Cattivo - Capitolo 1

  • May 2020
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  • Words: 3,010
  • Pages: 7
LE URLA DEL SILENZIO -Capitolo 1-

...Fa male, si fa male, brucia, cazzo se brucia, non ci si abitua, non ci si abitua mai come con le delusioni, non ci si abitua mai, eppure anche le delusioni sono utili no? Ci rendono più duri, come non so chi disse che: "...ciò che non ci uccide ci rende più forti..." Ecco!!! allora anche il dolore, fisico o spirituale, ci è utile a crescere, più è amaro ciò che mangi più dolce sarà qualsiasi cosa tu ingerisca dopo, quindi una vita di sofferenze, delusioni, speranze decadute, amori morti prima di nascere, perdite di amici o parenti, insomma, una vita a mangiare merda ti serve a pregustare il giorno in cui potrai mandar giù qualcosa di meno amaro, che so, tipo....merda meno amara. Perchè è questo che è la vita, almeno la mia vita, fino ad oggi è stato un disastroso preambolo ad un periodo più disastroso che stende il tappeto rosso ad un periodo veramente, schifosamente, disastroso.....mi piango addosso?!?, è questo che state pensando, il solito pessimista del cazzo che non vede che nero, è questo che mi vorreste dire, la solita persona che non ha le palle per crearsi il suo destino, è così che mi vedete vero? vero?!? Ma andate a fare in culo stronzi del cazzo. Meglio continuare a fare ciò che stavo facendo, invece che pensare a quello che potreste pensare voi di me, e ammazzatevi, fatemi, anzi fatevi questo piacere caricate una pistola e "BANG", fate come i bravi spermatozoi e levatevi dai coglioni dell'umanità. Brucia cazzo, brucia da morire, anche il sangue che esce brucia come lava. L'indice e il pollice della mano destra incominciano a fare male, stringere una lametta a lungo per affettarsi il braccio, come farebbe un macellaio con un quarto di bue, è abbastanza impegnativo sapete. E' la quinta volta questo mese, la quinta volta che penso a lei. Vedete, è che mi hanno suggerito, no beh, mi sono autosuggerito più che altro, che infliggersi un forte trauma ogni volta che un brutto ricordo riaffiora alla mente rende più facile la sua rimozione, sapete quella roba del tipo chiodo scaccia chiodo, sì insomma, si riesce a dimenticare prima, e più importante è il soggetto di questo ricordo più grosso deve essere il trauma.....dovevo studiare psicologia, sì. Le classiche pareti delle celle nei film, ecco cosa sembra il mio braccio, la parete di una cella, dove il carcerato di turno segna con il gesso delle righe che indicano i giorni scontati della propria punizione, ecco, anche il mio braccio

