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Potenza

Sabato 26 aprile 2008•

ilQuotidiano

L’affare Macchia Romana Dal Serpentone l'inchiesta sulla Potenza del cemento raggiunge Macchia Romana, uno dei quartieri più popolosi del capoluogo lucano dove la speculazione edilizia ha raggiunto cifre impressionanti. I NUMERI DI MACCHIA ROMANA Superficie totale: 70 ettari Piano Zona Pubblica: 441.394 mt3 Piano Edilizia Privata: 309.978 mt3 Abitanti: 8000 di cui nel P.Zona Pubblica: 3.100 nel P.Edilizia Privata: 4.900 Costo medio alloggio pubblico: 120/130.000 di ANTONIO PORRETTI

L’EDILIZIA residenziale di Macchia Romana è costata ai suoi abitanti un prezzo abnorme. Questa è la premessa, ma al tempo stesso è una sintesi di fatti accaduti in uno dei quartieri più popolosi della città capoluogo e che ci vengono raccontati da Vito Ferrara, funzionario dell’Ufficio Trasporti e Viabilità al Comune di Potenza. Le anomalie, secondo il parere del tecnico, incominciano inevitabilmente da un non corretto funzionamento degli enti locali. «Le amministrazioni spiega - hanno il compito di controllare e di prendere per buono le dichiarazioni che fanno i cittadini. Se qualcuno dichiara di possedere i requisiti per avere un alloggio, ma nella fase di verifica viene accertato il contrario, l’amministrazione deve recuperare il mal accreditato. Quando, però, queste verifiche non sono effettuate o, peggio ancora, l’amministrazione si schiera dalla parte di chi specula e di chi non fa gli interessi dei cittadini questi ultimi pagano sempre». A suffragare quest’atto d’accusa è un dato di fatto ormai accertato perché tanta gente è stata truffata da persone senza scrupoli con l’ausilio di un certo modo clientelare di fare politica e da controlli mai effettuati. Un connubio questo che, nel corso di trenta, quaranta anni, ha prodotto nel capoluogo lucano un meccanismo di speculazione forse senza ritorno. «Se un alloggio doveva costare 200 o 220 milioni del vecchio conio - continua il funzionario - in realtà, è stato venduto a 300. Non è stata una cooperazione edilizia, ma una speculazione fatta sulle spalle della povera gente». Sembra un paradosso, ma la testimonianza di Ferrara sull’aspetto delle compravendite delle abitazioni di Macchia Romana, e non solo, ci svela a dir poco un ingenuo e colpevole disinteresse da parte degli stessi acquirenti. In molti casi, infatti, i proprietari non si ponevano il problema del come un’impresa edilizia arrivava alla formulazione del prezzo richiesto. Tuttavia, la mancanza dei controlli a tutti i livelli sembra essere il problema a monte dell’edilizia abitativa. «Questo quartiere paga pesantemente il peso di queste anomalie e di queste mancanze. L’amministrazione comunale per l’assegnazione dei suoli e l’ente regione che eroga i finanziamenti ne fuoriescono perdenti, perché non solo non si sono attivati in tempo utile per realizzare i controlli, ma anche per non aver esercitato il compito e la forza di revoca dell’assegnazione degli stessi terreni che oggi viene data per 99 anni alle imprese costruttrici ed ai privati. Probabilmente, oggi, se andassimo a verificare gli alloggi, scopriremmo la presenza di persone che hanno redditi da favola, magistrati, imprenditori, funzionari

