NOTIZIARIO DEL GRUPPO OPERAZIONE MUSEKE O.N.L.U.S. – Via Brescia, 10 – 25014 CASTENEDOLO (Brescia) ITALY Tel. 030/2130053 – Fax 030/2130044
NUMERO TREDICI - NATALE 1999 impianti: nadir - ciliverghe (bs) / stampa: euroteam - nuvolera (bs)
Per una Incarnazione di speranza e di solidarietà NATALE 1969 - 1999
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er tutti il Natale 1999 sia una solennità radiosa di luce, il preludio per un’esperienza particolarmente profonda di grazia e di misericordia divina, che si protrarrà fino alla chiusura dell’Anno giubilare nel giorno dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, il 6 gennaio dell’anno 2001. Ogni credente accolga l’invito degli Angeli che annunciano incessantemente:“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama”(Lc 2,14).Il tempo del Natale sarà così il cuore pulsante dell’Anno Santo, che immetterà nella vita della Chiesa l’abbondanza dei doni dello Spirito per una nuova evangelizzazione”(Giovanni Paolo II). Certamente Natale è sempre Natale. Ma quest’anno è del tutto particolare sia per la cristianità tutta, come ci ha ricordato il Papa nella bolla di indizione del Giubileo, sia per noi come gruppo e singolarmente per me che, trent’anni fa, dopo riflessione e qualche viaggio “in loco”, nel ’69 iniziavamo con l’aiuto del Signore la nostra presenza e la nostra attività in terra africana. Quanto tempo è passato da quel primo Natale trascorso con altre ragazze in Africa e precisamente a Gitega (Burundi)…Avevamo nel cuore il desiderio di donare amore in modo smisurato e oltre confine. Con un pizzico di incoscienza, ma guidate dall’aiuto di Dio,ci siamo“ imbarcate “in questa avventura sicure che la nostra fede e il nostro amore avrebbero illuminato il nostro agire
superando tutti gli ostacoli che sicuramente avremmo incontrato lungo il nostro cammino. Non è stato facile, un proverbio dice “paese che vai usanza che trovi”. Infatti abbiamo dovuto fare i conti con la mentalità, i ritmi, gli usi e i costumi diversi, tenendo ben presente che eravamo noi a doverci adeguare a loro e non viceversa, nel rispetto della loro cultura. Quanti ricordi!!! Quanto amore si sprigionava da ogni volto,da ogni sorriso, da ogni frase non pronunciata. Sulla scia di questo amore,molte persone dal cuore grande, durante que-
sti anni, hanno offerto la loro professionalità e il loro tempo insegnando, donando ma anche molto ricevendo, sia in terra africana che in quella italiana. Sopravvissuti alla guerra fratricida del 1972, dopo la repressione contro la Chiesa del 1985 abbiamo dovuto lasciare il paese come tutti i missionari “bianchi”. Le opere continuarono però grazie agli omologhi che eravamo riusciti a formare. Ma il primo amore non si scorda mai. Ecco perché quest’anno siamo ritornati in Burundi e abbiamo realizzato (continua a pag. 16)
Burundi: tra lo ieri e l’oggi l Burundi si trova nel cuore del continente africano a circa 2000 km dall’Oceano Atlantico a Ovest, a 1200 km dall’Oceano Indiano a Est. Si trova sulla punta settentrionale del Lago Tanganica ed è bagnato dal lago per circa 150 km. È un piccolo paese di 27.834 km2. È attraversato da Nord a Sud dalla cresta Zaire-Nilo che raggiunge punte di 2.700 m sul livello del mare.Verso Est questa catena scende dolcemente formando migliaia di colline tondeggianti, mentre verso Ovest precipita bruscamente nella vallata del Rusizi. La popolazione raggiunge i 5.000.000 abitanti,divisi in tre importanti etnie: 85% hutu, 14% tutsi e 1% twa.È uno dei paesi a maggiore densità di popolazione: 187 per km2. Siccome le tre etnie vivono praticamente mescolate, si è imposta un’unica lingua: il kirundi. Il clima è temperato, circa 20°C sugli altipiani del centro, e tropicale nella fascia che costeggia il lago Tanganica, con temperature attorno ai 25°C. La cresta Zaire-Nilo ha un clima piuttosto freddo attorno ai 1517°C. L’economia del Burundi è essenzialmente agricola. L’industria è pochissimo sviluppata. La popolazione pensa soprattutto alla sussistenza,data la densità degli abitanti e la scarsità del terreno coltivabile. I primi abitanti del Burundi sembra siano stati i boscimani.I secondi ad arrivare sono stati i twa, di tipo pigmoide. Dopo i twa arrivarono nel paese dei bantu agricoltori, gli hutu, che emarginarono i twa spingendoli verso la foresta e le paludi incoltivabili. Tra i secoli XIII e XVI ci furono immigrazioni di tutsi che giungevano dal Rwanda, ma originariamente provenivano dagli altipiani dell’Etiopia. Pastori alti, snelli, grazie al loro bestiame e alla loro superiorità militare fondarono un grande regno. La monarchia in Burundi sembra si sia imposta attorno al 1700. Il primo re si chiamava Ntare Serusciazi. Questo re fondò una dinastia che resse il Burundi fino ai tempi moderni. Il vero organizzatore del regno del Burundi è stato Ntare Rutaganua (17951852). I primi europei a stabilirsi nel paese furono i tedeschi nel 1897, che fondarono nel 1899 una stazione militare nel-
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l’attuale Bujumbura (Usumbura). Nel 1898 arrivarono i primi missionari che riuscirono a penetrare in Burundi venendo dall’est. Dopo la prima guerra mondiale, nel 1919 i belgi subentrarono ai tedeschi sconfitti e per avere un’unica amministrazione unirono il Burundi al Rwanda. Limitarono l’esercizio assoluto e arbitrario del potere da parte del re locale, abolirono la schiavitù e posero fine
alla tradizione che gli hutu dovevano servire i tutsi. L’indipendenza arrivò il 1° luglio 1962 contemporaneamente a quella del Rwanda, ma nel Burundi l’organizzazione monarchica rimase e il predominio dei tutsi si rafforzò. In Rwanda il partito degli hutu andò al potere e subito si fondò una Repubblica. In Burundi, invece, alla proclamazione della Repubblica si giunse nel 1966, quando l’etnia dominante dimostrò di non aver più bisogno della monarchia per governare il paese. Al potere c’era il re Mwami Muambuza IV, che venne destituito dal principe ereditario Carlo Ntare V,l’8 luglio 1966. Il 29 novembre 1966, il colonnello Michel Micombero fece un colpo di stato e proclamò la Repubblica (la prima). Micombero restò al potere fino al 1° novembre 1976 quando fu defenestrato e mandato in esilio da J.B.Bagaza,un ufficiale dell’esercito (seconda repub-
blica). Nel 1972-73, in seguito ad una sommossa provocata dai tutsi, più di 200 mila hutu vennero sterminati. Fu un “genocidio selettivo”perché furono uccisi soprattutto gli hutu di una certa preparazione culturale e di un certo livello sociale. Il Burundi fa parte dei 31 paesi a minor reddito pro capite,cioè i più poveri del mondo. Il 3 settembre 1987, il maggiore Pierre Buyoya,con un colpo di stato, si è sostituito a Bagaza come presidente (terza repubblica). Nell’agosto 1988, gli hutu hanno compiuto massacri tutsi, provocando l’immediata reazione dell’esercito. In tutto pare ci siano stati circa 20.000 morti (le fonti ufficiali dicono 5.000). Questi sono chiamati gli avvenimenti di “Ntega e Marangara”. Il 1° giugno 1993 alle elezioni presidenziali vince il candidato del Frodebu,Melchior Ndadaye,che il 10 luglio prende il potere al posto di Buyoya. Il 21 ottobre 1993 c’è un tentativo di colpo di stato da parte di qualche elemento delle forze armate.Il presidente Ndadaye viene assassinato assieme a quattro suoi collaboratori. Simultaneamente sono perpetuati atti di genocidio contro i tutsi. Il 22 gennaio 1994 è presidente della repubblica Cyprien Ntaryamira che il 6 aprile muore con il presidente del Rwanda Juvénal Habyarimana in un incidente aereo. Il 10 settembre 1994 viene firmata la “Convenzione di governo”da parte dei tredici partiti politici. Questa convenzione consacra la divisione del potere tra le differenti formazioni politiche.La presidenza della repubblica resta nelle mani del Frodebu (Fronte di Liberazione Burundese). Il primo ministro deve essere di etnia differente e appartenere ad una formazione politica diversa da quella del presidente.Nei fatti si avrà un presidente hutu del Frodebu e un primo ministro tutsi de l’Uprona (Unione per il Progresso Nazionale). Il 1° novembre 1994 è eletto presidente Sylvestre Ntibantunganya; in seguito però al blocco delle istituzioni della Convenzione, ai disordini e massacri che seguirono, il 25 luglio 1996 si riprende il potere Pierre Buyoya. Dal 31 luglio 1996 all’estate 1999 il Burundi subisce l’embargo internazionale. R.L. MUSEKE - 2
L’avventura degli inizi Le pioniere: Rosa, Maria, Tilde e Maria
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distanza di 30 anni è difficile comunicare un avvenimento,ma è anche molto bello rievocare un’esperienza che a quei tempi per noi è stata una vera impresa. Quante domande mi frullavano in testa, quanti punti interrogativi per rispondere alle sollecitazioni dell’enciclica “Populorum Progressio” di Papa Paolo VI! Sviluppo - giustizia - scambio - aiuto alle popolazioni meno sviluppate,“un aiuto tale che le mettesse in grado di provvedere esse stesse e per se stesse al loro progresso” (Populorum Progressio), tutte cose che ci mettevano in discussione e che alla fine sono state la pedana di lancio per il nostro impegno a dare un piccolo contributo al terzo mondo. Dopo l’enciclica di Paolo VI, anche a Castenedolo il problema delle missioni aveva incominciato ad essere presentato e sentito in modo un po’ diverso da quello tradizionale: non era più sufficiente celebrare la giornata missionaria una volta all’anno, fare un’offerta, recitare delle preghiere, bisognava fare di più. Ma come si poteva fare, quali potevano essere gli scambi, i contatti? Certo le parole del Papa erano sante, giuste, ma molto difficili da tradurre in realtà se a pensare e progettare era una persona singola, ma se a porvi mano fosse stata una intera comunità forse era possibile.