porta dei segni, segni che servono a ricordare, sì cioè, a ricordare di dimenticare, ma nessun gesso batte la buona vecchia lametta da barba che indelebile lascia la sua scia di vivo dolore color rosso. Ho faticato non poco a trovare una lametta, nel 2005 siamo nell'epoca di massimo splendore della tecnologia e dell'usa e getta, si ha un telecomando anche per pulirsi il culo e si getta anche il rosario dopo un tot di preghiere, tecnologia usa e getta, rasoi ipertecnologici che ti succhiano il cazzo ma solo dopo che la prima lama ha alzato il pelo, la seconda ammorbidito, la terza costretto ad arrendersi, la quarta lo porta al bar a farsi un goccio, la quinta lo accompagna a spomparsi per bene con troie da vetrina, la sesta gli attacca l'aids e la settima lo taglia, mentre l'ottava inutile si suicida, oppure, stupide lame di plastica rese sempre più aerodinamiche, anatomiche, maneggevoli sempre più getta e meno usa, presto le butteremo ancora prima di usarle. Insomma la mia lametta segna "ricordi da dimenticare". L'ho dovuta trovare in un negozio di articoli per le belle arti, la si usa per tentare di cancellare gli errori o le sbavature della china che capita di fare su disegni tecnici o artistici; la lametta cancella errori eheheheh, gli anni all'Accademia di Belle Arti mi sono finalmente tornati utili. Brucia cristo, ma non riesco a fermarmi, credo di averci preso gusto, masochismo? nichilismo? Neanche so cosa vogliano realmente dire queste parole. L'unica luce nella stanza è la televisione, puntata su un canale non sintonizzato, punti bianchi che si rincorrono e si scontrano con i puntini neri poi quelli grigi e ancora quelli neri, nessun suono particolare solo un fruscio lieve e persistente come quello di un enorme insetto che non lascia dormire il mio desiderio di dolore. Il sudore ricopre il mio corpo, mi lascio cadere all'indietro lento, lento, lento, lento, ancora più lento, come l'ultima piuma caduta dalle ali di Lucifero, il letto fermerà la mia caduta con un abbraccio materno di cotone al 100%, le lamentele delle doghe che compongono la rete ortopedica mi avvertono dell'avvenuto atterraggio, le mie membra si lasciano a un bramato rilassamento sul piumone che ricopre il letto come uno splendido sudario colore grigio, ma non un grigio omogeneo, ma un insieme di quadrati con varie fantasie geometriche dove una serie di tonalità di grigio si alternano, grigio su grigio su grigio. Brucia, se possibile, ancora di più e con il sangue scorrono via i ricordi, con il sangue scorre via la vita. Il silenzio mi urla nelle orecchie, non lo sopporto, non ho mai sopportato il silenzio, urla sempre più forte, mi assorda, mi uccide....no beh....forse sono io che mi sto uccidendo, ma diciamo che comunque il silenzio non aiuta. Sulla sinistra del lampadario una piccola macchia appena percettibile

nell'oscurità della stanza, una semplice, inutile macchia che mi osserva piazzata in mezzo al bianco mare del soffitto, forse io per lei sono una minuscola e inutile macchia sul suo soffitto color "mondo", mi osserva, riesco addirittura a vederla sorridere, anzi no, non sorridere ma ridere, si ridere, ridere di me, ride perchè finalmente ha trovato qualcosa di più inutile di lei, qualcosa che nessuno si disturberà neanche a provare a pulire, io sono una macchia a cui nessuno farà mai caso, eheheheh, non sono in grado neanche di dare fastidio. Ancora le urla, ancora il silenzio rabbioso che mi urla nelle orecchie, "ZITTO BASTARDO PIANTALA FAI.."le mie urla interrompono il supplizio "SILENZIOOOO"........ed eccolo tornare, implacabile, il silenzio. Arriva dall'altra stanza, impercettibile forse a causa del torpore che ormai ha invaso la mia testa, driiiiin, come un richiamo lontano, driiin, inconfondibile, driiin, era quasi una settimana che non lo sentivo, driiin, o forse che semplicemente non volevo sentirlo, driiiin, ma non riesco, driiiin, non ce la faccio ad alzarmi, driiiin, "cazzo ok ok ok cazzo ho capito" urlo nella speranza che chiunque sia dall'altra parte del ricevitore possa sentirmi e smettere di rompere i coglioni, driiiiin, testardo lo stronzo, driii"CAZZO"iiin, come uno zombie in procinto di tuffarsi verso il suo primo pasto postmortem mi rialzo, seduto sul letto affogo lo sguardo nel nulla trasmesso dal televisore, unica luce nella stanza, la testa gira, maledetta puttana smetti di girare, smettila fammi scendere da questo cazzo di ottovolante. "Bene stronzo adesso giù dal letto e in piedi" cerco di motivarmi, eheheheh, io che mi motivo, io che sono il peggior nemico di me stesso e della mia misera vita, e allora incomincio a strisciare sulle chiappe spostandomi come un verme in una giornata di pioggia, prima mi avvicino al bordo del letto, più vicino, più vicino, più vicino, ed ecco il baratro che divide l'oblio dal pavimento, driiiin, rieccolo, quasi avevo dimenticato il motivo di tanto masochismo nel tentare di tornare in piedi, driiin, spingo con le braccia per alzare il culo e rimettermi in piedi, driiin, "GUARDAMI FIGLIO DI UNA GRAN PUTTANA MI STO ALZANDO, mi alzo e arrivo" ma nessuno ovviamente mi sente, ma parlare alla solitudine è diventata un'abitudine per me, driiiiin, ancora una spinta, ma ecco giusto un pelo prima del finale che il bruciore mi ricorda del mio braccio affettato a dovere, cristo se brucia ancora, il sangue sta già raggrumandosi, una simpatica cialda croccante di emoglobina si sta stratificando lungo tutto l'avambraccio. Credo di non aver mai pensato al suicidio, ho meglio, non ho mai pensato di suicidarmi davvero, togliermi la vita non fa per me, molte volte ho pensato alla mia morte, sin da piccolo, ricordo che piangevo quando mia madre mi diceva che sarei cresciuto, che sarei diventato adulto, io non volevo crescere, non volevo diventare più grande, più saggio, più stupido o intelligente, prendere la patente, trovarmi una ragazza, avere un conto in banca, avere un lavoro gratificante o demotivante, piangere per problemi più grandi del fatto che mi si

