Egec 2009 Lucidi Parte 3

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Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali

Problem solving La gestione di un’organizzazione culturale può essere interpretata – al pari di quanto accade per le aziende che operano in altri settori – come un’attività di problem solving di tipo complesso. ►

Essa infatti si estrinseca nell’assunzione di una pluralità di scelte, necessarie per affrontare le differenti situazioni ed i diversi problemi che di volta in volta si presentano durante lo svolgimento dell’attività d’impresa. ►

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Le variabili che influiscono sulle decisioni di gestione (1) Le decisioni da prendere durante la vita di un’organizzazione sono molto diverse tra loro, considerando – ad esempio – l’orizzonte temporale (decisioni di breve o lungo periodo), l’ambito di riferimento (strategiche, direzionali, operative) ovvero le modalità di assunzione (spontanee o preordinate). ►

La dimensione dell’organizzazione è una variabile rilevante, in quanto con l’aumentare della scala di attività cresce in maniera corrispondente l’ammontare di risorse (umane, tecniche, finanziarie, etc.) necessarie per lo svolgimento dell’attività aziendale, il cui utilizzo va calibrato tenuto conto dei vincoli reciproci che l’uso congiunto di tali risorse generalmente comporta.



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Le variabili che influiscono sulle decisioni di gestione (2) Il settore di appartenenza è altrettanto significativo, in quanto appare chiaro che le problematiche gestionali con le quali si confronta un museo risultano differenti rispetto a quelle che deve affrontare un teatro ovvero un archivio. ►

Importanti appaiono, inoltre, i regimi proprietari (pubblici o privati), le forme giuridiche, gli assetti istituzionali, nonché tutti quegli elementi che risultano, più o meno direttamente, influenzati dal contesto geografico di appartenenza. ►

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La conoscenza del problema

Per assumere una decisione è necessario innanzitutto comprendere la natura del problema che si sta affrontando; per fare ciò, occorre avere accesso ad una pluralità di dati, notizie ed informazioni, che possono essere relative tanto al contesto ambientale e competitivo nel quale si muove l’impresa (variabili esogene), quanto alla situazione interna, con riferimento alle diverse aree aziendali (variabili endogene). ►

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Le variabili esogene (1) Le variabili esogene hanno assunto, ai giorni nostri, un’importanza crescente, a causa di due circostanze: ► considerando il numero sempre maggiore di fenomeni che vanno attentamente monitorati (varietà dei fattori evolutivi); ►tenuto conto della velocità con la quale tali elementi mutano le loro caratteristiche e la loro influenza sulle problematiche di gestione (variabilità dei fattori evolutivi). ►

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Le variabili esogene (2) Basti ricordare il rilievo che il progresso scientifico e tecnologico (variabile tipicamente esogena) assume per la vita di un’organizzazione culturale, mettendo a disposizione soluzioni sempre nuove, in grado – ad esempio – di incidere profondamente sulle modalità di erogazione di un servizio. ►

È anche vero, per altro verso, che l’evoluzione delle tecnologie produce un impatto altrettanto forte sulle caratteristiche socio-demografiche della popolazione, modificando gli stili di vita ed i sistemi di preferenze degli individui e, quindi, i tratti distintivi della domanda. ►

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Le variabili esogene (3) Uno degli elementi che contraddistingue le variabili esogene da quelle endogene è rappresentato proprio dal loro essere “esterne” rispetto ai confini dell’organizzazione e, in quanto tali, più difficilmente controllabili dalla stessa. ►

Un’impresa culturale, infatti, può cercare di appropriarsi dei benefici di una nuova tecnologia, ma con ogni probabilità è difficilmente in grado di incidere sulla natura stessa dell’innovazione, sia perché non dispone delle necessarie competenze, sia perché tale obiettivo non rientra in quelli che un’impresa culturale è istituzionalmente chiamata a perseguire. ►

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Le variabili endogene Le variabili endogene – si pensi, ad esempio, alla gestione delle risorse umane – ricadono più direttamente entro la sfera di influenza dell’organizzazione, anche se non è detto che questa riesca ad esprimere su di esse un pieno grado di controllo. ►

Un’ulteriore differenza che caratterizza le variabili endogene rispetto a quelle esogene è legata alla disponibilità di informazioni, che nel primo caso sono di più semplice accesso, in quanto si riferiscono a fenomeni interni all’azienda, mentre nel secondo caso possono essere ottenute solo attivando processi di ricerca ed acquisizione, che possono rivelarsi difficili oltre che costosi. ►

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Le competenze necessarie La disponibilità di informazioni sulle variabili endogene ed esogene, necessarie per l’identificazione e la comprensione di un problema, rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente per raggiungere la soluzione ricercata.