Ecco allora che con il parroco Don Paolo Zanetti si incomincia a sensibilizzare l’intera parrocchia. Don Paolo, reduce da un viaggio a Kiremba per conto dell’ufficio Missionario Diocesano iniziò contatti diretti con un Vescovo africano (Mons.Makarakiza) per dare il via ad un ponte fra Castenedolo e il Burundi, che doveva unirci sensibilmente e concretamente a quelle popolazioni troppo lontane e fino allora sconosciute. Ma quale poteva essere la presenza di Castenedolo in mezzo ai barundi? Quali erano le necessità di quella gente? In che modo potevano aiutarli senza fare loro “la carità”? Una cosa realizzabile poteva essere quella di insegnare loro un lavoro, ma quale? A chi? A Castenedolo molte ragazze lavoravano nella fabbrica della sig. Enrica, perché allora non pensare alle ragazze barundi ed insegnare anche a loro il cucito e la confezione? Con la nostra mentalità sembrerebbe cosa abbastanza facile,ma trent’anni fa in un paese dove non si era mai visto un lavoro,dove le donne erano viste e considerate capaci solo di lavorare la terra,fare figli,restando sottomesse all’uomo, pensare di avviarle ad un lavoro che le rendesse indipendenti era un’impresa non da poco e che solo la fede e l’impegno profondo potevano tentare di realizzare. Nostro compito poteva quindi essere quello di aiutare
Da sinistra Maria Pitossi, Maddalena, Maria Capoduro, Rosa Scaroni, Veronica Gennaio 1971 MUSEKE - 3
le donne, le ragazze a prendere coscienza della propria dignità, potenzialità e capacità. Con questo spirito missionario, e con la consapevolezza di essere una goccia nell’oceano,anch’io ho fatto allora la scelta di dare un periodo della mia vita all’Africa. Ritornando al nostro progetto, dobbiamo dire che la realizzazione dell’iniziativa fu in gran parte merito della sig. Enrica Lombardi che mise a disposizione esperienza e mezzi finanziari con entusiasmo e grande generosità. I lavori di preparazione furono molti, impegnativi; si trattò di fare arrivare a Castenedolo alcune ragazze barundi perché imparassero le tecniche del mestiere per essere poi loro stesse le “maestre” nel loro Paese. Veronica, Maddalena,Rosalia,Virginia giunsero a Castenedolo (cosa impensabile allora) l’8 dicembre 1967 e qui rimasero inserite nella comunità e nel lavoro all’Aurora per imparare, non senza difficoltà, ciò che mai avevano fatto nella loro vita. I mesi passano veloci, fervono i preparativi presso le Madri Canossiane, tutti possono vedere le casse (n° 52) che vengono preparate con cura con tutto il materiale prezioso e necessario per poi attrezzare la casa, il laboratorio che sorgerà a Gitega. Superate molte difficoltà logistiche e burocratiche il 6 luglio 1969 Maria,Tilde ed io con le nostre negrette,fra gli addii,i saluti e parecchie lacrime partiamo da Linate iniziando così la nostra meravigliosa avventura o meglio la nostra missione africana. Certo le cose non sono andate proprio sempre lisce perché la realtà non è un bel sogno; ci sono state prove, difficoltà, ostacoli, gioie e dolori, ma sorrette dalla convinzione che senza la croce non c’è merito, e sostenute dalla forza che ci dava il Signore,abbiamo lavorato,collaborato e dato inizio a parecchie attività: l’accoglienza per tutti quelli che bussavano alla porta, la nostra casa era chiamata “piccola Betania”, era aperta a tutti: laici, missionari o suore che trovavano un ambiente sereno e confortevole a qualunque ora; la scuola con tre turni di ragazze che
venivano a giorni alterni due volte alla settimana;le donne che imparavano a crescere i bambini;il laboratorio (atelier Museke) dove lavorava un bel gruppo di ragazze operaie pagate che facevano le divise per le varie scuole delle missioni; il dispensario per piccole prestazioni sanitarie. Andavamo dai lebbrosi che erano abbandonati da tutti;la domenica si partiva per le succursali dove non poteva andare il missionario per l’animazione della “messa bianca” e dove si portava l’Eucaristia. Vivendo a contatto con quella gente ogni giorno si scoprivano innumerevoli e vere necessità, la povertà, la miseria, le malattie ma anche usi e costumi di un popolo che faceva trasparire la gioia, il rispetto, la riconoscenza. Nel dare molto ho imparato e molto ho ricevuto da tutti. Quella gente è ancora tutta nel mio cuore,molte donne e alcune delle nostre ragazze già sono morte, i bimbi sono cresciuti ormai sono adulti. Molti gravi avvenimenti hanno segnato la storia del Burundi e ancora oggi non sono finite le lotte fratricide e la povertà continua ad essere la condizione della maggioranza della popolazione, ma io continuo a credere che valga la pena di impegnarsi e di donarsi per gli altri. Gesù ci ha insegnato che a noi tocca seminare, altri raccoglieranno i frutti, quindi io ringrazio il Signore dell’esperienza fatta nella mia giovinezza. Esperienza che ha dato un’impronta diversa alla mia vita, che mi ha arricchito umanamente e spiritualmente e che auguro a molti giovani perché Museke che si sta un altra volta riprendendo possa continuare nel suo impegno di sostegno e solidarietà. Rosa Scaroni
Il centro di Museke - Dicembre 1972
Da alcune lettere di Maria Capoduro i racconto la mattina della Domenica delle Palme 1973.Ieri sera, sabato, il “Patiri Mukuru”(il Parroco) ha chiesto che tre di noi andassero a Mumuri per la Festa delle Palme perché non aveva trovato nessun sacerdote che potesse venire. Dovevamo andare in Parrocchia, il mattino dopo, a prendere nel tabernacolo il grande ciborio con il Santissimo, preparato per portare a Murmuri. Così abbiamo fatto.Sono andata con Rosa; ho preso dal Tabernacolo della chiesa parrocchiale di Gitega il grande Ciborio. Mentre Rosa guidava, io avevo il ciborio in grembo. Siamo arrivate a Mumuri alle 7. Preparato l’altare, indossati i nostri abiti bianchi, preparato il Santissimo nei nostri cestini e’ iniziata la funzione. Vi sono 18 catechisti e, a turno, guidano la funzione.Tutto come per la S.
