Egec 2009 Lucidi Parte 1

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Seconda Università di Napoli- Prof. Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali

L’evoluzione della disciplina

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Il concetto di “gestione” Il concetto di gestione, se riferito al settore dei beni culturali, denota ancora oggi una varietà di interpretazioni, legate alle prospettive di osservazione dei differenti attori del sistema, ciascuno dei quali risulta spesso portatore di un proprio modo di interpretare il significato da attribuire a tale termine. I principali attori del sistema – gli operatori del settore, da una parte; gli studiosi, dall’altra – parlano ancora lingue diverse.

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I nuovi ambiti di studio Il settore dei beni culturali in Italia ha vissuto, nel corso degli ultimi dieci anni, un significativo fervore intellettuale, che ha dato luogo alla progressiva crescita di interesse che le dinamiche di tale settore hanno incontrato all’interno del dibattito teorico nazionale. Gli anni ’90 ed i primi anni del nuovo secolo si sono andati caratterizzando per la diffusione di studi ed analisi sul settore culturale che hanno trovato il loro baricentro in problematiche strategiche, organizzative, di marketing, di finanza, etc., in temi cioè propri del dominio conoscitivo dell’economia d’impresa.

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Due tendenze di fondo degli studi sul settore Una visione “macro”: interessata ad approfondire i temi del funzionamento generale del mercato ed i connessi problemi in termini di allocazione delle risorse.

Un approccio “micro”: individua come unità di analisi il singolo istituto, restituendo visibilità – e dignità teorica – alle scelte compiute, all’interno di ciascuna organizzazione culturale, dai soggetti deputati ad amministrare in maniera efficiente ed efficace il complesso di risorse (storiche, artistiche, umane, tecniche e finanziarie) a loro disposizione.

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La fase delle “resistenze” Non sono mancati i casi in cui è stata registrata una strenua opposizione, da parte degli operatori del settore più direttamente coinvolti in tale sommovimento, a qualsiasi forma di “intromissione” esterna. In tali circostanze è dunque prevalso un atteggiamento di diffidenza, che in non pochi casi si è tradotto in pervicaci comportamenti di chiusura, apparsi del tutto anacronistici. Negare consapevolmente la valenza di un approccio multidisciplinare allo studio ed alla comprensione di un problema è tuttavia una logica che, in un contesto come quello attuale, non trova più alcun diritto di cittadinanza. 9

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Lo stadio attuale Il trascorrere del tempo ha progressivamente stemperato tali attriti: l’avvio di una relazione è inevitabilmente un processo graduale, fatto di piccoli passi e di un avvicinamento progressivo, che si realizza se entrambe le “controparti” dimostrano la loro disponibilità ad accettare compromessi rispetto alla propria visione del mondo. Il settore culturale non è stato immune da questa regola, con il risultato che, oggi, i due mondi hanno non solo iniziato a porre concretamente le basi per la messa a punto di un linguaggio condiviso, ma hanno anche progressivamente interiorizzato la consapevolezza della valenza sinergica di un rapporto di collaborazione. 10

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La gestione manageriale Qualsiasi istituzione culturale presenta un problema di gestione, nel senso che è necessario assumere quotidianamente una pluralità di atti di disposizione in relazione alle risorse di cui si dispone, siano esse riconducibili alla sua dotazione culturale (opere, reperti, spartiti, libri, etc.), umana (il personale), tecnica (impianti generici e specifici) e finanziaria. L’attività di gestione può avvalersi, anche nel settore culturale, di larga parte di quelle metodologie e tecniche che sono state sviluppate dall’analisi teorica aziendale, a livello nazionale ed internazionale. Questa traslazione non può – e non deve – essere realizzata in maniera automatica. 11

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Le specificità del settore culturale

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La prospettiva interpretativa adottata Principi e strumenti di gestione sembrano aver conquistato, all’interno della più recente letteratura sviluppata a livello nazionale sui diversi comparti del settore culturale (teatri, musei, biblioteche, festival, etc.), un vero e proprio “diritto di cittadinanza”, aprendo nuove prospettive di ricerca e nuovi spazi alla riflessione scientifica. ►

Nel corso delle lezioni si limiterà l’ambito interpretativo, focalizzando l’analisi solo su alcune tipologie di organizzazioni, e precisamente: i musei e le aree archeologiche, i teatri di produzione e le fondazioni liriche, gli archivi e le biblioteche, i festival a prevalente contenuto culturale (di teatro, danza, lirica, letteratura, etc.). ►

