Trent'anni Di Agricoltura Marsalese E Petrosilena - 1980 - 2010

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Gaspare Bonomo

Trent’anni di agricoltura marsalese e petrosilena

1980 - 2010 Visti attraverso l’attività della Sezione Operativa di Assistenza Tecnica Agricola dell’Ente di Sviluppo Agricolo di Marsala

Gaspare Bonomo è nato a Marsala nel 1946. Dopo la maturità scientifica si è iscritto alla Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Palermo, dove nel marzo del 1969 ha conseguito la laurea in Scienze Agrarie con 110/110. È abilitato all’esercizio della professione di Agronomo, all’insegnamento di Scienze Naturali, Chimica e Geografia e di Scienze Agrarie e Tecniche di Gestione. Dal 1969 al 1972, quale vincitore di una borsa di studio del CNR, ha svolto attività di ricercatore presso l’Istituto di Agronomia e Coltivazioni Erbacee dell’Università degli Studi di Palermo, diretto dal Prof. Giampietro Ballatore. Dal 1973 al 1976 ha collaborato all’attività di ricerca del suddetto Istituto e dal 1973 al 1976 ha insegnato nell’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura di Alcamo, sezione distaccata di Marsala. Nel 1976, quale vincitore di un concorso pubblico, è stato assunto dall’Ente di Sviluppo Agricolo, di cui, dal 1979 al 2011, ha diretto la Sezione Operativa di Assistenza Tecnica Agricola di Marsala. Nel periodo1990-1992 è stato presidente dell’Associazione Provinciale Dottori in Scienze Agrarie e Forestali della provincia di Trapani e dal 1993 al 2002 è stato presidente della Cantina Sociale UVAM di Marsala. Dal 1999 al 2010 ha fatto parte del gruppo di tecnici che curavano la rubrica “Pianeta Sicilia” della rivista Colture Protette, inoltre ha collaborato con diverse riviste locali, regionali e nazionali.

Indice Ringraziamenti Prefazione

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Presentazione Introduzione

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CAPITOLO 1 L’Assistenza tecnica agricola

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CAPITOLO 2 Il Florovivaismo (Attività informativa, formativa, sperimentale e dimostrativa)

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CAPITOLO 3 Il Florovivaismo (Attività promozionale)

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CAPITOLO 4 La Vitivinicoltura

CAPITOLO 5 La Fragolicoltura

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CAPITOLO 6 Le colture ortive in serra

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CAPITOLO 7 Le colture ortive di pieno campo

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CAPITOLO 8 Linea Verde (RAI UNO, 3 Febbraio 2008)

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Ringraziamenti

Innanzitutto desidero ringraziare gli Amministratori ed i Dirigenti dell’Ente di Sviluppo Agricolo, che sono stati sempre vicini alla Sezione Operativa di Marsala, sostenendone tutte le iniziative. Un ringraziamento va anche agli Operatori Agricoli, al Dipartimento regionale dell’Agricoltura, agli Amministratori degli Enti locali (Comune di Marsala, Comune di Petrosino, Provincia Regionale di Trapani), all’Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università degli Studi di Palermo, ai Centri di ricerca del Consiglio per la ricerca in agricoltura (CREA), di Bagheria e di Sanremo, all’Istituto Tecnico Agrario “Abele Damiani” di Marsala, alla Camera di Commercio di Trapani, all’Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia, alle Organizzazioni professionali agricole, alle Strutture cooperativistiche e ad alcune Associazioni locali e nazionali (Pro Loco Petrosino, Slow Food) che, collaborando con la Sezione Operativa dell’ESA di Marsala, hanno contribuito a rendere più efficaci e più incisive le azioni che sono state intraprese per favorire il rinnovamento e l’ammodernamento dell’agricoltura marsalese e petrosilena. Ringrazio le Sezioni operative (SOPAT) dell’ESA e le Sezioni operative (SOAT) dell’Assessorato regionale dell’agricoltura che hanno operato in sinergia con la Sezione operativa di Marsala, permettendo di realizzare interessanti iniziative a sostegno di alcuni comparti produttivi. Un sentito ringraziamento rivolgo alla Sezione Operativa dell’ESA di Vittoria ed al suo Dirigente, con cui ho avuto la possibilità di instaurare un proficuo rapporto di collaborazione fin dall’inizio dell’attività. Tale collaborazione è stata di grande aiuto per avviare alcuni processi innovativi nell’agricoltura marsalese, soprattutto nel comparto serricolo. Ringrazio, inoltre, gli amici e i colleghi che hanno avuto la pazienza di leggere la bozza e di apportare alcune correzioni e integrazioni.

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Prefazione

L’Autore di questo testo appartiene alla schiera di tecnici che possiamo definire i “fondatori” dell’Assistenza tecnica all’agricoltura in Sicilia. E non solo perché tra i primi ad essere nominato Responsabile di Sezione Operativa di Assistenza tecnica agricola ma perché, effettivamente, già attrezzato di suo per formazione e per esperienze precedenti, anche di ricerca universitaria, era tra le persone più adatte a “gettare” le fondamenta, come ingegnere, carpentiere e muratore, di questa nascente struttura. Ha svolto tutta la sua carriera come Responsabile della Sezione di Marsala che, sotto la sua guida, ha contribuito notevolmente allo sviluppo dei vari comparti mediante una presenza costante a fianco dei produttori, dimostrando che solo la vera conoscenza del territorio -fatta di scarpe sporche di terraconsente di applicare il metodo di lavoro più consono ai Servizi allo Sviluppo. Gente come Bonomo - e non è una frase di circostanza - fa ripensare ai migliori esempi delle Cattedre Ambulanti di Agricoltura che, di certo, costituiscono i primi esempi moderni di assistenza tecnica. In altri termini, solo una conoscenza approfondita delle caratteristiche del territorio e dei comparti in esso rappresentati permette di analizzarne le problematiche e di scegliere le attività più utili e, dopo averle attuate, saperne cogliere con azioni di verifica, i risultati. E ciò Bonomo lo ha fatto a volte con confronti accalorati, ma sempre costruttivi, sia con il centro (inteso come servizio della sede centrale) che con la periferia, cioè con le altre Sezioni dell’Isola, facendo tesoro del continuo aggiornamento e dei frequenti contatti con gli Organismi di Ricerca a livello regionale e nazionale. La periferia, così, assumeva un ruolo “centrale” grazie a tale attività e al fatto che Bonomo e altri come Lui non si sottraevano al ruolo anche di componenti di Gruppi di lavoro specializzati al fine di programmare e coordinare al meglio le attività dell’Ente in tutta l’Isola nell’ambito dell’assistenza tecnica. Osservazioni e verifiche di campo, viaggi di studio, prove dimostrative a livello talora di vera e propria ricerca applicata, sono state il frutto di un impegno che merita di essere raccontato perché, a partire da esso, è scaturita una intensa attività di formazione, di informazione e di divulgazione che ha contribuito non poco all’immagine dell’Ente di Sviluppo Agricolo in Sicilia. Ne sono testimonianza i convegni, le varie pubblicazioni su periodici specializzati, la frequente presenza in Sicilia di Ricercatori, di Giornalisti di fama nonché di Produttori specializzati e Vivaisti fra i più affermati, e soprattutto, le tante innovazioni introdotte e, ormai, consolidatesi nel panorama produttivo siciliano, in questa terra per certi aspetti unica

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(non a caso è intitolata “Pianeta Sicilia” una rubrica sul mensile “Colture protette” di cui Bonomo è stato uno tra i più assidui collaboratori) in cui trovano terreno fertile le innovazioni protette da tanto di brevetto ma emergono, altresì, tante innovazioni “minori”, ma altrettanto valide, frutto dell’arguzia dei produttori. Basti pensare all’evoluzione avvenuta in quelli che potremmo definire i primi 60 anni delle serre in Sicilia. È per tutto ciò che sono onorato di essere stato delegato dall’Amministrazione e dalla Direzione dell’ESA a redigere queste poche righe per testimoniare il perché di un patrocinio concesso non per mera formalità ma a ragion veduta. Un compito al quale non avrei potuto sottrarmi senza venire meno al dovere di testimoniare come l’Ente sia stato battistrada in questo Servizio, in continuità con il ruolo attivo di Programmazione dello sviluppo che trovò la sua sintesi più illuminata ed aderente alla realtà dei territori nella redazione dei 21 Piani Zonali territoriali della Sicilia. Dal lavoro di Bonomo, infatti, emerge una Sicilia crogiuolo, ancora una volta, anche nel campo dell’agricoltura, di esperienze e novità di varia provenienza rielaborate e talora riadattate all’ambiente mediterraneo anche grazie al contributo dell’intervento pubblico fatto non solo di aiuti economici ma, soprattutto, di persone e di idee.

Michele Assenza



Dirigente Servizi allo Sviluppo



Ente Sviluppo Agricolo

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Presentazione

Questo libro costituisce una rara, probabilmente unica, testimonianza, vissuta in prima persona dall’Autore, dell’ennesimo tentativo (il terzo dopo quello delle Cattedre Ambulanti e dei CAT della Cassa per il Mezzogiorno) di guidare lo sviluppo dell’agricoltura attraverso il diretto contatto dei tecnici con gli operatori agricoli e non attraverso i soliti uffici burocratici dediti esclusivamente all’istruzione di pratiche di finanziamento o di autorizzazioni varie. Una rivoluzione di 180°! Il libro, in una prima parte, ricostruisce, sul piano normativo, con pazienza, l’intera vicenda dei Servizi allo Sviluppo: la nascita, la crescita, il declino e la scomparsa. Sono evidenziate anche le difficoltà dei Servizi nello svolgere il proprio ruolo in modo uniforme su tutto il territorio regionale, soprattutto perché risentivano dei tradizionali modelli operativi e organizzativi dei due organismi che li gestivano: l’Assessorato regionale dell’Agricoltura e l’Ente di Sviluppo Agricolo. Il primo si era sempre occupato degli aspetti politico-amministrativi dell’agricoltura, il secondo degli aspetti tecnici. L’ESA, avendo vissuto la stagione della programmazione degli anni ’70, concretizzatasi nella elaborazione dei Piani Zonali Territoriali, trasmetteva alle proprie strutture lo spirito di analisi e guida dei processi di sviluppo di un territorio. L’ampia documentazione tecnico-scientifica che, nei vari settori, va dalle osservazioni di campo alla sperimentazione, fino a vere e proprie ricerche applicate, testimonia proprio questo spirito di indirizzo e guida che la Sezione operativa dell’ESA di Marsala ha saputo interpretare nel corso della sua attività. L’azione della Sezione Operativa si è sviluppata anche attraverso un’intensa attività formativa e informativa, realizzata mediante opuscoli divulgativi, incontri tematici e, soprattutto, facendo visitare agli operatori agricoli realtà molto avanzate dal punto di vista tecnologico e organizzativo. Così i viticoltori hanno avuto la possibilità di visitare in diversi momenti realtà vitivinicole di alcune Regioni d’Italia; i serricoltori sono stati messi continuamente in contatto con la serricoltura del vittoriese e i floricoltori con quella sanremese. Ma la Sezione Operativa ha dato una forte spinta anche alla promozione delle produzioni locali, soprattutto nel campo del florovivaismo. Le “Porte Aperte” del florovivaismo marsalese e petrosileno sono state un esempio per tutta Italia. Emerge con chiarezza, in alcuni passaggi, la passione e la determinazione che alcuni operatori dell’assistenza tecnica hanno dovuto mettere in atto per evitare che questa attività venisse snaturata.

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Non sempre le loro iniziative hanno avuto l’appoggio dell’apparato politico, che spesso si è preoccupato di risolvere altre esigenze. Emblematiche, a tal proposito, risultano essere, nelle pagine di questa testimonianza, le iniziative intraprese per “affollare” di personale alcune aree, provocando la rarefazione di altre. Nonostante i condizionamenti, alcune Sezioni Operative, superate le prime incertezze, riuscirono a incanalare la loro attività nell’ambito di un modello che poteva fungere da guida per tutto il Servizio. Il libro documenta quello che si è fatto a Marsala in trent’anni di attività per sollevare le sorti di un’agricoltura dominata dalla tradizionale viticoltura. Erano gli anni dell’emigrazione di massa verso il Nord, e le tradizionali risorse economiche del Sud sembravano prive di prospettive. La Sezione Operativa dell’ESA di Marsala con competenza tecnica e senso civico cercò di offrire delle opportunità al territorio. Bisognava, diversificare, innovare, proiettarsi sui mercati. Le principali azioni sviluppate dalla Sezione Operativa di Marsala per accelerare questo processo sono sintetizzate in questo volume. Ora che il Servizio è scomparso dall’orizzonte pubblico forse lo si rimpiangerà e bisognerà rimettervi mano per nuovamente istituirlo: magari dotandolo delle “tossicità” necessarie per evitarne la fagocitazione.

Guglielmo Donzella



già Dirigente della Sezione Operativa dell’ESA di Vittoria

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Introduzione Negli anni ’70 del secolo scorso - sono gli anni in cui si verifica l’esodo dalle campagne e la riduzione del numero delle aziende agricole - l’agricoltura siciliana, per uscire dall’isolamento culturale e di mercato, comincia ad avviare un processo di rinnovamento sia del sistema produttivo sia di quello organizzativo, puntando principalmente sulla ricerca e sull’innovazione. La ricerca, la formazione e l’informazione diventano gli strumenti fondamentali per sostenere questo nuovo percorso dell’agricoltura, che pur mantenendo il suo ruolo tradizionale - fornitrice di beni alimentari e fonte di reddito e occupazione - si fa anche carico di nuovi compiti sociali, come la salvaguardia dell’ambiente, la gestione del territorio, nonché il soddisfacimento delle richieste di qualità e sanità dei prodotti da parte dei consumatori. A livello pubblico si tenta di dare un forte sostegno a questo nuovo indirizzo dell’agricoltura puntando sull’assistenza tecnica, tanto da considerare i Servizi di Sviluppo uno strumento strategico della politica agricola. La Sicilia è stata la prima Regione ad avvertire la necessità di utilizzare lo strumento dei Servizi di Sviluppo per accelerare i processi innovativi dell’agricoltura. Con la legge regionale n. 73/77 istituisce, infatti, le Sezioni Operative per l’Assistenza Tecnica e le Attività Promozionali da localizzare in aree periferiche, con il compito di fare crescere il livello professionale degli agricoltori attraverso una vasta azione divulgativa, formativa e dimostrativa. Il quadro normativo e programmatico che regola questa materia viene completato dall’adozione del regolamento CEE n. 270/79, che fissa le direttive e i criteri per l’organizzazione del Servizio di Assistenza Tecnica, e dal Programma Nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo (P.N.S.S.A.), approvato nel 1995, che rappresenta il documento programmatico attraverso il quale si avvia una nuova fase di orientamento e coordinamento dei Servizi di Sviluppo Agricolo di concerto fra lo Stato e le Regioni. In questo contesto, si sviluppa l’attività della Sezione Operativa Periferica di Assistenza Tecnica Agricola (SOPAT) dell’ESA di Marsala, istituita nell’ottobre del 1979 nell’ambito della legge n. 73/77 e del successivo decreto 16 luglio 1979 dell’Assessore regionale dell’Agricoltura e delle Foreste. Fin dall’inizio della sua attività la Sezione Operativa di Marsala, come tutte le SOPAT dell’ESA, ha avuto la possibilità di poter contare sulla presenza di tecnici che avevano partecipato ad un corso di specializzazione sulla metodologia dell’assistenza tecnica presso il Formez (Centro di Formazione e

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Studi per il Mezzogiorno) di Napoli. Pertanto non ha avuto alcuna difficoltà ad iniziare a svolgere quei compiti che in seguito saranno meglio definiti dal P.N.S.S.A. Tenendo conto del fatto che per svolgere un’efficiente attività di assistenza tecnica agricola occorrono tecnici qualificati, la prima azione messa in atto dalla Sezione Operativa di Marsala è stata quella di creare specialisti per tutti i comparti produttivi presenti nell’agricoltura marsalese (vitivinicoltura, orticoltura in serra, orticoltura di pieno campo, fragolicoltura, florovivaismo). In questo modo è risultato facile l’approccio con gli agricoltori, che nella prima fase erano interessati principalmente all’attività di consulenza e di orientamento. Successivamente è stata avviata un’intensa attività di formazione, soprattutto nel settore serricolo e in quello viticolo, organizzando incontri serali presso le sedi delle cooperative o nei centri di aggregazione e visite guidate in realtà agricole avanzate. Per favorire l’introduzione delle innovazioni tecnologiche sono state realizzate numerose prove dimostrative nelle aziende di molti agricoltori. Attraverso un intenso rapporto di collaborazione con gli Istituti di ricerca (Istituto Orticoltura e Floricoltura Università di Palermo, Istituto sperimentale per la floricoltura - Sezione di Palermo, Centrale Ortofrutticola di Cesena - BIOLAB) sono state realizzate diverse prove sperimentali che hanno permesso di mettere a punto nuove tecniche di coltivazione e di difesa e di verificare l’adattabilità di nuove varietà a diversi ambienti. Grande importanza è stata data, pure, all’attività di promozione e di valorizzazione delle tipicità locali. Le criticità di tutte le filiere sono state continuamente esaminate e approfondite attraverso convegni, seminari e incontri con esperti e studiosi. L’attività della Sezione di Marsala è stata continuamente divulgata attraverso mass media regionali e nazionali. Gli articoli divulgativi e scientifici pubblicati su giornali e riviste di vario respiro e la documentazione raccolta costituiscono uno strumento di grande interesse per analizzare il percorso evolutivo dell’agricoltura marsalese e petrosilena a partire dal 1980. La maggior parte di questo materiale è stato organizzato e sintetizzato nel presente volume allo scopo di metterlo a disposizione di studiosi, studenti e di chiunque abbia interesse e voglia di approfondire le problematiche dell’agricoltura siciliana e di quella marsalese e petrosilena in particolare.

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Capitolo 1

L’assistenza tecnica agricola

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Indice capitolo 1 Servizi di sviluppo ed economia della conoscenza - Dario Cartabellotta Storia dell’assistenza tecnica in Sicilia L’assistenza tecnica a Marsala Intervista a Rino Bonomo: i momenti più salienti della sua lunga attività e un’analisi dell’agricoltura marsalese - Marcello Scarpitta, Il Vomere, 10 Marzo 2012

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R. Calcò Labruzzo, G. Donzella, Sviluppo Agricolo, N. 8 -1986

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Divulghiamo, qualcosa resterà - Diego Lamia, Sicilia Verde, dicembre 1991 I mezzemaniche dell’agricoltura - Gaspare Bonomo, Sicilia Verde, giugno-luglio 1992 L’assistenza tecnica, un servizio da riorganizzare- Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, gennaio febbraio 1997 Assistenza tecnica, perplessità per il progetto in cantiere - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, marzo 1997 Un’agricoltura in pieno processo evolutivo esige Servizi allo Sviluppo più adeguati -

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Guglielmo Donzella, SiciliAgricola, ottobre-novembre 2002

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Discutibile il riordino dei Servizi allo Sviluppo - Guglielmo Donzella, SiciliAgricola, ottobre-novembre 2004 Dieci centri di ricerca posson bastare - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2007

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Dibattito sull’Assistenza Tecnica Agricola in Sicilia attraverso la stampa Atti dell’incontro dibattito su: La ricerca scientifica e l’assistenza tecnica per lo sviluppo dell’agricoltura siciliana, 18 febbraio 1986 Palermo - Intervento di G. Bonomo, E. Bonocore,

La normativa regionale, nazionale e comunitaria in materia di assistenza tecnica e divulgazione agricola Legge regionale 1 agosto 1977 n. 73 G.U.R.S. 3 agosto 1977 n. 36 - Provvedimenti in materia di assistenza tecnica e di attività promozionali in agricoltura Decreto 16 luglio 1979 . G.U.R.S. 10 novembre 1979 - Parte I n. 49 - Aree territoriali delle Sezioni operative e delle Sezioni periferiche Regolamento CEE n.270/79 del Consiglio del 6 febbraio 1979 relativo allo sviluppo della divulgazione agricola in Italia Programma nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo - G.U. n. 217 del 6/9/1955 Supplì.ordinario n. 112

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SERVIZI DI SVILUPPO ED ECONOMIA DELLA CONOSCENZA

Nell’ultimo trentennio alle imprese è stato richiesto un forte impegno per potenziare il contenuto innovativo dei prodotti, dei processi e dei sistemi. Le rivoluzioni tecnologiche, le riforme dell’intervento pubblico, le questioni emergenti per l’alimentazione e l’energia, le tendenze demografiche e l’emergere di nuovi mercati nonché il cambiamento climatico hanno reso necessaria una grande capacità di innovazione e adattamento, se non di anticipazione, dell’agricoltura e del mondo rurale. Fino agli anni ‘80, le conoscenze in agricoltura derivavano quasi totalmente dalla scienza, e le conoscenze e le pratiche tradizionali sono state integrate dalle innovazioni tecniche (mezzi di produzione, concimi, agrofarmaci, mezzi agricoli e agroindustriali). Insieme agli innegabili progressi della prima modernizzazione agricola sono stati percepiti i limiti e gli effetti negativi. La seconda modernizzazione agricola è stata la nuova frontiera. Per imboccare il sentiero ispirato alla sostenibilità, alla multifunzionalità e all’efficienza sui mercati occorre un’adeguata base di conoscenze che non punti semplicemente alla massimizzazione della quantità di prodotto attraverso i mezzi tecnici. I concetti di sostenibilità, orientamento al mercato e multifunzionalità, hanno introdotto una visione complessa dell’agricoltura ed indicato un percorso con obiettivi chiari ma sicuramente più difficili da perseguire rispetto al modello tradizionale di trasferimento della conoscenza. La complessità, la varietà e la ricchezza delle situazioni locali sono fonti originali d’innovazione e di cambiamento.

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La rilevanza del fattore umano in ogni intervento finalizzato a promuovere innovazione e cambiamento, l’importanza del confronto e del rapporto con le parti sociali, l’esigenza di una più stretta integrazione locale e nazionale fra i sistemi delle imprese, della ricerca, della divulgazione e della formazione sono la chiave del successo di un territorio. I territori vanno stimolati nell’esprimere una domanda di innovazione e risulta imprescindibile operare secondo strategie differenziate per l’erogazione di servizi su scala aziendale e territoriale nonché attivare reti locali, promuovere progetti imprenditoriali su base territoriale, renderli corresponsabili verso gli obiettivi della politica e le strategie individuate per la promozione dello sviluppo. I Servizi per l’agricoltura in Sicilia sono stati uno strumento utile per lo sviluppo in grado di valorizzare i territori e le loro vocazioni produttive e hanno contribuito al miglioramento delle conoscenze rafforzando la mediazione culturale tra il sistema produttivo, il settore della ricerca e i soggetti detentori o creatori di tecnologie, nonché assumendo il compito specifico di sviluppare azioni di promozione. L’obiettivo di costituire un sistema di governance efficace a livello di amministrazione regionale si è coniugato con un approccio strategico bottom up basato sulla concertazione e il coinvolgimento permanente, a diversi livelli, dei soggetti del partenariato ai fini di individuare gli strumenti e le modalità migliori per soddisfare i fabbisogni espressi dal sistema imprenditoriale ed economico. Alla base dello sviluppo c’è l’innovazione e il fare sistema. Tuttavia l’innovazione viene spesso considerata come uso delle nuove tecnologie, e il fare sistema come una conseguenza naturale e spontanea dell’utilizzo delle innovazioni. In realtà tutti i casi di successo sono stati quelli in cui si è partito dal sistema per favorire l’innovazione e non viceversa. Solo un sistema aperto, flessibile e dinamico è in grado di intercettare l’innovazione, il cui presupposto risiede perciò nel singolo e nelle sue capacità di cambiamento, anche mentale. A tutto ciò ha contribuito l’attività svolta dalla Sezione Operativa di Marsala guidata da Gaspare Bonomo e tutto il territorio di Marsala e Petrosino è stato destinatario di “un’economia della conoscenza” sicuramente molto più determinante di tanti contributi finanziari erogati spesso senza la chiarezza di un progetto di sviluppo.

Dario Cartabellotta



Dirigente Generale del Dipartimento della Pesca Mediterranea



già Dirigente Servizi allo Sviluppo,



Dirigente Generale del Dipartimento Interventi Infrastrutturali



e Assessore all’Agricoltura della Regione Siciliana

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Storia dell’assistenza tecnica agricola in Sicilia

Le origini A partire dalla seconda metà del XIX secolo il progresso in agricoltura, spinto dalle scoperte scientifiche, subì un’accelerazione. Il ruolo delle innovazioni divenne sempre più importante per il successo economico del settore. Il tema di come diffondere le conoscenze acquisite assunse carattere strategico. Per rispondere a questa esigenza, all’indomani dell’Unità d’Italia vennero introdotte in tutto il territorio nazionale le Cattedre ambulanti di Agricoltura. Ciascuna Cattedra si avvaleva di un direttore e due assistenti che organizzavano con continuità, zona per zona, conferenze, sopralluoghi, visite aziendali, consultazioni e promuovevano la divulgazione con strumenti nuovi e semplici, quali ad esempio opuscoli di poche pagine distribuiti gratuitamente. L’incisività delle Cattedre ambulanti nelle diverse realtà fu molto legata anche alla personalità di chi ne aveva la responsabilità. Nel 1935 le Cattedre furono trasformate in Ispettorati Provinciali dell’Agricoltura, diventando così uffici esecutivi del Ministero dell’Agricoltura delle Foreste, perdendo la loro identità tecnico-scientifica e diventando organismi burocratico-amministrativi.

La Cassa per il Mezzogiorno e il suo intervento in Sicilia Nel secondo dopoguerra la precedente esperienza delle Cattedre fu ripresa in Sicilia dall’intervento della Cassa per il Mezzogiorno, che già nel 1956 aveva programmato la costituzione di diversi uffici dislocati principalmente nelle zone di trasformazione intensiva, in particolare irrigua. Gli interventi sono iniziati nel 1957-1958 con la creazione dei Nuclei di assistenza tecnica (NAT), ubicati nei Consorzi di bonifica competenti per territorio, col compito di aiutare gli agricoltori nella realizzazione della trasformazione fondiaria connessa con lo sviluppo delle opere pubbliche di bonifica. A partire dal 1969 la Cassa

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per il Mezzogiorno riorganizzò il servizio di Assistenza tecnica e trasformò i nuclei in Centri di assistenza tecnica agricola (CAT). L’aggiornamento metodologico, in seguito modificò l’azione dimostrativa e divulgativa, rivolgendola non più al singolo proprietario ma a gruppi di aziende, aiutandole anche nell’organizzazione gestionale e nella contabilità aziendale, nella valorizzazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. In seguito con la delibera CIPE del 15 marzo 1973 i Centri di assistenza tecnica agricola passarono alla competenza delle regioni.

