Museke N. 12 - Ottobre 1999

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NOTIZIARIO DEL GRUPPO OPERAZIONE MUSEKE – Via Brescia, 10 – 25014 CASTENEDOLO (Brescia) ITALY Tel. 030/2130053 – Fax 030/2130044

NUMERO DODICI - OTTOBRE 1999

impianti: nadir - ciliverghe (bs) / stampa: euroteam - nuvolera (bs)

“Padre nostro, Padre di tutti gli uomini” Giornata missionaria mondiale 1999 Giovanni Paolo II, per la Giornata mis- della Chiesa è di coinvolgere l’umanità sionaria mondiale di quest’anno,ultima e il creato nel disegno del Creatore,anprima del Giubileo, propone una ri- nunciare che il Regno di giustizia,pace flessione sul "Padre nostro" per com- e amore già proclamato nel Vangelo "si prendere quale sia "la sorgente dell’im- realizza misteriosamente con lo scorpegno apostolico della Chiesa e quali le rere dei secoli grazie a persone,famiglie motivazioni fondamentali che la ren- e comunità che scelgono di vivere in dono missionaria fino agli estremi con- modo radicale gli insegnamenti di Crifini della terra". sto, secondo lo spirito delle BeatitudiInfatti Dio è Padre, pieno di amore per tutti gli uomini: questa è la notizia che non cessa di stupire e che la Chiesa va continuamente proclamando. Non bisogna però dimenticare che oggi molti ancora non riconoscono il Dio di Gesù Cristo come Creatore e Padre: alcuni "talora anche per colpa dei credenti", si dicono indifferenti e atei; altri professando una "vaga religiosità" si sono costruiti un Celebrazione festiva a Gitega - Burundi, 1999 Dio a propria immagine; altri ancora considerano Dio irraggiungibi- ni". Oggi, prosegue il Papa, si è consale. Perciò compito dei credenti è di pevoli che tutti hanno diritto al pane "proclamare e testimoniare che pur abi- quotidiano,cioè al necessario per vivetando una luce inaccessibile il Padre ce- re; altrettanto sentita è l’esigenza della leste nel Suo Figlio, incarnato nel seno giustizia e della solidarietà tra gli uomidi Maria Vergine,morto e risorto,si è fat- ni sebbene moltissimi vivono ancora in to vicino ad ogni uomo e lo rende ca- modo non consono alla loro dignità di pace di rispondergli, di conoscerlo ed persone.Egli enumera le "sacche di miseria e di analfabetismo" esistenti in alamarlo". Consapevole che l’incontro con Dio cuni continenti,la mancanza di sanità e "promuove ed esalta la dignità dell’uo- di lavoro, le oppressioni politiche e le mo",il cristiano deve pregare perché at- guerre che distruggono popoli di intetraverso la santificazione dei suoi figli, re regioni della terra. Egli salvi l’intera creazione. Compito Il Papa ricorda anche che "la comunità

cristiana è chiamata a cooperare allo sviluppo e alla pace con opere di promozione umana, con istituzioni educative e formative al servizio dei giovani, con la costante denuncia delle pressioni e delle ingiustizie di ogni genere".Ribadisce che lo specifico apporto che la Chiesa deve dare è "l’annuncio del Vangelo, la formazione cristiana dei singoli, delle famiglie, delle comunità" perché la sua missione non è di operare direttamente a livello economico, tecnico e politico,ma di risvegliare le coscienze con il Vangelo. "L’autentico sviluppo umano deve affondare le sue radici in una evangelizzazione sempre più profonda". Di fronte alle "terribili e molteplici conseguenze del peccato" spetta ai credenti offrire segni di perdono e di amore spezzando l’odio e la vendetta,l’egoismo e l’indifferenza. Prima di concludere, il Papa ribadisce che la missione è compito di tutto il popolo di Dio. "La missionarietà deve, pertanto, costituire la passione di ogni cristiano;passione per la salvezza del mondo e ardente impegno per instaurare il Regno del Padre". Il Papa invita a ringraziare il Signore per i missionari che "sono come le sentinelle sulle mura della Città di Dio... La loro testimonianza generosa in ogni angolo della terra annuncia che Dio sta preparando una grande primavera cristiana di cui si intravede già l’inizio".

