to segreto erfettamente circolare i angolo. Ogni cosa era elle ultime ore della notte e uoveva incerta lungo uno dei mò sottovoce la figura incappucciata. La luce si fermò, poi cominciò a scendere fino ad avvicinarsi al pavimento di marmo che, una volta illuminato, rivelò meravigliosi motivi floreali. La vecchia lampada a olio mostrò i contorni del viso di Haldorr, il bibliotecario di Arcandida. Erano tratti spigolosi, che sottolineavano un’espressione assorta in pensieri lontani. Gli occhi erano scuri e asimmetrici, il naso era talmente adunco che quasi toccava il labbro superiore. Ma il suo sorriso, aperto e gioviale, rasserenava tutto, come il sole che stava per sorgere. Berglind. Scusate se vi ho dorr, alzando alla luce la tratteneva nell’altra mano. fece cadere il cappuccio sulla edere meglio. ai capelli d’argento, gnon che, come un piccolo 14
L’invito s puntaspilli, le adornava la nu passato da tempo i settant’an e liscia, che le difficoltà della segnato. Solo la vista la tradiva, e an permise di leggere l’etichetta Hekta’. – Siete sicuro che questo inchiostro faccia al caso nostro? – domandò l’anziana nobildonna strizzando gli occhi nella speranza di captare qualche lettera.
to segreto stare tranquilla... – la Si tratta di un inchiostro raccolto personalmente alle la brina con cui lo diluisco. mpressionata dalla spiegazione di Haldorr, che spalancava gli occhi per dare maggior enfasi alle sue affermazioni. – Quindi ciò che scriveremo apparirà solo agli occhi del destinatario dell’invito? – chiese la contessa. – Proprio così, impedendo dunque a persone sbagliate di leggere il contenuto del messaggio. – Ottimo! A questo punto direi che è tutto pronto! – Dobbiamo solo avvertire la principessa Nives... La contessa si rabbuiò per un istante. Poi, quasi per scacciare un pensiero, sventolò una mano davanti al viso, sorrise e disse: – Grazie Haldorr, penserò io a meglio, vedrete. D’altronde mente: è giunto il momento rito. terò a preparare gli inviti e anno alle foche messaggere e dei Passaggi e li portino a
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L’invito s – Perfetto. Siete un aiuto p Poi l’anziana donna si rimi e uscì dalla biblioteca. Haldorr rimase solo e si fer Il primo raggio di sole entr della stanza e avvolse la sua m fascio di luce rosata. Lui osservò per qualche istante l’ombra proiettata alle sue spalle e ricordò quanto amava creare figure d’ombra quando era bambino. Quindi sollevò gli occhi verso la grande cupola della biblioteca, tutta dipinta come se portasse con sé altre centinaia di libri e, lassù, Haldorr perse lo sguardo e i pensieri.
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La principessa Nives – Non se ne parla nemmeno, Erla! – ribat sorella, con la sua pera in mano. – Si fa quel Arla ed Erla erano sorelle, ma non si asso per niente. Erla, la più anziana, era alta e magrissima, tanto che bisognava guardarla di fronte per accorgersi del suo passaggio. La più giovane invece era l’esatto contrario: bassa e cicciottella, aveva la stessa forma da qualunque parte la si guardasse. I loro caratteri, però, erano molto simili: cocciute e determinate, erano in perenne disaccordo, pronte a discutere ogni cosa fino all’ultimo dei dettagli.
