Chimica Dei Materiali Ii - I & Iii Modulo - Materiali Biocompatibili

  • November 2019
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14. Ceramici biocompatibili

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14.1 Materiali inorganici biogeni I materiali biogeni, cioè quelli costruiti da organismi viventi, sono, in generale, costituiti da minerali inorganici combinati con polimeri organici. Una particolare famiglia di biomateriali è quella dei biominerali. L’aspetto più rilevante è che questi materiali, pur avendo una semplice struttura inorganica, si presentano altamente ingegnerizzati, cioè con particolari forme, dimensioni, orientazioni, ecc. I biominerali, proprio per le loro caratteristiche, sono oggetto di grande interesse da parte di chimici e scienziati dei materiali. Materiali inorganici innovativi possono essere ottenuti concentrandosi sullo studio di nuovi materiali con nuove strutture, e quindi nuove proprietà, oppure migliorando l’abilità nel fabbricare materiali già noti; quest’ultimo approccio può trovare grande giovamento dalla comprensione dei meccanismi che la natura utilizza. Di seguito è riportata una serie d’esempi che illustrano come alcune sostanze siano largamente diffuse nel mondo naturale e come possono essere adattate a svolgere i compiti più diversi. Carbonato di Calcio: Il carbonato di calcio (CaCO3), nelle sue varie forme cristalline, svolge sia funzioni di carattere strutturale (es.: esoscheletro), sia funzioni più particolari quali, ad esempio, l’uso di piccolo cristalli come dispositivi inerziali (sensibili alle accelerazioni) nell’apparato uditivo. Anche i trilobiti usarono tale materiale nella forma di singoli cristalli in struttura esagonale compatta nel loro apparato visivo. Forme amorfe di carbonato di calcio possono essere utilizzate come riserve di calcio. Fosfato di Calcio: questo minerale è spesso utilizzato nelle ossa e nei denti. Ossidi di Ferro: una classe di batteri presenta delle piccole inclusioni di magnetite (Fe3O4) in forma cristallina; questo permette loro di rimanere allineati con il campo magnetico terrestre. Batteri che vivono nell’emisfero Nord presentano le stesse inclusioni, ma orientate in senso opposto, di quelli che vivono nell’emisfero Sud. Alcuni molluschi hanno denti che contengono goetite (α-FeOOH) e lepidocricite (β-FeOOH) e alcuni addirittura magnetite, che rende i loro denti magnetici. Solfuri di Ferro: recentemente è stato scoperto che alcuni batteri sono in grado di sintetizzare cristalli ferromagnetici di Fe3S4 (greigite) disponendoli a formare una catena. Silice: differentemente dagli altri solidi descritti, la silice si trova sempre depositata in forma amorfa. Il suo maggiore utilizzo si trova nella sintesi di 2

esoscheletri di organismi unicellulari ed è presente nelle spine di molti vegetali. L’utilizzo di una forma amorfa invece che cristallina può essere dovuto alla possibilità di modellare facilmente la struttura e di adattarla a nuove esigenze senza degradare le proprietà di resistenza. Come esempio si può considerare il caso della Stephanoeca diplocostata Ellis, un organismo unicellulare; questa è costituita esteriormente da un “cesto” formato da piccole strisce curve di silice di struttura tipo gel disordinata. La saldatura di nuove strisce di silice alla struttura esistente avviene per mezzo di una “colla” costituita da materiale organico e silice la quale provvede a rafforzare la giunzione. Un aspetto però ancora da chiarire è come queste bacchette di silice possono essere fabbricate in una forma allungata e curva. 14.2 Classificazione dei ceramici biocompatibili I materiali ceramici hanno importanti applicazioni biomediche soprattutto in ortopedia e dentistica. I materiali ceramici per ortopedia e dentistica presentano il vantaggio di una analogia chimica con il materiale dentale naturale. Nel caso di applicazioni in ortopedia è richiesto anche che il materiale possegga proprietà meccaniche adeguate, in particolare che supporti stress compressivi e tensili. I bioceramici sono stati classificati in tre grandi gruppi in funzione delle loro proprietà, Tabella 14.1. Tabella 14.1 – Categorie di ceramici biocompatibili categoria