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Gli elementi comuni delle imprese culturali Preminente finalità culturale che caratterizza queste organizzazioni; ► Assenza dello scopo di lucro, tipica dei soggetti pubblici e delle organizzazioni non profit; ► Presenza di un complesso strutturato e permanente di risorse (umane, tecniche e finanziarie) da amministrare, messe a servizio del raggiungimento degli obiettivi primari di gestione; ► Escludibilità, nel senso che l’accesso ai servizi erogati (ovvero, la loro fruizione) non è libero, ma è disciplinato da forme di accesso controllato. ►

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Le imprese selezionate Sono così stati selezionati quegli operatori, attivi nella conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e della creazione artistica, che erogano con continuità i loro servizi in forma gratuita ovvero ad un prezzo che si colloca molto al di sotto dei relativi costi di produzione. ►

Tali soggetti non si pongono, quale obiettivo prioritario, il conseguimento di una remunerazione congrua rispetto allo sforzo profuso ed al rischio sostenuto, come avviene nelle imprese private, ma considerano il profitto un fattore strumentale per il raggiungimento dei propri obiettivi istituzionali. ►

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Le imprese “escluse” Quelle che trovano nella logica del profitto l’elemento centrale del proprio processo decisionale (società editoriali; cinematografiche; radiofoniche; televisive; discografiche; organizzatori di mostre, rappresentazioni, concerti; gallerie e case d’asta). ►

Quelle che si caratterizzano per la presenza di una diversa funzione primaria, di tipo scientifico (parchi zoologici, giardini botanici, etc.) ovvero di natura liturgica (chiese, santuari, luoghi di culto in genere). ►

Quelle che sono liberamente accessibili, come accade per il patrimonio ambientale e paesaggistico. ►

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Il termine “gestione” Con il termine “gestione” si farà riferimento all’insieme di principi e tecniche a cui è possibile ricorrere per assumere, in maniera corretta, le decisioni relative all’utilizzo delle risorse di cui l’organizzazione culturale dispone. Tali scelte possono essere analizzate distinguendo diversi livelli di ragionamento: l’ambito strategico, la sfera direzionale ed il contesto operativo. ►

Anche un archivio o un teatro sono realtà organizzate, nelle quali sono presenti risorse di varia natura – umane, tecniche, finanziarie – il cui utilizzo presuppone un’attenta e consapevole attività di amministrazione. ►

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La “logica” delle imprese culturali La logica del profitto non rappresenta il loro fine, ma lo strumento per realizzare le loro attività istituzionali. ►

Esse devono comunque rispettare il principio della razionalità economica, cioè massimizzare i risultati conseguiti a parità di impegno profuso ovvero minimizzare lo sforzo sostenuto a parità di risultato complessivo. Rispetto ad un’impresa for profit, in altri termini, non cambia il ragionamento di fondo quanto – evidentemente – il risultato ricercato. ►

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Beni culturali vs. performing arts La messa in scena di una rappresentazione teatrale, così come l’organizzazione di un festival, presentano infatti delle problematiche specifiche, che solo in maniera occasionale possono riguardare un archivio o un museo. ►

Tanto un museo, quanto un teatro risultano accomunati dalla tipologia di offerta che essi propongono, che si risolve nella messa a disposizione dell’acquirente di un insieme di servizi di base (cioè riconducibili all’attività caratterizzante posta in essere dalla struttura) a cui si aggiungono altre tipologie di servizi, complementari ed accessori (servizio complesso). ►

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Le imprese culturali come aziende di servizi: gli elementi di base

Intangibilità, cioè il contenuto immateriale della prestazione; tale attributo, per un verso, rende difficile una precisa percezione delle caratteristiche qualitative del servizio offerto e, quindi, un suo corretto apprezzamento; per altro verso, non consente, se non con evidenti margini di approssimazione, una comparazione preventiva delle alternative di consumo. ► Inseparabilità, nel senso che è necessario che si realizzi la contestualità tra il momento dell’erogazione e quello della fruizione; tale aspetto, oltre ad impedire la valutazione ex-ante del servizio, determina la circostanza che i servizi stessi non possono essere disgiunti dai soggetti che li erogano. ►

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Le imprese culturali come aziende di servizi: gli elementi di base

Deperibilità, che inibisce la possibilità di stoccaggio dell’offerta, con un’evidente maggiore difficoltà nel far fronte alle variazioni della domanda. ►

Eterogeneità della prestazione, che rende complessa l’implementazione di procedure atte a standardizzare le modalità di erogazione. ►

