Effetto Serra Alla Sbarra

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Gli inuit, i popoli tradizionali del grande Nord, hanno denunciato gli Stati Uniti alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani di Washington, organismo giuridico dell'Organizzazione degli Stati Interamericani, per il massacro culturale e la minaccia fisica alla sopravvivenza dei popoli artici dovuta ai cambiamenti climatici provocati dall'inquinamento industriale. Se non verranno intraprese azioni di taglio alle emissioni dei gas serra, come previsto dal Protocollo di Kyoto, che il governo americano si è “criminalmente” rifiutato di sottoscrivere, le tradizioni ma anche l'ambiente fisico del profondo nord sono destinati a sparire nel corso di un secolo. Lo hanno annunciato alla Conferenza Mondiale sul Clima alcuni rappresentanti, specificando che i pronunciamenti della Commissione costituiscono una vera e propria fonte di diritto, riconosciuta a livello internazionale. In sostanza, i popoli eschimesi chiedono “misure concrete adesso” e “non soldi”, come ha specificato il rappresentante della Conferenza Circompolare Paul Crowley. “Gli Inuit - ha spiegato - non chiedono soldi, ma chiedono che gli Stati Uniti mitighino l'effetto dannoso dei cambiamenti climatici”. Vale a dire, ridurre l'effetto serra che è provocato dall'industria. Per la prima volta (era ora, ndr), un intero popolo ha avuto il coraggio di sottoporre gli Stati Uniti a un giudizio di tipo legale-morale sul loro operato (criminale) nel campo delle politiche ambientali. A quando il processo? Il WWF internazionale con il rapporto "Effetto Serra e Biodiversità Terrestre" ha denunciato che entro la fine del secolo, a causa dell'effetto serra, gli Eschimesi potrebbero essere a rischio di estinzione. Il rapporto del WWF ha messo in luce che, nelle latitudini al Nord di Russia, Canada e Scandinavia, dove si prevede che il riscaldamento sia più rapido, potrebbe andare perduto oltre il 70% degli habitat naturali. Adam Markham, uno dei due autori del rapporto, ha detto che non si tratta di un mutamento lento e controllato; è anzi veloce e senza precedenti nella storia dell'uomo. Se le emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera raddoppieranno nei prossimi cento anni, gli effetti sull'ambiente artico, sulla gente e sugli animali, saranno catastrofici. Le regioni boreali ed artica saranno quelle maggiormente colpite dal riscaldamento. Jaakko Putkonen, dell'Università di Washington, ha scoperto che la pioggia che cade sulla neve alle latitudini settentrionali, in inverno può creare enormi problemi agli animali erbivori, in particolare renne, caribù e buoi muschiati che si nutrono di licheni. Quando l'acqua piovana si infiltra attraverso la neve congela nuovamente e la copertura di ghiaccio impedisce agli animali di accedere al cibo perché si forma uno strato di ghiaccio sulla superficie spesso vari centimetri, che anche una persona non potrebbe forare senza strumenti; quando il ghiaccio non è impenetrabile, le temperature più alte fanno crescere funghi e muffe tossiche tra i licheni, per cui gli erbivori evitano queste zone. Putkonen ha sviluppato un modello secondo il quale tra il 2080 e il 2090 le aree interessate dalla caduta di pioggia durante l'inverno aumenteranno del 40%; se attualmente il fenomeno riguarda le zone costiere, potrebbe presto interessare zone lontane dal mare. Queste previsioni hanno sorpreso non poco gli eschimesi, che negli ultimi tempi nei pressi della baia di Hudson hanno notato che il ghiaccio si è assottigliato e si forma a stagione invernale più inoltrata, causando notevoli problemi agli orsi polari, che usano le spesse lastre di ghiaccio per cacciare le foche e come supporto per il loto ritiro invernale al Nord. Gli inuit (Eschimesi) hanno anche notato nel loro territorio la presenza di orsi grigi e di altri insetti e uccelli che normalmente si trovano più a Sud. (07 dicembre 2005)

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Inuit Accuse US of Destroying Their Way of Life with Global Warming The Independent 09 febbraio 2007