esempio

inerti

allumina, zirconia

bioreattivi idrossiapatite, biovetro riassorbibili

Ca3(PO4)2

La classificazione si riferisce sostanzialmente alla reattività chimica con l’ambiente fisiologico circostante (in vivo). Bioceramici relativamente inerti, come l’allumina, Al2O3, tendono a mostrare bassi livelli di reattività. Questi sono misurati in tempo di stabilità chimica; per Al2O3 questa è dell’ordine di 104 giorni (oltre 250 anni). I bioceramici bioreattivi, come il biovetro, presentano un livello molto più elevato di reattività, con picchi di reattività dell’ordine di 100 giorni. Infine i bioceramici riassorbibili, come il trifosfato di calcio, hanno livelli di reattività che mostrano un valore massimo dell’ordine di una decina di giorni, Figura 14.1. I ceramici bioreattivi sono materiali in gradeo di stabilire un legame chimico con i tessuti ossei. Gli impianti si 3

fissano direttamente al tessuto osseo, senza interposizione di tessuto fibroso. Questo comportamento è comune ad alcuni vetri, ad alcuni ceramici calciofosfatici, e a vetro-ceramici. Le proprietà meccaniche dei ceramici bioreattivi non consentono la costruzione di componenti strutturali, per cui questi materiali sono impiegati in strutture porose per guidare i processi riparativi del tessuto osseo, come il riempimento di difetti ossei, o come riporti osteoconduttori applicati via plasma spray o per elettroforesi su componenti metallici, per consentirne la stabilizzazione sul sito di impianto.

Figura 14.1 – Andamento della reattività di bioceramici in funzione del tempo in ambiente fisiologico Uno dei primi esempi di bioceramici utilizzati con successo in medicina è quello del trifosfato di calcio Ca3(PO4)2 e risale al 1920. A quest’epoca è stato dimostrato che il tempo medio per riparare tessuti ossei in conigli era accelerato del 30% impiantando questa sostanza. Va però notato che non tutti i sali di calcio portano a un risultato positivo. Ad esempio, l’idrossido di Ca, Ca(OH)2, tende a stimolare la formazione di ossa immature. L’era moderna dei bioceramici viene fatta risalire al 1963 quando protesi ossee sono state preparate con un composto noto come Cerosium formato da un alluminato ceramico impregnato con una resina epossidica. La porosità del ceramico era pari a quella delle ossa naturali, circa il 48%, in modo da riprodurre proprietà fisiche vicine a quelle delle ossa. Il calcio trifosfato rappresenta l’esempio prinicipale di bioceramico riassorbibile, ma i ceramici studiati negli anni ’60 puntavano alla messa a 4

punto di ceramici inerti. E’ solo verso i primi anni ’70 che sono stati messi a punto ceramici reattivi in superficie, come il biovetro. Il biovetro consiste essenzialmente di un materiale vetroso studiato per aderire direttamente alle ossa; è costituito da silice reattiva, ossido di calcio e gruppi fosfato in ambiente di pH alcalino. Una composizione tipica è 45% in peso SiO2, 24.5% CaO, 24.5% Na2O, e 6% P2O5. L’uso di questi materiali in ortopedia è abbastanza limitato a causa della lenta cinetica delle reazioni superficiali e al corrispondente lento sviluppo dei legami all’interfaccia. Per fare un esempio, prima che la forza dell’interfaccia di un biovetro raggiunga quella del tradizionale poli-metil-metacrilato (PMMA), che fa presa in circa 10 minuti, ci vogliono 6 mesi. I biovetri però hanno trovato applicazione in dentistica e nella chirurgia dell’orecchio, Figura 14.2.

Figura 14.2 – Rappresentazione dell’utilizzo di biovetro come protesi per la trasmissione del suono a contatto con la membrana del timpano 14.3 Proprietà meccaniche e biocompatibilità E’ utile definire quali sono le proprietà meccaniche dei bioceramici utilizzando alcuni parametri, come il modulo elastico di Young, E, la resistenza alla trazione (tensile strength, TS), o infine la duttilità, definita come la percentuale di elongazione al punto di frattura. Di seguito riportiamo alcuni valori per materiali utilizzati in ortopedia o dentistica, Tabella 14.2.

