Utopia Tragedy

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(Fraine(Fraine- Provincia di Chieti) IL “TITANIC” DEI POVERI CHIAMATO “UTOPIA” Gibilterra - 1891- quindici sfortunati Frainesi deceduti nel naufragio

Una delle sciagure dimenticate, passata quasi inosservata e della quale si conosce molto poco forse perchè i morti non avevano lo stesso “peso” dei ricchi passeggeri del Titanic; erano dei semplicissimi contadini affamati che, con una valigia di cartone, e pieni di speranza affrontavano un viaggio avventuroso e rischioso per l’epoca, con l’obiettivo di condurre se stessi e le loro famiglie verso il sogno americano, verso un’esistenza migliore. E’ difficilissimo avere informazioni sul naufragio, sulle liste dei passeggeri ed è perfino difficile reperire foto della Nave a Vapore “Utopia” il che conferma che effettivamente il peso mediatico dell’evento non fu certo paragonabile a quello della tragedia del Titanic. I tribunali Italiani condannarono gli Henderson Brothers proprietari della Anchor Line a risarcire le vittime ma, a seguito di rifiuto da parte degli armatori, si innescò un contenzioso legale di cui si occuparono (per ben 5 anni) i rispettivi ministeri degli affari esteri (quello Inglese e quello Italiano) nei tribunali di Napoli. La cappa di mistero che avvolge questa tragedia è dovuta soprattutto al fatto che il naufagio è avvenuto in porto in fase di manovra di attracco del Piroscafo che si è schiantato contro lo sperone sommerso di una corazzata inglese ormeggiata nel porto di Gibilterra (la Anson). Tra l’altro si desume dalle notizie raccolte,che la nave nel naufragio si depositò sul fondo del mare per essere successivamente recuperata e riparata, Riprese a navigare nello stesso anno (1891) solcando i mari fino alla sua definitiva radiazione avvenuta nel 1900. A sinistra: Quadro rafficurante il naufragio dell'Utopia, un bastimento inglese che, partito da Trieste e fatta tappa a Napoli, portava 3 passeggeri di prima classe, 3 clandestini, 59 membri dell'equipaggio agli ordini del capitano John McKeague e 813 emigranti, quasi tutti italiani. Arrivato davanti al porto di Gibilterra la sera del 17 marzo 1891, con un tempo pessimo e visibilità ridotta, sbagliò manovra, andò a sbattere contro il rostro di una corazzata alla fonda e colò a picco in pochi minuti. I morti furono, a quanto risulta, 576. (562 secondo il New York Time del 20 marzo del 1891 mentre 563 secondo alcune fonti Inglesi Le cifre sono discordanti).

La nave, che già nel suo nome aveva probabilmente scritto il suo destino (difatti in greco la parola Utopia significa “in nessun luogo”), partì da Trieste, si fermò a Palermo e arrivò a Napoli. Dal capoluogo partenopeo ripartì il 12 marzo carica di emigranti campani, calabresi ed abruzzesi e delle loro speranze di una vita migliore in America. Il 17 marzo 1891 alle ore 18:00 circa, superata Punta Europa, giungeva nella Baia di Gibilterra; il giornale spagnolo “El Imparcial” riportava di una probabile avaria al timone.

La brezza, in breve tempo, si trasformò in un vento di tempesta ed il Comandante della nave John McKeague, tra l’altro sopravvissuto alla tragedia, volle comunque entrare in porto nonostante il tempo avverso, la scarsa visibilità e la presenza di troppe navi della Flotta della Marina Inglese. Secondo i giornali dell’epoca: “imperversava una forte tempesta da sudovest e che la nave era in ritardo. Successivamente, nella manovra di attracco, il comandante probabilmente, commise degli errori “grossolani”.Tra l’altro quella a Gibilterra non era una sosta prevista e egli si giustificò dicendo che era necessario rifornirsi di carbone che scarseggiava a bordo. Secondo Joseph Caiazzo (storico Italo-americano sarebbe stato sufficiente e quanto mai opportuno, rimanere in mare ad attendere il calmarsi della tempesta ma probabilmente la decisione presa fu condizionata dalla spietata concorrenza tra le varie flotte. Il capitano commise un secondo gravissimo errore nella fase di manovra di attracco non valutando bene la deriva a causa soprattutto del fortissimo vento reso ancor più grave dal fatto che nemmeno tenne conto della presenza della Corazzata ANSON ovvero del fatto che la nave Militare Inglese era provvista di uno spaventoso “Rostro” di ben 6 metri interamente sommerso, quindi invisibile e devastante. La virata a dritta della “Utopia” si dimostrò fatale poichè, scarrocciando, andò ad impattare di poppa sullo sperone della corazzata ormeggiata provocando una falla che si rivelò fatale (lo sperone, sulle navi da guerra erano rinforzati perchè costituivano un arma in caso di confronto ravvicinato con unità navali avversarie che potevano appunto con questo essere danneggiate)

Lo scafo interamente in ferro dotato di sperone di oltre 4 metri a prora che rimaneva interamente sommerso. Lo sperone rinforzato era una caratteristica costruttiva delle Navi da Guerra dell’epoca. Quello della ANSON non ha lasciato scampo alle più fragili lamiere poppiere del transatlantico “UTOPIA” Corazzata Caio Duilio (1873 - 1909)