L’azione anticipatrice dell’Ente di Sviluppo agricolo (ESA) Dopo questa fase in Sicilia cominciò a svilupparsi un forte dibattito attorno ai problemi dell’agricoltura e alle azioni da intraprendere per promuoverne un rapido rinnovamento tecnologico e migliorare così la condizione professionale e il reddito dei produttori agricoli. Era l’epoca della programmazione agricola concretizzatasi con la Programmazione Zonale e, in questo contesto, il Consiglio di amministrazione dell’Ente di Sviluppo Agricolo decise di dotare i propri uffici periferici di giovani tecnici per assicurare i l’assistenza tecnica necessaria a promuovere l’ammodernamento delle aziende agricole. A tal fine, nel 1974, l’ESA bandì un concorso pubblico per titoli a 60 posti di agronomo e a 65 posti di perito agrario e procedette all’assunzione dei vincitori tra maggio 1976, per gli agronomi. e gennaio 1977, per i periti agrari. Inizialmente i tecnici assunti furono assegnati agli uffici periferici (Sedi Zonali) dell’Ente col compito di studiare l’agricoltura del territorio e di individuarne le criticità evidenziate dai Piani Zonali. L’attività di questi tecnici fu coordinata dal Servizio Speciale Assistenza Tecnica Agricola, istituito presso la sede centrale dell’ESA. La specifica preparazione professionale di tutti i tecnici fu perfezionata tra il 1977 e il 1979 attraverso la partecipazione ad un corso di specializzazione in “Metodologia dell’assistenza tecnica agricola”, svolto dal Formez di Napoli (Centro di Formazione e Studi per il mezzogiorno).

La Regione siciliana e l’Assistenza tecnica agricola Nell’agosto del 1977 la Regione siciliana emanò la legge n. 73 concernente gli interventi per l’Assistenza tecnica, l’attività promozionale e la ricerca applicata in agricoltura. Questa legge prevedeva l’istituzione di tre Sezioni Specializzate, con sede presso le Università degli Studi di Palermo, Catania e Messina, con compiti nel campo della sperimentazione e della ricerca applicata, e di alcune Sezioni Operative con sede periferica. Nel luglio del 1979 l’Assessore per l’Agricoltura e le Foreste, con proprio decreto, delimitò le aree territoriali delle Sezioni Operative, assegnandone 53 (SOAT) alla competenza dello stesso Assessorato e 32 (SOPAT) alla competenza dell’Ente di Sviluppo Agricolo. L’ESA, avendo già assunto e formato i propri tecnici, diede immediatamente attuazione al decreto in questione. Successivamente, nell’ottobre del 1980, anche l’Assessorato attivò le proprie Sezioni Operative e negli anni 1983 e 1984 organizzò presso le Facoltà di Agraria delle Università degli Studi di Palermo e di Catania due corsi di specializzazione su: “Attività di assistenza tecnica e promozione in agricoltura”. A questi corsi parteciparono 200 giovani fra laureati in Scienze Agrarie o in Scienze Forestali abilitati all’esercizio professionale, e diplomati: Perito Agrario o Agrotecnico. Tutti erano stati selezionati precedentemente attraverso un bando pubblico. Con legge 59/83 la Regione siciliana istituì il “Ruolo tecnico

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per l’assistenza tecnica e la divulgazione agricola”. A questo ruolo erano destinati esclusivamente i tecnici provenienti dai corsi di formazione delle citate Università e dai corsi di base previsti dal Piano Quadro della divulgazione agricola in attuazione del Regolamento CEE 270/79 del Consiglio e indicati all’articolo 2, lettera a, della legge regionale 5 agosto 1982, n. 88.

Il quadro d’intervento della CEE Con l’emanazione del regolamento n. 270/79 la Comunità Economica Europea fissò le direttive e i criteri per l’organizzazione del Servizio di Assistenza Tecnica in Italia e previde anche il finanziamento delle misure necessarie per l’attuazione del Piano Quadro di divulgazione agricola che doveva essere elaborato dall’Italia e che costituiva lo strumento nazionale per pianificare la formazione dei divulgatori attraverso i Consorzi Interregionali di Formazione dei Divulgatori Agricoli (CIFDA). Il Piano Quadro, approvato dalla CEE il 23-3-1981, stabiliva il fabbisogno complessivo dei divulgatori (491 per la Sicilia), l’istituzione dei Consorzi interregionali e il loro funzionamento, le modalità di reclutamento degli insegnanti permanenti o formatori, le modalità e i contenuti dei corsi formativi e il vincolo d’impiegare i divulgatori esclusivamente nell’attività di assistenza tecnica. La Sicilia, con legge n. 88/82, manifestava la volontà di consorziarsi con la Sardegna per costituire il CIFDA Sicilia-Sardegna e il 10.08.1984 il Consorzio era cosa fatta. Nel corso del 1990 furono realizzati tre corsi per divulgatori. L’attività di reclutamento e di formazione proseguì negli anni successivi. In questo modo il Servizio di Assistenza Tecnica Agricola diventava operativo, potendo disporre di sufficienti risorse umane e finanziarie e di una normativa di riferimento decisamente avanzata. L’interesse verso quest’attività si diffuse a tutti i livelli (regionale, nazionale e comunitario) in quanto la leva dei Servizi di Sviluppo del settore primario cominciò ad assumere un carattere strategico per l’intervento pubblico in agricoltura, in risposta all’accresciuta competizione internazionale e ai nuovi compiti sociali ed ambientali che l’agricoltura era chiamata a svolgere.

Il Programma Nazionale: ampliamento dei compiti e definizione del ruolo Un ulteriore impulso all’azione dei Servizi di Sviluppo Agricolo venne dato dal Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali con l’approvazione, nel 1995, del “Programma nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo” (P.N.S.S.A.), che rappresenta il documento programmatico attraverso il quale veniva avviata una nuova fase di orientamento e coordinamento dei Servizi di Sviluppo Agricolo di concerto fra lo Stato e le Regioni. Il programma mirava a definire una strategia generale da porre in essere ai diversi livelli istituzionali ed il rapporto fra questi livelli e le Organizzazioni del mondo agricolo, anche attraverso un’attenta ricognizione delle risorse finanziarie, umane e strutturali disponibili e una loro utilizzazione sinergica e coordinata.

Incremento dei divulgatori agricoli e dotazione organica delle sezioni operative (SOAT) dell’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste La Regione siciliana, con legge 9 giugno 1994, n. 26, dispose d’inserire il personale disponibile, a seguito della cessazione dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno, nel ruolo tecnico per l’As-

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sistenza tecnica e la divulgazione agricola. Per effetto di tale provvedimento l’organico dell’Assistenza Tecnica poté contare su 593 unità. Un ulteriore incremento dei divulgatori si ebbe con la legge 30 ottobre 1995, n. 76, in attuazione del secondo Piano quadro della divulgazione agricola di cui al citato Regolamento CEE. I suddetti provvedimenti portavano la dotazione organica a ben 700 unità, distribuite nei vari territori secondo criteri che tengono conto del numero delle aziende e dell’intensità colturale (tabella a fine paragrafo). Purtroppo, nel corso degli anni, nonostante la tassativa esclusività prevista dal Regolamento CEE di assegnazione dei divulgatori al ruolo appositamente istituito, si assistette ad una continua migrazione degli operatori dell’Assistenza tecnica dalle Sezioni Operative dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste e dell’ESA ad altri uffici burocratici. In sostanza si dava continuità a quello che era successo in tanti anni di politica agricola regionale: il grande impiego di risorse finanziarie, provenienti anche dalla CEE, serviva più per l’assunzione di nuovo personale che per risolvere i problemi dell’agricoltura. In questo modo veniva depauperato anche l’organico che era stato determinato in base alle esigenze del territorio e si riduceva nel tempo il personale di Sezioni che operavano in realtà caratterizzate da un’agricoltura intensiva, mentre s’impinguava, paradossalmente, quello di Sezioni che già disponevano di un organico superiore alle necessità. Ciò nonostante l’Assistenza Tecnica contribuì fortemente allo sviluppo dell’agricoltura siciliana, grazie anche alla passione e all’impegno di alcuni tecnici che hanno saputo imprimere incisività agl’interventi, operando in sinergia con le forze sociali, economiche e politiche del territorio. In particolare alcune SOPAT dell’ESA, pur disponendo di poco personale e di scarse risorse finanziarie, riuscirono ad interpretare nel migliore dei modi il proprio ruolo, elaborando annualmente programmi d’intervento in linea con le esigenze del territorio e in grado sia d’innalzare la professionalità degli operatori sia di determinare cambiamenti sostanziali nelle diverse realtà agricole. Alle limitazioni dovute alla carenza di risorse si sommavano l’impossibilità di poter contare sui servizi di supporto previsti dal P.N.S.S.A. e la mancata istituzione da parte della Regione siciliana delle Sezioni Specializzate per la sperimentazione e la ricerca applicata previste dalla L.r. n. 73/77. Per supplire a quest’ultima carenza, alcune SOPAT, che operavano in realtà agricole molto avanzate, s’industriavano d’instaurare rapporti di collaborazione con le Facoltà di Agraria delle Università siciliane e con gli Istituti sperimentali del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste al fine di realizzare, in situ, iniziative di ricerca al servizio del territorio.

I Consorzi di Ricerca A partire dal 1997, la Regione siciliana cercò di affrontare il tema della Ricerca applicata costituendo, ai sensi dell’art. 5 della L.r. 5 agosto 1982, diversi Consorzi di Ricerca: CORERAS, I.T.E.S., CoRFILaC, Co.Ri.Bi.A., CORISSIA, BES, Consorzio per la ricerca sulla filiera cerealicola “Gian Pietro Ballatore”, CoRFilCarni. Questi organismi, assieme alle Università siciliane, e con la partecipazione di qualche impresa privata, operavano principalmente con fondi della Regione siciliana. I risultati ottenuti in quest’ambito, pur se interessanti, incisero scarsamente sulla realtà dell’agricoltura siciliana, configurando così un’occasione perduta per sopperire alla mancata attivazione delle Sezioni specializzate.

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Tentativi di unificare l’attività delle SOAT e delle SOPAT Nel prosieguo della loro attività le SOAT e le SOPAT, tranne sporadici casi, operarono senza alcun reciproco rapporto di collaborazione. Solamente verso il 2000 le strutture dell’ESA e dell’Assessorato cominciarono ad operare nell’ambito dello stesso programma, utilizzando i fondi del P.O.M (Programma Operativo Multiregionale “Attività di sostegno ai servizi di sviluppo per l’agricoltura- MISURA 2 - innovazioni tecnologiche e trasferimento dei risultati di ricerca”). In quel periodo per ogni filiera produttiva fu costituito un gruppo di lavoro, formato da tecnici delle SOPAT e delle SOAT con lo scopo di programmare le iniziative da realizzare e i territori da coinvolgere.

Ripercussioni della L. r. 10/2000 sull’assetto organizzativo dei Servizi di Assistenza Tecnica dell’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste Con l’applicazione della L.r. 10/2000 tutti gli Agronomi che operavano nell’Assistenza tecnica agricola furono inseriti nel ruolo della dirigenza. La normativa prevedeva che si dovesse assegnare a tutti i dirigenti un’Unità Operativa e corrispondere agli stessi l’indennità di posizione e di risultato. A tal fine la Regione siciliana modificò l’assetto organizzativo del Servizio di Assistenza Tecnica. Nel corso degli anni furono adottati diversi provvedimenti che modificarono nel tempo il numero degli uffici, la loro denominazione e ubicazione. In questi cambiamenti, però, rimaneva assente l’indispensabile miglioramento dell’efficienza del Servizio. Con l’ultima modifica del 2008 gli uffici di Assistenza tecnica dell’Assessorato diventarono 82 e la loro distribuzione in tutto il territorio regionale avvenne con criteri di difficile comprensione. Molti di questi uffici vennero, infatti, istituiti nelle aree territoriali in cui operavano le SOPAT dell’ESA. Queste operazioni di riordino non solo non produssero alcun beneficio per l’agricoltura, ma crearono anche situazioni insostenibili per il fatto che nello stesso territorio operavano contemporaneamente, senza alcun coordinamento, le SOAT e le SOPAT. La situazione paradossale si evidenziò a Marsala, dove l’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste, incurante del fatto che in questo territorio, già dal 1979, operava la SOPAT 82 dell’ESA con 14 tecnici, trasferì la SOAT di Paceco con 20 dipendenti (sic!). Oltre al fatto che si erano venute a creare situazioni di sovrapposizione e contrapposizione nelle azioni sostenute dai due uffici, si era verificato che il 50% dei tecnici della provincia di Trapani operavano nel territorio di Marsala. La questione fu risolta attraverso un compromesso che consentiva alla SOPAT dell’ESA di operare in esclusiva nei comparti in cui aveva sviluppato iniziative di grande interesse che richiedevano continuità, quali per esempio “Le Porte Aperte” del Florovivaismo marsalese e petrosileno, e, anche, di partecipare alle iniziative programmate dall’Assessorato Regionale dell’Agricoltura e delle Foreste.

Le Strutture di supporto all’attività di Assistenza tecnica agricola L’Assessorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste, a partire dal 2005, per migliorare l’efficienza delle Sezioni Operative, istituì una serie di strutture di supporto che dovevano operare in favore dell’agricoltura siciliana.

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Queste strutture erano costituite da Centri per la sperimentazione, Laboratori di analisi chimico - fisiche, Laboratori di Analisi Sensoriale e da una Biofabbrica d’insetti utili alla lotta biologica. L’idea di realizzare strutture di supporto per sostenere l’azione delle Sezioni Operative era lodevole, ma mancò la capacità di organizzare le stesse secondo criteri di efficienza e continuità operativa. Innanzitutto non sempre il personale era stato scelto sulla base delle specifiche competenze professionali e poi non era stato previsto per i tecnici che si andavano formando alcun vincolo di permanenza nelle Unità Operative Specializzate. Ciò determinò che anche questo personale poté seguire il percorso dei tecnici delle Sezioni Operative, di coloro cioè che, assunti e qualificati con fondi della Comunità Economica Europea, e immessi nel “Ruolo tecnico per l’assistenza tecnica e la divulgazione agricola” in base alla L. r. 59/83, avrebbero potuto trasferirsi in altri uffici burocratici della regione.

Il graduale declino dell’assistenza tecnica agricola pubblica A partire dal 2010 cominciò a venire meno l’interesse politico verso il Servizio di Assistenza Tecnica pubblica e s’intrapresero azioni per la sua smobilitazione. Si procedette verso il liberismo. Già con il PSR 2007/2013 venne introdotta la misura 114 che, con una dotazione finanziaria di circa 4 milioni di euro, permetteva a imprenditori agricoli e detentori di aree forestali di avvalersi della consulenza di soggetti privati abilitati all’erogazione del Servizio di Consulenza Aziendale. Anche il PSR 2014/2020, con la misura 2, prevedeva lo stesso intervento con un impegno di 7 milioni di euro. Non è peregrino immaginare che, verosimilmente, anche questi interventi non produrranno miglioramenti significativi nell’agricoltura siciliana, stante l’assenza di un’analisi approfondita delle reali esigenze delle aziende agricole. Infine, nel 2015, col D. D. G. n. 548 del 12 febbraio, riguardante l’assetto organizzativo del Dipartimento regionale dell’agricoltura, le SOAT vennero definitivamente cancellate. Vennero istituite le Unità Operative decentrate, denominate Uffici Intercomunali Agricoltura (UIA), che subentrarono nei ruoli e nelle competenze alle preesistenti Condotte Agrarie ed alle Sezioni Operative per l’Assistenza Tecnica gestendo le attività svolte da questi Uffici prima della riorganizzazione. Per quanto riguarda l’Assistenza tecnica agricola il suddetto provvedimento prevede una Struttura centrale - Servizio Innovazione, Ricerca, Assistenza tecnica, Divulgazione agricola - e, all’interno degli Ispettorati dell’Agricoltura, un’Unita operativa che si occupi di assistenza tecnica agricola, consulenza aziendale, formazione ed informazione. Il vero compito di queste strutture è, però, quello di svolgere un ruolo burocratico nell’ambito del PSR. A questo punto, ad assicurare la tradizionale attività di Assistenza tecnica rimangono solamente le SOPAT dell’Ente di Sviluppo Agricolo, le quali nel frattempo si sono ulteriormente impoverite sia di personale, in quanto i tecnici assunti nel 1976 e nel 1977 sono andati in pensione, sia di risorse finanziarie. Queste Sezioni che negli ultimi trent’anni, con la loro attività e vivacità, avevano dato visibilità e lustro all’ESA, sono state drasticamente ridimensionate e confinate nel limbo del sistema improduttivo della Pubblica amministrazione regionale. Tutto ciò è accaduto in spregio all’importanza del patrimonio di conoscenze ed esperienze accumulato e costruito con l’impiego d’ingenti risorse pubbliche e col generoso impegno personale di tanti valorosi tecnici. Così è stato irrimediabilmente disperso un irripetibile patrimonio basato sulla conoscenza profonda e dettagliata della specificità dei processi produttivi dei singoli territori e sugli studi della loro evoluzione. Di fronte a questo scenario non c’è di che meravigliarsi se l’azione innovativa dell’agricoltura siciliana si sia fermata e se oggi gli operatori agricoli non riescono ad ottenere redditi sufficienti a coprire i costi produzione.

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L’attività di assistenza tecnica agricola a Marsala e Petrosino

a) L’istituzione della Sezione Operativa di Assistenza Tecnica Agricola dell’ESA (SOPAT) Nei territori di Marsala e Petrosino si cominciò a parlare di assistenza tecnica agricola a partire dal 1976, quando l’Ente di Sviluppo Agricolo, dopo avere espletato un concorso pubblico, assunse 60 agronomi e li distribuì nelle proprie sedi periferiche (Sede Zonali). Nel maggio del 1976 alla sede di Marsala vennero assegnati due agronomi e a gennaio 1977 otto periti agrari, assunti anch’essi attraverso un concorso pubblico. Questi tecnici cominciarono a svolgere la loro attività operando su tutta la fascia costiera del trapanese e più specificatamente nei territori comunali di Marsala, Paceco, Trapani, Mazara, Campobello di Mazara e Castelvetrano. Il lavoro era orientato innanzitutto allo studio delle criticità dei principali comparti produttivi. Si avviò anche un’accurata indagine sullo stato della cooperazione, attraverso l’analisi delle caratteristiche di tutte le strutture cooperativistiche del Trapanese. Nel triennio 1977-’79 furono esaminate tutte le colture dei diversi Comuni, rilevandone la superficie coltivata, la resa media e la P.L.V. L’azione dei tecnici dell’ESA fu rivolta anche agli operatori agricoli, indirizzandoli sulle scelte tecniche ed economiche più appropriate per una migliore organizzazione del sistema produttivo e svolgendo anche una campagna promozionale per la diffusione della contabilità aziendale. Particolarmente attiva fu in quegli anni la collaborazione con alcune cooperative, come “Primavera Sud” e “Francesco De Vita”. Intanto nell’agosto del 1977 la Regione siciliana emanava la legge n. 73 che regolamentava gli interventi per l’assistenza tecnica, l’attività promozionale e la ricerca applicata in agricoltura. Con decreto 16 luglio 1979 l’Assessorato delle Agricoltura e delle Foreste determinava le aree territoriali delle 85 Sezioni Operative di assistenza tecnica e attività promozionali previste dalla suddetta legge e assegnava il territorio di Marsala alla Sezione Operativa n. 82 dell’Ente di Sviluppo Agricolo. Questa Sezione veniva istituita nell’ottobre del 1979, con sede in via Stefano Bilardello, 9.

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Con successivi provvedimenti venivano assegnati alla stessa Sezione cinque tecnici agrari (Biagio Hopps, Liborio Ferro, Vincenzo Maltese, Vito Parrinello, Salvatore Sparta) e l’agronomo Gaspare Bonomo, quale responsabile. In seguito l’organico veniva portato a nove unità con l’assegnazione di altri tre tecnici (Giovanni Catalano, Giuseppe Alagna e Gaspare Cascio). Dopo un decennio di attività l’organico subiva qualche variazione col trasferimento di alcune unità in altri uffici dell’Ente e con l’assegnazione alla SOPAT di un tecnico (Ignazio Fortunato) proveniente da un‘altra Sezione e di alcuni tecnici neo assunti. Dopo l’istituzione della Sezione Operativa N. 82 i tecnici dell’ESA cominciarono ad operare solamente nel territorio di Marsala. Quando nel 1981 Petrosino divenne Comune autonomo, l’area territoriale di questo Comune, con decreto 16 settembre 1982 dell’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste, venne assegnata alla competenza della Sezione Operativa di Marsala. Agli inizi degli anni 80’ la superficie agricola uti-

Giornale di Sicilia

lizzata (S.A.U.) nel territorio di Marsala era di circa 32.000 ettari. I comparti predominanti erano i seguenti: viticolo (17.000 ettari circa), cerealicolo (5.000 ettari circa), orticolo (850 ettari circa), serricolo (600 ettari circa), florovivaistico (60 ettari circa). La Produzione lorda vendibile era stimata intorno ai 70 miliardi di lire ed era costituita principalmente dalla viticola (44 miliardi) e da quella dell’ortofloricoltura (15 miliardi circa). La vitivinicoltura costituiva la struttura portante dell’economia agricola della zona, ma anche le colture orticole in serra e il florovivaismo davano un contributo significativo all’economia marsalese. All’inizio dell’attività la Sezione Operativa di Marsala rivolse la sua attenzione principalmente ai comparti più rappresentativi, poi nel corso degli anni si occupò di tutti i comparti affrontando di volta in volta le problematiche più urgenti e più complesse con l’intento di contribuire a risolvere i problemi e a migliorare il reddito e le condizioni di vita degli operatori agricoli. Nel 1996, al fine di rendere più efficiente l’azione dei tecnici della Sezione nel territorio di Petrosino, in collaborazione con la locale Amministrazione comunale, veniva attivato presso il palazzo comunale uno “Sportello verde”, aperto due volte la settimana. In questo modo gli agricoltori avevano la possibilità di un contatto più diretto con gli operatori dell’assistenza tecnica agricola.

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Gennaio 1996

La SOPAT di Marsala sfruttò al meglio la possibilità di poter contare su un organico molto numeroso, composto da tecnici con varie competenze che permettevano di rendere più incisivo l’intervento di assistenza tecnica nell’agricoltura della zona. Il fatto di operare in una realtà molto varia permise di mettere a frutto le attitudini professionali dei singoli tecnici, consentendo loro di raggiungere in alcuni campi alti livelli di professionalità e rappresentare un punto di riferimento per gli agricoltori. Tra l’altro a partire dal 1990 la Sezione poté contare sull’assegnazione di giovani tecnici che furono di stimolo per la realizzazione di nuove e interessanti iniziative. Già con l’arrivo di Anna Maria Parrinello furono avviati alcuni importanti interventi: una vasta attività di indagine per individuare attraverso il test Elisa (enzyme-linked immunosorbent assay - saggio immuno-assorbente legato ad un enzima) la presenza di alcune virosi nella viticoltura marsalese e uno studio per la valorizzazione della produzione vitivinicola che si concluse col riconoscimento della denominazione di origine controllata “Delia Nivolelli”, il cui disciplinare di produzione fu approvato nel giugno 1998. Successivamente, con l’assegnazione di altri tecnici (Pietro Chiodo, Mario Bellafiore, Antonino Angileri, Vincenzo Marino, Antonino D’Alberti, Matteo Sorrentino, Anna Maria Licari), la Sezione ha ampliò ulteriormente la propria attività realizzando iniziative che suscitarono interesse e apprezzamento, come l’educazione alimentare nelle scuole. Ma non si può non riconoscere l’importante ruolo svolto da Giovanni Catalano e Vincenzo Maltese, che con il loro costante impegno e con la loro passione furono determinanti per la realizzazione di numerose e importanti iniziative.

b) Le azioni della SOPAT dell’ESA di Marsala L’attività svolta a partire dal 1976 dai tecnici dell’ESA in un territorio molto vasto, che abbracciava diversi comuni, fu di grande utilità per iniziare ad operare efficacemente in un ambito decisamente più limitato, quale era quello assegnato. Infatti l’agro marsalese, essendo rappresentativo dell’intera zona precedentemente studiata, consentiva di potere utilizzare tutti gli elementi raccolti per impostare un programma di interventi utili a risolvere le principali problematiche dell’agricoltura della zona. Le azioni di assistenza tecnica dovevano essere orientate a favorire lo sviluppo integrato del territorio ed il miglioramento delle condizioni economiche, sociali, professionali e culturali dei produttori agricoli. L’assistenza tecnica per svolgere il proprio ruolo aveva bisogno, però, di sufficienti risorse finanziarie e di adeguate strutture di supporto. Purtroppo, all’inizio dell’attività la Sezione poteva disporre di limitate risorse finanziare e poteva contare sul contributo di pochissime strutture di supporto. Operando con queste limitazioni, essa era costretta a programmare solamente quegli interventi che potevano essere realizzati con gli strumenti di cui disponeva. Ciò stante, furono individuate prioritariamente le linee d’azione e, tempo per tempo, furono adottate le iniziative che meglio potevano incidere sulla rimozione delle cause che ostacolavano lo sviluppo dell’agricoltura. Per svolgere al meglio la propria attività la Sezione ritenne necessario agire non solo a livello aziendale ma anche in ambito interaziendale e territoriale. Gli interventi su base aziendale dovevano mirare ad innalzare il livello tecnico e a migliorare la situazione economica attraverso: • la divulgazione e l’introduzione delle innovazioni tecnologiche; • il miglioramento delle combinazioni produttive; • il miglioramento della gestione aziendale.

