Responsabile

Proprietaria: Soc. EDITRICE EUROPEA s.r.l. Registrato al Tribunale di Roma n. 9111 - 12 marzo 1963 Concessionaria esclusiva per la vendita: S.E.E. s.r.l. Via S. Carlo da Sezze, 1 - 00178 Roma

www.lapiazzaditalia.it E-mail: [email protected] Manoscritti e foto anche non pubblicati, e libri anche non recensiti, non si restituiscono. Cod. ISSN 1722-120X Stampa: EUROSTAMPE s.r.l. Via Tiburtina, 912 - 00156 Roma FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI MARZO 2006 GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a S.E.E. s.r.l. - Via S. Carlo da Sezze, 1 - 00178 Roma. Le informazioni custodite nell’archivio dell’Editore verranno utilizzate al solo scopo di inviare copie del giornale (Legge 675/96 tutela dati personali). La responsabilità delle opinioni espresse negli articoli firmati è degli autori.

Per informazioni e abbonamenti chiamare il numero verde:

per Afghanistan si e Afghanistan no. La triste realta’ e’ che questa atmosfera da „nessuno tocchi la Costituzione „ e’ la negazione del cambiamento. E l’esito dei referendum non fa ben sperare per l’ avvenire visto che in questo Paese anormale i “conservatori” fanno le riforme e i “progressisti” conservano... Fallita la spallata referendaria dunque, ed esauritasi la stizza disgustosa („gli italiani fanno schifo”)di alcune componenti leghiste (Speroni), la Cdl si trova ora a fare i conti con un’analisi dura e spietata sugli orizzonti futuri della coalizione e delle singole componenti. Le stesse dichiarazioni di Fini appaiono come una vera e propria dichiarazione d’intenti, la presa d’atto d’una crisi, cui rimediare e in fretta: „La Cdl come l’abbiamo conosciuta finora è da considerarsi un’ esperienza conclusa”. Dando per scontato e prevedibile il ripiegamento di Forza Italia, coincidente col tramonto del suo leader carismatico, anche An deve far i conti con il proprio ripensamento. Anche su questo le analisi dei dirigenti di An sono spietate su tutte la puntura di Maurizio Gasparri, che ha paragonato il tasso di democrazia interna dell’Msi a quello di An, rintracciandone di più nella storia del primo. Tutto questo in ottica di bottega.

In ottica macro occorrera, sanare il contrasto sostanziale con la Lega, che probabilmente se ne andra’per il proprio sentiero, cercando di spillare dai nuovi vincitori piu’concessioni possibili assicurando in cambio piu’ tranquillita’ al Senato e con l’Udc che sta facendo una politica di smarcamento progressivo da questo centrodestra E gli altri? E’ logico che

Berlusconi cominci a pensare alla propria dipartita politca favorendo la nascita di un successore credibile e di appeal. Fini? Casini? Formigoni? La lotteria e’ aperta. Tornando ad An, Fini lascia intendere che trova singolare come all’indomani della vttoria elettorale del centrosinistra si sia prodotta una entata giudiziaria senza eguali, molto simile a

quella del ’92. Imperversano le intercettazioni ad uso e consumo dell’opinione pubblica. Roba da far tremare tutti! “Hanno massacrato Berlusconi e ora si accaniscono su di noi; non gli resta che colpire il secondo partito della coalizione. Certo anche noi abbiamo prestato il fianco, commettendo alcune leggerezze, dobbiamo

stare più attenti...”- pare abbia detto Fini ai suoi. Ma come dicevamo, il fulcro del problema e’ altrove, ha contenuti macro e investe l’intera coalizione di centrodestra. In soldoni, ne sono consapevoli tutti (tranne Berlusconi?): la Cdl come e’ stata intesa sinora e’ un capitolo chiuso. Francesco di Rosa

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LA PIAZZA D’ITALIA - INTERNI Telecom: Prodi, scenario uguale a Telekom serbia ma avra' stessa conclusione Telecom: Prodi, scenario uguale a telekom serbia ma avra' stessa conclusione Roma, (Adnkronos) - ''Mi sono state rivolte accuse infamanti'', come e' successo per il caso Telekom Serbia. Lo ha sottolineato il premier Romano Prodi, parlando della vicenda Telecom. Il presidente del Consiglio dice di aver subito gli stessi attacchi avuti in quell'occasione, ma assicura:''Finira' allo stesso modo''. ''Si e' presentato uno scenario non diverso da quello di Telekom Serbia -avverte il premir- e finira' come in quella situazione''.

Senato: Marini, concertazione e' farsi carico di interessi generali, democrazia si basa sui due principi della giustizia sociale e liberta' economica

Giustizia: CDL e unione trovano intesa su sospensione riforma, accordo su procedure revoca e titolarita' azione penale

Roma, (Adnkronos) - ''La democrazia si regge sulla base di due principi ispiratori: giustizia sociale e liberta' economica''. Lo ha affermato il presidente del Senato Franco Marini nel corso del convegno tenutosi presso la biblioteca del Senato 'Giovanni Spadolini'. Il presidente del Senato ha piu' volte ricordato il magistero della Chiesa, in particolare quello contenuto nella Rerum Novarum, contro ''l'estremizzazione del liberismo che sembrava dominare il pensiero dell'Occidente''.

Roma, (Adnkronos) - ''Accordo fatto'' tra maggioranza, opposizione e governo sulla sospensione dell'ordinamento giudiziario. Lo hanno annunciato il presidente dei senatori leghisti Roberto Castelli e il senatore dell'Ulivo Roberto Manzione, al termine della riunione in commissione Giustizia. L'intesa riguarda la ''sdrammatizzazione'' della procedura di soluzione dei dissidi interni all'ufficio tra capo e sostituto in caso di revoca di un'indagine e la conferma della ''titolarita' esclusiva'' del capo della procura.

Intervista a Giorgia Meloni La Piazza d’Italia a tu per tu con il vicepresidente della camera D: On. Meloni, la sua ascesa nella politica è stata travolgente. Ora, a soli 29 anni, è Vicepresidente della Camera. Cosa prova? R: La vicepresidenza di Montecitorio mi emoziona e al tempo stesso mi rende ancora più determinata a difendere quei valori in cui fortemente credo. Questa carica non è una vittoria personale, ma coinvolge tutta Azione Giovani, premiando la passione di un intero mondo giovanile che da sempre parla di idee, di tradizioni, di meritocrazia, di senso di appartenenza e comunità e che ha permesso ad Alleanza Nazionale di crescere. D: Lei è uno degli esempi più fulgidi dell’approdo dei giovani alla politica che conta. Come si risana la frattura tra i giovani e la politica? R: La partecipazione e l’interesse delle nuove generazioni alla vita politica nazionale è certamente una questione spinosa, che stiamo affrontando anche all’interno di Azione Giovani. Pensiamo che il distacco dipenda prevalentemente dalla sfiducia. Preparare una ricetta che sia in grado di risolvere il caso è difficile. Per farlo si potrebbe partire dall’individuazione di quei settori di interesse che più di altri catturano l’attenzione giovanile, ipotizzando iniziative e provvedimenti che non siano solo di carattere “restrittivo”, anche se in alcuni casi necessario (ad esempio la legge sulla droga), ma che offrano un’alternativa concreta ai problemi. Si potrebbe perciò iniziare dalla musica e dai costi dei cd che oggi sembrano inaccessibili, per passare al rilancio delle comunità giovanili, un’idea proposta dal nostro movimento e che potrebbe finalmente consentire ai ragazzi di esprimere al meglio le capacità creative che caratterizzano le singole personalità. L’importante è comunque ristabilire un dialogo tra le parti per attuare un confronto sereno e costruttivo. Siamo convinti che riconquistare la stima dei giovani sia possibile

caso.

solo attraverso la coerenza e la voglia di fare e superando una volta per tutte quell’approccio ideologico radicato che, soprattutto la sinistra, propina alle nuove generazioni assegnandogli una presunta rilevanza che di fatto non esiste. Basti pensare che per le elezioni politiche del 2006 partiti come Rifondazione Comunista hanno trasformato marijuana e cartine per spinelli in veri e propri gadget elettorali, che davvero poco hanno a che fare quotidianamente. Soltanto attraverso il superamento della demagogia la frattura esistente tra politica e giovani potrà essere risanata.

D: A suo parere è più facile imporsi come donna nella destra o nella sinistra? R: l’opinione pubblica ha sempre posto l’accento su una presunta attenzione della sinistra al mondo femminile, attribuendo invece l’appellativo “maschilista” a partiti come Alleanza Nazionale. Oggi però gli esempi più importanti di donne che ricoprono ruoli apicali nella politica li abbiamo con Renata Polverini, Presidente dell’UGL, Flavia Perina, Direttore de Il Secolo d’Italia e con Azione Giovani, unico movimento giovanile guidato da una donna. Certamente queste realtà non fanno parte della sinistra… D: Come si sconfigge il terrorismo?

D: A quando risale il suo interesse per la politica? R: Ho iniziato a far parte della sezione del fronte della Gioventù della Garbatella, quartiere di Roma nella quale sono nata, all’età di 15 anni, negli anni in cui tangentopoli e le stragi di mafia occupavano le prime pagine dei giornali gettando l’Italia nello sconforto totale. Tentare di spiegare le ragioni che mi hanno spinto a frequentare questo ambiente è difficile, anche perché soprattutto da giovanissimi è l’istinto a prendere il sopravvento sul resto. D: Perché la destra e non la sinistra? R: Probabilmente molto è dipeso dal mio primo anno alle scuole superiori, quando ho iniziato ad entrare in contatto con le varie realtà politiche esistenti nel panorama giovanile. Ricordo che l’impatto avuto con i ragazzi di sinistra fu quasi “rivelatorio”: loro pretendevano di rappresentare “il bene, la giustizia”, parlavano di confronto ma poi erano i primo a discriminare gli altri e le loro idee, niente di più stimolante per il mio carattere che tende sempre ad andare controcorrente. Il fronte della Gioventù mi sembrava la strada alternativa all’arroganza di chi parlava di democrazia, ma se non la pensavi come loro eri un nemico da abbattere. Questo mi

R: Attraverso l’unità di intenti di tutto il panorama internazionale. Soltanto così si potrà avere la meglio su una delle piaghe più dolorose e pericolose di questo millennio.