comunali, di tutto e di più; scopriremmo che, con l’avallo di facili notai, sia a Macchia Romana sia a Poggio Tre Galli abitano cittadini che non hanno diritto a starci in quegli appartamenti». COSTI E STRUTTURE RADDOPPIATE La nota più dolente, però, sembra essere il costo edilizio. «Gli abitanti di Macchia Romana, anche se non si rendono conto, hanno comprato non uno ma due alloggi. Infatti, con la struttura olografica sconnessa del terreno occorre scendere in profondità con i pali di fondazione che, nell’ipotesi migliore, raggiungono la quota di 20 metri». Da diverso tempo, infatti, Potenza è passata nella prima fascia sismica, un dato questo che condiziona la normativa edilizia e che ha fatto lievitare notevolmente i costi di fabbricazione. «Prima si costruiva un pilastro con le dimensioni 50 x 50 centimetri in fondazione e, man mano che si saliva in altezza con le strutture quel pilastro si assottigliava fino a raggiungere le misure, ad esempio, di 30 x 30. Oggi non si può costruire in questo modo, ma le dimensioni dei pilastri in cemento armato partono dal fondo con 1 metro per lato e sono mantenute fino all’apice della costruzione». Dunque è cambiato il modo di calcolare le strutture e, ovviamente, ciò va ad aggravare i costi per abitazione, poiché è aumentata la quantità sia del cemento sia del ferro. «In questo quartiere sono stati costruiti per ogni edificio due palazzi, uno sopra il piano stradale nel quale si va ad abitare e l’altro sotto terra. Molto spesso poi, per portarsi in quota con la strada, si è stati costretti a fare degli internati e ciò ha aumentato ulteriormente il costo per ogni singolo appartamento». In definitiva, tutto dipende dalla scelta del suolo sul quale si decide di costruire.

L’area di Macchia Romana e in basso l’ex funzionario comunale Vito Ferrarara

PERCHÉ COSTRUIRE A MACCHIA ROMANA? In realtà, il tecnico comunale nel raccontarci la storia di Macchia Romana non

nasconde l’errore di fondo, l’aver realizzato nel posto più infelice questo tipo di edilizia abitativa, mentre la scelta sarebbe potuta ricadere sulla messa in opera

della cosiddetta città-giardino con un’edilizia più estensiva. Di qui gli interrogativi: ma allora perché si è scelto di costruire a Macchia Romana su un terreno così impervio? Non sarebbe stato meglio individuare altri siti più idonei sotto il profilo geologico? Una scelta in tale direzione non avrebbe abbattuto quei costi per singolo appartamento che rappresentano uno dei capitoli di spesa di maggiore entità nella costruzione di un edificio con i nuovi criteri richiesti per la sicurezza e per la stessa urbanizzazione dell’area? Vito Ferrara risponde: «A Macchia Romana i costi pro capite per alloggio sono incredibili. Un dato per tutti è quello del 1995. Il costo di urbanizzazione per Macchia Romana fu di 50 miliardi di vecchie lire ed ogni famiglia sborsò circa 25 milioni per questa voce di spesa. Una cifra che fu indispensabile per eseguire la viabilità di un certo tipo, per costruire muri di sostegno, per eliminare l’acqua laddove si trovarono falde freatiche, per realizzare i drenaggi nella fascia peggiore del quartiere situata

lungo la strada che collega il quartiere al Comune di Sant’Antonio la Macchia. In seguito si spesero altri 150 milioni di lire per inserire delle sonde, piezometri ed inclinometri, ancora presenti sul terreno per segnalare la presenza di eventuali frane in movimento. Tutto ciò ci consente di stare tranquilli dal punto di vista della sicurezza di tutta Macchia Romana». Di fronte, poi, alle affermazioni di alcuni che reclamano il verde o una piazza inesistente, il funzionario ricorda che la progettazione dell'area risale a cavallo tra gli anni ottanta e novanta. «Il consiglio comunale ha discusso per 10 anni sul come e su chi doveva costruire questo quartiere fino al 1990, quando si giunse all’approvazione della prima stesura del piano edilizio alla quale sono state apportate tre varianti nella zona particolareggiata e otto al piano di zona, con la nona che stiamo per predisporre, ma quest'ultima andrà in porto nel 2009 perché dobbiamo attendere che il regolamento urbanistico riconfermi gli ennesimi cambi di viabilità». [email protected]

Vito Ferrara, ex funzionario comunale, ha rotto il meccanismo presentando un esposto