Occorre infatti che, all’interno dell’impresa culturale, siano presenti anche delle specifiche professionalità per svolgere l’attività di elaborazione ed interpretazione dei dati raccolti, la quale è propedeutica all’assunzione delle decisioni sulla base delle quali si sviluppa la gestione aziendale. ►

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La natura della conoscenza (1) In primo luogo, va precisato che la conoscenza può presentarsi in forma tacita o esplicita, nel senso che essa può avere un contenuto più o meno tangibile. ►

La conoscenza è tacita qualora si consideri, ad esempio, il bagaglio personale di nozioni ed esperienze possedute da un individuo ovvero, in ambito aziendale, dei soggetti che a vario titolo operano all’interno di un’organizzazione culturale. ►

Tale dotazione conoscitiva individuale rimane allo stato latente sino al momento in cui non viene attivato un processo di “conversione”, cioè di trasformazione della conoscenza, da tacita in esplicita. ►

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La natura della conoscenza (2) Ad esempio, dirigere un’orchestra, catalogare un volume, sviluppare i contenuti di un pannello informativo per una sala di un museo sono tutti esempi che rappresentano altrettante occasioni di trasformazione della conoscenza individuale, tacita, in conoscenza esplicita, e per ciò stesso trasferibile a terzi. ►

Quando la conoscenza viene resa esplicita, muta le sue caratteristiche e diventa più semplice condividerla con soggetti diversi. ►

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I processi di trasformazione della conoscenza

A conoscenza tacita

conoscenza esplicita

conoscenza tacita

socializzazione

esteriorizzazione

conoscenza espicita

interiorizzazione

combinazione

DA

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La “socializzazione” Il processo di socializzazione del patrimonio conoscitivo contribuisce alla circolazione tacita del sapere, che avviene quindi senza che si faccia uso di un qualsiasi tipo di linguaggio o codifica, ma unicamente attraverso un’attività di condivisione di un’esperienza. ►

L’apprendista, ad esempio, proprio grazie alle semplice osservazione del lavoro svolto da una persona più qualificata (il maestro) può appropriarsi di una serie di conoscenze che potrà a sua volta utilizzare nello svolgimento dei compiti a lui affidati.



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La “combinazione” In maniera speculare, con la combinazione la conoscenza si trasferisce in maniera esplicita e rimane tale. ►

È questo il caso, ad esempio, di un museo, che decide di utilizzare il contenuto di un catalogo sulle proprie collezioni per realizzare delle schede informative di sala. ►

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L’ “esteriorizzazione” L’esteriorizzazione implica invece un cambiamento di stato della conoscenza (da tacita a esplicita), che si realizza attraverso la formalizzazione della stessa mediante l’utilizzo di un linguaggio, verbale o testuale. ►

Quando, ad esempio, all’interno di un’organizzazione, i compiti che le diverse persone devono svolgere vengono formalizzati attraverso la messa a punto di un sistema di regole scritte (un manuale delle procedure operative), si realizza una sedimentazione della conoscenza posseduta a livello individuale, la quale diventa così liberamente trasferibile tra tutti i soggetti che operano all’interno dell’azienda. ►

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L’ “interiorizzazione”

L’ultimo processo (da esplicita a tacita), è invece speculare rispetto alla esteriorizzazione e si verifica nel momento in cui il singolo individuo metabolizza, facendole proprie, le conoscenze a cui ha avuto accesso, incrementando il proprio personale bagaglio di competenze. ►

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Il valore d’uso della conoscenza La conoscenza può quindi essere qualificata anche in ragione della sua utilità, cioè con riferimento alla possibilità di utilizzarla proficuamente per svolgere con efficienza ed efficacia il processo decisionale alla base della gestione aziendale. ►

Utilizzando tale chiave interpretativa, diventa possibile precisare anche il significato attribuito ai termini “dati” ed “informazioni”. ►

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I dati e le informazioni I dati sono le “particelle elementari” esistenti all’interno di un dominio conoscitivo e si caratterizzano per uno scarso valore d’uso, in ragione della loro natura grezza e diffusa. ► Un dato, cioè, non ha in sé un particolare valore, poiché non può essere immediatamente utilizzato. Solo se esso viene inserito all’interno di un quadro ordinatore, mediante un processo di organizzazione, si realizza l’accrescimento del suo valore utile e la transizione del dato in informazione. ► La natura “organizzata” delle informazioni consente quindi di sottolineare la circostanza che i dati elementari possono essere variamente combinati in funzione del tipo di utilizzo che se ne deve fare, e che tale processo può determinare un incremento del loro potenziale di applicazione. ►

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L’attività interpretativa È il processo soggettivo attraverso cui viene attribuito un preciso significato all’informazione, identificando un nesso di causazione tra le diverse variabili prese in considerazione nonché tra queste e la situazione problematica rispetto alla quale occorre fornire una risposta. ►

Così come tra dati ed informazioni, anche tra informazioni e conoscenza è possibile riconoscere un rapporto di strumentalità, contaminato da rapporti di retroazione, come illustrato nello schema che segue. ►