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Atelier Museke - Gennaio 1971
Messa, esclusa la Consacrazione.Una funzione alle 7,30, terminata alle 9,30, l’altra alle 10, terminata alle 12. Abbiamo fatto due ore di Comuninoni.Vedessi che fede! Tante mamme per far stare quieti i loro piccoli con la massima semplicità allattano il piccolo mentre si presentano per ricevere la Comunione. Questi bambini seminudi, con le loro manine giunte, ti guardano con certi occhioni! Siamo ripartite, felici di aver portato il Signore a tanti fratelli, che ormai ci conoscono e ci aspettano.Ogni volta, nel salutare, ci dicono: “Venite presto”. Domani attendiamo a Museke i 18 catechisti di Mumuri e i 10 di Giheta (l’altra nostra succursale) per fare loro un regalino in occasione dalla Santa Pasqua. Carissimi, so che desiderate notizie dai nostri lebbrosi. Noi ci occupiamo di un piccolo lebbrosario, che ospita 25 lebbrosi (uomini e donne).Sono due dormitori e una piccola infermeria.Il vitto (fagioli, banane, patate, cotti insieme) è preparato con il fuoco all’aperto.I lebbrosi che possono usare le mani, (quasi nessuno ha ancora le dita) lavorano un pezzo di terra. Oltre ai lebbrosi fissi, ne vengono altri 40 per farsi medicare e assistere. Passa un medico belga, della Società di Padre Damiano, una volta al mese, e basta.Noi vorremmo per Pasqua dare a ciascun lebbroso un paio di sandali nuovi: poiché tutti non hanno più le dita dei piedi, senza questi sandali speciali, non possono reggersi in piedi e si trascinano per terra, come le bestioline ( i sandali costano L.3.500 al paio).Vedete se potete fare qualcosa per aiutarci. Io intanto Vi ringrazio molto. MUSEKE - 4
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on dimenticherò mai quel pomeriggio di primavera del 1968 quando Enrica mi telefonò dicendomi: Torno ora dal Burundi e là ho pensato a te.Andresti giù a lavorare per un periodo, nell’opera che stiamo preparando in risposta all’invito del vescovo Makarakiza? Su, pensaci seriamente........ci conto!” Confesso che ebbi un tuffo al cuore! Un cumulo di pensieri, di interrogativi,di difficoltà,di paure mi assalirono improvvisamente. Perché questo invito proprio a me? Enrica la conoscevo da tempo ma senza occasioni di contatto..... L’attrattiva dell’Africa l’avevo avuta in passato e abbastanza forte, quando D. Monolo, direttore dell’ufficio missionario-diocesano, venne a presentare in occasione dell’assemblea dell’Az. Cattolica, il “progetto Kiremba”come dono della chiesa bresciana al neo eletto Papa Paolo VI. Era l’apertura ufficiale della missione “ad gentes” anche ai laici, come frutto del Concilio. Agli aspiranti volontari era richiesta specifica preparazione e specializzazioni, soprattutto in campo sanitario e infermieristi-
co. Io che non ero in possesso di nessun requisito del genere,mandai amaramente “in soffitta” la mia aspirazione, rassegnandomi al pensiero che forse si trattava soltanto di un sogno, evocato da semplice entusiasmo giovanile Ora, evidentemente, c’era una “chiamata”. Lui, il Signore, la lanciava attraverso le sue misteriose mediazioni, ma non c’era spazio per gli equivoci... Non fu facile né semplice rispondergli affermativamente.Le cose belle si devono pagare! Dopo il corso di lingua francese a Bruxelles, il 16 luglio 1969, domenica, finalmente, da Linate, parte la “comitiva”. Si, infatti eravamo in nove. Le africane:.Maddalena,Veronica,Virginia,Rosalia e Veronique;Tilde, Rosa , la sottoscritta e il sig. Rizzetti. Emozionante e tragicomico quel viaggio! Commosso e indimenticabile l’arrivo sul suolo africano. All’aeroporto Don Paolo attende con trepidazione... A Gitega mons. Makaratiza offre a tutti cordialissima accoglienza.Il lavoro di sistemazione presenta subito varie difficoltà e contrattempi inerenti anche all’esperienza nuova da intra-
prendere, affidata a...tre ragazze inesperte. Ma c’è tanto entusiasmo, volontà e fiducia; con noi c’è il Signore e sempre più lo vogliamo scoprire in questi nuovi fratelli.A trent’anni di distanza da quella avventura concludo che è stata per me un dono speciale che mi ha aiutata a crescere umanamente e spiritualmente, aprendomi alla mondialità. L’incontro e la condivisione con tanti missionari mi ha edificata e incoraggiata; il contatto con la gente povera, con le ragazze e le donne desiderose di apprendere ciò che nella vita serve a crescere soprattutto in dignità, mi ha fatto capire di più il senso dei valori veri della femminilità....Tutto è stato dono, anche l’amarezza del cuore quando qualcuno ha contestato e ha voltato le spalle.... È il momento in cui verifichi la tua scelta , chiedendoti, perché e per Chi l’hai fatta.......E se, pur riconoscendoti una “frana”, concludi che l’hai fatta per Lui,allora ti senti interiormente ricaricata e disposta ad una nuova avventura. Grazie,Africa!!! Maria Pitossi
I diversi campi di impegno enata Vezzoli e Luisa Girelli di Chiari arrivate a Museke, la prima volta nel 1971, la seconda nel 1972 fino all’agosto del 1975.
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• La nostra decisione è nata dall’esperienza del gruppo Missionario Clarense collegato con l’Ufficio Missionario Diocesano e allo SVI (Servizio Volontariato Italiano) di Brescia, all’interno del quale ci siamo
formate e preparate per la partenza. Una decisione importante che ci ha portate, per alcuni anni, a dedicarci a tutte quelle persone che ancora oggi non hanno voce all’interno delle società mondiali le quali, allargando sempre più il loro potere, sono riuscite a mantenere nel silenzio più assoluto questa gente. • Siamo arrivate in una Comunità femminile nella quale il progetto era avviato già da alcuni anni:ATELIER
Il cardinal Martini, il Nunzio Apostolico e mons. Ruhuna - Agosto 1985 MUSEKE - 5
DI CUCITO E FOYER. L’entusiasmo ci ha aiutato a superare gli ostacoli dovuti alla non conoscenza delle abitudini e delle tradizioni locali compresa la difficoltà della lingua Kirundi e, non per ultima, l’esperienza, per noi nuova, della vita di comunità. • A distanza nel tempo possiamo affermare che il Burundi - Museke, è stata una tappa che ha segnato in maniera tangibile il nostro percorso di vita e le scelte successive. • La realtà eterogenea di Gitega, da quella studentesca alla nuova borghesia burundese,al bananeto con i più emarginati, pur essendo difficile da conciliare e mantenere in equilibrio attraverso i rapporti,ci ha permesso di studiare il problema politico - sociale - etnico di questo paese, senza stereotipi e pregiudizi. Il rapporto che si è mantenuto e consolidato nel tempo • Il rapporto mantenuto nel corso degli anni ci ha permesso di capire l’importanza fondamentale, per loro e per noi, dell’amicizia. • La preoccupazione maggiore era di condivisione di momenti lavorativi e ricreativi: la decisione di integrare nel progetto Foyer l’Educazione Alimentare e la Coltivazione, è venuta di conseguenza. Questa ulteriore esperienza veniva sperimen-
Renata e Milly a Mumuri - Giugno 1973
tata sulle colline, presso le loro abitazioni. • Visti poi i bisogni nelle succursali di Gitega -Mumuri e Gihza e su richiesta della Diocesi locale , si è avviata l’esperienza del Foyer partendo dal coinvolgimento diretto delle donne e delle loro famiglie le quali divennero esse stesse promotrici delle iniziative del progetto (Celine, Gaudence, ...ed altre eccellenti collaboratrici). • Non possiamo infine tralasciare quanto siano stati fondamentali i momenti condivisi con i nostri missionari e volontari che in quegli anni erano numerosi in Burundi. Grazie alla collocazione geografica di Gitega ed all’ospitalità caratteristica di Museke, i momenti di comunità venivano condivisi con i numerosi missionari e laici che sostavano qualche ora o qualche giorno. Questi momenti aumentavano la nostra conoscenza delle realtà socio-politiche ed ecclesiastiche che il paese stava vivendo. Non possiamo non ricordare che in quegli anni si viveva il culmine della rivolta della “Repressione del 1972” e la sofferenza che ci univa agli indigeni, ci dava la forza di continuare ad esserci. • Potremmo prolungare all infinito perché, mentre scriviamo, i ricordi si susseguono,ma non riusciremmo mai ad esprimere tutta quella ricchezza interiore che dagli anni di Gitega ci sentiamo dentro e che ancora oggi ci accompagna nelle nostre scelte. Renata e Luisa
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Luisa con un gruppo di donne - Gitega 1974
