Il fenomeno delle “baby-prostitute” è in costante aumento e, secondo uno studio realizzato dall'Osservatorio sulla Prostituzione Minorile della Asl di Rimini, il mercato del sesso conterebbe più di duemila minori. Un quadro a dir poco inquietante: c'è chi comincia già a sette anni e se lo sfruttamento sessuale dei giovanissimi italiani avviene per lo più in casa, i loro coetanei stranieri sono costretti, spesso dagli stessi genitori, a prostituirsi in strada o in locali particolari. Se per gli extracomunitari, nella maggior parte clandestini, la prostituzione è un modo, spesso solo un'illusione, per sfuggire alla povertà, lo studio rivela che molti giovanissimi si dicono pronti a vendere il proprio corpo in cambio di piccoli lussi: dal telefonino a vestiti e scarpe firmati. A Roma, il prefetto Achille Serra ha annunciato la decisione adottata dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza - di installare telecamere mobili sulle strade perché, ha dichiarato il Prefetto, “la prostituzione ha ormai raggiunto livelli di guardia, offrendo di Roma un´immagine indecente. Dall'ultimo intervento della polizia”, ha riferito il prefetto, “è emerso che su 240 donne fermate 150 sono minorenni. Vi sono anche clienti che vanno con bambine che talvolta si vedono sulla strada con delle bambole in mano”. Uno studio realizzato grazie all'assistenza dell'associazione Terres des Hommes, inserito nella sua Campagna Internazionale contro il Traffico dei Minori, ha evidenziato come primo fondamentale dato la stragrande maggioranza di ragazzi rumeni, tra i 14 e i 18 anni, che ogni giorno, passeggiando lungo i viali e i sobborghi di Roma, sono costretti ad aspettare che qualche cliente li carichi sulle loro macchine sperando che sia almeno offerto loro un pasto caldo e un luogo dove passare la notte. Gli assistenti sociali hanno registrato che nei soli primi mesi del 2005 il numero di ragazzi/e provenienti illegalmente dalla Romania è pari a quello registrato nell'intero 2004. La situazione in Romania è, del resto, molto difficile. Diverse sono le organizzazioni locali attive nella lotta contro il traffico degli esseri umani. Boom delle baby prostitute. Colpa dei clienti e della legge sull’immigrazione 25 settembre 2007 Baby prostituzione a Roma Baby prostitute in strada a sette anni A Cartagena de Indias, in Colombia, una cittadina coloniale sull'oceano Atlantico, protetta da un'alta muraglia possente, con viuzze colorate zeppe di negozi e ristoranti alla moda, piccoli alberghi caratteristici in centro e molti residence fuori le mura, su strisce di sabbia bianca e fine, ogni anno si
riversano i turisti sessuali. Duemila bambini sono coinvolti in un giro di prostituzione che porta con se chili di polvere bianca (la Colombia è il primo produttore al mondo di foglie di coca) con conseguente crescita incontrollabile di sieropositivi. Ragazzini e ragazzine fra i 6 e i 18 anni sono le attrattive per un turismo sporco e perverso che richiama frotte di uomini soli. Cartagena è il loro paradiso. Una rete criminale gestisce questo proficuo mercato, tanto che le prestazioni “extra” vengono persino allegate a pacchetti turistici “all inclusive”. Il turista fai da te, invece, è abbordato e aiutato da un reticolo di camerieri, addetti alle pulizie dei grandi alberghi e tassisti disponibili e ben remunerati. I più scaltri hanno brochure e album di foto da mostrare al cliente e, se si desidera condire la seratina con cocaina di prima qualità, basta un cenno e arriva direttamente in camera con la bambina. “L'identikit del turista sessuale in cerca di minori è ormai noto: uomo, fra i 36 e i 60 anni, che viaggia solo o in compagnia di amici dello stesso sesso”, spiega Orlando Arcieri Diaz, giovane psicologo del Progetto di Attenzione verso i bambini sfruttati sessualmente a Cartagena, programma gestito dal Comitato Italiano per lo Sviluppo dei Popoli (CISP) e finanziato anche dal governo italiano, “è statunitense o europeo. Molto spesso italiano. È una realtà ben strutturata che coinvolge importanti settori della società: un mostro a più teste, che va aggredito da ogni lato, sociale, giuridico e psicologico. Per sconfiggerlo lavoriamo con la Ong Terres des Hommes Losanna e la colombiana Renacer, che ha un centro di recupero psicologico per i minori. A Cartagena, l'Aids si diffonde fra silenzi e paure. Nei quartieri più poveri i sieropositivi sono quasi la metà. Ed è da lì che provengono le prostitute e l'esercito dei bambini. La gente qui non vuol vedere. C'è troppa miseria, violenza, brutalità. A rendere tutto più tragico e corrotto c'è che viviamo in un paese da oltre 40 anni martoriato da una guerra. Guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC) ed Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) combattono contro il governo e i paramilitari che lo sostengono. Sono più di trecentomila le vittime e milioni le persone costrette a sfollare, vagando per il paese o rifugiandosi nelle squallide periferie delle città più ricche e blasonate, proprio come la bella Cartagena”. “Mia mamma è morta quando avevo 11 anni”, racconta Mayra, “Cindy era già sola e abitava con noi. Mio padre è sparito un bel giorno, armato fino ai denti, e non è più tornato. Siamo rimaste con la nonna in un minuscolo villaggio nella selva, conteso fra guerriglia e orde di paramilitari. Morti ammazzati e brutalità erano all'ordine del giorno. Siamo fuggite 4 anni fa”. Quando sono arrivate a Cartagena avevano 13 e 10 anni. Dopo settimane di vita randagia qualche coetaneo ha insegnato loro l'unica maniera per non morire di stenti e da allora non hanno più avuto scelta. Essere sfruttate sessualmente era già un’abitudine fra le mura di casa, adesso sono pagate ed è diventato un lavoro. “Ma l'anima muore – sospira Mayra – non siamo mai felici”. (Pubblicato su Ecplanet 29 settembre 2006) Cartagena, la città del peccato Terre des Hommes Italia - aiuto diretto all'infanzia in difficoltà
Child Trafficking ABUSO UPDATE A Napoli, il Ministro per le politiche per la Famiglia Rosy Bindi ha fornito alcuni dati allarmanti. Solo per quanto riguarda il reato previsto dalle “Norme sulla violenza sessuale” si è passati dai 598 casi del 2002 ai 782 casi del 2004, con un aumento percentuale del 30%. La maggior parte delle vittime si colloca nella classe di età tra gli 11 e i 14 anni. Il numero più alto di vittime minorenni riguarda la “violenza sessuale”: 475 vittime nel 2002, 663 nel 2003 e 671 nel 2004. L'andamento mostra un notevole incremento tra il 2002 e il 2003 (+ 40%) ed un sostanziale assestamento tra il 2003 e il 2004. La crescita riguarda soprattutto la fascia di età più bassa (0-10 anni) che passa dalle 167 vittime del 2002 alle 253 del 2003 (pari ad un incremento percentuale di circa il 52%) per poi scendere leggermente nel 2004 fino a 236 vittime. Per quanto riguarda i reati previsti dalla Legge 269/98: “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, bisogna avvalersi di dati Istat, risalenti al 2003. In costante aumento, dal 1998, i delitti denunciati per il reato di “Detenzione di materiale pornografico attraverso sfruttamento di minori”. Il fenomeno ha iniziato ad essere intercettato nel 1999 quando si registrarono 24 casi, saliti a 97 nel 2000, 154 nel 2001, 425 nel 2002 e infine con un leggero calo, 394 casi nel 2003. Il numero delle persone denunciate per questa tipologia di reato è in forte e significativo aumento: si passa dalle 30 persone denunciate nel 2001, alle 132 persone denunciate nel 2002 e alle 278 persone denunciate nel corso del 2003. Così come è in aumento rispetto ai primi anni di applicazione della legge il dato relativo al reato legato alla prostituzione minorile (dai 9 denunciati nel 1998 ai 190 del 2003). La caratteristica più importante rispetto ai precedenti reati, rilevano i dati, è che per lo sfruttamento di minori nella prostituzione ad ogni denuncia corrispondono in realtà più persone, due in media. Per quanto riguarda la tratta dei minori, il cui periodo di rilevamento dati va dal 7 settembre del 2003 al 31 maggio 2005, il numero dei procedimenti aperti è di 320, per un totale di 947 indagati. Sul fronte dell’emergenza pedofilia, si è arrivati ad una svolta nelle indagini sui casi di violenza sessuale a danno di giovani bambine romene in età tra i 10 e i 14 anni. La scoperta del grave fenomeno di pedofilia era avvenuta a seguito delle dichiarazioni di alcuni commercianti della zona di piazza Municipio, proprio a due passi dal Comune di Napoli e, nei mesi scorsi, erano stati già eseguiti due arresti. Coordinati dalla IV sezione della Procura della Repubblica, la IV sezione della Squadra mobile di Napoli e l’ufficio minori della polizia municipale hanno, nel corso delle indagini, verificato che alcune bambine romene frequentavano assiduamente adulti, tutti italiani e un cingalese. Ulteriori accertamenti, e anche testimonianze, avevano permesso di accertare che tra gli indagati e le bambine si consumavano rapporti sessuali. I primi contatti avvenivano nella galleria Umberto, mentre gli incontri si svolgevano alcune volte in un cortile riparato e poco frequentato e altre volte in appartamenti. (Pubblicato su Ecplanet 01 ottobre 2006)