ha portato a conoscere quei ragazzi che vedevo sempre in strada, con i loro banchetti, i loro volantinaggi, le loro rivendicazioni che da subito mi hanno coinvolto. Ho scoperto che loro come me, condividevano quell’idea di cambiamento, rivendicando quei valori nei quali ho sempre creduto. Mi riferisco alla meritocrazia, allo spirito identitario, all’amore per la Patria, a quel progetto di comunità umana che si sviluppa attraverso lo spirito del gruppo, alla sacralità della vita, al donare se stessi. D: Quote rosa, Che ne pensa del provvedimento mirato ad agevolare l’ingresso delle donne e che ha trovato grande ostruzionismo fino a fallire miseramente? R: Le quote rosa sono uno strumento, non la soluzione. Non si può fare finta di non vedere che la partecipazione delle donne alla vita politica sia deficitaria, rispetto

ad esempio alle attività associazionistiche e di volontariato. Il problema esiste, così come evidente è l’esistenza, consolidata nel corso degli anni di “lobby maschili” difficilmente disposte all’apertura al mondo femminile. Ritengo che il problema affondi le proprie radici nella mancanza di strutture adeguate che consentano alle donne di intraprendere un percorso politico senza per questo dover rinunciare alla loro vocazione di mogli e madri o all’aspirazione di costruirsi una propria famiglia. Lo Stato ha il dovere di offrire strumenti che consentano di conciliare la vita pubblica e vita privata. Si potrebbe partire, ad esempio, dall’istituzione di asili nido all’interno del Parlamento e della amministrazioni statali, che certamente costituirebbero un significativo tentativo di armonizzazione dei ruoli, nonché input per tutta l’Italia, che compirebbe un primo passo avanti verso la risoluzione del

D: Questione irachena. Ogni giorno nuovi attentati insanguinano l’Iraq. Non crede che non ci siano ancora le condizioni per ritirare le truppe dall’Iraq? R: Se ritirare le truppe vuol dire scappare, questo è cedere al terrorismo. La sinistra continua a fare finta di non vedere le donne e gli uomini che a migliaia hanno fatto la fila per poter finalmente votare, i bambini che hanno la loro scuola, la gente che non muore di fame e non ha più paura di parlare, perché la dittatura è finita. Il ritiro è auspicabile, ma soltanto nel momento in cui il governo iracheno dichiarerà di essere pronto. D: Capitolo riforme. Quale aspetto le piace di più e quale meno delle riforme approvate dal governo Berlusconi? R: l’esecutivo di centrodestra ha avuto il grande merito inoppugnabile di aver tentato in cinque anni di lavoro di apportare signi-

ficativi cambiamenti attraverso riforme che mai prima erano state neanche ipotizzate per difficoltà e noncuranza. Penso ad esempio a quella previdenziale, riconosciuta tra le migliori a livello europeo, quella del lavoro, che seppur vada di fatto perfezionata, getta delle buone basi da cui poter partire. Grande merito poi va riconosciuto alla CDL per la riforma sulla scuola e quella regolamentare in materia di droga, oggi purtroppo tra i primi obiettivi di smantellamento da parte di una sinistra che pensa di essere ancora negli anni ‘60/’70, quando il 36 politico ed i figli dei fiori rappresentavano la “via prescelta” da seguire. Questo è deludente e non lascia ben sperare per il futuro di questa nostra Italia, che nel frattempo è cresciuta e si è evoluta. L’aspetto che invece mi è piaciuto meno è stata l’incapacità di creare nuovi spazi di aggregazione, capaci di costituire una valida alternativa al disagio giovanile che oggi trova la sua massima espressione in quelle zone franche chiamate centri sociali, dove droga ed illegalità regnano sovrane. D: Parata del 2 giugno. C’è chi parla di abolirla, c’è chi parla addirittura di eliminare le frecce tricolori. Cosa risponde agli autori di queste proposte? R: Li invito a cambiare Nazione. Perché il tricolore è il simbolo della nostra Terra e fa parte del nostro Dna di italiani. Vederlo impresso nel cielo o in piazza o sui balconi riempie il cuore di orgoglio. Orgoglio che evidentemente non viene percepito da chi si oppone ad una parata inveendo contro un supposto militarismo, ma che poi tende a giustificare chi manifesta con il volto coperto distruggendo intere città. Né tanto meno da chi parla di liberalizzazione dell’immigrazione clandestina senza porsi minimamente il problema di offrire dignità a coloro che arrivano nel nostro Paese, costringendoli ad elemosinare ai semafori per mancanza di strutture e di lavoro.

I “No” TRAVOLGONO LA COSTITUZIONE FEDERALISTA Il “no” al referendum vince chiaramente sul”si” con oltre 20 punti percentuali di vantaggio,61,7% contro il 38,3%, quindi la riforma partorita la scorsa legislatura dal governo Berlusconi sarà definitivamente accantonata.Innanzi tutto i numeri,contrariamente a quanto preventivato,si sono recati alle urne ben il 53,6% degli italiani aventi diritto al voto,e questa è stata già una sorpresa in quanto tutti gli ultimi referendum erano stati bocciati poiché non avevano raggiunto il quorum del 50%,anche se in verità essendo quello degli scorsi 25 e 26 giugno un referendum su un tema costituzionale non era necessario superasse questo sbarramento percentuale. Il rifiuto al cambiamento è stato più forte al sud.dove infatti ben il 74,8% delle persone recatesi a votare ha espresso il suo “no”, il record è della Calabria con l’82,5%,poi Campania 75,5%,Puglia 73,5% e Basilicata 76,9%; ma anche al centro le cose per i “si” non sono andate per il verso giusto con i “no” che nel Lazio , Umbria , Toscana e Emilia fa il pieno di voti rispettivamente col 65,4%,68,7%,715 e 66,5%.Le uniche note positive per i fautori del “si” sono giunte ,in fin dei conti da Lombardia e Veneto dove ha prevalso rispettivamente col 54,6% e 55,3%, ma i voti favorevoli da queste due regioni tradizionalmente di centro-destra e con una fortissima componente leghista e quindi federalista consono logicamente bastati a rovesciare le sorti di una battaglia che, come anticipato nel numero precedente della”Piazza d’Italia”,erano già segnate negativamente per i fautori della già citata riforma costituzionale. L’esito del voto referendario, a noi par di capire ,dice che a questo punto,senza escludere colpi di scena che in politica sono

eventualità non molto remota, le riforme tornano in un cassetto dal quale forse non usciranno che fra lungo tempo.Infatti le dichiarazioni di alcuni esponenti del centro-sinistra che fanno sapere che con questo voto la questione riforme costituzionali è definitivamente chiusa ,per sempre. Salvi del correntone DS ha tuonato che gli italiani hanno manifestato la volontà di rimanere fedeli all’impianto costituzionale del’48,stesse parole di Verdi e rifondazione che gongolano di fronte all’ennesima sconfitta elettorale del centro-destra. Solo da Prodi e da D’Alema vengono parole volte al dialogo con l’opposizione,il primo sostiene la necessità di aprire un dialogo su riforme e legge elettorale con tutte le forze politiche del Parlamento,mentre il Ministro degli esteri auspica un confronto serio per il bene del Paese,vedremo nel prosieguo della legislatura se queste sono parole di circostanza dettate dal bon-ton istituzionale o si trasformeranno in fatti concreti.Di tutt’altro tenore le dichiarazione di alcuni esponenti della Casa delle Libertà,Peppino Calderisi del comitato del “Si” dice che è stata persa una occasione irripetibile per rifondare il paese;dalla Lega Nord giungono da una parte gli strali polemici e invero molti sopra le righe” Gli italiani fanno schifo. L’Italia fa schifo.”Mentre Bossi e Calderoli non hanno voglia di mollare sul federalismo e anzi rilanciano rinserrando le fila del centro-destra affermando che la CdL va rivista su nuove basi riconfermando però la fedeltà della Lega verso di essa. Da segnalare poi le dichiarazioni di Berlusconi che aveva fatto di questo referendum una battaglia per assestare al governo Prodi una prima dura spallata”E’ una grande occasione perduta ,si è

persa un’occasione storica per far funzionare meglio e ammodernare il paese.Ha vinto un’impostazione ideologica,ma non ci sarà alcuna ripercussione sulla nostra coalizione”. Più articolato invece il discorso del leader di Alleanza Nazionale ,Gianfranco Fini”Inutile prendersela con gli elettori e bisogna che la casa delle Libertà rifletta sul perché in una contesa che avuto toni aspri non sia riuscita a mobilitare tutto il suo elettorato”.Le stesse tesi ,poco più tardi sono state ribadite dal portavoce di A.N ,Andrea Ronchi, che dice :”E’ stata una sconfitta netta,chiara e inequivocabile:ora è importante che il centro-destra analizzi e capisca le motivazioni di questo risultato elettorale.” Concludiamo il giro di dichiarazioni con le parole di Francesco d’Onofrio,autorevole esperto costituzionale dell’ U.D.C,ed uno dei “padri costituenti”di Lorenzago,che,non avendo Pierferdinando Casini rilasciato dichiarazioni, afferma quanto segue:”a me interessa capire se siamo in grado di aprire un tavolo col centro-sinistra sul titolo V della costituzione oppure no . E voglio capire come ridurre il divario che nel centro-destra è sempre più forte tra il voto d’opinione e quello di radicamento elettorale.F.I raccoglie soprattutto il primo,A.N,U.D.C, Lega il secondo.Mi sembra che il voto d’opinione sia mancato.Al punto che ,visto il distacco,non ho recriminazioni da fare ,non mi pare che fosse un risultato ribaltabile.” Dopo aver ascoltato cotante affermazioni registriamo solo che all’interno del centro destra è iniziato più che il redde rationem, ,lo scarica barile e come volevasi dimostrare le sconfitte non hanno mai padri, che Dio ci aiuti. Giuliano Leo

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LA PIAZZA D’ITALIA - ESTERI Afghanistan: la Nato approva estensione isaf a tutto il paese. Il comando dei 10mila militari usa operativi a est passera' alla Nato Portoroz, (Adnkronos) - I ministri della Difesa dei Paesi della Nato hanno approvato l'estensione della missione per la stabilizzazione dell'Afghanistan, Isaf, a tutto il Paese. I 10mila militari americani che ancora operano nel quadrante sudest dell'Afghanistan passeranno ''entro alcune settimane'' sotto comando Nato.

Ue: Papa, lavorare alla costruzione di una rinnovata identita' europea

M.O.: stampa, Israele rinuncia ad assassinare leader Hezbollah Nasrallah

Citta' del Vaticano, (Adnkronos) - ''Riflettere sui fondamenti culturali del Continente europeo in maniera non episodica, ma all'interno di un'azione continuativa ed organica di animazione evangelica del mondo accademico'' e ''lavorare alla costruzione di una rinnovata identita' europea, idonea ad offrire al mondo, di fronte a sfide epocali, il contributo di una inestimabile eredita' spirituale e culturale, in grado di forgiare un umanesimo razionale e aperto alla rivelazione di Gesu' Cristo, tollerante ma fermo nei principi etici''.

Tel Aviv, 29 set. - (Adnkronos) – Intelligence sospende caccia, ma Governo chiede all’esercito di tenersi pronto ad eliminarlo. Israele avrebbe rinunciato a scovare ed assassinare Hassan Nasrallah, il capo della milizia sciita libanese Hezbollah. Lo riporta il quotidiano israeliano 'Maariv', che cita fonti governative e della sicurezza.