fosse rotto il mio robot giocattolo, guardare le stelle e non pormi più la domanda di cosa potessero essere e perché esistevano, non volevo crescere e costruirmi una vita, crescere e trovare un motivo per andare avanti. Io non volevo diventare un adulto con nuovi e più grandi doveri, non volevo diventare grande con nuovi e più grandi desideri, non volevo tutto questo e quando mi chiedevano perchè non lo volessi, come se ci fosse la necessità di chiederlo, io rispondevo: "Perchè non voglio morire!", per questo dico e ripeto che il suicidio non fa per me. Io penso continuamente alla morte lo sempre fatto, col tempo mi sono specializzato in questo pensiero, immaginandomi modi sempre più teatrali, se sono nella vasca da bagno penso a cosa si prova nel momento che il phon acceso tocchi l'acqua in cui sono immerso, che succede nel momento in cui la pallottola, espulsa dalla pistola di un pazzo che spara all'impazzata in mezzo a una piazza, colpisca il mio petto squarciando le mie carni e disintegrando il mio cuore. Quando galleggio in acqua al mare mi aspetto che uno squalo o qualsiasi creatura marina, che era lì ad attendermi famelica, spunti da sotto di me e mi riduca a macinati, io odio la morte, ho paura della morte, il suicidio non fa per me. Driiiin, oddio eccolo di nuovo, driiiiin, mi guardo attorno, prima a destra, poi a sinistra, poi in alto e in fine in basso, mentre fisso la punta dei miei piedi dall'altra stanza il telefono chiama, driiiiin, driii"dove sei"iiin, driii"muoviti"iiin, e io fisso i miei piedi, sotto di loro dove dovrebbe esserci il pavimento non vedo nulla. Il nulla che riluce illuminato dalla televisione, dal fruscio di un canale che non esiste, il frigolare di un niente che con la sua luce illumina il nulla sotto i miei piedi, driiiin, devo alzarmi e rispondere, driiin, devo alzarmi e far smettere di squillare l'odioso telefono, driiiiiin, devo alzarmi e strappare dal muro quel cazzo di coso, quel figlio di una puttana gravida che continua a urlare, driiin, devo solo alzarmi non è difficile in fondo lo faccio da una vita intera, alzarmi dopo una caduta, la mia vita è una caduta continua, quindi sono un esperto di rialzate. Okay questa è la volta buona, ora ce la faccio, concentro tutto me stesso, raccolgo le forze, conto fino a tre, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, okay sto barando lo ammetto, ma ora posso farcela, dai! Fletto leggermente le braccia, il letto incomincia a sussultare, le doghe in legno sospirano, ora è il momento giusto, tutto apposto, e viaaaa. Sono in piedi. Tutto gira o forse sono io che giro non capisco, mi sento pesante, le chiappe si tendono o si rilassano non capisco, sono nella mia stanza? Sono solo? Sono vivo? Driiiin, ecco il suono del promemoria, driiiin, il braccio si muove da se in un azione meccanica che ormai mi accompagna da anni, il braccio si muove e sventola nell'aria nel tentativo di spegnere la sveglia, driiiiin, un'altro battito di braccio, driiiin, sbatto ancora il braccio quasi fossi una gallina nel tentativo di