Ha fatto scalpore la proposta del Ministro Amato, che per combattere il dilagare della prostituzione minorile (e relativa tratta di esseri umani) ha proposto di colpire i clienti delle prostitute. “Bene Bravo!”, ha commentato entusiasta Don Oreste Benzi, fondatore dell'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, impegnata da qualche anno contro il racket dello sfruttamento sessuale, “tanto alla fine la politica si fermerà davanti ai 10 milioni di italiani che vanno con queste ragazzine trattate come delle schiave dai loro sfruttatori». Come è suo solito, dice pane al pane e vino al vino Don Benzi. «Andando con una prostituta, soprattutto con quelle vittime della tratta, il cliente paga non la ragazza ma il criminale che la tiene segregata, per avere un corpo sul quale sfogare le sue perversioni». In qualche modo, sostiene Don Benzi, il cliente è complice dello schiavista. Il punto di vista di don Benzi è quello di chi, tutti i giorni, si trova davanti all'orrore: «Ho accompagnato a Roma una ragazzina romena che si è salvata dopo essere stata gettata dal quarto piano dai suoi aguzzini...». L'idea di Amato, secondo la quale i diritti delle donne vanno salvaguardati anche colpendo i clienti, ha iniziato a fare breccia, tanto che la diessina Barbara Pollastrini ha ipotizzato anche qualcosa di più «di una semplice misura amministrativa». Spiega il Ministro per le Pari Opportunità: «La questione si può studiare, perché qui siamo davanti a uomini adulti, maturi, che vanno con della ragazze anche minorenni». Ci tiene a precisare che la prostituzione è cambiata: «Non siamo più di fronte a prostitute che lo fanno per libera scelta e, quindi, non possiamo più girare la testa dall'altra parte». «Prima liberiamo tutte le schiave e vediamo quante ne rimangono a fare questo mestiere», dice Don Benzi. Gli ostacoli sono soprattutto di natura politica. La proposta del Ministro dell'Interno non è piaciuta, ad esempio, al deputato Vladimir Luxuria: «La prostituzione in Italia non è reato quando chi la esercita è maggiorenne e lo fa per libera scelta... Chi ricorre al sesso a pagamento non è una persona squallida da punire ma un libero cittadino, spesso solo, anziano, vedovo o non particolarmente attraente» (d'altronde, cosa volete che vi dica una che si chiama Luxuria?, ndr). E proprio qui sta il problema. Perché la prostituzione non costituisce reato? Secondo Don Benzi basterebbe applicarea la circolare Pisanu 2 gennaio 2006 n. 1025 per liberare immediatamente moltissime ragazze. Basterebbe applicare l'articolo 27 comma A del DPR 334/04 della legge 286 /1998 per cui è sufficiente che un ente riconosciuto garantisca per le ragazze il loro stato di prostituzione forzata e sfruttata per avere subito il permesso di soggiorno senza il bisogno di denunciare i magnaccia. “Perché non si riforniscono le questure e le stazioni dei carabinieri degli strumenti per valutare l'età e così arrestare subito i clienti che usano le minorenni per soddisfare i loro
genitali? Perché si permettono tanti atti di favoreggiamento proibiti dall'art. 3 della legge 75/58? Perché non si puniscono coloro che dovrebbero applicare le leggi mentre non le fanno applicare? Si punisce giustamente chi contrabbanda sigarette. Una ragazza sfruttata e schiava non vale più di un pacco di sigarette? Perché le persone che detengono il potere (tipo la Luxuria, ndr) mentre affermano che in Italia la prostituzione non è vietata non dicono che sfruttare le donne per la prostituzione è un reato gravissimo? Perché non dichiarano che ridurre in schiavitù le persone è un atto criminale gravissimo?”. Siamo alle solite. Le leggi ci sono. Ma non si applicano. La convenzione ONU del 1951 dice a chiare lettere che la prostituzione è un male in sé e in quanto tale va condannata. Nessuna donna nasce prostituta, nel 90% dei casi qualcuno l'ha costretta a diventarlo, a meno che non si faccia riferimento a chi è diventata una vera e propria “impresaria del sesso” solo per arricchirsi. Ma chi sono questi 10 milioni di italiani, maschi, che vanno con le prostitute? La dottoressa Laura Spizzichino, psicologa della USL Roma E, di prostitute e di clienti ne ha visti molti, tanti da scriverci un libro: “La Prostituzione: il fenomeno e l'intervento psicologico” (Carocci Faber, 2005). “Non c'è un cliente tipo”, dice la Spizzichino, “il cliente è sempre un personaggio difficile da agganciare ed esplorare e nelle ricerche sul campo, le persone individuate negano sempre di essere lì per quel motivo. Noi ne vediamo tanti perché siamo un centro HIV: vengono dopo, preoccupatissimi, e spesso hanno ansie eccessive rispetto al rischio. Vengono per l'assistenza ma anche per aprirsi, per capire cosa gli sta succedendo: soprattutto quelli che vanno con i transessuali s'interrogano sul loro desiderio. Si dice che l'unica caratteristica comune è che il cliente è un uomo, ma non è vero: spesso, soprattutto i transessuali, sono chiamati da coppie. Le motivazioni dei clienti sono tante: il desiderio di fare qualcosa di trasgressivo, prestazioni che non si possono chiedere alla compagna stabile, oppure un malinteso senso di mascolinità: la maggioranza dei clienti chiede rapporti senza preservativo e questo basta per dimostrare, a se stessi, grande virilità [...] Ci sono poi quelli con handicap, che non riescono a fare sesso se non a pagamento. C'è chi lo fa per avere un'esperienza ludica, chi invece per sentirsi potente, per svilire e umiliare un'altra persona. C'è chi mi dice: “dopo essere stato in ufficio, frustrato, con una prostituta io mi sento potente”. Mi raccontano violenze fisiche, sessuali, ma anche psicologiche. Vi sono uomini con doppie vite, terrorizzati all'idea di contagiare moglie e figli, cosa che peraltro accade [...] Nessuno ha dati precisi, ma se è aumentata l'offerta vuol dire che è cresciuta la domanda. E stiamo parlando solo della prostituzione di strada. Ci sono poi anche le case d'appuntamento, come una volta, locali in cui c'è scambio di denaro per prestazioni “soft”, i locali in cui si pratica lo scambio di coppia. Ci sono molte persone con patologie legate al sesso e uno dei sintomi è proprio la ricerca compulsiva del sesso a pagamento. Ma non dobbiamo dimenticare che molti clienti diventano partner stabili: noi qui abbiamo visto più
di trecento fidanzamenti, sia con donne che con transessuali. È un continuum: da una parte c'è il cliente che diventa fidanzato, dall'altro il pappone. E in mezzo infinite gradazioni”. La prostituzione in Italia è cominciata ad essere tollerata a partire dal 1860, anno del regolamento che ha visto scomodarsi Cavour in persona, al massimo controllata per evitare il diffondersi di malattie. Ma è con la legge Merlin del 1958 che inizia l'apogeo del sarcasmo giuridico. Oltre alla notoria abolizione delle case di prostituzione - le famose case chiuse - la legge prevede il divieto dell'apertura delle stesse, la non punibilità della prostituzione in quanto tale e il divieto di qualsiasi attività che consenta, favorisca o agevoli la prostituzione. Legalmente, per casa di prostituzione, viene inteso “qualsiasi spazio circoscritto, composto da uno o più ambienti nel quale si trovino o convengano appositamente una o più persone disposte a prostituirsi con chiunque vi acceda con finalità lussuriose”. Stupisce allora, data la reclusione dai 2 ai 6 anni, ma soprattutto la multa da € 258 a € 10.329, che nessun governo abbia proposto di incentivare i controlli per rimpinguare le casse dello stato. Eppure, basta sfogliare un qualsiasi giornale per accorgersi degli innumerevoli annunci e pubblicità di fantomatiche massaggiatrici, con tanto d'indirizzo annesso. Mentre è facile immaginare che le “abituali prestatrici d'attività sessuali a fini di lucro” che troviamo sui giornali, siano libere e consenzienti, molto più difficile è crederlo per le donne e gli uomini, spesso minorenni, che troviamo giornalmente sui bordi delle strade. La L. 269 del '98, modificativa della già citata L. 75 del '58, molto ha fatto in favore della lotta allo sfruttamento sessuale dei minori, ma molto c'è ancora da fare per ciò che riguarda la fattispecie generica. Tra i delitti contro la libertà individuale - TitoloXII, Capo III, Sezione I l'art. 600 del codice penale prevede, per la riduzione in schiavitù o per la riduzione in forme analoghe alla schiavitù, la reclusione da 5 a 15 anni. E proprio tra quelle forme analoghe, la giurisprudenza ha introdotto la condotta dei soggetti che privando dei documenti personali giovani straniere, le inducano alla prostituzione. L'induzione, in pratica, consiste nel convincere un soggetto a prostituirsi o nel rafforzare questo convincimento se non ancora consolidato o nel persuadere dal desistere chi vorrebbe smettere. A norma dell'art. 600, terzo comma, la pena è aumentata se il fatto è commesso con violenza o minaccia. Stupisce allora vedere ogni notte le strade riempirsi di baby-schiave senza che poliziotti o carabinieri intervengano. Basta passare sulla Via Laurentina o sulla Via Salaria a Roma, per esempio, oppure, sempre a Roma, vicino alla “zona bene” dell'Eur, di fronte al Santuario della Madonna delle Tre Fontane. Perché non si interviene a tutela delle schiave del sesso? Dato che in molte strade d'Italia è possibile ritrovare quantomeno il reato di favoreggiamento oltre alla già citata forma analoga di schiavitù. Ed è lecito presumere lo sfruttamento, ossia anche occasionale indebita acquisizione dei profitti procurati da chi si prostituisce, con la vendita del proprio corpo. Va inoltre precisato che per lo sfruttamento violento - forma aggravata di sfruttamento deve ricorrere la libera volontà di prostituirsi e il successivo uso della violenza per l'acquisizione dei profitti. Se la violenza o la minaccia è precedente e diretta ad indurre alla prostituzione per fini di lucro, si ricade nel reato d'estorsione.