l mio incontro con l’Africa é avvenuto la mattina del 13 sett.1973.Avevo accettato di andare a Museke per sostituire chi doveva rientrare.Mai avevo pensato nella mia vita di un giorno poter andare in Burundi a prestare il mio servizio (anche se minimo).Ma l’esempio di alcune persone prima di me, e in modo particolare la frase del Vangelo che dice:“di grazia avete ricevuto, di grazia avete dato”, mi hanno dato la spinta per decidermi. E quello che prima ritenevo difficoltà insuperabili si é rivelato superabilissimo. E questo per me è stato un dono di Dio.Ancora oggi quando ringrazio il Signore per quello che mi ha dato,c’è sempre il grazie per l”Africa”. L’aver per un bel periodo vicino a quella gente,per me estranea all’inizio, ma divenuta così, da accettare con disinvoltura di entrare nelle loro case(capanne), di mangiare quello che ti offrivano, di bere con loro la birra. Di pregare con loro, vicini a loro, seduta
nella panchina tanto bassa da toccare la terra, unirmi ai loro numerosissimi canti, adeguandomi, perfino alla cantilena abituale,… Ecco, tutto questo( e non solo questo perché i momenti indimenticabili sono tantissimi) ha fatto si che un po’della loro vita è entrata in me, e mi da la possibilità di capire e di soffrire in maniera diversa da chi sente e vede situazioni tragiche solo alla televisione. Sono passati 27 anni, ma il ricordo è ancora nitido e là sarà per sempre, anche se nella vita ho fatto altre esperienze di Missione. Sono legata ancora, tramite corrispondenza a Marciana e Jacinta le due “monitrices”che lavorano con me,e mi raccontano le cose tristi che succedono anche nelle loro famiglie. Io prego,e con me sono tanti che lo fanno, perché in Burundi si possa convivere serenamente e la pace possa regnare in tutti i cuori. Giuseppina Bardelloni
Giuseppina a Gihiza - Aprile 1974 MUSEKE - 6
La realizzazione Linda Zini a Museke dal 1974 al 1978
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ono ritornata a Gitega,tre anni dopo il mio rientro in Italia. Nel ritrovarmi in Cattedrale per la Messa domenicale,in mezzo a tanta gente; donne-uomini-giovani-ragazze-bambini e neonati stretti da fasce attorno al dorso delle madri, ho avuto la percezione di un ritorno a casa. Nel risentire l’odore della loro pelle,reso più intenso per l’affollamento e la stretta vicinanza,ho ritrovato una cosa famigliare di cui avvertivo la nostalgia e che se anche non era gradevole amavo profondamente.È stata la prova del nove del mio amore per quella gente e del mio sentirmi parte di essa. Quattro anni ho vissuto a Museke. Non so cosa la mia presenza abbia significato per le persone che ho incontrato,so però di aver vissuto quell’arco di tempo con intensità d’amore e pienezza di dedizione. Ambientarmi non è stato facile. Forse aleggiava troppo in me il confronto tra l’Italia e il Burundi. Il confronto (ad esempio) si riferiva, al guardare le colline:il mio pensiero e i miei ricordi correvano ai miei Colli Berici o alle mie Dolomiti.Soffermandomi vicino e dentro ad una capanna, nei miei occhi si ergevano gli angoli eleganti dei palazzi Palladiani. Nel cogliere i repentini passaggi dalla notte al giorno e viceversa, sognavo la dolcezza dei tramonti e delle albe, che da noi si prolungano nel tempo. Anche la difficoltà di parlare e di esprimermi in francese, mi rendeva impacciata-imbranata-paurosa e a volte congelata.Non riuscivo ad essere me stessa. All’inizio tutti i volti mi sembravano uguali e il colore scuro della pelle degli occhi dei capelli,mi angosciava.Anche i nomi delle persone non sapevo calzarli a dovere. Quando però, sopravvenne la consapevolezza di essere in Burundi per una riposta ad una chiamata di Dio e riconoscendo nel quotidiano il Suo amore protettivo e misericordioso,avvenne la liberazione dai confronti e dalle tante paure. Ha vinto l’amore. L’accettazione mi ha permesso di accogliere con amore tutto: paesaggi-luoghi-persone-usi/tradizioni-idioma-musica-canto e perché no anche le pulci penetranti. Il servizio chiestomi, mi impegnava in attività e ruoli vari. Nulla combaciava con la esperienza professionale. Gestire una casa di accoglienza, ricevere ospiti a tutte le ore, mi ha allenata a fare spazio alle persone prima che in caMUSEKE - 7
sa nel mio cuore. Collaborare con le amiche responsabili del laboratorio e della scuola e a volte anche sostituirle, mi ha permesso l’apprendimento e l’esercitazione in lavori appartenenti a settori nuovi. Per tanti aspetti mi sentivo una persona povera, in mezzo a tanti fratelli poveri,anche se le povertà erano diverse. Alcuni fatti, mi rifluiscono alla memoria. • Era uno dei venerdì di quaresima. Come al solito dedico alcune ore pomeridiane per una visita ad un piccolo villaggio di lebbrosi con l’intenzione di pregare con loro e per loro. Maria ospite del villaggio perché ammalata, mamma di 5 o 6 bambini (non ricordo esattamente il numero), mi venne festosamente incontro, spostandosi sulle ginocchia e dicendomi:“Linda è proprio vero che il Signore mi ama!”.Fui incuriosita da tale affermazione e le chiesi: “perché Maria mi dici questo?”, Maria di rimando mi rispose “perché se tu sei qui e vieni a trovare noi a nome del Signore è perchè Lui mi ama e ci ama tutti uno ad uno”. • Alle prime ore di un pomeriggio assolato, arriva da me un uomo tutto trafelato chiedendomi di andare con lui presso una capanna dove aveva lasciato la moglie incinta in procinto di partorire. Desiderava che io in macchina la trasportassi dalla capanna all’ospedale. Aveva-
no già percorso 10 Km.a piedi e la ginecologia distava ancora 8 o 9 Km. Sono partita con lui, ma all’arrivo sul luogo, la donna era in travaglio. Fui ammessa all’interno della capanna dove la puerpera giaceva per terra. Dopo sforzi enormi con aiuti rudimentali, il bimbo venne alla luce. Intanto, all’esterno si era riunita una grande folla in attesa dell’evento. Erano abitanti del “rugo” e del villaggio vicino.Al primo vagito del bimbo, le persone fuori riunite, sono esplose in canti e danze di gioia. Dopo aver rimesso in ordine madre e figlio, li fece salire in macchina assieme al marito e alla suocera. Essendo seguita da tutte le persone presenti che inneggiavano alla vita ho dovuto guidare a passo d’uomo per raggiungere la loro dimora. Che dire? Ogni Natale rivive questa avventura e Betlemme la sento vicina. Le relazioni, i rapporti con quella gente africana,furono buoni e semplici.La mia umanità ne è uscita rinnovata, sviluppata e arricchita. Oggi ogni persona di colore che incontro sulla mia strada la sento amica e mentre la guardo e dialogo, si rinnova la simpatia e la comprensione. Ringrazio,dopo il Signore,Enrica Lombardi per l’esperienza che mi ha fatto vivere.Il dono ricevuto non ha prezzo e mai riuscirò a ringraziare sufficientemente. Linda
La visita a Maria e agli amici lebrosi di Gitega
Andare in Burundi... È valsa la pena? Milly Gussago a Museke dal 1975 al 1978
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na domanda che spesso mi viene posta e può sembrare logica, considerato che, apparentemente quel paese sembra regredire in valori e progresso, nonostante tutto. Oggi come allora,con convinzione rispondo SI. Innanzitutto, per avere risposto ad una chiamata che Dio mi aveva fatto attraverso le molteplici vicende della vita;e perché in quella riposta ho trovato la mia realizzazione nel progetto di Dio,quindi la serenità interiore.Non ero partita a titolo personale, ma come espressione di una comunità ad un’altra comunità per uno scambio di valori. Il mio servizio a MUSEKE (GITEGA) missione ideata da Mon. MAKARAKIZA e realizzata nel 1969 con l’aiuto di Enrica Lombardi, era di collaborare con un gruppo di ragazze di un ATELIER di cucito. Le ragazze avvalendosi delle nozioni acquisite da chi mi aveva preceduto, progredivano di giorno in giorno e l’Atelier Museke riusciva a confezionare abiti per persone di ogni ceto sociale, dal presidente all’epoca MICOMBERO, ai PIGMEI. Il ricavato di quel lavoro, permetteva il salario alle quindici ragazze dell’Atelier e la sovvenzione al FOYER (scuola di alfabetizzazione e vita familiare) che con l’OSPITALITÀ formava le tre iniziali finalità di quell’opera. Nel giorno di sabato, in Cappella con le ragazze dell’Atelier si rifletteva sul VANGELO (generalmente un brano scelto da loro) e gli impegni non mancavano nel cercare di vivere l’insegnamento di CRISTO. Il mio servizio
si completava nel concretizzare con le ragazze e le loro famiglie, un rapporto fraterno, amichevole, fatto di semplici gesti, percorrendo a piedi sentieri polverosi attraverso colline e bananeti per dare un aiuto a chi per vari motivi si trovava in difficoltà. I finanziamenti, modesti, venivano tratti da una cassa comune,dove ogni ragazza, liberamente metteva una parte del suo stipendio. E qui... i ricordi si accavallano tra emozione e commozione. – Come dimenticare LEONIA... una ragazzina di tredici anni, la più giovane e gracile del gruppo Atelier, morta tra le mie braccia per eccessiva dose di un farmaco somministratole erroneamente al dispensario statale, Leonia era l’unica della sua famiglia a percepire una salario, e la mamma affetta da grave malattia aveva continuamente bisogno di cure. In seguito... furono le ragazze dell’Atelier a sostituire Leonia nelle necessità della mamma. – LUDOVICO, un uomo di trentacinque anni, che a causa delle pulci penetranti camminava carponi e poiché per curarlo non c’era altro modo che togliere una ad una le centinaia di pulci, per molto tempo, con le ragazze,a turno spulciammo ludovico fino a rimetterlo in posizione verticale, e piano piano riprese felicemente a camminare fiducioso nella provvidenza. Fu una festa e una gioia indimenticabile,tra canti danze e suoni di tamburi. – Come dimenticare i LEBBROSI... i loro stretti abbracci fatti con arti