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Le differenze con le imprese produttrici di beni La presenza di tali specificità rende la gestione dei servizi generalmente più complessa rispetto a quanto accade per chi realizza e vende prodotti, la cui fisicità rende possibile strutturare il rapporto con il potenziale acquirente in maniera spesso più agevole. ►

Mentre per un prodotto, prima di procedere al suo acquisto, è comunque possibile formulare una pluralità di valutazioni in ordine alle sue caratteristiche (la forma, il colore, la consistenza, etc.), risulta invece molto meno agevole apprezzare preventivamente la qualità di una rappresentazione teatrale. ►

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Alcuni esempi Ad esempio, di uno spettacolo teatrale possono essere valutati, in via anticipata, il prezzo e le modalità di distribuzione (luogo, giorno ed orario della rappresentazione) ma solo in maniera approssimativa la sua qualità (come avviene, ad esempio, nel caso in cui il regista o gli attori siano noti al soggetto che svolge tale valutazione). ►

Inoltre, la visita di un’area archeologica o l’accesso ad un archivio presuppone la contestualità della fruizione, cioè il recarsi presso una struttura adibita a tale scopo; il che si traduce nella necessità di sviluppare un’adeguata capacità di attrazione nei confronti della domanda potenziale, la quale deve essere indotta a spostarsi per poter fruire del servizio ricercato, con evidenti aggravi in termini di costo e di tempo impiegato. ►

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L’assenza dello scopo di lucro: le caratteristiche delle ONP

Le Onp, infatti, si connotano per lo svolgimento di attività ispirate da intenti mutualistici o solidaristici, indirizzate verso nuclei più o meno definiti di individui. ►

Le principali caratteristiche delle Onp sono essenzialmente riconducibili a tre: - lo svolgimento di un’attività di tipo economico; - l’adozione del principio della razionalità economica; - il vincolo del rispetto, nel lungo termine, del requisito dell’economicità della gestione. ►

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Il problema della scarsità di risorse finanziarie La scarsità di risorse finanziarie che, per definizione, accomuna le imprese culturali, è riconducibile essenzialmente alla circostanza che tutte le organizzazioni del settore, per erogare il servizio offerto, assorbono più risorse di quante ne generino le loro attività istituzionali. Ciò si traduce nella presenza di un fabbisogno costante, che acuisce non solo la dipendenza dai trasferimenti pubblici ma anche l’impatto che una contrazione degli stessi genera sulle attività aziendali. ►

Diventa allora ancor più necessario fare ricorso a quei processi e strumenti di gestione idonei ad assicurare l’uso ottimale delle risorse disponibili, verificando al contempo la possibilità di attrarne di nuove. ►

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L’evoluzione del settore culturale I consumi culturali stanno vivendo una fase di profonda trasformazione. Durante gli ultimi decenni, la domanda di beni e servizi legati all’arte e alla cultura, così come è avvenuto anche nei confronti di altri settori di attività, ha subito delle profonde modificazioni, sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello qualitativo. ► In generale, si riscontra una tendenza di fondo, che caratterizza la società contemporanea: gli stili di vita delle persone evolvono costantemente, determinando un incremento diffuso della tensione competitiva che produce effetti significativi – anche per le imprese culturali, sia sotto il profilo strategico che sotto quello competitivo. ►

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L’evoluzione del settore culturale Ai cambiamenti registrati tanto dal lato della domanda che da quello dell’offerta può essere associato un comune denominatore: la dinamica del progresso scientifico e tecnologico, che si muove in maniera pervasiva ed incrementale. Pervasiva, considerando la multidirezionalità delle sue traiettorie di propagazione, che scavalcando i tradizionali confini settoriali, ha generato fenomeni di sovrapposizione competitiva anche tra operatori legati ad attività considerate un tempo molto lontane tra loro. Incrementale, in quanto l’intervallo temporale intercorrente nella transizione tra innovazione ed applicazione innovativa si è fortemente ridotto. ►

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Il concetto di “filiera di produzione” Il concetto di filiera, applicato ad un settore industriale, considera lo svolgimento del processo produttivo a partire dalle materie prime utilizzate – che rappresentano l’input del processo produttivo – fino ad arrivare al prodotto finito (output) ed alla sua collocazione sul mercato di sbocco. ►

Le materie prime vengono sottoposte ad un processo di trasformazione, più o meno articolato, attraverso il quale si interviene su alcune loro caratteristiche (la struttura, la forma, il volume, etc.) per ottenere un “semi-lavorato”, dal quale, attraverso ulteriori fasi di lavorazione, si perviene al prodotto finito. ►