Bujumbura, a due passi dal precipizio Bujumbura, piazza del mercato. Una gran confusione regna nel parcheggio dei minibus, che partono per i quartieri della città. Una distinta signora dall’elaborata acconciatura, accaldata si avvicina al chiosco della Coca-Cola per concedersi una bibita.Di fianco al gabbiotto di metallo, verniciato in rosso e bianco, c’è un gruppo di ragazzini accovacciati. Si stanno contendendo qualcosa. Sono una decina e avranno dai 6 ai 14 anni. Hanno gli occhi iniettati di rosso e i vestiti stracciati. Qualcuno ha evidenti ferite sul volto, qualcun altro fuma spavaldo. Uno di loro, in mezzo al gruppo, nasconde un sacchetto di plastica nero. Vi estrae dei pugni di riso e fagioli e li distribuisce agli altri. I resti di qualche tavola, spartiti con avidità. Sono i bambini della strada, fenomeno recente in Burundi, oggi stimati a settemila nella capitale ma in continuo aumento. Immagine di una situazione economica in tracollo e di una povertà crescente. Secondo dati di agenzie internazionali, sei anni di guerra (esplosa all’indomani dell’uccisione del primo presidente democraticamente eletto, Melchior Ndadaye, il 21 ottobre 1993) hanno raddoppiato gli indici di povertà nel Paese (parametri legati al reddito). La partecipazione scolastica nelle elementari è crollata dal 70 al 52 per cento. La malnutrizione infantile è drasticamente aumentata, passando dal 6 al 20 per cento per

i bimbi al di sotto dei 5 anni, così come l’incidenza delle malattie endemiche che è triplicata.Anche la sieropositività all’Aids, sebbene in crescita fin dall’inizio degli anni Ottanta, ha avuto un brusco incremento portandosi al 21 per cento delle donne incinte nelle zone urbane, e il 6 in quelle rurali. La distruzione di villaggi e di infrastrutture (scuole, dispensari, ospedali), l’abbandono dei raccolti a causa dei combattimenti, il crollo della produzione agricola e il fenomeno

Campo di raggruppamento

degli sfollati (ancora il 9 per cento dell’intera popolazione nel 1998) e dei rifugiati all’estero, sono le cause principali di questa situazione. Le casse dello Stato si sono svuotate di valuta pregiata. La diminuzione del raccolto di caffè negli ultimi due anni e la caduta del 20 per cento del suo prezzo sul mercato mondiale hanno penalizzato il prodotto che fornisce il 40 per cento dell’ingresso di dollari nel Paese. L’altra entrata importante, costituita dagli aiuti internazionali, è oggi ridotta al minimo (39 milioni di dollari nel ’97), perché i Paesi donatori condizionano gli investimenti in sviluppo alla firma della pace. Si chiedono, forse, a co-