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Tabella 14.2 – Proprietà meccaniche di alcuni materiali biocompatibili Materiale

E (GPa) TS (MPa) duttilità

Ti-6Al-4V (lega)

110

895

10

Lega di oro per dentistica

-

350

30

Allumina

380

-

-

Polietilene

0.5

35

350

Ossa

20

150

1.5

Collagene

1.3

75

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I materiali che si vogliono utilizzare per rimpiazzare quelli naturali devono tendere il più possibile a questi valori. L’altro aspetto essenziale è quello della biocompatibilità, ossia della compatibilità a lungo termine con liquidi fisiologici. Modifiche che possano occorrere nell’impianto o attorno ad esso non devono essere pericolose dal punto di vista fisiologico. Il biomateriale non deve rilasciare ioni tossici, neppure gradualmente nel tempo, o quanto meno questi ioni non devono accumularsi in punti in cui produrrebbero una risposta immunologica. Da un punto di vista biomeccanico, un impianto non deve perturbare la distribuzione degli sforzi nei tessuti adiacenti. Quindi la ricerca è orientata alla messa a punto di materiali che risultino “invisibili” ai sensori chimici del sistema immunitario. Meglio ancora se il materiale risulta “attraente” per la fisiologia dell’organismo. Il recente successo degli impianti basati su idrossiapatite è dovuto alla analogia col minerale osseo e alla conseguente integrazione una volta impiantato nello scheletro. 14.4 Materiali biologici Idrossiapatite - L’idrossiapatite ha formula Ca10(PO4)6(OH)2, ed è il componente primario delle ossa e delle cartilagini calcificate, rappresentando il 43% in peso dei tessuti ossei. Ha importanti caratteristiche fisico-chimiche quali la stabilità, l’inerzia, e la biocompatibilità. Il modulo elastico della idrossiapatite è due ordini di grandezza più grande di quella del collagene, il componente polimerico primario delle ossa. Collagene - Il collagene, una proteina polimerica naturale, è il materiale strutturale più importante nei vertebrati. Costituisce il 36% delle ossa, 6

essendo il secondo componente in peso dopo l’idrossiapatite. Vari tipi di collagene si distinguono per le diverse distribuzioni di amminoacidi nelle catene polimeriche. Nel collagene sono presenti intrecci molecolari che possono essere intramolecolari tra due o tre polipeptidi nella catena o inter-molecolari. Una certa abbondanza di questi intrecci nei tendini e nei legamenti portano un comportamento meccanico relativamente rigido. La pelle, al contrario, è altamente viscoelastica, con comportamento meccanico simile a quello della gomma. La Figura 14.3 mostra il diverso comportamento meccanico di tendini, legamenti e della pelle. E’ interessante notare che l’invecchiamento della pelle è il risultato dei continui intrecci molecolari che riducono la deformabilità e l’elasticità. Dentina - La dentina è la parte interna dei denti ed è una sostanza più mineralizzata delle ossa essendo composta per circa l’80% da idrossiapatite in una matrice organica che forma il restante 20%. Circa il 90% di questa matrice organica è collagene. A causa dell’elevato contenuto di idrossiapatite, la dentina è un materiale relativamente fragile. Chitina - Dopo il collagene, la chitina è il secondo componente in termini di abbondanza nei tessuti connettivi nel mondo animale. La chitina è simile chimicamente alla cellulosa e possiede una struttura lamellare simile a quella del legno o delle ossa. Il suo componente inorganico è l’aragonite (la forma ortorombica di CaCO3).