Vanna e Milly - Agosto 1981
monchi, le loro bocche sdentate e sempre aperte al sorriso, il loro canto di ringraziamento a Dio per la nostra presenza? – E che dire degli week end nell’imihana (savana) ospite nelle famiglie delle ragazze. Gli anziani (abashingantav) con canti dolci e sommessi, con musica composta da semplicissimi strumenti raccontavano la loro storia fatta di tradizioni,di proverbi,di favole...storie vere tramandate di generazione in generazione e raccontate sotto le stelle nelle notti di luna piena con il sibilare del vento tra le foglie degli alti e profumati eucaliptos? – Ho impressa la figura semplice e paterna dell’Arcivescovo Mons. Ruhuna, martire della fede (morto nel settembre 1996) è stato per me un esempio di amore fraterno, promotore di speranza, testimone coraggioso di Cristo.E potrei continuare fino a stancarvi, se già non l’ho fatto. Preferisco concludere sottolineando che SI, per me è valsa la pena fare questa arricchente esperienza che continua nel tempo perché tutt’ora, sono in contatto espistolare con quelle persone, e ad ogni possibile occasione ritorno in BURUNDI per rivedere le ragazze di un tempo diventate mamme di sei, otto,dieci bambini,e con loro tanti altri amici, ed è una grande gioia rivederci scambiandoci ogni notizia recente o remota, e il rapporto umano d’amicizia fraterna continua nel tempo come dono. Nel 1985 quel gruppetto di donne avevano formato una piccola cooperativa, la PRIMA COOPERATIVA DI DONNE IN BURUNDI riconosciuta dalla stato Burundese,e tutt’ora continuano a collaborare nonostante l’attuale difficile situazione di guerra civile. Non so se sono riuscita a trasmettere valori, ma sono certa di avere ricevuto tanto da quelle persone. Prego perché giovani e adulti si rendano disponibili a vivere queste preziose esperienze. Grazie a Dio per quanto mi ha concesso, e chi mi ha aperto la strada a questa scelta di vita. Un ringraziamento a Enrica che con fiducia mi ha lasciato gestire liberamente ogni iniziativa nata da esigenze locali. E in fine, grazie a Lucia, Linda,Giuseppina,Luisa e Renata che mi sono state compagne, sorelle e amiche nalla vita comunitaria. Milly MUSEKE - 8
L’opera agli omologhi Maria Luisa Costa a Museke dal 1978 al 1982 n Burundi dicono che il Burundi è cominciava ad incontrare una proces- È in questo ambiente, in questa situail cuore dell’Africa e che Gitega è sione di gente che,scalza e vestita di po- zione che con Mafalda, Bianca,Vanna il cuore del Burundi.Gitega,ex ca- vere cose riciclate e sporche, va per i Bruna ed Assunta ho vissuto il mio pitale, è situata a 1750 mt. s. m. , con fatti suoi. Quel che colpisce di più so- servizio in Burundi durato 51 mesi. all’orizzonte uno scenario collinare no le donne sempre cariche dei bimbi Ho incontrato persone stupende e sempre verde; ha un clima costante sulla schiena e di merce sulla testa.E so- generose che mi hanno dato esempi che oscilla tra i 22° e i 25°, per cui si no loro a portare il peso della famiglia. di disponibilità e di generosità molto può dire che gode di una eterna pri- Tuttavia sono serene e desiderose di ap- forti. Ho visto situazioni che hanno prendere.Anche se molto legate alle tra- dell’inverosimile e ho vissuto momavera. menti lieti,sereni,ma anche dolorosi. È qui che Museke teneva aperti i bat- dizioni. tenti per aiutare donne e gioventù a Si rendono conto però che la scuola fa- Io non so quanto il mio correre ed il crescere, a maturare, a vivere umana- cilita loro la vita e per questo,a Museke, darmi da fare possa avere lasciato traccia laggiù, spero solo di non avemente e quindi cristianamente. Ed è venivano volentieri, nei tempi fissati. qui che sono approdata l’11 agosto I bambini poi, che si incontrano in re inciso solo negativamente. Quel 1978, accolta da Linda: donna intelli- tutti gli angoli, anche se mancano di che mi sembra di poter dire è che gente, dotata di molte qualità e sicu- tutto, con tutto trovano da giocare e quel poco che ho dato l’ho dato senra di sé. Io, un po’ sperduta, in un am- sono sempre gai e sorridenti.Altra co- za difficoltà, con tutto il cuore e con biente tanto diverso dal mio, con leri sa che mi ha colpito: la vita dei mis- la massima retta intenzione. Certo sionari, la loro dedizione, la loro di- “col senno di poi” si vedono meglio mi sono sentita rassicurata. A Museke in quel periodo Linda era sponibilità. Persone intelligenti, col- le cose e quindi emergono carenze, insufficienze e ansola, quindi aveva che sensi di colpa, in mano tutto l’anche mi portano a damento della Caringraziare da un sa:e non era poco. verso e a chiedere In quei giorni perdono da un alperò, la Casa era tro. molto tranquilla Ho portato a casa perché “atelier e un ricordo che foyer” erano chiunon si spegne col si per le vacanze passare del tempo annuali.Linda pere che ancora oggi ciò ha avuto momi fa vivere fortedo di introdurmi mente la penosa nell’ambiante losituazione che sta cale e di farmi enattraversando il trare nei meccaniBurundi. smi dell’attività Quando sono arridella Casa con vata a casa ho trotranquillità e con vato un mondo dimolta pazienza di Maria Luisa e Mafalda sulla canoa a Murore - Natale 1980 verso da come l’afronte alle mie pervevo lasciato.Anche plessità, alle mie te,preparate che hanno trascorso de- se sono stata assente solo 4 anni, tutpaure, alle mie richieste. Ho potuto constatare che l’attività cine e decine di anni tra questa gen- to mi sembrava superfluo, tutto mi della Casa era molto ben organizzata, te, in questo ambiente dove non c’è sembrava eccessivo. Subito ho fatto con il personale addetto preparato, nulla, dove persino la strada che si fatica a rimettermi in carreggiata, ma anche se bisognoso di essere costan- percorre non si misura a chilometri poi, un po’ alla volta, mi ci sono quasi temente affiancato. Tutto questo si ma ad ore. Il mio pensiero andava adeguata.Ed è ciò che qualche volta laconfaceva al mio modo di vedere e di spesso ai missionari, ai pionieri, a mento con me stessa. quelli che hanno aperto le porte alla Malgrado tutto, ringrazio il Signore portare avanti le cose. Il fabbricato che ospitava il tutto era missione, che hanno proceduto tra del dono grande che mi ha fatto e speampio, accogliente, ben dotato per i difficoltà di ogni genere e che si sono ro mi perdoni se questo dono l’ho servizi che doveva espletare, il tutto aperti i varchi a colpi di macete.Que- usato male, o comunque non come sti – dicevo – sono degli autentici avrei dovuto. era molto essenziale e ben curato. Ringrazio di cuore anche Enrica che La mia prima e più grande perplessità eroi. è emersa dal constatare lo stato primi- Certamente oggi le cose sono molto mi ha dato la possibilità di vivere tivo in cui vivevano le persone e mi di- cambiate: a partire dai viaggi che con un’esperienza così forte,e prego il Sicevo:” come può questa gente essere l’aereo ti fanno arrivare laggiù in 24 gnore perché conceda all’Africa,così così arretrata, mentre noi siamo già al- ore,e per quanto riguarda le merci og- tutta in subbuglio, ed al Burundi in l’era atomica?”Già nella strada che con- gi si possono trovare abbastanza facil- particolare la PACE. giungeva l’aeroporto alla Capitale,si in- mente in Capitale, basta avere soldi. Maria Luisa
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MUSEKE - 9
Vanna Collu a Museke dall’ottobre 1979 al luglio 1982 l film dei ricordi è lungo, fatto di immagini serene e gioiose ma a volte anche di scene di stanchezza e di difficoltà. Penso che entrambi i momenti concorrano a creare un vissuto particolare e che l’esperienza per essere tale ha bisogno di tutti gli ingredienti che compongono la vita. E la vita di ogni volontario che lascia la sua casa e va là dove ha voluto andare è sempre ricca di questa amalgama di gioie e di stanchezza. Sono stati anni belli,di lavoro intenso, di impegno professionale che mi ha dato tanto permettendomi un rapporto privilegiato con gli studenti di Mushasha prima, e poi con tutti quelli che dalle colline venivano al nostro dispensario preferendolo a quello governativo. Il dispensario era nato dalla richiesta di Mons. Makarakiza e dalla risposta generosa di Enrica e si aggiungeva al-