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Gli interventi a livello interaziendale e territoriale comportavano: • la realizzazione di efficienti strutture associative; • la divulgazione dell’informazione di mercato; • la divulgazione delle norme e delle direttive tecniche, legislative, creditizie, emanate dalla Regione, dallo Stato e dalla CEE; • il collegamento con la ricerca scientifica e la sperimentazione al fine di trasferire con tempestività le innovazioni tecniche ed economiche al mondo operativo dell’agricoltura e far conoscere agli Organismi di ricerca e di sperimentazione tutte le necessità e i problemi di quest’ultima. Fin dall’inizio la Sezione Operativa avviò un’intensa attività divulgativa e formativa. Per far crescere la professionalità degli operatori agricoli furono organizzate numerose visite d’istruzione sia in Sicilia che in altre Regioni d’Italia, ma anche continui incontri serali nelle sedi delle cooperative o di altri centri di aggregazione per affrontare argomenti riguardanti gli itinerari tecnici delle principali specie orticole e della fragola, le nuove forme di allevamento della vite e le tecniche di potatura, la scelta varietale, le combinazioni d’innesto, la concimazione, la difesa fitosanitaria, ecc. Il rapporto diretto con gli agricoltori avveniva anche a livello aziendale attraverso una capillare attività di consulenza per risolvere i numerosi problemi che gli agricoltori riscontravano nelle loro coltivazioni, soprattutto nel settore serricolo. Non meno intensa fu l’attività dimostrativa svolta presso le aziende, mediante la realizzazione di prove di concimazione, difesa integrata, orientamento varietale, disinfezione e disinfestazione del suolo, ecc. Per far fronte alla carenza di innovazioni provenienti dal mondo della ricerca, furono realizzate numerose attività sperimentali direttamente sul posto, coinvolgendo di volta in volta gli Enti di ricerca dotati di specifica competenza. Si operò principalmente con le Università di Palermo, Catania e Bologna, con l’Istituto Sperimentale per la Floricoltura di San Remo e con la sua Sezione di Palermo. L’attività maggiormente sviluppata fu quella informativa, realizzando diversi opuscoli illustrativi, vari convegni di approfondimento, articoli divulgati su riviste locali, regionali e nazionali. Particolarmente significativa fu l’attività divulgativa svolta attraverso la rivista “Colture Protette”, il mensile orticolo e floricolo edito da Il Sole 24 Ore - Edagricole, dove, in una rubrica mensile denominata “Pianeta Sicilia” e curata dalle SOPAT dell’ESA di Vittoria, Marsala e Pachino, veniva rappresentato, attraverso articoli di ordine tecnico ed economico, il processo evolutivo della serricoltura siciliana. Il ruolo di questa rubrica fu evidenziato da Giorgio Setti, capo redattore “Colture Protette” di Sole 24 Ore - Edagricole, nella prefazione (di cui di seguito sono riportati alcuni stralci)* dell’opuscolo che raccoglie gli articoli pubblicati nella suddetta rubrica. * Stralci della prefazione all’Opuscolo “riflessioni per …crescere” - raccolta degli articoli pubblicati nella Rubrica “Pianeta Sicilia” della rivista Colture Protette Il comparto delle colture protette, come è noto uno di quelli di punta dell’agricoltura nazionale, in Sicilia si esprime con ampie e complesse articolazioni, che travalicano gli aspetti puramente tecnici. La raccolta della Rubrica “Pianeta Sicilia” che appare tutti i mesi nel mensile “Colture Protette” del gruppo Il Sole 24 Ore - Edagricole, costituisce espressione di questa complessità anche socio-culturale, qui presentata attraverso riflessioni, considerazioni e commenti di alcuni tra i più attenti tecnici locali del comparto, impegnati da anni nell’ambito dell’attività dei Servizi allo Sviluppo dell’Ente di Sviluppo

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Agricolo della Regione Sicilia. L’insieme delle note raccolte non aspira a dare una immagine organica del comparto, bensì si propone come una serie di flash sulla filiera. Attorno alle colture protette della Sicilia una vasta quantità di interessi tecnici e socio-economici anima un dibattito sempre più serrato e che ha eletto a proprio luogo di incontro la rivista “Colture Protette”. Il dibattito porta sul terreno del confronto opinioni provenienti da osservatori storici collocati nelle aree pulsanti della serricoltura dell’isola. Osservatori che, per la loro posizione privilegiata, contribuiscono con i temi più vivi che travagliano il settore con una visione che non si concede ai facili e scontati pessimismi ma, al contrario, si propone con visione disincantata e positiva. Si può affermare che gli articoli della rubrica “Pianeta Sicilia”, qui pubblicati, costituiscono l’espressione di quella integrazione tra economia, tecnica, e cultura che oggi è alla base delle spiegazioni più convincenti dello sviluppo. Giorgio Setti, capo redattore “Colture Protette” di Sole 24 Ore - Edagricole In alcuni comparti si sviluppò anche un’interessante attività promozionale, soprattutto per la valorizzazione della fragola, dell’anguria prodotta nel territorio di Petrosino e del florovivaismo. Le Porte Aperte del florovivaismo marsalese e petrosileno, tenute annualmente per oltre un decennio nel mese di novembre, fecero conoscere la realtà produttiva di questi territori ai principali operatori commerciali nazionali ed europei. Questa manifestazione fu ideata dal giornalista Arturo Croci che, avvalendosi della collaborazione dell’agronomo Valter Pironi, del vivaista Michele Canale e dei principali produttori locali (Trapani e Martinico), consentì al florovivaismo marsalese e petrosileno di porsi a contatto con i maggiori operatori del comparto. Al fine di rendere più incisiva la propria azione, la SOPAT di Marsala cercò sempre di coinvolgere tutti gli Organismi pubblici e privati del territorio interessati allo sviluppo dell’agricoltura (Organizzazioni di categoria, Comuni di Marsala e Petrosino, Provincia Regionale di Trapani, Istituto Regionale della Vite e del Vino, Camera di Commercio, Assessorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste, Istituto Tecnico Agrario “A. Damiani” e altri Istituti scolastici, ecc.). Inoltre per migliorare l’efficacia degli interventi ed utilizzare al meglio le risorse umane e finanziarie, la Sezione si adoperò per sviluppare un rapporto di collaborazione con tutte le altre SOPAT e SOAT operanti nell’ambito degli stessi comparti produttivi. L’intensa e vasta attività sviluppata nel corso degli anni permise alla Sezione Operativa di Marsala di acquisire una vasta mole di dati e informazioni, tenuti sempre aggiornati, sull’agricoltura del territorio e di rappresentare un punto di riferimento per tesisti, giornalisti, ricercatori, professionisti, enti pubblici, politici e in genere per chiunque volesse approfondire le problematiche agricole di Marsala e Petrosino.

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Dibattito sull’Assistenza Tecnica Agricola in Sicilia attraverso la stampa

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Atti dell’incontro dibattito su: La ricerca scientifica e l’assistenza tecnica per lo sviluppo dell’agricoltura siciliana Università di Palermo, Facoltà di Agraria 18 febbraio 1986 Palermo Sviluppo Agricolo, n.8 1986

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La normativa regionale, nazionale e comunitaria in materia di assistenza tecnica e divulgazione agricola

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Legge regionale 1 agosto 1977 n.73 G.U.R.S. 3 agosto 1977 n. 36 Provvedimenti in materia di assistenza tecnica e di attività promozionali in agricoltura

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Regolamento (CEE) comunitario n.270 del 79 del Consiglio del 6 febbraio del 1979 relativo allo sviluppo della divulgazione agricola in Italia

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Programma nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo (G.U. n. 217 del 6/9/1995 Suppl. ordinario n. 112

Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica DELIBERAZIONE Approvazione del programma nazionale dei servizi di sviluppo agricolo. (GU n.217 del 16-9-1995 - Suppl. Ordinario n. 112) Delibera: è approvato il “Programma nazionale dei servizi di sviluppo agricolo”, documento programmatico per l’avvio di una nuova fase di orientamento dei servizi di sviluppo agricolo, di concerto tra lo Stato, le regioni e le province autonome, allegato alla presente delibera. I finanziamenti saranno assicurati nell’ambito delle risorse destinate al settore agricolo. Roma, 10 maggio 1995 Il Presidente delegato: MASERA

Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali

PREMESSA Il Programma nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo rappresenta il documento programmatico attraverso il quale si avvia una nuova fase di orientamento e coordinamento dei servizi di sviluppo agricolo di concerto fra lo Stato e le Regioni. Esso mira pertanto a definire una strategia generale da porre in essere ai diversi livelli istituzionali ed il rapporto fra questi livelli e le organizzazioni del mondo agricolo, anche attraverso un’attenta ricognizione delle risorse finanziarie, umane e strutturali disponibili e una loro utilizzazione sinergica e coordinata. Considerando che i servizi di sviluppo agricolo sono strumenti per l’attuazione di politiche agrarie, a ciascun livello istituzionale compete ciò che la corretta interpretazione della legislatura vigente gli attribuisce. I RUOLI NAZIONALI E REGIONALI NEI S.S.A. Al livello nazionale competono le funzioni di indirizzo generale e di coordinamento, lo stanziamento delle risorse per finanziare attività di esclusiva valenza nazionale e per il cofinanziamento di eventuali programmi e supporti interregionali o nazionali. A livello regionale compete l’organizzazione sul proprio

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territorio di tutte le attività dei servizi di sviluppo che riguardano il rapporto diretto con l’impresa agricola e le azioni interregionali di supporto, lo stanziamento delle risorse per il finanziamento di tali attività. Considerato che a livello operativo l’assistenza tecnica e la divulgazione sono attività di esclusiva competenza delle Regioni, le stesse Regioni devono essere direttamente coinvolte nel processo decisionale da cui trae origine la creazione di supporti interregionali. Tutti i programmi, compresi quelli realizzati con i fondi resi disponibili attraverso il bilancio dell’EIMA, nel caso che siano rivolti a svolgere attività di assistenza tecnica alle imprese, per essere attuati, devono essere preventivamente concordati con le Regioni interessate. Le Regioni provvedono alla formazione professionale dei tecnici agricoli facenti parte del proprio organico e definiscono le modalità di impiego degli stessi. Il Ministero esercita funzioni di indirizzo e coordinamento e verifica, in particolare, il rispetto dell’esecuzione dei programmi realizzati in attuazione dei Regolamenti CEE nn. 270/70, 2052/88 e successive modifiche e integrazioni. Per soddisfare le esigenze di programmazione nazionale e regionale e creare un’efficiente sistema di supporto alle decisioni è necessaria una progressiva azione di aggiornamento del Sistema Informativo Agricolo Nazionale, che tenga anche conto dell’esperienza dei supporti informativi regionali per la pianificazione sul territorio. A tal fine occorre in primo luogo prevedere la creazione di standard informativi e di comunicazione che si basino su un unico sistema di anagrafe aziendale, articolato a livello regionale. Anche l’informatizzazione della spesa pubblica e delle relative procedure deve essere promossa e sostenuta per incentivare l’introduzione del controllo di gestione. IL PROBLEMA DELLE RISORSE FINANZIARIE Il problema del reperimento delle risorse necessarie per i S.S.A. va affrontato tenendo presente che: a) è necessario garantire la continuità dei flussi per gli interventi di base; b) in presenza di interventi straordinari, realizzati anche con le risorse finanziarie di derivazione comunitaria (obiettivo 1, obiettivo 5b), per esigenze di riequilibrio territoriale e/o di riconversione produttiva delle aziende, occorre prevedere un correlato incremento dei servizi a supporto dell’intervento stesso: c) l’ampliamento dell’intervento nel settore costituisce un aspetto fondamentale della riqualificazione della spesa per l’agricoltura, anche in rapporto alle nuove prospettive di politica agraria. L’obiettivo di cui al punto a) va perseguito considerando obbligatoria la spesa relativa oltre che al personale anche ai programmi di attività ordinari. L’obiettivo di cui al punto b) va perseguito prevedendo la costituzione presso il livello istituzionale interessato (CEE, Stato, Regioni) di un fondo specifico, alimentato da quota parte degli stanziamenti disposti. Il concetto espresso al punto c) comporta che, in presenza di una rigidità sulla spesa complessiva per il settore primario, i S.S.A. vadano sostenuti mediante la riallocazione delle risorse. All’interno del più generale problema della riqualificazione della spesa pubblica per l’agricoltura, va infine analizzata la possibilità di creare un fondo addizionale per i S.S.A. alimentato attraverso la riallocazione delle risorse che si renderanno disponibili per il prospettato minore impegno a sostegno dei mercati e dei prezzi.

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PREMESSA 1. L’esigenza di attivare un’organica politica nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo (S.S.A.) fu posta in evidenza dal Piano Agricolo Nazionale (P.A.N.), pertanto il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali (MRAAF), d’intesa con le Regioni, individua con il presente Programma Nazionale sui Servizi di Sviluppo Agricolo (P.N.S.S.A.) una specifica azione orizzontale. 2. La leva dei servizi di sviluppo assume oggi un carattere strategico per l’intervento pubblico in agricoltura, in risposta alla riforma della PAC, all’accresciuta competizione internazionale ed ai nuovi compiti sociali ed ambientali che l’agricoltura è chiamata a svolgere. La progettazione di una azione orizzontale per i S.S.A. assolve a due priorità: riqualificare gli strumenti della politica agraria e rafforzare i processi di riorganizzazione in atto nel sistema dei S.S.A. 3. Il Programma fa proprio il concetto di sistema integrato dei S.S.A., che si impernia sui servizi più direttamente collegati alle imprese (consulenza e formazione professionale) e su quelli di supporto, ma comprende anche la ricerca, la sperimentazione, la divulgazione, la formazione professionale e l’informazione. La creazione di un sistema dei servizi rende necessario attuare delle azioni di coordinamento a tutti i livelli. È pertanto necessario colmare, laddove esistono, i vuoti normativi ed operativi a livello regionale, garantire la coerenza tra i livelli decisionali regionali e nazionali e quindi assicurare il collegamento verticale tra i segmenti del sistema nonché la gestione dei servizi strategici nazionali che andranno a coprire gli spazi innovativi. 4. Il P.N.S.S.A. in sede di analisi prende in considerazione l’insieme dei segmenti nei quali si articola il sistema dei S.S.A.. In sede di proposta il Programma privilegia le azioni rivolte alla adozione degli strumenti di attuazione del piano stesso e al consolidamento e al potenziamento delle strutture portanti del sistema preposte alla erogazione dei servizi di sviluppo agricolo. Per i servizi generali (ricerca, statistica, ecc.) e per la formazione professionale, che pure costituiscono parte integrante e qualificante del sistema dei S.S.A., data anche la loro collocazione istituzionale, il Programma si limita ad individuare le connessioni con i restanti servizi formulando indirizzi per il superamento delle carenze più evidenti. Occorre quindi ribadire che se da un lato l’analisi critica del sistema si colloca in una prospettiva di lungo periodo, dall’altro le azioni previste dal piano costituiscono un approccio di breve periodo e sono quindi necessariamente limitate rispetto al contesto generale FINALITÀ ED ARTICOLAZIONE DEL PROGRAMMA Finalità del Programma 5. Il processo di trasformazione che investe il sistema agro-industriale italiano si presenta ampio e profondo. Ai ruoli tradizionali dell’agricoltura, come fornitrice di beni alimentari e fonte di reddito e di occupazione, si affiancano nuovi compiti in relazione alle esigenze di salvaguardia dell’ambiente e di gestione del territorio, nonché alle richieste di qualità e sanità dei prodotti da parte dei consumatori. 6. In relazione a quanto appena esposto e a quanto definito in sede di trattativa GATT per l’agricoltura, il processo di adattamento dello sviluppo agricolo al nuovo corso di politica comunitaria può essere favorito ampliando l’azione ed il ruolo di strumenti alternativi di politica agraria che puntino in modo diretto od indiretto alla salvaguardia ed allo sviluppo dei redditi in agricoltura. 7. Considerato che i S.S.A. rappresentano uno degli interventi di politica agraria che più possono concorrere a mantenere i livelli di concorrenzialità e competitività dell’agricoltura nazionale, rendendone

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più agevole e rapido il processo di adattamento dei ruoli e delle funzioni, il P.N.S.S.A. si prefigge di favorire lo sviluppo integrato del territorio ed il miglioramento delle condizioni economiche, sociali, professionali, culturali dei produttori agricoli intesi come presenze attive e soggetti dello sviluppo agricolo e rurale. 8. L’intervento pubblico nel campo degli S.S.A. dovrà assicurare il perseguimento degli obiettivi generali di politica agraria, in particolare quello di favorire il consolidamento di imprese agrarie che, sempre più integrate nel sistema agro-industriale, siano in grado di adeguarsi in modo autonomo ai cambiamenti dei mercati agricoli ed alle esigenze dei consumatori (servizi verticali di filiera). Allo stesso tempo andranno sviluppate le azioni ed i programmi necessari per favorire la ristrutturazione di quelle aree o regioni che più intensamente sono interessate dalla riforma della PAC, agevolando la piena utilizzazione delle risorse umane e naturali, anche attraverso possibili riqualificazioni produttive e destinazioni alternative della produzione agricola e degli spazi rurali (servizi orizzontali di distretto). Articolazione del programma 9. La complessità della materia trattata, unitamente alle pluralità dei soggetti coinvolti ed alla eterogeneità delle situazioni che si rinvengono sul territorio a livello regionale, comporta le seguenti necessita’: a) delineare il quadro di riferimento in merito all’attuale organizzazione del S.S.A., alle competenze, al ruolo dei soggetti e al campo di applicazione dei servizi; b) formulare le strategie generali e individuare gli strumenti di attuazione del programma a carattere nazionale; c) fornire elementi conoscitivi, di analisi e di proposta per gli specifici interventi settoriali. QUADRO DI RIFERIMENTO GENERALE Organizzazione dei S.S.A. 10. L’esigenza di attivare servizi di supporto allo sviluppo delle imprese agricole e’ sempre stata presente negli interventi a favore dell’agricoltura previsti dallo Stato e, in anni più recenti, dalle Regioni. Dalle esperienze delle cattedre ambulanti in agricoltura negli anni venti, alla istituzione degli Ispettorati provinciali dell’agricoltura nel 1935 fino alla costituzione degli Uffici agricoli di zona, degli Enti di riforma e dei CAT nel Sud dell’Italia negli anni cinquanta e sessanta, lo Stato ha sempre provveduto direttamente all’erogazione dei servizi all’impresa agricola. Nel tempo, però, queste strutture perdono la loro funzione tecnica per svolgere prevalentemente attività amministrativa. Con il secondo Piano Verde (legge n. 910/66) si prefigura per la prima volta un sistema di assistenza tecnica pubblico-privato riconoscendo il sostegno di iniziative autogestite. Con il D.P.R. n. 616/77, tranne che la ricerca di interesse nazionale e l’informazione connessa all’attività di programmazione, tutte le competenze in materia di servizi passano alle Regioni. Da quel momento in poi, le normative Regionali hanno dovunque consolidato un sistema d’intervento misto pubblico-privato, non potendo però incidere in maniera significativa sul ruolo e sulle professionalità delle strutture operative ereditate dallo Stato. 11. A partire dalla fine degli anni ‘70 si verifica una inversione di tendenza, che si manifesta innanzitutto con l’inserimento nel settore di nuove unità tecniche (L. N. 285/77 e informatori socio economici previsti dalla L.N. 153/75). Il Piano agricolo nazionale per la prima volta individua nei servizi di supporto

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alle imprese uno strumento di politica agraria strategico; tuttavia è con provvedimenti comunitari che il settore dei servizi riceve maggiori impulsi: prima con il Reg. n. 270/79 per la formazione e l’inserimento di divulgatori agricoli e la costituzione dei CIFDA, poi con il Reg. n. 797/85 per la costituzione di servizi di gestione autogestiti e quindi con il Reg. n. 2052/88 per la realizzazione di uno specifico programma di divulgazione agricola nelle Regioni dell’Obiettivo 1. Anche se con lentezza il processo di riorganizzazione dei S.S.A. è andato quindi avanti con esperienze in taluni casi anche molto avanzate ma in un contesto generale non stabilizzato e con notevole squilibri. I modelli organizzativi attivati di diversificano da Regione a Regione, dando un peso differenziato ai servizi direttamente gestiti dalle strutture pubbliche e quelli autogestiti dalle organizzazioni agricole. 12. Specifiche analisi hanno evidenziato gli aspetti salienti dell’organizzazione dei S.S.A. sia a livello nazionale che regionale. Tali indicazioni possono essere sinteticamente riassunte come appresso: a) nella maggior parte dei casi l’organizzazione dei S.S.A. e l’assetto delle competenze non appaiono coordinate e coerenti rispetto ad un modello complessivo capace di: • evitare sovrapposizioni e contrapposizioni nelle azioni sostenute dall’intervento pubblico; • assicurare l’esercizio efficace e continuo dei compiti di programmazione e soprattutto di controllo; • garantire una ripartizione territoriale delle risorse equilibrata e razionale; • permettere lo svolgersi di processi di adattamento continuo dei criteri organizzativi alle nuove esigenze ed ai nuovi vincoli che si appalesano man mano, in conseguenza dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo agricolo in generale; b) sia nelle amministrazioni pubbliche che nelle organizzazioni agricole, il fenomeno della commistione dei compiti e dell’utilizzazione impropria del personale non ha cessato di esistere; c) con la recente approvazione della legge in Puglia, tutte le Regioni hanno emanato leggi di riorganizzazione e potenziamento dei servizi; d) le risorse destinate agli interventi nel settore non garantiscono una adeguata continuità dei flussi finanziari necessari per l’attività istituzionale dei servizi, dall’altra non consentono di attuare azioni di supporto alle aziende che beneficiano di aiuti per la riqualificazione delle produzioni e/o per la ristrutturazione aziendale. Non tutte le Regioni dispongono di una quantità di divulgatori vicina ai livelli ritenuti soddisfacenti. Assetto delle competenze 13. L’attuale assetto delle competenze amministrative in materia di agricoltura è delineato dalla legge 4/12/1993, n. 491, relativa alla istituzione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. Per quanto riguarda gli interventi compresi nei SSA, tale legge non e’ innovativa rispetto al citato DPR n. 616/77 in quanto in gran parte già definiti di competenza regionale. Per alcuni interventi d’interesse anche nazionale (ricerca e informazione), l’art. 2 delle 491 assegna ad un Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali la definizione degli indirizzi e dei criteri d’intervento. Infine, anche in materia di S.S.A., come per tutta la materia agricola e forestale, competono allo Stato le funzioni di indirizzo e di coordinamento e quelle attinenti i rapporti internazionali e con la UE. 14. L’assetto complessivo delle competenze sul piano operativo discende anche dalle normative regionali, le quali, in modo differenziato nei contenuti e nei tempi, hanno successivamente previsto:

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a) l’attribuzione di competenze ad enti strumentali (es. Enti di sviluppo); b) l’attribuzione di competenze ad Enti territoriali subregionali (es. Comunità montane); c) il sostegno alle azioni di sviluppo gestite direttamente da organismi di rappresentanza dei produttori agricoli. La realtà istituzionale ed organizzativa in atto prevede il coinvolgimento, ai diversi livelli decisionali ed operativi, di soggetti pubblici, quali lo Stato, le Regioni e gli Enti di Sviluppo, e di soggetti sociali, rappresentati dalle Organizzazioni professionali agricole a vocazione generale, dalle Associazioni cooperative e dalle Associazioni dei produttori Campo di azione 15. Il campo di azione dei servizi di sviluppo si e’ progressivamente ampliato dai tradizionali servizi di assistenza tecnica a servizi sempre più mirati alla gestione delle imprese, per l’introduzione del progresso tecnico e di pratiche idonee a salvaguardare i redditi agricoli, fino ad interessare aspetti sempre più ampi e generali come quelli della protezione dell’ambiente e della gestione del territorio. Allo stesso tempo, sempre più importanti sono divenuti i servizi di supporto necessari per svolgere un’azione di consulenza aziendale mirata e di qualità. Nel complesso, quindi, tutte queste attività concorrono a definire un sistema di servizi formato dai seguenti segmenti: 1. ricerca e sperimentazione 2. informazione 3. consulenza all’impresa 4. orientamento tecnico 5. orientamento commerciale 6. servizi tecnici di supporto 7. statistica agraria 8. formazione professionale 9. formazione dei quadri tecnici. STRATEGIE E STRUMENTI DI ATTUAZIONE Il Co.N.Se.S.A. 16. Nel rispetto dell’attuale assetto delle competenze, il Comitato Permanente per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, di cui alla legge n. 491/93, detto Comitato Permanente, per l’attuazione del presente programma si avvarrà del supporto di un organismo tecnico, denominato Comitato Nazionale per i Servizi di Sviluppo Agricoli (Co.N.Se.S.A.). Il Co.N.Se.S.A. è nominato dal Ministro, di concerto con il Comitato Permanente, che ne definisce anche i compiti e le modalità di funzionamento, entro trenta giorni dall’approvazione del P.N.S.S.A. da parte del CIPE. Il Co.N.Se.S.A. sarà composto da rappresentanti del Ministero, delle Regioni e Province Autonome e delle Organizzazioni Professionali Agricole più rappresentative a livello nazionale. Ai lavori del Co.N.Se.S.A. saranno chiamati a partecipare rappresentati di altri organismi appartenenti al mondo agricolo ed in primo luogo della cooperazione e dell’associazionismo, in rapporto agli argomenti posti all’ordine del giorno. Nell’ambito del Co.N.Se.S.A. potranno essere istituiti uno o più Comitati ristretti la cui composizione e campi di attività saranno definiti dal Ministro di concerto con il Comitato Permanente. Le funzioni attualmente esercitate dal Comitato