A chi la parte del gigante cattivo

Davide contro Golia Il Medio Oriente è di nuovo l’inferno che era stato un quarto di secolo fa. La tensione che ha scritto i confini degli Stati che lo compongono ora è diventato fuoco e sta bruciando le deboli speranze che i più ottimisti nutrivano sulla reale volontà di riappacificare la regione. E’ sempre successo così, alla vigilia di qualche cosa che avrebbe potuto dare una nuova spinta alla creazione di uno Stato palestinese indipendente, succede qualcosa che destabilizza l’area e fa tornare indietro di anni i passi fatti con fatica e lentezza. Non bisogna essere fuorviati dai due eventi che hanno dato origine alla rappresaglia israeliana. Gli attacchi con conseguenti uccisioni e rapimenti di militari israeliani non rappresentano qualcosa di poco conto, qualcosa che rapportato alla reazione militare possa sparire. Inizialmente le fazioni armate di Hamas e Fatah hanno rivendicato la prima incursione, poi Hezbollah ha rivendicato la successiva dopo la reazione israeliana a Gaza. Guardiamo le azioni con i loro soggetti e vediamo cosa rappresenta per uno Stato democratico quanto avvenuto. Hamas (organizzazione terroristica), al governo nei territori palestinesi, non ha nessuna intenzione di riconoscere lo Stato di Israele e ne desidera la cancellazione. Fatah, partito del Presidente Abu Mazen, è in lotta con

Hamas per la spartizione dei poteri nell’ANP. Entrambi i movimenti hanno le loro milizie che alle volte si combattono e altre interagiscono per il “bene” del loro popolo. La situazione, specialmente nella striscia di Gaza è molto vicina alla guerra civile e l’unica cosa che riavvicina gli estremisti delle due fazioni è l’odio per Israele.

l’attività israeliana si era limitata a indebolire le milizie e le organizzazioni fondamentaliste, tramite le esecuzioni mirate, per riuscire a garantire la tranquillità del suo territorio. La questione libanese è una cosa che va avanti da molto tempo, forse è importante sottolineare che il Libano è si uno Stato indipendente sulla carta ma nella sostanza ha subito l’occupazione

ancor più grave, non controlla il territorio dove si sono installati: tutta la parte meridionale del Libano. Come se lo Stato italiano avesse lasciato il meridione nelle mani della mafia, finanziata da un suo confinante. Non dimentichiamo ovviamente la questione nucleare iraniana e tutte le dichiarazioni del Presidente iraniano sulla distruzione di

Dalla striscia partono quotidianamente razzi qassam che puntano sui centri urbani nella parte meridionale di Israele. Nemer Hammad (consigliere del presidente Abu Mazen) ha dichiarato in televisione che quelli sono giocattoli non armi, ma qualcosa che rompe il tetto di un edificio fatichiamo a credere si possa definire propriamente giocattolo, ciò dipende probabilmente da punti di vista differenti. Fino a poche settimane fa

militare siriana per quasi trenta anni e solo da pochissimo è riuscito a liberarsene formalmente. Va specificato che l’estensione del braccio militare siriano e iraniano in Libano si chiama Hezbollah, un’organizzazione terroristica che lancia razzi nel territorio israeliano da molto tempo. Israele ovviamente ha risposto spesso ma con azioni limitate e la cosa non si è mai fermata. Il Governo libanese non controlla Hezbollah e, cosa

Israele. E’ in questo contesto che i rapimenti dei tre soldati israeliani e l’assassinio di un giovane di 18 anni devono essere inseriti ed è in un contesto come questo che bisognerebbe porsi la domanda di come uno Stato democratico e sovrano dovrebbe reagire. Ogni atto di guerra è qualcosa che dovrebbe spingere, specialmente noi occidentali, da tanto a digiuno sui nostri territori, ad una profonda riflessione sulle

reali intenzioni delle parti e su come un orrore possa essere fermato. Tutto naturalmente deve essere anche filtrato da quelle che sono le minacce che potenzialmente potrebbero realizzarsi presso di noi. Nel linguaggio che alle volte gli Stati si trovano a dover usare, quello delle armi spesso ha sortito risultati più duraturi, purtroppo anche a costo di vite innocenti. E’ importante aggiungere un dettaglio non da poco: Israele ha usato la prassi di avvertire, quando possibile, la popolazione laddove era in programma un’azione militare. Questo per sottolineare come è stata costruita quella che apparentemente sembrava una rappresaglia decisamente sproporzionata. Non avendo alcuna garanzia da parte del Governo libanese per il disarmo di Hezbollah (richiesto anche dall’ONU con apposita risoluzione), Israele ha dovuto optare per un massiccio intervento con il fine di bloccare le azioni militari che minacciano il suo territorio ed ha contemporaneamente dato ai mandanti di questi attacchi, nonché fornitori di armi e finanziatori, un forte segnale per portarli a ragionare con attitudine diversa sulla questione mediorientale. Israele è circondata da Stati ostili che minacciano la sua esistenza, con l’eccezione di Giordania ed Egitto con cui ha firmato trattati di pace. E come Stato, dovendo pro-

teggere i suoi cittadini, deve garantire loro confini sicuri e dare loro un terreno su cui far crescere risorse e prosperità. Troviamo quantomeno contraddittorio leggere in questi giorni circa le mire espansionistiche di Israele. Israele vorrebbe una regione in cui ci fossero scambi culturali e commerciali liberi da tutte quelle divisioni che l’estremismo ha creato e che nella quotidianità vengono contraddette. Haifa, bersaglio di centinaia di missili di Hezbollah, è un esempio lampante di convivenza pacifica. Il Presidente egiziano Mubarak ha criticato “la resistenza palestinese e libanese”, le cui operazioni contro Israele danno “risultati limitati”: “Nessuno mette in dubbio i diritti dei popoli a resistere all’occupazione. Ma la resistenza deve tener conto dei guadagni e delle perdite. L’escalation israeliana in Libano spinge tutta la regione verso una china pericolosa, il popolo libanese e quello palestinese ne pagano il prezzo”. Commento che dovrebbe illuminare. Allora chi realmente vuole questa guerra se non coloro che avrebbero da perdere in una regione dove regnerebbe la pace? Coloro che dell’instabilità e della violenza hanno fatto un’arma per accrescere un potere regionale minacciato dall’isolazionismo, a scapito di quei civili innocenti, spesso bambini, che vengono offerti in sacrificio al loro edonismo.

Il Presidente e la sua ‘Dottrina’ alle prese con il rischio isolamento

Svolta nella politica estera americana alla vigilia delle elezioni di mid-term Svolta nella politica estera americana? A tenere banco nel dibattito politico che anima la comunità internazionale è un presupposto mutamento di strategia da parte della seconda presidenza Bush riguardo all’attenzione nei confronti della comunità internazionale, alla fiducia nelle sue Istituzioni e all’abbandono della ‘Dottrina’ che prende il suo nome. Effettivamente sembrano lontani i tempi in cui George W. Bush, osannato dalle truppe cammellate neo-con, inchiodava la “Vecchia Europa” di fronte alle sue responsabilità per avere immediatamente ridimensionato quella passione anti-terrorismo che sembrava animarla sinceramente nel dopo 11/9 e cioè all’alba della missione in Afghanistan. Le difficoltà nella pacificazione dell’Iraq, il profilarsi di un nuova stabilità regionale nel Grande Medio Oriente con l’accresciuta influenza di una Repubblica Islamica dell’Iran dotata di tecnologia nucleare, il difficile contenimento sulla politica mondiale energetica e di sviluppo della Russia e della Cina, mettono il Presidente in carica sul banco degli imputati, chiamato in causa, è questa la novità, non tanto dai tradizionali avversari politici del Partito Democratico, bensì dai giornali, dalle riviste, dai think tank che lo supportarono in tante battaglie nazionali e internazionali, vera e propria pancia repubblicana del paese. Il Presidente è accerchiato, si trova ad

affrontare per le elezioni di mid-term più importanti degli ultimi venti anni una battaglia con i Democratici tutta da giocare, probabilmente proprio per la caduta di popolarità registrata nei confronti dei “suoi”. E’ la minore affluenza alle urne la maggiore minaccia, fenomeno che potrebbe far pen-

dere l’ago della bilancia in termini decisivi a favore del partito dell’asinello nell’assegnazione dei seggi al Congresso, con effetti quindi determinanti sui futuri assetti istituzionali e di potere a Washington. Ma cosa gli rimproverano i “suoi”. Troppa debolezza. Gli viene rimproverata

troppa timidezza nei confronti di Ahmadinejad, l’Hitler islamista, indecisione nel supportare anche mediaticamente, come andava fatto, Israele durante la crisi libanese. Sempre nella recente crisi Israele/Hezbolla, l’aver acconsentito che la leadership passasse alla UE – ritenuta non affidabile - sotto mandato dell’ONU – ritenuto ancor più inaffidabile. Inspiegabili le disponibilità nei confronti della Siria che protegge gli Hezbollah facendogli pervenire le armi e i soldi di Teheran. Così il Presidente torna a brandire il bastone, ad assicurare che l’Iran non avrà la tecnologia nucleare, a commemorare i morti dell’11/9 “non dimenticheremo”, venendo accusato dall’opposizione di volere trasformare gli Stati Uniti in un paese perennemente in guerra. Se i Democratici che, pur di ritornare in sella, di questi tempi non si ritraggono dall’incassare facili consensi fornendo praticabili e rapide soluzioni al consolidamento della sicurezza attraverso il ritiro dall’Iraq, dopo più di un decennio avranno di nuovo la maggioranza al Congresso con ogni probabilità la svolta “Imperialista” degli Stati Uniti andrà nel cassetto, la “Dottrina Bush” nella migliore delle ipotesi congelata, come le leggi straordinarie per la sicurezza interna anti-terrorismo, si assisterà inoltre ad una maggiore disponibilità nella rivisitazione della Legge per l’immigrazione, oramai per l’opinione pubblica diventata improcra-

stinabile. Ma che cosa dice la “Dottrina Bush”. 1. I terroristi sono considerati belligeranti come soldati di un esercito nemico. 2. L’unico modo per dare sicurezza duratura agli Stati Uniti e all’Occidente tutto nei confronti dell’integralismo islamico è fare in modo che in quella parte del mondo non esistano più Tiranni e che fioriscano diritti, libertà, democrazia, a costo di esportarla con la forza. 3. L’America non chiederà mai il permesso di difendere la propria sicurezza, anche con azioni preventive volte ad evitare una minaccia terroristica futura. 4. Il conflitto israelo-palestinese è un fronte della guerra al terrorismo. Siamo così sicuri siano principi veramente inadatti ad affrontare la sfida attuale al terrorismo internazionale di matrice islamista? Siamo così sicuri non siano forse gli unici? Inoltre, siamo veramente così sicuri che abiurandoli si sarebbe meno minacciati? L’America scopre di aver fretta. Vuole risolvere in Iraq, vuole tornare a fare business, vuole tornare agli americani, vuole tornare a sentirsi sicura, ma un risultato di tale portata, vista la potenza finanziaria, militare, politica, economica del nemico che gli ha dichiarato guerra, necessita tempi lunghi, soprattutto la ‘Dottrina Bush’ necessita tempi lunghi, generazioni, altre amministrazioni animate dalla stessa determinazione. La fretta è il vero nemico di questa America. Giampiero Ricci

1-31 marzo 2006

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LA PIAZZA D’ITALIA - ECONOMIA India: economia cresce nel secondo trimestre all'8,9%

Ue: indice fiducia sale i massimi degli ultimi 5 anni

Istat: l'indice fatturato commercio ingrosso sale del 4,7% secondo trimestre 2006

Nuova Delhi, (Adnkronos) - Battendo le attese del mercato, l'economia indiana e' cresciuta nel secondo trimestre dell'anno dell'8,9%. La performance si colloca leggermente al di sotto di quella conseguita nel primo trimestre dell'anno quando il pil e' risultato in rialzo del 9,3%, ma oltre le stime degli analisti che avevano prefigurato un rallentamento all'8,4%.

