223 Giovedì 9 luglio 2009
embrioni
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Staminali, la ricerca finisce in tribunale
fine vita Suicidio assistito: Londra si ferma. Per ora
dibattiti
L’idolatria di Prometeo una tentazione da arginare Non è mai tempo perso sfogliare i quotidiani inglesi o consultare i loro siti: quasi ogni giorno viene dato risalto a una notizia bioetica, tanto da far sorgere il sospetto che le grandi questioni sull’alba e la fine della vita siano ormai da annoverare tra le passioni nazionali. Di alcune di queste notizie diamo oggi conto nelle pagine di «è vita». La realtà è che l’Inghilterra di questi anni sintetizza alla perfezione ciò che il Papa scrive nella «Caritas in veritate», quando afferma che alle ideologie sembra sostituirsi l’idolatria della scienza e della tecnica, espressioni di quell’autonomia umana che si pretende assoluta. È la tentazione prometeica, alla quale troppe voci di casa nostra vorrebbero farci assoggettare.
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A scuola di senso e non (solo) di sesso
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Diagnosi sugli embrioni, la grande illusione Dalla «salute della donna» I un conflitto con il più fragile box
di Luisella G. Daziano
il caso di dirlo: il Tribunale si è sostituito al Parlamento, anche in tema di legge 40. La recente ordinanza di Bologna ha infatti stabilito che le tecniche di procreazione assistita potranno essere applicate a coppie affette da patologie genetiche. L’ordinanza, in pieno contrasto con la legge, ha legittimato una coppia fiorentina ad avere un secondo figlio "sano" mediante la selezione (eugenetica) dell’embrione. Alla coppia – che si era rivolta a un centro di Bologna per avere un altro figlio dopo il primo, affetto da distrofia di Duchenne – sarà quindi permessa la diagnosi pre-impianto «su un numero minimo di sei embrioni», in modo da selezionare l’embrione migliore per l’impianto. Così la volontà dei futuri genitori legittima l’idea che ci siano vite umane cui è vietato venire al mondo – quelle degli embrioni scartati perché risultati difettosi al microscopio del centro di procreazione assistita.
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a sorpresa è che chi desidera creare in vitro un figlio "sano" sfida non solo l’etica – almeno quella rispettosa dell’uomo – ma anche la scienza. È la scienza che ha sempre documentato che la fecondazione in vitro impone alla mamma prima e al concepito poi non pochi rischi per la salute. Almeno dal 2002 a oggi la migliore stampa scientifica internazionale lo ha detto e ridetto: i bambini nati con la fecondazione in vitro hanno 30% di possibilità in più rispetto a quelli concepiti per vie naturali di soffrire problemi di salute. Purtroppo un’informazione a senso quasi unico ha confuso le idee a molte coppie convincendole che la provetta sia la soluzione che scongiura il pericolo di un figlio affetto da malattie genetiche.
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controluce
ppure le riviste scientifiche l’hanno ampiamente documentato: «I bambini nati con fecondazione in vitro (Fiv) hanno un rischio più elevato, rispetto a quelli concepiti naturalmente, di sviluppare problemi cerebrali, in particolare paralisi» (Lancet, 2002). Non è tutto: «I bambini concepiti mediante Icsi (iniezione diretta dello sperma nel citoplasma) rischiano doppiamente, rispetto alle gravidanze normali, di presentare un difetto alla nascita» (New England Journal Medicine 2002). E ancora: «L’Icsi può aumentare il rischio di deficit dell’imprinting», hanno scritto due ricercatori della John Hopkins University, precisando che «il 4,6% dei loro pazienti con sindrome di Wideman-Beckwitt erano stati concepiti con Fiv» (American Journal of
Selezionare il bambino «perfetto» in provetta non dà la certezza del figlio sano Anzi. Studi scientifici spiegano che gli esami per scegliere l’embrione «giusto» causano problemi documentati E la stessa fecondazione artificiale è tutt’altro che sicura... Le verità taciute dopo l’ordinanza di un tribunale che autorizza lo «scarto» della vita malriuscita GLOSSARIO Diagnosi preimpianto. È una tecnica invasiva per la ricerca di eventuali difetti nell’embrione concepito in vitro e destinato all’impianto in utero. Si preleva e si esamina una o più cellule dell’embrione, con concreti rischi per il suo sviluppo.
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n test genetico che può individuare quasi ogni malattia ereditaria sarà offerto nel giro di pochi mesi ai genitori britannici che lo desiderano. La nuova tecnica proviene da un gruppo di ricercatori del Bridge Centre di Londra ed è stata presentata all’ultima conferenza dell’associazione europea per la riproduzione umana e l’embriologia che si è tenuta nei giorni scorsi ad Amsterdam. Si chiama «karyomapping», e consiste nel visionare i geni di un embrione prima che questo venga impiantato nella donna tramite la fecondazione artificiale. Il test è stato aspramente criticato da diverse associazioni per la vita, dalla Chiesa cattolica e anglicana e da parte del mondo medico e scientifico che ne hanno indicato i rischi. «Questo metodo – spiega ad Avvenire un portavoce dell’associazione Pro-Life – incoraggerà i genitori a decidere su questioni genetiche minori e generare bambini su misura. Spingerà a inseguire la perfezione e a eliminare vite umane che avrebbero potuto essere perfettamente felici anche con invalidità o difetti estetici». (E.D.S.) Human Genetics, 2002). Un altro dato trascurato, ma non trascurabile: «La probabilità di avere un figlio con handicap è circa +11%, rispetto al +5% dopo il concepimento naturale» (European Journal of Pediatrics, 2003). I rischi non finiscono qui: «Cinque bambini olandesi, concepiti con Fiv, hanno sviluppato un retinoblastoma, un cancro infantile della retina che colpisce un nato su 17 mila» (Nature, 2003).
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a c’è di più. I bambini nati con diagnosi genetica pre-impianto (Pdg) – quella autorizzata per la prima volta in Italia dal Tribunale di Bologna – «nei primi due anni pesano meno dei bimbi concepiti naturalmente, e presentano un indice di massa corporea decisamente inferiore alla media» (Human Reproduction, 2008). Proprio dei problemi di salute, di origine genetica, di cui soffrono i figli concepiti in provetta, si è recentemente occupata una ricerca della britannica Human Fertilisation and Embryology Authority (Hfea, marzo 2009): «I bambini nati con Fiv/Icsi hanno +30% di chance di soffrire di difetti alla valvola cardiaca, anomalie all’apparato digerente, nonché ritardo mentale». Lo studio precisa che «all’origine dei danni genetici ci sarebbero i farmaci utilizzati per stimolare l’ovulazione della mamma in provetta».
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essuno dice però che la diagnosi preimpianto, che analizza le qualità genetiche degli embrioni prima dell’impianto in utero, non può essere considerata come un’operazione senza effetti collaterali. «Prelevare una o due cellule dalle 8 che formano l’embrione (blastomeri), al fine di eseguire la diagnosi pre-impianto, è un’operazione significativa, dal momento che può provocare un’alterazione nel successivo sviluppo dell’embrione», spiega Patrizio Calderoni, ginecologo all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. Le cause dei documentati rischi di malformazioni «potrebbero essere la limitazione naturale dei genitori, la scarsa qualità dei loro gameti, ossia la loro infertilità, che è un fatto naturale quanto lo è la fertilità», dichiara Eleonora Porcu, responsabile del Centro di Fecondazione dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, sottolineando che «selezionare l’embrione migliore, eliminando quello non perfetto, significa temere così tanto che nella nostra vita si presenti la disabilità da arrivare a scartare un embrione perché potrebbe diventare un figlio con qualche problema». Presi da tanto entusiasmo per il «figlio sano», si ricorderanno di dirci che selezionare l’embrione allo stadio di 8 cellule non dà l’assoluta garanzia di un bambino perfetto?
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omincia a diventare tristemente nota l’ordinanza del tribunale di Bologna che qualche giorno fa ha concesso a una coppia il trasferimento dell’embrione solo se questo non è malato, visto che la donna è portatrice sana di distrofia muscolare. L’ordinanza si presta a molteplici rilievi critici: vediamone qualcuno.