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Interregionale per la divulgazione agricola (CIDA), dalla data di approvazione del presente programma da parte del CIPE, saranno svolte dal Comitato Permanente. Il problema delle risorse umane 17. Il Programma individua nella risorsa umana un fattore strategico da affrontare in via prioritaria per rendere efficaci gli interventi negli altri segmenti del sistema. In attuazione del Reg. n. 270/79 e del P.O. “Sviluppo della divulgazione agricola” nelle regioni meridionali, al 31 dicembre 1993 il numero dei divulgatori formati è di 1589 unita’, di cui 1318 impiegati: altri 312 divulgatori sono in formazione ed entro il 1994 si avvieranno così di formazione per altri 305 tecnici. In complesso, quindi, la formazione ha interessato 2206 nuovi tecnici rispetto ai 2455 divulgatori previsti dal Piano quadro di divulgazione. In relazione all’evoluzione delle strutture agricole verificatasi nell’ultimo decennio, alle tecnologie di divulgazione oggi disponibili e agli obiettivi della PAC, sarà compito del Comitato Permanente o per sua delega del Co.N.Se.S.A. verificare se il rapporto “numero d’imprese/ divulgatore” e i profili professionali definiti per l’applicazione del citato reg. n. 270 del 1979 sono ancora validi. Tuttavia, un adeguato numero di tecnici è condizione necessaria ma non sufficiente per dare una soddisfacente risposta alla domanda di servizi che esprime l’esercizio della moderna agricoltura; risulta infatti ugualmente importante assicurare un elevato standard di preparazione professionale degli addetti anche mediante attività di aggiornamento e riqualificazione. Per tale finalità appare indispensabile un azione di riordino delle strutture formative interregionali e delle OO.PP. promosse nell’ambito dell’applicazione del Reg. n. 270/79 (specifici orientamenti sono contenuti nell’apposita scheda di segmento). 18. I fattori che influenzano la “qualità» professionale dei divulgatori sono essenzialmente rappresentati da: a) strutture preposte alla formazione ed all’aggiornamento; b) selezione dei tecnici; c) collegamento tra formazione ed impiego. I problemi relativi alle strutture sono analizzati nella scheda “Formazione dei quadri tecnici”. Per quanto attiene alla selezione va rilevato che essa ha finora rappresentato uno dei punti più carenti del sistema in essere, in quanto in molti casi manca del tutto, in altri è stata operata secondo criteri non rispondenti alle finalità dell’azione. Peraltro finora non e’ stato preso mai in considerazione in modo razionale il problema della verifica, dopo un primo periodo di impiego, circa l’idoneità professionale in relazione alla migliore collocazione all’interno del sistema stesso. Infine, del tutto carente appare l’attuale situazione in ordine al collegamento tra formazione ed impiego dei divulgatori. Infatti da una parte l’incertezza circa la destinazione dei partecipanti ai corsi non ha consentito la migliore finalizzazione delle attività formative; dall’altra i lunghi tempi che spesso sono intercorsi tra il compimento della formazione e l’inserimento nel mondo operativo hanno influito negativamente sulla stessa preparazione e spesso hanno determinato la perdita di unità formate a vantaggio di altri settori. 19. Un problema ancora irrisolto è quello relativo alla tutela della professionalità dei divulgatori una volta inseriti. Nel campo della divulgazione sia la Pubblica Amministrazione che le organizzazioni agricole hanno da sempre praticato diffusamente forme di utilizzazione impropria dei tecnici addetti, soprattutto affidando loro compiti di tipo amministrativo e burocratico. Gli effetti deleteri di tali comportamenti sono di vasta portata e vanno dall’abbassamento qualitativo delle azioni, alla mancanza di continuità nell’intervento, fino alla vera e propria assenza di servizi in alcune zone, malgrado siano in esse presenti strutture preposte. La risoluzione di tale problema deve essere perseguita con assoluta priorità, per non vanificare le azioni di potenziamento degli apparati. Occorre pertanto rimuovere quelle che appaiono le due princi-

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pali cause del fenomeno: a) la commistione dei compiti nelle strutture operative; b) la mancanza di una specificità contrattuale del divulgatore agricolo. La prima va rimossa attraverso le normative regionali di riorganizzazione dei servizi pubblici. Per gli stessi motivi, le forme di autogestione dovrebbero organizzativamente soddisfare i principi indicati per il pubblico, il cui rispetto nel tempo andrebbe sottoposto a periodiche verifiche. La specificità contrattuale va perseguita a livello nazionale, inserendo nei contratti collettivi sia pubblici che privati il profilo del divulgatore, definendone le relative mansioni ed adeguando alle peculiarità delle stesse gli altri istituti contrattuali (orario di servizio, missione, straordinario, ecc.). Garantite le due condizioni predette, risulta possibile provvedere in modo razionale al necessario aggiornamento permanente dei divulgatori. 20. Un aspetto non secondario relativo alla tutela e allo sviluppo della professionalità dei divulgatori attiene al superamento di tutte quelle situazioni che vedono attualmente i divulgatori di base spesso in situazioni di disagio rispetto al personale operante presso le strutture centrali. È necessario affermare (in linea di principio ma anche nelle leggi, nei regolamenti e nelle qualifiche professionali) l’assoluta parità delle funzioni svolte nelle sedi periferiche e centrali: ciò deriva dal concetto stesso di sistema, cioè della complementarietà delle sue componenti (e quindi dalla pari importanza di tutte ai fini del risultato finale). Anche l’identificazione tra la struttura centrale e le attività di consulenza di tipo specialistico rappresenta un concetto da rimuovere. Nei modelli organizzativi dei moderni S.S.A. gli specialisti devono operare sia a livello centrale che a livello periferico: a livello centrale l’attività prevalente sarà quella di curare i collegamenti e la collaborazione con le istituzioni di ricerca (quale vera e propria “interfaccia” tra questa e gli apparati dei S.S.A.), mentre a livello periferico, gli specialisti devono stare a contatto delle realtà produttive collaborando anche con il consulente di gestione. Il problema delle risorse finanziarie 21. Il problema delle risorse finanziarie da destinare ai S.S.A. va visto sotto il duplice aspetto della copertura delle necessita’ rilevanti connesse al potenziamento delle strutture e della garanzia di soddisfacimento delle esigenze. Il potenziamento delle strutture comprende prioritariamente l’attività di aggiornamento, riqualificazione e perfezionamento dei divulgatori e del personale gia’ in servizio per coprire tutto il fabbisogno e l’attivazione delle strutture di supporto. Nelle fasi successive, data la natura dell’intervento, la garanzia di continuità nella erogazione dei servizi risulta essere un presupposto indispensabile per la loro stessa efficacia e produttività. Infatti l’intervento, oltre a comportare una spesa corrente (personale e funzionamento uffici), si articola in azioni generalmente a carattere pluriennale ed integrato. 22. Per quanto attiene all’impegno per i S.S.A. dei soggetti primari di politica agraria, in base alla situazione attuale à possibile operare la seguente distinzione: • la UE si fà carico in modo parziale e non continuo del finanziamento di programmi a carattere straordinario e strategico (es. l’impiego dei divulgatori, alcuni temi di ricerca, la sperimentazione nel campo della statistica ed in quello della telematica applicata all’agricoltura, ecc.); • lo Stato sostiene direttamente gli oneri per i servizi generali e per le azioni promozionali di competenza nazionale (sistema informativo nazionale, ricerca e sperimentazione di carattere nazionale, statistica agraria, ecc.). In molti casi le iniziative nazionali coinvolgono direttamente e/o hanno una ricaduta immediata sui servizi regionali;

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• le Regioni utilizzano per i S.S.A. quota parte dei finanziamenti indivisi per l’agricoltura. 23. Le priorità da perseguire nell’attuazione del Programma sono: • funzionamento dei nuovi organismi operativi previsti dal Programma; • riqualificazione ed aggiornamento del personale gia’ inserito in correlazione all’attuazione degli interventi previsti dal Programma e mediante il coinvolgimento dei CIFDA; • promozione di progetti integrati di ricerca, sperimentazione e divulgazione e relativi servizi di supporto, anche in relazione alle opportunità fornite dalla PAC; • promozione di progetti integrati di interesse nazionale o interregionale articolati regionalmente e attivati con i meccanismi di cofinanziamento, compresi quelli già attivati (lotta fitopatologica integrata e ipofertilità, ecc.), anche in relazione alle opportunità fornite dalla PAC. • monitoraggio della spesa pubblica in materia di SSA al fine di formulare proposte per la qualificazione degli interventi e la ricerca di sinergie tra i diversi soggetti che sono coinvolti. 24. Il problema del reperimento delle risorse necessarie per i S.S.A. va affrontato tenendo presente che l’ampliamento dell’intervento nel settore costituisce un aspetto fondamentale della riqualificazione della spesa per l’agricoltura, anche in rapporto alle nuove prospettive di politica agraria. È pertanto necessario che: a) venga garantita la continuità dei flussi per gli interventi di base compresi quelli necessari per il funzionamento del riordinato sistema dei CIFDA. Deve intendersi pertanto obbligatoria la spesa relativa al personale e ai programmi di attività ordinaria; b) ogni programma d’intervento nazionale e regionale diretto allo sviluppo dell’impresa agricola, e in primo luogo per quelli che derivano dall’applicazione della PAC, deve prevedere un automatico e correlato incremento dei finanziamenti destinati ai servizi da attivare a supporto dell’intervento stesso; c) si attivino concrete azioni di indirizzo, coordinamento e monitoraggio della spesa pubblica destinata ai SSA. Sia per quanto riguarda le priorità definite per il Programma che per il reperimento delle risorse finanziarie in favore dei SSA, il Comitato Permanente e’ chiamato a promuovere specifiche iniziative. Il problema dei modelli organizzativi 25. Il Programma Nazionale non si pone come obiettivo necessario la definizione di un unico modello organizzativo dei S.S.A., da applicarsi in ogni tempo ed in ogni luogo. Il P.N.S.S.A. sottolinea invece l’esigenza che le forme organizzative e gestionali rispettino alcune condizioni irrinunciabili ai fini della creazione di un efficiente ed efficace sistema dei servizi. Sembra comunque opportuno, in questa sede, affrontare alcune essenziali condizioni generali il cui rispetto si rende necessario, o quanto meno opportuno, ai fini della riorganizzazione del sistema dei S.S.A. Esse sono la flessibilità; il controllo permanente; la partecipazione al sistema in presenza di una pluralità di soggetti. 26. La flessibilità del sistema rappresenta una condizione indispensabile, innanzi tutto per affrontare la fase di riconversione dei servizi esistenti nelle nuove strutture ed, in secondo luogo, per consentire l’adattamento permanente e rapido delle nuove strutture alle future esigenze. La flessibilità si realizza in primo luogo attraverso la formazione permanente del personale, la cui competenza professionale deve essere costantemente aggiornata e riqualificata, anche per permettere la mobilità dei tecnici all’interno

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del sistema; in secondo luogo richiede la creazione di servizi modulari e reciprocamente compatibili che possono essere combinati in diverso modo secondo le specifiche esigenza di ogni tipi di agricoltura. 27. La capacita’ di adattamento spazio-temporale, presuppone l’attivazione di strumenti di controllo permanente alle performances dei servizi nelle diverse zone e tipologie di azienda. Il controllo ha una valenza interna ed una esterna; il sistema deve disporre di un flusso costante di informazioni necessario per attivare i meccanismi interni di autocorrezione (feedback) e per guidare i processi di adattamento; ma al tempo stesso il sistema nel suo insieme deve essere aperto ai controlli esterni a fini di valutazione (anche in termini di costi e benefici) delle attività dei S.S.A. rispetto agli obiettivi generali e specifici della politica agraria. La flessibilità ed il controllo devono essere garantiti dallo stesso organo di responsabilità primaria che ha capacità normativa. 28. Tenuto conto di tali esigenze va chiarito che l’assetto delle competenze all’interno delle diverse strutture pubbliche e la regolamentazione dell’autogestione devono essere affrontare verificando l’efficienza dei servizi attraverso il superamento delle attuali carenze in merito a: • la sovrapposizione delle competenze; • la indeterminatezza delle procedure e delle funzioni di controllo; • un uso dell’istituto della delega che impedisca l’integrazione tra i diversi livelli dei servizi a che al tempo stesso affidi ed enti inferiori, per dimensioni e configurazione giuridico amministrativa, compiti operativi complessi; • la burocratizzazione degli apparati preposti che limiterebbe i rapporti con l’utenza ed in generale non renderebbe possibile espansioni di dinamismo e creatività indispensabili per il successo delle azioni di sviluppo. 29. La dislocazione territoriale delle strutture e la composizione del personale tecnico rispetto alle specifiche professionalità non possono essere previste in modo uniforme. La flessibilità del sistema deve consentire la possibilità di agire sulla dotazione di personale tenendo conto di eventuali esigenze straordinarie. Dal punto di vista strutturale non trovano quindi alcuna giustificazione quei modelli organizzativi nei quali ad una consistente struttura centrale corrispondono strutture periferiche poco consistenti, e viceversa. Si deve ricordare infine che tutto il sistema dei servizi si basa in grandissima parte sulla professionalità dei divulgatori. Un buon modello organizzativo dei S.S.A. deve pertanto garantire l’autonomia professionale dei tecnici, mettendoli al riparo da ingerenze esterne di varia natura (commerciali, politiche, sindacali, ecc.), qualora tali ingerenze possano portare ad una compromissione o ad un’alterazione della piena espressione della professionalità dei tecnici. ORIENTAMENTI E AZIONI VERTICALI Gli ambiti operativi 30. Il Programma fa proprio il concetto di sistema di servizi di sviluppo agricolo composto da sussistei regionali/zonali e/o di singoli interventi, tra di loro strettamente integrati fino a formare un vero e proprio sistema nazionale. In base a tale concetto, i S.S.A. si configurano come uno strumento di politica agraria modellabile sulle più varie esigenze del mondo produttivo e, quindi, molto flessibile. Come principale chiave di lettura del Programma si deve chiarire che il documento non intende riferirsi a tutti

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i possibili servizi tecnici e generali di supporto alle imprese agricole, bensì si limita a formulare obiettivi ed indirizzi soltanto per gli interventi propri del sistema dei S.S.A. idonei a garantire le finalità di politica agraria e di crescita economico-sociale degli imprenditori agricoli. Rispetto a dette finalità i S.S.A. si configurano quindi, in generale, come attività di interesse pubblico. 31. Nel sistema dei S.S.A. rientrano la ricerca e la sperimentazione, l’informazione, la consulenza all’impresa, l’orientamento tecnico e commerciale, i servizi tecnici di supporto, la formazione professionale e dei quadri tecnici. Il P.N.S.S.A., individuati i segmenti del sistema, le sue articolazioni territoriali ed i momenti che le istituzioni e le forze sociali possono essere chiamate a gestire, pone un’enfasi particolare: a) sulle attività che possono essere gestite a livello nazionale ed interregionale; b) sulla promozione ed il completamento delle strutture a livello regionale. Obiettivi ed indirizzi per segmento 32. Pur affermando come concettualmente errata l’attuale tendenza alla parcellizzazione dei S.S.A., lo stesso Programma non può non affrontare il tema degli obiettivi ed indirizzi da un punto di vista settoriale, tenuto conto anche dell’assetto istituzionale e delle iniziative già poste in essere nelle specifiche realtà regionali. Pur individuando specifici obiettivi ed azioni settoriali il P.N.S.S.A. deve porsi il problema della gestione del sistema ai fini del suo armonico funzionamento. La predisposizione di appositi progetti integrati di sviluppo, che si inseriscano nella cornice dei piani regionali di sviluppo, potrà essere la forma opportuna per concretizzare le necessarie forme di gestione del sistema dei servizi. Ciascuna azione settoriale dovrà essere indirizzata a colmare le lacune dei singoli settori maggiormente pregiudizievoli ai fini dell’organizzazione e del funzionamento dell’intero sistema. Obiettivi specifici 33. Gli obiettivi specifici, di seguito delineati sinteticamente, formano oggetto, successivamente, di una analitica esposizione. In sintesi il Programma intende: a) contribuire a rafforzare tutti gli elementi che conferiscono all’organizzazione della ricerca e sperimentazione agraria i caratteri di sistema per migliorare il collegamento tra i soggetti preposti alla programmazione ed i raccordi con le strutture deputate al trasferimento; b) contribuire all’evoluzione del sistema informativo in agricoltura, inteso nell’accezione più ampia del termine; c) promuovere e sostenere lo sviluppo della consulenza aziendale, adeguatamente integrata dai servizi di orientamento e sostenuta dai servizi tecnici di supporto articolati in reti regionali; d) perseguire l’obiettivo della integrazione programmatica ed operativa tra formazione professionale ed altri servizi di sviluppo; e) attivare un meccanismo di finanziamenti delle azioni di potenziamento dei sistemi regionali, da attuare nell’ambito del completamento del quadro normativo, capaci anche di assicurare risorse adeguate e continuità di flusso; f) inserire il sistema di formazione dei quadri tecnici nel più ampio contesto dei S.S.A., fortificandone i punti di collegamento e le capacita’ di attuare un qualificato processo di formazione permanente anche attraverso il riordino dei CIFDA;

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g) contribuire al rafforzamento del ruolo che i diversi soggetti, istituzionali e sociali, sono chiamati a svolgere, al fine di realizzare una linea nazionale di programmazione nel rispetto della complessa articolazione territoriale del sistema; h) rispondere all’esigenza di servizi nuovi strategicamente importanti per garantire organicità e qualità al processo di trasferimento delle innovazioni; i) tendere alla razionalizzazione della spesa nel settore anche favorendo scelte organizzative che, pur nella diversità delle realtà regionali, facciano salve alcune condizioni di fondo ritenute indispensabili per qualificare l’intervento. RICERCA E SPERIMENTAZIONE Obiettivi 43. Gli obiettivi prioritari da perseguire con il Programma, compatibilmente con quanto verra’ deciso in merito al citato riordino degli Enti di ricerca, sono i seguenti: • ampliare tutte le forme di ricerca applicata con finalizzazione specifica alla fruizione diretta da parte dei S.S.A.: in tale ottica va perseguito anche l’obiettivo di sviluppare una capacita’ di analisi della domanda di ricerca e nello stesso tempo di trasferimento dei risultati alle imprese; • dotare il sistema di supporti specialistici, che integrino e coordinino la capacita’ delle strutture regionali e nazionali nell’analisi della domanda e dell’offerta delle innovazioni tecnologiche, soprattutto a livello internazionale, e che siano in grado di valutare l’impatto della loro introduzione sulle strutture produttive, sui consumi finali e sull’ambiente; • migliorare la definizione delle competenze tecniche ed amministrative in materia di ricerca scientifica in modo da aumentare l’efficienza interna del sistema attuale. Azioni 44. A livello nazionale le principali azioni saranno legate alle soluzioni di riordino che verranno adottate in applicazione della legge di riforma del Ministero. In generale, comunque, rispetto alla situazione attuale il riordino dovrebbe consentire: • la razionalizzazione ed il miglior coordinamento della gestione degli Istituti di ricerca e di sperimentazione agraria e di quelli di ricerca socio-economica (INEA e ISMEA); • l’adeguamento e la finalizzazione dei finanziamenti per la ricerca e la sperimentazione sulla base degli indirizzi che saranno forniti dal Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali e dalla Consulta per la ricerca; • l’attivazione di programmi di sperimentazione di rilevanza nazionale formulati esplicitamente sulla base dell’analisi della domanda e dell’offerta di innovazioni e delle forme di trasferimento dei risultati alla divulgazione; in questo ambito, dovranno essere favorite le azioni finanziate tra Stato e Regioni. 45. A livello regionale le azioni da intraprendere sono soprattutto di tipo organizzativo e cioè: • istituzione di specifici “poli” regionali di coordinamento della ricerca, da collocare nell’ambito del S.S.A.; • riordino e valorizzazione dei centri di ricerca esistenti, e promozione di rapporti organici tra Regioni ed Enti di ricerca per lo sviluppo di progetti di ricerca finalizzati anche attraverso forme consortili, programmi pluriennali ed interdisciplinari, ecc.;

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• partecipazione, con altre Regioni e/o altri Enti di ricerca alla presentazione di progetti di interesse interregionale, con riferimento sia a quelli collegati al programma regionale che a progetti nazionali cofinanziati. INFORMAZIONE Obiettivi 50. Come per la ricerca, la legge n. 491/93 rappresenterà una occasione di riordino per la materia in questione. La suddetta legge attribuisce al MRAAF specifiche competenze per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di informazioni e dati. Il riordino degli IRSA, dell’Inea e dell’Ismea dovrà necessariamente riguardare anche le modalità con cui tali organismi si vanno ad integrare in un sistema informativo agricolo articolato a livello nazionale e regionale, a supporto sia dei S.S.A. che del processo di programmazione in agricoltura. I sistemi informativi debbono rispondere alle crescenti richieste del mondo agricolo fornendo sempre più tempestivamente le conoscenze necessarie per governare i cambiamenti indotti dal progresso tecnico e dalla concorrenza mercantile,assicurando un flusso di informazioni che consideri l’orizzonte nazionale e comunitario. Il collegamento e la integrazione fra i sistemi informativi operanti ai diversi livelli territoriali deve costituire l’aspetto essenziale di un servizio capace di eliminare ogni carattere discriminatorio rispetto alle capacità di sviluppo delle diverse imprese ed aree agricole. 51. Particolare attenzione va rivolta a quei tipi di informazione che oggi risultano molto carenti. Ci si riferisce a tutte le informazioni sulla realtà agricola regionale e a quelle di carattere socio-economico che riguardano il complesso agro alimentare. Le informazioni sui risultati economici delle imprese agricole per tipologie devono essere affiancate da informazioni sui prezzi e sui mercati dei prodotti agricoli e dei mezzi tecnici, sui possibili sbocchi e scenari dei marcati, sull’integrazione agro-alimentare con l’evoluzione delle esigenze a caratteristiche della trasformazione, commercializzazione, trasporto e consumo dei prodotti agricoli. 52. In tale ottica gli obiettivi prioritari che il Programma potrà perseguire conseguentemente al riordino degli Enti vigilati dal MRAAF, possono essere riassunti come segue: • promuovere l’ampliamento delle ricerche finalizzate alla messa a punto di metodologie di divulgazione che tengano conto di tutte le specificità che esprime il settore primario; • favorire il raccordo e la finalizzazione dei programmi dei diversi Enti che operano nel campo; • contribuire alla creazione di basi informative di larga ed agevole utilizzazione tenendo conto anche delle banche-dati di carattere internazionale; • favorire l’accelerazione del processo di riorganizzazione del sistema informativo indotto dal mutato quadro tecnologico di riferimento; • contribuire all’attivazione di strutture dotate di professionalità e supporti tecnologici adeguati per l’erogazione di servizi formativi di interesse pubblico articolati anche a livello territoriale. Azioni 53. Le principali azioni da attivare a livello nazionale in relazione alle sfere di competenza sono le seguenti: • verifica del raccordo tra le varie fonti informative e tra i diversi livelli istituzionali ed operativi; • promozione di iniziative finalizzate a favorire il collegamento tra esigenze conoscitive dei S.S.A. e

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contenuti dei servizi di informazione; • sviluppo di azioni che consentano di garantire tempestività nel trasferimento delle informazioni e continuità degli aggiornamenti; • promozione di progetti di ricerca su metodologie di divulgazione delle informazioni, in relazione ai diversi ambienti ed alle moderne tecnologie disponibili; • promozione di iniziative volte a potenziare i supporti ad alto contenuto tecnologico per la divulgazione delle informazioni contabili e di mercato e dei risultati della ricerca e sperimentazione. Tali iniziative devono essere finalizzate alla riduzione dei costi di esercizio per consentire la massima diffusione dei servizi. 54. A livello regionale le azioni da intraprendere possono essere le seguenti: • la promozione e il sostegno alla costituzione di centri regionali per l’informazione agricola; • la promozione e il sostegno di iniziative organiche per il potenziamento e per un utilizzo sistematico dei moderni mezzi di comunicazione (stampa divulgativa, televisione, radio, telematica, ecc.). In generale, sia a livello nazionale che regionale, ogni azione di sviluppo del settore agricolo dovrà sempre prevedere specifiche iniziative di divulgazione finalizzate ad una migliore applicazione delle azioni stesse. CONSULENZAALL’IMPRESA Obiettivi 64. Obiettivo del P.N.S.S.A. e’ anche quello di contribuire a determinare un’organica costruzione del sistema dei S.S.A., al fine di potenziare il cruciale segmento dei servizi di consulenza alle imprese. Tenendo conto che la consulenza aziendale e’, in primo luogo, la sintesi finale del flusso di informazioni e di supporti decisionali indirizzato all’imprenditore, le condizioni perché la consulenza possa concretamente estrinsecarsi sono determinate dall’organicità e completezza di tutto il sistema dei S.S.A. 65. Più in particolare, va perseguita: • l’alta qualificazione dei divulgatori ed il loro aggiornamento permanente; • un’organizzazione regionale e zonale dotata di organici adeguati e capaci di formulare risposte complete all’insieme delle problematiche aziendali in una visione di sviluppo territoriale; • l’adozione diffusa di metodologie di analisi e pianificazione che, con i necessari contenuti tecnici, conducano alla proposta di modelli decisionali, parziali e globali, costantemente aggiornati e verificati, con riferimento a contesti produttivi aziendali/territoriali specifici ed alla introduzione delle innovazioni. Azioni 66. A livello regionale le azioni da intraprendere riguardano: • il completamento e l’adozione dei quadri normativi e/o dei modelli organizzativi che regolano l’intera materia, con una visione integrata del sistema che garantisca la stabilità e la qualificazione dei servizi; • il sostegno alla creazione ed al potenziamento della consulenza alle imprese agricole con opportuna articolazione territoriale e produttiva dei servizi integrati attraverso la realizzazione di programmi organici ed azioni pilota;