E perché non si interviene contro la vendita di prestazioni sessuali via Internet a pagamento, veri e propri atti di prostituzione? Anche in questo caso, può benissimo configurarsi il reato di favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione a carico di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle prestazioni o ne abbiano consentito lo svolgimento, creando i necessari collegamenti via internet, o ne abbiano tratto un guadagno. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza 8 giugno 2004 n. 25464) precisando che l'elemento caratterizzante l'atto di prostituzione non è necessariamente costituito dal contatto fisico tra i soggetti della prestazione, bensì dal fatto che un qualsiasi atto sessuale venga compiuto dietro pagamento di un corrispettivo e risulti finalizzato, in via diretta ed immediata, a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto o che è destinatario della prestazione. I reati in questione sono quindi configurabili anche quando le prestazioni sessuali sono eseguite in videoconferenza con il fruitore della stessa, tramite Internet, in modo da consentire a quest'ultimo di interagire in via diretta ed immediata con chi esegue la prestazione, chiedendogli il compimento di determinati atti sessuali. Perché lo Stato non interviene? (Pubblicato su Ecplanet 04 novembre 2006) Lotta alla tratta e allo sfruttamento della prostituzione Punire i clienti, don Benzi plaude Amato 11 maggio 2007 Addio a don Oreste Benzi Il Papa: "Una vita per gli ultimi" 02 novembre 2007 Chi sono i clienti delle prostitute: risponde la psicologa Laura Spizzichino 06 ottobre 2006 Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Corte Suprema di Cassazione Il 24 gennaio scorso, la Polizia di Stato annunciava il successo della maxi operazione “Spartacus”, che ha portato all'arresto di oltre 800 persone, rendendo visibile un fenomeno ignobile come quello della tratta di esseri umani e in particolare lo sfruttamento di ragazze, alcune delle quali minorenni, costrette alla schiavitù. La vergogna più grande è che il fenomeno della tratta è perennemente alimentato da una “domanda di mercato” che lo rende estremamente lucrativo, uno squallido “turismo sessuale” che ha ormai un giro d'affari assai sostenuto. Comprate per 200 euro nel loro Paese, portate in Italia con la promessa di un lavoro da badante piuttosto che da babysitter e poi stuprate e costrette a suon di botte a prostituirsi anche per 12 ore al giorno per garantire ai loro sfruttatori di incassare in media 5mila euro al mese. È la terribile storia delle centinaia di ragazze,
molte delle quali minorenni e per lo più dell'Est e africane, “liberate” dalla polizia nel corso dell'operazione "Spartacus". A essere smantellata non è stata infatti un'unica organizzazione con una «regia comune», hanno spiegato gli inquirenti, ma «diverse organizzazioni, tra cui alcune di carattere familiare, con connotazioni più spontanee». Le indagini, coordinate dal Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, hanno coinvolto le squadre mobili di 32 questure in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli, Trentino-Alto Adige, EmiliaRomagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. In manette sono finite 784 persone (di cui 764 stranieri) e altre 1.311 (di cui 1.224 stranieri per lo più dell'Europa dell'Est e dell'Africa) sono state denunciate per sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Sono state inoltre sequestrate 15 abitazioni utilizzate per far prostituire le vittime, 4 locali notturni e 3 laboratori. A 45 ragazze che hanno dato una mano alle indagini, è stato concesso il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. Le persone arrestate agivano quasi sempre in piccole organizzazioni anche non collegate tra loro, ma lo schema seguito era quasi sempre lo stesso: il “reclutamento” nei Paesi di origine con promesse di lavoro, il trasferimento in Italia e l'avviamento coatto alla prostituzione. «In molti casi - ha spiegato Chiara Giacomantonio, responsabile della Sezione minori dello SCO - il traffico ha visto coinvolte delle minorenni, ridotte a veri e propri ostaggi nelle mani del racket». Numerosi i casi in cui era stato superato ampiamente il limite della schiavitù, con giovanissime malmenate, violentate o costrette in strada sotto la minaccia di riti voodoo. A Torino, ad esempio, due giovani albanesi, di cui uno con regolare permesso di soggiorno per motivi di studio, dopo aver comprato una ragazza di 16 anni in un paese dell'Est promettendole il solito lavoro da baby sitter, l'hanno costretta a prostituirsi per mesi con violenze e pestaggi. A Reggio Calabria, invece, un'altra sedicenne è stata costretta a prostituirsi anche senza precauzioni e dopo esser rimasta incinta ha continuato a prostituirsi fino al sesto mese di gravidanza. Non le è stato permesso di abortire e solo grazie all'aiuto di alcune amiche è riuscita a sottrarsi agli sfruttatori e a partorire senza perdere il bambino. L'operazione è stata condotta anche a Catania, dove la Squadra mobile ha arrestato 36 persone, tra cui due italiani, e ne ha denunciate altre 20 con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione. Tra gli arrestati anche due donne. Durante i controlli è stato inoltre sequestrato un negozio di parrucchiere gestito da una coppia di cinesi, entrambi clandestini.
Polizia di Stato – Operazione Spartacus Lo sfruttamento sessuale di bambini e bambine ha raggiunto livelli “terribili” ed è in aumento nelle zone costiere del Kenya. A lanciare l'allarme è l'Unicef, all'indomani della pubblicazione di un rapporto sulla prostituzione minorile nel Paese condotto in collaborazione del governo keniota.
Secondo il rapporto, sono circa 15.000 le bambine e ragazzine tra i 12 e i 18 anni che saltuariamente si prostituiscono nei quattro distretti costieri del Kenya (Mombasa, Kilifi, Malindi e Kwale): in pratica, il 30% della popolazione della zona in quella fascia d'età. Si stima inoltre che altri 2-3mila bambini e bambine si prostituiscano a tempo pieno, anche nelle stagioni non “turistiche”. Oltre il 10% di loro ha iniziato prima dei 12 anni, il 45% intorno ai 12. Un capitolo dello studio è poi dedicato ai clienti e mostra come il turismo sessuale coinvolga tutte le nazionalità che frequentano il Kenya per turismo. Il 38% di loro sono uomini kenioti, mentre più della metà sono stranieri: il 18% italiani, il 14% tedeschi, il 12% svizzeri. Seguono ugandesi, tanzaniani, inglesi e arabi sauditi. “È un vizio che continua a crescere in dimensioni orrende, soprattutto nella regione costiera”, ha detto il vice presidente keniota Moody Awori, presentando lo studio congiunto, condotto nell'ambito di un vasto programma di prevenzione e recupero degli abusi sessuali e del turismo sessuale, portato avanti dall'Unicef con le autorità locali. “È duro dover ammettere la realtà di questi fatti di fronte all'opinione pubblica”, ha sottolineato Awori, “ma dobbiamo dire la verità se vogliamo salvare i nostri bambini”. Il rappresentante Unicef in Kenya, Heimo Laakkonen, ha ribadito che occorre prevenire e ridurre la “domanda” intervenendo sui potenziali clienti, punendoli e informando l'opinione pubblica dei paesi occidentali coinvolti per bloccare il turismo sessuale. Kenya: baby prostitute, italiano il 18% clienti Corriere della Sera 20 dicembre 2006 Child prostitution reaching alarming levels in Kenya: UN 20 dicembre 2006 Prostitution in Kenya - Wikipedia È Boom della prostituzione anche in Cina. Chi si fosse trovato, lo scorso 29 novembre, a Shenzhen, città cinese non lontana da Hong Kong, avrebbe pensato di essere tornato all'epoca della Rivoluzione Culturale, quando le Guardie Rosse facevano sfilare in piazza “i nemici della rivoluzione” esponendoli all'umiliazione della pubblica condanna. Questa vecchia pratica è stata riproposta dalla polizia di Shenzhen ai danni di un centinaio di prostitute che, dopo essere state arrestate, sono state mostrate in piazza come esempio negativo di immoralità, davanti a una folla di cittadini più perplessi che indignati. Con le manette ai polsi e vestite di giallo, le ragazze cercavano di coprirsi il viso per non farsi riconoscere da amici e familiari. Ma gli agenti le riscoprivano subito.