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Esempio di “filiera di produzione”

materia prima

ALLUMINA (ossido di alluminio)

fasi di lavorazione

semi-lavorati FUSIONE

lingotti di alluminio

PRIMA LAMINAZIONE

laminati

SECONDA LAMINAZIONE

nastri (dischi/pastiglie)

IMBUTITURA

scatole

LITOGRAFIA

prodotto finito

SCATOLE LITOGRAFATE

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La filiera nel settore culturale: un concerto di musica classica

Si rende necessario utilizzare una certa quantità di risorse (umane, tecniche, etc.), che partecipano, con apporti differenziati, alla realizzazione del prodotto finito: non vanno considerati, infatti, solo i musicisti e gli strumenti, in quanto è altrettanto essenziale il contributo del personale di sala, degli addetti alla biglietteria, degli impianti di illuminazione, etc. ►

Occorre poi identificare la materia prima che dà origine a tutto il processo che, nel caso specifico, è costituita dagli spartiti messi a punto dall’autore dei brani che vengono proposti. In mancanza di un atto creativo originale, infatti, non potrebbe prodursi la manifestazione artistica. ►

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La filiera nel settore culturale: l’apporto della tecnologia La tecnologia interviene non solo nella fase di produzione del servizio – perché possa essere esposta una fotografia, occorre una macchina fotografica, un apparato di stampa, etc. – ma anche nella fase di distribuzione dello stesso. ►

Se è vero che la frequentazione di un teatro presuppone la fruizione diretta, è anche vero però che questa è solo una delle modalità attraverso cui una rappresentazione può essere messa a disposizione di un pubblico. Se, infatti, la stessa viene registrata con apparati audio-visivi, sarà possibile veicolarne i contenuti attraverso un cd-audio, un cd-rom o un dvd, mediante una trasmissione radiofonica o televisiva, ricorrendo ad internet. ►

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La distribuzione di un’attività artistica o culturale Fruizione diretta, qualora si consideri un concerto, un’esposizione, una rappresentazione teatrale, uno spettacolo di danza, etc. ►

Riproduzione, nel caso in cui risulta possibile fare ricorso a supporti cartacei (quotidiani, periodici), magnetici (audio/videocassette, mini-disk, memory-stick), ed ottici (cd, cd-rom, dvd). ►

Trasmissione, che può avvenire via etere, via cavo o via satellite (attraverso la radio, la televisione, un pc collegato ad internet, un telefonino di nuova generazione). ►

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Fase di produzione e distribuzione nella filiera artistico-culturale produzione

distribuzione

manoscritto spartito

FRUIZIONE DIRETTA

negativo filmato

RIPRODUZIONE

reperto opera d'arte

TRASMISSIONE

…...

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Tecnologie e prodotti/servizi nella filiera artistico-culturale Un servizio si trasforma quindi – grazie all’utilizzo di varie tecnologie – in un prodotto, suscettibile di modalità differenziate di collocamento sul mercato. ►

tecnologie

prodotti/servizi

attori

rappresentazione

corpo di ballo

spettacolo

orchestra

concerto

opera d'arte

esposizione

supporti cartacei

quotidiani, periodici

supporti magnetici

audio/videocassette, ...

supporti ottici

cd, cd-rom, dvd

etere/satellite

radio, TV, cellulare

cavo/satellite

TV-on demand, internet

FRUIZIONE DIRETTA

RIPRODUZIONE

TRASMISSIONE

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Tecnologie e vantaggi economici Grazie alla tecnologia diventa possibile sfruttare, in termini sempre più ampi, le economie di replicazione, con importanti effetti sui costi (che diminuiscono) e sui ricavi (che aumentano) connessi allo svolgimento delle attività di gestione. ►

A questi vantaggi si aggiungono anche quelli originati dalla possibilità di derivare, dalla medesima creazione artistica, una pluralità di prodotti diversi, anche se tra loro collegati. Si pensi, ad esempio, al caso di un romanzo, che diventa la base per una rappresentazione teatrale o per un film, successivamente trasferita in dvd, la cui colonna sonora viene poi veicolata grazie ad un cd o trasmessa attraverso internet. ►

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Il fenomeno della “convergenza” tecnologica L’utilizzo dei diversi media di comunicazione è destinato a convergere, modificando le funzioni d’uso primarie attribuite a ciascuno di essi all’atto della loro nascita. Basti pensare alla circostanza che la differenza tra un computer, un telefono ed una televisione già ora appare sempre più sfumata, in quanto ciascuno di questi supporti sta progressivamente incorporando funzionalità specifiche degli altri. ►

