La Responsabilit Civile Della Pubblica Amministrazione

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La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione Inserito il 17/11/2005 da dtu

La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione

1. responsabilità contrattuale ed extracontrattuale degli enti pubblici.

Richiami alla disciplina generale di diritto civile sulla responsabilità civile. La responsabilità contrattuale della Pubblica Amministrazione, cenni, evoluzione giurisprudenziale per sommi capi, cenni sui privilegi processuali e sostanziali che hanno accompagnato il progressivo riconoscimento in capo agli enti pubblici di tale forma di responsabilità. Condanna di dare o fare, condanna ex art. 2932 cc. il vincolo di bilancio, le pretese creditorie, la giurisprudenza costituzionale sul punto. Il revirement legislativo sulle somme indisponibili: in ogni caso non si è mai dubitato della applicabilità della responsabilità contrattuale alla Pubblica Amministrazione ex art 1228: il rapporto obbligatorio fa capo alla Pubblica Amministrazione, è logicamente e giuridicamente giusto che questa sia tenuta a risponderne. Fatto compiuto dagli ausiliari costringe il debitore a risarcire il danno per l’eventuale danno occorso medio tempore. Teoria della doppia personalità, per cui lo stato agisce in duplice veste L’illecito extracontrattuale: Clausola generale ex art. 2043 cc. la quale ha avuto una applicazione assai più controversa nei confronti dei cittadini dato che su questo banco di prova si è cercato di creare dei principi di privilegio formale e sostanziale a favore della Pubblica Amministrazione. - in un primo momento si disse, per sottrarre la Pubblica Amministrazione alla responsabilità da fatto illecito, che la stessa non potesse, in quanto emanazione dello Stato di diritto violare il precetto “neminem laedere”. - Successivamente si addussero delle giustificazioni più tecniche, la cui sostanza era la stessa. - Oggi si sottrae alla risarcibilità una fetta grossa della Pubblica Amministrazione mediante il brocardo della irrisarcibilità dell’interesse legittimo. Oggi l’applicabilità delle norme in tema di illecito trovano un diretto riscontro nella Costituzione (art 28 e 113) sulla cui portata ancora oggi si discute, attesa la natura di norme di compromesso. Addirittura le norme hanno assunto la portata di regole di principio sia per la responsabilità contrattuale che per quella extracontrattuale, di conseguenza il sindacato sulle leggi che limitano la responsabilità degli enti pubblici sia per inadempimento che per violazione del canone di cui all’art 1218 cc. va svolto alla luce dei principi enucleati dalla C. Costituzionale. Distinzioni Oltre che da quella contrattuale l’illecito aquiliano deve potersi distinguere anche Dalla responsabilità da atto lecito della Pubblica Amministrazione in ordine alla quale non si controverte circa il risarcimento, bensì circa l’indennizzo. Diversa ancora è la responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione, anche se connessa al tema in quanto trattasi pur sempre di attività illecita nel senso aquiliano. La cui tematica può trovare una migliore applicazione nel campo della contrattualistica. 2. Natura della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione. In diritto civile la responsabilità civile si considera come: a) diretta o per fatto proprio – regola generale – art. 2043 cc. b) indiretta o per fatto altrui – in caso di ricorrenza di speciali norma che tengono conto del vincolo specifico che lega il soggetto o la cosa che ha recato il danno a chi è tenuto a risponderne.