20 milioni di prostitute. A Shenzhen, come in tutte le altre metropoli cinesi, il fenomeno della prostituzione è in piena espansione. Un'espansione che va di pari passo con il boom economico. Il mercato della prostituzione è infatti costituito, a basso livello, dalla moltitudine di giovani single immigrati dalle campagne che sono venuti a lavorare in città. E, a un livello più alto, dalla nuova classe media e ricca che ha tanti soldi da spendere. Oltre che dagli alti gerarchi del Partito, che in realtà non si sono mai fatti mancare questo lusso. Un economista cinese, Yang Fan, ha calcolato che nel paese ci sono almeno 20 milioni di prostitute, le quali generano un reddito pari al 6% del Pil cinese. Il fenomeno, a parte le messe in scena come quelle di Shenzhen, pare essere largamente tollerato dalle autorità cinesi. Le ragazze, quasi tutte provenienti dalle zone rurali afflitte dalla disoccupazione e dalla miseria, lavorano sui marciapiedi, nei bar, nei centri massaggio, nelle saune e negli alberghi di ogni categoria, sia privati che statali. Schiave importate dal Vietnam. Dietro questo fenomeno, si nascondono storie drammatiche. Soprattutto nel sud della Cina, dove esiste un fiorente commercio di ragazze vietnamite. Ragazze che vengono fatte fuggire dal loro paese da organizzazioni di trafficanti con la speranza di una vita migliore, e che poi invece vengono vendute come schiave sessuali a ricche famiglie del sud per prezzi che vanno dai 300 ai 2000 euro, a seconda dell'età e della bellezza della ragazza. Il loro destino è quello di lavorare di giorno e di soddisfare di notte le necessità di tutti i maschi della famiglia. Non hanno possibilità di denunciare la loro condizione alle autorità: non solo perché spesso vivono rinchiuse in casa, ma perché sono immigrate illegali e finirebbero in prigione. Le più fortunate diventano moderne concubine, alcune vengono addirittura sposate da uomini che si innamorano di loro. Molte altre, soprattutto nelle regioni minerarie della provincia di Hebei, invece di finire in casa di privati, vengono vendute ai bordelli frequentati dai minatori. Shenzhen's prostitute parade 08 dicembre 2006 Prostitute cinesi messe alla "gogna" in piazza 09 dicembre 2006 Teenage prostitutes in China, part 1 PROSTITUTION IN CHINA Prostitution in Taiwan - Wikipedia Prostitution in Vietnam - Wikipedia Si chiamava Alexadra. A 15 anni muore di Aids. Una ragazza del Pernambuco, in Brasile - stato a nord del Goais dove l'associazione Modena Terzo Mondo ha costruito uno dei tanti centri per minori - come tante, che frequentava la casa costruita coi soldi dei modenesi per togliere i minori dalle strade. È lei la molla che fa scattare in Luca Mucci - presidente di
Modena Terzo Mondo che dal 1993, quando si è costituita, opera in Brasile - la battaglia contro il turismo sessuale. I dati sono inquietanti: ogni anno dall'Italia partono migliaia di uomini per passare non meno di quindici giorni a testa con ragazze tra i 10 e 18 anni. In questa fascia adolescenziale, nei luoghi maggiormente frequentati come Bahia, Rio e Fortaleza, il 5% delle ragazze ha già contratto il virus dell'Hiv: «È la mercificazione più degradante della persona umana. Non possiamo accettare che ci siano persone pronte ad offrire 500 euro ad una famiglia povera per mandare la propria figlia a prostituirsi. E non possiamo accettare che ci siano italiani che con 100 euro alla settimana passano settimane in Brasile per fare sesso con minorenni». Tra le attività che Modena Terzo Mondo sta portando avanti in Brasile, è questa l'unica che ha portato contrasti con la popolazione locale. Luca Mucci, 42 anni, nella vita modenese di tutti i giorni elettricista, sposato con Francesca, padre di Chiara e Matteo, trascorre cinque mesi all'anno in Brasile per toccare con mano l'avanzamento dei progetti. Ma a Rio non può più andare: «Mi hanno fatto arrivare diversi messaggi attraverso alcuni miei contatti in Brasile. Ci sono posti che non posso più frequentare. Ho scoperto pochi mesi che dal 2005 sono stato seguito e tenuto sotto controllo. la mia posta elettronica, le mie telefonate sono state spiate, sia in Italia che in Brasile [...] Paura? Alcune volte, ma mi sono adeguato e di sicuro non mollo questa battaglia. Ho semplicemente cambiato modo di lavorare: non scrivo più mail, ma lettere e se devo fare telefonate uso un linguaggio in codice». Il clou della sua battaglia, divenuta una campagna a livello mondiale grazie anche agli sforzi fatti dal governo Lula col quale Mucci è in ottimi rapporti, nel maggio scorso, quando la trasmissione televisiva Le Iene ha mandato in onda un servizio speciale sulla tratta dei minori e l'addescamento ad opera dei clienti sulle spiagge e nei luoghi compiacenti: «Da quel momento la mia vita è cambiata, mi chiamano ogni sera in ogni parte d’Italia per dare la nostra testimonianza. Devono sapere tutti che questo scandalo è soprattutto colpa nostra, di noi italiani, se prosegue con questa intensità». Anche dallo stato del Goias, dove ora la delegazione modenese è ospite, ogni anno c'è una migrazione di ragazze verso la costa: «Si commettono due omicidi: uno verso la persona, l'altro verso la miseria, sulla quale si fa leva per una notte di piacere». L'Italia, d'altronde, è al primo posto, tra i Paesi europei, nel praticare quella ignobile attività chiamata «turismo sessuale» a discapito soprattutto di bambine (e bambini). Scrisse Enzo Baldoni in suo celebre articolo: “Ma non sono quasi tutti
mariti, quasi tutti padri i milioni di tedeschi, italiani, inglesi, americani che ogni anno affollano i bordelli della Thailandia (o del Brasile) per montare addosso a bambine di dieci, otto perfino quattro anni?”. Sono circa 80mila ogni anno i maschi italiani che si recano all'estero per soddisfare i loro più bassi istinti. La povertà e il clima di indigenza in cui vivono gli abitanti di questi paesi aiutano il mercato verso i commerci che offrono bambine e bambini come merce fresca, schiavi del piacere di qualche maschio inappagato. Se prima esisteva soltanto un volo charter diretto che tutte le settimane sbarcava in una nota località del Nordest del Brasile centinaia di italiani (con netta prevalenza maschile), la stessa agenzia ha annunciato che un secondo charter decollerà ogni settimana da Roma e, prima di riversare in Brasile moltitudini di uomini soli, farà scalo in Veneto per caricarne altri. Anche altre sono le mete preferite dai maschi turisti italiani consumatori del sesso: come la Thailandia ad esempio. La compagnia aerea che, sotto mentite spoglie, assicura la spola con il Brasile e il tour-operator veneto che è leader per questo genere di viaggi sono noti alla polizia internazionale e sono stati denunciati da “Stop Sexual Tourism”, una campagna contro il turismo sessuale istituita da enti pubblici e associazioni, cui ha recentemente aderito anche “Musibrasil”. Turismo sessuale: Italia prima in Europa 11 ottobre 2005 «Turismo sessuale, crimine orribile» 12 gennaio 2007 Child Sex Tourism in Brazil Stop Sexual Tourism Sex tourism - Wikipedia A Roma, dopo il fallimento delle telecamere volute da Veltroni sulle “strade del sesso”, per il veto da parte del Ministero dei Trasporti Pubblici di multare gli automobilisti in “sosta vietata”, iniziativa punitiva più che educativa, è partita la campagna “Potrebbe essere tua figlia”, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della prostituzione minorile. Il Presidente, Patrizia Prestipino, ha dichiarato: “Non è più possibile continuare a fingere ed è per questo che abbiamo scelto un messaggio forte, è bene che guardando questi cartelloni qualcuno si senta scosso!”. Lo slogan “Potrebbe essere tua figlia” sarà stampato su duemila locandine, duemila manifesti e cinquemila pieghevoli, e soprattutto su 4 gigantografie di 38 mq, visibili dal 21 febbraio all'8 marzo, nella zone Eur-Marconi-Laurentino. Il collocamento dei manifesti da 38 mq è strategico: non solo saranno presenti sulle più importanti arterie del quartiere, ma ne verrà installato uno enorme al cinema “Stardust Village”, luogo frequentato soprattutto da giovani.
La campagna è stata realizzata dall'Assessorato alla Partecipazione e Comunicazione del Municipio insieme all'Assessorato alle Politiche Sociali: quest'ultimo ha anche attivato alcuni servizi e stanziato denaro, per sostenere il recupero e il sostegno sociale alle vittime di questo fenomeno. Non bastano tacchi a spillo, trucco pesante, abiti succinti per camuffare l'età anagrafica di una ragazzina. Già, perché far prostituire le minorenni è la nuova politica delle organizzazioni criminali: non possono essere espulse, sono più ingenue e sprovvedute delle trentenni, e se pagate bene, difficilmente scappano. Arrivano dall'Europa dell'Est, dall'Africa o dal Sud-America, clandestine, in cerca di un futuro (migliore di certo non si può dire), con promesse di lavori dignitosi, e invece costrette a vendersi, pena le botte (nel migliore dei casi). Sono le “schiave” del III Millennio che, solo pagando profumatamente per anni i vari “papponi” di turno, potranno un giorno affrancarsi. L’iniziativa del XII Municipio dovrebbe estendersi a tutto il comune e al resto del paese, perché quella della prostituzione è una vera e propria piaga, soprattutto nei grandi centri urbani: Roma e Milano guidano la triste classifica del sesso a pagamento. Nella Capitale sono note, oltre al già citato Eur, via Salaria e viale Palmiro Togliatti, zone comunque periferiche, mentre a Milano non è risparmiato nemmeno il centro: piazzale Loreto, la zona prospiciente la stazione Centrale, viale Abruzzi e la Circonvallazione. Diverso è il discorso nelle province, dove le prostitute, per la maggior parte, si autogestiscono da sole. (Pubblicato su Ecplanet 23-02-2007) “Potrebbe essere tua figlia”: campagna contro la baby prostituzione 16 febbraio 2007 UNICEF Musibrasil Associazione Modena Terzo Mondo Festini in villa a luci rosse a base di droga, organizzati a Como e nei dintorni, erano da più di un anno la prigione di una romena 17enne, costretta da tre aguzzini a prostituirsi. La ricattavano, minacciando di inviare in patria i filmati, ripresi con i telefonini, delle violenze sessuali che aveva subito. È stata la giovane a trovare la forza di denunciare la sua situazione, spinta da un trentenne comasco che, innamoratosi di lei, l'ha convinta a raccontare. Vendeva la figlia di 13 anni agli amici per una bottiglia di birra. È successo a Bari: il padre lasciava che i suoi conoscenti, uno per volta, o addirittura in gruppo, abusassero della ragazza, spesso in cambio di una bottiglia di birra. Dopo due anni di sofferenze, costellate anche da ricoveri in cliniche per problemi ginecologici, la ragazzina ha trovato il coraggio di denunciare tutto ai carabinieri. La vicenda si inserisce in uno scenario di degrado sociale e familiare. I genitori sono separati: la ragazzina spesso viveva con il padre che nel 2004, quando lei era poco più che tredicenne, cominciò a farla prostituire in cambio di pochi soldi. La ragazzina - a quanto si è saputo - era svegliata in piena notte era costretta a sevizie della peggiore specie da parte degli amici del padre, arrivando addirittura a vere e proprie violenze di gruppo. Abusavano sessualmente di due sorelle, 28 e 35 anni, affette da problemi psichici: i carabinieri del nucleo di Taranto e Martina Franca hanno arrestato 21 persone. Le indagini