Una città tra le speculazioni e la Gloria «L’ITALIA e noi potentini, in particolare, paghiamo il prezzo di una vacatio legis degli anni sessanta, fra la legge Ponte e la 865, quando a Potenza via Mazzini, via Vaccaro, viale Marconi furono costruite con la vecchia normativa con la quale se un cittadino era proprietario di mille metri quadrati di terreno poteva edificare abitazioni per l’intera area con un’altezza a piacimento dei palazzi». In qualità di geometra e di funzionario del comune capoluogo Vito Ferrara propone anche

una lettura storica della cementificazione di Potenza. «Allora non si parlava ancora di oneri di urbanizzazione poiché i costi erano tutti a carico del Comune. Solo in seguito, la legge Bucalossi del 1977 stabilì che i privati dovevano pagare tali oneri. Questo fenomeno contribuì a realizzare aree e zone importanti di Potenza senza parcheggi, senza aree verdi, senza scuole, perché furono vittime di una speculazione feroce che non prendeva in considerazione alcuna

norma». Lo stesso tecnico, però, non nasconde un pizzico di ottimismo sulla natura delle costruzioni presenti in città. «La drammatica esperienza del terremoto del 1980 ha dimostrato la validità delle strutture realizzate in quegli anni in quanto il nostro cemento armato, che non era stato progettato per quelle sollecitazioni sismiche, ha resistito molto bene. Sulla carta della sismicità, infatti, forse non tutti sanno che lo stivale della penisola italiana è attraversa-

to da una faglia denominata Gloria e, sfortunatamente per noi, questa faglia passa proprio per la città di Potenza dividendola esattamente lungo tutta via Pretoria. Questo spiega perché le zone di San Lucia, piazza Mario Pagano, piazza Matteotti hanno subito danni notevoli con il terremoto, mentre l’altro versante adiacente lo storico corso è stato toccato dal sisma solo lievemente». a.p. [email protected]

Potenza

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La Denuncia di Ferrara: «Così ho denunciato il sistema» «NEL 1991- racconta Vito Ferrara - ho avuto l’incarico di assegnare i suoli alle cooperative edilizie, mentre in precedenza i proprietari dei terreni presentavano i progetti ad una commissione. Vi era quindi un rapporto diverso perché si entrava direttamente in contatto con le cooperative e trovavi sia chi era particolarmente ferrato in materia sia chi non lo era per nulla perché partiva da zero, ma aveva solo tanta buona volontà. Per questi ultimi l’ufficio per le assegnazioni dei terreni diede un grosso apporto nel sostenere le nascenti iniziative edilizie. Non erano dei nostri antagonisti, ma dei partner. Alcune di queste cooperative, pian pianino, si sono fidati di noi ed hanno realizzato delle ottime cose a prezzi veramente accettabili ed onesti come, a esempio, la cooperativa Basilicata, la Vienna 74, la 23 Novembre, ed altre». Macchia Romana, tuttavia, ha un 40 per cento di edilizia privata ed il rimanente 60 per cento di edilizia pubblica. Su questa torta chi ha realizzato i maggiori profitti, secondo Ferrara, è una cooperativa che ha un nome e cognome. «L’impresa Giuseppe Pugliese è una macchina per alloggi, ma ciò non è un’opinione personale, ma è un dato di fatto suffragato dalla matematica. Infatti, se guardiamo i numeri possiamo affermare che i 2/3 delle abitazioni le ha costruite Pugliese anche perché è stato il primo a Potenza a realizzare le cooperative edilizie da Montereale a Murate, da Poggio Tre Galli a Macchia Giocoli e a Macchia Romana. Purtroppo, molti dei soci di queste cooperative solo in un secondo momento hanno cercato di capire, venendo nel mio ufficio, le anomalie che avevano riscontrato. Ad esempio, in un fabbricato di dodici alloggi, realizzati in cooperativa con Pugliese, nessuno dei soci aveva pagato lo stesso prezzo. Ricordo che un socio, disperato, mi fece vedere tutti gli assegni versati per l’appartamento, tra 350 e 400 milioni di vecchie lire, e mi chiese quanto gli costò il terreno. Presi gli incartamenti e scoprimmo, con meraviglia di entrambi, che questa cooperativa acquistò 10.000 metri quadrati di terreno per una cifra di 150 milioni, mentre ai 36 soci furono richiesti, solo per la quota terreno, 50 milioni a testa. In altre parole, l’impresa intascò complessivamente dai soci di quella cooperativa 1 miliardo e 800 milioni a fronte di una spesa del solo terreno pari a 150 milioni!» A questo punto viene spontaneo domandarsi: ma allora dov’era la convenienza di mettersi in cooperativa se, in base a quanto era previsto dalla legge, il 60 per cento del terreno da comprare su cui edificare era a spese delle cooperative e il rimanente 40 per cento era a carico del Comune? E questo è solo uno dei fattori per i quali gli appartamenti raggiungono i prezzi sbalorditivi, ma lo stesso meccanismo utilizzato per l’acquisto del terreno, ci sembra di capire, potrebbe essere applicato alla struttura, alle rifiniture. Se un’impresa riesce a far calare il prezzo a mtq per l’acquisto, non di cento, ma di diecimila mtq di pavimento necessari per novecento appartamenti, il risparmio così ottenuto potrà mai beneficiarne il singolo socio di una cooperativa? «Questo meccanismo - racconta Vito Ferrara - ad un certo punto, ho deciso di romperlo facendo semplicemente il mio dovere di tecnico del Comune anche se, ad