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a diagnosi pre-impianto: nella legge 40 tale tecnica è permessa per il bene del nascituro. Qui invece, per bocca di un magistrato, si usa la diagnosi pre-impianto sia per dichiarati scopi eugenetici (puoi rifiutare il figlio malato) – vietati dalla legge 40 e dalle linee guida – sia per tutelare la salute della donna, finalità non rinvenibile nella legge né nelle linee guida, quindi non accettabile. Passiamo al rifiuto dell’impianto nel caso di patologia accertata dell’embrione. La legge 40 permette di interrompere l’iter della procreazione medicalmente assistita (Pma) non oltre il momento della fecondazione in vitro. Infatti da quell’attimo viene a esistenza un nuovo soggetto di diritto, l’embrione, così come ricorda l’articolo 1 della stessa legge. Ergo: non può essere abbandonato in un freezer perché non lo si vuole più.
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ualora comunque la coppia rifiutasse l’impianto, la donna non potrebbe subire coercizione alcuna. Questo non significa che la legge ritiene legittima la decisione della donna, ma tollera un comportamento che preferisce non punire. Nell’ordinanza invece lo scenario si ribalta. Qui il rifiuto, nel caso di embrioni malati, è addirittura previo all’inizio dell’intero iter di Pma e viene qualificato come legittimo. In questo caso occorre domandarsi se sussistono i presupposti perché la coppia possa accedere alla Pma. Parrebbe di no. Infatti non ci troviamo di fronte a un fatto compiuto che la legge considera illegittimo: un embrione malato rifiutato da una coppia che non può essere obbligata ad accettarlo. Qui il fatto deve ancora compiersi, e quindi appare doveroso impedire ai coniugi l’accesso alle tecniche di fecondazione artificiale per evitare il concretarsi di una situazione illegittima sotto l’aspetto giuridico.
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a l’aspetto più preoccupante, già insito nella recente pronuncia della Corte Costituzionale, è dato dal fatto che nero su bianco si dichiara che tra la vita del nascituro e la salute della donna deve prevalere quest’ultima. In questo caso la lesione della salute psichica della donna è data dall’ansia di aspettare un figlio affetto da distrofia. Tale disturbo della sfera emotiva legittima, secondo il giudice, l’abbandono dell’embrione nell’azoto liquido. Si usa cioè la ratio della legge 194 anche per la provetta. Ma nel primo caso siamo di fronte a un gravidanza indesiderata, qui invece si desidera una gravidanza ma a certe condizioni. In realtà, non bisogna stupirsi che queste due realtà apparentemente così diverse si stiano assomigliando. Il minimo comun denominatore è infatti il principio di autodeterminazione inteso in senso erroneo: decido io quando avere un figlio, ma se arriva nel momento sbagliato abortirò. E quando avrò deciso di averlo, pretendo che sia sano grazie alla fecondazione artificiale. Tommaso Scandroglio
E il giudice creò il figlio «meno figlio» stamy
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opo altri giudici, anche il Tribunale di Bologna è intervenuto sulla legge 40, rispondendo alla richiesta di una coppia portatrice di una grave malattia ereditaria. Il dispositivo della sentenza prevede la produzione di sei embrioni tra i quali si dovrà trovare quello o quelli sani che si potranno poi impiantare nell’utero della donna. L’intervento si pone sulla linea di altri tentativi fatti da altre istanze della magistratura per cambiare per via giurisprudenziale una legge dello Stato.
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di Michele Aramini
Test genetico a tappeto E l’eugenetica accelera
n quale fase della procreazione assistita sorgono i rischi per l’embrione? Stando alle conoscenze attuali, la pericolosità è della Pdg in sé ma più ancora «delle complicanze insite nella procedura del concepimento in vitro», commenta Bruno Dallapiccola, ordinario di Genetica Medica presso La Sapienza di Roma. «Mi riferisco sia alla massiccia stimolazione ormonale subìta dalla donna, che va a incidere sulla regolazione dei geni, sia alle prime settanta ore di vita in provetta dell’embrione, sia ai gameti maschili, di scarsa qualità, forniti dall’uomo che produce poco liquido seminale». Dallapiccola precisa che «il rischio relativo di malformazioni trattati con Pdg è dal 30% al 40% in più rispetto alle coppie che hanno seguito la via naturale».
n primo luogo va posta l’ovvia considerazione che in tal modo si delegittima l’operato della magistratura, perché pur conoscendo qual è l’intenzionalità profonda della legge, appurata al di là di ogni dubbio nel dibattito pre-referendario, alcuni giudici si ostinano a darne una lettura contra legem. Ogni volta che si ha notizia di genitori che possono trasmettere una grave malattia ai propri figli si prova una vera pena e un senso di vicinanza umana per queste persone e per l’eventuale figlio già nato con la malattia. Ma allora questi sentimenti ci devono spingere a concordare con i tentativi di selezione genetica degli embrioni prima dell’impianto nell’utero che alcune di queste cop-
È comprensibile l’ansia dei genitori che sognano un bimbo privo delle loro malattie genetiche. Ma il criterio che non ci sono vite scartabili deve regolare anche il desiderio della generazione pie fanno o vorrebbero fare, con l’intenzione di avere un figlio sano?
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a risposta non può essere positiva. La ragione dell’inammissibilità della diagnosi genetica risiede nella stessa motivazione di vicinanza umana per cui si solidarizza con la coppia sofferente. Infatti lo stesso sentimento che si prova verso i genitori deve essere applicato a tutte le nuove vite che vengono prodotte. Non c’è una vita che valga meno di un’altra. Non c’è un embrione che sia "meno figlio" di un altro. Se qualcuno di essi si dovesse perdere per motivi naturali si rimarrebbe giustamente addolorati. Per questo motivo la legge 40 prevede correttamente che si producano gli embrioni strettamente necessari all’impianto e non un numero indefinito, finalizzato a una eventuale analisi genetica con conseguente scarto degli embrioni portatori di malattia. Quindi nei confronti dei genitori che hanno questo grave problema non c’è alcuna forma di crudeltà. Al contrario, c’è la valorizzazione della
persona umana, di ogni persona umana, che gli stessi genitori dovrebbero essere i primi a sostenere.
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l criterio che non ci sono vite scartabili deve regolare anche il desiderio della generazione, il quale per essere autenticamente umano non può sorvolare su tutti i problemi etici che la generazione può comportare. Non si può generare distruggendo la vita. Se questa fosse l’unica possibilità si deve rinunciare a generare e prendere la via dell’adozione che, oltretutto, è via di altissimo valore etico.
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ulla generazione umana occorre dire ancora una cosa: la nascita di un figlio ha un evidente profilo personale e di coppia che è inutile sottolineare. Ciò che invece deve essere ricordato con forza è il profilo morale e sociale della nascita di una creatura. Essa è una persona umana che non appartiene ai genitori, non è un oggetto di loro proprietà: infatti è un essere umano con pari dignità rispetto a tutti gli altri e non può essere strumentalizzato, neppure per le finalità più nobili. Perciò la sua protezione è affidata alla società e alla legge. Ed è proprio ciò che fa la legge 40, quando vieta la diagnosi distruttiva degli embrioni e la loro selezione, con la successiva distruzione di quelli malati. Siamo quindi siamo nel campo della protezione di valori essenziali e non dei divieti insensati.
di Graz
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Avvenire
Giovedì, 9 luglio 2009
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di Viviana Daloiso
corsi & ricorsi
Legge 40 ancora in tribunale: stavolta tocca alla ricerca America
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Tre note ricercatrici, rappresentate dal legale del caso Englaro e sostenute dai radicali, si appellano al Tar del Lazio chiedendo fondi pubblici per la ricerca sulle staminali embrionali. Si aggira il divieto della legge 40 di manipolare la vita umana rilanciando la strategia delle «causepilota»: ottenere per sentenza ciò che in Italia è impedito da leggi varate in Parlamento
il caso Usa, è boom di «donatori»
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egli Stati Uniti è boom di quelle che – con eloquente ossimoro mediatico – sono definite «donazioni, a pagamento» di sperma e ovuli da immettere sul mercato della fecondazione assistita e della ricerca. Dopo l’inchiesta di Avvenire (vedi è vita del 2 luglio), è il quotidiano Usa Today a occuparsi di un fenomeno che è effetto della crisi che obbliga gli americani a tentare ogni strada per arrotondare. Il settore ha visto «duplicare le offerte negli ultimi dieci mesi», spiega al giornale David Battaglia, tecnico di laboratorio di un’agenzia per la fertilità di Portland, in Oregon. «Da febbraio le donazioni sono aumentate del 40%», conferma Kim Springfield, vice presidente della Health News di Irvine, in California. Per lo sperma la media dei compensi è di 100 o 200 dollari per «donazione», con un massimo di due a settimana. Le donne guadagnano in media 5 mila dollari, ma si registrano anche punte di 10 mila per caratteristiche particolarmente ricercate. I potenziali acquirenti scelgono infatti gli ovuli selezionando la «donatrice» su un catalogo. Età preferita per le donne 21-23 anni, per gli uomini l’età massima sono i 39 anni.