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• la creazione di servizi di supporto con elevata professionalità e qualificazione con particolare riferimento a quelle più direttamente utilizzabili per la gestione aziendale, anche attraverso la costituzione di unita’ operative per la contabilità aziendale, l’analisi organizzativa dell’azienda e del territorio, tendenze dei mercati e delle produzioni agricole, ecc.; • l’ampliamento ed il potenziamento dei servizi di supporto indiretti all’impresa, quali laboratori di analisi, servizi agrometeorologici, servizi telematici, ecc. 67. A livello nazionale occorre garantire un’azione di orientamento per i servizi alle imprese, che si traduca in servizio di supporto alle decisioni regionali e/o delle organizzazioni professionali con particolare attenzione: • agli aspetti metodologici della consulenza di gestione aziendale, tecnico-economica di prodotto ed ambientale; • ai profili professionali dei tecnici da impiegare nelle attività di consulenza; • alla struttura organizzativa dei servizi di consulenza e di supporto specialistico. Tale azione deve essere attivata insieme ad un’azione di monitoraggio sulle attività dei servizi nonché la realizzazione di studi comparativi sulla legislazione regionale e sulle metodologie di consulenza alla gestione e di fornire supporti decisionali in materia di legislazione, organizzazione, gestione e controllo dei servizi alle Regioni ed Organizzazioni Professionali. ORIENTAMENTO TECNICO Obiettivi 71. In questo cruciale settore che collega la ricerca alle attività dei S.S.A. gli obiettivi prioritari da perseguire attengono: • all’ampliamento, diffusione e razionalizzazione delle attività dimostrative; • alla creazione di strutture di supporto tecnico capaci di verificare la rispondenza delle innovazioni nei diversi contesti territoriali ed organizzativi (“collaudo” delle innovazioni); in tale campo occorre costituire un reticolo articolato ai vari livelli territoriali (dal livello nazionale a quello regionale, fino a quello zonale), con la conseguente partecipazione dei diversi servizi di base e delle stesse istituzioni di ricerca; • allo sviluppo di un sistema informativo sulle innovazioni, alimentato proprio dalle attività di orientamento tecnico (dimostrazione e collaudo) che consenta di valorizzare al massimo le conoscenze acquisite ed allo stesso tempo di razionalizzare la programmazione delle attività in modo da evitare le sovrapposizioni e garantire la continuità delle azioni. Azioni 72. A livello regionale, nell’ambito dei programmi più generali dei S.S.A., sono da intraprendere le seguenti azioni prioritarie: • predisposizione di un “piano organico” per la ricognizione, l’adeguamento e la riorganizzazione gestionale delle aziende agricole e forestali a carattere pubblico utilizzabili a fini sperimentali, di collaudo e dimostrativi. In tale contesto va recuperata e ampliata la funzione delle aziende agricole delle Università, degli Istituti Tecnici Agrari e degli Istituti Professionali di Stato per l’agricoltura che rappresentano un consistente patrimonio da valorizzare, anche attraverso il finanziamento pub-

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blico dei maggiori oneri connessi alle funzioni dimostrative; • finanziamento delle iniziative previste da “programmi annuali” delle prove dimostrative e di collaudo e delle connesse attività di monitoraggio. La programmazione dovrà garantire la continuità dei flussi finanziari e i collegamenti intra ed extraregionali; il monitoraggio dovrà consentire la verifica dei collegamenti con le strutture di divulgazione, assicurando cosi’ sia il trasferimento agli agricoltori delle innovazioni che gli stimoli di “ritorno” ai centri di produzione delle stesse. 73. A livello nazionale si potrà prevedere la costituzione di un “programma di orientamento tecnico” che faccia perno su strutture già esistenti quali: gli IRSA e l’INEA riordinati e i CIFDA. Tale programma potrà utilizzare le esperienze gia’ in atto e i supporti che si vanno predisponendo nell’ambito del P.O. “Sviluppo della divulgazione agricola” per le regioni meridionali. Tale programma potrà garantire: • la selezione delle innovazioni mature e il trattamento delle informazioni per il trasferimento alle strutture di divulgazione regionali; • la costituzione di “cataloghi” delle prove e dei risultati conseguiti con le attività di verifica e collaudo; • lo svolgimento di studi di carattere metodologico sull’impianto e la realizzazione delle prove di collaudo ai fini di rendere confrontabili i risultati e quindi elevare la produttività degli investimenti necessari; • la costituzione di un campione di aziende che hanno adottato innovazioni da sottoporre a sistematica rilevazione contabile nell’ambito delle reti già esistenti ed in collegamento con la RICA gestita dall’INEA. Tale campione costituisce il supporto necessario per valutare l’impatto socio-economico dell’innovazione a livello territoriale e per tipologia aziendale e consentire il collaudo delle innovazioni gestionali. ORIENTAMENTO COMMERCIALE Obiettivi 78. In considerazione dell’importanza sempre maggiore dei rapporti con il mercato e della commercializzazione dei prodotti agricoli, gli obiettivi da perseguire sono sostanzialmente quattro: • garantire il raccordo funzionale tra obiettivi di politica agraria e commerciale (contenimento delle eccedenze) e obiettivi dell’impresa agricola (adeguata remunerazione dei fattori produttivi); • coordinare tutte le iniziative in questa delicata materia in modo da garantire la massima produttività delle attività tese alla valorizzazione della produzione agricola e alla piena valorizzazione delle politiche di marchio; • sviluppare al massimo la ricerca di mercato e tutte le attività che possono assicurare efficaci azioni di orientamento commerciale; • favorire la massima correlazione e coerenza tra le scelte tecnico-economiche degli agricoltori e le esigenze poste dalla penetrazione dei nostri prodotti nei mercati nazionali ed internazionali. Azioni 79. L’azione di promozione e sviluppo delle ricerche di mercato, delle azioni di marketing e/o di promozione commerciale, hanno la possibilità’ di essere attuate con rapidità ed efficacia solo se si assume come punto di riferimento la dimensione nazionale ed internazionale dei mercati. Quindi tutte le azioni

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debbono trovare momenti significativi di intervento a livello nazionale, fatte salve le possibili, e talvolta necessarie, azioni da condursi a livello regionale. 80. Le azioni da promuovere e sostenere in attuazione del P.N.S.S.A. attengono sia all’ampliamento e miglioramento del sistema informativo che alla consulenza specialistica da rivolgere agli imprenditori agricoli singoli od organizzati sui mercati nazionali ed esteri. In particolare le azioni previste sono: • la formulazione di un “Programma di orientamento commerciale” che consenta sia di raccogliere ed armonizzare le informazioni di mercato, sia, soprattutto, di delineare le strategie di produzione tenuto conto dei vincoli che discendono dalle scelte di politica agraria, dalle tendenze dei consumi e dall’evoluzione delle produzioni. Si tratta, in sostanza, di pervenire ad una concertazione preliminare fra i vari soggetti istituzionali e non, per offrire elementi di maggiore certezza agli orientamenti dei servizi e alle scelte dei produttori organizzati. Tale programma deve anche garantire che le azioni promosse dall’EIMA e dall’ISMEA possano essere effettivamente finalizzate a monitorare l’intervento pubblico e a fornire concreti supporti di orientamento alle scelte dell’operatore agroalimentare; • favorire la dotazione da parte dei S.S.A. regioni di specializzazioni opportune, anche mediante il ricorso a competenze esterne, alfine di assicurare, soprattutto alle forme associative dei produttori agricoli, la consulenza ai fini della migliore collocazione del prodotto in particolar modo sui mercati esteri. SERVIZI TECNICI DI SUPPORTO Obiettivi 84. In questo campo se da un lato appare indispensabile finalizzare i servizi alle realtà ed esigenze regionali, dall’altro occorre ricercare e sfruttare tutte quelle economie di scala e facilitazione nelle acquisizioni delle conoscenze che evitino sprechi, ripetitività e non confrontabilità delle diverse esperienze operative. L’esigenza di raggiungere dimensioni adeguate, le elevate professionalità richieste e non facilmente disponibili ed i forti investimenti necessari per realizzare questi servizi, fanno ritenere che nella maggior parte dei casi lo sviluppo e la gestione di iniziative in questo segmento debbano essere assicurare dall’Ente pubblico. È altresì importante prevenire al coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici e sociali interessati. 85. La creazione di un insieme di servizi di supporto all’attività dei S.S.A. acquista piena valenza solamente se viene collocata nell’ambito di un sistema informativo integrato, alla cui realizzazione devono concorrere sia il livello nazionale che regionale. In tale ottica gli obiettivi da perseguire prioritariamente riguardano: • sostenere lo sviluppo di servizi tecnici a livello regionale in modo da rafforzare i servizi di consulenza; • favorire il raccordo fra le iniziative a livello regionale e nazionale, attivando anche necessari collegamenti con le realizzazioni internazionali; • promuovere, a livello nazionale, la realizzazione di quei servizi di supporto che per la loro natura, e per consentire economie di scala, devono avere carattere interregionale; • promuovere un’azione nazionale di consulenza per la razionale organizzazione dei servizi di supporto.

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Azioni 86. Gli interventi da attuare a livello nazionale sono: • individuazione di un idoneo organismo nazionale a cui affidare il compito di mettere a punto modelli organizzativi e standard tecnici e fornire consulenza agli Enti che intendono realizzare servizi tecnici di supporto; • ricognizione delle strutture che gia’ svolgono servizi tecnici di supporto nei vari campi, al fine in individuare quei centri che possono svolgere compiti di controllo della qualità dei prodotti e dei mezzi tecnici di preminente interesse dei produttori agricoli; • promozione di un programma generale per i servizi di supporto di rilevanza nazionale, anche con articolazioni interregionali rivolto anche a colmare le lacune messe in evidenza dalla ricognizione. Nell’ambito di tale programma appare opportuno porre in attuazione con priorità il consolidamento della rete di agrometeorologia e l’ampliamento delle esperienze in atto (nell’ambito del citati P.O. “Sviluppo della divulgazione agricola”) sulla realizzazione di carte del suolo e carte tematiche per la divulgazione agricola. 87. A livello regionale l’azione prioritaria deve consistere nella realizzazione di centri per la produzione di servizi specialistici a supporto dei programmi di intervento integrati, atti a sviluppare professionalità e tecnologie secondo gli obiettivi e l’organizzazione generale dei S.S.A. Tali centri devono comprendere laboratori, anche complessi, per l’effettuazione di analisi agrobiologiche, in strutture per il trattamento delle informazioni agricole, per la produzione di sussidi audiovisivi, ecc. Occorre altresì sostenere servizi tecnici di supporto autogestiti dai produttori finalizzati tra l’altro ai controlli di qualità previsti dai disciplinari di produzione. FORMAZIONE PROFESSIONALE Obiettivi 91. Il superamento delle difficoltà e crisi della formazione professionale agricola può avvenire finalizzando gli interventi alla promozione dell’imprenditorialità e più in generale allo sviluppo agricolo: • innovando le tipologie e le metodologie formative; • riqualificando il personale inserito nella formazione. Il P.N.S.S.A. può favorire il miglioramento del sistema della formazione agricola sviluppando la partecipazione attiva e sistematica da parte dei servizi divulgativi nei confronti della formazione professionale per giungere ad attività integrate e coordinate. Azioni 92. Le azioni prioritarie da attivare per elevare il livello qualitativo degli interventi di F.P. in agricoltura sono: • promozione di azioni per favorire il raccordo dei programmi di F.P.A. tra le diverse amministrazioni competenti; • attività di promozione per la progettazione e finanziamento di azioni regionali comprendenti le proposte di innovazioni tecnologiche ed organizzative, direttamente correlate alle attività di consulenza e di formazione professionale destinate ad imprenditori agricoli. • sostegno ad attività volte alla riqualificazione ed all’aggiornamento del personale docente;

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• realizzazione di studi finalizzata all’analisi delle professionalità emergenti e della correlata domanda di formazione degli operatori agricoli. FORMAZIONE DEI QUADRI TECNICI Obiettivi 99. L’attività di formazione ed aggiornamento dei quadri tecnici che si è andata consolidando a livello interregionale riveste un ruolo sempre più ampio nella valorizzazione ed affermazione dei S.S.A. Il PNSSA, per garantire il consolidamento e lo sviluppo del sistema formativo dei divulgatori agricoli, come parte integrante dei S.S.A., deve perseguire i seguenti obiettivi: • promuovere un processo di revisione normativa per razionalizzare l’impianto organizzativo del sistema formativo in atto; • sostenere le iniziative finalizzate a dotare il sistema delle capacità necessarie per contribuire, in stretta collaborazione con i committenti istituzionali, alla valutazione della domanda di formazione ed aggiornamento correlata alle realtà agricole regionali ed alle condizioni organizzative dei S.S.A.; • ampliare è rafforzare i collegamenti all’intero dell’intero sistema che comprende oltre ai CIFDA anche le strutture di formazione gestite dalle organizzazioni professionali agricole; • promuovere i collegamenti del sistema formativo agli altri segmenti e in particolare a quelli della ricerca e dell’informazione; a tale proposito potranno costituire un utile punto di riferimento i risultati del citato P.O. in fase di realizzazione per le Regioni dell’Obiettivo 1; • promuovere collaborazioni organiche ed istituzionalizzate tra il sistema formativo interregionale e l’università, per affrontare razionalmente il problema della formazione specialistica, mediante apposite convenzioni che consentano di organizzare presso i CIFDA corsi di perfezionamento per la formazione di divulgatori polivalenti e specialisti, riservati ai laureati, e di corsi post secondari, riservati ai diplomati, ottenendo così due risultati: l’individuazione di iter formativi più mirati e il riconoscimento dei titoli rilasciati. Azioni 100. In relazione alle carenze evidenziate ed agli obiettivi perseguibili con gli strumenti del Piano, occorre attivare alcune azioni operative rivolte al sostegno ed alla razionalizzazione dell’attuale sistema. 101. I CIFDA, per la loro configurazione istituzionale, devono continuare a rappresentare, a livello operativo, un punto di riferimento generale per tutte le azioni di formazione e soprattutto, di aggiornamento e riqualificazione dei divulgatori sostenute dall’intervento pubblico e in primo luogo per le azioni che discendono dalla PAC. In tale ambito si propongono sia per rispondere alle esigenze delle istituzioni sia per promuovere iniziative di aggiornamento volte a tener conto degli scenari di sviluppo agricolo e delle innovazioni adottabili. 102. Il sistema formativo in atto può ulteriormente svilupparsi ed articolarsi attraverso un’azione di riordino dei CIFDA che tenga conto: • che la loro collocazione sul territorio deve essere funzionale alle nuove esigenze della divulgazione e al ruolo che le diverse Regioni intenderanno svolgere nello stesso segmento. È tuttavia opportuno un programma straordinario per l’adeguamento delle strutture logistiche e didattiche;

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• delle esigenze di concentrazione delle risorse umane e tecnologiche per far fronte ai nuovi e più consistenti impegni nel settore delle metodologie didattiche e progettazione di moduli formativi. Specifiche azioni di aggiornamento e riqualificazione dovranno essere realizzate per il personale direttivo dei SSA e per i docenti - formatori; • della necessita’ di integrarsi da un lato con le istituzioni di ricerca (si veda anche la proposta gia’ formulata per l’Orientamento tecnico) e dall’altro con le strutture regionali dei SSA. L’azione di riordino potrà essere promossa anche mediante uno studio preliminare che, tenendo presente le più valide esperienze estere e le prospettive di evoluzione dell’organizzazione dei S.S.A., individui un assetto del sistema formativo, definisca i ruoli ed i rapporti tra le istituzioni formative, ivi comprese le Università e le altre componenti del sistema dei Servizi. STATISTICA AGRARIA Obiettivi 109. Per cogliere i mutamenti in atto nel settore agricolo e fornire un quadro conoscitivo continuamente aggiornato sia ai centri politico decisionali che alle strutture dei S.S.A. e’ necessario far fronte a nuove esigenze derivanti: • dalla domanda conoscitiva posta dal sistema dei S.S.A.; • dall’articolazione dei poteri di intervento in agricoltura e dall’azione di riordino che investirà gli enti vigilati del MRAAF; • dalle differenziazioni territoriali delle realtà agricole; • dalla pluralità delle fonti informative esistenti; • dal processo di innovazione metodologica in atto, che individua l’azienda quale minima unita’ di osservazione, e come espressione di una realtà socioeconomica integrata con l’intero sistema produttivo. Si rende inoltre necessario affrontare con urgenza il problema della rilevazione dei dati per ovviare alle citate carenze attuali partendo innanzitutto dalle esigenze ISTAT e INEA e verificando la fattibilità del progetto gia’ presentato da quest’ultimo Ente. Infine, per rispondere alle esigenze dei S.S.A., va considerato prioritario l’obiettivo di una maggiore tempestività nella diffusione delle informazioni statistiche sia quelle relative alle nuove esigenze conoscitive che quelle relative alle statistiche a carattere ordinario. Azioni 110. Le azioni da porre in essere sono le seguenti: • progettare la citata riorganizzazione delle fasi di raccolta dei dati a livello regionale, creando raccordi funzionali con i centri nazionali che definiscono le metodologie e gestiscono le banche dati; • sostegno di iniziative regionali volte alla utilizzazione di tutte le fonti statistiche disponibili ai fini del S.S.A.; • promozione e finanziamento di studi finalizzati alla messa a punto di metodologie di campionamento e di rilevazione che perseguano l’obiettivo di ottimizzare la produttività delle risorse impiegate e di garantire la qualità delle informazioni.

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Capitolo 2

Il Florovivaismo Attività informativa, formativa, sperimentale e dimostrativa

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Indice capitolo 2 Il florovivaismo nei territori di Marsala e Petrosino agli inizi degli anni ottanta L’attività di assistenza tecnica della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel comparto florovivaistico Intervista al dr. Gaspare Bonomo - Aldo Colombo, Flortecnica, N. 9 - 2011

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Attività informativa

Articoli divulgativi e convegni Dopo fragole e pomodori arrivano rose e garofani - Nino Culicchia, Trapani sera, 29 maggio 1981 La Floricoltura nel marsalese - Cristina Baccini, Flortecnica, 1/2 1989 Coi fiori sbocciano nuove speranze - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 30 maggio 1990 Tutti li vogliono ma esportarli costa molto - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 30 maggio 1990 Il reciso di Marsala - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 1999 I fiori a Marsala si vendono all’asta - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2001

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Marsala alla conquista del mercato cinese dei fiori - Isabella Napoli, La Repubblica, 3 settembre 2002 pag 103 Fiori, assortimento in crescita - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2003 pag 104 Trapani … provincia naturale dei fiori - Enoturismo Sicilia, N. 5 Aprile 2005 pag 105 Diversificazione floricola - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2005 pag 107 Il florovivaismo nei territori di Marsala e Petrosino - Gaspare Bonomo, Flortecnica, N. 9 - 2006 pag 108 Rino Bonomo dell’ESA premiato al “Garofano d’argento” di Giarre - Il Vomere, 19 gennaio 2008 pag 112 Garofano d’argento Giarre-Etna, 33a edizione, 2007 - Arturo Croci, Flortecnica, 1/2 2008 pag 113 Asta a orologio per i recisi - Gaspare Bonomo, Colture Protette, N.9 - 2009 pag 117 Nasce l’Associazione Florovivaisti Marsalesi - Arturo Croci, Flortecnica, N. 9 - 2009 pag 122 Andamento dei prezzi dei fiori dal 2002 al 2009 2002 - Reciso a Marsala, i prezzi - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2002

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2003 - Superfici stabili, cresce l’assortimento - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2004

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2004 - In ascesa i fiori recisi marsalesi - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2005

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2005 - Modesti i prezzi 2005 - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2006

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2006 - Marsala: fermi prezzi dei fiori 2006 - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2007 2007 - Fiori a Marsala: prezzi in aumento - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette, N. 3 - 2008

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2008 - Floricoltura marsalese, crescono i prezzi anche in estate - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.12 - 2008

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2008 - Marsala, i prezzi dei fiori 2008 - Gaspare bonomo, Vincenzo Maltese - Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2009

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2009 - A Marsala prodotti meno fiori - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2010

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Gerbera Gerbere solo da specialisti - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore - Pianeta Sicilia, Colture Protette N. 12 - 2001 pag 132 Gerbera, reddito garantito - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore - Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 12 - 2003 pag 133 Rosa La rosa è il fiore più coltivato nel marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano. Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2000

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Rose a “Polmone” - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2001 pag 135 Il fuori suolo migliora le rese - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 12 - 2002 pag 136 Rosa, manodopera onerosa - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2003 pag 137 Rosa, bene le varietà a fiore grande - Gaspare Bonomo, Vincenzo maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2004

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Rose a Marsala: dal fuori suolo alla vendita all’asta - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Colture Protette, N. 8 - 2007

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Rosa fuori suolo, i costi di produzione nel marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Colture Protette, N. 11 - 2007

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Specie minori Garofano all’aperto nel marsalese - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2002

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Le bulbose nelle aziende marsalesi - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2002

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Appare la Zantedeschia - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2002 pag 150 Aloe per uso farmaceutico - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2007 pag 151 E i floricoltori di Marsala provano il girasole - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.12 - 2007

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Marsala, la marcia in più delle specie minori - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2008

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Dianthus barbatus in prova - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2009 pag 154 Piante ornamentali Nel marsalese verso le piante mediterranee - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 1999

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Nel marsalese in crescita le piante mediterranee - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2000

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Piante fiorite in vaso - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese - Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 1999 pag 157 Ornamentali: Marsala esporta - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2000 pag 158 Le Cycas di Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2001 pag 159 Si anche a Mirto e Hibiscus - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia Colture Protette, N. 7 - 2003 pag 160 Specie mediterranee, anche esotiche, per il futuro - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2004

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Poinsettia, piace la brattea rossa - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2005

pag 162

Si punta ancora sulle mediterranee - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2005

pag 163

Florovivaismo alla marsalese - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.12 - 2005 pag 164 Olivi e Oleandri per verde pubblico - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2006

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Marsala scopre le piante grasse - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2008

pag 166

Così la Sicilia scommette sulle piante ornamentali - F. Badalà, G. Bonomo, G. Donzella, Colture Protette, N. 11 - 2008

pag 167

Piante mediterranee in cava - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1 - 2010 pag 172 Difesa fitosanitaria Sulla Rosa sempre meno parassiti - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2004

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Palme: allarme Punteruolo rosso - Gaspare Bonomo, Guglielmo Donzella, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2006

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Così la Regione si oppone ai fitofagi delle piante - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.10 - 2007

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Ancora Punteruolo rosso - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2009 pag 177 “Punteruolo” interventi non coordinati - Jana Cardinale, La Sicilia, 10 febbraio 2009 pag 178 Attività formativa Viaggio studio in Liguria - Gaspare Bonomo Seminario: la coltivazione delle piante fiorite in vaso - Gaspare Bonomo Corso sul florovivaismo a Marsala - Arturo Croci, Flortecnica, N. 4 - 2007

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Attività sperimentale e dimostrativa I fiori sbocceranno a Sud - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2001 Localizzazione e raccolta a fini ornamentali e paesaggistici di germoplasma di specie alofite e non delle coste mediterranee - G. Bonomo, V. Maltese, V. Marino e al. - Atti convegno: Programma operativo pluriennale, misura 2, Marsala 12-13 Novembre 2001

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Effetti delle epoche d’impianto delle varietà sulla produzione di Lisianthus allevato in serra fredda - G. Bonomo, V. Maltese, M. Bellafiore, G.V. Zizzo, M. Airò, M. Costanzo. Atti convegno Programma operativo multiregionale, misura 2, Marsala 12-13 novembre 2001

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Marsala prova con il Solidago - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2004 pag 190 Limonium in serra a Marsala - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2004 pag 191 Limonium, ma in pieno campo - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 12 - 2004

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Produzione di piante in vaso di alcune specie della flora mediterranea ed esotica - G. Bonomo, M. Bellafiore, V. Maltese ed al., Atti convegno: Florovivaismo in Sicilia: Problematiche e prospettive, Catania 11/12 - 2005

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Violaciocca, a Marsala i trend agronomici - G. Bonomo, Vincenzo Maltese, M. Bellafiore, Colture Protette, N. 1 - 2008

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Il florovivaismo di Marsala e Petrosino agli inizi degli anni ottanta

Nel marsalese il florovivaismo si è progressivamente sviluppato e diversificato a partire dagli anni ’70, in linea con la tendenza, che si registrava in quel periodo, di meridionalizzare le produzioni florovivaistiche. All’inizio la floricoltura era incentrata principalmente sul garofano di pieno campo e su poche superfici dedicate a rosa, gerbera, strelitzia, gladiolo, fresia e altre specie minori, mentre il vivaismo era rappresentato da pochi coltivatori che si dedicavano ad alcune specie da esterno e da qualche coltivatore di piante da interno, principalmente Kentia e Chamaedorea. Si trattava per lo più ancora di attività di nicchia. All’inizio degli anni ’80 il comparto aveva già assunto caratteristiche e dimensioni che facevano intravvedere ampie possibilità di miglioramenti a livello produttivo e organizzativo. La floricoltura si era notevolmente incrementata grazie alla maggiore specializzazione dei produttori e alla presenza di alcune cooperative (Primavera Sud, Lara, Torregiano, Nuova Agricoltura, etc.), ma anche perché a livello commerciale poteva contare su due mercati, Samasi e Cooperativa “Il Contadino”, che garantivano la commercializzazione dell’intera produzione. L’interesse verso il garofano cominciava a regredire, mentre si guardava con maggiore attenzione alla rosa coltivata in serra e alla diversificazione colturale puntando su Gladiolo, Lilium, Gerbera, Statice, Gipsophila, Lisianthus. Complessivamente la floricoltura interessava una superficie di circa 30 ettari. Il vivaismo si era sviluppato grazie ad alcuni produttori che avevano raggiunto un ottimo livello di specializzazione nella produzione di piante da interno come Philodendron, Croton, Syngonium, Pothos, Ficus, Kentia, Chamaedorea, e alcune piante fiorite in vaso come Poinsettia, Primula, Cineraria, etc. Oltre ad alcune aziende leader di grandi dimensioni, come Trapani e Martinico, si registrava

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anche la presenza di piccole aziende e soprattutto di alcune cooperative come Meridiana, Orchidea, Birgi Marausa, Omnia ed altre che nell’insieme occupavano una superficie di circa 20 ettari e immettevano sul mercato un vasto assortimento di prodotti. Stentava ancora a decollare il vivaismo di piante da esterno che era rappresentato principalmente dalle aziende Ferracane, Pavia e Reina-Amato. La produzione si sviluppava su una superficie di circa 15 ettari e interessava alcune specie da siepe, oltre a Olivo, Araucaria, Cycas, Phoenix canariensis, Pittosporo, Oleandro. Comunque, i caratteri di attività di nicchia cominciavano a sfumare e si passava ad un’attività più estesa e più articolata, caratterizzata dalla presenza di diverse aziende che si andavano specializzando per meglio cogliere le opportunità del mercato.