Francoforte, (Adnkronos) - La fiducia dei consumatori e delle imprese di Eurolandia e' salita nel mese di settembre ai massimi degli ultimi 5 anni. Lo rende noto la Commissione Europea, secondo cui l'indice e' salito a 109,3 punti il livello massimo dal febbraio 2001 rispetto ai 108,3 punti di agosto (dato rivisto).

Roma, (Adnkronos) - Nel secondo trimestre del 2006 l'indice trimestrale del fatturato del commercio all'ingrosso e degli intermediari del commercio, con base 2000=100, e' risultato pari a 115,0, con un incremento del 4,7 per cento rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente. Per il gruppo della manutenzione e riparazione di autoveicoli, l'indice e' pari a 121,6, con una variazione tendenziale di piu' 2,0 per cento. Lo comunica l'Istat.

La globalizzazione non è un artifizio della dialettica politico-economica dei partiti ma una realtà di mercato.

Welfare e nuove idee Di una cosa possiamo essere certi: il welfare state, così come lo conosciamo, non può sopravvivere. Nessuno studioso serio, infatti, pensa che possiamo permettere che la spesa federale per la previdenza sociale e l’assistenza sanitaria pubblica crescano dall’attuale 9 per cento del prodotto interno lordo al 28 per cento previsto per il 2050, se verranno mantenuti gli stessi tassi di crescita. I problemi posti dai programmi di trasferimento di risorse ai più poveri sono meno drammatici. Nel lungo termine, tuttavia, il calo del valore del lavoro fisico e la crescita di quello dei lavori “mentali” finiranno per portare a una società divisa in classi, facendosi beffe degli ideali americani, a meno che non si inventi qualcosa di più creativo dell’attuale sistema di welfare. Un grande cambiamento è inevitabile, ma il Congresso non sembra per niente disponibile ad affrontarlo, come dimostra il dibattito sul sistema pensionistico dello scorso anno, un caso clinico di timidezza politica. Ci piaccia o no, abbiamo a disposizione ancora alcuni anni per pensarci, prima che il Congresso sia irrimediabilmente costretto a prendere provvedimenti in proposito. Cominciamo quindi a pensare a qualcosa di più efficace delle limitate proposte di tagli ai contributi e di aumenti delle tasse che costituiranno la politica di minore resistenza del Congresso. Il punto di partenza è una realtà economica estremamente ovvia, ma che nessuno sembra notare: questo paese è inondato di soldi. L’America è così benestante che sarebbe facile garantire a ognuno uno standard di vita decente, ma non possiamo farlo trastullandoci con i sistemi del welfare state, che costituiscono un nodo di Gordio che può solo essere tagliato demolendo la struttura dello stato assistenziale. Invece di pagare le tasse a Washington, facendole setacciare dalla burocrazia e convertendo ciò che rimane in un confuso gruppo di servizi e sussidi, con modalità di gestione viziate da limitazioni ed eccezioni, riscuotiamo le tasse, dividiamole e restituiamole in contanti a tutti gli americani maggiorenni. La sovvenzione dovrà essere sufficiente perché il povero non sia più povero, perché ciascuno possa ottenere abbastanza per un pensionamento dignitoso e per garantirsi l’assistenza sanitaria. Siamo ricchi abbastanza per poterlo fare. Prendiamo l’esempio delle pensioni. Supponiamo di avere davanti a noi un ventunenne che, per qualsiasi motivo, non è in grado di risparmiare sufficientemente per un proprio fondo pensione. Possiamo farlo noi per lui, accantonando un contributo annuale per quarantacinque anni, cioè fino a quando non andrà in pensione all’età di sessantasei anni. Ipotizziamo di poter versare un contributo di 2.000 dollari l’anno e di investirlo in un fondo azionario indicizzato. Qual è la cifra minima di cui potrebbe disporre quando andrà in pensione? Preferiamo essere oltremodo prudenti e, per prima cosa, individuiamo il peggior tasso di crescita composto medio, a valore costante del dollaro, per un periodo di quarantacinque anni nella storia del mercato azionario (4.3 per cento, dal 1887 al 1932). Dopo di che presumiamo che il nostro ventunenne sia l’investitore più sfortunato della storia americana e che ottenga mediamente solo il 4 per cento di rendimento: alla fine del periodo di quarantacinque anni avrà un capitale di circa 253 mila dollari, con il quale potrà ottenere un vitalizio di circa 20.500 dollari all’anno. Questo sarebbe il risultato, con un contributo di appena 2.000 dollari all’anno, cioè con l’equivalente della tassa per la Social Security su un reddito di soli 16.129 dollari

all’anno. Il governo riscuote più del doppio da chi guadagna il reddito mediano e più di cinque volte tanto dai milioni di persone che pagano il livello massimo di contribuzione previsto dal Federal Insurance Contributions Act. Sarebbe perciò facile, per un paese ricco come gli Stati Uniti, rendere possibile per tutti una pensione adeguata, a patto che non si voglia insistere a farlo attraverso le strutture dello stato assistenziale. Diecimila dollari a tutti, e nient’altro Per la sanità la questione è un po’ più complicata, ma solo nei dettagli, non nella logica. Non dobbiamo, infatti, aspettare che il nostro ventunenne raggiunga i sessantacinque anni per iniziare a pagare per la sua assistenza sanitaria, bensì contattare subito una compagniaassicurativa, proponendo di pagare un premio costante per il resto della vita del nostro ventunenne. Con questo tipo di offerta, la compagnia assicurativa ci può stipulare una polizza sulla salute per 3.000 dollari circa, fornendo le coperture fondamentali. Il prezzo è così conveniente per lo stesso motivo che sta alla base delle polizze a buon mercato sulla vita, se fatte dai giovani: le compagnie assicurative guadagnano molto dai premi che ricevono per anni prima di iniziare a pagare grandi somme per le prestazioni. Garantire a tutti l’accesso al sistema sanitario di base è facile in un paese ricco come l’America, sempre che non si voglia insistere a farlo attraverso le strutture dello stato assistenziale. Ci sono molti modi di convertire queste potenzialità economiche in un sistema che funzioni. Quello che ho ideato, chiamato per semplicità il “ Piano”, prevede un contributo annuale di 10 mila dollari a tutti i cittadini americani, eccetto i reclusi, ad iniziare dall’età di ventun anni, di cui 3.000 all’anno da destinare all’assistenza sanitaria. Il contributo verrebbe accreditato mensilmente sul conto corrente bancario di ogni cittadino incluso nel “Piano”. Se lo realizzassimo a partire da domani, il “Piano” costerebbe circa 355 miliardi di dollari in più del sistema attuale; le previsioni di costo incrocerebbero quelle del sistema attuale nel 2011; entro il 2020, il “Piano” costerebbe circa 500 miliardi di dollari all’anno meno delle più prudenti previsioni di costo del sistema attuale. Entro il 2028 questa differenza ammonterebbe a un trilione di dollari l'anno. Certamente, un sistema che sostituisce l’attuale stato assistenziale con un sistema di sussidi diretti ai singoli pone diversi punti di domanda. La disincentivazione al lavoro, i rischi connessi a soluzioni basate sul mercato confrontati con le garanzie prestate dal governo, i costi di transizione, lo scambio di concessioni nel servizio sanitario, le implicazioni per il sistema fiscale, le conseguenze sulle persone troppo giovani per partecipare al “Piano”, sono tutti aspetti da considerare nella decisione sulla possibilità e sull’opportunità della sua realizzazione. Personalmente penso che tutte queste domande possano avere una risposta, anche se non necessariamente semplice e immediata, che ho cercato di dare nel mio libro. In questo ambito, vorrei invece trattare una questione più ampia: assumendo che le questioni tecniche abbiano una risposta, vogliamo veramente un sistema in cui il governo rifiuti la responsabilità di farsi carico dei bisogni umani, cioè la ragione che ha dato origine allo stato assistenziale? La mia opinione è che i motivi per dire sì al “Piano” vadano ben oltre i suoi effetti sulla povertà, sulle pensioni e sull’assistenza sanitaria, fattori che riguardano

minoranze relativamente piccole della popolazione. Il problema fondamentale che le società più avanzate si trovano attualmente a dover affrontare è, piuttosto, come rendere la vita di ognuno piena di significato in un’epoca di abbondanza e di sicurezza. Lungo la storia, e fino a pochi decenni fa, il significato della vita era quasi per tutti legato alla sfida per la semplice sopravvivenza. Per restare in vita era necessario essere parte attiva di una comunità. Per restare in vita bisognava formare una famiglia e crescere dei figli su cui poter contare nella vecchiaia. La coscienza che la morte poteva cogliere ciascuno all’improvviso, in ogni momento, generava una particolare attenzione agli aspetti spirituali della vita. Tutte queste cose davano origine a una profonda soddisfazione, che andava oltre la semplice sopravvivenza. La vita in un’epoca di abbondanza e sicurezza non richiede nessuna di queste cose, e, anzi, la maggioranza delle persone che vivono nelle società avanzate può facilmente trascorrerla tra amicizie superficiali, cambiando continuamente partner sessuali e divertendosi, per poi morire in tarda età senza avere nessun motivo per pensare di aver compiuto in vita qualcosa di significativo. Se si ritiene che tutto si esaurisca qui, che il fine della vita consista nel passare il tempo il più piacevolmente possibile, allora è ragionevole pensare che lo scopo del governo dovrebbe essere quello di permettere alle persone di farlo con il minore sforzo possibile. Se invece siete d’accordo con me sul fatto che vivere può avere un significato trascendente, allora ci si deve porre il problema di come la vita umana possa acquistare peso e spessore. Per molti lettori del "Wall Street Journal" al fondo di questa ricerca di significato c’è l’idea di vocazione: per alcuni, l’aspirazione a essere ricchi e famosi, per altri, il desiderio di eccellere nella vocazione che si ama. Si tratta però di una possibilità aperta solo a una fortunata minoranza. Per la maggior parte delle persone, compresi molti anziani che in gioventù si sono dedicati a una particolare vocazione, la vita acquista significato nelle cose pratiche della vita, negli avvenimenti fondamentali associati alla nascita, alla morte, al raggiungimento dell’età adulta, all’allevamento dei figli; al pagamento dell’affitto, al superamento delle avversità, al conforto di chi è in lutto, al festeggiamento dei successi, all’approvazione del bene e alla condanna del male: vale a dire, nell’affrontare la vita in tutta la sua ricchezza. Da questo punto di vista, il difetto principale dello stato assistenziale non è l’incapacità di mantenere le sue promesse (anche se ciò è vero) e neppure il fatto che spesso finisca per aggravare proprio i problemi che dovrebbe risolvere (sebbene sia così). Lo stato assistenziale è dannoso, ultimamente, perché toglie troppa vita dalla nostra vita. Il “Piano” restituisce vita alla nostra esistenza in molti modi, particolarmente attraverso i suoi effetti su istituzioni fondamentali come la famiglia e la comunità. Per capire come ciò sia possibile, basta pensare al fatto che il contributo è a disposizione di tutti. Infatti, ciò che conta non è che un individuo riceva 10 mila dollari l’anno, ma che tutti ricevano questa cifra e che tutti sappiano che tutti gli altri hanno a disposizione quella risorsa. Obiettivi non raggiungibili da una singola persona possono diventarlo per una coppia; quelli che non sono alla portata di una coppia, possono esserlo invece per una famiglia