sa sia servito il miliardo di dollari iniettati nel Paese tra il ’90 e il ’93. Anche il prezzo del carburante, importato in dollari, è aumentato e il governo ha iniziato a razionare il combustibile. La mancanza di valuta ha fatto raddoppiare il costo del biglietto verde sul mercato nero. Così dilaga la speculazione e i prezzi di molti prodotti (anche di base) crescono quotidianamente, come il malessere dei cittadini."Un problema di divisione, più grande di quello etnico, è la povertà - confida un diplomatico straniero -; le élite si sentono ormai accerchiate dai poveri". La guerra, intanto continua. Le bande armate delle Forze della difesa della democrazia (Fdd), delle Forze di liberazione nazionale (Fln) e altri sferrano attacchi seminando il panico nella popolazione a sud della capitale e nelle province meridionali, per poi rifugiarsi in Tanzania e in Congo. "Attaccano quasi tutte le notti", racconta terrorizzato l’abitante di un campo di sfollati a sud di Bujumbura. Recentemente i guerriglieri si sono spinti fino ai quartieri periferici della città attaccando anche in pieno giorno. L’esercito risponde con rastrellamenti per "ripulire" le colline e le rappresaglie diventano incontrollabili. Amnesty International denuncia le continue violazioni e la totale impunità dovuta a un sistema giudiziario da riformare: "La crisi continuerà in Burundi finché i militari e i gruppi armati di opposizione non saranno ritenuti MUSEKE - 2

responsabili delle violenze di cui sono colpevoli, e non avranno imparato a rispettare i diritti umani". Ad Arusha, intanto, dal giugno ’98, diciotto fazioni in conflitto si riuniscono sotto la mediazione della fondazione Nyerere (l’ex presidente della Tanzania). Sono raggruppati in tre schieramenti. Il primo vede l’Unità per il progresso nazionale (Uprona, il partito del presidente), insieme al governo e assemblea nazionale. Costituiscono il "partenariato", piattaforma di transizione nata sempre nel giugno ’98 e alla quale partecipa anche il maggiore partito d’opposizione, vincitore alle elezioni del ’93, il Frodebu (Fronte democratico del Burundi). Il secondo gruppo riunisce i partiti e gruppi armati di opposizione (tra cui il Frodebu stesso) a maggioranza hutu e il terzo è composto dai partiti estremisti a maggioranza tutsi (tra cui il Parena,Partito per il risanamento nazionale di Jean-Baptiste Bagaza). A luglio, il quinto round d’incontri, ha però lasciato molti dubbi negli osservatori e nella gente. "Arusha è un fallimento.Vedo molte divisioni e incongruenze all’interno del potere - sostiene un giornalista della capitale - anche il presidente è stufo di questa situazione". Qualcuno è più ottimista. "Solo a luglio sono arrivati ad un punto

sensibile (la riforma dell’esercito n.d.r.), è chiaro che devono fermarsi a riflettere - spiega un intellettuale incaricato da un’agenzia indipendente di seguire i negoziati -; entro fine anno si potrebbe arrivare a una firma". Il mediatore Julius Nyerere, che secondo alcuni più che favorire sta contribuendo a rallentare il processo di pace, ha espresso una "profonda delusione" rispetto ai risultati ottenuti a luglio dichiarando "abbiamo sprecato queste due settimane". Uno dei nodi che ha bloccato i lavori è la non partecipazione di alcuni gruppi in armi, come l’Fdd, braccio armato del Consiglio nazionale per la difesa della democrazia (Cndd). Il capo dell’Fdd, Jean Bosco Ndayikengurukiye non riconosce Léonard Nyagoma (leader del Cndd) come rappresentante. Il mediatore, però, è contrario alla partecipazione diretta dell’Fdd ai negoziati perché considera Cndd-Fdd un partito unico. Il presidente, il maggiore Pierre Buyoya,il partenariato stesso,sono presi tra due fuochi. Da un lato la crisi economica e sociale interna e dall’altro lo stallo delle trattative di pace ad Arusha fanno perdere credibilità alla piattaforma di transizione anche nei confronti delle èlite. Il governo organizza incontri e