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Il processo generativo della conoscenza attività interpretativa

attività organizzativa DATI ELEMENTARI

INFORMAZIONI

CONOSCENZA

Il processo decisionale su cui si basa tutta l’attività di gestione di un’organizzazione, quindi, si presenta come un percorso ad alto consumo di conoscenza, la quale viene utilizzata con modalità differenti nelle diverse fasi in cui è possibile scomporre l’attività di problem solving. ►

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Le fasi dell’attività di problem solving definizione del problema

acquisizione dei dati

endogeni

esogeni

produzione di informazioni

formulazione della risposta

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La definizione del problema La fase di problem defining è particolarmente delicata, in quanto identificare ed analizzare una situazione problematica, nonché l’insieme dei fenomeni ad essa collegato, è un’attività fortemente condizionata – nel suo svolgimento – dai riferimenti conoscitivi preesistenti che influenzano la costruzione del quadro interpretativo da parte del soggetto decisore; questi, infatti, orienta i propri comportamenti sulla base della sua personale capacità di interpretare i fenomeni che egli reputa rilevanti. ►

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La comprensione di un fenomeno Nella comprensione di un fenomeno, l’attenzione deve essere progressivamente spostata da un approccio statico – teso ad individuare la presenza, il peso e l’evoluzione delle variabili ritenute significative – ad una prospettiva dinamica, in cui assumono rilevanza non solo le singole variabili, ma anche le connessioni riconoscibili tra le stesse. ►

Pertanto, se fino a qualche anno fa, di fronte ad un ambiente relativamente più stabile e prevedibile, era ancora possibile ipotizzare rapporti di causazione lineari e costanti nel tempo, allo stato attuale diventa invece necessario coglierne i livelli di intersezione, arrivando a costruire schemi di rappresentazione della realtà basati su ipotesi meno semplificatrici. ►

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L’acquisizione di dati e la produzione di informazioni L’attività di ricerca e selezione dei dati (searching) è finalizzata a reperire elementi di conoscenza sull’ambiente di riferimento dell’impresa culturale e risulta fortemente influenzata dall’attività di problem defining, pur se non è dato riconoscere un carattere di assoluta sequenzialità tra tali fasi. ►

In effetti, ciascuno dei passaggi presi in esame si condiziona reciprocamente: ad esempio, nel corso della raccolta dei dati è possibile acquisire indicazioni che provocano una ridefinizione del problema. Si è in presenza, dunque, di un processo circolare di influenza, che esprime i suoi effetti sullo svolgimento dell’intero processo decisionale. ►

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Le fonti conoscitive L’acquisizione di dati può essere orientata sia verso l’esterno che verso l’interno dell’organizzazione, in quanto è possibile distinguere le fonti conoscitive alle quali fare riferimento sulla base della loro natura, endogena ovvero esogena rispetto al sistema d’impresa. ►

I dati, una volta raccolti, vanno opportunamente selezionati e quindi sottoposti ad un processo di organizzazione, sulla base di specifici criteri di ordinamento attraverso cui realizzare l’incremento del loro valore utile e, quindi, la loro trasformazione in informazioni utilizzabili. ►

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I criteri di ordinamento I criteri di ordinamento dei dati elementari possono essere molteplici, per cui la scelta della modalità di elaborazione è, in prima approssimazione, funzione dello scopo a cui le informazioni prodotte devono essere destinate. ►

L’individuazione della finalità del processo decisionale (realizzata attraverso la definizione del problema) assume quindi valore strumentale rispetto alle modalità di combinazione dei dati e di utilizzo delle informazioni. Attraverso questo passaggio si definiscono i nessi di strumentalità tra i diversi elementi informativi elementari di cui si è entrati in possesso. ►

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La formulazione della risposta Occorre distinguere, sotto il profilo semantico, la “risposta” dalla “soluzione”, in quanto non è detto che il comportamento attuato si riveli congruente rispetto alla situazione problematica che lo aveva originato. ► Ciò può avvenire, ad esempio, perché la definizione del problema viene realizzata in maniera non corretta o incompleta, oppure perché le informazioni sono state interpretate in maniera errata. ► Ancora, può verificarsi un’interruzione ovvero una distorsione nel processo di comunicazione, a causa della presenza di una qualche forma di disturbo nel corso della trasmissione delle informazioni. ►

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I livelli decisionali

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I livelli decisionali Nella letteratura aziendale, il sistema di scelte alla base del funzionamento delle organizzazioni viene generalmente rappresentato in forma piramidale, al fine di evidenziare con immediatezza il legame gerarchico tra i diversi livelli decisionali. ►

La sequenza comunemente considerata vede al primo posto la definizione delle opzioni strategiche, da cui discendono le decisioni di tipo direzionale (programmazione e controllo, organizzazione e conduzione delle risorse umane), le quali vengono poi tradotte in scelte operative. ►