La principessa Nives che sarà di mele! Sarà di pere, oppure... faceste una con pere e mele? – intervenne una voce alle spalle delle due cuoche. – Principessa Nives, buongiorno! – salutarono in coro, colte un po’ alla sprovvista. La principessa di Arcandida era particolarmente bella, quella mattina. Il suo viso dolce e candido era eccezionalmente luminoso e il suo sguardo o glaciale era calmo e disteso. mbrava aver dormito a lungo e ene. Nives ricambiò il saluto delle due cuoche ed entrò in cucina con un bel sorriso. Indossava un abito piuttosto semplice, ma di una particolare seta preziosa lavorata con la lana. Un abito blu notte che portava con innata grazia ed eleganza, come un fiore porta i uoi petali. Arla ed Erla si scambiarono sguardo d’intesa. Poi Arla, la 20
La principessa Nives più pettegola, commentò: – È un giorno di principessa Nives? – alludendo all’abito non linea con l’etichetta di corte. – Vado al Grande Albero con Gunnar – rispose la principessa con semplicità. A quel pensiero un sorriso veloce le attraversò gli occhi chiarissimi. Adorava correre al galoppo con Gunnar per i ghiacci del suo amato regno. In questa stagione, la più mite dell’anno, Nives si sentiva rifiorire e la cavalcata al Grande Albero era una vera e propria rinascita. Poi, quasi di nascosto, appoggiò le dita affilate sul tavolo della cucina, passandole velocemente sullo zucchero a velo... – Principessa! Non si mettono le dita nello zucchero! – provò a fermarla Erla, con un attimo di ritardo. Ma Nives, con un’occhiata divertita, si era già portata i polpastrelli alle labbra e sporcata di zucchero anche la punta del naso. – Oh! Principessa! – sospirò Arla. – Non imparerete mai! Sentirete la contessa vostra zia! – E chi glielo dirà? – rise Nives. – Voi, for davvero così crudeli da farmi prendere una per un poco di zucchero? 21
La principessa Nives uoche sorrisero rassegnate: non c quanto tutte loro, e la contessa B o di trasmettere a Nives quel po etichetta e di usanze di corte per cercare di f regina degna di tale nome, la ragazza sfuggiv regola e continuava a comportarsi come una pestifera. E dire che ormai non era più una b ma una ragazza nel pieno delle sue energie! – Un’altra cosa, signore... – aggiunse con t dispettoso, saettando tra loro come un fulmi abito da campanula. – Sì, principessa? Volevate dirci qualcosa i particolare... – domandò Arla guardando la – ... a parte il fatto che andrete con Gunna Grande Albero?! – aggiunse Erla completan della sorella con un certo timore. Il Grande Albero era, infatti, un albero mo particolare, decisamente magico, cresciuto e in un giardino segreto, la cui esistenza era no pochissimi fidati della corte di Nives, e che p more e il rispetto delle cose magi ra solo il Grande Albero a intimo nar era motivo di angoscia, il suo sente la intimoriva terribilmente 22
La principessa Nives si fermò sulla porta, fingendo un at one: – No, non ho altro da dirvi, mi – rispose la ragazza con un sorriso do finta di non aver capito il motivo della a. n saprei, sua altezza. Mi sembrava aveste detto cosa, poco fa... – insistette Arla. sicura, Arla? Ultimamente il tuo udito ti gioca cherzi... – la punzecchiò la sorella. certo, Erla! Ho sentito perfettamente... – poi la i zittì di colpo. orridoio si sentì un rumore di passi e, dopo istante, da dietro lo specchio della porta ve l’enorme muso di un lupo bianco. Era un robusto, dalla pelliccia folta e uniforme, con leggera striatura grigia sulla testa e sul collo. a due occhi azzurri grandi e magnetici, che era cuoca, però, sembravano semplicemente osi. Li vedeva affilati e crudeli. Era il più lupo del regno, il capo di tutti i lupi della essa. Era Gunnar. gli sorrise con lo sguardo: – Eccoti diamo, allora! – disse, accarezzando male. – E non litigate troppo, voi du 23
La principessa Nives oi? Ma quando? Non io di certo! Forse té Arla. uriamoci! Sei sempre tu che inizi – replicò Erla, minacciandola con una mela che le puntava dritto in mezzo agli occhi. Nives scosse la testa, divertita e rassegnata. Quelle due non sarebbero mai cambiate, ma la cosa non le dispiaceva affatto: i cambiamenti la disturbavano e preferiva che tutto rimanesse come era sempre stato.