Non meno rilevanti sono gli effetti che tali innovazioni stanno producendo sui comportamenti sociali e, quindi, sulle modalità di interazione tra i diversi individui e sui rispettivi processi di consumo. ►

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Una riflessione generale sulla tecnologia La società di cui ognuno fa parte, che è poi la destinataria finale delle attività svolte dagli operatori del settore culturale, si modifica costantemente, a ritmi che attualmente si presentano molto più intensi che in passato. ►

Di questa evoluzione è dunque necessario tener conto nel definire le modalità attraverso cui ciascun soggetto – un museo, un archivio, un teatro, un parco archeologico, una biblioteca – stabilisce e sviluppa le proprie relazioni con il pubblico di riferimento. ►

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Il problema del finanziamento pubblico al settore culturale

Uno dei principali contributi, cui tradizionalmente ci si riferisce, è quello di Baumol e Bowen (1956) che, malgrado sia incentrato più specificamente sulle arti rappresentative, per primo analizza a fondo la problematica dell’intervento pubblico nel settore culturale, formulando la cosiddetta “legge della crescita sbilanciata”, anche nota come “morbo dei costi”. ►

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Il morbo dei costi Il settore culturale è caratterizzato da una funzione di produzione a coefficienti fissi poiché il rapporto tra i fattori di produzione è costante, essendo – quanto meno in linea di principio – stabilito dall’autore dell’opera. ►

Ad esempio, ciò vuol dire che la durata dell’esecuzione di una sinfonia di Beethoven è più o meno sempre la stessa e, se si vuole mantenere un elevato livello qualitativo del servizio offerto, il numero degli orchestrali, nel tempo, non può che rimanere il medesimo. Ne deriva che, nel settore culturale, la produttività è fissa. ►

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Un settore “stagnante” Questo accade in ragione della maggiore difficoltà che, secondo i due autori, denota il settore artistico – definito, pertanto, “stagnante” – rispetto alla possibilità di beneficiare dei miglioramenti intervenuti sul fronte scientifico e tecnologico, idonei a far conseguire quegli aumenti di produttività che si verificano invece all’interno del settore denominato, per converso, “progressivo”. ►

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Produttività e salari I due autori sottolineano, inoltre, che – indipendentemente dalla variazione della produttività – la remunerazione degli artisti cresce invece in dipendenza con l’andamento dei salari degli altri settori dell’economia, nei quali l’aumento della produttività consente di distribuire un reddito superiore. ►

L’andamento incrementale della remunerazione del fattore lavoro, unito alla stabilità della produttività ed ai conseguenti costi unitari di produzione crescenti, genera nel settore stagnante un deficit permanente tra costi e ricavi, che tende peraltro – nel tempo – ad aumentare. ►

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Un esempio alla Scala di Milano Secondo l’analisi formulata alcuni anni or sono da due studiosi italiani (Brosio, Santagata, 1992), in assenza di intervento pubblico, i biglietti di ingresso della Scala di Milano dovrebbero costare poco meno di 250 euro, in quanto l’incremento (calcolato a prezzi costanti) dei costi di produzione è stato, nell’ultimo secolo, pari a circa dodici volte i costi originari. È appena il caso di osservare che, a questi prezzi, la domanda verrebbe ovviamente ad azzerarsi del tutto. ►

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Le soluzioni al morbo dei costi (1) Posto, dunque, che la produzione artistica e culturale genera un fabbisogno costante di risorse, occorre riflettere su come agire per contenere questo deficit, la cui dimensione potrebbe essere ridotta agendo alternativamente sui costi, sui ricavi ovvero su entrambi. ►

La possibilità di contenimento dei costi nel settore culturale, appare solo marginalmente percorribile, stante la verosimile diminuzione – cui si è in precedenza accennato – delle prestazioni qualitative del servizio offerto. ►

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Le soluzioni al morbo dei costi (2) L’azione sui ricavi, per contro, presuppone un aumento della domanda ovvero – a parità di domanda – un incremento del margine unitario di guadagno (e quindi dei prezzi, qualora si sia in presenza di servizi offerti al pubblico a pagamento). ►

Considerata la difficoltà a stimolare, quanto meno nel breve periodo, lo sviluppo del consumo di beni culturali, resterebbe da considerare come unica soluzione percorribile la manovra dei prezzi. Il ricorso alla leva del prezzo è, almeno sotto il profilo teorico, concretamente utilizzabile, in quanto i beni (e le attività) culturali presentano delle differenze rispetto alla più generale tipologia di appartenenza, i beni pubblici. ►