seminari per spiegare lo sviluppo del difficile processo: "Malgrado le difficoltà,il governo è determinato a continuare questi negoziati con la ferma volontà di riuscita", ha dichiarato Buyoya a un incontro con i quadri dello Stato nell’agosto scorso. Affermando che anche se i negoziati dovessero fermarsi, i burundesi "dovranno con la stessa determinazione cercare altre vie,fino a ritrovare la pace definitiva". Forse anche per questo sono insistenti le indiscrezioni su trattative dirette tra Buyoya e il leader dell’Fdd. I Paesi amici del Burundi, che stanno finanziando i colloqui di Arusha (7 milioni di dollari in un anno) si dicono disposti a ricominciare gli aiuti solo se verrà firmato un accordo di pace. Buyoya replica che "il Burundi dovrà contare sulle proprie forze e non sulla manna della cooperazione internazionale, sempre più ipotetica". Il cammino per la pace in Burundi è ancora pieno di ostacoli.La situazione interna intanto sta collassando e i signori della guerra stentano a mettersi d’accordo.Se il difficile equilibrio non si romperà, solo un reale cambiamento di mentalità potrà portare il Paese alla pacificazione. Hubert Dubo

Assemblea dei Soci di Museke Sabato 13 Novembre 1999 celebreremo la nostra assemblea annuale presso l’Ideal Cine di Castenedolo

Programma ore 15.00: Santa Messa ore 16.00: Relazioni * Burundi: Storia politica e sociale (Suor Erminia Apostoli) * La riduzione del debito dei paesi poveri (Dott. Gabriele Smussi) ore 17.00: Comunicazioni * Espletamento dei doveri assembleari * Esposizione del progetto Gitega (Burundi) * Memoria dei trent’anni di attività di Museke Buffet

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Africa che passione Quando abbiamo ricevuto la richiesta di un progetto in Burundi mi sono emozionata pensando di poter riprendere i contatti con questo martoriato Paese, essendo stato il nostro primo amore. Non vi nascondo anche qualche preoccupazione conoscendo la loro situazione ancora molto precaria. Abbiamo accolto con entusiasmo la domanda della diocesi di Gitega (Burundi); stiamo così realizzando la costruzione della maternità con sale di degenza e ristrutturando parte della casa di accoglienza che da alcuni anni è gestita dalle Suore Bene Mariya, congregazione burundese. Con molta soddisfazione si vede che a distanza di anni, il lungo lavoro fatto a partire dal 1969 quando sono partite le prime 3 persone, Rosa Scaroni, Maria Pitossi e Tilde Dancelli (e tante altre si sono susseguite) è stato fatto. Siamo sempre più convinti che far

Una madre al nostro dispensario

crescere le persone è un investimento importante, è un beneficio che va direttamente ai poveri. Il nostro simbolo sono due mani congiunte che hanno un grande significato: dare davvero due mani alla Provviden-

za per costruire solidarietà; ciò si avverte maggiormente trovandosi qui in mezzo a questi veri poveri di tutto e resi ancor più poveri di dignità. È loro costume salutare sempre quando ci si incontra; ti stringono sempre la mano, ti trasmettono una sensazione bisognosa di speranza, sicurezza, di aiuto, di disponibilità e condivisione. A proposito di condivisione in questi giorni è arrivato il container stracarico di viveri e materiale per la costruzione. Le suore sono rimaste meravigliate nel vedere tanta provvidenza. I progetti riescono sempre molto bene quando chi è sul posto ha alle spalle un gruppo che funziona e lavora senza risparmiarsi ed ha intorno molte persone generose. Ringrazio infinitamente tutto quanti hanno collaborato per questa realizzazione tanto importante e necessaria. Cesarina