n tempi di battaglie e forzature giudiziarie sui temi bioetici, e in particolare di attacchi concentrici alla legge 40, non poteva mancare un altro tassello che tanto sta a cuore a chi vede il nostro Paese come il fanalino di coda nella corsa internazionale della cosiddetta libertà della scienza: la ricerca sulle staminali embrionali. E così, la settimana scorsa, ecco arrivare al Tar del Lazio (già protagonista nel gennaio 2008 nella vicenda del rinvio alla Corte Costituzionale della legge 40) un ricorso dalle ricercatrici Elena Cattaneo, Silvia Garagna ed Elisabetta Cerbai, rispettivamente direttore del Centro interdipartimentale di ricerca sulle cellule staminali dell’Università statale di Milano, biologa all’Università di Pavia e farmacologa a quella di Firenze. Sul tavolo del tribunale il bando del ministero del Welfare che destina 8 milioni di euro a progetti di ricerca sulle staminali e che esclude gli studi su quelle embrionali.
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a questione è annosa, visto che la legge 40 vieta esplicitamente la produzione (e la manipolazione) di embrioni per la ricerca, ma non proibisce che linee cellulari embrionali vengano acquistate dall’estero a tal fine: un "escamotage" grazie al quale il team della Cattaneo, per esempio, conduce studi sulle embrionali già da anni. E che, a ben vedere, ha consentito – a Milano come altrove – piena libertà di ricerca a chi intendesse seguire questa via: la professoressa Cattaneo non a caso è stata più volte annoverata tra i pionieri nel campo delle staminali embrionali, e i suoi interventi sono stati spesso ospitati su riviste scientifiche internazionali di prestigio (tra cui Nature, che ha dato ampia rilevanza al ricorso presentato al Tar nel suo ultimo numero e più di una volta si è espressa criticamente sulle «eccessive restrizioni» italiane nel campo della ricerca). Eppure le ricercatrici che si sono rivolte al tribunale si sentono limitate: al Tar del Lazio viene chiesto che questi studi possano entrare a far parte di quelli considerati meritori di un finanziamento pubblico, pena «la pesante interferenza alla libertà di ricerca». «E questo – spiega Augusto Pessina, professore proprio alla Statale di Milano e presidente dell’Associazione italiana colture cellulari – come se non si stesse parlando di un bando ma di una legge. Cose molto differenti, visto che da sempre il ministero decide liberamente come destinare i propri fondi, escludendo necessariamente alcune categorie dai suoi bandi: una pratica ben nota a chi opera nel campo della ricerca scientifica, e a tutti i livelli».
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altra parte, come spiegato dallo stesso viceministro della Salute Fazio e poi sottolineato dagli esponenti di alcuni governi regionali (che hanno approvato il bando di ricerca nella Conferenza Stato-Regioni), la decisione di escludere gli studi con le embrionali sarebbe avvenuta non sulla base di
◆ Aids: un bando da 9,8 milioni
Sono pari a 9,8 milioni di euro i fondi stanziati dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali per la ricerca sull’Aids per il biennio 20092010. Quattro le macroaree in cui è suddiviso il programma: epidemiologia; etiologia, patogenesi e sviluppo di vaccini; clinica e terapia; infezioni opportunistiche, tumori HIV-correlati e co-infezioni. I fondi saranno gestiti esclusivamente dall’Istituto Superiore di Sanità, la selezione dal ministero.
convinzioni morali o ideologiche ma per il semplice motivo che le ricerche con le staminali adulte offrono a oggi possibilità ben più concrete: ricerche all’interno delle quali figurano anche quelle sulle Ips (le cellule riprogrammate fino a uno stadio simile a quello embrionale, scoperte dal giapponese Yamanaka), sulla cui portata epocale la stessa Cattaneo si è espressa più volte negli ultimi mesi. Ma questa ricerca sembra non bastare, proprio come non basta la possibilità di studiare cellule embrionali importate da altri Paesi. L’obiettivo sembra piuttosto quello creare un nuovo caso legale, e possibilmente
una nuova sentenza, capace di mettere gradualmente in dubbio le scelte fatte finora in materia di ricerca e di pratica scientifica: «Perché se ottengo la possibilità di usufruire di finanziamenti pubblici per il mio lavoro sugli embrioni – spiega ancora Pessina – allora presto o tardi potrò anche reclamare la possibilità di acquistare embrioni dall’estero con soldi pubblici e – perché no? – allora di utilizzare gli embrioni che vengono prodotti qui in Italia, magari sulla scorta della possibilità oggi prevista dalla legge 40 di produrne in numero superiore a 3 e di congelarli».
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on a caso le sorti del ricorso sono state affidate a un nome noto nel campo delle battaglie legali sui temi della bioetica: Vittorio Angiolini, già legale della famiglia Englaro durante la controversa vicenda di Eluana. Altro indizio significativo: il fatto che a difendere a spada tratta il ricorso delle ricercatrici si sono affrettati immediatamente anche i radicali, che con Marco Cappato e l’associazione Luca Coscioni hanno già dichiarato di voler coprire le spese legali per la causa. Anche questo un copione già visto, che poco sembra avere a che fare con le motivazioni che le ricercatrici reclamano.
il pioniere Yamanaka difende le sue «cellule etiche» l metodo si affina, a colpi di tentativi riusciti e di altri falliti. E l’obiettivo di arrivare a produrre farmaci che possano curare malattie finora inguaribili e compiere passi da gigante nel campo della medicina rigenerativa con le cellule Ips, le staminali pluripotenti ottenute senza distruggere embrioni, si avvicina. È l’opinione di Shinya Yamanaka, che settimana scorsa ha rotto un lungo silenzio pubblicando sulla rivista scientifica Nature un intervento di tre pagine sui passi in avanti compiuti negli ultimi mesi. In particolare il ricercatore giapponese, reso celebre dalla scoperta sulle cellule "ringiovanite" nel 2007, si sofferma sui diversi modelli di ricerca e di creazione delle Ips impiegati dai team di ricerca internazionali: quelli basati su una teoria "elitaria", per cui solo un piccolo numero di cellule potrebbero essere riprogrammate, e quelli che si fondano invece su un presupposto "stocastico", o casuale, secondo cui la maggior parte o addirirttura tutti i tipi di cellule possono essere trasformate in Ips.
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ell’articolo – molto specialistico e che ha tutto l’aspetto di un mauale guidato per i ricercatori che oggi si misurano con la nuova frontiera delle staminali – Yamanaka analizza i risultati
ottenuti in entrambe le direzioni della ricerca, prendendo in esame tutti gli studi pubblicati sulle riprogrammate, compresi quelli che hanno sostituito con successo i retrovirus utilizzati dal giapponese (e cancerogeni) con altre sostanze, sulla cui efficienza il giapponese è ancora molto perplesso. Yamanaka conclude poi optando per il modello "stocastico", illustrandone le maggiori probabilità di successo: il metodo, infatti permette di generare dal maggior numero possibile di cellule del corpo, e nel maggior numero di modi possibili, cellule staminali caratterizzate dalla pluripotenza (cioè dalla capacità di specializzarsi in infinite altre cellule o tessuti): una porta spalancata alla soluzione di infiniti problemi clinici. A questo proposito, però, Yamanaka lancia anche un monito alla comunità scientifica internazionale: «La tecnologia delle Ips – spiega Yamanaka – sta ancora muovendo i suoi primi passi, ma le sue potenzialità sono enormi nello studio e nella cura delle malattie. Ma per realizzare al più presto apllicazioni cliniche in questo campo dobbiamo raggiungere un metodo completo e unforme di riprogrammazione cellulare». Come a dire: lavorare insieme, seguendo lo stesso protocollo, renderà più vicina la meta. (V.Dal.)