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La mission Al vertice di tale piramide si colloca la definizione della mission, cioè l’individuazione della finalità che, nel lungo periodo, l’impresa culturale intende perseguire. ► Attraverso la definizione della mission, in altri termini, si cerca in primo luogo di rispondere alla domanda: “quali sono le caratteristiche distintive dell’organizzazione e quali sono le ragioni che ne giustificano l’esistenza?”. ► Questa domanda non va formulata in termini assoluti, nel senso che non si tratta di limitarsi a descrivere le specificità dell’istituzione, quanto piuttosto in termini relativi, attraverso una “contestualizzazione” della mission, considerando cioè nella sua definizione sia la presenza di altri operatori che offrono il medesimo servizio sia le specificità del settore stesso. ►

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Esempi di mission formulate da imprese culturali “The mission of the BNF is to gather and preserve all that is published in France, whatever the support, in order to place it at the disposal of researchers and professionals”. Bibliothèque Nationale de France, Parigi ► “Our purpose is to increase the public understanding and enjoyment of art, craft and design through our unrivalled collections and scholarship”. Victoria & Albert Museum, Londra ► “The mission of the Theatre is to provide its audiences with professionally produced entertainment that is a uniquely vital, thoughtprovoking”. The Northeast Theatre, Pennsylvania ► “The mission of the Park is to preserve and protect the archaeological resources for enjoyment by current and future generations of visitors”. Mesa Verde National Park, Colorado ► “The mission of the Archive is to preserve the history and collective memory of the Jewish immigrant community from the former Soviet Union and to create an engaging environment for today's immigrant culture”. The Archive, New York ►

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La formulazione della mission La formulazione della mission, anche se avviene in termini qualitativi, non deve avvenire in termini eccessivamente generici o, peggio, banali. ►

Un altro requisito di cui tener conto nella formulazione della mission è la sua semplicità: essa deve poter essere facilmente comprensibile a tutti i livelli dell’organizzazione, in modo che tutti i comportamenti individuali dei soggetti che lavorano al suo interno possano essere costantemente messi in relazione con lo scopo aziendale primario. ►

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Il sistema di scelte nell’attività di gestione

COSA SI INTENDE FARE (definizione della mission)

COSA SI DOVREBBE FARE (vincoli sociali)

COSA SI POTREBBE FARE (sistema minacce/opportunità)

COSA SI DECIDE DI FARE (decisioni strategiche)

COSA REALMENTE VIENE FATTO (decisioni operative)

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L’analisi competitiva

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COSA SI È IN GRADO DI FARE (punti di forza/punti di debolezza)

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La PEST analysis (1) Questa metodologia pone attenzione su alcune variabili di contesto, ritenute maggiormente in grado di esprimere un impatto significativo sullo svolgimento del processo decisionale delle aziende. Il focus di tale analisi è infatti centrato sulla valutazione: ►

del contesto Politico, il quale può condizionare, in misura anche significativa, l’andamento di uno specifico settore, attraverso provvedimenti legislativi volti a regolarne il funzionamento;



della situazione Economica, il cui andamento a livello internazionale (recessivo o espansivo) può influenzare le scelte delle imprese culturali, anche per effetto dei condizionamenti che si verificano sui comportamenti di consumo posti in essere dalla domanda;



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La PEST analysis (2) delle tendenze Sociali, le cui dinamiche, sia sotto il profilo quantitativo (andamento demografico) che qualitativo (stili di vita), possono produrre effetti anche molto significativi sulla consistenza e sulle caratteristiche della domanda attuale e potenziale di un’impresa culturale; ►

delle dinamiche Tecnologiche, alle quali si è già fatto più volte cenno, sia rispetto alle problematiche di produzione ed erogazione del servizio offerto, che con riferimento alle modalità di distribuzione dei prodotti culturali.



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Le finalità principali L’analisi PEST può avere due finalità principali: attraverso di essa, infatti, si può puntare a tratteggiare un quadro dello scenario attualmente esistente (analisi statica), al fine di individuare quali variabili possono produrre un effetto rilevante sulle scelte strategiche ed operative di un’impresa culturale; ►

per altro verso, le riflessioni sulle variabili di contesto possono essere sviluppate in chiave prospettica (analisi dinamica), con l’intento di individuare i principali elementi di discontinuità con i quali si prevede di confrontarsi. ►

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Il confronto competitivo Un’impresa culturale, così come accade per le altre organizzazioni, esplica la propria attività all’interno di uno “spazio competitivo”, nel quale sono per lo più presenti anche altri soggetti, che competono tra loro sia sul fronte della domanda, cercando di conquistare l’apprezzamento del maggior numero di clienti, che su quello dell’offerta, cercando di approvvigionarsi delle risorse (umane, tecniche e finanziarie) necessarie per lo svolgimento dell’attività aziendale. ►

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Le finalità dell’analisi competitiva È dunque necessario svolgere, attraverso l’analisi competitiva, un’accurata e sistematica valutazione del contesto nel quale si muove ciascuna impresa, al fine di delineare il quadro complessivo entro cui devono essere iscritte le scelte strategiche che si intendono adottare. ►