Inizio dei lavori della casa di accoglienza

La cucina attuale MUSEKE - 4

Il nostro nuovo progetto a Gitega Con il Burundi ed in particolare con la città di Gitega la nostra Associazione ha un legame di vecchia data,nei primi anni settanta vi ha infatti costruito il centro di Museke dove per anni grazie all’opera di molti volontari ha sviluppato attività di promozione sociale mediante la realizzazione di strutture quali il centro stesso,un dispensario e un centro nutrizionale e ne ha curato la formazione del personale che vi operava. Dalla metà degli anni ‘90 il centro è gestito per conto della diocesi locale da una congregazione di suore burundesi, le Bene Maria, che svolgono le attività di formazione all’interno della casa in promiscuità con il convento. Infatti il centro attualmente dà alloggio a sette suore e ospita due o tre religiose che a rotazione soggiornano nella casa, vi è un laboratorio di sartoria e uno di pittura, un laboratorio fotografico e tante altre attività che hanno bisogno di maggiore spazio considerata l’attuale affluenza e frequentazione della popolazione locale. Lo scorso anno è giunta al Gruppo Operazione Museke la richiesta di un aiuto per sistemare una parte dell’edificio che ormai risentiva de-

gli anni trascorsi senza le necessarie manutenzioni e per adeguarlo alle esigenze della nuova realtà. Per questo nel maggio scorso,Cesarina, Maurizio ed io siamo andati a fare una breve visita per verificare che tipo di intervento l’Associazione era chiamata a sostenere e per cercare quindi di riportare il centro alla piena operatività dopo trenta anni dalla sua costruzione, durante i quali il centro non ha potuto sempre mantenere la sua vocazione al servizio della promozione umana. Durante la nostra visita è emersa l’esigenza di realizzare interventi prioritari al corpo principale della casa quali , il rifacimento dell’impianto elettrico e in parte di quello idraulico sanitario nonché la realizzazione di sette nuove camerette con relativi servizi, di cui quattro verranno utilizzate dalle suore residenti, mentre le altre tre rimarranno a disposizione per gli ospiti temporanei anche non religiosi, queste ultime camerette avranno quindi un ingresso indipendente rispetto agli altri alloggi. Un’altra opera per la quale c’era molta aspettativa da parte della diocesi è la realizzazione di un centro per la maternità da realizzarsi a fian-

co del dispensario e del centro nutrizionale tuttora funzionanti. La maternità nel progetto di massima è composta da un ambulatorio, una sala parto e un paio di camerette per la degenza ed è ritenuta indispensabile dal vescovo per consentire l’assistenza alle donne che non possono accedere alle strutture pubbliche. Sulla scorta di queste nuove esigenze è stato redatto un progetto di massima che tiene conto delle necessità prioritarie ed al rientro in Italia è stata quindi presentata l’iniziativa al Consiglio che ne ha autorizzato il finanziamento. Nel corso dell’estate con la direzione di Maurizio e la supervisione di Cesarina tutte le opere civili relative ai nuovi alloggi ed alla maternità sono state realizzate, e con l’arrivo del container dall’Italia anche i lavori per la realizzazione dell’impianto idraulico, di quello elettrico e delle finiture potranno essere ultimati. Se i volontari, che si occuperanno dell’adeguamento e della realizzazione degli impianti, potranno partire dall’Italia nelle prossime settimane i lavori potranno essere ultimati entro la fine dell’anno.

I lavori della casa di accoglienza (a sinistra) e della maternità a fine settembre MUSEKE - 5

Giovanni Piotti

Il vescovo Simon ci ha visitati Nel corso della riunione consigliare del 27 settembre scorso abbiamo avuto il piacere di ospitare il Vescovo di Gitega (Burundi), mons.Simon Ntamwana, dopo la visita “ad limina” presso il Papa. E come nuovo Mosè mons. Ntamwana si presenta a noi senza dar minimo peso al grave fardello ereditato dai suoi predecessori, così grave che alcuni (e tra essi il vescovo Joachim Rahuna) hanno sacrificato la loro vita; senza mettere in conto il rischio affatto scongiurato della propria vita; senza far trasparire angoscia per le scene di morte che certamente dimorano nel Suo intimo per questa ennesima guerra etnica tra fratelli. Ci parla di un Burundi che celebra il primo centenario di evangelizzazione in una situazione sociale, economica, sanitaria talmente disastrata da non trovare riscontro, per gravità, negli anni precedenti. Ci racconta di 24.000 vedove e 50.000 organi tra 0 e 14 anni, frutti dell’odio etnico, solo nel-