scenari Spermatozoi in vitro. E l’uomo diventa inutile
di Antonella Mariani
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i sarà ancora bisogno dell’uomo per generare un figlio? Una domanda Karim Nayernia paradossale, ma che non si può fare a meno di formulare nel descrivere i nuovi studi degli scienziati di Newcastle, gli stessi della pecora Dolly e degli embrioni chimera, metà umani e metà animali. Il quotidiano britannico The Independent ieri ha sparato un titolo a caratteri cubitali in prima pagina: «Gli scienziati creano lo sperma in provetta», mettendo in evidenza già nel sommario gli aspetti positivi della scoperta, «la speranza di trovare cure per l’infertilità maschile», e quelli più inquietanti, legati appunto al «ruolo futuro dell’uomo» nella riproduzione. Di cosa si tratta è presto detto: il biologo Karim Nayernia è riuscito a ottenere sperma «maturo e funzionale» – dice – agendo su cellule staminali embrionali con cromosomi XY (maschili), da cui sono state separate le cellule germinali (quelle cellule che durante le prime settimane di sviluppo dell’embrione si differenziano fino a
L’annuncio dei biologi di Newcastle: «La ricerca ci aiuterà a capire le cause dell’infertilità, non sarà utilizzata per la fecondazione artificiale». Ma restano pesanti dubbi etici: sono stati eliminati embrioni vitali per creare cellule forse inservibili formare spermatozoi oppure ovociti), che sono poi pienamente maturate dando vita a quello che è stato ribattezzato "sperma derivato in vitro" (Ivs). Se questo risultato, che è stato pubblicato ieri sulla rivista scientifica Stem Cells and Development, venisse confermato, ci si potrebbe aspettare che da un singolo embrione con corredo genetico maschile si possa ricavare una linea cellulare potenzialmente in grado di fornire una quantità indefinita di spermatozoi.
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e prime perplessità sono tecniche: nonostante il team britannico abbia anche prodotto un video che dimostrerebbe la mobilità degli spermatozoi, alcuni scienziati come Robin Lovell-Badge del National
Institute for Medical Research di Londra hanno espresso pesanti dubbi sul fatto che essi siano davvero sani e vitali. Il collega Allan Pacey dell’Università di Sheffield dubita che «queste cellule simil-sperma prodotte su un vetrino possano essere chiamate spermatozoi». Le altre perplessità riguardano le implicazioni sulla riproduzione umana di una simile ricerca. Nayernia ha precisato che lo studio ha come unico obiettivo di «comprendere nel dettaglio come si formano gli spermatozoi, e di conseguenza di capire meglio i meccanismi dell’infertilità maschile per poterla curare».
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o sperma prodotto in vitro, rassicura il biologo di Newcastle, non può e non deve invece essere utilizzato per trattamenti di fecondazione: «Non abbiamo alcuna intenzione di farlo», ha aggiunto. Ma le rassicurazioni non bastano a cancellare le perplessità di chi vede nella creazione di sperma in vitro una nuova frontiera difficilmente governabile sul piano etico. «È un esempio di pazzia immorale – ha commentato Josephine Quintavalle, dell’associazione Comment on Reproductive Ethics (Corethics) –.
Embrioni vitali sono stati distrutti per creare spermatozoi sui quali ci sono forti dubbi circa la loro vitalità. È l’equivalente di stroncare una vita per crearne forse un’altra. Sono favorevole alle cure contro l’infertilità ma non credo che si possa agire come si vuole».
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on un esperimento svolto in parallelo a quello reso noto ieri, i biologi di Newcastle hanno ottenuto spermatozoi dalle cellule staminali della pelle, quindi con lo stesso patrimonio genetico del «donatore». Karim Nayernia ha promesso che i risultati di questa seconda sperimentazione, che potrebbe aiutare gli uomini infertili a concepire figli biologici a partire solo dalla propria pelle, saranno pubblicati entro alcuni mesi. Nulla di fatto invece sul fronte della creazione di spermatozoi da cellule embrionali con corredo genetico XX, cioè femminile; le speranze delle coppie lesbiche di poter avere un figlio senza ricorrere a donatori sono al momento frustrate. Tre anni fa lo stesso Nayernia aveva annunciato la creazione in vitro di spermatozoi di topi: con la fecondazione in provetta nacquero sette topolini, che però morirono poco dopo.
Fondi pubblici: la Casa Bianca cambia regole
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ono molte le questioni bioetiche sul tavolo dell’amministrazione Obama, ma uno solo sembra il filo conduttore: la forte discontinuità con George W. Bush. Dopo l’azzeramento da parte di Obama del Comitato di bioetica voluto proprio da Bush e che per otto anni aveva coadiuvato la biopolitica della Casa Bianca, il segnale più forte arriva dal fronte della ricerca sulle cellule staminali embrionali. All’executive order 13505 del marzo scorso con cui Obama aveva rimosso i limiti ai finanziamenti per la ricerca su quel tipo di cellule, hanno fatto seguito le linee guida, pubblicate martedì.
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e linee guida emesse dal National Institutes of Health per stabilire se un progetto di ricerca sulle staminali embrionali sia «eticamente responsabile» e «scientificamente meritevole» non hanno mancato di suscitare critiche. Già per la pubblicazione della prima versione – resa nota per consentire osservazioni da chi fosse interessato – alle linee guida non furono risparmiati giudizi inequivocabili. Il cardinal Justin Rigali, presidente del Comitato per la vita dell’episcopato Usa, espresse tutto il suo disappunto: «Le linee guida – disse Rigali – segnano un nuovo capitolo nella separazione della ricerca biomedica dalle sue fondamenta etiche». Altrettanto chiaro il commento al testo definitivo fatto da Richard Doerflinger, direttore associato del Segretariato per le attività prolife dei vescovi: «Queste nuove regole incoraggiano gli studiosi a lavorare alla distruzione di embrioni a spese dei cittadini».
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roprio sul tema dei finanziamenti pubblici verte un’altra polemica che ha investito Obama per le sue politiche riguardanti l’aborto. Dapprima una lettera di 19 deputati democratici preoccupati per la riforma sanitaria che apre a stanziamenti di fondi federali per finanziare l’aborto aveva agitato le acque nel partito. Poi, con la proposta di abolizione del "Dornan Amendment", una legge che impediva l’accesso a fondi pubblici da destinare all’aborto nel District of Columbia (quello della capitale Washington), era stato l’House Appropriations Committe, l’ente che si occupa degli stanziamenti dell’amministrazione, a suscitare molte critiche degli ambienti pro-life. La proposta ha resistito al tentativo di revisione avanzato da due dei membri dell’ente, il repubblicano Todd Tiahrt e il democratico Lincoln Davis. Il cosiddetto "Tiahrt-Davis Amendment", che avrebbe garantito il mantenimento del Dornan Amendment, è stato infatti bocciato durante la seduta del Comitato del 7 luglio. Per il 2010 resta dunque in agenda, tra le «questioni politiche importanti», l’eliminazione delle «proibizioni sull’uso di fondi locali per l’aborto» nel District of Columbia.
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a l’aborto non è solo un problema interno. Secondo il Catholic Family and Human Rights Institute, l’amministrazione Usa si sta impegnando per incrementare l’accesso all’aborto a livello internazionale esercitando pressioni durante la stesura dei documenti che saranno esaminati all’Onu di Ginevra questa settimana. Nel testo che i rappresentanti Usa hanno promosso si parla infatti di accesso universale ai «servizi di salute sessuale e riproduttiva», inclusa la «pianificazione familiare». Non è una novità, se si pensa che risale a gennaio la decisione di Obama di invertire la rotta segnata dalla cosiddetta "Mexico City Policy", voluta da Ronald Reagan e adottata anche da George W. Bush. Una decisione che ha riaperto l’accesso ai fondi federali per le organizzazioni internazionali che promuovono l’aborto. Lorenzo Schoepflin
Avvenire
Giovedì, 9 luglio 2009
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ome può sapere una persona – si chiede Scienza & Vita di Arezzo – come potrà reagire alla malattia tra qualche anno? Da giovani pensiamo all’infermità come qualcosa di doloroso e insuperabile, e dopo dieci o quindici anni magari abbiamo maturato una posizione psicologica diversa. Per questo ritengo questa proposta inutile, anche perché se ne sta discutendo proprio in questi giorni in Parlamento». L’atto di indirizzo è all’ordine del giorno per il consiglio comunale di mercoledì 15 luglio, «anche se – spiega Marco Donati, del Partito democratico aretino, la votazione è con ogni probabilità destinata a slittare perché nella seduta del 15 non ci sarà materialmente il tempo di prendere in esame la proposta».