erano partite nel 2006, a seguito di una segnalazione e di voci che da tempo si avvicendavano in paese. Fingendosi dei medici, per non spaventare le due disabili ed ottenerne la fiducia, i militari dell'Arma si sono trovati davanti un quadro raccapricciante: le donne venivano violentate da uomini senza scrupoli in cambio di pochi spiccioli, caramelle o ricariche telefoniche. I colloqui dei Carabineri con le vittime, in collaborazione con psicologi e veri medici, sono avvenuti in una struttura sociale nella quale le due sorelle trascorrevano alcune ore al giorno. Il giro di prostituzione avrebbe avuto inizio nel dicembre 2005. I 21 fermati sono accusati a vario titolo di violenza sessuale, circonvenzione d'incapace, sfruttamento della prostituzione e minacce nei confronti di due donne in condizioni di inferiorità psichica. Zen, periferia di Palermo, scatole gialle di cemento armato. Moduli architettonici tutti uguali dove il sole non batte mai e le fogne sono putridi rigagnoli a cielo aperto. La Zona Espansione Nord, l'ambizioso progetto di edilizia popolare dell'architetto Gregotti degli anni ’70 si è trasformato, in breve tempo, nel ricettacolo di un'umanità dolente, con la gran parte degli alloggi occupati da abusivi e con le infrastrutture mai costruite. In uno di questi «cubi della disperazione» (l'architetto Fuksas recentemente ne ha proposto la demolizione), da più due anni, una madre costringeva la figlia, oggi appena quattordicenne, a prostituirsi in cambio di trenta euro a «prestazione». Adesso la madre è finita in carcere insieme con altri tre uomini. Durante le perquisizioni, eseguite dai Carabinieri del Reparto operativo a casa degli arrestati, sono stati trovati dei telefoni cellulari su cui erano state registrate immagini hard della ragazzina durante le prestazioni sessuali. Dalle indagini è emerso anche che la bambina «era sottoposta a vere e proprie sevizie sessuali». I quattro arrestati dovranno rispondere a vario titolo di prostituzione minorile, riduzione in schiavitù e atti sessuali con minore. È probabile che non fossero neanche gli unici «clienti» della povera ragazza. Era la madre di 39 anni, sposata con un meccanico e con altri 4 figli tutti minorenni, a costringere la figlia ad avere rapporti intimi con gli uomini del quartiere. Il tariffario oscillava dai 15 ai 30 euro. Gli arrestati, oltre alla madre, sono Francesco Muscatello, 57 anni, Maurizio Modica, 40 anni, Giuseppe Librera, 65 anni. La vittima, col supporto di una psicologa, ha ammesso con i carabinieri gli abusi subiti e ha accusato la madre: è stata lei a spingerla a incontrare quegli uomini. Dalle indagini, è emerso che, se la “baby prostituta”, una sera, non voleva concedersi ai suoi clienti, veniva ricattata con filmati registrati degli incontri sessuali precedenti con un telefono cellulare. A tradire gli uomini che ricattavano la ragazzina ci sono le telefonate registrate dagli inquirenti nel corso dell'inchiesta. Lo Zen 2 sapeva da tempo della baby prostituta. E aveva già emesso la sua sentenza, prima ancora degli arresti. Maurizio Modica è stato sequestrato in strada da quattro uomini, incappucciato e scaricato in un garage, dove poi è stato pestato a sangue. Era sera, ha visto poco. Ma ha capito subito. Appena è tornato libero, è fuggito da Palermo. È stata la paura a far emergere la verità. Nel cuore della notte Modica è arrivato a Messina, e ha bussato alla prima stazione dei carabinieri trovata sulla strada. Per denunciare che una madre dello Zen faceva prostituire la figlia quattordicenne. Lui era l'unico a poterla incontrare a casa: in passato, aveva lavorato con il padre, dunque nessuno avrebbe sospettato incontri clandestini. Così Modica chiudeva la sua officina di fabbro, a
Villagrazia, e si aggirava spesso fra i casermoni dello Zen. La spedizione punitiva è rimasta un mistero per tutti, anche per gli investigatori, che adesso stanno cercando di decifrare tutti i retroscena di questa brutta storia. Altri clienti restano ancora nell'ombra. Allo Zen 2 campeggia ancora lo sdegno della gente e dei familiari degli arrestati sulla saracinesca dell'officina di Muscatello: «Muori cornuto. Pedofolia porno star muori. Pidofilo Franco». Ma chi indaga guarda con distacco a quelle scritte. Potrebbero anche essere un diversivo per distogliere l´attenzione dai clienti che restano ancora in libertà. Comunque sia, nel quartiere ormai simbolo del degrado a Palermo, alcune mamme stanno già pensando di organizzare una manifestazione contro la pedofilia. Vende la figlia per una birra «Mi hanno violentata per anni» Corriere della Sera 10 maggio 2007 Baby prostituta allo Zen: Confermate condanne in appello Aveva compiuto 19 anni da due giorni, lo scorso gennaio, quando, con una serie di minacce, una giovane romena è stata sottratta ai suoi genitori da una coppia di connazionali di poco più grandi, 23 anni lui, 22 lei. Stando agli accertamenti svolti dagli agenti del commissariato di Tivoli, la giovane veniva tenuta segregata in una casa in viale delle Milizie. Ogni mattina, la 22enne scortava la giovane a comprare i profilattici e poi, con i mezzi, la accompagnava al km 15 della via Tiberina. L'orario di lavoro stabilito andava, secondo la ricostruzione dei poliziotti, dalle 11 alle 18: il ricavo giornaliero era di circa 500 euro per una media di 15 rapporti sessuali. A intralciare il lavoro dei due sfruttatori ci si è messo il fidanzato della 19enne. Per tutta risposta, la coppia ha costretto la ragazza, e altre sfruttate, a denunciare il giovane con una serie di dichiarazioni false. L'epilogo lo scorso 4 maggio, quando la ragazza è riuscita a fuggire dalla casa prigione di viale delle Milizie e a denunciare il tutto. Gli agenti hanno scoperto che gli sfruttatori avevano altre ragazze al proprio servizio segregate che venivano fatte prostituire su Aurelia e Laurentina. Sono stati arrestati per induzione e sfruttamento della prostituzione, sequestro di persona e violenza privata. La prigione delle schiave del sesso era una gabbia di ferro chiusa da un lucchetto, in un capannone di via Case Rosse, sulla Tiburtina a Roma. Un posto da incubo, da dove provenivano grida e lamenti, scoperto dai vigili dell'VIII gruppo durante un'inchiesta su un gruppo di sfruttatori romeni. Sei le persone finite in manette, cinque uomini e una donna, tutti romeni accusati di riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione, detenzione di armi e altri reati. Gli uomini di Antonio Di Maggio hanno anche “liberato” due cugine diciassettenni, entrambe arrivate dalla Romania e finite in ostaggio della banda. “In particolare G... dichiarava che con inganno veniva condotta in Italia nel gennaio 2006 dalla Mariana la quale le aveva proposto di assumerla quale baby sitter per la figlia - si legge nel verbale della polizia municipale - in realtà le due donne, una volta giunte in Italia, più precisamente a Milano, subito dopo raggiungevano la città di Roma dove Mariana, sempre con l'inganno, si faceva consegnare il passaporto [...] Alla stazione, con la complicità di due
giovani romeni, G... veniva condotta presso un'abitazione dove le veniva comunicato che il lavoro che doveva intraprendere non era quello di baby sitter, ma quello di prostituirsi... La minore a tale affermazione si opponeva chiedendo di essere riportata in Romania dovendo desistere subito dopo a causa delle percosse infertele.... L'uomo, dopo il pestaggio, profferiva la seguente frase: non ti meno in viso altrimenti i clienti ti vedono rovinata”. Il seguito è una serie di orrori, ormai, purtroppo, fin troppo frequenti. La classica odissea di tante giovanissime schiave venute dall'Est. “La sera stessa G... dopo essere stata costretta a indossare vestiti succinti, veniva avviata alla prostituzione in via Palmiro Togliatti e affidata a un'altra ragazza che le avrebbe insegnato le modalità consistenti nelle prestazioni sessuali e il relativo prezzo: 30 euro in auto mentre se si fosse accompagnata a casa di un cliente doveva chiedere 150 euro l'ora.... La minore denunciava inoltre: 'Non mi permettevano di uscire durante il giorno, tenendomi reclusa con la porta chiusa a chiave... Se avessi provato a scappare mi avrebbero tagliata tutta e messo sale sulle ferite”. L'altra ragazza, M. ha denunciato il suo sfruttatore: “Il quale, dopo averla prelevata dalla Romania la conduceva in Italia, più precisamente in località Anguillara, ove, condotta all'interno di un appartamento, dopo averle tolto il passaporto, la segregava per quattro giorni picchiandola e violentandola più volte al fine di costringerla a prostituirsi”. Poi l'irruzione sulla Tiburtina e la scoperta della gabbia degli orrori. In un capannone sulla Tiburtina Repubblica 23 novembre 2006
c'era
la
gabbia
delle
schiave
Straniere, quasi sempre irregolari - e quindi deboli perché non possono rivolgersi alle Forze dell’Ordine, visto che rischiano il rimpatrio forzato: sono le schiave del sesso, le donne sfruttate dal racket della prostituzione di strada nel territorio del Melegnanese. Decine e decine di ragazze, sempre più spesso minorenni, anche 14enni, poco più che bambine. Le strade intorno a Melegnano brulicano della loro presenza. Impossibile non vederle: basta uscire dalla città e imboccare, ad esempio, la provinciale Melegnano-Binasco, o la Cerca, ma anche spingersi sulla via Emilia in direzione di San Giuliano, oppure verso Lodi. Le vittime della tratta sono sfruttate giorno e notte, con la violenza e le minacce. Secondo la relazione 2006 dei volontari dell'Associzione Lule Onlus. Lule (“fiore” in albanese), un'iniziativa nata nel 1996 dall'impegno della Caritas Decanale di Abbiategrasso per intervenire nel settore della prostituzione di strada e della tratta a scopo di sfruttamento sessuale, «...nella fascia diurna il fenomeno è caratterizzato dalla presenza prevalente di ragazze nigeriane, albanesi e rumene. Quest'ultime sono comparse in maniera più significativa nel corso dell'anno. Discontinua e minore è invece la presenza di donne e transessuali sudamericani. Le aree di maggior presenza riguardano soprattutto il tratto di Binasca tra Carpiano e Melegnano e la statale SS 412, l'area intorno a Lacchiarella, Binasco e Zibido San Giacomo e, infine, la forte presenza di ragazze nigeriane su Pieve Emanuele...».