Nel diritto amministrativo la branca della responsabilità civile è una materia a sé in qusnto tende a specializzarsi. Occorre pur sempre analizzarne la natura della responsabilità, così come il vincolo che lega la Pubblica Amministrazione al dipendente per vedere se la stessa risponda secondo il modulo sub a o sub b. Non si dubita che la Pubblica Amministrazione come qualsiasi altra persona giuridica siano soggetti passivi extracontrattualmente, che possano essere destinatari di atti illeciti la cui tutela sia ovviamente compatibile con la loro struttura e la loro funzione (diritti della personalità, al nome, all’immagine, all’identità personale etc.) Tesi della responsabilità per fatto altrui od indiretta. 1) epoca in cui vigeva la tesi della finzione della persona giuridica si riteneva che la Pubblica Amministrazione rispondesse sempre e solo in via indiretta, per fatto altrui, in quanto non era possibile riconnettere profili meramente psicologici ad un ente di fatto. 2) Ciò che rispondeva del danno era sempre e solo il pubblico dipendente, secondo uno schema analogo a quello della rappresentanza. 3) Questa impostazione fu adoperata per creare un privilegio sostanziale a favore della Pubblica Amministrazione. Si disse, infatti, che la stessa rispondeva per culpa in eligendo od in vigilando per aver collocato un dipendente in un determinato punto della Pubblica Amministrazione. Ma in tal caso la posizione di quest’ultima diveniva intangibile in quanto si aveva che il sindacato sulla culpa in vigilando si sarebbe tradotta nel sindacato sull'organizzazione della Pubblica Amministrazione il che era palesemente in contrasto con le generali regole poste dall’art 4 l.c.a. in forza delle quali l’ordinamento giudiziario non poteva assolutamente interferire con quanto stabilito dall’organizzazione della Pubblica Amministrazione, in ottemperanza del principio della separazione dei poteri. 4) Teoria del rapporto organico, teoria darwiniana, nascita nell’ambito della Pubblica Amministrazione e mutuazione anche nell’ambito del diritto civile: condomini, enti morali e società: in tal senso aparve chiaro che la Pubblica Amministrazione rispondeva sempre per fatto proprio dei fatti illeciti compiuti dai suoi organi; traslazione della responsabilità per fatto altrui a fatto proprio, con notevole ampliamento della tutela del cittadino. 5) Art. 28 Cost, riproposizione del dibattito nella parte nella quale si afferma che “la responsabilità si estende…”, e rievocazione della teoria rappresentativa. 6) Teoria eclettica: la Pubblica Amministrazione risponde sia per fatto proprio che per fatto altrui; a) per fatto proprio: in caso di emanazione di un atto amministrativo. b) Per fatto altrui: in caso di incombenza meramente materiale del pubblico dipendente che non costituisca esercizio della funzione. In tal senso il mancato nesso finalistico fa sì, in pratica, che la Pubblica Amministrazione non possa essere destinataria di atti che non ineriscano la cura di interessi pubblici. Ne consegue che il perseguimento del fine privato od egoistico spezza il legame organico e fa in modo che la Pubblica Amministrazione risponda per fatto altrui (2049 cc.). Questa rievocazione naturalmente è in grado, paradossalmente, di ampliare la tutela da parte dell’interessato, in quanto ragionando in termini di rappresentanza organica, si dovrebbe arrivare ad escludere la responsabilità della Pubblica Amministrazione, cosa che in realtà non avviene con la responsabilità per fatto altrui, una volta stabilito il criterio della occasionalità necessaria. - abbandono della teoria della insindacabilità della responsabilità del dipendente. - Atto compiuto in virtù e per mezzo la collocazione all’interno dell’organico della Pubblica Amministrazione, che non fa venire meno il nesso oggettivo tra fatto ed evento, riconducibile all’ente datore di lavoro. c) rifiuto a priori di entrambi i due modelli argomentativi; la Pubblica Amministrazione risponde in maniera diretta quando non concorra anche la responsabilità del pubblico dipendente; indiretta quando il fatto sia imputabile al pubblico dipendente, ed ai sensi del 28 Cost la responsabilità sia imputabile anche alla Pubblica Amministrazione. - due distinte responsabilità per un medesimo fatto non sono concepibili. - La Pubblica Amministrazione non può avere delle connotazioni psicologiche., perciò il dolo del pubblico dipendente escluderebbe sempre la responsabilità della Pubblica Amministrazione. Discorso che ovviamente esige una parola sul criterio della colpa oggettiva, sulla quale ci si soffermerà brevemente poi. d) giurisprudenza: rifiuto di queste teorie. Rifiuto del modello offerto dall’art 2049 cc e

distinzione tra attività esercizio di una pubblica funzione ed attività che vi esula. Si parte dal presupposto che l’art 28 Cost non abbia inteso innovare in nulla sul punto, e che abbia recepito le istanza che andavano formandosi poco a poco.

3. riferibilità del fatto illecito alla Pubblica Amministrazione.

I. La scelta giurisprudenziale di considerare direttamente responsabile Pubblica Amministrazione e non per fatto altrui, ex 2049 cc., impone u problema preliminare. Capire quando un soggetto od un funzionario possa considerarsi “organo” della Pubblica Amministrazione. Il medesimo problema si porrebbe nel caso in cui si adottasse il criterio della occasionalità necessaria. Criterio teleologico, è imputabile all’ente quell’azione meramente materiale che inerisce la funzione, la cura del pubblico interesse; al contrario, frattura il rapporto organico quell’atto od attività non riconducibile alle finalità sopra esposte. Ad es.: dipendente che va a fare una visita fiscale e fa un incidente con l’automobile della ASL; come anche dipendente che, adoperando un mezzo della ASL rechi un danno ad un terzo compiendo un’attività che non dimostra l’esercizio delle sue funzioni (dentista che porti un paziente privato nelle strutture pubbliche e gli trapani male un dente). Il perseguimento di una finalità egoistica spezza, frattura il rapporto organico con la Pubblica Amministrazione. Difficoltà del criterio: ogni attività materiale del pubblico dipendente è frazionabile in tanti innumerevoli atti che costituiscono tanti segmenti di un intenzione più ampia e unitaria; il criterio sopra proposto, anche se valido in teoria, nella pratica finisce con il frantumare sia l’azione amministrativa che quella del pubblico dipendente in tantissimi pezzi dei quali è difficilissimo, quasi impossibile distinguere l’inerenza o la estraneità dal rapporto di funzionalizzazione tipico della Pubblica Amministrazione. Funzione strumentale di tutte le attività compiute di talché non è escluso il perseguimento dell’interesse pubblicistico anche se, in una fase intermedia il pubblico dipendente abbia commesso un abuso. La funzione pubblica finale è quella concretamente da doversi stabilire ai fini della sussistenza del nesso tra attività espletata ed incombenze affidate; in tal senso la giurisprudenza presenta un panorama assai variegato dato che risolve ogni caso volta per volta tenendo a mente questo principio del nesso teleologico, ma sempre verificando che l’azione sia assorbita nel più ampio genere di attività che costituisce il dovere del pubblico dipendente sia cura dell’interesse pubblico di pertinenza della Pubblica Amministrazione, e che quindi scrimina i casi nei quali la Pubblica Amministrazione è chiamata direttamente a risponderne. Es.: Carabiniere che ferisce un amico pulendo la pistola di ordinanza. Conclusioni: il dolo del dipendente non esclude sempre la riferibilità del fatto alla Pubblica Amministrazione, è in grado solo se il fatto pur doloso sia stato compiuto per finalità esclusivamente egoistiche le quali, devono esaurire in se la ragione dell’attività posta in essere, e non devono costituire un mero stadio intermedio entro il quale il pubblico dipendente, compiendo attività conformi al proprio servizio, decide di divergere temporaneamente dai doveri assegnatigli (dipendente dell’ASL che raccolga utilità promettendo di non fare delle visite igienico-sanitarie troppo approfondite: concussione e responsabilità civile della Pubblica Amministrazione); in tal senso andrebbe letto anche il riferimento alle norme penali contenute nell’art 28 Cost. Sul reato doloso non vi è unanimità di veduta in giurisprudenza, in quanto si asserisce che la sua presenza automaticamente implica finalità in toto egoistica, esulante dalla funzione pubblica. Diversamente argomentando dal lato dell’art 2049 cc. si otterrebbe che il nesso di occasionalità necessaria non spezza la riferibilità del fatto alla Pubblica Amministrazione, anche quando questo sia doloso, in quanto compiuto in occasioni, con mezzi offerti dall’Ente ed in virtù dell’incardinamento nell’ambito dell’ente di riferimento. In tal senso andrebbe letta la disposizione sulla R.C. dei magistrati (art. 13 l. 117/1988).