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L’attività di assistenza tecnica svolta dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel comparto florovivaistico Prima d’intervenire in questo comparto la Sezione Operativa di Marsala s’impegnò a studiarlo in tutti i suoi aspetti, in modo da capire quali erano le priorità da affrontare. In primo luogo emerse la necessità di ampliare in floricoltura la gamma delle specie coltivate, puntando ad un ridimensionamento del garofano di pieno campo e ad un ampliamento delle superfici coltivate a specie di maggiore pregio come rosa, gerbera, Lisianthus, bulbose. In questo modo si sarebbe data la possibilità ai due mercati locali di ampliare l’assortimento commerciale e di attirare l’interesse di un maggior numero di operatori commerciali. Per favorire questo processo fu avviata un’intesa attività dimostrativa, realizzando diversi campi di coltivazione di queste specie e di specie minori come Solidago, Violacciocca, Statice, Bocca di leone, Calla, etc. Negli stessi campi venivano messi a punto l’itinerario tecnico, la scelta varietale e la difesa fitosanitaria. Per quanto riguarda la difesa si puntatò fin dall’inizio sulle tecniche della lotta integrata (biologica, agronomica e chimica), soprattutto per combattere parassiti come ragnetto rosso (Tetranychus urticae), minatrice americana (Liriomyza trifolii) e mosca bianca (Trialeurodes vaporariorum). Per migliorare la professionalità degli agricoltori furono organizzati viaggi d’istruzione nei territori di Vittoria e San Remo e diversi incontri formativi, seminari e convegni. L’azione formativa, oltre che agli agricoltori, veniva rivolta anche agli studenti degli Istituti ad indirizzo agrario, instaurando rapporti di collaborazione soprattutto con l’Istituto Professionale per l’Agricoltura, sezione staccata di Marsala. In una serra di questo Istituto ogni anno venivano coltivate diverse specie di piante fiorite in vaso (Primula, Calceolaria, Cineraria, Viola, Impatiens, etc.). Gli allievi avevano la possibilità di seguire tutte le fasi del ciclo colturale, a partire dalla semina. Con l’Istituto Tecnico Agrario “Abele Damiani” di Marsala si realizzarono principalmente alcune iniziative sulla lotta biologica contro i

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parassiti delle specie floricole e orticole e diversi convegni e seminari su alcune problematiche del comparto florovivaistico. Oltre che verso la floricoltura, particolare attenzione fu dedicata al vivaismo, che nel corso degli anni si era ampliato e trasformato. Le aziende che si dedicavano alla coltivazione di piante ornamentali da interno si andavano specializzando e cominciavano ad attrezzarsi per ampliare la rete commerciale. Le nuove aziende puntavano soprattutto sulle piante da esterno, dedicandosi prevalentemente alla coltivazione di piante mediterranee e palmacee. La diffusione del vivaismo avveniva però in modo disordinato, senza una programmazione e senza la necessaria conoscenza delle esigenze di mercato. Era necessario, pertanto, fornire a questo settore gli strumenti per ampliare le proprie conoscenze e per inserirsi nei circuiti commerciali nazionali ed europei. Per affrontare questi problemi si diede seguito ad un’intensa attività informativa e promozionale, coinvolgendo in questa azione oltre alle aziende anche gli Enti locali, le Organizzazioni di categoria, le Università e le Strutture di Ricerca. Ogni anno venivano organizzati incontri e convegni per approfondire le conoscenze sia sulle specie maggiormente richieste dal mercato sia sulle strategie e dinamiche commerciali. Ma l’intervento che maggiormente valorizzò il florovivaismo marsalese e petrosileno fu l’organizzazione della manifestazione “Porte Aperte”. Essa permise di far conoscere questo settore agli operatori commerciali. L’aspetto organizzativo della manifestazione era curato dalla Sezione Operativa dell’Esa di Marsala in collaborazione con i produttori, la Confederazione Italiana Coltivatori (CIA), gli Enti locali e gli Istituti di ricerca. Dal 1997 al 2011 ogni anno si offriva la possibilità ad operatori commerciali italiani ed europei, opportunamente selezionati, a tecnici e a giornalisti delle principali testate di settore, di prendere visione del vasto assortimento delle produzioni florovivaistiche di Marsala e Petrosino. A queste iniziative veniva affiancata anche una vasta attività divulgativa coinvolgendo sia la stampa che i mezzi televisivi. Famose trasmissioni televisive come Linea Verde, GEO&GEO ed altre produssero servizi sul florovivaismo di Marsala e Petrosino. Con queste azioni si riuscì a fare acquisire al florovivaismo del territorio una grande visibilità nazionale e internazionale e a creare le condizioni per aumentarne le possibilità commerciali.

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Attività informativa

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Articoli divulgativi e convegni

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Andamento dei prezzi dei fiori dal 2002 al 2009 2002

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Difesa fitosanitaria

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Attività formativa

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Viaggio studio in Liguria Questa iniziativa è stata realizzata insieme alla SOPAT di Partinico nel periodo 26-30 Aprile 1987. Il programma delle visite è stato articolato in modo tale da potere acquisire quegli elementi di conoscenza utili a migliorare la nostra floricoltura sotto l’aspetto produttivo, qualitativo e commerciale. I partecipanti sono stati scelti nell’ambito dei dirigenti delle cooperative e tra gli operatori agricoli più interessati ai problemi della floricoltura. La prima visita ha riguardato l’Istituto Sperimentale per la floricoltura di Sanremo dove il gruppo ha avuto l’opportunità di prendere visione di tutta l’attività sperimentale dell’Istituto e delle attrezzature di laboratorio, soffermandosi in particolare sulle tecniche di micropropagazione. Nel pomeriggio dello stesso giorno il gruppo guidato dal tecnico Sulis dell’Istituto Sperimentale ha visitato le aziende Semeria e Bianchi. Nella prima azienda sono state approfondite le problematiche legate alla commercializzazione e alla coltivazione della rosa. Nell’azienda Bianchi, specializzata nella coltivazione di garofani, si è avuta la possibilità di acquisire una completa informazione sui nuovi orientamenti della dianticoltura in generale e di approfondire in particolare le problematiche legate alla coltivazione dei garofani tipo mignon, alfa e Border. Il giorno 28/4/87 sono stati visitati il mercato dei fiori di Sanremo, l’azienda Armaflora e la cooperativa Valverde. La visita al mercato dei fiori ha rappresentato per tutto il gruppo un’esperienza di notevole interesse in quanto si è avuta la possibilità di verificare che questa struttura pur rappresentando un luogo di alta concentrazione della domanda e dell’offerta non si può considerare un modello risolutivo di tutti i problemi della commercializzazione e soprattutto, contrariamente alle illusioni di qualcuno, non costituisce una via di sbocco delle nostre produzioni floricole. Nella stessa giornata sono state visitate l’azienda Armaflora e la cooperativa Valverde. L’Armaflora, ubicata nel comune di Arma di Taggia, è una azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di piante ornamentali. Qui sono state approfondite le problematiche legate alla produzione e commercializzazione di queste specie e le prospettive di sviluppo del settore. La cooperativa Valverde, ubicata nel territorio di Taggia, si occupa della commercializzazione delle produzioni floricole e delle piante ornamentali e svolge la sua attività sia in favore dei soci a conferimento totale che delle cooperative associate. Il gruppo, dopo aver visitato le attrezzature per la lavorazione e conservazione del prodotto, ha avuto un incontro con il direttore commerciale della cooperativa, il quale dopo un’ ampia illustrazione dell’attività della cooperativa si è soffermato sulle possibilità di una eventuale collaborazione a livello commerciale con i produttori della nostra zona. Il giorno 29/4/87 il gruppo si è trasferito nel territorio di Albenga dove ha visitato due cooperative: “L’ortofrutticola” e “la cooperativa Provinciale Floricoltori”. La cooperativa “L’ortofrutticola” si occupa della commercializzazione delle produzioni Orticole e rap-

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presenta l’unica struttura cooperativa della zona che opera in questo settore. Particolare interesse ha destato negli operatori agricoli l’organizzazione commerciale di questa cooperativa che si sviluppa attraverso diversi canali che comprendono rapporti con le grandi catene di distribuzione, grossisti italiani e stranieri e la gestione di un mercato alla produzione basato sulla vendita all’asta con il metodo dell’orologio. Inoltre la cooperativa, avvalendosi di due agronomi, assicura l’assistenza tecnica a tutti i soci e fornisce anche i mezzi tecnici e il materiale di propagazione. La cooperativa Provinciale Floricoltori si occupa della commercializzazione del fiore reciso, delle fronde ornamentali e delle piante fiorite in vaso. Questa cooperativa, oltre a commercializzare in Italia e all’estero la produzione dei soci, gestisce un interessante mercato alla produzione, ubicato nella stessa sede della cooperativa. In conclusione si può affermare che la gita in questione ha dato la possibilità ai partecipanti di acquisire interessanti informazioni su tutto il comparto floricolo, che, se bene utilizzate, potranno contribuire a dare un nuovo impulso alla nostra floricoltura e ad avviarla verso un processo di sviluppo più rispondente alle potenzialità produttive della zona e alla aspettative dei coltivatori. Gaspare Bonomo Tecnici e operatori agricoli marsalesi partecipanti al viaggio d’istruzione: Gaspare Bonomo - Dirigente Sezione Operativa Esa Marsala Gaspare Cascio - Funzionario Sezione Operativa Esa Marsala Vito Parrinello - Funzionario Sezione Operativa Esa Marsala Antonino Bongiorno - Presidente cooperativas Bufalata Antonino Di Girolamo - Presidenta Cooperativa Primavera Sud Tommaso Figlioli - Presidente Cooperativa Lilibeo Michele Bonomo - floricoltore Vito Giannone - floricoltore Ignazio Parisi - floricoltore Pasquale Parrinello - floricoltore Michele Spanò - floricoltore Vincenzo Trapani - vivaista

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Seminario su: La coltivazione delle piante fiorite in vaso Il florovivaismo è il comparto che nel territorio marsalese presenta maggiore potenzialità di sviluppo. Attualmente, tra piante verdi, piante fiorite in vaso, fiori recisi e piante da esterno occupa una superficie complessiva di circa 80 ettari. Poiché si è notato che i giovani coltivatori mostrano un interesse sempre maggiore verso le piante fiorite in vaso, si è ritenuto opportuno organizzare, insieme all’Associazione dei Dottori in Scienze Agrarie e Forestali della provincia di Trapani, un seminario per approfondire la tecnica di coltivazione di alcune specie idonee ad essere coltivate nel nostro ambiente. Il seminario in questione si è tenuto a Marsala nei giorni 5 e 6 marzo 1992, nei locali dell’Ente Fiera Vini. Il primo giorno ha relazionato il Dr. Luigi Oggioni della Scuola di Ortoflorofrutticoltura di Minoprio, il quale ha trattato le problematiche colturali di Poinsettia, Geranio e Kalanchoe; Il giorno successivo il Dr. Giovanni D’Angelo, sempre della Scuola di Ortoflorofrutticoltura di Minoprio, ha affrontato le problematiche di Ciclamino, Spathiphillum, Aeschynanthus e Cineraria. Per ogni specie sono stati approfonditi gli aspetti riguardanti l’importanza economica, le esigenze climatiche, le esigenze nutritive, le scelte varietali, i cicli di coltivazione e la difesa fitosanitaria. Le relazioni sono state accompagnate da una ricca proiezione di diapositive. Gli argomenti sono stati seguiti con molta attenzione da un qualificato gruppo di tecnici ed operatori, che hanno animato l’incontro con interessanti domande utili ad approfondire alcuni aspetti di ordine colturale e commerciale delle specie trattate. Gaspare Bonomo

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Attività Sperimentale

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Atti convegno: Programma operativo multiregionale - misura 2 “Miglioramento delle produzioni floricole extrastagionali nel rispetto dell’ambiente” Marsala, 12-13 Novembre 2001

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Atti convegno: Programma operativo multiregionale - misura 2 “Attività di sostegno ai Servizi di Sviluppo per l’agricoltura” Marsala, 12-13 Novembre 2001

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Atti convegno Florovivaismo in Sicilia: problematiche e prospettive Catania 11 Dicembre 2005

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Capitolo 3

Il Florovivaismo Attività promozionale

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Indice capitolo 3 Le Porte Aperte del florovivaismo marsalese e petrosileno Partecipanti alle visite aziendali e ai convegni Porte aperte 1997 Programma Florovivaismo a Marsala è una realtà - Vincenzo Maltese, SiciliAgricola, marzo 1998

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Porte aperte 2000 pag 232 Programma Il florovivaismo marsalese: una crescita continua - Arturo Croci, Flortecnica, 7/8 2000 pag 233 Vasto impegno per il florovivaismo - Gaspare Bonomo, Sicilia Agricola, agosto/settembre 2000 pag 237 Sempre più fiori da Marsala - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2000 pag 238 Porte aperte 2001 pag 239 Programma Una grande manifestazione sul florovivaismo della provincia di Trapani - Il Vomere, 8 Dicembre 2001 pag 241 Il florovivaismo in provincia di Trapani - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2001 pag 242 Due giornate a Marsala con mostra, convegno e visita alle aziende - Giovanni Catalano, SiciliAgricola, gennaio 2002

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Il secondo polo floricolo - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2002

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Porte aperte 2002 Programma Piante e fiori, da Marsala una nuova sfida per il mercato - Nino Culicchia, SiciliAgricola, Dicembre 2002 Marsala: la strada per i mercati europei - Valter Pironi, Flortecnica, 1/2 - 2003 Qui il lavoro non manca - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2003

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Porte aperte 2003 Programma Il florovivaismo marsalese: prospettive di sviluppo e scelte di qualità - Arturo Croci,

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Flortecnica, N. 12 - 2003

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Porte aperte 2004 Programma Il florovivaismo marsalese e petrosileno - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2004

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Porte aperte 2005 Programma Il florovivaismo a Marsala - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2005 La vivacità del marsalese - Gaspare Bonomo , Colture Protette, N. 2 - 2006 Il florovivaismo a Marsala - Clamer Informa, 8-12 - 2005

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Porte aperte 2006 Programma Porte aperte nel florovivaismo marsalese, dall’8 all’11 novembre - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette, N. 10 - 2006

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Marsala il colore del sole - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2006 Un’unica piattaforma logistica nazionale per i fiori - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette , N. 1 - 2007

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Il florovivaismo marsalese si esibisce a “Porte Aperte” - Gaspare Bonomo, Il floricultore, N. 12 Dicembre 2006

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Interessanti proposte per il florovivaismo italiano - Giovanni Catalano, Il Vomere, 16 Dicembre 2006 Florovivaismo marsalese verso produzioni più adatte al trasporto - Gaspare Bonomo,

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Colture Protette, N. 3 - 2007

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In Sizilien ticken die Uhren etwas anders - Von Werner Oschek, Der Gartenbau, 2/2007 Tage der offenen Tür, in Sizilien laufen die Uhren anders - Von Werner Asche, Taspo, N. 14, 6 April 2007

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Porte aperte 2007 pag 310 Programma Il florovivaismo marsalese - AgroNotizie, 31 ottobre 2007 pag 313 A Marsala tutti gli operatori del florovivaismo - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette N, 11 - 2007 pag 314 Marsala non è solo vino- Aldo Colombo, Flortecnica, N.12 - 2007 pag 315 I convegni di Marsala - Aldo Colombo, Flortecnica, N.12 - 2007 pag 320 Fiori, Marsala rilancia sull’export - Giambattista Pepi, Agrisole, 14-20 dicembre 2007 pag 323 Un successo la 9^ manifestazione “Il florovivaismo marsalese” - Giovanni Catalano, Il Vomere, 19 Gennaio 2008

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Il florovivaismo marsalese - Jaap N. Kras, Floriculture Internazional, Dicembre 2007 L’innovazione secondo Marsala - Gaspare Bonomo, Colture Protette, N. 2 - 2008

pag 325 pag 327

Porte aperte 2008 pag 332 Programma Florovivaismo a Marsala. Studio, mostre e visite guidate - Comune di Marsala, 31ottobre 2008 pag 335 Marsala, porte aperte verso il mediterraneo - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.10 - 2008 pag 336

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Marsala 2008: continua la tradizione di porte aperte - Aldo Colombo, Flortecnica, N. 12 2008 Piante come elementi di arredo - Gaspare Bonomo, Colture Protette, N. 6 - 2009 Torna alla ribalta il florovivaismo marsalese - Anna Maria Parrinello, SiciliAgricola, gennai/febbraio 2009 Porte aperte 2009 Programma Florovivaismo in mostra - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.10 - 2009 Il florovivaismo marsalese - Giulia Arrigoni, Linea Verde, novembre/dicembre 2009 Porte aperte 2009 del florovivaismo marsalese - Mauro Milani bricoliamo.com Attestato di Benemerenza per il giornalista Arturo Croci - Comune di Marsala, 13 Novembre 2009 Tradizione e innovazione a Marsala - Aldo Colombo, Flortecnica, N. 12 - 2009

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Porte aperte 2010 Programma Ritornano le Porte aperte dedicate al florovivaismo a Marsala - Economia Sicilia, 4/11/2010 Marsala, Porte sempre aperte - Aldo Colombo, Flortecnica, N.11 - 2010 Il congresso CEJH di Marsala: Sicilia, verde, dolce e salato - Aldo Colombo, Arturo Croci,

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Flortecnica, N. 9 - 2010

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Al Vice Sindaco Milazzo il premio “Garofano d’argento 2010” - Comune di Marsala, 11 marzo 20011

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Porte Aperte 2011 Programma XIII edizione delle porte aperte nel marsalese - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2011 Porte aperte, natura, tradizione, innovazione - Antonella Genna, Il Vomere, 24 dicembre 2011

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Le Porte Aperte del florovivaismo marsalese e petrosileno

Le “Porte Aperte” del florovivaismo marsalese e petrosileno rappresentarono sicuramente l’iniziativa, a sostegno del florovivaismo, più interessante e innovativa realizzata dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala. Questa iniziativa fu ideata dal giornalista Arturo Croci, uno dei maggiori conoscitori del florovivaismo italiano ed europeo, che, invitato dal vivaista Michele Canale a visitare periodicamente la realtà florovivaistica marsalese, intuitì le grandi potenzialità di questo comparto e le cause che ne ostacolavano la crescita e l’inserimento nei mercati nazionali ed esteri. Il florovivaismo marsalese si era fatto conoscere in Italia e all’estero tramite le due grandi aziende che operavano nel territorio: Trapani e Martinico. Erano sconosciute, invece, le produzioni di tante piccole aziende che erano sorte nel tempo e che, per motivi finanziari e per dimensioni, non riuscivano ad avviare quelle iniziative promozionali necessarie per pubblicizzare le loro produzioni nei grandi circuiti commerciali nazionali e internazionali. La Sezione Operativa di Marsala si era occupata del settore fin dagli anni ottanta e si era fortemente impegnata per dare un contributo alla soluzione di alcune problematiche, fra le quali la crescita professionale degli operatori agricoli assumeva carattere prioritario. Dalla collaborazione tra il giornalista Arturo Croci, Michele Canale e la SOPAT di Marsala nacque l’idea di programmare interventi innovativi e originali che permettessero al settore di crescere sotto l’aspetto qualitativo, organizzativo e commerciale. L’idea più interessante fu quella di invertire il tradizionale meccanismo promozionale, basato sulla realizzazione di stand espositivi nelle diverse fiere nazionali ed estere, cosa troppo onerosa e impegna-

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tiva per le piccole aziende. Per la prima volta in Italia si progettò, quindi, un evento per far conoscere le produzioni di tutte le aziende florovivastiche marsalesi e petrosilene e promuovere nel contempo il territorio e la sua storia. L’iniziativa “Porte Aperte”, fu avviata in modo sperimentale e con le poche risorse finanziarie della Sezione Operativa e di alcune aziende florovivaistiche. Ma la passione e l’impegno costante degli organizzatori (Arturo Croci, Gaspare Bonomo, Michele Canale, Valter Pironi, fratelli Trapani e fratelli Martinico), permisero di superare gli ostacoli iniziali e con il coinvolgimento di altri Organismi pubblici e privati si riuscì a far crescere e affermare la manifestazione. Dapprima si coinvolsero le istituzioni pubbliche che si occupavano di agricoltura (Assessorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste, Istituto Sperimentale per la Floricoltura di San Remo - Sez. Operativa di Palermo, Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università di Palermo), le scuole a indirizzo agrario (Istituto Tecnico Agrario A. Damiani) e successivamente gli Enti locali (Comune di Marsala e Provincia regionale di Trapani), che non facevano mancare il loro sostegno finanziario. Oltre a tutte le aziende florovivaistiche locali partecipavano all’iniziativa i mercati floricoli “Florabella” e “Il Contadino” e le organizzazioni di categoria, principalmente la CIA (Confederazione Italiana Agricoltori di Marsala) che rappresentava quasi tutti i florovivaisti marsalesi. La formula delle “Porte Aperte” si andò consolidando nel corso degli anni e fino al 2011 questa manifestazione rappresentò uno degli eventi più interessanti del florovivaismo professionale e un esempio per altre Regioni d’Italia. Ogni anno, solitamente nella seconda decade di novembre, le aziende florovivaistiche marsalesi e petrosilene aprivano le porte a buyer, tecnici, esperti, vivaisti, giornalisti e ricercatori per fare conoscere le loro produzioni. Così nel corso degli anni i più importanti operatori commerciali italiani e tanti buyer di paesi europei ed extra europei (Grecia, Spagna, Olanda, Germania, Francia, Svizzera, Romania, Cipro, Montenegro, Ucraina, Tunisia, etc.) ebbero la possibilità di conoscere la qualità e il vasto assortimento delle produzioni florovivaistiche marsalesi e petrosilene. La caratteristica principale di questa manifestazione era quella d’invitare solamente i buyer interessati alla tipologia di prodotti che si ottenevano nel vivaismo marsalese e giornalisti italiani e stranieri che scrivevano su testate molto diffuse nel mondo del florovivaismo. Agli ospiti, oltre a fare visitare le aziende florovivaistiche, si offriva la possibilità di dedicare una giornata alla conoscenza delle bellezze naturali e artistiche del territorio (Mozia, la laguna dello stagnone con le saline, il museo Lilibeo, le cantine Florio … etc.). Si utilizzava, quindi, la manifestazione “Porte Aperte” per promuovere sia le produzioni vivaistiche sia il territorio e la sua storia. In pratica le “Porte Aperte” erano un evento lungimirante di “Marketing Territoriale”. Un evento collaterale alle “Porte Aperte”, ma molto importante, fu il congresso della Comunità Europea dei Giovani Florovivaisti (CEJH), rappresentata in Italia dalla GFA, Giovani Florovivaisti Associati. Al congresso, tenutosi nel luglio 2010 presso l’Istituto Tecnico Agrario A. Damiani di Marsala, parteciparono un centinaio di giovani florovivaisti provenienti da quattordici paesi europei, oltre al premio Nobel per la pace (IPPW) italo argentino Francesco Bruno Gnisci. Altra caratteristica delle “Porte Aperte” era quella di abbinare alle visite aziendali momenti di approfondimento di alcune problematiche di ordine tecnico e commerciale, attraverso convegni, seminari e tavole rotonde.

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Quasi annualmente, in occasione della manifestazione, ricercatori e studiosi di tutta Italia si riunivano a Marsala per illustrare i risultati delle ricerche condotte su tematiche attinenti i problemi del florovivaismo marsalese. Tutto questo consentiva ai produttori marsalesi di ampliare e aggiornare le proprie conoscenze in materia di innovazioni tecniche e di programmare l’organizzazione aziendale e le scelte produttive in base alle esigenze di mercato. L’innalzamento della professionalità dei vivaisti, l’ampliamento dell’assortimento produttivo e il miglioramento della qualità dei prodotti erano determinanti per stimolare e fare aumentare sempre più l’interesse degli operatori commerciali italiani e stranieri che ogni anno visitavano le aziende marsalesi e petrosilene.

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Partecipanti alle visite aziendali ed ai convegni

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Foto di gruppo con la splendita cornice del Disio Resort dei Fratelli Martinico.