La maggior parte delle ragazze sono risultate essere in Italia ed avviate all'attività prostituiva da diverso tempo, ciò vale in particolare per le albanesi o le nigeriane, mentre per le rumene ed altre est europee è spesso evidente la condizione di disagio e dipendenza da altre ragazze: alcune hanno confidato agli operatori di non poter eseguire controlli medici, o addirittura parlare troppo con gli stessi, a causa di precisi ordini imposti da chi le controlla. L'altra etnia presente in maniera significativa è rappresentata dalle ragazze est europee (Moldave, Rumene e Russe) controllate molto da vicino dal gruppo criminale che ne gestisce lo sfruttamento, e da ragazze albanesi in aumento sul territorio. «Frequente è la segnalazione di aggressioni ai loro danni, in genere da parte di clienti dall'apparenza insospettabile, episodi che generano forte turbamento, oltre a lasciare spesso evidenti segni fisici. In alcune aree (Binasca e altre) la segnalazione di episodi di questo genere è più frequente e finisce a volte in tragedia». Con l'aumentare della loro presenza cresce anche il disagio e la rabbia dei cittadini. In alcuni Comuni della zona si organizzano in comitati contro la presenza delle prostitute, come testimonia, ad esempio, la fiaccolata tenuta a Pieve Emanuele nel 2006. In tutto questo c'entra anche il modello economico del Nordest. Claudio Donadel, esperto di tratta, dice: «Dal 2000 in poi hanno cominciato ad arrivare le rumene. Prima c'erano le albanesi, controllate dai loro clan. Poi il mercato si è esteso, riflettendo logiche da globalizzazione. Le rumene sono arrivate dentro i camioncini che trasportavano le merci prodotte dalle prime industrie italiane che a Timisoara avevano cominciato la delocalizzazione». Ma a differenza della merce materiale, le donne vittime di tratta non hanno sempre un mittente e un destinatario. Nel loro peregrinare subiscono i trattamenti più diversi, spesso violenti, conoscono l'iniziazione alla vita da strada. È un trasferimento a tappe, vengono passate da un gruppo all'altro, mentre superano le frontiere, in una sorta di staffetta. Passano di mano in cambio di denaro. Sono un costo che viene rimborsato a chi effettua il trasporto, ma sono anche un ottimo investimento per chi poi le cederà. Qualche anno fa, il sostituto procuratore Raffaele Tito scoprì a Trieste che le donne venivano messe in vendita, con una specie di asta pubblica, in autostrada, in quella kashbah che è l'area di servizio di Gonars, la prima dopo l'incrocio delle autostrade provenienti da Slovenia e Austria. Donne vendute come animali. Il racconto di V., ingannata dal fidanzato, è esemplificativo. «M. mi aveva chiesta in sposa e andiamo nel suo appartamento. Il giorno dopo in cinque siamo partiti per l'aeroporto di Bucarest. M. ci dice che aveva fatto i visti per la repubblica Ceca. A Praga ci vennero a prendere un rumeno e un ceko con due auto. Dopo tre ore ci siamo fermati in un appartamento al confine austriaco. Abbiamo dormito una notte e ho sentito due sorelle che parlavano di un lavoro sulla strada. Ho chiesto spiegazioni a M. che mi ha confermato che in Italia avrei dovuto prostituirmi. Lì aveva altre due ragazze che lavoravano per lui. Mi ribellai, ma minacciò me e la mia famiglia. Mi chiuse a chiave. Poi mi disse che lavorando avrei rimborsato i soldi e mi avrebbe fatta andare via. Ma non mi disse la cifra... Un ceko ci portò a un furgone con altre nove persone. Attraversammo la frontiera austriaca a piedi, con un rumeno, sotto la pioggia attraverso campi e boschi. Siamo arrivati in Austria dove ci attendeva il furgone che aveva passato normalmente il confine. Il mattino dopo eravamo a Udine. Al passaggio della frontiera italiana l'uomo che guidava ci disse di nasconderci per terra nel furgone. Nessuno ci ha fermati».
L'identikit delle schiave del sesso nel Melegnanese 11 maggio 2007
Dice di chiamarsi Lina, 50 anni ma forse di più, originaria del Liaoning, Cina del Nord, sposata, mamma di una studentessa universitaria che vive ancora in Oriente, finita a battere sui marciapiedi di via Ripamonti, a Milano, dopo il tracollo dell'industria siderurgica in cui lavorava. «Al mio paese facevo la contabile in una ditta racconta - distribuivo le buste paga agli operai. Poi l’impresa ha chiuso e non sono più riuscita a trovare lavoro. Ma avevo bisogno di soldi». Così, è venuta in Italia: «È successo due anni fa. Ho cominciato a lavorare come baby-sitter a Prato per una famiglia ricca di Pechino. Mi occupavo dei due bambini, lavavo, stiravo, facevo tutte le pulizie, ma sono stata licenziata. Hanno preferito una più giovane. Allora sono venuta a Milano e qui mi sono messa a lavorare in un laboratorio tessile. Però era troppo dura, si stava sulle macchine anche 17 ore di fila, per 500 euro al mese. Non ce la facevo. Ho una certa età, questa gamba, per esempio, sono tre mesi che mi fa male». Più facile, allora, mettere da parte un po' di soldi stando su un marciapiede. Offrire sesso a prezzi stracciati, a volte addirittura anche solo per cinque euro, per vincere la concorrenza delle prostitute più giovani, vendendosi a clienti extracomunitari, ma anche italiani, che hanno pochi soldi. Otto, nove ore al giorno, un po' in Piazzale Lotto un po' in via Ripamonti, appostandosi dietro alle fermate dell'autobus per non farsi vedere dalle pattuglie della polizia. Un percorso in discesa che, come Lina, sta coinvolgendo sempre più donne cinesi, tra i 50 e i 60 anni che, per vivere, sono costrette a vendersi in strada. «Fino a un anno fa questo tipo di prostituzione, a Milano, non esisteva - spiega Daniele Cologna, sinologo dell'associazione Codici - è un fenomeno del tutto nuovo, ma in continua crescita». Da tempo, Cologna opera fianco a fianco con le unità di strada della Caritas e dei Padri Somaschi, che tentano di aiutare le squillo, offrendo loro assistenza e consigli. Sforzi generosi che il più delle volte però non bastano. «Queste donne sono completamente sole, non hanno un protettore - racconta - spesso vengono picchiate dai clienti che rubano loro l'incasso o pretendono prestazioni gratis. La loro è una lunga storia di sfruttamento. Prima, nelle grandi industrie pesanti della Cina del Nord. Quindi il licenziamento e il viaggio verso l'Italia dove, alla fine, si prostituiscono per pochi euro». Dietro le comitive clandestine - come emerge da un'inchiesta condotta dal Tribunale di Milano nel 2005 - ci sono i famigerati “She Tuo”, le teste di serpente. Veri trafficanti d'uomini, che, come rettili, guidano i migranti verso la speranza di un nuovo futuro. Costo dell'operazione: 6000 euro, tutto compreso. Agli immigrati vengono forniti passaporti e visti falsi. Poi, una volta in Italia, c'è chi viene ad accoglierli in stazione o all'aeroporto. Dopodiché devono arrangiarsi. «Molte lavoratrici orientali - continua Cologna - hanno trovato impiego nei laboratori tessili. Luoghi infernali, sui quali hanno speculato in molti: anche vari stilisti, che acquistavano lì i tagli grezzi. Ma poi, un paio di anni fa, tutta la produzione è stata trasferita nell'Europa dell'Est». Questioni di bilancio: «Tante ex operaie si sono riscoperte sole, senza più lavoro. Altre avevano già mollato, sfiancate dai ritmi di
produzione. A tutte loro non è rimasta che un'unica via d'uscita: il marciapiede». Ma poiché l'età non gioca dalla loro parte, ecco la necessità di abbassare i prezzi a cui vendersi. Di donne come Lina, le équipe di strada della Caritas e dei Padri Somaschi ne hanno contate, finora, più di 40. Ma sono stime che peccano per difetto, anche perché sono molte quelle che non si lasciano avvicinare dai volontari, hanno paura e scappano. Molti clienti si danno addirittura appuntamento in Internet, su forum creati ad hoc. Si scambiano opinioni, pubblicano commenti e amabilmente dissertano circa le loro nuove «prede» venute dall'Oriente. Uno di loro, “Lupo Grigio”, scrive: «Per quella sera cercavo qualcosa di veramente trucido. Ho rallentato, accostato, abbassato il volume della radio. Lei si è avvicinata: splendida, sorridente e grinzosa. Era lei quella che cercavo».