Effetto serra e artico Nel Paese più inquinante del mondo, che si è permesso di non ratificare il Protocollo di Kyoto, la novità è che oggi la Corte Suprema analizza il ricorso di diversi stati della Federazione e di associazioni ecologiste che hanno denunciato formalmente il rifiuto dell'amministrazione Bush di considerare come agenti inquinanti i gas serra, causa del “caos climatico”. Caos e non «cambiamento», come ci ricorda l'ambientalista Wolfgang Sachs del tedesco Wupperthal Institute, perché «cambiamento è una bella parola, e perfino riscaldamento potrebbe sembrarlo, in certi climi. Invece, è proprio il caos». Come si sa, diversi stati e amministrazioni locali si sono da tempo dissociati dal presidente Bush e dalle sue lobby per impegnarsi a ridurre le emissioni di anidride carbonica (ad esempio, meno 25% entro il 2020 in California, nemmeno un grande sforzo visto il livello di spreco). Come spiega il New York Times, che l'amministrazione Bush sostenga di non avere il potere necessario a ridurre gli impatti delle attività umane sul clima ordinando limiti alle emissioni non è credibile: visto che è in corso un piano di sei anni per espandere appunto i poteri presidenziali, anche oltre quanto permette la Costituzione. Ed è proprio questo che i difensori presidenziali diranno oggi alla Corte Suprema. Sono dodici gli stati - fra questi New York e Massachusetts - che trascinano in giudizio per inadempienza in atti d'ufficio la Environmental Protection Agency, organismo governativo che «da 35 anni protegge la salute umana e l'ambiente», come recita ilo suo sito, che alla voce «inquinamento atmosferico» riporta una enorme sfilza di interventi di riduzione sì, ma non delle emissioni climalteranti bensì di quelle che inquinano l'atmosfera. Appoggiati da ambientalisti e scienziati, i dodici stati sostengono che il Clean Air Act (la legge che si riferisce all'inquinamento atmosferico) ordina all'EPA di imporre limiti all'anidride carbonica e altri gas climalteranti emessi dalle automobili di nuova fabbricazione. L'Amministrazione Bush sostiene che quei gas non sono inquinanti atmosferici sulla base del Clean Air Act. E che comunque, gli stati non hanno diritto di ricorre perché perché non possono dimostrare che sarebbero danneggiati in modo specifico dal fatto che l'EPA non porrebbe limitazioni ai gas serra. A ben leggere il Clean Air Act, però, l'Agenzia governativa è inadempiente. La legge infatti dice che l'EPA «fisserà» gli standard per «ogni tipo di inquinante atmosferico» tale da provocare (o contribuire a provocare), a giudizio dell'Agenzia, un inquinamento atmosferico del quale «si possa ragionevolmente prevedere che metta in pericolo la salute o il benessere». La parola «benessere», dice la legge, comprende il «clima» e il «tempo atmosferico». L'EPA tira fuori una sfilza di argomenti speciosi cercando di dimostrare che il significato della legge è diverso da quel che viene espressamente detto nel testo. E perché sostiene questo? In parte perché «c'è troppa incertezza scientifica» (!) sull'effetto serra antropico per preoccuparsene. Anche l'altro cavillo tirato in ballo dall'amministrazione Bush, e cioè l'irricevibilità del ricorso degli stati in quanto non sarebbero parti lese, è speciosissimo: fa finta di dimenticare che le istituzioni hanno un interesse a proteggere l'ambiente e i cittadini da inondazioni e altri tipi di danni riconducibili al clima impazzito. Gli scienziati del clima, del Goddard Institute for Space Studies della Nasa, basato alla Stanford University, insieme ad altre prestigiose istituzioni, anche in questo frangente giuridico avvertono: «L'evidenza scientifica dei rischi e dell'irreversibilità del cambiamento climatico sono un argomento abbastanza convincente da indurre a un'azione di controllo urgente». La Corte Suprema USA può giocare dunque oggi un ruolo di grande importanza nella difesa del pianeta. Basterebbe che faccia una cosa: stabilire che l'EPA deve iniziare a rispettare la legge. (Pubblicato su Ecplanet 28-12-2006)

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Climate Change Case to Justices LA Times 27 giugno 2006