T

L

sforzo

P

Deformazione [%] Figura 14.3 – Curve sforzo-deformazione per tendini (T), legamenti (L) e pelle (P) 7

14.5 Bioceramici: classificazione per composizione 14.5.1 Ceramici basati su Al2O3 Ceramici a base di allumina sono utilizzati per chirurgia ortopedica, nelle protesi dell’anca e del ginocchio, e in odontoiatria in otturazioni dentali. Un uso così vasto è dovuto alla combinazione di una buona resistenza meccanica, una buona biocompatibilità, una forte resistenza all’usura, e una eccellente resistenza alla corrosione. Oltre alle allumine sinterizzate policristalline, alcune applicazioni odontoiatriche sono basate su zaffiro a cristallo singolo. Per assicurare la massima resistenza alla frattura, il trattamento del materiale è cruciale. La dimensione dei grani deve mantenersi al di sotto dei 4 µm e la purezza chimica deve essere maggiore del 99.7%. Si calcola che a tutt’oggi siano state impiantate nel mondo più di due milioni di articolazioni in allumina. 14.5.2 Ceramici basati su ZrO2 La zirconia, ZrO2, è divenuta una valida alternativa all’allumina come ceramico con proprietà strutturali per via della sua elevata resistenza alla frattura. La zirconia possiede infatti uno dei più elevati coefficienti di frattura per ceramici monolitici. Per questa ragione teste femorali in zirconia si sono rivelate particolarmente resistenti. Anche dal punto di vista dell’attrito la zirconia si è dimostrata superiore all’allumina. Sono state effettuate oltre 500.000 protesi in zirconia. 14.5.3 Ossidi semplici Molti ossidi sono stati utilizzati a livello sperimentale come bioceramici, in particolare in miscela: CaO ⋅ Al2O3, CaO ⋅ TiO2, CaO ⋅ ZrO2, come impianti porosi e non-porosi nei muscoli e nei tessuti connettivi. E’ però risultato che l’allumina pura ha un comportamento e una affidabilità superirori. 14.5.4 Idrossiapatite E’ curioso che un così ovvio candidato come biomateriale come l’idrossiapatite non sia stato considerato seriamente per molti anni. Come detto in precedenza, l’idrossiapatite, Ca10(PO4)6(OH)2, è il componente principale delle ossa. Ha le intrinseche proprietà di essere stabile, inerte e biocompatibile. La relativamente bassa durezza e resistenza dell’idrossiapatite hanno fatto sì che abbia suscitato poco interesse, almeno in forma di materiale massivo. Le cose sono cambiate completamente 8

quando si è cominciato ad usarla in forma di film sottile. Un rivestimento sottile di questo materiale bioreattivo è risultato infatti di grande interesse in numerose protesi, in primo luogo per la sostituzione totale dell’articolazione dell’anca. I rivestimenti sono effettuati mediante plasma spray su leghe (ad esempio Ti-6Al-4V). Ottime prestazioni sono state ottenute con film di spessore di circa 25-30 micrometri. La forza dell’interfaccia tra la protesi e l’osso è di 5-7 volte superiore che nel caso di protesi non rivestita. Lo sviluppo di questa interfaccia è dovuta alla mineralizzazione dell’osso direttamente alla superficie dell’idrossiapatite, senza necessità di strati di tessuto fibroso. Il successo di questa tecnica ha portato a un uso generalizzato dell’idrossiapatite come rivestimento di protesi dell’anca, Figura 14.4.

Figura 14.4 – Parte superiore di protesi dell’anca in lega di titanio rivestita di idrossiapatite. Un altro utilizzo di successo dell’idrossiapatite è nella messa a punto di biomateriali compositi dove la componente ceramica è a base di idrossiapatite e fosfato tricalcico mentre quella organica è costituita da collagene. In questo modo si ottiene un materiale di composizione assai simile a quella delle ossa. Questi materiali compositi hanno mostrato eccellenti risultati per impianti su tessuto osseo. Immagini di microscopia a 9