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on abbiamo ancora elaborato una posizione ufficiale in merito – spiega Donati –. In ogni caso la mossa di Tulli non è piaciuta a molti sia per il merito che per il metodo con cui è stata presentata. Nella proposta si entra nell’ambito di questioni specifiche, come per esempio l’alimentazione, che vanno approfondite accuratamente e che non è giusto affrontare a livello comunale». Netta la posizione di Francesco Francini del gruppo di opposizione del Pdl. «Si tratta di una provocazione, una forzatura, in un momento in cui, dopo il tragico caso Englaro, il Parlamento sta discutendo proprio di questi temi. In ogni caso sono certo che, anche se venisse approvato, l’atto d’indirizzo non avrebbe comunque alcun peso, anche perché non è vincolante». Lorenzo Canali
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eri il vescovo anglicano di Exeter, Michael Langrish, che ha una figlia con sindrome di down, ha detto ai Lord che un emendamento all’attuale legge rappresenterebbe «un passo gigantesco verso l’introduzione del suicidio assistito in Gran Bretagna». Qualche anno fa un altro membro della Camera dei Lord, Lord Joffe, aveva tentato di aprire la porta al suicidio assistito, ma senza successo. Per la prima volta, nel 2002, Joffe propose di cambiare la legge e permettere a «un adulto competente che soffre in modo insostenibile di ricevere assistenza medica per morire, se lo richiede». Più tardi lo stesso Joffe cercò di nuovo di presentare la sua proposta dal titolo «Assisted Dying for the Terminally Ill Bill» ai Lord, ma anche quella volta fu bloccata. La necessità di cambiare la legge, spiegò allora il Lord, è confermata dai casi di malati
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nche il premier Gordon Brown ha ribadito in più di un’occasione la sua contrarietà a cambiare una legge che funziona per proteggere i soggetti più deboli dalle pressioni dei familiari e della società. «L’ultima cosa che desidero – ha dichiarato Brown qualche mese fa – è quella di far credere alle persone malate e vulnerabili che sono un peso. Sono invece una ricchezza». È molto probabile, ci spiegava ieri Peter Saunders di Care Not Killing, un’associazione che promuove le cure palliative e si batte
terminali che decidono di farsi accompagnare a morire in Paesi come la Svizzera e si rivolgono ai giudici per sollevare da incriminazioni i loro cari disposti ad aiutarli. La prima persona a presentarsi all’Alta Corte fu Debbie Purdy, una signora di 45 anni malata di sclerosi multipla che chiedeva che il marito non fosse incriminato qualora l’avesse portata in Svizzera. La volontà della donna è stata respinta anche in appello, ma la Purdy continua la sua battaglia e poche settimane fa il suo caso è stato discusso anche dalla Camera dei Lord. Nel riferire il verdetto alla Purdy il giudice della corte d’appello aveva menzionato il caso di
di Elisabetta Del Soldato
Papilloma virus: la campagna non convince Vaccinato solo il 57% delle dodicenni italiane
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on convince le famiglie italiane la campagna per la vaccinazione delle dodicenni contro il papilloma virus, responsabile del cancro al collo dell’utero, che ogni anno causa mille vittime nel nostro Paese. Dopo un intenso sforzo comunicativo con l’invio di lettere a casa per informare i genitori della possibilità di vaccinare la figlia adolescente prima dell’ipotizzato inizio della sua vita sessuale (la via attraverso la quale si attiva il virus è proprio quella sessuale), i promotori dell’iniziativa denunciano che si è arrivati solo al
contro l’eutanasia e il suicidio assistito, che la lobby proeutanasia non si fermerà qui. Prima Lord Joffe e ora Lord Falconer. Gli interessi coinvolti sono enormi, come il poter sollevare ospedali e famiglie da cure lunghe, impegnative e soprattutto molto onerose. Non credo che arriveremo presto a questo punto, ma la
57% di ragazze "coperte" dal vaccino. In realtà, sono numerose le questioni ancora aperte: è dimostrato che il vaccino non contrasta tutti i ceppi del virus, la sua durata è di pochi anni, esistono esami come il Pap Test che – condotti con regolarità – assicurano una prevenzione sicura. La domanda che però molte famiglie si pongono è di carattere etico ed educativo: la vaccinazione così come viene proposta appare infatti a molti come un sostanziale via libera all’attività sessuale precoce, una resa educativa che evidentemente non persuade.
proposta di Lord Falconer è pericolosa perché mette a rischio una vita che potrebbe essere vissuta diversamente se custodita da cure e affetto. Sono convinto che molte delle persone che ha scelto di morire all’estero non l’avrebbero fatto se non si fossero sentite un peso per la società e la famiglia».
Biotestamento fuori registro
INSINTESI
«L’ultima cosa che desidero – ha dichiarato Gordon Brown qualche mese fa – è quella di far credere alle persone malate e vulnerabili che sono un peso. Sono invece una ricchezza»
contromano
na scelta destinata a spaccare un consiglio comunale e forse un’intera città. È la proposta contenuta nell’atto d’indirizzo, presentata dal consigliere di maggioranza del Comune di Arezzo, Marco Tulli (Sinistra). Di cosa si tratta? Istituire un registro comunale nel quale conservare le dichiarazioni volontarie riguardo al trattamento sanitario di fine vita. A far discutere, in modo particolare, un passaggio della proposta nel quale si legge che il documento servirà come prova «contro eventuali contestazioni, della volontà di chi sì è registrato di non essere sottoposto a ventilazione o alimentazione forzata nel caso di una malattia o di un incidente che comporti lo stato vegetativo».
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Dan James, un ragazzo di 23 anni, giocatore di rugby rimasto paralizzato dopo un incidente in un allenamento, morto l’anno scorso presso Dignitas. I genitori del ragazzo, Mark e Julie, hanno accompagnato il figlio in Svizzera e quando sono tornati in Gran Bretagna sono stati fermati dalla polizia e interrogati ma non sono stati incriminati. In questo caso il giudice aveva sottolineato l’importanza della compassione.
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È molto probabile, spiega Peter Saunders di Care Not Killing, che la lobby pro-eutanasia non si fermerà qui. Gli interessi coinvolti sono enormi, come il poter sollevare ospedali e famiglie da cure lunghe, impegnative e soprattutto molto onerose
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er opporsi alla legge sulle a è davvero «straordinario» il valore di queste Dichiarazioni anticipate di iniziative? «Niente affatto – commenta Filippo trattamento, il cui esame Vari, docente di Diritto costituzionale doveva riprendere ieri alla all’Università Europea di Roma –, che i Comuni si Camera, l’associazione mettano a istituire registri del genere mi pare al di Luca Coscioni ha indetto fuori del principio di legalità. Sono iniziative non per questo fine settimana una consentite dall’ordinamento, in quanto per avere mobilitazione per aprire in tutti i Comuni i registri registri per il testamento biologico è necessaria una dei testamenti biologici prima dell’approvazione legge». Qualcosa del tutto simile, vien da pensare, ai della legge nazionale. «Contemporaneamente famosi registri per le coppie di fatto, quelli creati nel continuiamo – ha dichiarato Marco Cappato, tempo da una manciata di Comuni in Italia e che, segretario della Cosconi –, assieme anche per la loro inutilità, si sono all’associazione "A buon diritto", a rivelati un flop nonostante la grande La mobilitazione raccogliere i testamenti biologici dei pubblicità che hanno ricevuto. Eppure per istituire nelle città c’è chi sostiene, come Cappato, che cittadini italiani». così facendo, «se il Parlamento gli appositi albi ià 8 Comuni hanno deliberato Vari: «Ci si muove insisterà ad approvare norme l’istituzione di un registro del anticostituzionali i cittadini che si fuori dalla legge» testamento biologico», fa saranno nel frattempo rivolti ai registri sapere un comunicato comunali, ai notai o alle associazioni, dell’associazione Coscioni; «in altri 5 sono state potranno almeno sperare nella magistratura per presentate proposte nel Consiglio comunale, e in 8 veder affermati i propri diritti». Comuni, tra i quali Torino, oltre alla stessa Roma, sono state raccolte le firme per proposte di delibere nche qui – chiosa Vari – c’è un problema di iniziativa popolare comunale. A Salerno, Avellino cruciale di certezza giuridica. Se questa è e Caserta ci si sta già muovendo per la convocazione essenziale per quanto riguarda la gestione, la di referendum comunali. Il valore di queste vendita o il lascito ereditario di beni immobiliari, iniziative è straordinario: si responsabilizza non si capisce a cosa mai possano servire delle l’amministrazione pubblica nella ricezione e disposizioni addirittura sulla propria vita rilasciate in validazione gratuita dei biotestamenti al livello più registri che non hanno alcun valore legale. Del resto, vicino al cittadino; si manda un messaggio molto se non fosse così, e se di questo non fossero chiaro ai parlamentari che lavorano per consapevoli anche i fautori di tali iniziative, non si l’abrogazione di questo diritto». Una ripresa in capirebbe la pressione fortissima che c’è stata per grande stile dell’iniziativa radicale su uno dei loro arrivare a una legge e poi lo scontro, tuttora in atto, cavalli di battaglia, ovvero il «diritto per vederla approvata secondo il proprio all’autodeterminazione». orientamento».