II) riferibilità del fatto illecito dell’autorizzato e del concessionario. III) riferibilità del fatto illecito per applicazione di una norma incostituzionale e per mancata recezione di una direttiva comunitaria, o per mancato riconoscimento di un diritto che derivi dall’applicazione di normativa comunitaria. 4. Elementi dell’illecito civile degli Enti pubblici. A) danno ingiusto ed interessi tutelati con la r.c. risarcimento del danno ed antigiuridicità: significati, - atteggiamento non jure non conforme al diritto, nel quale l’ordinamento reagisce riconnettendo effetti diversi da quelli voluti dalle parti. - Atteggiamento contra jus lesivo di un diritto. Con il tempo l’area della responsabilità civile è andata sempre più allargandosi, abbracciando delle ipotesi nuove, mentre nel diritto amministrativo si è avuta una battuta di arresto, con l’orientamento giurisprudenziale che appare assolutamente fermo nel non voler riconoscere il risarcimento degli interessi legittimi. Natura giuridica e cenni sugli interessi legittimi. B) la risarcibilità dell’interesse legittimo. Secondo la concezione assolutamente dominante, in diritto amministrativo le uniche situazioni risarcibili sarebbero quelle legate alla violazione di diritti soggettivi. Di conseguenza le uniche forme in cui vengono all’attenzione degli interessi sono quelle in cui in seguito all’annullamento di un atto illegittimo si discuta degli effetti dannosi cagionati nel periodo intermedio la loro emanazione. Ne consegue che se viene rivolta una domanda al giudice ordinario questi deve dichiarare la propria incompetenza per difetto di giurisdizione in quanto dietro la domanda di risarcimento del danno si cela una domanda di annullamento dell’atto amministrativo che è di competenza del ga, al di fuori di qualunque forma ammessa di disapplicazione (art 5 l.c.a.). Ragioni della irrisarcibilità: - interesse occasionalmente protetto da norme di azione. - Inesistenza di un fatto antigiuridico tra attività della Pubblica Amministrazione e illecito. - Il 2043, come il 28 Cost i riferisce a diritti. - La configurazione degli interessi legittimi impedisce che sia configurabile qualsivoglia bene della vita, come per i diritti soggettivi. - I diritti patrimoniali conseguenziali confermano la irrisarcibilità degli interessi. - Solo l’atto illecito (norme di relazione) crea un danno risarcibile nella sfera del privato, ma non anche l’illegittimità dell’atto (norme di azione) atteso che tali norme regolano il corretto esercizio del potere ed hanno carattere meramente interno alla Pubblica Amministrazione; non creando aspettative o beni immediatamente protetti a vantaggio dei singoli. Per questo l’interesse è una sintesi di poteri tutti strumentali che consente al privato di cooperare con la Pubblica Amministrazione per consentirle di usare correttamente il potere, posizione che ben si relaziona con il modello impugnatorio e demolitorio del processo amministrativo. Non risultando protette le posizioni dei singoli ne discende l’irrisarcibilità. - ricorso per l’ottemperanza, ritardo nell’adeguamento alla sentenza del giudice: irrisarcibilità. Obiezioni: - situazione sostanziale dell’interesse legittimo e non mera situazione processuale o di fatto. - Ristoro del danno conseguente ad un comportamento non jure (primo aspetto dell’antigiuridicità) della Pubblica Amministrazione. - Il 2043 non tutela sempre e solo un diritto assoluto, ma anche diritti relativi ed altre situazioni che pur non avendo una struttura della realità o dell’assolutezza esigono comunque una tutela erga omnes che derivano dal mero contatto sociale e dalla lealtà necessaria che esigono le relazioni sociali e che trovano anche riscontro nell’art 97 Cost. Ipotesi normative di risarcibilità degli interessi legittimi.