allargata o per una mezza dozzina di amici che mettano insieme le loro risorse, e ciò che non può essere realizzato da un piccolo gruppo può esserlo più facilmente da un intero quartiere. L’aggregato di risorse che il “Piano” trasferisce dal governo alle persone è enorme e le possibilità di rispondere ai bisogni umani attraverso la famiglia e la comunità si moltiplicano esponenzialmente. Il “Piano” attribuisce una responsabilità personale, che il destinatario lo voglia o meno, con conseguenti effetti secondari e terziari. Una persona che chieda aiuto perché ha buttato via il suo assegno mensile troverà persone e organizzazioni disposte ad aiutarla (in America c’è sempre stata abbondanza di tali persone e organizzazioni), ma questo tipo di assistenza può essere legato a richieste difficili da rispettare per chi non abbia un reddito fisso. Oppure, si pensi agli effetti di un flusso di reddito certo su un giovane che abbia messo in stato interessante la sua ragazza. La prima conseguenza è che non può eludere il pagamento degli alimenti per il bambino, perché il giudice sa dove ha un conto in banca. Inoltre, si generano aspettative che prima non c’erano. Io lo chiamo “effetto Doolittle”, in riferimento al personaggio di Alfred Doolittle nello spettacolo teatrale My fair Lady, e al motivo per cui doveva arrivare puntuale in chiesa. La virtù è un abitudine che si acquisisce Il “Piano”, quindi, conferisce ad ognuno la responsabilità di far fronte ai bisogni umani, che lo si voglia o no. Qualcuno potrà considerarlo un passo indietro, ritenendo sia meglio pagarsi le tasse, lasciare ogni responsabilità al governo e chiuderla lì. Considero più saggio un diverso atteggiamento, perché il “Piano” non richiede che si diventi tutti assistenti sociali part-time. La nostra nazione può anche essere piena di approfittatori, ma aveva ragione Aristotele: la virtù è un’abitudine. Non ci potrà essere un fiorire della virtù nella prossima generazione solo perché raccomandiamo ai nostri figli di essere onesti, compassionevoli e generosi; occorrerà, invece, che i nostri figli pratichino l’onestà, la compassione e la generosità nello stesso modo con cui si esercitano con uno strumento musicale o in uno sport. È più probabile che questo succeda se i bambini crescono in una società in cui le esigenze dell’uomo non sono affidate alla burocrazia, ma sono parte della nostra vita e condivise con le persone che vivono intorno a noi. In parole semplici, il “Piano” ci restituisce la possibilità di agire. Le istituzioni, come gli individui, hanno successo fino a che hanno compiti importanti da svolgere e sanno di esserne responsabili. Per interi decenni lo Stato assistenziale ci ha detto: "Ce ne occupiamo noi". La conseguenza è stata che abbiamo assistito alla perdita di vitalità di alcune delle più importanti fonti di soddisfazione della nostra vita. Contemporaneamente, ci siamo resi conto di quanto il governo sia incompetente e incapace “di occuparsene”, quando si tratta della complessità dei bisogni umani. La soluzione non è tentare di rabberciare lo stato assistenziale, ma riprendere la responsabilità della nostre vite nelle nostre mani, nostre come individui, nostre come famiglie, nostre come comunità. Charles Murray Il Foglio, martedì 11/07/2006, da Atlantide 2/2006, trimestrale della Fondazione per la Sussidiarietà

Accentramento di risorse e progetti in alcuni grandi settori strategici individuati dal CIPE

Politiche di sviluppo: al via il DDL Bersani Industria 2015 Il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge che Bersani ha proposto come viatico indispensabile per la nuova strategia di sviluppo industriale dell’azienda Italia. Esso prevede una vera e propria rivoluzione del sistema degli incentivi, la nuova definizione giuridica della “rete di imprese”, e il “fondo dei fondi” per sostenere le pmi nell’accesso al credito. Le novità introdotte dal disegno di legge vanno nella direzione di un accentramento delle risorse in alcune aree strategiche indicate dal CIPE soprattutto per il Sud e per le Regioni. Tra i settori strategici individuati energia, biotecnologie, mobilità sostenibile. Sul versante dell’impresa, il presidente di C o n f i n d u s t r i a , Montezemolo ha proposto

al Governo e ai sindacati un grande “patto per la produttività”, centrale una maggiore flessibilità dell’orario lavorativo. Le quattro novità del DDL Bersani sono accessorie al disegno stesso che consiste in una politica industriale sostenuta da due grandi pilastri: meccanismi di sostegno alle imprese generalizzati e automatici, come il cuneo fiscale e il credito di imposta, sistemi di incentivazione impostati su singoli obiettivi strategici. È a questo secondo pilastro che si riferisce il DDL Bersani. Il Disegno di legge assume la denominazione di “Industria 2015”, nome che sintetizza la storia produttiva italiana e l’impegno a guardare al futuro. L’obiettivo del Dicastero presieduto da Bersani è quello di riordinare tutta la politica industriale

dell’Italia creando al contempo una convergenza con la ricerca. Secondo il Ministro fare rete conviene: le pmi potranno aumentare la loro massa critica unendosi in reti d’impresa ma senza fondersi. Il DDL prevede una delega al Governo grazie alla quale potranno essere adottati decreti legislativi per definire le forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, i requisiti di stabilità e direzione necessari al fine di riconoscere la rete di imprese. Le imprese, soprattutto le più piccole, hanno due esigenze principali: l’innovazione e il sostegno finanziario. Con questi obiettivi arrivano due nuovi fondi: il primo è il fonde per la competitività, al suo interno vedrà confluire tutti gli strumenti di agevolazione attualmente previsti; l’altro

è il fondo per la finanza d’impresa che faciliterà l’accesso al credito ed ai mercati finanziari alle imprese. Un tecnico coordinerà l’attuazione dei singoli progetti finanziati, il “supermanager”. Si tratta di un decreto che prevede una serie di fondi, e che intende chiaramente sostenere lo sviluppo imprenditoriale del paese. Il problema però non è tanto prevedere le modalità di sostegno quanto quello di reperire le risorse monetarie necessarie soprattutto in coerenza con le previsioni della finanziaria. Invece, si nota una notevole discrepanza tra gli indirizzi di politica industriale cioè i fini a cui si vuole tendere e i mezzi che dovrebbero sostenerli. Questa è tipica del sistema politico-programmatico delle istituzioni italiane,

soprattutto laddove la frammentazione delle forze partitiche è più accentuata, si verifica un fenomeno di mal assorbimento delle risorse, dunque una scarsa probabilità di attuazione delle misure legislative previste, proprio perché la dispersione degli stanziamenti diventa troppo elevata. E questo è un tipico problema della maggioranze di centro-sinistra che per soddisfare le loro lottizzazioni elettorali non riescono mai a razionalizzare la spesa e a raggiungere gli obiettivi. Infatti sono aumentati i ministeri, più spesa statale, maggiore volatilità di risorse, incongruenze sulle scelte di politica economica fra i vari dicasteri, il tutto ha provocato un abbassamento del livello di credibilità e attendibilità delle forze di maggioranza. L’auspicio è che

Bersani di concerto con Pado-Schioppa e insieme a Prodi cerchino quantomeno di non rallentare il processo messo in atto dal Governo Berlusconi, soprattutto in tema di alleggerimento della pressione fiscale, di sostegno alle pmi, e di crescita produttiva del paese.

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1-31 marzo 2006

LA PIAZZA D’ITALIA - CULTURA Mostre: la storia della Basilica di San Pietro in cento opere Citta' del Vaticano, (Adnkronos/Adnkronos Cultura) - Composta da cento capolavori provenienti dai piu' importanti musei del mondo, ''Petros Eni/Pietro e' qui'' e' la grande mostra che la Fabbrica di San Pietro in Vaticano organizza per i cinquecento anni dalla sua fondazione, dedicandola all'apostolo Pietro. La rassegna potra' essere visitata dal 12 ottobre all'8 marzo, presso il Braccio di Carlo Magno, tutti i giorni (tranne mercoledi' mattina) dalle 10 alle 19, mercoledi' dalle ore 13 alle 19.

Premi: Roma, il Lazio tra Europa e Mediterraneo Roma, (Adnkronos/Adnkronos Cultura) - La cerimonia di premiazione della I edizione del Premio Internazionale ''Il Lazio tra Europa e Mediterraneo'', si svolgera' il 29 settembre, presso il Complesso Monumentale del Vittoriano. Istituito in occasione della prima edizione del Festival, il Premio Internazionale sara' assegnato ogni anno a personalita' che, su segnalazione delle Ambasciate dei paesi d'appartenenza, si sono contraddistinte nell'ambito di diverse categorie.

Beni culturali, firmato l’accordo con il Museum of fine Arts di Boston Roma, 28 set. (Adnkronos Cultura) - Tra le opere che tornano in Italia la statua di Vibia Sabina. ''Un evento straordinario, una svolta che segna l’inizio di una strada nuova alla lotta al commercio illecito di opere d’arte trafugate e il ritorno alla legalità'', così Francesco Rutelli, ministro per i Beni e le Attività Culturali ha presentato i primi frutti dell’accordo con il Museum of Fine Arts di Boston, grazie al quale tornano in Italia, e a breve nei loro luoghi di origine, tredici opere archeologiche di grande prestigio, trafugate in passato e vendute sul mercato estero.