Alcuni operatori e fra questi Giancarlo Cassini, in visita alle Cantine Florio

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Capitolo 4

La Vitivinicoltura

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Indice capitolo 4 Le problematiche del settore viticolo negli anni ’80 L’attività di assistenza tecnica svolta dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel comparto vitivinicolo Attività informativa Articoli divulgativi, opuscoli e convegni Incontro-dibattito sui problemi della vitivinicoltura marsalese e trapanese - Marsala, Cantina sociale UVAM, 11 dicembre 1981 Convegno sul futuro della viticoltura siciliana - L’Enotecnico, novembre 1988 Marsala, antico faro dei lidi di Trinacria - Gaspare Bonomo, Terra e Vita, N. 14 - 1989 Convegno: Aspetti e problemi del vivaismo viticolo in provincia di Trapani Marsala 24-25 ottobre 1991 Anche la vite vuole il suo vivaio - Gaspare Bonomo, Sicilia Verde, Dicembre 1991 La viticoltura marsalese: le tradizioni, i cambiamenti e le nuove tendenze - Gaspare Bonomo,

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ESA Marsala, 1994

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Vendemmia 1996: prime considerazioni - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 28 settembre 1996 Vendemmia 1997: andamento produttivo e qualitativo - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 11 ottobre 1997 Vendemmia 1998: quantità e qualità - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 14 novembre 1998 Convegno: “Quali vini per i giovani e nuovi consumatori”, Marsala 5 Ottobre 1997 Relazione introduttiva al convegno “ quali vini per i giovani e nuovi consumatori - Gaspare Bonomo,

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Sviluppo agricolo, N. 10 - 1991

Guida Pratica alla coltivazione della vite - Gaspare Bonomo, Anna Maria Parrinello, Sezione Operativa

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Sezione Operativa ESA Marsala

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Quali vini per i giovani e nuovi consumatori - Vito Alfredo Rubino, Il Vomere, 11 ottobre 1997 Sicilia, iniziativa di successo dei “giovani amici del vino” - Andrea Gabbrielli, Il Corriere vinicolo,

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27 ottobre 1997

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Viticoltura: il terzo millennio in Sicilia è già cominciato - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola settembre 1998 Vino Doc “Delia Nivolelli”: verso la costituzione di un consorzio - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola,

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gennaio-febbraio 2000

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Petrosino: l’agricoltura, l’artigianato, il turismo ed i servizi - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa Esa Marsala, 2000

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Interventi e proposte dei relatori del convegno “Vini: risorsa o problema?”- Elisa Zerilli, Marsala C’è, 7 dicembre 2004

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Convegno: La crisi come opportunità: conoscenza e cooperazione per rilanciare il vino siciliano, Marsala 4 Dicembre 2009 Relazioni: • La crisi in provincia di Trapani - Gaspare Bonomo, dirigente Sezione Operativa Esa Marsala • Vino Sicilia, quando la crisi può trasformarsi in opportunità - Fabio Piccoli, giornalista, esperto

di economia e marketing settore vitivinicolo

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• Le opportunità di sviluppo per il vino siciliano nel nuovo scenario internazionale - Denis Pantini,

coordinatore area agricoltura e industria alimentare, Nomisma

• Coopetizione: un nuovo approccio per affrontare la crisi - Lorenzo Biscontin, direttore marketing

S. Margherita Spa.

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Difesa fitosanitaria C’è un nuovo parassita delle vigne - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 22 luglio 1980 Una minaccia per la vite - Giuseppe La Vela, Panorama, 25 luglio 1980 Identificata la cimice delle vigne: può essere combattuta - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 24 luglio 1980 Lotta guidata contro la Tignoletta della vite - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 30 giugno 1990 Le Cicaline: un nuovo problema per i viticoltori - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 7 luglio 1990 Allarme dei viticoltori per i danni provocati da un piccolo insetto: il Tripide della vite Gaspare Bonomo, Il Vomere, 8 settembre 1990

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La peronospora: un problema per la nostra viticoltura? - Mario Ferrera, Il Vomere, 19 settembre 1992 Sempre allertati in Sicilia contro la Peronospora - Cinzia Zerbini, Terra e Vita, suppl. al N. 27 2000

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Attività formativa Viaggio studio di dirigenti di cantine sociali nelle Regioni Emilia Romagna e Veneto, 13-17 luglio 1981 - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa Esa Marsala Viaggio studio di dirigenti di cantine sociali nelle Regioni Emilia Romagna e Toscana, 26-31 Luglio 1987 - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa Esa Marsala Viaggio studio di operatori agricoli nelle Regioni Basilicata e Puglia, 8 -14 luglio 1990 Gaspare Bonomo, Sezione Operativa ESA Marsala

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Viaggio studio di operatori agricoli nella Regione Marche, 24-27 ottobre 2000 pag 479 Incontro di aggiornamento: Tecniche colturali avanzate in viticoltura per produrre meglio, situazione pag 480 attuale e prospettive, Marsala 18 dicembre 1992 - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa ESA Marsala Attività sperimentale e dimostrativa Lotta guidata contro la Tignoletta della vite su uve da vino nel marsalese - G. Bonomo, G. Catalano, L. Ferro, M. Pulizzi, Sviluppo Agricolo, novembre 1990

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La situazione ampelografica siciliana - G. Bonomo, G. Cascio, G. Catalano, L. Ferro, V. Maltese, N. Trapani, Vignevini, N.12 - 1992

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Indagine conoscitiva sullo stato sanitario delle barbatelle e dei vitigni impiegati nella viticoltura marsalese, anni 1990/91/92/93 - G. Bonomo, G. Catalano, L. Ferro, A.M. Parrinello, Sezione Operativa Esa Marsala, 1994

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L’influenza del portinnesto sulle caratteristiche produttive e qualitative di alcune varietà di uve da vino. Indagine condotta a Marsala nel periodo 1994-2005 - G. Bonomo, L. Ferro, G. Cascio, G. Catalano, P. Chiodo, V. Maltese, M. Sorrentino - Atti 32°congresso nazionale Milva, Petrosino 28 Ottobre 2005

Attività promozionale II Sagra dell’uva - Petrosino 6 ottobre 1996 III Sagra dell’uva - Petrosino 19 ottobre 1997 IV Sagra dell’uva - Petrosino 29-30 agosto 1998 V Sagra dell’uva - Petrosino 1-2-3 ottobre 1999

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Le problematiche del settore vitivinicolo marsalese negli anni ’80

Negli anni ’80 la viticoltura marsalese si articolava in 7500 aziende, 15 cantine sociali, 2 consorzi di 2° grado e rappresentava il polo di riferimento di tutta la viticoltura siciliana. La cultivar più diffusa era il Catarratto, mentre l’antica cv Grillo era presente solamente nei vecchi impianti. Nei nuovi impianti si andavano diffondendo altre cultivar come il Trebbiano e il Grecanico; ancora poco diffuse risultavano le uve nere, anche se alcune cultivar, fra le quali il Nero D’Avola, iniziavano a polarizzare l’attenzione e l’interesse dei viticoltori e dell’industria enologica. La maggior parte degli impianti erano caratterizzati da un sesto di 1,60 x 1,60 m, con densità di 4.000 ceppi per ettaro e produzioni medie di 7-8 t ha-1. Nei nuovi impianti si andavano diffondendo sesti e forme di allevamento più confacenti alla meccanizzazione del vigneto. Pur se la grande maggioranza dei vigneti era allevata ad alberello, nella zona si riscontrava una spiccata tendenza verso l’allevamento a controspallera con fili di ferro zincato portati da pali di cemento armato o vibrato, con le viti potate a Guyot ed esisteva anche qualche sporadico esempio di allevamento a tendone. Con notevole frequenza nei nuovi impianti si usava come portinnesto il 140 Ruggeri, la cui scelta risultava spesso inadeguata al tipo di terreno e al vitigno adottato. La maggior parte della produzione veniva conferita alle cantine sociali, che eseguivano le operazioni di trasformazione e commercializzazione. L’indirizzo produttivo della vitivinicoltura era ancora rivolto alla produzione di vini grezzi sfusi e solo in pochissimi casi a quella di vini da tavola confezionati. Nel mercato si andava affermando l’interesse dei consumatori verso i vini di qualità e diminuiva il consumo pro capite. Si iniziava perciò ad avvertire la necessità di procedere a rapidi cambiamenti a livello produttivo, organizzativo e commerciale. Intanto si

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era notevolmente ridotta l’esportazione verso la Francia e la Russia, che aveva consentito alla viticoltura di espandersi notevolmente. Si muoveva anche la Comunità Economica Europea che, per far fronte al calo dei prezzi e alle eccedenze di produzione, avviava interventi strutturali per calmierare il potenziale viticolo della Comunità, imponendo rigide regole per i nuovi impianti dei vigneti e concedendo premi per l’abbandono definitivo delle superfici vitate. Questo stato di cose imponeva ormai alla nostra vitivinicoltura di adottare nuove strategie basate principalmente sul miglioramento della professionalità degli operatori vitivinicoli, su un vasto e intenso programma di ricerca e sperimentazione e sulla diversificazione, qualificazione e valorizzazione delle produzioni enologiche. Per quanto riguarda il vigneto si dovevano affrontare problemi riguardanti l’ampliamento della piattaforma ampelografica, la combinazione portinnesto-vitigno, la scelta della forma di allevamento e del sistema di potatura, l’adozione di nuovi sesti d’impianto e il risanamento del materiale di moltiplicazione. Intanto, poiché era previsto il reimpianto di vaste aree, per evitare il rischio di infezioni virotiche provenienti dai residui radicali del precedente vigneto, si rendeva necessario sottoporre i terreni a un adeguato periodo di riposo. Anche le operazioni di scasso e di ripristino della fertilità dovevano essere curate con particolare attenzione per mettere le viti nelle condizioni di estrinsecare al meglio le potenzialità produttive e qualitative nei numerosi cicli dei nuovi vigneti. L’introduzione di nuove varietà presupponeva un accurato studio preliminare per individuare le caratteristiche produttive, qualitative e di adattabilità di ciascuna di queste nelle diverse situazioni di terreno e di coltivazione. L’allargamento della piattaforma ampelografica poneva la necessità di valutare con particolare attenzione anche la scelta del portinnesto. Infatti, nonostante l’ottima adattabilità del 140 Ruggeri, in alcune zone e per certe varietà altri portinnesti avrebbero potuto dare risultati migliori. Inoltre occorreva affrontare e risolvere il problema dello stato fitosanitario delle piante, tenendo conto della diffusa presenza di forme virotiche nella maggior parte dei vigneti della zona. Era compito del mondo vivaistico puntare al miglioramento dello standard sanitario del materiale di propagazione. Per ridurre i costi di produzione si puntava alla meccanizzazione integrale delle operazioni colturali, compresa la raccolta. Questo comportava un adeguamento dei sesti d’impianto e delle forme di allevamento per potere utilizzare le più moderne tipologie di macchine disponibili sul mercato. La forma di allevamento che mostrava maggiore interesse era la controspalliera con potatura a Guyot o a cordone speronato. Mentre l’azienda viticola si ammodernava, si registrava anche nel settore enologico un interesse sempre maggiore verso tecnologie più idonee a produrre vini di qualità. A poco a poco le principali cantine cominciavano ad utilizzare presse soffici, filtri rotativi, moderni serbatoi per la macerazione delle uve nere e a vinificare in ambiente termicamente controllato. Pochi cambiamenti si registravano invece nell’organizzazione delle Cantine Sociali che non mostravano alcun interesse per l’impiego di professionisti qualificati nella gestione dell’azienda. Gli amministratori delle cooperative preferivano affidare al presidente della struttura l’incarico di seguire, assieme al ragioniere e all’enologo della cantina, tutte le operazioni amministrative, tecniche e commerciali.

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L’attività di assistenza tecnica svolta dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel comparto vitivinicolo Prima d’iniziare l’attività in questo comparto la Sezione Operativa di Marsala effettuò un’approfondita indagine per individuare le principali criticità a livello produttivo e organizzativo. Storicamente la vitivinicoltura ha avuto un ruolo molto importante nell’economia marsalese e, pertanto, le sue vicissitudini e soprattutto i periodi di crisi vengono vissuti con la stessa preoccupazione dagli operatori agricoli e dalla popolazione civile. Anche il mondo politico ha tenuto sempre i riflettori accesi su questo comparto e nei momenti di grande difficoltà la Regione Siciliana non ha mai mancato d’intervenire con provvedimenti che hanno assicurato sostegno agli agricoltori e alle cantine sociali. L’eccessivo assistenzialismo non è stato, però, sempre utile per le sorti del comparto, perché spesso è stato associato ad azioni clientelari che hanno prodotto, soprattutto nella gestione delle cantine sociali, situazioni di grande debolezza che hanno portato al fallimento di molte strutture associative. Tenendo conto che questo comparto era attenzionato da tanti soggetti pubblici e privati, la Sezione Operativa cercò d’inserirsi efficacemente nel contesto delle azioni che si sviluppavano nel territorio per cercare di risolvere i diversi problemi della vitivinicoltura. Il primo punto affrontato dalla SOPAT di Marsala fu quello di approfondire le problematiche legate all’ampliamento della piattaforma ampelografica. Poiché l’introduzione delle nuove varietà stava avvenendo senza le necessarie conoscenze relative alla loro risposta produttiva, qualitativa e di adattabilità alle diverse realtà ambientali, fu impiantato un campo sperimentale (con funzione anche dimostrativa) per studiare le caratteristiche di un elevato numero di varietà a bacca bianca e a bacca nera, in modo da rendere razionale la scelta di quelle da introdurre nella nuova viticoltura marsalese. La prova relativa a questa ricerca fu condotta nell’azienda dell’Istituto “Antonietta Genna Spanò”. Di ogni varietà si studiò la risposta produttiva e qualitativa a due sistemi di potatura: Guyot e cordone speronato orizzontale.

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Il lavoro fu realizzato in collaborazione col prof. Nicola Trapani, docente di viticoltura nell’Istituto Tecnico Agrario “A. Damiani” e con l’Istituto Vite Vino, i cui enologi, Luciano Parrinello e Diego Bongiorno, eseguirono la maggior parte delle analisi di laboratorio. Il campo fu impiantato nel 1982 e le osservazioni si protrassero per oltre un decennio. Nel periodo considerato, in Sicilia non esistevano iniziative analoghe e pertanto quest’innovazione fu accolta con molto interesse dagli agricoltori e dalle Istituzioni scientifiche, come l’Università di Palermo. Dopo alcuni anni, infatti, il campo divenne meta di continue visite di tanti viticoltori della Sicilia occidentale e fu utilizzato anche dal mondo scientifico per approfondire e ampliare le conoscenze sulle nuove varietà attraverso la realizzazione di diverse prove sperimentali. I risultati ottenuti dall’insieme delle prove condotte dai tecnici della Sezione Operativa e dalle Istituzioni scientifiche contribuirono significativamente ad arricchire il quadro delle conoscenze sul comparto viticolo siciliano e ad indirizzare le scelte degli operatori agricoli. Anche il problema dell’influenza del portinnesto sulle caratteristiche produttive e qualitative di alcuni vitigni coltivati nel territorio marsalese fu affrontato mediante un’apposita sperimentazione condotta nella stessa azienda in cui erano allo studio le varietà da caratterizzare. Con i risultati di questa ricerca si aggiornò il quadro delle conoscenze relative alla risposta delle varietà in combinazione con i portinnesti studiati. Le nuove conoscenze acquisite permisero di fornire utili indicazioni ai vivaisti del settore ed ai viticoltori. La Sezione Operativa di Marsala si interessò anche della sanità del materiale di moltiplicazione e, al fine di approfondire le conoscenze sulle virosi presenti nei vigneti dell’agro marsalese, avviò un rapporto di collaborazione con il prof. Bruno Rosciglione dell’Istituto di Patologia Vegetale dell’Università di Palermo, che permise di sviluppare un proficuo lavoro di indagine. Per svolgere questa attività si ritenne opportuno fare partecipare alcuni agronomi della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala ad un corso di specializzazione presso l’Istituto di Patologia vegetale dell’Università di Palermo. I primi a specializzarsi furono Giovanni Catalano, che si occupava di viticoltura, e Liborio Ferro, che si occupava del laboratorio di analisi ubicato negli uffici della Sezione. In seguito si specializzò anche Anna Maria Parrinello e il laboratorio di analisi fu dotato delle attrezzature necessarie per poter individuare le virosi della vite mediante il saggio immuno-enzimatico ELISA (enzyme-linked immunosorbent assay - saggio immuno-assorbente legato ad un enzima). Questo permise di avviare un vasto programma d’indagine sfociato nell’identificazione delle più importanti virosi presenti nelle principali varietà di uva da vino e nel portinnesto 140 Ruggeri e nella selezione di alcuni cloni esenti da virus, utili per avviare un processo di risanamento della viticoltura marsalese. Anche gli aspetti della difesa fitosanitaria furono molto attenzionati dai tecnici della SOPAT di Marsala. Il parassita che in quel periodo assillava maggiormente gli agricoltori era la Tignoletta della vite (Lobesia botrana). La lotta contro questo fitofago veniva fatta in modo indiscriminato, ricorrendo a metodi che danneggiavano l’equilibrio biologico e la salute degli operatori agricoli. Si faceva uso di prodotti a largo spettro di azione, in prevalenza il carbammato Carbaryl, tali prodotti venivano miscelati allo zolfo in polvere e distribuiti nei periodi in cui si facevano i trattamenti contro l’Oidio. Nella distribuzione di questi prodotti gli operatori non indossavano mascherine o altro indumento di protezione, con la conseguenza che danneggiavano l’ambiente e la propria salute, senza peraltro riuscire a combattere il parassita. Di fronte a questa situazione la Sezione Operativa di Marsala ritenne opportuno approfondire le conoscenze sul comportamento della Tignoletta nelle diverse aree della viticoltura marsalese.

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A partire dal 1983, ogni anno, su segnalazione degli agricoltori, nelle aree più colpite dalle infestazioni venivano collocate trappole di cattura a feromone per seguire l’andamento della popolazione adulta, e, contemporaneamente venivano effettuati campionamenti sui grappoli per rilevare la presenza di uova e di larve o di eventuali fori di penetrazione larvale. Nel corso degli anni le aree studiate furono una trentina. Operando in questo modo furono acquisiti tutti gli elementi riguardanti il comportamento della Tignoletta nelle diverse situazioni ambientali e colturali e si fornirono agli agricoltori le giuste indicazioni su come combatterla. Adottando tecniche di lotta guidata e utilizzando presidi selettivi e biologici, come Bacillus thuringiensis Kurstakisi, si riuscì nel corso degli anni a ristabilire l’equilibrio biologico e a rendere inoffensivo il fitofago, tanto che gli agricoltori hanno smesso di fare trattamenti. Assieme alle attività dimostrative e sperimentali si portò avanti un intenso lavoro di formazione nei riguardi dei viticoltori. Periodicamente nelle ore serali e nei centri di aggregazione (cooperative, circoli ricreativi e culturali) delle diverse contrade di Marsala e del Comune di Petrosino venivano organizzati incontri, anche con la presenza di esperti, per discutere con gli agricoltori delle problematiche riguardanti la scelta varietale, le concimazioni, le tecniche di potatura, la difesa fitosanitaria, le epoche di raccolta, la meccanizzazione delle operazioni colturali e della vendemmia. L’azione formativa veniva rivolta anche ai dirigenti delle Cantine sociali, organizzando visite guidate in aree vitivinicole dove l’organizzazione produttiva, organizzativa e commerciale aveva raggiunto alti livelli di efficienza. Gli amministratori delle Cantine sociali di Marsala e Petrosino ebbero così la possibilità di visitare in diversi momenti le realtà vitivinicole di alcune importanti Regioni italiane. Nel 1981 le visite riguardarono il Veneto e l’Emilia Romagna, nel 1987 la Toscana e di nuovo l’Emilia Romagna, nel 1990 la Puglia e nel 2000 si organizzò una visita nella regione Marche per fare conoscere ad un gruppo di viticoltori il modello organizzativo di tante piccole aziende viticole che erano riuscite a qualificare la loro produzione e ad affermarsi sui mercati nazionali e internazionali. Molto intensa fu anche l’azione informativa svolta attraverso opuscoli illustrativi, articoli divulgativi e convegni che affrontarono problemi di vario ordine: le tecniche viticole, il consumo del vino, la valorizzazione e promozione del prodotto, l’organizzazione commerciale e le strategie di marketing. La Sezione, inoltre, partecipò attivamente all’attività del gruppo di lavoro che operò con successo per il riconoscimento della Doc “Delia Nivolelli”. Fino agli anni ’90 la vitivinicoltura trapanese era rappresentata dal vino Doc Marsala e da tanti vini ad Indicazione geografica tipica. Nei territori di Marsala e Petrosino si produceva un interessante vino IGT, il “Delia Nivolelli”, che aveva tutte le caratteristiche per ottenere il riconoscimento della denominazione di origine controllata. Per raggiungere questo obiettivo il Comune di Petrosino costituì un gruppo di lavoro formato da tecnici delle Sezioni Operative di Marsala e Mazara del Vallo, da rappresentanti del Consorzio di Bonifica Delia Nivolelli e da esperti come il prof. Nicola Trapani e l’Enologo Dino Montalto. Dopo qualche anno di studio fu elaborato il disciplinare di produzione e fu delimitata la zona di produzione delle uve che potevano essere destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Delia Nivolelli”. A conclusione dei lavori le tre organizzazioni professionali agricole della provincia di Trapani (Confederazione italiana agricoltori, Unione provinciale agricoltori e Federazione provinciale coltivatori diretti) presentarono istanza al Ministero per le Politiche Agricole per ottenere il relativo riconoscimento, che fu sancito con Decreto del 10 giugno 1998.

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ATTIVITÀ INFORMATIVA

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Articoli divulgativi, opuscoli e convegni

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Terra e Vita - n.14 1989

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Guida pratica alla coltivazione della vite REGIONE SICILIANA ENTE DI SVILUPPO AGRICOLO SEZIONE OPERATIVA PERIFERICA DI ASSISTENZA TECNICA AGRICOLA MARSALA - PETROSINO

A cura di Gaspare Bonomo e Anna Maria Parrinello

PREFAZIONE La Sezione Operativa Periferica n° 82 dell’ESA (Marsala-Petrosino), nell’attuazione dei suoi compiti di divulgazione e assistenza tecnica a favore dei viticoltori, ha realizzato una pubblicazione semplice e pratica sulle principali tecniche colturali della vite. Questa pubblicazione vuole essere soltanto una guida per i viticoltori che devono continuamente affrontare problemi di vario genere: scelta del portinnesto, scelta varietale, concimazione, potatura, lotta antiparassitaria, etc. Nella trattazione degli argomenti si è tenuto conto delle caratteristiche pedoclimatiche del nostro territorio e delle esperienze maturate dalla Sezione Operativa Periferica n° 82 nel corso della sua lunga attività. La parte riguardante la difesa è stata sviluppata sulla base dei principi della lotta integrata e con riferimento ai principali parassiti riscontrabili nel nostro ambiente. Nella stesura della presente guida si è attinto da trattati vari e riviste specializzate, elencati nella bibliografia riportata in appendice e a cui si rimanda per un maggior approfondimento della materia.

IL Responsabile Dott. Gaspare Bonomo

Marsala, Marzo 1994

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1. PREPARAZIONE DEL SUOLO PRIMA DELL’IMPIANTO Prima di procedere all’impianto del vigneto occorre prendere in considerazione tutta una complessa serie di fattori (clima, terreno, portinnesto, vitigno, sistema di allevamento, sesto d’impianto, etc.) affinché possa essere esaltata al massimo la redditività del vigneto in funzione del binomio qualità-quantità. Inoltre è necessario eseguire alcuni lavori preparatori del terreno (scasso, drenaggio, correzione e concimazione di fondo), in modo da mettere le piante nelle condizioni di potere estrinsecare al meglio le loro potenzialità.

1.1Scasso Lo scasso consiste in una lavorazione profonda (80-100cm) del terreno e ha lo scopo di aumentare lo strato utilizzabile dalle radici. Con quest’operazione si aumenta la porosità del terreno e quindi si migliorano le condizioni di ossigenazione e idriche. Nei terreni caratterizzati dalla presenza di calcare attivo localizzato ad una certa profondità è consigliabile utilizzare mezzi meccanici che non operino il rovesciamento del suolo. Ottimale per questo scopo è l’impiego del Ripper che riesce a smuovere gli strati profondi (80-100cm) senza rivoltarli. Utilizzando il Ripper per la lavorazione profonda, è bene completare l’opera con un’aratura superficiale (a 40 cm circa), anche per procedere all’interramento delle eventuali sostanze fertilizzanti da distribuire come concimazione d’impianto. L’epoca migliore per effettuare lo scasso è quella estiva, quando il terreno è in condizione di relativa secchezza.

1.2 Concimazione di fondo La concimazione di fondo tende ad arricchire il suolo di potassio, fosforo e sostanza organica, di elementi quindi dotati di scarsa mobilità. In questo modo il giovane vigneto ha la possibilità di svilupparsi in un mezzo sufficientemente fornito di elementi nutritivi. Per eseguire una concimazione razionale è necessario fare analizzare il terreno. A questo scopo in cinque punti di un appezzamento omogeneo si scavano buche profonde 50-60 cm, da ognuna delle quali si preleva verticalmente una fetta di terreno. Miscelando le diverse fette si ottiene il campione da analizzare (sono sufficienti 2 kg di terreno). I dati analitici fondamentali da richiedere al laboratorio per ogni campione di terreno debbono essere almeno i seguenti: granulometria (percentuale di sabbia, limo, argilla e scheletro), azoto totale, fosforo assimilabile, potassio scambiabile, sostanza organica, calcare totale, calcare attivo, reazione del terreno (pH), conducibilità elettrica e SAR. Sulla base dei risultati delle analisi, si può stabilire il quantitativo di elementi nutritivi da apportare. Orientativamente per esprimere un giudizio sulla fertilità del terreno si può fare riferimento alla seguente tabella:

ELEMENTO

Livelli di fertilità del suolo POVERO MEDIO BUONO < 1,5 1,5 - 3 >3 < 1,0 1,0 - 2 >2 < 20 20 - 30 > 30 < 100 100 - 150 > 150

Sostanza organica (%) Azoto totale (%) Anidride fosforica assimilabile (ppm) Ossido di potassio scambiabile (ppm)

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Nei terreni sciolti la concimazione d’impianto assume un’importanza secondaria, poiché i concimi fosfatici e potassici vanno incontro a fenomeni di dilavamento come quelli azotati. In caso di carenze si può intervenire con la concimazione annuale. Nei terreni argillosi la concimazione d’impianto per il fosforo e il potassio assume un’importanza fondamentale. In questi terreni, considerata la scarsa mobilità del fosforo, è opportuno aumentare le risorse fosfatiche prima dell’impianto, apportando dosi elevate nei terreni scarsamente dotati (300-400 kg/ha di P2O5, pari a 15-20 q.li di perfosfato minerale), dose medie nei terreni sufficientemente dotati (200-250 kg/ha di P2O5, pari a 10-12 q.li di perfosfato minerale) e dosi basse nei terreni ricchi (100-180 kg di P2O5, pari a 5-9 q.li di perfosfato minerale). Anche per quanto riguarda il potassio è opportuno creare al momento dell’impianto una riserva per più anni, apportando nei terreni poveri dosi massicce (600 - 700 kg/ha di k20, pari a 12-14 q.li di solfato potassico) e nei terreni normalmente dotati dosi medie (350-400 kg/ha di k20, pari 7- 8 q.li di solfato potassico). Nei terreni molto alcalini, parallelamente alla concimazione di fondo, può essere effettuato un trattamento correttivo utilizzando 10 -15 q.li/ha di zolfo polverulento. Insieme ai concimi minerali, si può apportare anche la sostanza organica (500-800 q.li/ha di letame) che ha lo scopo di stimolare l’attività batterica e facilitare l’assorbimento di potassio e fosforo.

2. SCELTA DEL VITIGNO La scelta del vitigno deve essere effettuata nell’ambito di quelli sotto elencati, autorizzati per la provincia di Trapani. a)Uve nere: Alicante Bouschet, Barbera, Cabernet Sauvignon, Ciliegiolo, Frappato, Merlot, Nerello mascalese, Nero D’Avola, Perricone, PetitVerdot, Sangiovese, Syrah, Tempranillo, Traminer aromatico. b) Uve bianche: Ansonica, Catarratto comune, Catarratto lucido, Chardonnay, Damaschino, Fiano, Grecanico dorato, Grillo, Malvasia bianca, Müller Thurgau, Pinot bianco, Sauvignon, Trebbiano toscano, Vernaccia di S.Gimignano,Viognier, Zibibbo.