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le realtà già esistenti a Mushasha. Sarebbe bello poter scrivere delle tante persone incontrate e curate, di intuizioni diagnostiche, di viaggi fatti per loro, di terapie che hanno guarito,di sapone che ha lavato,di abiti che hanno rivestito….. sarebbe un film troppo lungo. Non so quante persone sono passate nel dispensario, quante medicazioni ho fatto, quante pastiglie ho dato, so che sono tante le persone incontrate, le amicizie nate,le mani strette per dare coraggio e che coraggio hanno dato a me nei momenti difficili. L’impegno,oltre alle cure,era di capire la cultura, la lingua (come è difficile il Kirundi!) i bisogni reali di ciascuno. Capire e vivere l’impegno di essere li per loro,a volte“pazienti”scomodi;essere li per gli studenti o per gli agricoltori ricchi (pochi!) o poveri (e quanti poveri!),capire e gioire che attraverso la mia professione di infer-
miera passava la salute. Le marce in collina per portare aiuto a che non poteva venire in dispensario, la gioia di soste nelle capanne povere ma accoglienti, la birra di sorgo, il granturco tostato, le arachidi bollite ….Tanti piccoli gesti di amicizia, tanta fierezza e dignità anche nei poveri sono nei miei ricordi,una ricchezza di cui sono grata a chi mi ha permesso di vivere questa esperienza che mi ha fatto cogliere l’essenzialità della vita, che sta più nell’essere che nel fare. Gratitudine anche per le soste corroboranti nella piccola cappella di casa dove dalla Presenza Viva del Signore trovavo gioia per le cose belle vissute e forza per le difficoltà da affrontare. Per tutto questo amo ancora molto il Burundi,la sua gente ora tribolata dalla guerra etnica e per loro prego e auguro pace nella giustizia,nel perdono reciproco che si fa fraternità e risorsa per il futuro. Vanna
Inizio attività nel Foyer Museke - 24 Maggio 1972
Bruna Borgogni a Museke dal 1982 al 1985 ispondendo all’invito di Enrica a scrivere qualcosa della mia esperienza di volontaria in Burundi mi ha portato a riflettere sui tre anni trascorsi come infermiera nel dispensario di Mushasha a Gitega dal 1982 al 1985. Tre brevi anni che per la loro intensità hanno segnato profondamente la mia vita per sempre. Il lavoro al dispensario era molto impegnativo; non potevo contare sulla collaborazione di personale qualificato e tanto meno di un medico;i mezzi era-
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no sempre inadeguati alle necessità. Quando penso al mio lavoro di quel tempo riconosco che il Signore faceva miracoli ogni giorno. Dopo quella esperienza l’amore per l’Africa e per gli africani mi ha portato a tornare in Burundi altre volte, anche se per brevi periodi.Tre anni sono pochi ma sufficienti a far nascere amicizie vere con molti Burundesi. È rimasto profondo in me il desiderio di condividere ancora con loro il mio tempo e le mie possibilità se pur in
modo diverso. Quante persone mi scrivono per parlarmi delle loro necessità! Quando partii nel 1982, dopo mesi di preparazione specifica, ero convinta di andare a portare la mia opera per con tribuire ad alleviare le sofferenze di molte persone in difficoltà,oggi riconosco che è stato molto più coò che ho ricevuto di quanto posso avere portato io con il mio lavoro. Di questo sarò sempre grata a tutti i Burundesi. Bruna MUSEKE - 10
Neris Coati a Museke dal 1983 al 1986 o davanti a me la fotografia degli allievi del 3° anno della scuola per “giovani”arrivati alla conclusione del loro corso: sono vestiti a festa come si conviene. Saranno poi gli aiuti inviati ai piccoli centri consultori delle varie colline. Era la scuola voluto da Mons. Ruhuna, ospitata al Centro Museke. La sua lungimiranza vedeva la necessità di provvedere alla sua gente più
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lontana dalla città e più sprovveduta. Quando Enrica,nel suo entusiasmo,mi aveva proposto il servizio di responsabilità di questa scuola, mi ero sentita incapace, ma l’amabilità di Mons. Ruhuna e la sua volontà di bene per questo progetto,mi aveva dato la spinta necessaria per accettare. Fu un’esperienza interessante; le sei insegnanti lavoravano con buona volontà, gli alunni furono un bel gruppo
nelle tre classi, penso che i frutti non siano mancati.Non vigeva ancora,grazie a Dio, la lotta fra le due etnie e gli scolari vivevano tutti insieme. La vita in casa con le altre volontarie ed il servizio di ospitalità nella “maisonnette”sono per me un ricordo molto caro. Putroppo le disposizioni del presidente Bagaza troncarono in malo modo il nostro lavoro. Neris
Anna Roncon a Museke nel 1984 per 6 mesi stata breve la mia permanenza a “Museke”, solo sei mesi e quindi relativamente poco il tempo per conoscere Mons.Ruhuna,ma sufficiente per capire quanto apprezzava l’opera di Museke. Una sera, in una delle sue visite, mi aveva rivolto, durante la conversazione, alcune domande circa la mia preparazione, dato che prestavo servizio in dispensario,poiché non avevo il diploma di infermiera professionale, ma quello di infermiera volontaria della Croce Rossa (Crocerossina). Per questo lo avevo ammirato,perché avevo capito quanto ci tenesse che ogni servizio fosse quanto più possibile qualificato perché in funzione
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del bene delle persone. Ma nel mio caso, per grazia di Dio, alle mie spalle … c’era Bruna Borgogni. Responsabile del dispensario, la quale dava la massima garanzia. Ricordo la mia commozione durante certe solenni Celebrazioni Eucaristiche da lui presiedute, in particolare quelle della S.Pasqua e quella del Corpus Domini e dell’Assunta, per la grande dignità anche della sua persona, che dava ancor più solennità a quei sacri momenti. Ma in particolare ricordo la mia commozione durante la S.Messa celebrata sempre da Mons. Ruhuna, nella cappella di Museke, poco prima del mio rientro in Italia. Si, ho rivisto ancora una volta a Vi-
cenza e sentito poi, con mia grande sorpresa, al telefono per salutarmi, mentre era di passaggio a Milano,non so se in aeroporto. Io non ha avuto tanti contatti, ma in quei sei mesi io l’ho sentito il “mio Vescovo”. La notizia poi della sua uccisione, sapendo da notizie, cosa lui era in quei momenti terribili per la sua gente, mi ha dato un così grande dolore, sfogato nelle lacrime e nella preghiera e nell’immancabile “perché?”. Ma il Signore ha i suoi disegni ! (“Se il chicco muore … porta molto frutto…”). Questa è la speranza che tanto sacrificio e sofferenza portino presto a risoluzioni positive per tutto il popolo del Burundi. Anna
Clara Zoppola
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’anno che ho passato in Burundi mi ha fatto conoscere una terra
bellissima e tanta gente. Ho incontrato Assunta,Bruna,Neris e
Clara Zoppola con alcune collaboratrici di Museke - Natale 1985 MUSEKE - 11
altre amiche. Ho visto con quanta buona volontà inventavano il da farsi per creare qualcosa e trasmettere delle convinzioni. Io mi occupavo della casa e degli ospiti. Poter comunicare con tanti religiosi, laici, volontari o loro familiari, di ogni età e condizione, è stata per me una grande esperienza anche se erano per lo più europei. Assunta si occupava ogni settimana anche delle donne lebbrose che vivevano vicino a Gitega: ho imparato da lei un approccio garbato e disinvolto a quella realtà, senza drammi e senza miti. Quel periodo in Burundi mi ha aperto una finestra sull’Africa e sulla possibilità di fare qualcosa per gli africani. Perciò quando Enrica mi ha chiesto di collaborare nel lavoro di Rilima in Rwanda, ero pronta a farmi coinvolgere completamente e gliene sono grata. Clara
Contraddizioni e segni di speranza Nara Giannessi a Museke dal 1985 al 1986
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ovevano essere due anni e sono stati solo 5 mesi, molto ricchi.
Ho scoperto ancora che l’animo umano è sempre il solito,anche in persone di colore diverso. Le persone sono buone, sensibili all’amicizia; sono capaci di ricambiarla quando si accorgono che il “bianco”si mette accanto a loro senza interessi personali. Sensibili ai valori della solidarietà e di attenzione ai più deboli,sono capaci di diventare loro stessi operatori di un servizio gratuito offrendo una preziosa collaborazione.Sensibili ad una crescita personale, godono di ogni piccola conquista a livello alimentare e sanitario, oppure riescono finalmente a scrivere il loro nome e cognome e non firmeranno più bagnandosi il pollice con la biro. Nascono però interrogativi brucianti di fronte: - alla necessità di liberazione - alla promozione umana - alla necessità di confessare Cristo in un continente che tende a diventare l’impero della fame. Come celebrare la Resurrezione là dove milioni di donne, bambini, uomini vivono la passione?