Siamo davvero sicuri che Dio è morto

Nietzsche, il nichilista

Perché Nietzsche è “accusato” di nichilismo? Per rispondere a questa domanda è necessario rifarsi in modo particolare alle opere appartenenti al terzo periodo: Così parlò Zarathustra (1883/85); Al di là del bene e del male (1886); Genealogia della morale (1887); Crepuscolo degli idoli (1888). L’Anticristo e Ecce Homo postumi. E’ la prima opera del terzo periodo,Così parlò Zarathustra, che annuncia una nuova realtà: Dio è morto. Questa è quella tremenda verità che apre una nuova porta alla filosofa di Nietzsche e questa è la chiave per comprendere l’accusa di nichilismo rivoltagli contro. Cosa significa per Nietzsche la morte di Dio?

Questa affermazione non significa che gli uomini non credono più in Dio, né rappresenta una tesi circa l’inesistenza di Dio. Essa è una constatazione che equivale a dire: non c’è più alcun Dio che può salvare e soprattutto, oltre l’uomo non c’è niente. Con la “formula” Dio è morto, Nietzsche vuole svelare la mancanza di fondamento che si cela dietro l’insieme degli ideali e dei valori, d’ispirazione certamente cristiana, su cui la civiltà europea ha costruito per secoli il proprio modo d’essere e la propria ragione d’essere. Dio quindi, come sintesi di tutti quei valori cristiani e di essi, il valore Supremo, si svalorizza e si rivela una menzogna. Ecco dunque l’irruzione del nichilismo nel mondo moderno. Da qui l’umanità si riconosce orfana e priva di fondamento e corre verso la decadenza. A questo punto Nietzsche si chiede quale sia il compito che resta all’uomo dopo aver scoperto l’insensatezza dei valori sui quali da sempre si è basata la sua civiltà. L’uomo forte ora non deve più limitarsi ad assistere alla rovina degli antichi valori, ma deve farsene egli stesso promotore, preparando così in modo distruttivo, l’avvento di una nuova umanità. Da qui nascono i tre insegnamenti fondamentali di Nietzsche: la dottrina del Superuomo o meglio, dell’Oltreuomo; dell’Eterno ritorno dell’uguale; la Volontà di potenza. Zarathustra insegna che l’uomo è qualcosa che deve essere superato poichè la tappa successiva è l’uomo superiore (Uebermensch), l’Oltreuomo che non è affatto l’anticipatore della dottrina del primato della razza ariana. Il superuomo è colui che ha una disposizione dionisiaca nei confronti della vita, ma allo stesso tempo è caratterizzato da un pessimismo coraggioso che lo rende in grado di assumere

su di sé le contraddizioni più profonde della vita e di non chiudere gli occhi di fronte anche alle verità più gravi. Il Superuomo è uno spirito creatore, è l’uomo della grande decisione, è colui che salverà l’umanità dal nichilismo. Il Superuomo è caratterizzato da una grande fedeltà alla terra: ora che Dio è morto, l’unica realtà è la vita terrena ed è appunto alla terra che l’umanità deve tornare. Il Superuomo riconosce nell’aldilà solo l’immagine riflessa della terra, perciò è questo rinnovato legame con la terra, madre di tutte le cose, che fa guarire l’uomo dell’età del nichilismo. Non dunque il Superuomo al posto di Dio, ma la terra. Il Superuomo nietzscheano è quindi uomo di questo mondo per eccellenza, è colui che sa dire di sì alla vita sapendo che non c’è nulla al di là di essa. La concezione del Superuomo trova nella dottrina dell’Eterno ritorno dell’uguale, la sua comprensione definitiva. Alla concezione ebraico -cristiana del tempo, concezione lineare in base alla quale ogni istante acquista significato solo se legato agli altri che lo precedono e lo seguono e il corso del mondo risulta essere retto da un piano provvidenziale teso ad inaugurare il regno di Dio, Nietzsche oppone una concezione ciclica del tempo, ripresa dalla tradizione antica, presocratica e orientale. In base a questa concezione gli eventi sono destinati a ripetersi eternamente in un tempo circolare. Così viene introdotta una nuova concezione dell’agire umano, che in sintesi si può riassumere con una delle massime più importanti di Nietzsche: vivere ogni attimo in modo tale da desiderare di riviverlo. E il Superuomo vuole l’Eterno ritorno. Con il concetto di “Volontà di potenza” passia-

mo all’ultimo insegnamento, per altro collegato indissolubilmente ai primi due. La volontà di potenza non è semplice volontà di dominio, né pura affermazione sull’altro, ma è la volontà che vuole se stessa. Di fronte al nulla dei valori, all’assurdità del mondo, essa è la volontà dell’individuo di affermarsi come volontà. Così, la morte di Dio diventa la resurrezione dell’uomo responsabile e padrone del proprio destino, la cui volontà è ora libera di affermare se stessa. Da quanto sopra esposto, si è compreso che Nietzsche, in antitesi alla morale e alla religione, parla di una trasvalutazione dei valori: ciò indica l’invenzione di nuove forme di esistenza, di nuovi valori. Detto ciò, si può davvero affermare che Nietzsche sia un nichilista? Egli di certo parla della caduta di quei valori che sono da sempre stati alla base della civiltà occidentale cristiana, ma da quanto sopra illustrato, si comprende come egli sulle rovine di questi, voglia affermarne altri: il Superuomo è colui che salverà l’umanità dal nichilismo, perché riscopre nuovi valori; l’Eterno ritorno, esalta il senso di responsabilità dell’uomo, attraverso il desiderio che ogni attimo della vita ritorni così come è stato vissuto;la Volontà di potenza indica l’energia creatrice dell’uomo e dei suoi valori vitali. Nietzsche è di certo nichilista se si considera il suo pensiero rivolto ai valori tradizionali, ma non bisogna assolutamente scordare che egli vuole nuovi valori, per mezzo dei quali superare il nichilismo in cui è sprofondata la società moderna e da questa prospettiva allora, egli non può essere considerato nichilista. Ilaria Parpaglioni

Uno squarcio di società d’oggi al di là delle speculazione politiche di ogni colore

“L’età dell’oro” di Edoardo Nesi; Prato cinesizzata, perfetta metafora italiana Edoardo Nesi è l’ultimo scrittore attorno alla quarantina ad essere entrato nel salotto buono del mondo letterario ed editoriale italiano. Pubblica “Fughe da Fermo” (1995), “Ride con gli angeli” (1996), Rebecca” (1999), Figli delle stelle (2001) e raggiunge la consacrazione definitiva con “L’età dell’oro”, Bompiani, 2004, pagg. 337. Anche lui come Baricco e il conterraneo Veronesi da una parte guarda all’America alla ricerca di padri putativi di rilievo, vedi la citazione sul finale del romanzo de “Il Grande Gatsby”, il capolavoro immortale di Francis Scott Fitzgerald, dall’altra parla delle cose di casa nostra e immancabilmente da un’angolazione ben precisa: “Il fallimento di Berlusconi è rappresentato sostanzialmente in questo: aveva promesso di introdurci trionfalmente nella modernità e non c’è riuscito”. “L’età dell’oro” è il racconto degli ultimi giorni di vita di Ivo Barrocciai, piccolo industriale tessile pratese, malato di cancro in fase terminale che fugge da una clinica insieme a Caterina, starlet inconsapevole del porno amatoriale internettiano. Sono finiti entrambi in clinica per combattere la depressione e ora si trovano a viaggiare ricercati da media e polizia per la campagna toscana mentre la testa di Ivo va dentro i giorni, gli attimi, le donne e gli uomini più importanti della sua vita. Ivo ha perso tutto: fallita l’azienda storica di famiglia che lui ha contribuito a rendere la più importante del settore a Prato e che lo faceva agli occhi dei suoi concittadini, numero uno; naufragato il rapporto con la moglie che vista la mal parata in realtà lo abbandona ben prima di averlo trovato a letto con una donnaccia; finito sul lastrico e nell’indigenza, con la damnatio memoriae del proprio nome, lui che era abituato a farsi la barba con un pennello di pelo di tasso di montagna e che quella sera al Crazy Horse per far

colpo su Rosa si fece rovesciare tre bottiglie di Dom Perignon nei secchi per lo Champagne; perso anche l’amore per Rosa, vissuto per anni nel segreto, unico e vero amore della sua vita, Rosa sposata al cugino sfigato che però alla fine e cioé oltre la soglia dei settanta che entrambi hanno varcato, si dimostra essere stato, corna più, corna meno, lui, il cugino, incredibile a dirsi, il vero vincitore. Siamo nel 2010 e lo sfondo è quello di un tessuto economico e sociale italiano irrimediabilmente compromesso e pronto in qualsiasi momento se solo si potesse, ad arrendersi, a

riconoscere la sconfitta nei confronti di nemici cui non si riesce a dare un volto: l’euro, la concorrenza cinese, le tigri asiatiche, l’impossibilità per i piccoli produttori di esternalizzare le produzioni, il drastico cambio di strategia e di natura delle banche, sostanzialmente la totale assenza di volontà, l’inania colpevole di una società che non vuole variare schemi dialettici cui è legata più per sentimento che per esercizio di congnizione razionale. Così Ivo sul letto di morte canta Bandiera Rossa la trionferà insieme al suo unico e fidato operaio che raccoglie la sua ultima volontà quel-

Prosegue a pag. 1 ben sa, è un elettorato che vive di passione e quindi ha sempre bisogno di essere motivato». Già, ma con questa svolta non c’è il rischio che l’elettorato di destra perda un punto di riferimento? In sintesi, non è che An perderà qualcosa della sua identità? «Vede, la mia famiglia è profondamente legata alla Destra. Ebbene io le dico che con il documento presentato da Fini non si perde nulla anzi, la Destra si arricchisce di una proposta innovativa. Non è più il tempo delle vecchie scene quando, al Parlamento Europeo, gli eurodeputati di An non si iscrivevano a nessun gruppo». Bene. An allarga i propri orizzonti, ma dove guarda? «Per me che sono cresciuto con Giulio Andreotti è chiaro che si deve trattare di un progressivo percorso di moderazione. L’elettorato, ormai, non è più quello di una volta, è cambiato». In che modo? «È un elettorato composito dove si ritrovano associazioni professionali, categorie. Anche gli argomenti sono cambiati. Una volta l’Msi parlava di prima socialità oggi il tema è quello dell’equa distribuzione del reddito. Un modo di porsi

la di accompagnare Caterina a Milano dove deve aiutarla a consegnare ad una casa d’aste un Bacon sfuggito al collasso patrimoniale e dove deve assicurarsi che a lei e solo a lei vada l’intero ricavato. Il teatro della vicenda narrata è Prato e l’universo toscano, il pratese lontano da tutti, niente campanilismo dalla nobile storia sul modello Pisa-Livorno o Siena-Firenze, più un campanilismo basato sull’orgoglio del produrre cose, dell’arricchirsi e del mostrarlo anche sboccatamente, il pratese è il parvenue, il cafone arricchito, ma che di questa etichetta ha fatto un vanto, ora vede

cinesizzarsi non solo gli esercizi commerciali ma anche l’anima. Ora perde senso il suo campanilismo. Perde senso tutto in questa Prato perfetta metafora italiana. Stanca di tutto. Che vuole solo andare avanti, senza chiedersi nulla. Oltre le battute anti-berlusconiane, leggendo un libro che ha l’innegabile merito di andare a fondo su una realtà quella del ridimensionamento che la classe media ha dovuto affrontare in questi anni, a partire dall’inizio del processo che ha portato alla moneta unica, passando per i problemi della storia recente internazionale e del Paese e la mancata

svolta tatcheriana che pure ci si aspettava dal Governo Berlusconi, si trova tra le righe qualche cosa di inconsueto, quasi rivoluzionario per un romanzo italiano, una visione romantica, einaudiana del fare impresa dei piccoli imprenditori, si nasconde un’idea che vagliela a spiegare al tradizionalismo rossoverde-comunista e alla retorica dell’evasione fiscale e del pensiero sinistrorso anti-impresa, e cioè che le ditte e le imprese sono strumenti per realizzare sogni e che se non si vuole provare nemmeno a realizzare i sogni, allora vuol dire che non si vuole veramente vivere.