spiccare il volo, ma io sono solo l'ombra di Icaro, caduta ancora prima di spiccare il volo. Driiiiin, driiiiin, forse gli squilli, ma più probabilmente il bruciore alle braccia ed ecco che un barlume di coscienza ritorna a trovarmi, sono in piedi nella mia stanza, la televisione accesa sul canale "niente", la mia stanza che ha preso finalmente una decisione sulla posizione d'assumere e quindi a smesso di girare, cazzo il bruciore, cazzo le braccia bruciano. E' importante ora concentrarsi, sì concentrarsi, decisamente concentrarsi, ma su cosa mi dovrei concentrare, driiiiiiiin, ecco su cosa, concentrarsi sul piano, il piano dal titolo DISTRUZIONE TELEFONICA, driiiiiiin, ora dopo essermi alzato che cosa devo fare? Camminare, ecco cosa, camminare, devo raggiungere l'altra stanza, rispondere al telefono e poi distruggerlo, oppure distruggerlo e poi rispondere o semplicemente distruggere tutto, me stesso compreso. Un piede avanti all'altro che poi si ferma e aspetta che l'altro lo superi per poi fermarsi e aspettare a sua volta il sorpasso, cazzo molto più divertente della formula 1 questa cosa del camminare, avanti, avanti, driiiiiiiiiiin, avanti, muoviamoci, piano, piano, piano, ecco ci siamo, superata la porta il corridoio, nel corridoio il mobile, sul mobile appoggiato accanto a un vaso di fiori finti, driiiiiiiiiiiin, il telefono, devo solo superare quella porta, allungo la mano per afferrare la maniglia, alzo il braccio le dita annaspano nel niente, la maniglia si è spostata più in alto, alzo di più il braccio, ma la maniglia lo supera in velocità e si alza, si alza e si allontana, il mio braccio si alza la maniglia si allontana e il pavimento si avvicina, il pavimento si avvicina, il pavimento vuole assolutamente baciarmi, SMACK, l'amore sboccia. Odore di ferro, no! Non odore è più sapore di ferro, un profondo sapore di ferro si spande nella mia bocca, nella mia gola, nella mia mente, quando, dopo non so quanto, riapro gli occhi, ma so di averli aperti solo perché ricordo ancora che sensazione si prova quando si aprono gli occhi, perchè davanti a me un muro nero, talmente nero che il nero arrossirebbe dalla vergogna, un muro nero, stranamente intuisco abbastanza rapidamente che la descrizione più corretta di ciò che vedo o meglio non vedo non è un muro nero, no, ma più corretto sarebbe dire un pavimento nero. La mia faccia è un'isola deserta al centro del mare di sangue che fluisce fuori dal mio naso rotto e da un paio di cavità nella mia bocca che una volta ospitavano un paio dei miei incisivi. Un conato di vomito cerca di farsi strada dal mio stomaco lungo l'esofago, la gola, ma lo blocco prima che possa esprimere il suo poco simpatico parere su ciò che è avvenuto, ma in compenso ne segue uno sfogo di tosse, che fa ribollire il sangue dal naso, bocca e pavimento, sento qualcosa muoversi sotto la mia lingua come dei sassi, ora sappiamo dove sono finiti i denti mancanti, li cerco, li trovo, li spingo e in fine li sputo fuori, il sangue sul pavimento ribolle