Tre immagini di quartiere Macchia Roamna visto dall’alto

onor del vero, non ho trovato appoggio all’epoca, né da parte del dirigente né da parte dell’amministrazione. E’ una battaglia iniziata da anni, ormai, e non so se mai si concluderà. Siamo di fronte ad una metastasi. Esistono tumori che si possono isolare, circoscrivere ed estirpandoli si guarisce, mentre ce ne sono altri per i quali si pensa di averli eliminati laddove sono trovati, ma in realtà migrano in altri organi, vanno appunto in metastasi, crescono lentamente e non possono più essere bloccati. Analogamente, nel caso specifico, oggi siamo di fronte all’impossibilità anche da parte della magistratura, secondo il mio parere, di bloccare questo tipo di cancro. Se, invece, l’amministrazione comunale a suo tempo avesse compiuto il suo dovere non saremmo arrivati a questa situazione devastante». Secondo il tecnico, l’operazione della stampa locale, che è stata fatta a cavallo tra novembre e dicembre dello scorso anno, è stata molto apprezzata sotto un particolare aspetto: «La gente oggi non ha più scuse e non può

dire di non essere stata informata». Per chi, purtroppo, è caduto nella rete della truffa, sarà la magistratura a stabilire, con i suoi tempi, chi quando e come potrà rientrare in possesso delle cifre anticipate. «Esistono diversi procedimenti giudiziari a carico di quell’impresa cooperativa e dei diversi attori protagonisti di questa vicenda. Spostare diversi milioni di euro non è cosa da poco, anche perché è una vera e propria macchina da lavoro in quanto coinvolge le imprese, gli operai, gli artigiani, gli idraulici, i piastrellisti, ecc. Sarebbe un errore fatale dimenticare che il mondo dell’edilizia negli anni settanta, ottanta e novanta, ha retto l’economia di questa città. Nel momento in cui questo fenomeno ha trovato una battuta d’arresto per colpa di un funzionario comunale, addetto alle istruttorie e all’assegnazione dei terreni, che ha rotto il giocattolo, il danno economico è stato ben presto ravvisato». an. po. [email protected]

Oltre l’informazione, la giustizia «SONO convinto, però, che non basta l’impegno degli organi di stampa. Un articolo di giornale può fare informazione, ma non può fare giustizia». Questo il monito di Vito Ferrara. «La responsabilità non può essere della stampa, semmai è del sottoscritto - continua - dei singoli funzionari del Comune, degli assessori, del sindaco che ha preso in seria considerazione questo tumore edilizio che è esploso a Macchia Romana, ma che poi si è diffuso a Poggio Tre Galli, a Macchia Giocoli, dappertutto. Siamo di fronte ad un fenomeno che si è diffuso, che si ripete, che si aggrava e che è giunto il momento di porre rimedio». Ferrara con un’amara constatazione: «L’amministrazione comunale risalente al sindaco Fierro, però, per porre rimedio a questa situazione mi tolse l’in-

carico impedendomi di continuare a svolgere il mio lavoro». «Forse perché - continua - qualora fossi rimasto al mio posto, qualcuno avrebbe dovuto continuare a fare i conti col sottoscritto. Se, invece, l’amministrazione avesse deciso a suo tempo, nei confronti dell’impresa in questione, di non concederle nulla, poiché aveva violato la legge in più punti così come penso di aver dimostrato sia sul piano amministrativo sia sul piano penale, avrebbe non solo compiuto il proprio dovere, ma avrebbe impedito ai suoi cittadini, e parliamo di un centinaio di famiglie, di vivere oggi con l’angoscia e nel terrore per aver perso tutti i propri risparmi». an. po. [email protected]

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