Bene la linea Tremonti molto più di centro e, forse, un po’ meno di destra. E badi bene che, quando parlo di centro, non penso solo a quello che si identifica in una vicinanza alle gerarchie ecclesiali». Sì, ma quali sono le categorie che An non ha mai conquistato e a cui oggi punta? «Sicuramente la platea dei dipendenti pubblici e non, dei professionisti e una certa borghesia». Quando li avrete conquistati Fini sarà pronto per prendere il posto di Berlusconi? «Le confesso che non mi ha mai appassionato la discussione su chi ha il boccino in mano. Quello della leadership non è un problema dell’oggi. Berlusconi è il leader naturale del centrodestra». Fini che fa, resta a guardare? «L’obiettivo di Fini, con il documento, non era certo quello di aprire una discussione di posizione. Il nostro obiettivo è quello di ridare forza alla Cdl non certo quello di un maquillage politico che lascia il tempo che trova». In questo senso sembra esserci una certa distanza tra la vostra idea del futuro e quella tracciata da Giulio Tremonti. Voi pensate a rafforzare la Cdl, Tremonti pensa già alla Grosse Koalition.

«Personalmente condivido l’analisi di Tremonti e non credo ci sia una differenza. Anch’io come Tremonti credo che il vero momento di debolezza del governo sarà la Finanziaria. Non è una questione di numeri semplicemente la sinistra radicale spingerà per spostare la manovra economica verso posizioni che non sono quelle di Ds e Margherita». E voi? «Se questo accadrà, come io credo, mi auguro che non ci sia solo un momento di scontro, ma che possa realizzarsi un governo di larghe intese che possa gestire questa fase transitoria fino alle prossime elezioni». Non crede che gli elettori potranno considerarlo un inciucio? «Non ci sarà nessun inciucio a patto che l’intesa sia finalizzata alla realizzazione di due priorità: da un lato le riforme, dall’altro la necessità di rientrare nei parametri fissati dalla Ue. Se sarà così credo che noi, per senso di responsabilità nei confronti del Paese, non potremo escludere la possibilità di sostenere il governo». Ammetterà però che l’ipotesi ha tutte le sembianze di un inciucio. Ma come, Berlusconi continua a dire

che Prodi non ha vinto le elezioni e poi sarebbe addirittura disposto a soccorrerlo? «Quella è un’altra cosa. Noi continueremo a sostenere la nostra posizione sulle elezioni fino a quando tutte le verifiche non saranno completate. Mi sembra si tratti di una cosa normale in tutti i paesi democratici». A proposito di larghe intese. Crede che la prospettiva tracciata dal centrodestra che dovrebbe approdare nella costituzione del partito unico possa allargarsi anche a forze moderate dell’Unione? «Noi non abbiamo aperto questo dibattito con lo spirito con cui Enrico Letta parla di larghe intese. Il nostro obiettivo non è conquistare qualche senatore in più o caricare qualcuno per strada. Il nostro è un progetto». Che, in quanto tale, si rivolge anche a sinistra? «È chiaro che chi vuole aderire a questo progetto è ben accetto. La Cdl è una casa aperta. Se però qualcuno pensa di venire da noi solo per un calcolo non troverà sicuramente ospitalità». venerdì 21 luglio 2006

1-31 marzo 2006

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LA PIAZZA D’ITALIA - SPETTACOLO Al via domani il romaeuropa festival 2006 Roma, (Ign) - Ci aspettiamo almeno 50 mila persone. Non ha dubbi il direttore artistico Fabrizio Grifasi sul successo del Festival Romaeuropa, pieno zeppo anche quest'anno di appuntamenti da non perdere: due mesi di concerti, spettacoli e creazioni artistiche. Ad aprire la manifestazione, ci sarà un gradito ritorno: il concerto dell'Orchestra di Piazza Vittorio all'università RomaTre. Il gruppo musicale ha debuttato proprio sul palco del festival romano.

Cinema: prosegue a roma la rassegna di film ispirati all'opera

Cinema: roma, i vincitori del 3° festival palazzo venezia

L’aRoma, (Adnkronos/Adnkronos Cultura) - Prosegue ''Cinema e Opera'', la rassegna di film ispirati all'opera lirica organizzata dall'associazione culturale ''Cane Nero! Canta o Nerone!'' e realizzata con il sostegno dell'Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma. La manifestazione, allestita presso l'Auditorium Piacentini - Casa madre del Mutilato di Guerra, si concludera' nel pomeriggio di domenica 22 ottobre.

Roma, (Adnkronos/Adnkronos Cultura) - Alla presenza delle due giurie internazionali, quella per l'arte presieduta da Petra Joos e quella per la musica presieduta da Renzo Arbore e Caterina Caselli, presso la Sala Regia di Palazzo Venezia, avra' luogo la premiazione dei vincitori dei due concorsi Arte e Musica del terzo Festival di Palazzo Venezia presieduto da Carlo Fuscagni e diretto da Rubino Rubini.

ESCE IN DVD IL PRIMO FILM CON AL PACINO

PANICO A NEEDLE PARK

Sullo sfondo di una New York degradata si svolge la relazione tra Bob, uno spacciatore, e Helen, una prostituta,

entrambi dipendenti dalla droga. Vorrebbero una vita migliore ma non riescono a liberarsi dal giro malavitoso e

non trovano una via d’uscita. Primo vero film con protagonista Al Pacino e secondo film per l’ex fotografo Jerry Schatzberg, Panico a Needle Park ha i pro e i contro delle opere d’esordio. Pacino arriva al cinema dopo 10 anni di teatro e offre un’interpretazione nuova per allora, ma che oggi può sembrare manierata,

mentre Kitty Winn (Helen) recita meglio. La regia, essendo Schatzberg un ex fotografo, è molto curata dal punto di vista visivo: stile documentaristico, ambientazione in luoghi reali e cinepresa a mano. Più deludente è lo sviluppo narrativo e l’impatto emotivo: affrontando il problema sociale della droga, il regista mostra una

gran quantità di cliniche, siringhe, volti catatonici ma non sempre lo spettatore riesce a entrare in empatia con ciò che vede, qualcosa fa mantenere sempre un certo distacco. Il dvd è distribuito dalla Dolmen ed ha una buona qualità video perché la pellicola è stata restaurata con una resa cromatica tipica degli anni 70, molto interessanti anche gli extra perché la casa di distribuzione ha comprato i diritti della versione francese del film, inoltre ci sono due approfondimenti su Schatzberg, il primo sulla suo stile fotografi-

co e il secondo sul suo stile registico. A seguire il commento del regista su Al Pacino, e su 5 scene che furono modificate, inoltre c’è uno special sulla presenza di Schatzberg al festival di Cannes, come membro, quando Tarantino era presidente. Panico a Needle Park resta un documento storico sulla fine degli anni 60 e l’inizio, devastante, dei 70, ma ciò che più conta riesce a far viaggiare indietro nel tempo permettendo di scoprire il pianeta Schatzberg. Raffaella Borgese

AL CINEMA

SEMPRE PIU’ DIGITALE Nasce Contour sistema rivoluzionario per sosia fatti di pixel La settima arte è in continua evoluzione, il primo passo è stato l’addio alla celluloide, il secondo sta per arrivare e sarà quello di innamorarsi e sognare guardando recitare labbra e corpi digitali. Steve Perlman, ingegnere informatico, ha creato Contour un sistema di ripresa rivoluzionario che permetterà di riprodurre, con fedeltà assoluta, la mimica e i movimenti degli attori, ma soprattutto di poterli apprezzare in una prospettiva tridimensionale che rivoluzionerà l’intrattenimento digitale. Con il già collaudato sistema del “motion picture”, usato in The Polar Express in cui Tom Hanks aveva recitato pazientemente col viso ricoperto di sensori, si può cogliere qualche centinaio di punti dal viso umano e ottenere discreti risultati con i movimenti del corpo. La tecnica di Contour è diversa: non si ricostruisce un viso sulla base degli input inviati, ma si vernicerà di colori fosforescenti volti e corpi dei soggetti con polveri invisibili alla luce naturale. I soggetti saranno investiti da rapidissimi flash di luce, impercettibili all’occhio umano, così che il riverbero dei raggi luminosi proiettato dalla fluorescenza del colore venga ripreso da 2 cineprese sincronizzate. Non ci sarà più un

collage di porzioni di movimento da montare, ma un’intera area coin-

David Fincher, regista di Fight Club, ha annunciato che per le riprese

volta nella registrazione con una definizione di 200 mila pixel. Dei computer poi riassembleranno le riprese delle macchine da presa per creare l’effetto 3D. Unico handicap è presentato dagli occhi e dalle cavità orali perché non è possibile ricoprirli con la polverina magica.

di The curious case of Benjamin Button (tratto da un racconto di Francis Scott Fitzgerald) utilizzerà Contour. Il protagonista è Brad Pitt e il suo bel volto sarà dipinto di un verde fluorescente in modo da poter catturare l’intera superficie cutanea e riprodurla dettagliatamente.