Massachusetts v. Environmental Protection Agency - Wikipedia La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che l'Agenzia Nazionale di Protezione dell'Ambiente (EPA) e l'amministrazione Bush avevano torto nel rifiutare di considerare inquinanti i gas serra (responsabili del riscaldamento globale). Su iniziativa del Massachusetts, una decina di Stati, diverse grandi città e una serie di associazioni ecologiste, avevano portato in tribunale l'EPA per costringere l'amministrazione Bush ad adottare una politica ecologica, in particolare per regolare le emissioni di quattro gas a effetto serra, tra cui il CO2, prodotti dalle automobili nuove. “Dato che i gas a effetto serra entrano nella definizione legale di gas che inquinano l'atmosfera, riteniamo che l'EPA abbia l'autorità legale per regolare le emissioni di tali gas prodotte dalle automobili nuove”, ha risposto la più alta Corte della nazione, in una verdetto emesso con 5 voti a favore e 4 contrari. “I pericoli associati al cambiamento climatico sono gravi e largamente ammessi”, ha aggiunto il giudice Paul Stevens nel motivare la decisione. “Prenderemo in seria considerazione la decisione della Corte suprema”, ha detto Bush ai giornalisti, “riconosco che l'uomo ha contribuito all'effetto serra”. Ma poi ha aggiunto: “Mi preoccupo della crescita economica. Non soltanto della gente che lavora, ma anche perché per risolvere il problema dei gas serra sul lungo periodo servono nuove tecnologie e queste tendenzialmente sono molto costose”. Dunque, per Bush la crescita economica è più importante della sopravvivenza del pianeta. Ma senza un pianeta in salute, quale crescita economica sarà mai possibile? Dall'Europa, che ha aperto ieri i lavori della cinque giorni di studi sul riscaldamento globale, è partita un'altra dura offensiva contro gli Stati Uniti e l'Australia, i grandi inquinatori, che continuano a dimostrare «un'attitudine negativa» (sarebbe meglio dire “criminale”, ndr) nei confronti della lotta all'effetto serra (i due paesi si sono concessi il lusso di non firmare il protocollo di Kyoto, l'accordo entrato in vigore due anni fa con l'obiettivo di ridurre di almeno il 5,2% le emissioni inquinanti entro il 2012 rispetto ai livelli del 1990, perché si preoccupano solo della propria crescita economica). «Ci aspettiamo che gli americani cooperino di più - ha detto il commissario UU per l'Ambiente, il greco Stavros Dimas - è assolutamente necessario che si muovano, e subito». Non bastano le previsioni catastrofiche che emergono dalla bozza del testo su cui a Bruxelles si stanno consultando 285 delegati di 124 paesi. Inutile sembra anche la profezia di un mondo che fra quarant'anni rischia di non saper come dar da mangiare e da bere a centinaia i milioni di persone. Se anche Washington, responsabile per il 36,1% delle emissioni planetarie, non sale a bordo del treno di Kyoto, lo sforzo degli altri si rivelerà improduttivo. «Il New England da solo sottolinea una fonte della Commissione - sprigiona la stessa quantità di biossido di carbonio della Germania».

Rajendra Pachauri, l'indiano che presiede l'IPCC - il pannello intergovernativo sul cambiamento climatico costituito sotto l'egida delle Nazioni Unite - non riesce a farsene una ragione. «Da un punto di vista umano spiega - la situazione è assolutamente critica». Il testo di lavoro sul tavolo degli esperti di Bruxelles, la cui pubblicazione è attesa per venerdì, parla di «rifugiati ambientali», gente che sarà costretta a migrare per evitare carestie e inondazioni, e di guerre ecologiche provocate dalle drammatiche condizioni di vita causate dal mutamento delle stagioni. L'Europa si sente, sinora, come la prima della classe. Dimas ricorda che l'impegno preso in marzo dai governi UE per una riduzione del 20% delle emissioni entro il 2020 è stato stimolato anche dalla brutalità dei contenuti del rapporto diffuso in marzo dall'IPCC. I Ventisette non possono però farcela senza che lo sforzo sia generalizzato. Jean-Marc Jancovici, consigliere strategico del governo francese, sostiene che la via più rapida sia l'uso della leva fiscale. «Bisogna aumentare del 5-10% l'anno il prezzo dell'energia per i consumatori - è la sua ricetta - e con i ricavati lo stato potrà sovvenzionare la ricerca e le nuove infrastrutture che occorrono per imbrigliare l’effetto serra». A mali estremi, estremi rimedi. Non ci sono alternative. La catastrofe climatica non è futura, è già adesso. Firmare, e rispettare, il protocollo di Kyoto, non può essere considerata un'opzione, specie per quei paesi che sono tra i maggiori responsabili dell'inquinamento. Deve essere un obbligo. (Pubblicato su Ecplanet 07-04-2007) LINKS