Art 872 cc. Art 13 l. 19.2.1992 n. 142 (legge comunitaria sui lavori pubblici). Art. 4 D.L. 5.10 1993 n. 398 (convertito con modificazioni). Art 32 l. 109/1994. (Legge Merloni) annullamento dell’aggiudicazione di appalti. Mancata recezione di direttive comunitarie “fatto lecito” del legislatore ed indennizzo. Diritti affievoliti a) irrisarcibilità dei meri o puri interessi legittimi. b) Diritti condizionati. Situazioni che hanno la consistenza del diritto soggettivo, ma sui quali la Pubblica Amministrazione ha il potere di incidere, comprimendoli od espandendoli. I) diritti sospensivamente condizionati: atti ampliativi della Pubblica Amministrazione, autorizzazioni e concessioni. Differenziazioni. - Autorizzazione: risarcibilità in caso di illegittimo diniego del provvedimento. - Concessione: irrisarcibilità per illegittimo diniego. - Di entrambi si afferma la risarcibilità in conseguenza dell’annullamento dell’atto di revoca o ritiro e conseguente riespansione del diritto dal momento del ritiro alla pronuncia di annullamento. - In precedenza non era così, non era risarcibile colui cui era stata negata una facoltà mediante atti ampliativi, dato che la sua posizione non era qualificabile di diritto, anzi il suo era un interesse legittimo all’emanazione del provvedimento ampliativo. parimenti era considerata di interesse legittimo quello del privato a mantenere la sussistenza del provvedimento, di talché la revoca poteva solo essere annullata, anche magari con il giudizio di ottemperanza ma la relativa posizione non era ritenuta risarcibile. - Successivamente si capì che non vi era differenza tra chi è divenuto titolare di una posizione in via originaria da chi in via derivata; solo che si poneva l problema delle concessioni, anche quello positivamente risolte dalla giurisprudenza, in quanto si affermava che le azioni non erano tipiche di quelle rientranti nell’attività privatistica. Sia nel caso di autorizzazione che di concessione, infatti, il privato è titolare di un diritto fievole ab origine nei confronti della Pubblica Amministrazione, ed il potere di revoca incontra il limite della legittimità dell’atto che coincide con la lesione di un diritto soggettivo. - Aspettativa di provvedimenti ampliativi. Differenziazione tra colui che è titolare del diritto in quanto a suo favore c’è stato il rilascio del provvedimento ampliativo e colui al quale non è stata effettuata alcuna forma di “ampliamento”. a) aspettativa di autorizzazione: risarcibile (es.: aspettativa edificatoria) b) aspettativa di concessione: irrisarcibile previo accertamento da parte del ga. Che non sussistevano degli elementi ostativi volti alla mancata espansione di tali diritti, in caso di attività vincolata, quale è quella relativa al procedimento autorizzatorio. Giurisprudenza: irrisarcibilità delle aspettative autorizzatorie e concessorie. - rifiuto del concetto di autorizzazione permissiva e dichiarativa. - Incidenza dell’atto ampliativo su una posizione che è pur sempre qualificabile di interesse legittimo. O il privato è titolare di un diritto soggettivo all’atto ampliativo, il che non vuol dire che la attività della Pubblica Amministrazione sia sempre e solo vincolata, oppure, la statuizione di questa, incidendo su interessi non ne sanciranno la risarcibilità. II) diritti risolutivamente condizionati: atti ablatori, espropriazioni incisioni su diritti reali. L’area è da sempre stata considerata risarcibile in quanto il diritto nasce come tale e viene poi inciso dalla Pubblica Amministrazione. III) aspetti processuali. - impossibilità di proporre dinanzi al giudice ordinario una domanda risarcitoria, vigente il provvedimento: difetto di giurisdizione; in alcuni casi difetto assoluto di giurisdizione: azioni possessorie, specie in materia radiotelevisiva ex art 37 c.p.c. - la richiesta di risarcimento del danno non deve trovare come punto controverso la legittimità dell’atto amministrativo, altrimenti la controversia è destinata a planare dinanzi alla cognizione del ga. - Controversia privato pubblico dipendente: giudice ordinario. - Controversia con la Pubblica Amministrazione per il risarcimento del danno: la controversia avverso la Pubblica Amministrazione concerne il merito dell’interpretazione dell’art 2043 e non, come si riteneva, una questione di giurisdizione. In realtà nella decisione della risarcibilità