la zona che fa capo all’arcidiocesi da Lui presieduta, dell’epidemia da

Mons. Simon Ntamwana AIDS ormai a dimensioni catastrofiche, di una situazione di fame e povertà aggravate anche dall’enbargo internazionale durato fino a poco tempo fa. Purtroppo, come è consuetudine nella politica dei paesi ricchi,

quando una nazione povera attraversa crisi e tragedie immani e non ha interessi o risorse economiche da salvare, viene abbandonata al suo destino. E il fatto testimoniato dal Vescovo è che il Burundi non interessa a nessuno, al di là delle comunità ecclesiali e religiose. Ma ciò che più ci sconvolge nell’anima è il fatto che ci viene a ringraziare per quel segno di presenza innanzi tutto, di solidarietà e di aiuto che abbiamo dato aderendo al progetto di ristutturazione del centro di Gitega. Una goccia in quel mare di sofferenze perenni, ma quanta arsura potrà chetare non ci è concesso di conoscere, perché come credenti, qualsiasi cosa venga fatta al più piccolo tra i fratelli è come se fosse stata fatta a Cristo stesso. Una goccia, un lume di speranza, una invocazione: Che io non sia causa della Tua sofferenza “Fratello”. Flavio Modonesi

L’arcivescovo del coraggio Monsignor Simon Ntamwana, arcivescovo di Gitega, è presidente della Conferenza episcopale burundese.Fin dall’inizio del conflitto si è adoperato in prima persona per il ritorno della pace nel Paese. "Sperare, malgrado le difficoltà evidenti, nella pace", è questo il suo punto di vista sulla crisi ed è in questa direzione che ogni giorno affronta la vita."Non è stata una crisi etnica - spiega -; il punto è la lotta per il potere: l’unico strumento, in Burundi, che dà accesso alla ricchezza." Nessuna possibilità di condivisione, dunque; si tratta al contrario di escludere l’altro, per non dividere la torta. Il fattore etnico è stato utilizzato come "olio sul fuoco". Così anche le soluzioni non devono essere etniche ma sociali.Su questo punto la Chiesa burundese lavora quotidianamente sia sul piano diplomatico-politico, nel tentativo di riavvicinare le parti in causa nella guerra,sia a partire dalla base,con un lavoro capillare di ricostruzione del tessuto del Paese. "Siamo stati i primi a rifiutare la violen-

za - racconta l’arcivescovo, ricordando le missioni di avvicinamento dei politici rifugiatisi nei rispettivi nascondigli, in compagnia dell'arcivescovo anglicano -. Li abbiamo spinti al dialogo riuscendo ad ottenere le convenzioni del ’94. Cercavamo di convincerli a condividere i posti del potere, tentando di impedire la divisione etnica". Poi, nel luglio ’96, il colpo di Stato del maggiore Buyoya che "non ha risolto niente, finché incontrando i politici separatamente,siamo riusciti a farli sedere allo stesso tavolo". Si è arrivati all’attuale partenariato politico, iniziato nel giugno del ’98, che vede un governo misto (tra i partiti delle due etnie) e un’assemblea nazionale allargata a vari partiti e società civile.Non sono però rappresentate le fazioni ribelli in lotta. A livello delle comunità cristiane di base intenso è il lavoro di coscientizzazione. "Abbiamo continuato a dare messaggi di pace e riconciliazione... facendo vedere ciò che ci unisce". Sono nate in questo modo le Commis-