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di Andrea Galli
Fine vita, volontà in Comune
Di fronte alla possibilità di cambiare l’attuale legge, permettendo ai familiari di aiutare un proprio caro a suicidarsi, i Lords hanno risposto picche Chi proverà a farlo rischierà ancora fino a 14 anni di prigione Sinora sono 115 i britannici che si sono recati a morire in Svizzera, nel centro Dignitas di Zurigo, ma più di 800 sarebbero quelli che aspettano di farlo
sotto la lente
Arezzo
a Gran Bretagna ancora una volta ha deciso di non fare un passo avanti verso il suicidio assistito. Messo di fronte alla possibilità di cambiare una legge e permettere ai familiari di aiutare un malato terminale a morire, Westminster ha detto chiaramente di no. La legge, hanno votato 194 Lord contro 141, rimarrà tale e quale a com’è ora e chi assisterà una persona al suicidio rischierà come sempre fino a 14 anni di prigione. Il dibattito sul suicidio assistito si è infuocato in Gran Bretagna negli ultimi due anni in seguito ad alcuni casi di persone malate terminali che hanno chiesto all’Alta Corte e a quella di Appello di sollevare da incriminazioni gli amici e i familiari che li avrebbero portati a morire all’estero, nella maggior parte dei casi alla clinica svizzera Dignitas. La questione ha raggiunto priorità alla Camera dei Lord quando Lord Falconer ha deciso di chiedere un voto e mentre si contavano i casi di persone che si sono recate alla clinica Dignitas e di quelle in lista d’attesa. Fino a oggi sono infatti 115 i britannici morti nella clinica privata elvetica e più di ottocento sono quelli che aspettano di farlo. Ha fatto inoltre discutere qualche giorno fa la lista pubblicata dal Guardian delle persone suicidatesi in Svizzera, con le relative malattie: su 115, 36 erano affette da diverse forme di cancro; 27 da Sclerosi laterale amiotrofica e 17 da sclerosi multipla. Gli altri denunciavano malattie gravi che richiedono la dialisi o il trapianto di organi.
di Lorenzo Schoepflin
fuoriporta
Suicidio assistito, Londra si ferma. Per ora
Alla conquista della «Porta Pia bioetica» iù che di per sé [...], il caso Eluana è importante per il suo significato simbolico». È questo il distillato di anni di battaglia giudiziaria che Maurizio Mori presenta nel suo libro Il caso Eluana Englaro. La Porta Pia del vitalismo ippocratico, ovvero perché è moralmente giusto sospendere ogni intervento, edito da Pendragon, finito di stampare tre mesi prima della morte di Eluana. Un significato simbolico di una portata tale da poter dare il via, secondo Mori, a una vera rivoluzione culturale e filosofica. Se infatti l’introduzione del libro è dedicata ai fatti che hanno visto protagonisti Beppino Englaro, Carlo Alberto Defanti, Amedeo Santosuosso e lo stesso Mori a partire dal 1995, le pagine successive conducono a teorizzare un vero e proprio sovvertimento morale.
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difficile non essere sfiorati dall’idea che la vicenda Englaro sia stato ciò che serviva alla Consulta di bioetica, oggi presieduta da Mori e fin dal 1990 impegnata per la legalizzazione dell’eutanasia, per passare dalle parole ai fatti e far sì che sui media italiani cominciassero a circolare le idee che animano l’attività della stessa Consulta. Operazione in atto da molto tempo, se si considera che già nel 1993, il 27 febbraio, il Corriere della Sera dava risalto alla tesi dell’«organismo di estrazione laica» secondo il quale «è un’azione moralmente lecita quella del medico che procura una morte senza dolore a una persona che ne fa richiesta, ripetutamente e senza incertezze, per porre fine a un’infermità
Libri, articoli, convegni: così la Consulta guidata da Maurizio Mori, e prima di lui da Carlo Alberto Defanti, si batte per legalizzare l’eutanasia puntando a ottenere successi simbolici e usando i media come megafono inguaribile e a una situazione degradante per la propria dignità». Detto meno elegantemente, eutanasia.
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a è con il susseguirsi delle sentenze sul caso Englaro che gli organi di informazione hanno dato sempre più ampio spazio a questo tipo di considerazioni: il Manifesto del 17 ottobre 2007 pubblicò un’intervista a Stefano Rodotà, dove l’ex garante della privacy commentava la sentenza del giorno precedente con la quale la Cassazione sosteneva la possibilità per il giudice di autorizzare il distacco del sondino, rinviano la decisione ultima alla Corte d’Appello. Secondo Rodotà la sentenza sanciva il «riconoscimento pieno del testamento biologico», recependo «correttamente l’indicazione costituzionale dell’articolo 32». E’ interessante notare come, a supporto di queste tesi, Rodotà citasse il parere della Commissione Oleari, l’organo voluto nel 2001 dall’allora ministro della Sanità Umberto Veronesi per occuparsi di «nutrizione e idratazione nei soggetti in stato di irreversibile perdita della coscienza». Lo stesso Mori, nel suo recente libro, menziona la Commissione, respingendo le accuse di chi sostiene che siano stati proprio i testi elaborati da quel gruppo a preparare il terreno per le successive evoluzioni del caso Englaro. Tesi sostenuta anche da Defanti che, sul Corriere della Sera
del 3 agosto 2008, prendeva le parti della Commissione.
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ndubbiamente tra le conclusioni dei lavori di quest’ultima alcune sembrano cucite su misura per il caso Englaro, come ad esempio quella che stabilisce che «l’idratazione e la nutrizione artificiali degli individui in Stato Vegetativo Permanente possono essere interrotte dopo che la Commissione medica abbia accertato la condizione di irreversibilità». E non si può fare a meno di notare che della Commissione Oleari faceva parte Santosuosso, mentre tra gli esperti consultati figurava Maria Cristina Morelli, primo avvocato di Beppino Englaro. Proprio la Morelli (Repubblica, 14 giugno 2000) spiegava che l’idea portante dell’iter giudiziario consisteva nell’affermazione che «una persona minorata non gode del diritto di esprimere il consenso informato alle cure che spetta a tutti i cittadini, e che tale sperequazione va colmata con la nomina, appunto, di un tutore», individuato in Beppino.
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n quello stesso articolo si affermava che per Eluana «non c’è speranza che torni tra noi» e che a Beppino la legge impediva di sublimare nel lutto la perdita «già avvenuta» della figlia. Concetti giunti fino a oggi, se è vero che Amato De Monte, l’anestesista che si è occupato di Eluana negli ultimi giorni a Udine, ha dichiarato che la donna era morta 17 anni prima. Forse De Monte si riferiva alla presunta fine della «vita biografica», la cui distinzione da quella «biologica» è concetto cardine delle tesi di Mori. La prima «è buona se e solo se il soggetto interessato ha esperienze positive», mentre la seconda «non ha alcun valore intrinseco». Del resto, sostiene Mori, la vita non è più un mistero. L’impressione è che la spiegazione della vita sia un’esclusiva della Consulta.