Si tratta, in altri termini, di formulare delle valutazioni (in termini statici) sugli equilibri attualmente esistenti, e sviluppare un’insieme di previsioni, al fine di ipotizzare (in termini dinamici) le possibili evoluzioni nel medio-lungo periodo. ►

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Il concetto di settore (1) Lo spazio competitivo nel quale opera l’impresa è caratterizzato dalla presenza di due forze composite che ne alimentano l’evoluzione: ► le variabili esogene (politiche, economiche, sociali, tecnologiche,) che determinano le condizioni strutturali del settore e, conseguentemente, le prospettive di sviluppo della domanda, di cui si è detto; ► la struttura competitiva del settore, con specifico riferimento al numero ed alle caratteristiche degli operatori che agiscono al suo interno i quali, con i loro comportamenti, possono contribuire a modificarne l’assetto complessivo e, quindi, l’attrattività. ►

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Il concetto di settore (2) La struttura competitiva di un settore è legata anche alla sua permeabilità, vale a dire alla possibilità che altri operatori possano decidere di aggredire il medesimo spazio concorrenziale, ritenendo di essere in grado di appropriarsi di una porzione di domanda tale da rendere vantaggioso e profittevole la loro entrata nel business. ►

La maggiore o minore permeabilità è legata alla presenza ed alla consistenza delle cosiddette “barriere all’entrata”, cioè di specifiche situazioni che rendono più o meno difficoltoso l’ingresso nel settore da parte di soggetti esterni ad esso. ►

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Il concetto di concorrenza La concorrenza deve essere necessariamente interpretata in senso ampio, considerando cioè: ► la concorrenza indiretta, tra bisogni alternativi; ► la concorrenza allargata, tra prodotti sostitutivi; ► la concorrenza diretta, tra operatori esistenti. ►

Nella decisione di utilizzare il proprio tempo libero, una persona dovrà infatti prima individuare quale sia, tra bisogni alternativi, l’esigenza primaria da soddisfare (ad esempio, optando – tra svago e cultura – per la seconda); poi definire quale prodotto o servizio possa essere maggiormente in grado di soddisfare tale bisogno (un teatro, invece di una mostra, un libro, etc.); infine, individuare presso quale teatro recarsi. ►

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L’analisi SWOT Uno degli strumenti a disposizione per supportare il processo di valutazione del contesto competitivo è l’analisi SWOT: ► strength (forza) e weakness (debolezza), riconducibili alle variabili interne all’organizzazione; ► opportunities (opportunità) e threats (minacce) che si riferiscono, invece, a fattori esterni. ►

PUNTI DI DEBOLEZZA

PUNTI DI FORZA variabili interne

fattori esterni OPPORTUNITÀ

MINACCE

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Punti di forza e di debolezza Un punto di forza può essere riconducibile, ad esempio, alla dotazione aziendale di competenze specialistiche (un curatore particolarmente esperto per un museo, uno scenografo per un teatro, e così via), che si ritiene siano difficilmente replicabili dagli altri operatori presenti all’interno del medesimo settore, almeno nel tempo breve; ovvero, al possesso di una tecnologia esclusiva, grazie alla quale si riesce ad essere più efficienti nella produzione del servizio di base. ►

Specularmente, un punto di debolezza può essere rappresentato dalla scarsità di risorse finanziarie, ovvero dall’assenza di adeguate capacità direzionali.



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Minacce e opportunità Una minaccia può concretizzarsi nel momento in cui si verifica una contrazione della domanda potenziale ovvero l’ingresso di nuovi competitor. ►

Viceversa, un’opportunità può verificarsi nel momento in cui si determina un mutamento – in senso favorevole – della normativa che disciplina il funzionamento del settore.



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Analisi SWOT del Museum of Fine Arts di Boston Forze

Debolezze

Ampia visibilità sui mezzi di comunicazione

Dipendenza dalle entrate derivanti dai biglietti

Ampia esposizione di opere d’arte di diversa tipologia

Necessità di più ampi finanziamenti

Ricerche di mercato e indagini sul pubblico Opportunità

Minacce

Espandere le vendite di merchandising all’estero

Attività commerciali vs. attività didattiche

Introdurre artisti meno convenzionali e/o poco conosciuti

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Variabili interne e fattori esterni La differenza principale tra le variabili interne ed i fattori esterni risiede proprio nella circostanza che, per i secondi, difficilmente si può immaginare che la singola impresa culturale risulti in grado di incidere sulle loro dinamiche. ►

L’unica contromisura adottabile, quindi, è rappresentata dalla possibilità di predisporre un adeguato sistema di monitoraggio in grado di cogliere, con il necessario anticipo, l’evoluzione dei fattori esterni ed attuare le misure necessarie per sfruttare le circostanze positive e prevenire – o, almeno, contenere – gli effetti di quelle negative. ►