Fra i gravi problemi presenti nel paese esiste quello della salute e delle malattie, situazioni di bisogno di fronte alle quali difficilmente si riesce a compiacersi per una “assistenza”o per un aiuto al terzo mondo, parole che ci crescono in bocca. I volontari ed i missionari investono le loro energie in due direzioni: interventi immediati ed educazione sanitaria,socio-alimentare per adulti,giovani e bambini allo scopo soprattutto di prevenire le malattie. Il lavoro di queste persone però è condizionato dal loro tipo di presenza,dal loro ruolo. Essi sono andati a lavorare in Burundi tramite accordi fra il governo del Burundi ed il governo italiano, autorizzati ad un soggiorno a tempo, rinnovabile alla scadenza. Però sono sempre per le autorità governative locali“ospiti”in un Paese straniero, e questo impedisce di denunciare ingiustizie e soprusi. Il lavoro dei volontari e dei missionari è rivolto ai prevalenza alla gente più povera ed è questo aspetto che dà fastidio al governo, perché i più poveri, in genere, appartengono agli “hutu”, razza che è la maggioranza della popolazione burundese;il governo,gestito dai “tutsi”ritiene pertanto che il no-
stro lavoro sia in opposizione alle loro direttive. Le malattie hanno la principale causa nella denutrizione; anche il Burundi soffre del sistema economico mondiale. E’ la monocoltura che crea la denutrizione, la gente si ammala perché ha fame e ha fame perché invece del miglio e del grano per sé, deve produrre cotone, thè o altro per l’occidente o per ditte locali. Un detto locale descrive chiaramente la situazione:“I cani che custodiscono le ville residenziali sono meglio nutriti dei bambini della brousse”. Così sono emersi più che mai i termini del problema: i Barundi che dopo aver studiato nei“seminari”hanno raggiutno un certo grado di cultura e sono arrivati a posti di responsabilità e ad un tenore di vita più elevato, si dimenticano dei fratelli rimasti nella miseria e diventano loro stessi sfruttatori e oppressori. Manca il senso del valore della persona umana, della giustizia, della solidarietà; i diritti umani non sono rispettati. Anche Amnesty International, nel amaggio scorso pubblicò un rapporto di 20 pagine dove si parlava di persone messe in prigione perché avevano espresso, senza violenza, le loro opinioni politiche e religiose; detenzioni
Il vescovo di Brescia Mons. Bruno Foresti in visita a Museke - Capodanno 1986 MUSEKE - 12
senza imputazioni né giudizi;torture e morti sospette. La chiesa è viva e presente in una società africana come questa e incoraggia ogni forma e ogni iniziativa a favore della gente. Il servizio alla salute,l’alfabetizzazione, l’educazione alimentare,l’istruzione in genere, assumono un carattere “pastorale” perché l’inizio della salvezza del continente in generale e del Burundi in particolare si trova su queste strade della promozione umana. Ma il Ministro degli Esteri il 1/10/85 sopprime tutte le scuole di alfabetizzazione degliYagamukama che la Chiesa aveva posto su ogni collina, per venire incontro al più del 50% dei ragazzi che non trovano posto nelle scuole statali, offrendo loro un programma minimo di alfabetizzazione, matematica, cultura generale, catechesi; così 300.000 ragazzi sono rigettati nell’ignoranza condannando un’intera generazione.Vengono proibiti i gruppi di Azione cattolica e tutte le forme di aggregazione. Dà fastidio la capacità di aggregazione libera e spontanea della gente che si siunisce in 2.000/3.000 persone ad ogni messa domenicale; puntuali , senza orologio, senza il suono delle campane, messe a tacere, ma solo con la guida del sole e del suo gioco d’ombre. Ma in mezzo a tante contraddizioni esistono anche segni di SPERANZA: La permanenza per circa 50 anni degli italiani in Burundi,haa educato in gran parte la gente ad uno stile di vita che, rispettando le loro tradizioni, ha trasmesso il senso del servizio e dell’attenzione ai più poveri e indifesi. Così nel tempo libero dal nostro lavoro, nel dispensario o nella scuola, abbiamo accompagnato, ogni venerdì alcune giovani infermiere Barundi, ormai diventate amiche,a visitare le “lebbrose”:un insieme di 10 donne che vivono isolate da tutti. Con i loro postumi di lebbra, vengono assistite e medicate…Era un pomeriggio di fraternità.; mentre le malate tenevani sulle piaghe le garze di disinfettante o i monconi delle gambe nell’antibiotico, una di loro leggeva le letture della domenica preparandosi così alla liturgia festiva. Le malate più fortunate andranno alla Messa in Chiesa. Clima di gioia, in servizio alle proprie sorelle Barundi. Noi ci affianchiamo in questo lavoro stupendo che ci faceva vivere per un pomeriggio un angolo di Paradiso, anche se lo stomaco si chiudeva alla vista di certe piaghe profonde. NOTTE DI PASQUA 1986 (il Venerdì Santo parte Clara con Gaudence) Siamo entrati in chiesa alle 4 del mattino; c’era la luna piena in un cielo ancora buio. 4.000 persone presenti in Chiesa, i MUSEKE - 13
bambini in prima fila seduti sui gradini dell’altare. Dopo il Vangelo sono stati somministrati 60 battesimi: bambini, giovani, adulti.Al momento dell’unzione,erano le 6 del mattino,il sole ha cominciato a penetrare nella cattedrale attraverso i vetri colorati delle finestre. Dopo che il Vescovo Mons.Ruhuna ha battezzato l’ultima persona la gente ha inondato la Chiesa di applausi e,senza il suono delle campane, loro e noi, abbiamo capito ancora di più che cosa avvenne quella mattina all’alba. Erano le 8.30 quando siamo usciti di Chiesa con il sole ormai alto. La Chiesa in Burundi è giovane ed è ricca di speranza e irrobustita dalla persecuzione.Il Vescovo di Gitega,sempre fiducioso e disposto a mediare,in questo momento avverte chiaramente la contrarietà del governo e la guerra aperta contro la Chiesa, ostacolandola
in tutto. Risponde, con le lacrime agli occhi, a tutti “i bianchi”che lo salutano perché, non avendo avuto il rinnovo del visto di soggiorno, come me, sono costretti a rientrare in Italia. Però traspare una serenità piena di energia e una volontà di testimonianza, di fedeltà fino alla persecuzione ed al carcere; così i preti tutti Barundi, riescono a trasmettere alla loro gente, nelle omelie ed in ogni occasione, il coraggio della perseveranza, l’amore al Signore, alla giustizia, alla carità, alla libertà: parole tutte pericolose a pronunciarsi. Salutandoci il Vescovo ha chiesto aiuto per le sue parrocchie,e noi,rientrati non potremo dimenticare tanta gente che insieme al altre sofferenze vive la paura e l’abbandono,facendo nascere un pezzetto di Burundi intorno a noi in attesa di tempi migliori. Nara
Neris, ultima a destra, davanti al Foyer con amiche - Pasqua 1985
Milly e Luisa con le donne dell’ex atelier e rispettive famiglie - Gennaio 1999
LETTERA DI ASSUNTA 27/5/85 Cara Nara, come stai? Immagino qui. ne abituato a lavorare e a disimpeche sei agli ultimi preparativi per Se volete collaborare con la scuola, gnarsi da solo, forse anche troppo, venire a Museke; spero di incon- mandate cose utili:quaderni, lapis, in quel senso, ma maturano più in trarti in Italia prima della fretta sotto tanti aspetti. tua partenza per il BurunErano stati chiesti dei di, per darti le consegne e francobolli, ma, come farti conoscere il programavete appreso dalle lettema della scuola dove ti inre di risposta, i genitori serirai.Ti auguro fin da ora fanno gli agricoltori, sobuon lavoro;i ragazzi sono no poveri e non possono buoni e desiderosi di imcomprarli per mandarli parare cose nuove. a voi. Si scusano:” Nous Ho qui davanti a me due vous demandons parlettere inviate dai tuoi don”. alunni della seconda meBruna lascia il suo didia: David Edoardo, Fedespensario dopo tre anni: rico, Barbara, Daniela, ha molta nostalgia e molClaudia e Andrea; alla letta amarezza. Se il lavoro tera della terza ho creduto con i malati non fosse coAssunta e Bruna con Enrica - Natale 1984 bene di non far rispondere sì massacrante penserebperché si sono sentiti loro be di tornare.Ma aiuterà stessi, molto lontani dalla realtà biro, squadre.Una cosa utile sareb- dall’Italia. che veniva loro descritta.I nostri ra- be uno scambio di fotografie. La Chiesa del Burundi si riunisce gazzi (quelli italiani) sono un po’ Quanto sono fuori dal mondo i no- in preghiera tutte le domeniche daltroppo fuori dalla realtà di quag- stri ragazzi italiani!!!. Vivono nel- le 18 alle 19.Tutti i cattolici, davanti giù. l’abbondanza senza problemi, sen- all’Eucarestia, Pregano per il loro Ti do un consiglio, che anch’io ho za difficoltà che li turbi (in genera- Paese. avuto da altri missionari, che han- le) ed è per questo che stentano a Chiediamo anche a voi di pregare no vissuto qui tanti anni e che io maturare e a diventare adulti. per noi. stessa ho sperimentato in seguito:è Certo, non possiamo fargliene una I quattro pacchi di medicinali sono difficile avere corrispondenza con colpa, siamo noi adulti e la società arrivati regolarmente.I Burundesi questi ragazzi per il modo e per in cui vivono che li fa crescere co- vi ringraziano. l’ambiente in cui vivono.Te ne ren- sì. Ti aspettiamo Assunta derai conto tu stessa quando sarai Qui il bambino, ancora piccolo, vie-
Volontarie che hanno prestato servizio a Museke, Gitega (Burundi) Scaroni Rosa Pitossi Maria † Dancelli Tilde Capoduro Maria Vezzoli Renata Girelli Luisa Zanca Lucia Bardelloni Giuseppina Zini Linda Gussago Milly Capellari Bianca
dal 1969 al 1974 dal 1969 al 1972 dal 1969 al 1970 dal 1970 al 1974 dal 1971 al 1975 dal 1972 al 1975 dal 1973 al 1976 dal 1973 al 1978 dal 1974 al 1978 dal 1975 al 1978 dal 1978 al 1983
D’Errico Mafalda Costa Luisa † Marcandelli Assunta Vanna Collu Borgogni Bruna Coati Neris Roncon Anna Minelli Rina Zoppola Clara Giannessi Nara
dal 1978 al 1981 dal 1978 al 1982 dal 1979 al 1983 dal 1979 al 1982 dal 1982 al 1985 dal 1983 al 1986 nel 1984 nel 1985 dal 1984 al 1985 dal 1985 al 1986
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Ultime dal Burundi Gitega 1/12/1999 on un’equipe straordinariamente composta da Gino Bosio e Angiolini Cimaschi elettricisti,Loda Andrea e Costa Eugenio piastrellisti,Gritti Alfredo e Giuliano Maffioletti idraulici, Mariapia Alghisi cuoca a guardarobiera, stiamo ultimando la maternità accanto al centro nutrizionale ed al dispensario che sarà a favore di tante mamme, soprattutto povere e con grosse difficoltà, diversamente non potrebbero accedere ad altri centri di salute. Purtroppo la donna ed i bambini pagano sempre di persona. La gente guarda meravigliata a cosa sta avvenendo e si dicono: è un miracolo; e con tanta riconoscenza, ringraziano. Per caricarci a continuare e credere nonostante la situazione precaria attuale, basta guardare i loro volti e la loro condizione. E allora avanti coraggio!!!. Per Natale sarà in funzione. Mi ricorda tanto il Natale 1969;anche allora è stato necessario tanto coraggio. Mi convinco sempre di più che è urgente far crescere le persone e dar loro fiducia, vivendo questa espe-
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rienza molto positiva con le Suore Bene Maryia. Sicuramente loro sono la speranza ed il sostegno del loro paese, garantiscono la continuità, per questo vanno aiutate e sostenute, soprattutto gli sforzi vanno direttamente ed a buon fine. Domenica scorsa sono andata a messa al Seminario: è stata una celebrazione importante.Trenta giovani sono stati ammessi al I° anno di teologia; erano presenti tanti giovani sacerdoti burundesi e due anziani sacerdoti italiani; quanto ho riflettuto! Queste vocazioni sono solo il frutto del loro servizio e del dono totale della loro vita, spesa proprio per il Vangelo. Ogni momento si è chiamati a piccoli e grandi gesti. Allego una letterina di una signora handicappata che dimostra la sua riconoscenza per l’aiuto ricevuto; ogni momento infatti si è chiamati a piccoli interventi di aiuto. E’ vero che donando si riceve, ma soprattutto si impara a ringraziare. Grazie a tutti! Buon Natale e Felice 2000. Cesarina
Cesarina con tre suore Bene Maria
j enefattori in Gesù Cristo, sia lodato Cristo in tutte le vostre opere, siate sempre con Lui fino a quando lo raggiungerete nella felicità eterna. Grazie. Ho visto il vostro aiuto. Mi sono giunti 33.000 franchi burundesi. Non ho le gambe altrimenti ballerei.