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Avvenire
Giovedì, 9 luglio 2009
www.avvenireonline.it\vita
«Istruzioni» sul sesso, la rinuncia a educare box Liberi per vivere
aborto Dieci dubbi irrisolti sulla Ru486
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a novembre 2007 la questione della pillola abortiva Ru486 è al vaglio dell’Agenzia del farmaco (Aifa) in attesa del via libera alla commercializzazione in Italia. Nonostante le prove che documentavano 16 vittime nel mondo, a febbraio 2008 il Comitato tecnico-scientifico dell’Aifa concesse parere positivo. Dopo la sostituzione del direttore dell’Agenzia, la procedura si è fermata alla contrattazione sul prezzo. Poche settimane fa un’indiscrezione di agenzia rivelava che nel dossier sulla sicurezza della Ru486 chiesto dal nostro governo all’azienda produttrice – la francese Exelgyn – viene ammesso che le morti non sono 16 ma 29. A queste andrebbero aggiunti i decessi dopo l’assunzione del solo misoprostol, l’altro farmaco usato per completare l’aborto chimico. Il rapporto è stato inoltrato all’Aifa per un’attenta valutazione.
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a vicenda non può non far sorgere una serie di interrogativi che esigono una chiarificazione. 1. Quando il Comitato tecnico-scientifico ha emesso parere favorevole al farmaco, quanti decessi ammetteva la documentazione? 2. A quando risalgono le morti? 3. Al momento di presentare la domanda di registrazione in Italia, l’azienda ha segnalato all’Aifa tutti i casi fatali e gli eventi avversi di cui era conoscenza? 4. Il Comitato tecnico aveva tenuto in considerazione quanto già pubblicato in Italia (libri, ricerche, articoli, un gran numero su queste pagine), con le prove mai smentite delle morti? 5. Le decisioni del Comitato non dovrebbero basarsi su una documentazione di sicurezza più completa e aggiornata possibile? 6. Se il dossier su cui il Comitato ha elaborato il proprio parere non era completo, non è il caso di ridiscutere daccapo la pratica nella stessa sede alla luce dei nuovi dati? 7. Con quali criteri il Comitato decide la pericolosità di un farmaco? 8. Dopo quanti morti si allerta la farmacovigilanza? 9. Se il governo non si fosse attivato autonomamente, questi casi sarebbero stati conosciuti? 10. Per l’aborto chimico si è disposti ad accettare standard di sicurezza diversi rispetto ad altre procedure? Renzo Puccetti
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aturalmente sappiamo bene che questa nostra posizione è attaccabile, perché questi nostri interlocutori, compresi quelli che hanno deciso di installare i distributori automatici di preservativi nelle scuole della provincia di Roma, non hanno mai pronunciato parole chiare sotto il profilo antropologico. Perché loro sono dei tecnici, anzi molti sono medici, dunque perché spiegare dove va a parare la loro proposta? Perché assumersi l’onere di chiarire che la loro è una resa, senza condizioni, a comportamenti solo presuntivamente diffusi? A cominciare dalla sessualità precoce, rispetto alla quale non si esprime il minimo giudizio, rifugiandosi in un farisaico rispetto della libertà individuale. Ma perché chiedere a ragazzi e ragazze di non bere, non fumare, non drogarsi e poi suggerire l’idea che comunque l’attività sessuale possa essere libera, senza alcun vincolo relazionale, di maturità e di affettività? Che tanto serve solo
di Tommaso Gomez
Lanciando campagne su preservativi e pillole i medici sembrano essersi arresi alla scissione tra sessualità e affetti Ai genitori il compito di riprendere le redini
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educazione sessuale è come quella fisica, una materia scolastica per restare in salute. Per un corretto stile di vita non bere, non fumare, non drogarti, fai movimento, cura l’alimentazione e utilizza sempre metodi contraccettivi sicuri, pillola e preservativo». Non possiamo sapere quanti genitori dotati di semplice buon senso (quelli che una volta si sarebbe detto «hanno la testa sul collo») e che abbiano a cuore il futuro e la crescita equilibrata dei propri figli sottoscriverebbero l’affermazione che vi riproponiamo. Noi dubitiamo che, messa così, possano essere in tanti, salvo doverci arrendere a quella banalizzazione dilagante che vuole tutti i genitori disattenti e pronti a scaricare su altri soggetti (insegnanti in primis) la funzione educativa. Ma di sicuro la tentazione potrebbe essere forte: un problema in meno, tante domande scomode a cui si potrebbe non rispondere, alcuni dialoghi in meno da impostare e tante occasioni di dissenso dribblate. Ma alla fine i genitori potranno sentirsi a posto con la propria coscienza, dopo aver affidato alla scuola il compito di spiegare la sessualità ai propri figli? Davvero sicuri che quell’approccio a dir poco banalizzante sia la chiave giusta per impostare un dialogo anche con il più difficile degli adolescenti? Dubitare è lecito, soprattutto perché in quella frase che riassume la posizione ufficiale della Sigo (Società italiana di ginecologia) c’è la dichiarazione di resa culturale (e se volete persino spirituale) di un’intera generazione di tecnici e professionisti che, al di là del politicamente corretto che è lo stigma culturale di quella proposizione, ha operato una precisa scelta culturale: la separazione fra la sessualità e l’affettività, il disancoraggio definitivo della sessualità da una dimensione antropologica relazionale.
matita blu
dibattito
di Domenico Delle Foglie
Scienza e religioni, un corso estivo
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i chiuderà venerdì, all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, l’ottavo Corso estivo internazionale di aggiornamento in Bioetica, sul tema "Global bioethics: scienza, religioni e diritti umani in dialogo". Gli argomenti sono trattati da docenti interni della Facoltà di bioetica e da esperti provenienti da diversi Paesi. Venerdì, nella giornata di chiusura, sono in programma alcune testimonianze di impegno in biopolitica, in particolare di Paola Binetti e di Rocco Buttiglione. Seguirà una tavola rotonda e infine l’intervento conclusivo di Eugenia Roccella su "Onu e organismi internazionali".
"proteggersi" adeguatamente? Queste domande, almeno, richiederebbero risposte oneste e disinteressate. Ma le immaginiamo già: non ci sono vincoli all’attività sessuale come espressione della libertà individuale. Ne siete davvero sicuri? E se solo immaginiamo che questo possa essere il contenuto di un insegnamento scolastico, in cui tutto vada in direzione di una conoscenza meccanica del proprio corpo e delle proprie funzioni biologiche, accompagnato dal sottinteso che tutto è possibile solo che lo si voglia e che gli altri lo facciano, allora davvero no grazie.
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utto questo richiede una forte presa in carico da parte delle famiglie. Sostiene Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare, che «un tema simile deve far parte dell’educazione alla responsabilità e all’affettività e che al massimo bisogna aiutare i genitori a educare, dato che questo è un compito al quale non possono abdicare». Aiutare e
potenziare il ruolo della famiglia quindi, «perché – ha dichiarato il sottosegretario – tutte le ricadute negative sui ragazzi, dal bullismo alle violenze, sono dovute all’indebolimento della famiglia, grandissima risorsa e prima agenzia educativa che per fortuna in Italia ancora regge».