dovrebbe tenersi in debito conto la situazione soggettiva protetta dal diritto, abbandonando definitivamente la visione dell’interesse legittimo di un insieme di norme che non prendono in considerazione gli interessi dei privati. 5. Imputabilità della colpa e del dolo alla Pubblica Amministrazione. a) provvedimenti ed attività materiali. Una volta analizzata la natura e la riferibilità del fatto illecito alla Pubblica Amministrazione, resta da studiare l’imputabilità o la rimproverabilità a titolo di dolo o colpa alla Pubblica Amministrazione. Soprattutto perché la diretta applicabilità alla stessa del fato illecito impone di studiarne l’elemento psichico. - superata la dottrina che argomentava sulla insindacabilità della colpa. - Alla Pubblica Amministrazione deve essere rilevata comunque un profilo doloso o colposo. - L’illecito della Pubblica Amministrazione consiste sempre nella emanazione di “atti” e non di “provvedimenti”. Non basta un atto illegittimo, ma occorre che una determinata attività sia imputata a titolo di dolo o di colpa alla Pubblica Amministrazione. Giuridicamente questo assunto si giustifica nel senso che non esiste il provvedimento illecito, ma solo atti materiali che in esecuzione del provvedimento recano danno a terzi. È pur vero che esistono degli atti autoesecutivi, ma comunque la sostanza non cambia, perché anche in questi casi viene in rilievo un comportamento e non l’atto. Pertanto l’atto illegittimo è sempre una conseguenza dell’illiceità di un comportamento, ma non è vero il contrario, in quanto l’illiceità può anche dare corso al fenomeno della carenza del potere amministrativo. Il fatto dannoso deriva pur sempre da un comportamento dei pubblici dipendenti dei quali il provvedimento è un semplice riflesso, di cui va studiato il profilo psicologico e l’imputabilità alla Pubblica Amministrazione. Giurisprudenza: a) Adozione di un provvedimento amministrativo. Non necessità di ricercare l’elemento psichico del dolo o della colpa: - complessità dell’azione amministrativa e frantumazione del nesso psichico - atto amministrativo è adottato in conformità del potere e deve essere per definizione volontario, pertanto l’accertamento della sua illegittimità comporta anche l’indagine dell’imputabilità psichica: la colpa è in re ipsa nell’adozione del provvedimento. In questa prospettiva la declaratoria di illegittimità del provvedimento amministrativo ben potrebbe non integrare il requisito della colpa ex art 2043, es.: jus superveniens. b) attività materiale: - difficoltà di accertare una colpa nelle attività materiali in presenza del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione. (in passato si riteneva insindacabile). - Parificazione della Pubblica Amministrazione a qualsiasi altro soggetto di diritto privato. - Dictum: la discrezionlità rimane insindacabile nei limiti offerti dall’art. 2043 cc. - Criteri di sindacato: I) sufficienza e idoneità dei mezzi a soddisfare determinati bisogni collettivi, sono insindacabili: es.: costruzione di una diga in un punto anziché in un altro del fiume: i criteri tecnici sono pienamente intrecciati con quelli discrezionali di autorganizzazione. II) Modo di attuazione di tali sistemi. Secondo la giurisprudenza vi sarebbe pienamente possibilità di sindacato. Vengono in luce dei comportamenti materiali e la perizia e competenza con la quale sono stati attuati. Pertanto la discrezionalità trova un limite nel sindacato del giudice. III) Esempi: - inidoneo accompagnamento di bambini da scuola a casa e ferimento di uno di essi: la Pubblica Amministrazione non può argomentare dalle ristrettezze di bilancio. - Posizionamento di un cartello stradale su fondo privato senza una delibera espropriativa. - Opere di bonifica che rechino danno al fondo sottostante, a causa delle acque reflue. - Creazione di barriere frangiflutti che provocano danni ad attrezzature turistiche. - In tal senso venendo in considerazione non scelte discrezionali, ma mere attività materiali che devono essere poste in essere con la perizia e la diligenza media occorre pur sempre che siano rispettate delle regole di prudenza e di perizia oltre le quali la Pubblica Amministrazione è

tenuta a risarcire il danno anche in forma specifica. - Il problema della discrezionalità tecnica. Irriconducibilità alla discrezionalità tout court, naturale sindacato della parte interessata. 6. le presunzioni legali di colpa. Una volta che si sono ritenute applicabili nei confronti della Pubblica Amministrazione tutte le norme che stabiliscono criteri di valutazione e commisurazione del danno, non si vede perché non possano applicarsi tutte le norme in tema di responsabilità oggettiva, ipotesi caratterizzate da una declaratoria di responsabilità scissa da una concreta verificazione della reale colpevolezza, o perché questa dall’ordinamento non è affatto richiesta, o perché in alcuni casi essa è presunta. In tali ultime ipotesi o la presunzione è assoluta, e non è possibile dare in nessun caso prova contraria, oppure relativa ed al soggetto chiamato a rispondere è concesso dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (cd. Prova del caso fortuito). a) circolazione dei veicoli: prova di uno specifico divieto nell’adopero del mezzo. b) Rovina di edificio: sottospecie della norma in tema di cose in custodia (oggettiva), la norma ex art 2053 comporta una presunzione di colpa. - concessionario; custode e colui che ha in disponibilità il bene o l’edificio è chiamato a risponderne degli eventuali danni occorsi a terzi. c) responsabilità per incapaci e minori: 2047 e 2048 cc.. secondo la giurisprudenza si tratterebbe di culpa in vigilando con colpa presunta della Pubblica Amministrazione. Cfr. la materia è stata rivisitata con riguardo agli insegnanti con la l. 11 luglio 1980 n. 612 art. 61 mancanza di azione diretta nei confronti dell’insegnante di scuola, salva l’azione di rivalsa della Pubblica Amministrazione. d) Responsabilità per fatto altrui (art 2049) dovrebbe trovare una limitata attuazione per tutti quei soggetti non stabilmente incardinati in uno stabile rapporto di lavoro o nell’organico della Pubblica Amministrazione; es.: il lavoro parasubordinato e quello convenzionato (ASL). - rapporti di lavoro autonomo: la giurisprudenza tende ad evitare la responsabilità della Pubblica Amministrazione. Salvo che gli appaltatori lavorino alle dirette dipendenza dell’A. o quali nudi ministri. e) le strade pubbliche. - situazione giurisprudenziale: il nesso psichico tra cosa ed evento, la mancata concorrenza di un fatto estraneo concorrente o prevalente che abbia di per se cagionato il danno. Es.: Una ruota già lacerata si rompe all’impatto di una piccola buca stradale. - Mancanza della insidia o del trabocchetto. - Beni di larga utilizzazione o di difficile e permanente custodia; restrizione della responsabilità ai casi di dissesti conclamati in cui la Pubblica Amministrazione non abbia provveduto tempestivamente a riparare. - Responsabilità dell’appaltatore salvo il caso della concorrenza con la Pubblica Amministrazione in caso di clausola di manleva. - Strade come servizio pubblico di viabilità: in tal caso la giurisprudenza asserisce che la posizione della Pubblica Amministrazione è insindacabile in quanto tocca il punto della scelta tecnica dei mezzi più idonei per garantire un determinato servizio, dinanzi al quale non esiste affatto alcuna forma di ingerenza. Pertanto non esiste un diritto del cittadino alla buona manutenzione delle strade, ma solo al diritto al risarcimento i caso di danni occorsi dalla circolazione che, peraltro, la giurisprudenza cerca sempre di limitare attraverso delle argomentazioni di privilegio: catellonistica stradale che escluderebbe in toto l’insidia od il trabocchetto. f) attività pericolose: - abbandonata l’argomentazione che la Pubblica Amministrazione, in quanto inserita in uno stato di diritto non potesse recare danno ad altri, né compiere attività pericolose. - Obiezione fondamentale che l’art 2058 è riferibile alle attività lucrative, e, quindi, non alla Pubblica Amministrazione. - Naturalmente questo orientamento è stato ampiamente abbandonato e la norma giudicata applicabile anche a coloro che esercitano attività pericolose a scopi filantropici., dato che le attività della stessa sono tutte dirette alla cura di interessi generali non è affatto possibile differenziare lo scopo economico o meno di detta attività.