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l Grande Albero ves galoppava sulla schiena di sua folta pelliccia. Aveva indossato o blu, come l’abito che portava, e rande cappuccio che le cadeva sulle spalle. Non aveva freddo. Quel giorno il sole riscaldava intensamente i corpi e i cuori. Il Regno dei Ghiacci Eterni era una pianura immensa, circondata a nord e a est da basse montagne. Alle loro spalle, il castello di Arcandida si ergeva come una grande signora imbiancata. Gunnar correva veloce, sollevando a ogni falcata scaglie di ghiaccio che, verso il mare, aveva cominciato a cedere. Lo strato bianco che ricopriva ogni cosa era più morbido e liquido. Corsero lungo vasti acquitrini, attorno a cui ronzavano fitti sciami di zanzare. Nives ascoltava l’aria, socchiudendo gli occhi nel riverbero del sole. Fecero un grande arco a sud, poi marciarono verso nord, diretti alle montagne. Dopo qualche ora di viaggio, Gunnar si fermò atura nel ghiaccio, quasi nguere tra tutte le altre. Nives si incuneò in quella spaccatura, o stretto passaggio. fatica: il suo corpo massiccio 26
Il Grande Alber passava a malapena nell’apertura di ghiaccio. Dopo soltanto una decina di pass aprì a sorpresa in un’ampia caverna interne erano rivestite dal tappeto verde di un’edera, tempestata dai mille colori dei suoi piccoli fiori. Sotto i loro piedi la grotta era ricoperta da un fitto prato di erba verdissima e morbidissima, che faceva venir voglia
l Grande Albero Era il Giardino d’Inverno, custode odigiosa cresceva nel centro esatto a e maestosa. Tra le sue foglie verdi occhieggiavano gli ultimi fiori e i primi frutti. Non un unico frutto, ma tutti i frutti insieme: ciliegie, mele, pere, susine, banane e tanti altri. Nella caverna c’era molto più caldo che nella pianura circostante. Il sole entrava da un taglio della roccia, proprio sopra la chioma verde del Grande Albero. Il taglio era protetto da uno spesso strato di ghiaccio, che, come una lente, faceva filtrare la sua luce scomponendola in cento diversi arcobaleni. Una volta dentro al giardino, Nives si sfilò le scarpe per sentire l’erba sotto i piedi nudi e si avvicinò lentamente ai rami più bassi dell’albero. Assaporò il profumo dei fiori e guardò con curiosità e meraviglia i frutti che già si affacciavano dai rami più alti. – Buongiorno, principessa – salutò una voce roca e niva da una zona buia della grotta. a statura, piuttosto robusto e con di feltro scuro calato in testa, a, all’improvviso: era Helgi, il
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Il Grande Alber L’uomo aveva una lunga barba bionda molto curata, che contornava due file di denti bianchi e ordinati. Gli occhi erano coperti dalla falda del cappello, ma Nives conosceva molto bene lo sguardo leale e sincero che vi si nascondeva. Le ricordava quello di suo padre e i tempi in cui viveva ancora nel Grande Regno con la sua famiglia e le sue sorelle. – Buongiorno a voi, Helgi – replicò la principessa. Sapeva che il giardiniere era un uomo di poche parole, così anche lei riduceva la conversazione al minimo a volte, basta uno sguardo per capir suo padre. – Il nostro amato albero sembra g salute – disse soddisfatta la principe 29
l Grande Albero mavera... – rispose Helgi Helgi! meno, principessa Nives. È un privilegio servirla, per uno come me. Nessuno, in tutto quanto il Regno dei Ghiacci Eterni, poteva dire davvero chi fosse quel vecchio giardiniere e quale fosse stato il suo passato. Helgi si tolse il cappello, probabilmente rimproverandosi di non averlo fatto prima, e se lo portò al petto con la mano destra. Nella sinistra stringeva un cesto di rami intrecciati, che conteneva soltanto un paio di grandi forbici. – Possiamo già prendere qualche frutto? – domandò Nives timidamente. – L’albero è vostro, principessa – ribatté il giardiniere, con devozione. Nives si voltò verso Gunnar, che capì, si avvicinò e le offrì la schiena per arrampicarsi fino ai primi rami o. e si sollevò, agile come una piccola otò la straordinaria varietà di foglie o: vicino a lei, nella parte più bass limoni e poco più in là, un ramo s 30
Il Grande Alber faceva carico di grandi e succulente Ancora qualche settimana, e sarebb ofumate dei Cinque Regni. Più su ccole pere rossicce ed enormi man L’albero aveva rami forti e la corteccia bianca. Nessuno sapeva se, in qualche luogo remoto del Regno della Fantasia, ce ne fosse uno simile. Ma tutti erano convinti che fosse stato Helgi in persona a portarlo con sé e a piantarlo in quella grotta. Helgi, il silenzioso Helgi. Nives raccolse una pesca dalla buccia vellutata e sorrise. In fondo, ormai, non era nemmeno così importante conoscere la vera storia dell’albero. Era lì, forte e vigoroso, il dono più meraviglioso che il Regno dei Ghiacci Eterni potesse ricevere.
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