ancora, degli schizzi mi finiscono nell'occhio sinistro, brucia, cazzo se brucia......ho un dejà vou. Non capisco come, ma grazie alla collisione con il pavimento ho ripreso lucidità, eppure ho perso ancora più sangue, ma alla fine dopo tutto quello che è successo nelle settimane precedenti difficilmente questo può sorprendermi. Puntello le mani al terreno, inarco la schiena e cerco si spingermi, di rialzarmi, forse ho reciso un nervo nel braccio sinistro, ma come se un'intera fabbrica di aghi mi si conficcasse nel braccio, un dolore lancinante mi fa perdere le forze ed ecco che il secondo bacio al pavimento arriva accompagnato da schizzi rossi, ormai i preliminari sono finiti presto io e il pavimento faremo sesso. Secondo tentativo di rialzarmi, punto solo il braccio destro, piego le gambe in maniera da riuscire a mettermi sulle ginocchia, posso farcela, lento, lento, lento ma posso farcela, mi aggrappo alla maniglia che tanto ho bramato poco o tanto tempo fa, non so, mi tiro sulla maniglia che si piega, la serratura scatta e la porta fa per aprirsi, io sussulto per un attimo, quasi nel tentativo di ricadere, ma resisto, ed ecco un altro conato di vomito cercare di strisciare fuori da me, a stento, ma soffoco anche questo e in cambio di nuovo colpi di tosse, porto la mano alla bocca, sapete la buona educazione, il sangue colora tutto il mio palmo e scopro di non aver sputato entrambi i denti prima o forse sono più di due i caduti, l'osservo, sembra un naufrago disperso in un mare di sangue, ma salvarlo ormai non è possibile, lo lascio cadere nel niente. Mentre apro la porta e entro nel corridoio mi accorgo che, non so bene cosa, ma qualcosa manca, c'è qualcosa che non mi torna, mi fermo e nel tentativo di ascoltare i miei pensiero riemerge il, driiiiiiiiiiiiiin, promemoria, driiiiiiin, il telefono lo avevo di nuovo dimenticato, la mia memoria effettivamente non è mai stata delle migliori, ora basta, so che anche voi ne avete abbastanza, ora basta finiamola una volta per tutte, driiiiiiiin, passo dopo passo guardo quel maledetto strumento di tortura del 21esimo secolo diventare sempre più grande, sempre più rumoroso, driiiiiiin, sempre più vicino, " ECCOMI" gli urlo con tutta la rabbia che ho in corpo, driiiiiiiin, sono di fronte al nemico, in quel momento smetto di fissare il telefono, driiiiiiin, e la mia attenzione ricade sulle mie mani, sulle mie braccia "pareti di prigione", guardo le mie gambe, la mia maglietta, rialzo lo sguardo sopra il telefono spicca un specchio, lo specchio che serve a farti credere di parlare con una persona lì presente quando stai al telefono, lo specchio sul quale ti fai bello quando sei al telefono con una persona che vuoi conquistare, come se lei potesse vederti da un momento all'altro, beh ora in quello specchio c'era la mia faccia che come il resto di me aveva l'aspetto di una persona ricoperta di marmellata di sangue, sembravo un enorme assorbente usato, usato anche troppo direi, driiiiiiin, e a quel punto afferrai la cornetta e alla più classica delle domande "chi è?" una voce, la voce che non mi sarei aspettato di sentire, la voce che mi mancava tanto, la voce che non avrei

più voluto sentire mi rispose..."ho bisogno di te......ho bisogno di te............"e a quel punto una risposta esplose dentro di me "nessuno ha bisogni dei morti" clack la cornetta ritornò nel suo luogo di origine e poi..........driiiiiiiiiiiiin...........buio

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