7. il danno risarcibile Una volta accertata la sussistenza di un danno ex art 2043 cc. la liquidazione di esso segue le normali regole dell’illecito extracontrattuale, in quanto trattasi di una somma di danaro, c’è la trasformazione di un debito di valore in un debito di valuta. Ristorata una posizione giuridica si ha che la somma liquidata diverrà soggetta al principio nominalistico per tutte le obbligazioni pecuniarie. a) danno biologico a carico della Pubblica Amministrazione. b) Risarcimento in forma specifica: accessione invertita; c) Danni non patrimoniali o morali ex art 2059, in caso di pregiudizialità penale del pubblico dipendente. Anche in caso di pregiudizialità penale che nel caso di specie non si applica affatto ai giudizi civili in corso, stante la mera facoltà per il giudice di sospendere il processo, e non l’obbligo. 8. la responsabilità civile del pubblici dipendenti verso i terzi; rapporti di tale responsabilità con quella della Pubblica Amministrazione. Dinanzi ad una ipotesi di responsabilità civil verso i terzi sussusta innanzitutto una responsabilità del dipendente verso la Pubblica Amministrazione (cd. Responsabilità contabile od amministrativa, od interna) Si tratterà qui della responsabilità dei p.d. verso i terzi e dei rapporti di tale responsabilità con quella della Pubblica Amministrazione. 1) art. 28 Cost. che sancisce la diretta responsabilità dei funzionari e dipendenti pubblici. Portata innovativa della norma atteso che prima della emanazione della carta costistuzionale si affermava che la Pubblica Amministrazione era direttamente responsabile per i danni occorsi a terzi secondo il modulo offerto dall’art 2043 cc. e dal rapporto organico. La Costituzion non avrebbe fatto altro che affiancare alla responsabilità della Pubblica Amministrazione quella del pubblico funzionario per esigenze di rafforzamento della tutela: di questo modello la linea è quella del T.U. impiegati civili dello stato (del 1953). a) due responsabilità distinte per un medesimo fatto dannoso che hanno dato anche adito ad altre tesi che hanno ravvisato il rafforzamento della teoria della responsabilità per fatto altrui; alle quali si sono affiancate anche talune teorie eclettiche le quali hanno ravvisato l’esistenza sia della responsabilità per fatto proprio che per fatto altrui, a seconda che si tratti dell’emanazione di un provvedimento oppure di una mera attività materiale. b) La regola generale sancita dalla Costituzione è che i danneggiati possono far valere la domanda sia verso la Pubblica Amministrazione che verso i dipendenti danneggianti. Tale linea è anche rimarcata dall’art 22DPR 1957/3 (fatte salve le ipotesi della responsabilità degli insegnanti e dei magistrati). c) Regole della obbligazione: solidarietà: art. 2055 cc. e 1292 cc. e non sussidiarietà come accadrebbe se vi fossero norme che imponessero la necessità di escutere un soggetto anziché un altro. A tal punto che la legge stessa discorre di litisconsorzio facoltativo tra il pubblico dipendente e la Pubblica Amministrazione. d) Una volta che la Pubblica Amministrazione sia stata chiamata a risarcire il terzo potrà rivalersi nei confronti del pubblico dipendente secondo le regole della responsabilità amministrativa indiretta secondo le normali regole civilistiche offerte dall’art. 1203 n. 3 cc (ipotesi espressa di surrogazione legale). 2) Rapporti tra la responsabilità del pubblico dipendente e pubblica amministrazione. a) è normale che allorquando il pubblico dipendente sia in colpa tale situazione si estenda anche alla Pubblica Amministrazione; ma non è vero il contrario: in altre parole l’atteggiamento colposo della Pubblica Amministrazione non si estende anche al pubblico dipendente (anche se questo non è responsabile in proprio oppure non è identificabile). b) Assunto che si giustifica con il concetto di colpa oggettiva attraverso la quale il requisito della colpa viene imputata direttamente ad un ente avente personalità giuridica e sfrondato di