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inalmente una parola incoraggiante sulle famiglie italiane. Ai ginecologi non sorge il dubbio che se in Italia abbiamo il minor numero di gravidanze di minorenni in Europa, forse è merito semplicemente delle famiglie italiane? E forse anche di una condivisione di fondo di quell’antropologia di cui il mondo cattolico, nelle sue mille declinazioni, si fa portatore? Un’antropologia che sposa la sessualità e la indirizza, partendo da due pilastri: il rapporto tra sessualità e genitorialità, la complementarietà della differenza sessuale come modo per la sua realizzazione. Ovvero l’essere maschio e femmina che vivono la sessualità con ottimismo e gioia, secondo i tempi della propria maturazione personale e di coppia, e che non escludono dal proprio orizzonte la genitorialità. Siamo certi che questo possa essere il contenuto di un futuro insegnamento pubblico? Viste le premesse ne dubitiamo fortemente. Non solo per questo, ma soprattutto perché riteniamo spetti ai genitori offrire ai figli l’orizzonte umano entro il quale inscrivere la dimensione sessuale come una delle principali manifestazioni dell’essere persona, sarà meglio che si lasci a loro l’onere di parlarne con gli adolescenti. Di sicuro non sarà un preservativo in più o in meno a dare le risposte ai giovani figli di uomini e donne liberi. Liberi non solo di mettere al mondo i figli, ma anche di educarli all’amore e alla sessualità responsabile che sa riconoscere sempre nel partner una persona. Vi sembra che un’ora di educazione sessuale a scuola possa garantirlo e rassicurare tanti genitori preoccupati?
frasi sfatte Quant’è «razionale» la selezione di massa Con quale razionalità finora si ammettevano le pratiche diagnostiche di amniocentesi e si vietava una prassi molto meno invasiva e lesiva per il nascituro come la diagnosi pre-impianto? Luigi Manconi e Andrea Boraschi, «l’Unità», 6 luglio
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vete presente l’ossessiva insistenza con la quale molti ginecologi tormentano le gestanti per convincerle a fare esami prenatali di ogni tipo? Spesso anche la madre più motivata ad accogliere il figlio finisce per cedere, e si sottopone a ogni sorta di diagnosi invasive per fugare qualsiasi "dubbio", anche a rischio di giocarsi la gravidanza. L’amniocentesi – ma anche altri esami trasformati in obblighi morali – mostra eventuali malformazioni. E dopo cosa succede, secondo voi? La legge 194 dice che l’aborto è consentito
solo se c’è pericolo per la salute della madre, ma il nesso tra diagnostica prenatale e interruzione della gravidanza, nella realtà, è quasi automatico. Se si considera questa pratica selettiva di massa come un successo per la «razionalità», allora hanno ragione Manconi & Boraschi: evviva la diagnosi preimpianto sugli embrioni! L’amniocentesi è ammessa, ovvio: il problema è che oggi serve a scartare esseri umani. Scartarli prima che inizi la gravidanza può apparire «razionale». Ma è solo più spietato. (T.G.)
Associazioni laicali, nei campi estivi si studia il «fine vita»
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estate "brucia", e la sezione appuntamenti, immancabile e consultatissimo corredo di tutti i periodici locali, si infittisce: si susseguono le segnalazioni di sagre, eventi gastronomici e concerti. Eppure, a legger bene, qualcosa si muove anche su un altro fronte. Sfogliando le pagine dedicate alle iniziative locali, è tutt’altro che raro imbattersi in un appuntamento dal titolo curioso: "Liberi per vivere". La campagna di coscientizzazione popolare infatti, in questi mesi e fino alla fine dell’anno, è in pieno svolgimento su tutto il territorio nazionale e sul sito www.scienzaevita.org è possibile consultarne il calendario aggiornato. I 16 milioni di dépliant stampati e distribuiti circolano nelle parrocchie italiane così come in tutti i luoghi che le centinaia di volontari in forza alle 41 associazioni firmatarie del Manifesto hanno individuato per raggiungere il maggior numero possibile di persone. Parte fondante e attiva dell’iniziativa in corso sono sicuramente le associazioni e i movimenti che, lungi dall’essersi limitati all’atto formale della sottoscrizione, stanno promuovendo in più occasioni e modalità "Liberi per vivere". Tra le realtà più vivaci in questo periodo estivo si segnalano l’Azione cattolica e il Movimento cristiano lavoratori (Mcl). Sono molti gli eventi e gli appuntamenti che li vedono protagonisti, dal Nord al Sud, in un’azione capillare che si avvale della presenza di numerose sezioni territoriali e della promozione nei campi estivi.
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n particolare l’Azione cattolica, che molto crede e si riconosce nel valore educativo di questa operazione, ha coinvolto e mobilitato le presidenze diocesane, chiamate ad organizzare incontri, convegni e laboratori a tema. In quest’ottica, tutto quanto è fatto o programmato andrà a unirsi alle altre iniziative sul territorio, per favorire una verifica della penetrazione reale della campagna. Inoltre, nell’organizzare i percorsi formativi che ogni estate coinvolgono giovani e adulti, ha inserito all’interno dei gruppi di lavoro un momento di studio dedicato al fine vita. La riflessione su questi temi viene declinata sia sul fronte della fragilità dell’uomo, sia su quello antropologico e vede coinvolti ragazzi e formatori, scandendone la formazione personale e di gruppo, preparandoli a diventare, a loro volta, "portavoce della vita". Il Movimento cristiano lavoratori, mettendo a disposizione la generosità e la preparazione dei propri membri, ha invece attivato un’intensa opera di sensibilizzazione rivolta al proprio interno. Ogni presidente regionale o provinciale si è attivato infatti per presentare il Manifesto "Liberi per vivere" ai referenti delle sedi locali, invitando alla discussione e alla riflessione e innescando una sorta di "reazione a catena" che li coinvolge nella divulgazione della campagna. In molte occasioni, inoltre, si è sperimentata con successo una proficua sinergia con i rappresentanti di altre realtà ecclesiali e con le locali associazioni Scienza & Vita. Emanuela Vinai
Il buon senso diventa «sterile»
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eggere per credere: «Fecondazione assistita anche per coppie non sterili». Urca! Uno non fa in tempo a distrarsi un attimo, approfittando magari del solleone estivo, e si ritrova con un pezzo di legge 40 in meno. Questa, secondo un articolo del Corriere della Sera di mercoledì scorso, a firma di Margherita De Bac, l’ultima picconata: «Saltano gli steccati della legge sulla fecondazione artificiale sotto i colpi dei giudici. Un’ordinanza del tribunale di Bologna depositata due giorni fa aggiunge novità e rafforza, con una serie di chiarimenti, la sentenza della Corte Costituzionale che in pratica aveva abbattuto i paletti più invisi alla comunità scientifica».
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n successo della Dea Ragione sulla superstizione popolare. Tra le novità, più precisamente, il fatto che «le tecniche potranno essere utilizzate anche da coppie non sterili che hanno già avuto bambini
concepiti naturalmente, ma che sono nati con gravi patologie». Insomma, tutti d’ora in poi potranno usufruire dei benefici della provetta, anche chi in teoria potrebbe affidarsi alle vie naturali. Il pallino di chi vorrebbe piegare la fecondazione assistita a pratica per la selezione eugenetica degli embrioni. Nello stesso pomeriggio di mercoledì scorso i tappi di champagne che volano non si contano: «I Tribunali stanno facendo con gran buon senso ciò che i politici non sanno fare, ossia usare il buon senso», sentenzia il ginecologo e padre della provetta Carlo Flamigni.
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enedetto Della Vedova, Pdl: «La decisione del Tribunale di Bologna... si adegua alla recente sentenza della Consulta e inquadra la legge 40 in una cornice giuridicamente coerente con le disposizioni costituzionali». Silvana Mura, Idv: «L’ordinanza del tribunale di Bologna ha fatto venire meno l’ennesima ingiustizia in danno delle coppie non sterili ma portatrici di patologie genetiche». E via discorrendo. Peccato solo che le cose non siano
proprio come le riferisce il Corrierone. Risulta chiaro una volta che si legge il testo dell’ordinanza (o Avvenire il giorno dopo...) che la coppia in questione era stata giudicata medicalmente infertile e, in quanto tale, capace di rientrare fra i criteri previsti dalla legge 40. Ma niente. Il messaggio intanto è passato. Nessuno che tenti non diciamo un mea culpa ma una piccola precisazione, una timida smentita. Nada.
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così, lunedì 6 luglio, sull’Unità, «Legge 40, il buon senso all’improvviso», tocca pure sorbirsi il pistolotto di Luigi Manconi e Andrea Boraschi: «A volte viene da pensare che le soluzioni più limpide alle materie più sottili e controverse possano poggiare sui pilastri del buon senso... oggi viene riconosciuto il diritto di una coppia non sterile, che già ha prole, ad avvalersi delle tecniche di fecondazione. E perciò viene presa seriamente in considerazione l’esigenza che può motivare a quel passo una coppia di questo tipo». Ragazzi, appunto, un po’ di buon senso. O di minima documentazione, se vogliamo.
L’appuntamento con le pagine di Avvenire sui temi della bioetica è per giovedì 16 luglio Per inviare notizie, segnalazioni, proposte, lettere e interventi alla redazione di “è vita”: email:
[email protected] fax: 02.6780483