Schiave Del Sesso Per Cinque Euro 12 marzo 2007 La donna parla al telefono con la «padrona» e dice: «Un uomo mi ha picchiato e violentato. E lei, glaciale: «Sì, ma i soldi li hai salvati?». Un'intercettazione su uno dei cellulari del callcenter del sesso cinese ha permesso di sgominare a Pescara un'associazione per delinquere per lo sfruttamento della prostituzione. Chiuse tre case d'appuntamento. Per cinque persone, la prostituta Zhao Li, di 40 anni, le tre «menti» del gruppo, Liu Yong Jiao (26 anni), il suo compagno Chen Hongguang (36 anni), una donna più anziana, Hou Xiu (48 anni), che aveva il compito di smistare le chiamate dei clienti e che si occupava anche degli annunci e dell'andamento dell'incasso, e, infine, per la sfortunata L.L. di 39 anni, la vittima dello stupro, sono scattate le manette. Quest'ultima è finita in carcere perché non aveva lasciato l'Italia come le aveva ordinato il questore di Venezia. L'accusa, per i primi quattro, è di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Sono state le lamentele dei cittadini a mettere la polizia sulle tracce dei cinesi. Quel viavai continui negli appartamenti, dove per salire non si citofonava neppure ma si faceva uno squillo sul cellulare, hanno accompagnato per lunghi mesi le giornate dei vicini di quella casa abitata da gente del tutto particolare. La polizia ha fatto pedinamenti e intercettazioni ed è arrivata a sgominare un'organizzazione che rimandava in Cina tutti i soldi dell'attività illecita. Assicuravano loro vitto e alloggio, le spostavano di casa in casa e le rifornivano puntualmente di profilattici. Ne sono stati sequestrati oltre 500, tutti della stessa marca. Ogni casa d'appuntamento fruttava 1500 euro al giorno, 50 euro a prestazione. In un mese, le tre «filiali» di una medesima organizzazione criminosa fruttavano qualcosa come 135mila euro. I soldi venivano rimandati subito in patria. In una telefonata, una delle arrestate avverte l’amica: «Sbrigati perché la polizia ha già sequestrato parecchi soldi». Il riferimento è alle altre due case d'appuntamento (una in piazza Martiri Pennesi e l'altra in via Venezia) chiuse a metà dicembre 2006.
Arrestata la maitresse delle prostitute cinesi 09 aprile 2008
“Mi portarono in Cina quando ero sedicenne. Le ragazze avevano dai 14 ai 17 anni. Ci costringevano a soddisfare 40 o 50 soldati al giorno. Era una cosa impossibile. Mi rifiutai e mi picchiarono. Se una di noi si rifiutava, le tagliavano la pelle col coltello. Alcune vennero pugnalate, altre morirono di malattie. È stata un'esperienza dolorosissima: c'era poco cibo, non riuscivamo a dormire e neanche eravamo in grado di suicidarci. Volevo scappare a tutti i costi”. Così parla Lee Ok-sun, una sudcoreana di più di 80 anni che, assieme a decine di migliaia di connazionali, durante la Seconda Guerra Mondiale venne sfruttata come schiava del sesso per i militari giapponesi. Le chiamavano “donne di conforto”, e Lee Ok-sun prestava servizio in una “stazione di conforto” della città di Yanbian, nella Cina nordorientale. Dopo anni di proteste, il movimento delle sopravvissute è tornato a fare sentire la propria voce. Nato nel 1992, anno in cui le donne coreane hanno iniziato a manifestare con coraggio ogni settimana di fronte all'Ambasciata giapponese in Corea del Sud, il movimento chiede essenzialmente tre cose: l'ammissione, da parte del Governo di Tokyo, della piena responsabilità per quanto accaduto e il riconoscimento ufficiale del dolore causato che, quantomeno, restituirebbe dignità alle sopravvissute. Secondo, un risarcimento economico adeguato alle “donne di conforto” o ai loro parenti stretti. Infine, che i libri di testo scolastici descrivano in maniera accurata il sistema della schiavitù sessuale nella II Guerra Mondiale. Il nuovo leader del Giappone, Shinzo Abe, ha mantenuto la stessa posizione dei propri predecessori, sottolineando che non esistono prove che dimostrino che le “donne di conforto” siano mai state impiegate come schiave del sesso dai giapponesi. Al Congresso degli Stati Uniti, si è aperto un dibattito su una mozione orientata a chiedere al Giappone di presentare pubblicamente delle scuse chiare e univoche sulla faccenda. Dopo quattro giorni di intensi colloqui, i cento delegati giunti a Seul da Australia, Corea del Nord, Filippine, Germania, Giappone, Indonesia, Olanda, Stati Uniti, Taiwan e Timor Est in occasione della Ottava Conferenza Internazionale sulle “donne di conforto”, hanno firmato l'ennesima dichiarazione a condanna del Giappone. Koreans: Japan's troops forced us to be sex slaves 08 marzo 2007 Dai barrios più malfamati, dove la guerra cova sotto la cenere di loschi traffici e corruzione, vittime dello sfruttamento sessuale minorile, arrivano Cindy e Mayra, 14 e 17 anni, cugine. Magre, slanciate, nere come la pece. Le cugine vivono nel paseo Bolivar, uno dei quartieri più malfamati della periferia, a mezz'ora di autobus dal centro di Cartagena de Indias. Abitano in una stanza spoglia, senza mobilia. “Dormiamo per terra, abbracciate”, dice Cindy. “Noi non facciamo quello che pensate voi - interviene Mayra, risoluta - chiediamo solo un po' di cibo. Fra noi chi batte è solo Laura, quella nostra amica laggiù con la maglietta nera. Lei va con i turisti
per denaro e compra qualcosa anche per noi. Ma ultimamente ha spesso la febbre e dimagrisce a vista d’occhio. Sarà ammalata di Aids”. L'Aids ne uccide tanti, cibandosi dell’ignoranza e della vergogna dei sieropositivi. “Sono 15 mila pesos all’ora - incalza Cindy - le bambine non possono pretendere di più. Sono inesperte. La tariffa di una donna navigata è ben più alta”. Per fare sesso con una minorenne a Cartagena si spende l'equivalente di 7 euro all’ora. “In una sola sera Laura riesce a portare a casa anche 50mila pesos”, circa venti euro. Chiede Cindy: “Una curiosità: un bambino italiano quanto chiede?”. Cartagena de Indias rimanda a quel mondo immaginifico e frustrato che valse un Nobel in letteratura allo scrittore Gabriel Garcia Marquéz. Oggi, la città colombiana dal sesso facile torna in primo piano grazie ad una misura adottata dal Governo nel combattere la pedofilia e lo sfruttamento sessuale minorile con l'approvazione di un Testo unico della Legge sull'infanzia e l'adolescenza. Stando a quanto documentato da Peace Reporter, la normativa, elevando giuridicamente la protezione dei soggetti al di sotto dei 18 anni, ha il merito di infliggere un duro colpo alla realtà pedofila locale, tristemente sviluppata anche a causa di un turismo sessuale fiorente che vede coinvolti ogni anno migliaia di bambini e adolescenti (le stime parlano di un totale di 14 milioni di piccole vittime), grazie anche alla vecchia forma di tutela, che vietava l'applicazione della custodia cautelare in caso di reati con pena inferiore ai 4 anni (pena fino a poco tempo fa prevista per gli abusi contro minorenni), che ha di fatto permesso la circolazione a piede libero di criminali ed aguzzini. Il Sudamerica ha subito e continua a subire i contraccolpi del processo di globalizzazione. Eppure, già nel 1927 un testo, che si potrebbe definire antesignano della Convenzione ONU, riconosceva diritti fondamentali ai bambini di quelle regioni: si tratta del “Table of the Rights of the Child”, una carta dei diritti del fanciullo promossa dall'allora Ministro della Pubblica Istruzione uruguayano Enrique Rodríguez Fabregat, il quale colse nel rispetto di tali diritti - da menzionare i diritti alla gioia, alla vita, al gioco - “il segreto della grandezza e della gloria delle nazioni e dei popoli”. Gesto del tutto innovativo, poi assorbito dal sistema regionale di protezione quale l'Organizzazione degli Stati Americani (OAS) organizzazione che riunisce tutti i paesi dell'America Latina, tra cui anche Argentina, Messico e Bolivia ad esclusione di Cuba dal 1962 - e in particolare dalla Corte InterAmericana dei Diritti dell'Uomo (l'equivalente della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nel sistema regionale del Consiglio d'Europa). Virando ad Est, invece, l'Associazione per la Cooperazione Regionale del Sud Asia (SAARC) è ciò che più si avvicina a un sistema di protezione. Il documento più significativo è forse la Convenzione sull'Organizzazione Regionale e la Promozione del Benessere del Fanciullo in Sud Asia, sottoscritta nel 2002 da Bangladesh, Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri Lanka. Ma qui finiscono le forme di tutela dei minori. A parte l'Unione Africana - la quale, nonostante la Corte Internazionale Africana per la Protezione dei Diritti non sia ancora entrata in funzione, è annoverata tra i tre principali sistemi di protezione regionale nel mondo - non esiste nessun altra realtà internazionale di protezione. Inesistente in Medio Oriente così come in Cina, unica nazione al mondo a non avere tutela giurisdizionale per i diritti umani, nonostante i diritti dei minori cinesi e sud asiatici, così come quelli dei minori sudamericani, siano costantemente calpestati e inghiottiti dalla piaga del turismo sessuale. Nel marzo del 2006, una rete dedita al traffico internazionale di esseri umani ha portato all'arresto di un direttore d'orfanotrofio nella regione dello Hunan, in Cina: i bambini
venivano venduti a circa 2 mila dollari l'uno e destinati alla prostituzione, all'adozione o al lavoro forzato - anche in questi ultimi casi, denunciano le autorità, si riscontrano abusi sessuali durante i vari “passaggi” da un acquirente ad un altro. Le bambine sono la categoria più a rischio, in risposta ad una cultura rurale che vede nel maschio un investimento più sicuro per la coltivazione dei campi e la prosecuzione dell'attività familiare. Non è escluso che molti minori cinesi in Italia abbiano subito lo stesso tipo di iter. Il nostro sistema nazionale annovera diversi rilievi normativi a tutela del minore - che non si incentrano esclusivamente sul reato di pedofilia ma fanno leva anche su altre tipologie di reato applicabili alla lotta contro lo sfruttamento sessuale di minori. In tal senso, la legge del 15 febbraio 1996 n. 66, recante “Norme contro la violenza sessuale”, o la legge dell'11 agosto 2003 n. 228 sulle “Misure contro la tratta di persone” - meglio conosciuta come legge Prestigiacomo - che prevede pene più pesanti per chi sfrutta e approfitta dei minori riducendoli in uno stato di schiavitù. A queste si affiancano normative specifiche quali la legge del 3 agosto 1998 n. 269, intitolata “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, la legge n. 154 del 2001, intitolata “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”, che ha introdotto nel nostro ordinamento nuovi strumenti diretti a contrastare il problema della violenza all'interno della famiglia. Infine, la più recente legge n. 38 del 2006 - “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet” - che ha dato nuovo impulso alla lotta contro la pedofilia in rete. È una sezione speciale della Polizia di Stato, la Polizia Postale, a smascherare di concerto con gli altri reparti delle Forze dell'Ordine il commercio di materiale pedopornografico online, assieme al neo Centro Nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet del Ministero dell'Interno. Quello che però emerge è che se in Italia vi è un'applicazione viva di queste regole, altrettanto non può dirsi nel resto del mondo: le denunce dell'Unicef o di Amnesty International comprovano il lassismo di fondo dei governi e delle società nell'elevare la dignità del minore. Perché spesso le leggi restano solo lettera morta. Il segretario generale del Consiglio d'Europa, Terry Davis, ha “bacchettato” diversi paesi europei - la maggioranza, tra cui Italia e Gran Bretagna - per non aver ancora aderito alla Convenzione contro il traffico di esseri umani che mira in particolare a sradicare il fenomeno della prostituzione perseguendo i “criminali internazionali” che lo gestiscono, a impedire la schiavizzazione per il lavoro nero o per il prelievo di organi e ad aiutare le vittime di questa “scandalosa situazione”. Davis ha invitato Roma, Londra e altre decine di paesi a ratificare la Convenzione europea “con la massima urgenza”. Tra le misure per la prevenzione della prostituzione suggerite ai paesi che adottano la Convenzione (“finora incredibilmente sottoscritta solo da quattro dei 46 membri del Consiglio d'Europa”, ha lamentato Davis) c'è quella di scoraggiare la domanda: “le autorità - propone il Consiglio d'Europa - devono fare in modo di scoraggiare concretamente la richiesta: ciò significa che le autorità debbono perseguitare i clienti, cioè coloro che pagano per avere prestazioni sessuali con chi è vittima della tratta”.