tutti i requisiti personalistici che caratterizzano tal forma particolare di nesso colposo. Criterio di riferimento particolarmente valido nell’ambito delle procedure complesse di creazione e predisposizione di provvedimenti amministrativi. c) Limitazioni di responsabilità: la C. Costituzionale ha asserito che, stante la regola generale dell’art 28 Cost. non vi è incompatibilità con delle disposizioni che limitino tale responsabilità del pubblico dipendente. Ne è di esempio quello offerto dall’art 22 T.U. 1957/3; quello ex art 58 l. 142/1990 norme che limitano la responsabilità Del pubblico dipendente solo nelle ipotesi di dolo o colpa grave. Tutte le istanze di remissione degli atti alla Corte sono tutti rigettati nel presupposto che la norma fosse perfettamente razionale, al fine di non bloccare l’operatività della Pubblica Amministrazione attraverso una ampliamento della responsabilità dei funzionari. d) Altre limitazioni: I) opinione dissenziente verbalizzata in un ambito collegiale (art. 24 dpr. 3/1957). II) Obbedienza ad un ordine del superiore gerarchico che non sia criminoso. III) Norma in tema di rilascio della licenza edilizia che stabilisce un risarcimento del danno a carico del sindaco per il comportamento inadempiente. Vecchia legge 5 ott. 1993 n. 398, art 4 che prevedeva il risarcimento del danno, ora sostituito dalla legge di conversione da una procedura assai più complessa e farraginosa consistente nella richiesta al presidente della giunta Regionale con la nomina di una commissario ad acta. IV) Responsabilità per fatti commessi dai minori (2049 cc) e responsabilità degli insegnanti, i quali non possono essere convenuti in giudizio direttamente dai genitori o gli esercenti la patria potestà. V) I magistrati: problemi particolari legati alla posizione di indubbia indipendenza che questi devono avere sul piano costituzionale, in vita delle delicate funzioni che gli vengono affidate: non a caso i magistrati non sono p. funzionari, ma un potere autonomo. I) In precedenza le norma che stabilivano ipotesi di responsabilità erano quelle del c.p.c. (55 e 74) e limitavano la responsabilità solo a determinati fatti: dolo concussione rifiuto di giustizia. II) Si era discusso se ed in quanto anche la Pubblica Amministrazione rispondesse per l’operato dei magistrati e si disse che quando vi è una limitazione di responsabilità del funzionario, giustificata dalle norme costituzionali, non vi è l’estensione alla Pubblica Amministrazione. Il che significava che al di fuori delle ipotesi esplicitamente previste dal c.p.c. non vi era possibilità alcuna di estensione. III) Dopo il referendum abrogativo il cittadino gode di una maggiore tutela nei confronti dell’amministrazione della giustizia, anche se la domanda comunque è sottoposta ad una sorta di “corsa ad ostacoli”. Nella nuova legge il soggetto passivo è lo Stato e non il magistrato salvo che la di lui condotta non costituisca un reato. Come si vede il modello principale della Costituzione e del T.U. è stato più volte rivisto e modificato nell’ambito della disciplina speciale di taluni settori della Pubblica Amministrazione che prevede che di solito la responsabilità di entrambi vadano di pari passo, ma che non sono incompatibili con talune limitazioni legate soprattutto al corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione: come accade per la responsabilità degli insegnanti e per quella dei magistrati. Insomma il modello lineare della Costituzione ha subito delle deroghe anche dalla stessa legge del 1957 con l’esenzione di responsabilità per colpa lieve (quella per la quale è previsto lo standard massimo di diligenza da adottare). e) controversie. I) tra privato e funzionario: controversia tra privati nella quale si discute della fondatezza del 2043. II) Tra privato e Pubblica Amministrazione: vi sono state delle discussioni tra chi ravvisava una questione di giurisdizione e chi una questione di merito. Nel primo caso era possibile che ci fosse una pronuncia di difetto assoluto di giurisdizione ex art. 37 c.p.c. 9. La responsabilità del pubblico dipendente verso la Pubblica Amministrazione. Una volta affrontato il problema del risarcimento della Pubblica Amministrazione verso i terzi residua comunque una responsabilità dei pubblico dipendente verso l’ente datore di lavoro