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La matrice SWOT

forze

debolezze

opportunità

adottare comportamenti che usino i punti di forza per trarre vantaggio dalle opportunità

adottare comportamenti che traggano vantaggio dalle opportunità attraverso il superamento delle debolezze

minacce

fattori esterni

variabili interne

adottare comportamenti che usino i punti di forza per evitare le minacce

adottare comportamenti che rendano minime le debolezze ed evitino le minacce

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Le condotte strategiche

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La formulazione delle decisioni strategiche Attraverso la formulazione della strategia l’impresa non solo individua i rapporti con il contesto generale entro il quale essa si muove, ma precisa anche il sistema di relazioni che verrà attivato con gli altri operatori, presenti a monte o a valle della filiera di produzione. ►

Si tratta, dunque, di individuare con precisione i settori nei quali competere, gli obiettivi generali e specifici da raggiungere e le risorse da impegnare. ►

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Lo sviluppo delle decisioni strategiche Le decisioni strategiche, data la loro complessità ed il rilevante impatto che esse producono a tutti i livelli organizzativi, vengono generalmente assunte seguendo un approccio top-down, cioè dai livelli più alti della struttura organizzativa verso quelli inferiori, anche se questo non esclude che venga adeguatamente considerato anche l’apporto potenziale che può essere fornito dal basso (approccio bottomup). ►

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L’approccio top-down Le direttive vengono stabilite dai vertici dell’impresa e vengono poi declinate, con un processo “a cascata”, a tutti i livelli inferiori della struttura. ►

Il presupposto di tale approccio è che, per assumere talune decisioni di particolare importanza per la vita aziendale, è necessario che si disponga di competenze specifiche e di una visione d’insieme dell’organizzazione e del suo contesto di riferimento, in modo da contemplare – per quanto possibile – tutte le conseguenze sottostanti alle decisioni assunte. ►

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L’approccio bottom-up Il processo decisionale parte dal basso, su sollecitazione quindi dei livelli inferiori della struttura, i quali – essendo maggiormente “vicini” al verificarsi di determinati problemi o situazioni – sono in grado di svolgere la funzione di sensori dell’impresa, captando tutti quei “segnali deboli” (sia possibili minacce che potenziali opportunità) che potrebbero non arrivare necessariamente all’attenzione dei livelli altodirezionali. ►

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Decisioni strategiche e comportamenti aziendali Le decisioni strategiche possono essere qualificate in ragione del tipo di atteggiamento che l’organizzazione culturale intende avere rispetto allo scenario ambientale e competitivo nel quale essa opera: ► va infatti valutata non solo la possibilità di adeguare i contenuti del processo decisionale all’evoluzione delle dinamiche esterne (strategia di consolidamento); ► ma anche la capacità di incidere su tali dinamiche (strategia offensiva), adottando scelte potenzialmente destinate a modificare gli equilibri esistenti. ► In altri termini, l’ambiente esterno può essere “subito” passivamente oppure si può cercare di influenzarne in qualche modo la sua evoluzione, in senso favorevole alle sorti dell’impresa. ►

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Gli ambiti decisionali Le principali scelte strategiche che un’organizzazione deve assumere possono essere distinte in tre ambiti fondamentali, a seconda dello stadio di vita in cui si colloca l’impresa: ►

in fase di avvio dell’iniziativa imprenditoriale (decisioni di start-up); ► durante l’ordinario svolgimento della vita dell’impresa (decisioni di tipo fisiologico); ► in presenza di situazioni di crisi (decisioni di tipo patologico). ►

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Le scelte in fase di avvio Durante il primo periodo della vita di un’organizzazione, le scelte strategiche rappresentano uno dei momenti più delicati che si incontrano nell’avvio di un’attività d’impresa, in quanto la decisione relativa al business in cui iniziare ad operare (formulata in termini coerenti rispetto all’individuazione della mission), agli obiettivi da raggiungere ed al modo in cui si intende competere costituiscono l’aspetto nevralgico della programmazione complessiva delle attività aziendali. ►

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Le scelte in condizioni fisiologiche Nei momenti successivi allo start-up, le decisioni strategiche da assumere devono invece tener conto, necessariamente, anche delle caratteristiche attuali dell’organizzazione, in quanto è necessario considerare i riflessi che queste scelte producono sugli assetti già raggiunti dall’impresa. ►

Infatti un’impresa è in ogni caso condizionata dalla sua storia, dai risultati conseguiti e dagli investimenti sostenuti. ►

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Le scelte in periodi di crisi L’obiettivo prioritario diventa la salvaguardia della stessa vita dell’organizzazione, qualora vengano individuate delle possibilità di risanamento compatibili con la disponibilità di risorse e le attese di rendimento dell’attuale proprietario. ►

In alternativa, si dovrà cercare di perseguire la strategia del disinvestimento integrale, posto che si riesca ad identificare un interlocutore interessato a perseguire un processo di risanamento. ►

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Le principali opzioni strategiche Se si ritiene maggiormente proficuo continuare ad operare unicamente nell’area di affari in cui si è già presenti, si propenderà per una strategia di “concentrazione”, cioè di sviluppo mono-business; se invece si propende per la possibilità di esplorare nuove strade in settori diversi rispetto a quello attualmente servito, si decide di intraprendere la strada della “diversificazione”, cioè di una strategia multi-business. ►