Supreme Court Rejects Bush in Global Warming Debate ABC 02 aprile 2007 Humans blamed for climate change BBC News 02 febbraio 2007 La American Eelectric Power (AEP), la più grande società elettrica degli Stati Uniti, ha patteggiato con l'Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA), accettando di investire 4,6 miliardi di dollari in nuove infrastrutture atte a ridurre le emissioni di anidride solforosa del 79% e degli ossidi di azoto del 69%. L'accordo è stato raggiunto otto anni dopo che il Dipartimento di Giustizia aveva fatto causa alla AEP e a sei altre compagnie perché avevano rilasciato, illegalmente, massicce dosi di inquinanti per anni. “Quando i bambini non possono respirare per l'inquinamento di una centrale che si trova a centinaia di miglia, qualcosa deve essere fatto” ha dichiarato il Pubblico Ministero. “L'accordo non solo abbatterà le sostanze inquinanti nell'atmosfera”, scrive il Christian Science Monitor, “ma permetterà di sciogliere i nodi legali che hanno impedito ad altre grandi aziende di accettare simili compromessi per la riduzione delle emissioni inquinanti”. Secondo l'avvocatessa Lynn Bergeson, “quando si raggiungono dei traguardi di questa portata, le società elettriche citate in giudizio sono incoraggiate ad adottare atteggiamenti più morbidi”. Il New York Times ha definito l'accordo una “vittoria per l'ex amministrazione del presidente Bill Clinton - che ha dato il via all'azione legale - e per milioni di persone che sono state costrette a respirare aria sporca”. Si tratta, tuttavia, di una “vittoria temporanea”, perché l'amministrazione Bush sta cercando di indebolire il “Clean Air Act”, la legge grazie a cui l'EPA ha potuto citare in giudizio l'AEP. “L'ultimo attacco - scrive il quotidiano di New York - è la proposta di inserire una clausola che permetterebbe alle aziende di non dover aumentare i controlli sulle emissioni inquinanti nel caso in cui, dopo dei lavori di ingrandimento, non aumentasse la quantità oraria di emissioni, anche se questi lavori permetteranno all'impianto di lavorare a pieno regime per un numero maggiore di ore al giorno”.

Il Los Angeles Times prende in esame un'altra pericolosa fonte di inquinamento atmosferico: i gas derivanti dall'allevamento di bestiame: “Il dibattito sulle emissioni nocive si concentra sull'anidride carbonica e sui carburanti fossili. Ma ci dimentichiamo che gli animali come le mucche producono grandi quantità di metano e protossido di azoto, due gas serra ancora più pericolosi”. (Pubblicato su Ecplanet 26-10-2007) LINKS

American Electric Power Settles with EPA for $4.6 Billion 13 ottobre 2007 AEP - American Electric Power US Environmental Protection Agency Arnold Schwarznegger, detto “Schwarzy”, oggi governatore della California, ha recentemente presentato un ricorso contro l'Agenzia per l'Ambiente (EPA) invocando l'approvazione di leggi che riducano le emissioni di gas inquinanti. Lo Stato della California, insieme ad altri quattordici Stati, ha presentato a Washington un ricorso contro l'EPA (Environmental Protection Agency), l'agenzia federale per la protezione ambientale, accusata di non voler prendere una decisione sul programma californiano di lotta all'effetto serra, con limiti più severi per le emissioni delle auto e dei camion leggeri. Schwarzy ha ribadito: “Vogliamo fare un altro grande passo nella battaglia contro il riscaldamento globale. La nostra salute e l'ambiente sono troppo importanti per rimandare ancora. È venuto il momento di muoversi”. Per entrare in vigore, le regole decise dallo Stato - che rendono obbligatoria una riduzione del 30% delle emissioni dei veicoli da qui al 2016 - devono ricevere una deroga dalla stessa EPA, in quanto più restrittive rispetto a quelle federali. Un provvedimento, quello di Schwarzenegger, contestato dall'industria dell'auto, che ha a sua volta presentato una serie di ricorsi. Anche perché i quindici Stati che hanno adottato, o hanno intenzione di adottare, le regole sulla riduzione delle emissioni, rappresentano circa il 40% del mercato americano dell'auto. Le misure, che prevedono l'inizio dei tagli già dal 2008, bloccherebbero la vendita delle autovetture che non rispettano i parametri. Nel ricorso, l'EPA è accusata di aver ritardato l'approvazione della legge e di "aver ignorato il diritto dello Stato a imporre delle norme più rigide", ha spiegato il ministro democratico della Giustizia della California, Edmund Brown, nel corso di una conferenza stampa alla quale ha partecipato anche Schwarzenegger (repubblicano come il presidente George W. Bush, dal quale l'EPA dipende), che ha ricordato di aver già sollecitato una risposta alle sue richieste due volte nel 2006. È la prima volta che uno Stato americano si impegna a rispettare il protocollo di Kyoto, respinto da Bush. La California, grande più o meno quanto l'Italia, registra circa 32 milioni veicoli immatricolati e vanta una lunga storia di conflitti con i grandi gruppi automobilistici dai quali è uscita spesso vincitrice. Riuscendo a imporre, fin dagli anni Settanta, norme anti-emissioni, come ad esempio l'adozione di carburanti senza piombo e dei catalizzatori. (Pubblicato su Ecplanet 13-12-2007) LINKS

California sues US over car fumes BBC News 09 novembre 2007

US Environmental Protection Agency

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