Le leggi emesse negli ultimi 10 anni e la Convenzione Internazionale sui Diritti del Bambino firmata nell'89 non hanno ostacolato un fenomeno praticato da molti “turisti sessuali”, tra i quali anche nostri connazionali. Il turismo sessuale nasce negli anni ’70 contemporaneamente al calo dei prezzi dei voli aerei intercontinentali, alla crescita economica dei paesi industrializzati e all'esplosione delle offerte dei tour operator. È un sistema illecito di sfruttamento della prostituzione in cui il turista cerca, nei paesi stranieri più poveri, una “merce” difficile da ottenere nel proprio stato. In questi luoghi, il turista può avviare la sua attività criminale senza correre il rischio di condanne poiché appoggiato da strutture apparentemente legali che invece coprono ogni suo movimento. Il tutto si svolge in paesi dove la legislazione è carente e incompleta. Le più colpite sono le bambine tra gli otto e i sedici anni, ma in molte regioni l'età delle prostitute arriva fino ai 4. Le vittime provengono da villaggi sperduti e completamente dimenticati dalle istituzioni; spesso la condizione di precarietà in cui sono costrette a vivere, spinge le famiglie del luogo a vendere i propri figli in cambio di qualche migliaio di dollari, con la speranza di avviarli ad un futuro migliore. La causa principale di questo fenomeno resta quindi la povertà. Si determina un giro di soldi impressionante, circa 5 miliardi di dollari l'anno, ma che non alimenta l’economia locale. I soldi finiscono nelle tasche di una ristretta élite che ha nelle mani l'intero mercato e che paga le autorità per avere il loro silenzio. Lo stato coinvolto resta povero, i controlli di conseguenza sono pari a zero e la possibilità di creare traffico di turisti in cerca di sesso diventa altissima. Tra i paesi afflitti dal turismo sessuale compare al primo posto la Thailandia, seguono poi le Filippine, lo Sri Lanka, il Brasile, la Colombia e il Venezuela. Anche l'Europa è colpita dal sistema, soprattutto nei paesi dell’est come Russia, Polonia e Romania. “Sono 200 anni che l'Europa ha abolito la schiavitù. Eppure - dice Davis - il fenomeno non è stato ancora sradicato: gli esseri umani sono ancora comprati e venduti mentre criminali internazionali si arricchiscono ovunque grazie al fiorente traffico di esseri umani senza che i nostri governi si sforzino di mettervi fine. Le vittime sono sotto gli occhi di tutti ogni sera. Le vediamo passeggiare ovunque nelle città e nelle metropoli, in periferia o i pieno centro. Sono povere ragazze che non hanno scelto di prostituirsi: vi sono costrette con la violenza, complice il silenzio dei passanti. Talvolta vengono persino arrestate ed espulse e rispedite dalla polizia nei rispettivi paesi d'origine. Ma qualche ora dopo i criminali che le schiavizzano (molte di queste povere creature sono ancora delle bambine) le destinano già in un altro mercato del sesso, in un altro angolo d'Europa”. La nuova convenzione europea, sottolinea Davis, è il primo accordo internazionale che considera le donne prevaricate come vittime e non come prostitute, quindi fuorilegge. La convenzione offre alle vittime un lasso di tempo di 30 giorni per riflettere e decidere. E offre loro pure la possibilità di ottenere un permesso temporaneo di soggiorno che non sia condizionato dal dovere di collaborare con la polizia. Uno strumento dunque - sostiene Davis - in grado di ridurre notevolmente il fenomeno in Europa. “Intanto, però, deve ancora essere adottata nella maggior parte dei paesi. In poco meno di due anni solo in quattro hanno aderito. Quando li sollecitiamo, i governi attribuiscono il fenomeno all'emigrazione clandestina. Ma non è assolutamente vero: trattare gli esseri umani deportati come immigrati clandestini significa considerare le vittime come criminali”.
“È tempo di interrompere definitivamente il traffico di esseri umani. L'Italia purtroppo – ha concluso Davis - è uno dei tanti paesi che non ha ancora ratificato la convenzione. Spero che lo faccia nel più breve tempo possibile”.
Schiavitù: comprate e vendute A new form of slavery Europe’s fight against human trafficking 05 febbraio 2008 Il Tribunale di Milano ha emesso la sentenza nei confronti di Giorgio Sampec, cinquantenne veronese, accusato di pedofilia e diffusione di materiale pedopornografico, condannato a 14 anni di carcere. Sampec trascorreva la maggior parte dell'anno in Thailandia, in compagnia di giovani ragazzini e ragazzine di età compresa tra i 7 e i 15 anni, “katoi” e “tatine”, come lui stesso li chiamava. Ad incastrarlo alcune intercettazioni telefoniche nelle quali racconta i suoi rapporti con oltre 500 minori. Poi un agente infiltrato della Polizia Postale entra in contatto con l'uomo, raccoglie le sue confidenze e si fa consegnare una parte dell'infinito materiale fotografico, oltre 65 mila scatti. È la prima condanna per turismo sessuale in Italia, ma non è certo il primo caso. Un’indagine condotta dall’Unicef dimostra che i turisti italiani sono i maggiori frequentatori di minorenni costretti a prostituirsi per vivere. Nel 2005, circa 700 mila turisti si sono recati all'estero per scopi legati al turismo sessuale, 80 mila di questi erano italiani. “Quello di Giorgio Sampec è il primo caso di italiano condannato per reati sessuali su minori commessi all'estero in base alla Legge 269/98, promossa da Ecpat-Italia. L'approvazione di questa legge - spiega Ecpat - insieme a quella della 38/06, rappresenta uno dei nostri più importanti risultati e se ne vedono ora gli effetti: la condanna prevede fra l'altro che a Sampec sia perennemente interdetto l'accesso a luoghi istituzionalmente frequentati da minorenni. Si tratta di un segnale forte, della prova che coloro che commettono tali crimini non possono e non devono sentirsi invulnerabili per la lontananza dal loro Paese: indipendentemente dal grado di anonimato di cui si fanno forti nei Paesi in cui delinquono sono perseguibili, rintracciabili, punibili. La legge si è dimostrata efficace e funzionante, uno strumento utile e indispensabile per combattere lo sfruttamento sessuale dei minori ovunque essi si trovino''. Per il presidente di Ecpat, Marco Scarpati, “il problema è la mancanza di cooperazione giuridica internazionale: l'Italia sta facendo i suoi primi timidi passi in questo campo”. (Pubblicato su Ecplanet 03 giugno 2007) Violentò 400 bambine in Thailandia, condannato a 14 anni Giorgio Sampec ECPAT-Italia Unione Africana
Stop Sexual Tourism Table of the Tights of the Child Corte Interamericana dei Diritti dell'Uomo South Asian Association for Regional Cooperation UNICEF - La Convenzione ONU sui Diritti dell'Infanzia La rete della pace, reportage dal mondo - PeaceReporter
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150mila schiave del sesso e fingiamo ancora di non sapere Nuovi “negrieri”: schiave del sesso comprate per 50 mila dollari Il Far West delle schiave del sesso Le schiave del sesso alla coppa del mondo Schiave del sesso invasione cinese Schiave del sesso: comprate in cambio di un auto In cella schiave del sesso Schiave del sesso e dei riti vodoo Schiave del sesso a Tel Aviv
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