comunque presso il quale è incardinato, il quale ultimo, in virtù delle normali regole di diritto civile è in grado di surrogarsi nella posizione del creditore (terzo danneggiato) per chiedere al responsabile del danneggiamento quanto pagato al terzo. Questo profilo responsabilistico è retto da delle disposizioni speciali, quando abbia come parte un soggetto pubblico, in quanto da vita ad un settore specifico delle relazioni tra dipendente ed Amministrazione che ha carattere di specialità. La giurisdizione è speciale in quanto devoluta a quella della Corte dei conti (art. 1032 Cost.). Procedimento ha carattere speciale perché è d’iniziativa del p.m. presso la C.D.C. La responsabilità contabile o per danno erariale ha natura contrattuale, e non extracontrattuale in quanto insorge in seguito a violazione dei doveri inerenti il rapporto di Pubblico impiego, od il rapporto di preposizione o qualunque altro rapporto nel quale la Pubblica Amministrazione si considerata un superiore gerarchico. Essa segue, pertanto le normali regole del diritto civile (rt. 1218 segg. cc., anche se integrate da norme particolari e speciali) a) giudice competente: Corte dei conti, con procedimento di ufficio iniziato dal Pm su segnalazione dei funzionari ed amministratori che abbiano liquidato il danno a terzi. b) Carattere speciale della disciplina: profilo personale della sanzione, intrasmissibilità agli eredi salvo arricchimento indebito per l’operato del funzionario danneggiante (art 1 l. 20/1994, la quale pare abbia implicitamente abrogato l’art 58 l. 1957/3 nella parte in cui decretava l’intrasmissibilità dei debiti agli eredi del funzionario. Inoltre in forza di un innovazione dell’art. 9 D.L. 23 dic. 1995 n. 541 in caso di fatto dannoso compiuto da più funzionari la responsabilità erariale grava in solido solo su coloro che ne abbiano tratto un ingiustificato arricchimento, con conseguente applicazione delle norme ex art 2041 segg. cc c) Prescrizione: da decennale, quale quella tipica delle obbligazioni contrattuale, in 5 anni dalla verificazione del fatto illecito o dalla sua scoperta( art. 1 l. 20/1994), salvo il caso di illecito permanente, nel quale il termine nn prende mai a decorrere. Secondo una parte della giurisprudenza della CDC qualora il fatto costituisse anche reato si applicava anche il termine di prescrizione specificato dall’art. 2947 cc. d) Elementi costitutivi della responsabilità erariale: 1) rapporto di pubblico servizio, ma non anche di impiego: basta la mera collaborazione con la Pubblica Amministrazione, senza necessità di un inquadramento stabile nei ruoli della stessa. 2) Rapporto di incarico: quali i convenzionati, gli appaltatori che siano comunque sotto la sorveglianza e sotto gli ordini stretti della Pubblica Amministrazione, perché anche essi hanno il dovere di salvaguardare il patrimonio della Pubblica Amministrazione, dovere che discende direttamente dall’art 2043 cc. 3) Per quanto riguarda gli enti pubblici economici le regole non cambino quanto a responsabilità contabile, anche se per tutte le controversie con i dipendenti è competente il go. 4) Danno erariale indiretto. Consegue ad un esborso che la Pubblica Amministrazione abbia dovuto compiere per un fatto del quale è responsabile anche il dipendente o funzionario, in tal caso residua ex art 22 L. 1957/3 l’azione di rivalsa nei confronti del dipendente per la cui colpa (anche lieve) la Pubblica Amministrazione sia stata costretta a pagare anche a terzi. 5) Danno erariale allargato: nozione creata dalla giurisprudenza della CDC in forza della quale il dipendente è tenuto non solo per quanto arrecato all’ente di appartenenza, ma anche per i danno occorsi ad altri enti: questo in virtù di una concezione ampliata di “erario”. Danno ambientale come sottospecie di questa prospettiva, in quanto danneggiato è lo stato comunità, quale ente esponenziale per definizione di un interesse diffuso quale quello ambientale. Successivamente lo Stato ha regolamentato con la L. 349/1986, art 18, l’intera fattispecie. 10. la responsabilità disciplinare del pubblico dipendente. 1) Illecito disciplinare consiste nella violazione di obblighi inerenti il rapporto di servizio. Pertanto si verte nell’ipotesi della responsabilità contrattuale. Tuttavia in precedenza si riteneva che stante il rapporto di supremazia speciale della PA il p.d. non vantasse che meri interessi legittimi verso l’amministrazione. L’irrogazione delle sanzioni disciplinari era adottata mediante atti che avevano la natura di provvedimenti amministrativi e che, quindi, andavano impugnati dinanzi al Giudice amministrativo. La disciplina è ricavabile comunque dal T.U. 1957/3. 2) Successivamente con la nuova disciplina offerta dalla legge 1993/29 ha determinato in pratica una contrattualizzazione del rapporto di lavoro con la conseguenza che la Pubblica

Amministrazione ha assunto una posizione “paritetica” nei confronti del lavoratore, con la conseguente applicabilità dell’art. 2106 cc. ed integralmente lo statuto dei lavoratori il quale rimette alla disciplina dei singoli regolamenti la definizione delle infrazioni. La relativa competenza è, quindi, del go. Dato che la Pubblica Amministrazione non è affatto in grado di affievolire i diritti dei pubblici dipendenti, dunque non vengono in considerazioni diritti affievoliti dei quali si chiede la restaurazione conseguente ad una illegittima compressione, bensì dei veri e propri diritti non soggetti ad alcuna forma di condizionamento. 3) D’altro canto questo aspetto processuale non è altro che il riflesso di quanto asserito dall’art. 4 dlgs. 29/1993 secondo il quale nelle materie del rapporto di pubblico impiego la Pubblica Amministrazione agisce con gli stessi diritti ed i medesimi doveri di un datore di lavoro privato.

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