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I “beni ibridi” Rispetto ai beni pubblici, alcuni beni culturali si connotano per la non rivalità al consumo, per cui la fruizione individuale non risente, in linea di principio, del numero di soggetti che traggono soddisfazione dal godimento del medesimo bene. Essi, inoltre, si caratterizzano per il fatto di essere escludibili, in quanto possono essere resi non accessibili liberamente al pubblico. ►

Per questo motivo tali beni culturali rappresenterebbero una tipologia di beni ibrida, non riconducibile completamente né alla categoria dei beni pubblici né a quella dei beni privati. ►

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La leva del prezzo Entro certi limiti e con riferimento a specifici contesti di produzione culturale, è pertanto possibile ricorrere ad una discriminazione sui prezzi, che può essere praticata in tutti i casi in cui esistano acquirenti potenziali disposti a sostenere un costo maggiore, pur di beneficiare di un maggior livello di servizio: in un teatro, ad esempio, la poltrona viene generalmente venduta ad una tariffa superiore rispetto al loggione. ►

Il ricorso alla leva del prezzo entra però in contrasto con quella che è stata definita la natura “meritoria” dei beni culturali, cioè la necessità che per beni ritenuti collettivamente utili venga comunque garantita la loro fruizione, indipendentemente dalla presenza di una domanda congrua esercitata dal mercato. ►

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La “meritorietà” La natura meritoria dei beni culturali determina, pertanto, l’esigenza di rispettare comportamenti ispirati all’equità, e quindi la necessità di diffonderne la fruizione a tutte le fasce di reddito della società. ► In presenza unicamente di meccanismi di mercato, potrebbe determinarsi una fruizione differenziata e discriminante a favore delle classi sociali caratterizzate da una più ampia disponibilità economica. Situazione che risulterebbe in aperto contrasto con il summenzionato principio di equità. ► In tale prospettiva, pertanto, il sostegno pubblico al settore troverebbe una sua ulteriore giustificazione nell’effetto redistributivo implicitamente realizzato a favore delle classi sociali più deboli. ►

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Le esternalità della cultura (1) I beni e le attività culturali determinano, oltre a dei benefici diretti – riconducibili all’appagamento di una pluralità di bisogni da parte del fruitore – anche dei benefici indiretti, connessi ai positivi effetti che la loro presenza genera sul livello culturale e sulla qualità della vita dell’area nella quale gli stessi sono disponibili. ►

I benefici indiretti, in quanto non riferibili ad una precisa ed individuabile categoria di soggetti (gli acquirenti del servizio), bensì all’intera collettività, sono in primo luogo di difficile quantificazione ed in secondo luogo non escludibili, per cui non può essere associata alla fruizione degli stessi il pagamento di un corrispettivo. ►

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Le esternalità della cultura (2) In presenza di esternalità, pertanto, si verifica una divaricazione tra benefici sociali e benefici privati, che genera il fallimento del mercato. Il mercato, infatti, è in grado di tener conto solo delle domande individuali, a cui può essere concretamente associato un valore e, quindi, un prezzo. ►

Tutto ciò porterebbe a ribadire la necessità della presenza dello Stato all’interno del settore, il quale dovrebbe porre in essere degli interventi correttivi in grado di azzerare il deficit di risorse generato dalla presenza delle diverse tipologie di benefici indiretti, che non generano flussi di risorse incrementali per il settore. ►

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Le metodologie di valutazione della spesa pubblica Attraverso le metodologie di valutazione della spesa pubblica, è possibile stabilire il peso da attribuire ai differenti settori verso i quali indirizzare i flussi di ricchezza di volta in volta disponibili. ►

Infatti, il settore dei beni culturali concorre, nell’attribuzione delle risorse pubbliche, con altri settori “sussidiati” – ad esempio, la sanità e la scuola – che soddisfano altrettanti bisogni primari quali la salute e l’istruzione. ►

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I diversi approcci per la valutazione

Approcci monetari, che includono le valutazioni estimative e le analisi costi-benefici, così come le complesse procedure di contabilità sociale, input-output, etc. ►

Approcci multicriteriali, che si caratterizzano invece per il fatto di essere basati sul ricorso ad una pluralità di tecniche. ►

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L’importanza della valutazione per il settore culturale La stima sottodimensionata dei riflessi economici connessi alla presenza di beni culturali ovvero allo svolgimento di attività artistiche ha frequentemente determinato un atteggiamento privilegiato nei confronti di quei settori in apparenza maggiormente in grado di offrire, ad esempio, un contributo chiaramente percepibile sotto il profilo occupazionale. ►