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La matrice di Ansoff prodotto nuovo

penetrazione

sviluppo del prodotto

A

B

B

C

nuovo

mercato

attuale

attuale

sviluppo del mercato

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diversificazione

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“Penetrazione” La prima opzione percorribile è quella di crescere senza modificare né il prodotto/servizio offerto né il settore servito, perseguendo la penetrazione del mercato attuale: si cerca pertanto di accrescere il volume di affari aumentando il numero dei clienti ovvero incrementando la loro propensione all’acquisto. ►

Se si considera, ad esempio, il caso di un teatro, la penetrazione potrebbe essere realizzata cercando di incentivare i fruitori di singole rappresentazioni ad acquistare un abbonamento per l’intera stagione. ►

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“Sviluppo del mercato” La seconda opzione è invece rappresentata dallo sviluppo del mercato, con il quale, senza modificare l’attuale sistema di offerta (stesso prodotto/servizio), si cerca di raggiungere nuovi mercati: si mira pertanto ad ottenere un maggior presidio territoriale, cercando di rendere disponibile la propria offerta in nuove aree geografiche. ► Per un’impresa culturale tale strategia si potrebbe realizzare mirando ad incrementare la capacità di attrazione della struttura attraverso, ad esempio, azioni di promozione indirizzate a potenziali utenti, residenti al di fuori dell’area geografica su cui insiste la sua attività. È il caso, ad esempio, di un museo di una piccola città dell’Italia meridionale che investe una porzione delle proprie risorse finanziarie per realizzare una campagna di affissioni nelle principali città capoluogo di regione dell’intero territorio nazionale ►

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“Se Maometto non va alla montagna…” La Francia ha firmato, nel marzo del 2007, un accordo con il governo di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, l'accordo per costruire un nuovo Louvre a Oriente. Per la cessione dei diritti sul nome, la Francia incasserà oltre 750 milioni di euro, di cui 400 milioni sul brand naming, 200 milioni per i prestiti permanenti di opere e 150 per quelli temporanei. Il costo stimato per la realizzazione del museo è di 83 milioni di euro, pagati interamente da Abu Dhabi. L’apertura è prevista per il 2012. ► Inoltre, il Louvre ha anche avviato una partnership anche con l'High museum di Atlanta, mentre il Centre Pompidou inaugurerà un Beaubourg a Shanghai e il museo Rodin ha venduto nome ed expertise alla città di San Salvador, in Brasile. ►

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“Se Maometto non va alla montagna…” (2) A Ferrara, l’Hermitage aprirà la sua quinta sede a palazzo Giglioli, un centro ricerche dedicato in particolare alle collezioni con pezzi appartenuti ai duchi d'Este, a lavori di restauro e catalogazione. Il budget per il funzionamento del centro studi si aggira intorno ai 400 mila euro l'anno, a carico di provincia, comune e regione, la Cassa di risparmio cittadina e la fondazione che sarà creata ad hoc. ►Il British Museum ha concluso una partnership con il Museo Nazionale di Pechino. ► Il Guggenheim, già presente a Venezia, Bilbao, Berlino e Las Vegas, è pronto a sbarcare anch'esso ad Abu Dhabi con un progetto da 27 miliardi di dollari (circa 20,6 miliardi di euro). ►

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“Sviluppo del prodotto” e “diversificazione” Con lo sviluppo del prodotto si cerca di far leva su una modifica delle caratteristiche del prodotto/servizio per aumentare i risultati ottenibili nel settore nel quale l’impresa già opera. ► In questa categoria può essere ad esempio ricondotta la decisione di un museo di attivare e gestire direttamente un servizio di visite guidate, integrando in tal modo il proprio sistema di offerta. ► Se si modificano entrambi (prodotto e mercato), ci si orienta per la diversificazione delle attività in nuovi business. ►

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L’integrazione verticale Un’ulteriore modalità di espansione all’interno del business esistente, che non comporta modifiche nella definizione del binomio prodotto/mercato, è rappresentata dalla cosiddetta “integrazione verticale”: ► integrazione a monte (ascendente), nel caso in cui si decide di internalizzare alcune delle fasi antecedenti a quelle già svolte dall’impresa; ► integrazione a valle (discendente), se tale scelta riguarda invece ulteriori fasi situate a valle. ►

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Integrazione a monte e a valle Attraverso l’integrazione a monte si mira principalmente a ridurre il grado di dipendenza dai propri fornitori, in modo da garantire condizioni di continuità allo svolgimento dell’attività aziendale. ►

Con l’integrazione a valle, invece, si cerca di avvicinarsi al mercato di sbocco, in modo da raggiungere un maggior grado di controllo sulle modalità con le quali il prodotto/servizio viene offerto ai propri clienti. ►