WORLD TRADE CENTER Ecco l’11-9 di Oliver Stone Sta per arrivare nelle sale italiane l’attesissimo film di Oliver Stone sulla tragedia dell’11 settembre e quando cinque anni fa, fu chiesto al regista che tipo di film avrebbe fatto, egli portò come esempio “La battaglia di Algeri”. Doveva trattarsi di un film strutturato come una caccia, concentrandosi sui modi in cui opera il terrorismo. Il film che vedremo è altra cosa perché parla di eroismo e non tocca il tema del terrorismo, è commovente in modo intenso, ma soprattutto è apolitico. Quella terribile mattina un agente dell’Autorità portuale di nome Will Jimeno è a lavoro come tutti i giorni, allontana le prostitute e gli accattoni dal terminal degli autobus quando ad un certo punto sente un rumore fortissimo provenire dall’alto. La cinepresa si muove veloce facendo una panoramica, ma invece di rivolgersi verso il cielo, come logicamente si penserebbe, si dirige verso la strada e riprende l’ombra di un aereo che vola basso e che risale la facciata di un edificio. Sin dall’inizio capiamo che la scelta del regista è di farci vivere questa tragedia da terra, dalla prospettiva dell’uomo comune. I poliziotti raffigurati nel film sono ragazzi qualsiasi e non sono pronti per il disastro che incombe. La maggior parte degli agenti della squadra comandata dal sergente John McLoughlin (Nicholas Cage) non vuole offrirsi volontaria per entrare negli edifici, sono in pochi quelli che si fanno avanti e fra loro c’è Jimeno (Michael Pena). Sono spaventati e pur muovendosi lentamente e con esitazione continuano a fare il loro dovere. Questi uomini semplici,

che ogni giorno compiono piccole azioni, con il loro coraggio contribuiscono a riscattare il più cupo dei giorni. E’ la prima volta che vediamo la riproduzione dell’implosione della Torre, il boato e l’impatto sullo spettatore non può che essere indelebile. Lo schermo diventa nero e un’agghiacciante calma mortale invade lo spettatore, quando poi nel buio si avvista tra le macerie il corpo di Mc Loughlin, l’identificazione è completa. L’uscita del film subito dopo “United 93” indica una svolta perché subito dopo la tragedia tutte le riproduzioni delle Torri

che comparivano nei film furono cancellate digitalmente, si temeva (sopra-

tutto nelle commedie) che avrebbero potuto far cambiare umore al pubblico. Nel 2005 Spielberg decide di cominciare a infrangere questo tabù e in “Munich” inserisce digitalmente le Twin Towers nello skyline di New York collegando il terrorismo del suo racconto al terrorismo che ci sarebbe stato. Adesso Stone fa dipiù e ci porta nel cuore straziato di Ground Zero.

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1-31 marzo 2006

LA PIAZZA D’ITALIA - TEMPO F1: Alonso assicura, la macchina e' al massimo Shanghai, (Adnkronos/Dpa) - L'attuale campione del mondo di Formula 1, lo spagnolo Fernando Alonso, e' pronto ad affrontare la prima delle tre sfide decisive con Michael Schumacher per confermare il titolo conquistato nella scorsa stagione. Il pilota iberico e' convinto di poter bissare la vittoria grazie alla sua Renault. ''Dobbiamo essere veloci, la macchina e' al massimo'', ha detto oggi Alonso a Shanghai a tre giorni del Gran Premio della Cina, dove si e' presentato con un nuovo 'look' con barba stile moschettiere.

LIBERO

Calcio: Camoranesi, pronto a riportare la Juventus in serie A

Mike Tyson ancora sul ring per un pugno di dollari

Torino, (Adnkronos) - ''Rimarro' qui tutta la stagione, non lascio la squadra a meta' campionato e devo dire che la serie A non mi manca poi tanto. Il campionato di B e' molto interessante e ci sono squadre che hanno piu' tradizione di tante altre che militano nella massima serie''. Mauro Camoranesi non abbandonera' la Juventus a meta' campionato, ha deciso di rimanere in bianconero ed e' pronto a riportare la Juve nella massima serie.

New York, (Adnkronos/Ign) - Il 40enne ex campione dei massimi: ''Odio combattere, sto cercando di guadagnare qualche soldo''. Ma c'è un contratto che lega ancora 'Iron Mike' alla tv Showtime. La bancarotta è dietro l'angolo e Mike Tyson torna sul ring. Un'altra volta. Il 40enne pugile non disputa un incontro ufficiale dall'11 giugno 2005, quando fu sconfitto in 6 riprese da Kevin McBride.

"Promuovere l'accoglienza e l'informazione ai turisti"

Intervista al presidente della pro loco di Cittareale VALERIANO MACHELLA Presidente, innanzi tutto può spiegare qual è il compito della Pro Loco? La Pro Loco è un’associazione turistica che è tesa promuove la cultura storica, l’accoglienza e l’informazione ai turisti. La pro Loco organizza iniziative utili allo sviluppo della conoscenza, delle attrattive del luogo d’appartenenza anche al di fuori del territorio comunale. Favorisce, anche con carattere regionale o nazionale, manifestazioni culturali, organizza seminari, giornate di studio, incontri e convegni, tavole rotonde, dibattiti e conferenze stampa, manifestazioni, premi e lotterie, spettacoli. Tutela e valorizza inoltre, il patrimonio artistico, architettonico, ambientale e culturale del paese, nel mio caso Cittareale e la Valle Falacrina. Qual è il compito di un presidente di una Pro Loco? A norma di Statuto, il presidente ha la responsabilità dell’amministrazione della Pro Loco, la rappresenta di fronte ai terzi ed in giudizio, convoca e presiede il Consiglio Direttivo e

Su quale tipo di contributo la Pro Loco vive? Oltre alle quote associative i contributi sono previsti dalla locale Amministrazione Comunale, dalla Provincia di appartenenza, dalla Comunità Montana di zona e da Istituti bancari vari. Ma il tutto avviene sempre con il “contagocce” viste anche le ristrettezze economiche di cui vivono ormai tutti gli Enti locali.

l’Assemblea dei Soci. In realtà, viste le scarse risorse umane, la figura del presidente spesso coincide con quella di tutti gli organismi previsti sopperendo alle naturali carenze dovute, a volte, allo scarso entusiasmo all’attività prevista. Quali altri compiti dovrebbe avere la Pro Loco? Sicuramente avere l’esclusiva della gestione turistica sollevando il Comune da compiti spesso difficili da portare a termine senza il necessario entusiasmo che, invece, nasce naturalmente dal puro volontariato. La Pro Loco oggi svolge, a suo parere, un compito determinante nell’ambito del settore turismo? Sono convinto che le Pro Loco siano il cuore pulsante del turismo locale e di massa. Migliaia di manifestazioni, culturali, sportive e folcloristiche sono, ogni anno, organizzate con grande successo ma anche con altrettante difficoltà. In ogni caso, senza questi piccoli organismi, la maggioranza degli eventi oggi esistenti non sareb-

bero mai nati. Eventi che rinnovano il passato, rispolverano la nostra storia mantenendo viva una memoria che, altrimenti, sarebbe già da tempo cancellata. Lo Stato dovrebbe riconoscere (cosa che in effetti sta facendo con una riforma di legge) l’enorme lavoro fin qui svolto, cercando di aiutare tangibilmente queste associazioni, promuovendone la formazione e assicurandone, soprattutto, la sopravvivenza.

Promuovete manifestazioni? Certamente! Una delle manifestazioni più antiche della provincia di Rieti è la Sagra della Braciola di pecora che noi sosteniamo da 47 edizione. Il successo è sempre assicurato, anche perché il cibo tipico, è un grande richiamo! Ma, nel corso dell’anno, molti altri eventi realizziamo. Convegni storici, sul brigantaggio ad esempio; conferenze sullo stato degli esistenti scavi archeologici in Falacrinae; concorsi fotografici a tema. Non mancano le partecipazioni a manifestazioni regionali come, ad esempio, il Salone della Montagna a Roma e questo è soltanto un piccolo elenco delle

nostre iniziative. Come pensate di richiamare il turista? Il turista si deve sentire accolto, curato e informato. Così noi proponiamo al visitatore il nostro territorio, la nostra storia, le nostre curiosità ma anche l’arte, lo sport e tanto altro che possa lo strumento per far apprezzare il luogo. Realizziamo per questo brochure, audiovisivi, poster e pubblicazioni di ogni genere, sia cartacee che telematiche. La mia esperienza mi permette di dire che l’informazione è direttamente proporzionale all’attenzione che crei intorno alla tuo paese, ed è necessaria alla vita dello stesso. Cittareale è terra di storia e di tradizioni, un paese immerso in una natura incontaminata pronta ad accogliere e stupire chiunque. Noi tentiamo di farla conoscere sempre di più, e lo facciamo con ogni mezzo e con ogni risorsa. Sempre con il poco a disposizione che, come accade solo nelle fiabe, in mano nostra si moltiplica magicamente. Alice Lupi

Montagne, cavità carsiche e laghi limitrofi fanno da sfondo a secolari ulivi, imponenti castagni incorniciati in un cielo terso.

CITTAREALE UNA META DA SCOPRIRE Il territorio reatino ama la qualità dei suoi prodotti, ama lo stupore che suscita nel turista desideroso di scoprire i suoi tesori, ama il silenzio che cela una bellezza inalterata. Una terra che offre varie sfaccettature e lega ed unisce il piacere della scoperta del luogo con quello del gusto. Punto di forza del reatino è la sua identità, il legame ancora saldo con la tradizione. L’arte e la natura sono un mix armonioso che fanno da richiamo ai curiosi di mete non iperconosciute. Se si volessero assaggiare diverse delizie gastronomiche si potrebbe optare per questa terra senza alcun dubbio, dove i prodotti sani e gustosi sono all’ordine del giorno. Come l’olio d’oliva della Sabina, le castagne d’Antrodoco, i fagioli Borbontino, il pomodoro Corno di Toro ma anche il tartufo di Cittareale. La bella Cittareale, un

piccolo paese a nord est del Lazio, non lontano dal confine regionale. Non è una località famosa come altre, ma racchiude un fascino molto personale. Cittareale, nata per scopi militari, fu fondata da Carlo II d’Angiò re di Napoli nel 1308, sul confine del regno stesso. La possente Rocca angioina, sita a circa 1000 metri slm, fu costruita per volere dello stesso re, con il fine di proteggere la cittadina e controllare la via Salaria. Un devastante terremoto colpì il paese nel 1703. I segni di questa terribile esperienza sono ancora visibili guardando la Chiesa di Sant’Antonio che dell’antico edificio mantiene soltanto il portale romanico. Anche il Santuario della Mado nna di Capodacqua fu r i c o s t r u i t o . F o r t u n atamente la torre medioevale, vicina alla chiesa di S. Antonio, è rimasta intatta e svetta fiera. Nel agosto 2005,

grazie alcuni scavi archeologici, è stata rinvenuta una colonna corinzia risalente alla seconda metà del II a.C. a testimonianza di un grande edificio di carattere pubblico. La natura circostante è ancora incontaminata e rende unica l’esperienza vissuta in questo paese, immerso nella Valle Falacrina vicino i Monti

della Laga. Il territorio è caratterizzato dalla presenza di cavità carsiche che rendono il paesaggio ancora più affascinante; un gruppo di speologi, alle pendici del monte Pozzoni, ha rinvenuto grotta detta della Sibilla nella valle di San Rufo, considerata una delle più grandi cavità dell’Italia centrale.

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