scansione a effetto tunnel (STM) hanno mostrato una estesa infiltrazione del nuovo tessuto osseo direttamente all’interno del ceramico. 14.5.5 Fosfato tricalcico Abbiamo detto in precedenza che questa sostanza inorganica, Ca3(PO4)2, è stata una delle prime ad essere utilizzate in campo biomedicale. Oggi il fosfato tricalcico, anche indicato come TCP, resta uno dei materiali migliori nella categoria dei ceramici riassorbibili. Viene usato in combinazione con l’idrossiapatite come descritto sopra. 14.5.6 Silicati e vetri Come noto i silicati sono abbondanti in natura, e silicati e vetri hanno numerose applicazioni industriali. Le specifiche necessità in campo biomedico però ne limitano l’utilizzo come biomateriali. I silicati cristallini hanno trovato pochissime applicazioni in questo campo; più interessanti sono invece le applicazioni basate su silicati vetrosi, in particolare nel campo dei biovetri, i materiali più classici nel gruppo dei materiali bioreattivi o bioattivi. E’ stato dimostrato che questi materiali possono legarsi ai tessuti ossei e in alcune condizioni anche ai tessuti molli. I materiali bioreattivi modificano la propria composizione e struttura superficiale come conseguenza dell’innesto, formando uno strato di idrossicarbonato apatite (HCA) che fornisce una interfaccia con cui legarsi ai tessuti. La composizione chimica simile della fase minerale delle ossa e dell’HCA spiega la buona adesione che si viene a creare. La composizione tipica della silice bioreattiva è la seguente: 45% SiO2, 24.5% CaO, 24.5% Na2O, e 6% P2O5. Rispetto ai vetri tradizionali è da notare l’elevato contenuto di ossido di fosforo, P2O5, un componente che ha un ruolo cruciale nella bioattività. In generale, anche il rapporto tra CaO e P2O5 deve essere ben controllato, e i risultati migliori sono stati ottenuti con rapporti di 5:1 tra questi due ossidi. I vetri bioattivi sono utilizzati soprattutto in dentistica e alcune applicazioni mediche. 14.5.7 Vetro-ceramici La distinzione tra materiali ceramici e vetri sta essenzialmente nella cristallinità dei ceramici raffrontata alla natura amorfa dei vetri. Una forma sofisticata di ceramici cristallini sono i vetro-ceramici che sono prodotti come normali materiali vetrosi ma trasformati poi in forma cristallina attraverso accurati trattamenti termici. Il vantaggio della iniziale fase vetrosa è che il manufatto può essere formato in forme complesse e precise in modo economico mediante tecnologie convenzionali del vetro. La successiva 10

cristallizzazione produce una microstruttura finale con grani molto fini e poca o nessuna porosità. Questo produce delle ottime proprietà meccaniche nel materiale risultante. I vetro-ceramici per applicazioni biomediche hanno composizioni simili a quelle dei biovetri. Vetro-ceramici a base di silice con basso contenuto di metalli alcalini sono stati usati a lungo per innesti chirurgici. Va notato che la composizione sia dei biovetri che dei vetro-ceramici è molto importante: piccole aggiunte di componenti come Al2O3 o TiO2 possono inibire il legame con il tessuto osseo. 14.6 Bioceramici: classificazione per applicazione 14.6.1 Applicazioni ortopediche La principale applicazione in campo ortopedico è la sostituzione della articolazione dell’anca che viene effettuata con successo in un gran numero di casi, Figura 14.5. Le sollecitazioni sulla struttura di una protesi di anca possono arrivare ad essere 5-6 volte il peso corporeo. Occorre inoltre tenere conto della fatica della struttura a seguito del ciclo del passo. La protesi di anca è costituita da uno stelo metallico che può essere in lega di titanio, cromo, in acciaio, ecc. infisso nella diafisi femorale a cui è fissata una testina sferica. Il giunto articolare è in polietilene mentre materiali bioreattivi vengono utilizzati per il rivestimento e la stabilizzazione dei componenti nei siti di impianto. Uno dei problemi è costituito dal rilascio di piccoli detriti derivanti dall’usura del giunto protesico. Per questo motivo grande attenzione è stata attribuita alle proprietà di attrito e frizione dei materiali utilizzati.

