LETTERA AI FILIPPESI
Paolo l’esteta
L
a Lettera ai Filippesi si snoda in un’atmosfera di serenità e letizia che lascia trasparire in Paolo l’incontro tra l’ideale della bellezza proposto dall’estetica della classicità greca con la novità del messaggio del Vangelo. Destinatario di questo messaggio è il mondo ellenistico-romano pervaso dal pensiero e dagli ideali di una filosofia protesa alla ricerca di un ordine e di un’armonia che dall’universo si estendono all’uomo, come espressione della “bellezza” che tutto abbraccia e unifica.
S
e ne avverte l’eco nelle parole che l’Apostolo rivolge ai cristiani della città di Filippi: «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato... tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8). Ma, accanto all’ideale ellenistico del Kalón kai Agathón (“Bellezza e Bontà”), la predicazione di Paolo colloca la bellezza “informe” della Croce e del volto “sfigurato” del Crocifisso.
Interventi di Gianfranco Ravasi Giuseppe Pulcinelli Primo Gironi Angelo Colacrai Vladan Tatalovic Paolo Ricca Salvatore Piga
L’
inno cristologico, racchiuso in Fil 2,6-11, se da una parte è una sfida all’estetica della classicità - come pure a quella di ogni altra cultura -, dall’altra offre un nuovo canone di “bellezza”, che trova nella drammaticità della kénosis (in greco, “abbassamento/svuotamento di sé”) del Figlio di Dio l’immagine più significativa. Quello che l’uomo greco aveva tentato invano di raggiungere “innalzandosi” fino alla divinità, Cristo lo ha raggiunto “abbassandosi” fino al limite della condizione umana debole e informe, trasformandola nella “forma/morphé” della sua bellezza divina. 129