Sotto questo profilo, il settore culturale appare un interessante campo di applicazione anche per i processi di valutazione ex-post, attraverso cui raccogliere importanti indicazioni sul grado di efficienza e di efficacia raggiunto nell’utilizzo delle risorse e nel raggiungimento degli obiettivi. ►

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Due strumenti per la valutazione: VIE e VIS La valutazione di impatto economico (VIE) mira a fornire una stima attendibile delle ricadute dirette ed indirette, rappresentando quindi uno degli strumenti a cui è possibile fare ricorso non solo per la programmazione delle politiche culturali, ma anche in sede di controllo e valutazione delle stesse. ►

La valutazione di impatto sociale (VIS) mira a identificare gli effetti “culturali” sulla collettività indotti dalla presenza di un bene e/o di un’attività culturale. La difficoltà a tradurre, in termini quantitativi, un dato di tipo prettamente qualitativo rende tale approccio ancora non consolidato nelle sue modalità di applicazione. ►

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L’impatto economico delle imprese culturali (1) Impatto diretto: il contributo offerto ad un territorio – sotto il profilo economico – dalle attività poste in essere da un’impresa culturale è in primo luogo riconducibile ai flussi di ricchezza che essa trasferisce alle persone che lavorano al suo interno, sotto forma di stipendi. ►

Impatto indiretto: domanda di beni e servizi che l’impresa culturale attiva verso l’esterno; anche in tali circostanze, infatti, essa crea ricchezza e contribuisce, indirettamente, alla creazione ovvero al mantenimento di posti di lavoro. ►

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L’impatto economico delle imprese culturali (2) Impatto indotto: domanda di beni e servizi erogati dall’impresa. Considerando, ad esempio, i turisti, è significativo notare che essi, nel tempo della loro permanenza, acquistano sul territorio servizi di varia natura, trasferendo risorse a svariati settori di attività economica, come quello alberghiero, dei servizi di ristorazione, del trasporto. ► Impatto derivato: tutte le categorie di soggetti considerati – che svolgono attività all’interno dell’impresa culturale, a favore di essa e nel suo territorio – contribuiscono, a loro volta, a generare ulteriori flussi di ricchezza, in quanto le risorse finanziarie che, a vario titolo, essi traggono dal rapporto con l’impresa culturale vengono poi impiegate per l’acquisto di beni e servizi effettuati a titolo individuale. ►

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L’impatto economico delle imprese culturali (3) Effetti fiscali: sono legati, da un lato, alla percezione di redditi da lavoro (con la conseguente imposizione tributaria) e, dall’altro, ai processi di consumo ed alle imposte indirette ad essi legati. Parte della ricchezza prodotta dell’impresa culturale, dunque, ritorna al settore pubblico (Stato ed Enti locali). ►

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Una schematizzazione dell’impatto economico

stipendi

diretto

effetti moltiplicativi e fiscali

indiretto

IMPATTO ECONOMICO

derivato

beni e servizi acquistati

indotto

pernottamento, ristorazione, …

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Ulteriori benefici Miglioramento del livello culturale della popolazione: beneficio in senso lato che ne trae la collettività del luogo nel quale si registra la presenza delle imprese culturali ► Notorietà ed immagine dell’area: in una prospettiva di marketing territoriale può contribuire in misura anche significativa ai processi di sviluppo locale. ► Poiché, però, la quantificazione di tali effetti risulta di difficile stima, si è preferito non inserirli all’interno dello schema; pertanto, che il risultato cui si perviene attraverso la misurazione delle quattro tipologie di impatto economico individuate risulta in ogni caso sotto-dimensionato. ►

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Alcuni esempi di applicazione della VIE (1) Il Victoria Museum of Fine Arts ha verificato gli effetti economici connessi allo svolgimento di tre mostre-evento realizzate tra il 1996 ed il 2000, le quali – complessivamente – hanno generato un impatto di circa 24 milioni di dollari sull’area metropolitana di Richmond, in Virginia (www.vcu.edu). ►

Il Metropolitan Museum of Art ha stimato che i non residenti (pari a circa i tre quarti dei 553.000 visitatori) che hanno frequentato la mostra su Manet e Velàzquez nella primavera del 2003 hanno speso, durante la loro permanenza a New York, oltre 360 milioni di dollari (www.metmuseum.org). ►