Figura 14.5 – Rappresentazione schematica della sostituzione totale dell’articolazione dell’anca. Nelle operazioni senza cementazione la parte 11

superiore della testa del femore è ricoperto con uno strato sottile di idrossiapatite. 14.6.2 Riparazioni ossee e fratture Difetti ossei estesi sono rappresentati da cavità di dimensioni dell’ordine del centimetro nello scheletro. Storicamente questi difetti sono stati riparati prelevando tessuto osseo da un’altra parte del corpo dello stesso individuo o da donatori esterni. Entrambi i processi comportano problemi. Recentemente sono stati riportati esempi di utilizzo di bioceramici per questo utilizzo. Uno di questi si basa su idrossiapatite e fosfato tricalcico; una alternativa è rappresentata da irdossiapatite corallina ottenuta dal corallo mediante un processo termochimico che converte il carbonato di calcio prodotto dall’organismo marino in fosfato di calcio (idrossiapatite). L’aspetto interessante di questa tecnica è che la struttura microporosa del corallo viene mantenuta, ben adattandosi a quella del tessuto osseo. La riparazione di difetti e fratture con bioceramici promette di essere uno dei campi applicativi più interessanti nel prossimo futuro dato che non richiede materiali capaci di sostenere elevati carichi meccanici (un problema con molti ceramici che tendono a fratturarsi); in questo campo i bioceramici avranno un ruolo come sistemi per il rilascio di proteine compatibili con i tessuti ossei. 14.6.3 Applicazioni dentistiche Le porcellane dentali sono state utilizzate per circa due secoli nella riparazione di malattie e carie dentali. Circa l’80% delle protesi fisse impiantate sono costituite da porcellane fuse su metalli. Oggi le porcellane sono usate anche per il trattamento di denti rotti o per ripristinare il colore originale dei denti. Le porcellane per applicazioni odontoiatriche sono generalmente ottenute per mescolamento di due componenti, di solito un feldspato allumosilicato di potassio (leucite) fuso parzialmente e un allumosilicato di metalli alcalino terrosi fuso completamente. La leucite è aggiunta per aumentare il coefficiente di espansione termica in modo da eguagliare quello della lega metallica di cui è composta la protesi (tipicamente una lega 80Ni-20Cr). L’altro componente della miscela controlla le proprietà di fusione del materiale. Alcuni additivi garantiscono le proprietà ottiche, inclusi il colore e la fluorescenza. Una buona adesione tra la porcellana e la lega dipende da un buon rapporto tra le rispettive espansioni termiche ma anche dalla formazione di una interfaccia di un monostrato di Cr2O3 per assicurare una buona adesione del ceramico al metallo. Una alternativa ai materiali tradizionali è rappresentata dai vetro-ceramici che offrono numerosi benefici come facilità di preparazione, elevata resistenza, controllo della lucentezza, resistenza all’abrasione e agli shock termici, 12

nonché agli attacchi chimici. Uno di questi vetro-ceramici è composto di cristalli di mica trattati con fluoro a cui viene aggiunto il 7% di ZrO2 per aumentare la durata e la lucentezza. Biovetri sono utilizzati per riparazioni dentistiche e per la cura di malattie peridentali. Infine, materiali ceramici hanno applicazione nei cementi dentali. Questi hanno composizioni chimiche molto varie. Spesso questi cementi funzionano come blocchi meccanici, più che mediante adesione chimica. Un esempio è rappresentato da una matrice di fosfato di zinco. Il maggior costituente è polvere di ossido di zinco, ZnO, trattato con acido fosforico liquido. Questo sistema è pure usato come “base” nei casi in cui il riempimento ceramico va posto a contatto con i tessuti molli della polpa del dente, in modo da proteggerlo dal rilascio di ioni. In questo campo vengono sempre più utilizzate resine composite costituite da un polimero organico (resina), da un materiale ceramico (tipicamente quarzo, silice colloidale, o silicati vetrosi) e un agente legante tra questi due componenti. Il successo di queste resine è soprattutto dovuto all’aspetto estetico in quanto il colore della resina può essere variato sino ad uguagliare quello dei denti naturali. Rispetto alle amalgame metalliche inoltre non esistono problemi di rilascio di mercurio. 14.7 Bibliografia J. F. Shackelford, Advanced Ceramics – Bioceramics, Gordon and Beach Science Pub., Amsterdam 1999

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