L’affondamento fu stato rapido ma forse nemmeno totale tanto è che il bastimento fu successivamente disincagliato, rientrando successivamente, una volta riparato, a far parte della flottiglia “Anchor Line” fino alla definitiva

radiazione che avvenne nel 1900. La rapidità con la quale si consumò la tragedia provocò la morte di 563 Passeggeri (la cifra non è nemmeno certa). In pochi riuscirono a salvarsi gettandosi in mare ed accaparrondosi le insufficienti scialuppe di salvataggio (secondo alcune fonti dall’Utopia non furono nemmeno calate a mare per la celerità dell’affondamento e la impreparazione dell’equipaggio e le scialuppe erano di altre unità navali presenti in porto). Dei 300 superstiti circa salvati, alcuni proseguirono il loro speranzoso viaggio mentre alti tornarono indietro coscienti di essere miracolosamente scampati al mortale pericolo.

La Corazzata inglese ANSON. Foto D’epoca 1890 (un anno prima del Disastro della Utopia).

Questi i dati relativi alla “UTOPIA”:

S/S Utopia, Anchor Line Burden

Built 2,720 gross 1874 at Port Glasgow by Robert Duncan & Co. Year

Shipowner or operator Dimensions Anchor Line 350.3ft x 35.2ft x 29.5ft

Remarks

1874 Feb. 14, launched 1874 May 23, maiden voyage Glasgow - Moville - New York 1890 Re-engined with triple expansion engines by D. & W. Henderson Ltd. Mar. 17, sank in collision with HMS Anson in the Gibraltar Bay, 563 lives lost 1891 1891 Refloated and towed to Clyde 1900 Scrapped The information listed above is not the complete record of the ship. The information was collected from a multitude of sources, and new information will be added as it emerges

Joseph Agnone uno storico e ricercatore italo-americano, conosciuto per aver scoperto il responsabile della strage di Caiazzo durante il secondo conflitto mondiale, della quale fu autore un certo Wolfgang Lehningk Emden (poi arrestato e condannato in contumacia dalla magistratura di Santa Maria C.V.) è colui che più di tutti ha contribuito a far luce sulla vicenda. Cercando con affanno negli archivi e biblioteche del mondo, Gibilterra, Londra, New York, Madrid, Glasgow sono state mete della sua ricerca. Non sono al corrente se lo Storico abbia ultimato il suo lavoro di ricerca, ma quel che è certo è che nella sua testa c’era la volontà di farne un libro. Agnone era motivato nella ricerca poichè molte vittime provenivano del suo paese di origine e quindi agì con entusiasmo con lo spirito di chi ama la propria terra e non intende dimenticare le tragedie che hanno afflitto il proprio popolo. Noi lo ringraziamo per aver portato alla opinione pubblica italiana un evento dimenticato sottolineandolo con la forza della sua notorietà. Un ringraziamento particolare, per quanto concerne le ricerche sui naufraghi Frainesi, va certamente all’amico Vincenzo (Vince) Stamboni che ha messo a disposizione le notizie sulle liste (Ship List of de passengers), sui dati relativi ai naufraghi verificando personalmente i nominativi dei Frainesi deceduti (alcuni dei quali giovanissimi). Si riscopre questa tragedia affinchè il popolo Frainese possa sempre tenere a mente le le sofferenze da nostri antenati per poter affrontare la vita con rinnovato entusiasmo e forza. Le assurde morti devono almeno far riflettere, e ricordare ai giovani (ma non solo a loro) che non tutto è dovuto, e che se ora godono di una vita certamente molto più agiata e sicuramente più spensierata, forse la devono (in buona parte) ai loro antenati, avventurosi Eroi che hanno lottato (alcuni fino all’estremo sacrificio) per dare un avvenire migliore ai lori posteri. Proprio così, quegli anziani vecchietti con la “coppola” e le scarpe grosse che molti figli hanno disconosciuto nel momento del loro maggior bisogno abbandonandoli abbagliati dalla affannosa corsa della Civiltà industriale. Loro ci hanno proiettato, con i loro sacrifici, verso quel benessere che forse noi, non avremmo meritato.....

ELENCO DEI NOMINATIVI DI QUESTI EROI DIMENTICATI AI QUALI, MI AUGURO CHE IL COMUNE DI FRAINE, MA NON SOLO (Credo anzi che sia dovuto a Livello Regionale), POSSA DARE IL MERITATO RICONOSCIMENTO IN QUANTO “SIMBOLO MEMORABILE” DI UN POPOLO DI EMIGRANTI.Stretto di Gibilterra-17 marzo 1891. 563 morti nella Tragedia dell’Utopia il di cui ben 15 Frainesi in cerca di Fortuna oltreoceano: D’Ambrosio Vincenzo Battista Vitale Brunetti Vincenzo Carunchio Carlo Marino Angelo Di Minni Gaetani Di Pirro Giovanni Ramundo Giuseppe

53 41 32 21 38 41 34 36

Rossi Giovanni Rossi Giuseppe Sisti Domenico Sisti Vincenzo Stampone Vincenzo Tubbio Emidio Di Minni Vincenzo

36 14 28 16 32 31 20

(Duilio MARTINO)

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