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Alcuni esempi di applicazione della VIE (2) Uno studio sui benefici economici e sociali di undici festival culturali realizzati nella regione delle Midlands durante il 2002 ha evidenziato non solo che le spese effettuate per la loro realizzazione sono ammontate a circa un milione di sterline, ma che queste hanno prodotto un ulteriore contributo all’economia regionale stimato in 570.000 sterline; inoltre, gli acquisti effettuati dai frequentatori dei festival nelle rispettive aree di localizzazione hanno generato ulteriori 4 milioni di sterline, equivalenti a 209 posti di lavoro (www.artscouncil.org.uk). ►

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Alcuni esempi di applicazione della VIE (3) Un recente studio sugli utenti degli archivi inglesi ha messo in evidenza che, per quanto l’utenza di tali strutture sia rappresentata in prevalenza da residenti dell’area, è comunque possibile stimarne l’impatto economico; infatti, circa l’80% degli utenti ha utilizzato un mezzo pubblico per recarsi presso la struttura (il cui accesso ha rappresentato, per l’87% degli utilizzatori, il motivo primario di spostamento nell’area), poco più del 36% ha utilizzato negozi e servizi, mentre il 28,6% ha mangiato nella zona. ►

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Un punto di partenza Anche tenuto conto dei risultati delle VIE appena commentati, appare evidente che la dimensione economica e quella culturale si intrecciano indissolubilmente, creando un legame tra il sistema economico locale ed imprese culturali. ►

I trasferimenti di risorse finanziarie da parte della collettività (attraverso l’intervento dello Stato) consente loro di agire in ambito artistico e culturale e lo svolgimento di tali attività contribuisce, a sua volta, a generare flussi di ricchezza a vantaggio dell’economia del territorio di appartenenza. ►

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L’impatto economico e il Guggenheim Museum di Bilbao

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Il caso del Guggenheim Museum di Bilbao



4 anni di lavori;



inaugurato nel 1997;



progettato dall’architetto americano Frank O. Gehry;

24 mila metri quadri (di cui 10 mila per esposizione su tre livelli); 



esposizione di arte americana ed europea del XX secolo;



gestione artistica: Fondazione Solomon R. Guggenheim. Ludovico Solima - Seconda Università degli Studi di Napoli

L’investimento

Impegno finanziario del Governo Basco e della Deputazione Giurisdizionale di Vizcaya: 

realizzazione: 82 milioni di euro



contributo annuale: 6,2 milioni di euro

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Il progetto globale (fine anni ’80)

Riqualificazione urbanistica e territoriale finalizzata a diversificare la base economica dell’area: 

ampliamento del porto;



nuova metropolitana;



ammodernamento dell’aeroporto;



nuove strutture congressuali;



interventi urbanistici;



spesa complessiva: 1,3 miliardi di euro.

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Alcuni risultati del museo durante il primo anno (1998)

1.360.000 visitatori (media giornaliera 4.520) a fronte di una previsione di 330.000;



27% di visitatori stranieri (di cui il 33% da paesi fuori dell’Unione Europea);



assortimento di 3.800 articoli nel negozio;



vendite per 4,3 milioni di euro (21% delle entrate).



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Gli obiettivi dello studio KPMG

Stima dell’impatto economico del Museo Guggenheim sulla provincia autonoma basca in termini di: 

occupazione;



prodotto interno lordo (PIL);



effetti fiscali.

La metodologia: 1.208 visitatori intervistati tramite questionario fra giugno e luglio 1998.

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I risultati dello studio di impatto economico

Il 79% dei visitatori si reca a Bilbao o prolunga il soggiorno di almeno un giorno per visitare il Museo.



La spesa complessiva riferibile a questa categoria di visitatori è pari a 185,9 milioni di euro.



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L’impatto economico indotto euro Spesa totale di cui: accomodation trasporti ristorazione negozi museo valori in milioni

186 39 12 63 49 23

12%

21% 6%

26% 35% accomodation trasporti

ristorazione

negozi

museo

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L’impatto economico indotto

Previsione secondo anno – 1999 (825.000 ingressi)

Primo anno - 1998

0,47% del PIL della regione basca (144,6 milioni di euro);

spesa complessiva attivata dal museo: 178,7 milioni di euro;





contributo al mantenimento di 3.816 posti di lavoro;





entrate addizionali per la Tesoreria basca (IVA, tasse sui redditi di impresa e sui redditi personali) pari a 26,8 milioni di euro. 

contributo alla formazione del PIL di 99,6 milioni di euro; maggiori entrate fiscali: 18 milioni di euro.



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