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Comunque, ho ballato per Gesù davanti al tabernacolo perché mi vedesse e per ringraziarvi. Vi ho presentati a Lui così Lui vi ringrazia al posto mio. Siamo uniti in Cristo, vostra handicappata che avete aiutato, Elisabetta Nyenama
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a arissima Enrica, approfitto dell’occasione delle feste natalizie e del Giubileo del duemila per porvi i miei sinceri auguri. Vorrei anche dire un grosso grazie a te, a don Roberto e a tutti i carissimi membri della cooperazione MUSEKE per tutto quello che siete e fate per noi. Non so come esprimermi, ma quello che stanno facendo qui a Museke–Gitega, supera ogni apettativa. L’atteggiamento dei tecnici che sono qui è meraviglioso: lavorano con sorriso e canti, con amore, entusiasmo e perseveranza; cercano di dare il meglio possibile. Essi sono per noi una vera testimonianza. Predicano, non solo con le parole, ma anche con le opere. Lavorano, insegnano, amano… che dire! Essi sono il Vangelo vivo. La costruzione della maternità e della nostra casa di accoglienza è solo uno tra i vostri gesti di solidarietà e di fratellanza e noi siamo soddisfatti e felici di essere sostenuti. Qui in Burundi, ci sono tantissime sfumature di problemi economici nel campo scuole, orfanotrofi,bambini della strada,profughi,rimpatriati,ospedali e centri sanitari e nutrizionali. Vedere una maternità costruita così bene a Museke-Gitega è realizzare un grande sogno.Le mamme la guardano con sorriso e si sentono sollevate. A nome della mia Diocesi, dei miei fratelli burundesi e in particolare delle mie consorelle Bene Maria,dico ancora GRAZIE a voi tutti. E con grande simpatia, ringrazio le famiglie dei tecnici qui presenti a Museke – Giuliano,Alfredo, Angelo e Mariangela, Gino, Eugenio,Andrea e Cesarina – perché hanno incoraggiato e dato la possibilità di venire in Burundi. Sono riconoscente anche per le famiglie e amici rispettivi. Questa è vera collaborazione, è dare “due mani alla provvidenza”. Un forte abbraccio Suor Cécile
Ma io cosa posso fare?
Q
uando capita di parlare con amici delle attività di Museke o del volontariato in generale, non pochi si mostrano interessati e desiderosi di partecipare attivamente. Pur-troppo però la disponibilità di tempo è scarsa. E poi i problemi sono grandi e complessi (i poveri e gli oppressi ci sono sempre stati e sempre ci saranno ...); ogni iniziativa perso-nale sembra, in partenza, inutile e sterile come una goccia d’acqua nell’oceano.Dubbi che a volte non abbandonano neppure chi passa dalle parole ai fatti. Sono pensieri comuni,condivisi da chi decine di volte è stato in Africa o in Sud America (ma anche appena fuori dalle nostre case la realtà può non essere molto diversa) e da chi non ha mai avuto la voglia o l’occasione di darsi da fare per gli altri senza cal-colare un tornaconto. Pensando anche a questo,in Consiglio,ci siamo proposti di invita-re in Assemblea qualcuno che ci aiutasse a riflettere e ad approfondire il senso e la misu-ra della nostra attività; perché se è certo che chi perde troppo tempo in chiacchiere non darà mai frutti,è non meno vero che chi si tira su le maniche per aiutare il prossimo ha comunque il dovere di interrogarsi sulle reali necessità che desidera soddisfare e sui frutti delle proprie opere.Altrimenti si finisce coll’assomigliare a quel personaggio fa-moso che,nei terribili primi giorni della guerra in Rwanda, pur di tornarsene in Italia col suo personale carico di profughi salvati dal massacro,fece caricare sull’aereo anche una vecchina raccolta, in una zona relativamente tranquilla,mentre dormiva.La poveretta si svegliò solo nel letto di un ospedale romano e, perfettamente sana, inutilmente supplicò per mesi medici e infermieri (il famoso personaggio,riuscì a vederlo - con le sue meda-glie - solo in televisione) implorando di farla ritornare subito nel suo paese, che non a-vrebbe mai voluto abbandonare. All’assemblea del 13 novembre scorso abbiamo quindi avuto l’occasione di a-scoltare suor Erminia Apostoli e il prof. Gabriele Smussi.Non c’è qui lo spazio per riportare integralmente i loro interventi,ma alcune riflessioni è bene ricordarle. Poiché siamo tornati a lavorare in Burundi,Suor Erminia ci ha parlato della storia di questo Paese, soffermandosi anche sui tristi giorni del ’93, quando la guerra sconvolse il Burundi e non per la prima volta, anticipando di un anno i tragici eventi ripetutisi nel vicino Rwanda. Quasi tutti gli Europei e i bianchi se ne andarono,perché era pericoloso e sembrava non ci fosse nulla da fare di fronte alla violenza. Ma fu in quei momenti che chi - come suor Erminia
- ebbe il coraggio di restare si sentì più volte ringraziare sempli-cemente per la sua presenza, forse impotente, ma vissuta come impegno di condivisione e testimonianza e per questo preziosa per coloro che si sentivano abbandonati da tutti. Il semplice stare vicino, stare accanto a chi ha paura e soffre (non solo in Africa !) può es-sere una risposta quando ci domandiamo: ma io che posso fare ? Gabriele ha invece proposto alcuni interessanti spunti su un tema che ogni tanto fa la sua comparsa in coda a qualche notiziario o nelle pagine di alcuni quotidiani non allineati: l’indebitamento dei paesi in via di sviluppo nei confronti dei cd. paesi ricchi, che costituisce un ostacolo insormontabile per un reale progresso di pace e di giustizia.“Milioni di miliardi di dollari che tengono in soggezione,o sotto il tallone dei ricchi i pa-esi più poveri del mondo”. Abbiamo cercato di approfondire le origini storiche del pro-blema e le diverse proposte per una sua soluzione, difficile ma urgente e necessaria per tutti, non solo per i Paesi sottosviluppati. Ma io che posso fare ? Qui si tratta di poli-
tica internazionale, di equilibri di inte-ressi che non possiamo nemmeno sfiorare, troppo lontani e complicati.E’vero.Ma nulla cambia se nessuno incomincia a rendersi conto che il cambiamento è necessario.Forse posso cominciare,nel mio piccolo, ad approfondire la conoscenza di questi problemi, posso iniziare a pormi alcune domande (è giusto, in Italia, continuare a lamentarci di tutto ? cosa assicura il benessere di un Paese “ricco”come il nostro? che relazioni ci so-no tra il benessere di un quinto della popolazione mondiale e la povertà del resto? che si-gnificato hanno le proteste di chi nei giorni scorsi ha contestato lo svolgimento del con-gresso dell’Organizzazione del commercio mondiale WTO ? quali possono essere le cause reali delle guerre più o meno lontane ? chi controlla l’informazione e chi contri-buisce a formare le mie opinioni ?). Sotterrare i talenti nel proprio orticello ben coltivato (qui,in Africa o ovunque sia) vuol anche dire anche rinunciare in partenza allo sforzo di porsi con serietà domande per le quali non esistono facili risposte. Andrea Trebeschi
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due sale di maternità che verranno inaugurate a Natale,“segno di vita”, e porteranno il nome del Vescovo Gioacchino Ruhuna, che ha offerto a Dio la sua vita predicando la pace e la difesa dei diritti della sua e “nostra” gente. Il suo successore Mons.Simon,ci ha accolti a braccia aperte e se avremo ancora mezzi potremo fare molte altre cose per essere più vicini a chi soffre. Sarò lì a Gitega a vivere il Natale 1999 e a incominciare il Giubileo del 2000 con i fratelli africani. Sarà un tuffo nell’umiltà e nell’essenzia-
lità, frutti che vengono da Betlemme, che sgonfiano la nostra prepotenza e superficialità consumistica. Trent’anni sono volati; se ci penso quasi non credo sia passato cosi tanto tempo; forse perché sinceramente il nostro impegno e quello del gruppo Museke e’ sempre stato continuo. Comunque è doveroso continuare , nonostante tutto, a sperare, ad “investire” verso coloro che hanno più bisogno di noi,sicuri che basta poco per migliorare la vita dei nostri fratelli,aiutandoli a ritrovare la dignità e la forza per continuare a sperare. Enrica Lombardi
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