sioni Giustizia e Pace, prima a livello parrocchiale,poi diocesano e,infine,nel luglio scorso la Commissione nazionale presieduta dallo stesso mons. Ntamwana. "Siamo partiti dalla base,perché la testa, se non ha niente sotto, non serve". Il presule vede dei cambiamenti nella società burundese. " Nel popolo assistiamo già a un certo riavvicinamento - dice soddisfatto mentre l’intellighenzia non ha ancora risolto il problema della condivisione del potere".Nei colloqui di pace ad Arusha (la sesta sessione si è svolta dal 13 al 19 settembre scorso - n.d.r.) la Chiesa non è presente direttamente,ma cerca di essere vicina a chi vi partecipa. "In un anno hanno imparato ad ascoltarsi. Lo scorso luglio si sono toccate le ferite". ã infatti sulla riforma dell’esercito, che si è creato l’impasse. L’arcivescovo è critico nei confronti della cooperazione internazionale,che condiziona il suo intervento alla firma della pace: "Il sacrificio e la miseria di cui soffre il popolo merita di essere fraternamente accompagnato.Anche questo, per noi, è speranza". MUSEKE - 6

La borsa della speranza Il titolo potrebbe apparire curioso per un argomento che, tutto sommato, vuol parlare di conti, quelli appunto della nostra associazione. Curioso, certamente, nella misura in cui ognuno di noi vuol trovare il significato anche del più piccolo contributo che ha voluto e potuto dare. Stiamo assistendo a fenomeni sociali particolari legati ai concorsi, lotterie normali o super, totoscommesse ufficiali e non, programmi Tv dove i giochi a quiz in varie salse conditi imperversano quotidianamente sugli schemi e tutto, ad avviso di chi scrive, assume sempre più i contorni del racconto biblico sul vello d’oro. Un po’ di aria pulita non può fare che bene al nostro spirito; quello Spirito che sa apprezzare l’obolo offerto dalla vedova (mc 12,41-44) rispetto alla manciata di monete elargite dai facoltosi del tempo. È un concetto che la nostra associazione vuol tenere sempre presente perché anche la più piccola disponibilità di bene, sia resa tesoro da seminare là dove maggiore è il bisogno. E in queste imprese si parte sempre in svantaggio perché “la messe è molta e gli operai sono pochi” ma molto convinti e motivati. Dando spazio ai numeri il consuntivo 1998 ha portato le seguenti risultanze:

ENTRATE • Per offerte • Proventi finanziari • Totale entrate 1998

L. 54.978.850 L. 52.947.853 L. 107.926.703

USCITE • Per progetto Guastatoya sdo • Per spese promozionali • Per offerte America Latina • Per telefono e fax • Per Bolli cancelleria ecc. • Per oneri finanziari • Per acq. fotocopiatrice • Totale uscite 1998 • Avanzo di gestione • Totale a pareggio

L. 37.412.100 L. 52.861.000 L. 1.900.000 L. 1.059.400 L. 4.717.720 L. 8.644.966 L. 2.700.000 L. 57.295.186 L. 50.631.517 L. 107.926.703

Nel corso dell’assemblea del 17 ottobre 1998 si è avuto modo di dare testimonianza del favorevole imMUSEKE - 7

patto che l’opera compiuta nella parrocchia di Padre Gabriel a Guastatoya ha suscitato e nella considerazione che il progetto è stato ultimato, il punto economico della spesa complessiva ci informa delle:

Spese sostenute nel corso del ’97: a - approvvigionamenti dall’Italia L. 1.837.650 b - approvvigionamenti in loco L. 139.585.000 c - logistiche L. 12.192.000 Spese sostenute nel corso del ’98: a - approvvigionamenti dall’Italia L. 805.000 b - approvvigionamenti in loco L. 34.893.100 c - logistiche L. 1.714.000 • Spese complessive L. 191.026.750 Come è facile notare si è cercato sempre di promuovere gli acquisti sul posto, nella misura in cui è stato possibile reperire quanto necessario, al fine di dare impulso all’economia locale. Una nuova richiesta di intervento è stata nel frattempo sottoposta all’attenzione del Consiglio che con delibera dello scorso 2 marzo 1999 ha deciso di valutare la fattibilità del progetto. Si tratta del centro missionario di Gitega, in Burundi, edificato 30 anni orsono per mezzo dei nostri associati, molti dei quali tutt’ora operanti e che necessiterebbe di interventi urgenti di ristrutturazione. Ad aprile sono partiti in missione i sigg.: Alghisi Cesarina, Ondei Maurizio e Piotti Giovanni al fine di verificare la fattibilità del progetto. Il resoconto del sopralluogo ha consentito di individuare le aree di intervento e le priorità e redigere un piano di investimento previsionale quantificato in $ 100.000 cioè Lire 200 milioni circa. Con alacrità sono stati approntati i disegni, le liste di approvvigionamento e riempito un conteiner che è stato spedito a Gitega nella prima decade di agosto. In questi giorni è arrivato a destinazione. Questo è il nuovo impegno a cui siano chiamati è del quale, non v’è dubbio, sapremo con generosità condividere il carico perché dove c’è povertà, precarietà e bisogno “puoi dimenticare la persona con cui hai riso, ma mai quella con cui hai pianto” (Kahlil Gibran). Il Consiglio Direttivo

Museke è O.N.L.U.S. Quindi... Dal 27 maggio 1999 anche l’Associazione Gruppo Operazione Museke deve considerarsi a tutti gli effetti O.N.L.U.S., ovvero Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale. Come tale può usufruire delle agevolazioni che il decreto legislativo 4 dicembre 1997 n. 460 prevede appunto per il regime amministrativo e fiscale delle O.N.L.U.S. In particolare l’art. 13 comma 1 del decreto legislativo 460 ha modificato il Testo Unico delle imposte sui redditi (DPR 917/86) il cui arti. 13-bis consente la detraibilità dalle imposte delle erogazioni liberali in favore delle ONLUS, e perciò anche di Museke. La disposizione è apparsa anche nel prospetto “UNICO 99” e apparirà ovviamente anche in quella dei prossimi anni. Le condizioni che consentono la detrazione sono indicate in dettaglio al sopracitato art. 13, ma per quanto ci riguarda possono essere così riepilogate:

misura del 19%) le somme versate a Museke; • attualmente il limite massimo di detraibilità delle offerte è di lire 4 milioni per le persone fisiche (mentre per le imprese è del 2% del reddito dichiarato); • ai fini della documentazione, il versamento va eseguito tramite bollettino di c.c.p. con l’annotazione della causale e la menzione “articolo 13 legge 460/97”da scrivere sul retro del bollettino di versamento.

Non risultano invece detraibili gli importi relativi alle quote sociali d’iscrizione a Museke. Questa legge dovrebbe incoraggiare, alleggerendo l’ammontare dell’onere efeke di Gitega Bambina a Mus fettivo, il versamento di maggiori contributi dei quali la nostra Associazione • sono detraibili dalle imposte (attualmente nella abbisogna per poter proseguire la propria attività.

In partenza per Gitega L’8 novembre p.v. partiranno alla volta di Gitega alcune persone che oltre al cuore, daranno un mese della propria professionalità:

Alfredo Gritti e Giuliano Maffioletti, Andrea Loda, Angiolino Cimaschi, M. Pia Alghisi, Gino Bosio, Eugenio Costa Là incontreranno Ceserina ripartita in questi giorni. Con queste persone ci auguriamo di poter mettere in opera gli impianti elettrici e idraulici per poter finire sia la casa di accoglienza sia la maternità dove possa già nascere un piccolo Gesù per il prossimo Natale. I servizi attuali della casa di accoglienza

GRUPPO OPERAZIONE MUSEKE - Via Brescia, 10 - 25014 CASTENEDOLO (BS) - ITALY - Tel. 030/2130053 - Fax 030/2130044 O.N.L.U.S. c/c postale 15681257 - c/c bancario: 27499 - Banca S. Paolo di Brescia Sede MUSEKE - 8

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