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Le strategie competitive

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Le strategie competitive L’impresa culturale, dopo aver individuato le opzioni strategiche che possono essere concretamente perseguite, anche alla luce dei risultati dell’analisi condotta sulle caratteristiche di contesto, deve sviluppare un ulteriore stadio del proprio processo decisionale, finalizzato a comprendere come raggiungere gli obiettivi fissati. ►

Per fare ciò, è necessario selezionare il comportamento strategico che maggiormente appare idoneo a conseguire le finalità aziendali ovvero, in altri termini, individuare la “strategia competitiva” in grado di far conseguire all’impresa un vantaggio differenziale, duraturo nel tempo e difendibile rispetto alle decisioni della concorrenza, che consente all’impresa di essere migliore rispetto ai propri concorrenti ►

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Le tre principali alternative strategiche

target ampio target ridotto

ampiezza competitiva

vantaggio competitivo bassi costi

differenziazione

leadership di costo

differenziazione

focalizzazione

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La leadership di costo Attraverso la leadership di costo si cerca di ottenere un vantaggio competitivo ricercando le soluzioni migliori sotto il profilo dell’efficienza gestionale. ► Grazie ad un corretto utilizzo delle risorse disponibili e, quindi, all’ottimizzazione del rapporto tra costi e ricavi, l’impresa punta dunque a proporre sul mercato una combinazione prodotto/servizio sostenendo costi più bassi rispetto a quelli sopportati dalla concorrenza. ► Per perseguire tale approccio l’impresa deve rivolgersi ad un mercato molto ampio (“di massa”), che permetta il raggiungimento di elevati livelli di produzione ed il conseguimento di significative economie di scala, i cui effetti rendono possibile un’aggressione del mercato basata su prezzi bassi. ►

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Condizioni di applicabilità in ambito culturale Nel settore culturale la strategia competitiva basata sulla leadership di costo non è sempre praticabile, e ciò per diversi motivi: in primo luogo, considerando come molto spesso la fissazione del prezzo nel settore culturale (ad esempio, quando i beni sono di proprietà dello Stato, in tutte le sue articolazioni territoriali) non è affidata ai naturali equilibri di mercato, quanto alla presenza di un regime di “prezzi amministrati”, la cui fissazione è cioè posta al di fuori degli ambiti decisionali dell’impresa. ►

In altri casi, come per le biblioteche, si è del tutto in assenza del pagamento di un corrispettivo a fronte del servizio erogato. ►

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La differenziazione Una strada alternativa rispetto alla leadership di costo è rappresentata dalla differenziazione del prodotto, attraverso cui l’impresa culturale può cercare di “isolarsi” dalla concorrenza, facendo leva sui requisiti di unicità della propria offerta. ►

Appare infatti chiaro che quanto più difficoltoso risulterà, agli occhi del potenziale acquirente, la sostituzione di un prodotto/servizio esistente con un altro prodotto/servizio dalle caratteristiche simili presente sul mercato, tanto maggiore saranno i margini di discrezionalità dell’impresa che riesce ad ottenere tale risultato.



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I criteri per la differenziazione

La differenziazione può fare leva su due gruppi di elementi costitutivi: ►

fisici, quali le prestazioni, il design, la tecnologia utilizzata, la riparabilità, etc.; ►

immateriali, tra cui è possibile indicare, ad esempio, la facilità di utilizzo, l’assistenza presso il punto di vendita, la comodità di uso, l’immagine associata.



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La differenziazione in ambito culturale

In generale, nel settore culturale la differenziazione dell’offerta è spesso assimilabile alla differenziazione tematica. ►

Per esempio: una biblioteca che inaugura una nuova sezione interamente dedicata alla storia locale ovvero ai romanzi di fantascienza; un teatro che riserva una specifica porzione del proprio “cartellone” a rappresentazioni destinate ai bambini; un museo d’arte antica che apre una sezione sull’arte contemporanea, etc. ►

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La focalizzazione

La focalizzazione si sostanzia nell’applicazione di una delle due strategie in precedenza delineate con riferimento ad un target di mercato circoscritto, riducendo quindi l’ampiezza competitiva associata allo sviluppo delle scelte strategiche. ►

All’interno di un medesimo settore è infatti generalmente possibile distinguere specifiche categorie di utilizzatori sulla base di fattori che ne condizionano, in senso strutturale, il processo di acquisto. ►

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La focalizzazione in ambito culturale Per tutti i settori culturali, molto spesso la variabile anagrafica è un elemento ritenuto in grado di condizionare fortemente le scelte di utilizzo del tempo libero: gli anziani, sotto questo profilo, possono generalmente usufruire di agevolazioni tariffarie per l’acquisto di servizi artistici e culturali, oltre a disporre di una quantità di tempo superiore alla media nel caso in cui non facciano più parte del mercato del lavoro. ► È quindi plausibile immaginare di potersi rivolgere a questa specifica platea in maniera focalizzata, declinando le caratteristiche del sistema di offerta sulla base delle aspettative e delle esigenze di tale categoria di persone. ►

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