3. SCELTA DEL PORTINNESTO Il portinnesto deve essere scelto in base a: • tipo di terreno (riserve d’acqua, calcare attivo, fertilità, struttura, pH); • vitigno (vigore, produttività, ritmo vegetativo e affinità); • distanze d’impianto e forme di allevamento; • obiettivo enologico (tipo di vino che si vuole ottenere). Nella tabella che segue vengono riportate le caratteristiche dei portinnesti più utilizzabili nel nostro ambiente:

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PORTINNESTI

ADATTAMENTO AL TERRENO

VIGORIA

RESISTENZA RESISTENZA ALLA SICCITÀ AL CALCARE

Berlandieri x Ruprestis 140 R 779 p

Adatto a terreni mediamente compatti, asciutti, non molto fertili Terreni assai compatti, magri, grossolani Terreni tenaci, poveri, sia siccitosi che irrigui Adatto a terreni di medio impasto e freschi Adatto per ambienti caldo-aridi Adatto a terreni argillosi e profondi

ELEVATA

ELEVATA

OTTIMA

ELEVATA

ELEVATA

SCARSA

ELEVATA

BUONA

MEDIA

ELEVATA

MEDIA

MEDIA

RESISTENZA COMPATIBILITÀ ALL’INNESTO AI CLORURI CON CV. DI UVE DA VINO (SALSEDINE) SCARSA Ottima, segnatamente con catarratti MEDIA Buona, in particolare con Insolia, Frappato e Grecanico BUONA Ottima, segnatamente con Catarratto, Damaschino, Grecanico SCARSA Ottima con Catarratto e Insolia

MEDIA SCARSA

ELEVATA BUONA

SCARSA MEDIA

SCARSA SCARSA

Berlandieri x Riparia SO4 Kober 5 BB

Terreni freschi. Si consiglia nei terreni con squilibrato rapporto Mg, K, Ca Si adatta in terreni freschi (anche se umidi), argillosi

MEDIA

SCARSA

MEDIA

SCARSA

ELEVATA

SCARSA

SCARSA

SCARSA

225 R

Sciolti, profondi, fertili e freschi

ELEVATA

SCARSA

MEDIA

SCARSA

420 A

Asciutti e magri; sensibili alla stanchezza dei terreni Medio impasto

BUONA

BUONA

BUONA

SCARSA

Bene con tutte le varietà Si comporta bene con i Catarratti e il Grecanico Sconsigliato per varietà sensibili al disseccamento del rachide Adattabilità con la maggior parte dei vitigni esclusi l’Insolia e il Damaschino Buona, soprattutto con Catarratto, Sangiovese e Trebbiano Ottima con Grillo

MEDIA

BUONA

BUONA

SCARSA

Buona con Catarratto e Grillo

1103 p 775 p 110 Richter 17 - 37

Riparia X Berlandieri 161/49

4. SISTEMI DI ALLEVAMENTO 4.1 Alberello È una forma di allevamento a ridotta espansione indicata per i terreni di scarsa fertilità e particolarmente siccitosi. Consente un’alta densità per ettaro, con sesti variabili da 1,50 x 1,50 a 2,00 x 2,00 m. L’alberello è costituito da un tronco alto 30-40 cm. da cui si diramano 3-4 branche portanti ognuna uno sperone di 2-3 gemme. Nell’alberello marsalese viene praticata la potatura mista che consiste nel lasciare oltre agli speroni 1-2 tralci a frutto di 6-10 gemme che annualmente vengono rinnovati.

4.2 Guyot È una forma di allevamento a potatura mista adatta alle cultivars che presentano le gemme fertili nella parte mediana e apicale dei tralci. Questo sistema esige un’impalcatura costituita da pali alti almeno 2 m, distanti sulla fila 5-6 m. e da almeno 3 fili di ferro da tenersi il primo all’altezza del capo a frutto, cioè intorno a 80-90 cm. da terra, gli altri posti al di sopra e fra loro equidistanti dal primo filo, con il compito di sostenere la vegetazione dell’anno. La potatura di allevamento consiste nell’ottenere in 1-2 anni un robusto tralcio che si porta all’altezza del primo filo e si recide. Dai tralci che si sviluppano l’anno successivo se ne scelgono due, di cui uno, il più basso, verrà speronato a due gemme e l’altro piegato lungo il filo per formare il tralcio fruttifero. La potatura di produzione consiste nel mantenere un capo a frutto per la produzione e uno sperone per il rinnovo. Lo schema è il seguente: si esegue il cosiddetto taglio del passato asportando il capo a frutto che ha prodotto l’anno precedente. Con il taglio del presente si pota il tralcio superiore, che si è sviluppato

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nello sperone, a 6-10 gemme e si lega sul filo più basso. Il tralcio inferiore dello sperone viene tagliato a due gemme (taglio del futuro), da cui si svilupperanno i tralci per la produzione futura.

4.3 Cordone speronato Si tratta di una forma di allevamento con notevoli prospettive di meccanizzazione e capace di fornire prodotti di qualità. Il cordone speronato si adatta bene ai terreni di media fertilità, anche asciutti ed a vitigni che presentano una buona fertilità nelle prime gemme del tralcio a frutto. La potatura di allevamento consiste nella formazione del cordone permanente, portando un tralcio all’altezza del primo filo e piegandolo fino a raggiungere la pianta successiva. Tale operazione si può portare a termine in 1 - 2 anni. Con i tralci sviluppati nel tratto orizzontale si formano degli speroni fruttiferi di 2 - 3 gemme distanti 20 cm. circa l’uno dall’altro. Annualmente si pota a 2 - 3 gemme il tralcio sviluppatosi alla base dello sperone e si eliminano i tralci inseriti nella parte superiore. Con il trascorrere degli anni, gli speroni tenderanno ad allontanarsi dal cordone permanente; occorrerà, quindi, procedere ad un ringiovanimento della fascia produttiva, in modo che gli speroni siano direttamente inseriti sul cordone.

4.4 Tendone È una forma di allevamento a grande espansione; si adatta bene nei terreni freschi, di media ed alta fertilità, non esposti ai venti.Il sistema consiste in una rete di fili di ferro all’altezza di circa 2 m, sostenuti da pali di legno, di ferro o cemento, appoggiati su basette di cemento. Le distanze d’impianto sono subordinate alle condizioni di clima e di terreno. Si adottano sesti di m 2,50 x 2,50 con una densità di 1.600 ceppi/ha, oppure di m 3,00 x 3,00 ( 1.111 viti/ha ). La potatura di allevamento dura di regola 2 ÷ 3 anni. Il tralcio migliore viene potato all’altezza dell’impalcatura, lasciando le ultime tre o quattro gemme. Dei tralci che si sviluppano, i due migliori sono potati e distesi in direzione opposta lungo un filo della grande rete. L’anno seguente si possono avere 4 tralci da disporre a raggiera, in corrispondenza dei due fili della grande rete che si incrociano, oltre gli speroni per i tralci di successione. La potatura di produzione consiste nell’eliminare i tralci che hanno fruttificato, sostituendoli con altri, che si sono sviluppati dallo sperone, come nella potatura a Guyot. Al tendone è possibile applicare anche la forma di potatura con cordone permanente speronato. Il tendone tipo “Puglia” consiste nel sistemare a 25 cm. al di sotto del tetto una serie di fili, incrociati sul palo tutore, sui quali si sistemano i capi a frutto.

5. POTATURA La potatura, è la tecnica più importante ed efficace in mano all’agricoltore per disciplinare e guidare la produzione sia in senso quantitativo che qualitativo. Le potature classiche sono quelle che si effettuano nel periodo invernale (potatura secca) e nel periodo estivo (potatura verde).

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5.1 Potatura secca Deve essere effettuata tra la caduta delle foglie autunnali e la ripresa vegetativa primaverile. È bene ricordare che gli interventi di potatura molto precoci o molto tardivi provocano spreco di energia per la pianta, per mancato accumulo di sostanza di riserva nel primo caso e per perdita diretta nel secondo. Nelle zone caratterizzate da frequenti gelate primaverili può essere utile ritardare l’epoca di potatura, al fine di indurre un ritardo nel risveglio vegetativo e quindi sottrarre le piante agli effetti dannosi dei geli. A seconda del numero complessivo di gemme rimaste sulla pianta, al termine degli interventi , la potatura si definisce ricca o povera. Inoltre la potatura può essere corta o lunga. Si dice corta quella potatura che si effettua sui vitigni che producono sulle gemme basali del tralcio, ove i capi a frutto sono rappresentati da 2-4 gemme. La potatura lunga si ha quando il capo a frutto è un tralcio di 5-10 gemme e si effettua sui vitigni che producono gemme situate nella parte mediana e distale dei tralci. Si parla di potatura mista, quando su una vite sono presenti contemporaneamente capi a frutto lunghi e speroni (es. il Guyot).

5.2 Potatura verde È un’operazione che si effettua quando la vite è in piena vegetazione. Le operazioni in verde sono uno strumento di grande importanza per realizzare la migliore produzione, ma, prima di effettuarle, occorre stabilirne la validità e le modalità, in quanto di fronte ad una stessa operazione la pianta può reagire diversamente a seconda le condizioni di clima e di terreno. In certi casi è meno dannoso omettere che effettuare la potatura verde. Si deve tenere presente che le foglie rappresentano l’unica parte della pianta ove vengono prodotti carboidrati o sostanze zuccherine e che solamente le foglie adulte sono in grado di mettere a disposizione degli altri organi della pianta le sostanze di riserva. Le foglie piccole non solo non producono sostanze di riserva, ma attingono dalla pianta e quindi dalle altre foglie adulte l’energia necessaria per la loro crescita. Pertanto, gli interventi di potatura verde è bene che siano fatti precocemente e comunque prima che le foglie diventino adulte. I tagli effettuati durante il periodo di massima traspirazione-elaborazione (luglio - agosto) danneggiano la pianta. Ad ogni modo, il migliore consiglio è di limitare quanto più possibile gli interventi che riducono la superficie elaborante ed occorre considerare che la potatura verde mira soprattutto: • nelle piante in allevamento a regolare lo sviluppo vegetativo; • nelle viti adulte a regolare la produzione con le possibilità vegetative della pianta in armonia con l’andamento meteorico dell’annata.

6. CONCIMAZIONE DI PRODUZIONE Di solito, le concimazioni annuali vengono effettuate in maniera abbastanza empirica, spesso con risultati che possono essere dannosi non solo economicamente ma anche nei confronti della qualità del prodotto. È necessario che il viticoltore abbia piena coscienza del tipo di terreno sul quale opera e della sua fertilità. È quindi opportuno che periodicamente sia effettuata un’analisi del suolo. Nei terreni argillosi bisogna analizzare separatamente la zona interessata dalle lavorazioni e quella più profonda in cui sono distribuite le radici (analisi stratigrafica). Infatti nei terreni compatti è molto facile

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trovare differenze di fertilità tra lo strato superficiale e quello profondo non lavorato, poiché in questi terreni traslocano soltanto fertilizzanti azotati, mentre il fosforo e il potassio tendono ad accumularsi negli strati superficiali. Pertanto, in questi terreni, i concimi fosfo-potassici devono essere interrati al di sotto della zona esplorata con le lavorazioni ordinarie. Questa tecnica va fatta con molta cautela perché in ogni caso si distrugge una parte delle radici delle piante. Per questo motivo nei terreni argillosi assume notevole importanza la concimazione di fondo con fosforo e potassio. In un terreno sciolto è più difficile trovare differenze nei livelli di fertilità tra lo strato superficiale lavorato e quello più profondo non lavorato, poiché in questi terreni oltre all’azoto migrano con le piogge nelle zone profonde anche gli altri elementi nutritivi. Da quanto sopraddetto si evince che non è possibile fornire formule di concimazione valide per tutte le situazioni. In generale, nella concimazione di produzione bisogna tenere conto della natura del terreno, del suo livello di fertilità, delle asportazioni annuali e del dilavamento provocato dalle piogge. Orientativamente si può affermare che l’apporto annuale di azoto varia da 70 a 130 kg per ettaro. Per il fosforo sono sufficienti apporti di 40-60 kg/ha di P2O5, pari a 2-3 q. di perfosfato minerale. Le esigenze di potassio possono essere soddisfatte con apporti di 100-150 kg/ha di K2O, pari a 2-3 q di solfato potassico. Ovviamente ci si orienta verso i quantitativi più bassi nei terreni asciutti e per le forme di allevamento meno produttive, mentre le dosi più elevate vanno somministrate in irriguo e per le forme di allevamento espanse. In ogni caso è consigliabile mantenere i rapporti tra gli elementi nutritivi (N-P2O5 -K2O-MgO), entro i seguenti valori: 1,7-1-2,6-0,7. Oltre che delle sostanze minerali il vigneto si avvale di apporti di sostanza organica. Le fonti di sostanza organica che possono essere utilizzate nel vigneto sono il letame, il sovescio, i sarmenti di potatura, le vinacce e i graspi. La scelta dei momenti e delle modalità di somministrazione al terreno di sostanze fertilizzanti devono tenere conto delle attività delle radici nei vari mesi dell’anno. Le radici della vite si sviluppano principalmente in autunno e in primavera. E sono questi i periodi in cui si ha il massimo assorbimento di sostanze nutritive.

ATTIVITÀ D’ACCRESCIMENTO DELLE RADICI DELLA VITE NEI VARI MESI DELL’ANNO

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L’assorbimento delle sostanze nutritive inizia con le piovosità autunnali, raggiunge il massimo nei mesi di ottobre e novembre, si ferma durante il periodo invernale e riprende all’inizio della primavera con un momento di massima intensità nel mese di giugno. Tenendo conto di quanto sopra si consiglia di somministrare i concimi fosfatici, potassici, magnesiaci e organici all’inizio dell’attività radicale autunnale (subito dopo la vendemmia), mentre per quanto riguarda i concimi azotati, conviene somministrarli per 1/3 a fine vendemmia e per 2/3 all’inizio dell’attività radicale primaverile, che generalmente coincide con il pianto delle viti. I concimi azotati in quanto dotati di elevata mobilità nel terreno possono essere distribuiti in superficie, mentre tutti gli altri concimi debbono essere interrati.

6.1 Concimazione fogliare Si ricorre alla concimazione fogliare per rimediare alle carenze di microelementi e per integrare i macroelementi quando le radici non sono in grado di assorbire a sufficienza (es.: terreno troppo asciutto o troppo umido e freddo). Per risultare efficace la concimazione fogliare deve essere effettuata in primavera, prima della fioritura e nelle ore serali. In genere si fa ricorso a questo tipo di concimazione per gli apporti di chelati di ferro in tutti i casi di clorosi per carenze di ferro e per gli apporti di magnesio nei casi di carenza che provocano il disseccamento del rachide.

7. IRRIGAZIONE La vite non è una pianta con elevate esigenze di acqua e quindi l’irrigazione deve essere concepita come una pratica di soccorso nelle zone a clima caldo-arido. In queste zone si può contribuire a ristabilire una normale fotosintesi e ad ottenere prodotti più equilibrati, per rapporti migliori tra zuccheri e acidi. Le esigenze idriche della vite variano con le fasi fenologiche: i maggiori consumi si hanno durante le fasi di accrescimento dei germogli e degli acini, vale a dire dall’allegagione all’invaiatura. L’irrigazione, infatti, è utile sino all’inizio della maturazione anche per l’incremento dello zucchero mentre durante la maturazione il terreno deve parzialmente disidratarsi per consentire l’arresto della vegetazione e il deposito dei vari composti organici nell’acino. Con l’irrigazione a goccia è possibile praticare anche la concimazione, diluendo nell’acqua calcolate dosi di fertilizzanti. In questo modo tutti gli elementi fertilizzanti, fosforo compreso, raggiungono più facilmente la massa radicale. L’apporto di concimi azotati non deve protrarsi oltre il mese di giugno, per evitare che le viti vegetino anche in settembre e quindi ostacolino la maturazione sia dell’uva che del legno.

8. DISERBO 8.1 Le infestanti del vigneto Prima di procedere alla scelta dei diserbanti e della loro epoca d’impiego è necessario conoscere la durata del ciclo vegetativo e il modo di propagazione delle infestanti più diffuse del vigneto. In base alla durata del ciclo vegetativo, le infestanti si distinguono in annuali, biennali e perenni. Le specie più comuni riscontrabili nel nostro ambiente sono:

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Graminacee:

Cynodon dactylon (Gramigna)



Digitaria sanguinalis (Sanguinaria)



Setaria spp. (Annamisca)



Sorghum halepense (Sorghetto)



Avena fatua (Aina)

Dicotiledoni:

Bellis annua (Margherita)



Borrago officinalis (Burrania)



Brassica fruticolosa (Qualedru)



Brassica nigra (Sinapa)



Calendula officinalis (Carennula)



Chrysanthemum coronarium (Maiu)



Convolvulus arvensis (Curriola)



Diplotaxis erucoides (Senacciola)



Ecballium elaterium (Cocomero asinino)



Equisetum spp (Coda cavallina)



Fumaria officinalis (Fumu di terra)



Oxalis pes-caprae (Acetosella)



Portulaca oleracea (Puccidrana)



Sonchus oleraceus (Cardedra)



Veronica spp.

8.2 Scelta dei diserbanti e dell’epoca d’impiego La pratica del diserbo chimico della vite si basa sull’impiego di erbicidi fogliari e residuali miscelati o alternati tra di loro. In relazione alla superficie diserbata, il diserbo chimico può essere totale (quando si esegue sull’intera superficie) o parziale (quando si esegue sulla fascia di terreno sottostante le chiome delle piante). In base alla diversa epoca di nascita e al sistema di propagazione, la lotta contro le infestanti del vigneto, per mezzo dei diserbanti, dovrà essere eseguita nella maggioranza dei casi in due tempi: a) alla fine dell’inverno-inizio della primavera con interventi indirizzati contro le infestanti annuali e biennali mediante l’impiego di prodotti antigerminello (o residuali) che impediscono la germinazione dei semi per tutta la durata del periodo primaverile-estivo, ma che allo stesso tempo siano in grado di distruggere anche le infestanti appena nate o non molto sviluppate; b) durante i mesi di fine primavera ed estate, per combattere le infestanti perenni mediante l’impiego di prodotti che agiscono prevalentemente per via fogliare. Per quanto concerne la conoscenza delle caratteristiche fisico-biologiche dei diserbanti, è bene ricordare che la maggioranza degli erbicidi impiegati nella vite non sono fisiologicamente selettivi e, pertanto, occorre adottare nella loro distribuzione le avvertenze atte ad impedire il contatto del prodotto con le radici e le foglie. Inoltre, per i prodotti più volatili occorre non trattare durante le ore più calde della giornata.

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Per i prodotti ad azione residuale (Simazina, Diuron, Dichlobenil, Terbutylazine, Terbumeton, etc.) evitare il più possibile la loro applicazione nei terreni sciolti, calcarei e privi di sostanza organica. Premesso quanto sopra, vediamo quali sono i diserbanti più indicati per la lotta alle erbe infestanti del vigneto. Su terreni non molto inerbiti l’intervento nel periodo invernale può essere effettuato ricorrendo all’impiego di Simazina, Diuron, Oxifluorfen o delle miscele Simazina + Propyzamide. Questi diserbanti presentano una persistenza di circa 6 mesi e quindi non impediscono la nascita a fine estate ed in autunno di molte infestanti. Circa l’attività, è bene ricordare che la miscela Simazina + Propyzamide è indicata negli impianti molto infestati da graminacei; i preparati a base di Diuron o Diuron + CiPC agiscono efficacemente contro le crucifere. Quando le infestanti al momento del trattamento sono molto sviluppate è più conveniente aggiungere ai suddetti prodotti un diserbante a base di Paraquat + Diquat. In alternativa a questi prodotti, con esclusione dei terreni sabbiosi, ciottolosi e calcarei, può essere efficacemente impiegata la miscela terbutylazina + terbumeton. Questa miscela è dotata di una persistenza di 8 - 12 mesi, risulta efficace verso le infestanti annuali e mostra una contemporanea attività verso alcuni infestanti perenni, con azione frenante dello sviluppo di Convolvulus. In considerazione della sua prolungata persistenza e per il pericolo di fenomeni di fitotossicità, il trattamento è consigliabile effettuarlo ad anni alterni. Contro le infestanti perenni, sia monocotiledoni che dicotiledoni, una energica azione erbicida viene svolta dal Glifosate impiegato su piante in attiva crescita e preferibilmente in fase di prefioritura-fioritura. L’aggiunta di solfato ammonico in ragione di 2 Kg per ettolitro di soluzione ne esalta l’azione erbicida. Questo prodotto si usa anche in associazione con la Simazina in primavera.

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9. AVVERSITÀ 9.1 PARASSITI ANIMALI 9.1.1 Tignoletta (Lobesia botrana) Con questo termine vengono indicate alcune farfalle di piccole dimensioni le cui larve si sviluppano a spese dei grappoli. I fiori sono attaccati dalle larve di prima generazione, senza subire, però, danni di rilievo.Gli acini sono colpiti dalle larve di seconda e terza generazione. Oltre ai danni diretti sugli acini si possono avere anche conseguenze indirette dovute all’insediamento della muffa grigia e del marciume acido. La lotta contro le larve di prima generazione di solito è inutile. Le larve di seconda e terza generazione devono essere combattute quando superano la soglia di danno economico. Un aiuto all’accertamento della presenza della tignoletta è offerto dalle trappole a feromoni che consentono di stabilire l’andamento degli sfarfallamenti e l’evolversi della popolazione e quindi anche il momento più opportuno per il trattamento. I migliori risultati nella lotta contro questo insetto si ottengono intervenendo contro le larvette appena uscite dalle uova e non ancora entrate negli acini. Nel nostro ambiente queste condizioni si verificano generalmente verso la prima decade di luglio per le larve di seconda generazione e verso la prima decade di agosto per le larve di terza generazione. Per quanto riguarda i prodotti, si possono utilizzare i seguenti: •

Bacillus thuringiensis;



regolatori di sviluppo;



inibitori di crescita;



insetticidi tradizionali.

Il Bacillus thuringiensis non ha alcun potere di penetrazione e agisce solo per ingestione per cui va applicato prima che le giovani larve siano penetrate negli acini. Questo preparato va usato alla dose di 1 kg/ha addizionando 1 kg di zucchero per ettolitro di acqua. Gli inibitori di crescita bloccano lo sviluppo delle larve nella fase di muta, provocandone la morte. Questi insetticidi agiscono per ingestione e secondariamente per contatto. Tra queste sostanze si ricordano Teflubenzuron, Tebufenozide. Per quanto riguarda gli insetticidi tradizionali si consiglia di fare ricorso a principi attivi quanto più possibili selettivi e dotati di scarsa tossicità per le specie utili. Tra i principi attivi impiegabili sono da citare Clorpirifos-metil, Fenitrotion, Indoxcarb, Metil-parathion microincapsulato, Acefate, Fosalone, Triclorfon, etc.

9.1.2 CICALINE (Enpoasca flavescens - Zygina rhamni – Iacobiasca libica) Sono insetti di piccole dimensioni (lunghezza degli adulti 3 ÷ 4 mm) di colore verde chiaro o bianco crema. Trascorrono l’inverno come adulti su piante sempre verdi (rovi, conifere,etc) e alla ripresa vegetativa tornano sulla vite dove depongono delle uova nelle nervature della pagina inferiore delle foglie. Nel corso dell’estate si hanno di solito tre generazioni, di cui la prima in maggio, la seconda in luglio-agosto e la terza a fine estate. La Jacobiasca (cicalina africana) ha fatto registrare anche cinque

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generazioni. Sia gli adulti, sia le neanidi si alimentano succhiando la linfa e iniettandovi saliva tossica. L’attacco di cicaline determina sulle foglie prima la comparsa di aree decolorate o rossastre con ripiegamento dei bordi e successivamente fenomeni di disseccamento. Le cicaline di prima generazione raramente danno origine ad infestazioni di rilievo. I danni più evidenti sono quelli causati dagli individui della seconda generazione la cui attività si svolge nel periodo più caldo dell’estate. Pertanto la lotta deve essere rivolta principalmente agli individui di questa generazione, intervenendo quando l’infestazione supera la soglia di danno (0,5 ÷ 1 forme giovanili per foglia) effettuando il campionamento sulla pagina inferiore delle foglie medio-basali. Per quanto riguarda gli insetticidi si consiglia di utilizzare Clorpirifos-metil, Fenitrotion, Indoxcarb, Endosulfan, Azinphos methyl, Acefate, Quinalfos, etc. Per ottenere buoni risultati gli interventi vanno effettuati all’alba, quando le cicaline si spostano con difficoltà, avendo cura di raggiungere le parti più interne della vegetazione.

9.1.2 Tripidi della vite (Frankliniella occidentalis e Drepanothrips reuteri) Sono insetti di piccole dimensioni (meno di un millimetro) di colore variabile, a seconda dello stadio di sviluppo, che passano l’inverno nell’anfrattuosità della corteccia. Alla ripresa vegetativa depongono le uova all’interno delle foglie. Da queste nascono le neanidi che, alla fine di maggio, inizio di giugno, si trasformano in adulti. Nel corso dell’estate si hanno due o tre generazioni. Le forme adulte e giovanili si riscontrano più facilmente nelle foglie apicali e sulle femminelle. Questo parassita attacca preferibilmente le viti americane dove nel corso dell’estate infesta la parte apicale dei tralci ostacolandone lo sviluppo e provocando il raccorciamento degli internodi, con conseguente comparsa di un quadro sintomatologico paragonabile a quello delle malattie da virus. Le foglie dei tralci attaccati si presentano arricciate e con una moltitudine di piccole macchie necrotiche circondate da tessuti clorotici. In certi casi si verificano danni ai grappoli, caratterizzati da aborto fiorale, colatura e rugginosità degli acini. La lotta contro questo insetto si rende necessaria quando si riscontrano più di 2 ÷ 4 individui per foglia.Tra i diversi principi attivi si consigliano: Acephate, Pyridafenthion, Fenitrothion, Metomil, ClorpirifosMetile, Indoxcarb, Endosulfan.

9.1.3 Cocciniglie (Planococcus ficus) Sono piccoli insetti, visibili ad occhio nudo, che passano l’inverno sotto la corteccia della vite con il corpo ricoperto da un’abbondante secrezione polverulenta e biancastra. In primavera migrano sui tralci, sui germogli in accrescimento e, in seguito, anche sui grappoli. Nel corso dell’anno si hanno tre generazioni. Le infestazioni sono irregolari e interessano solitamente gruppi di piante di un vigneto. Esse si sviluppano nei vigneti con fitte vegetazioni, dove la scarsa luminosità e circolazione dell’aria consentono ristagni d’umidità. Sembra, inoltre, siano favorite dall’irrigazione a goccia e dall’accesso di concimazione azotata. Oltre a causare danni diretti, conseguenti alla sottrazione di linfa, emettono deiezioni zuccherine sulle quali si sviluppano abbondanti fumagini. Le foglie colpite ingialliscono e cadono in anticipo, mentre i grappoli infestati maturano con difficoltà. La lotta deve essere effettuata alla fine dell’inverno (prima del germogliamento) con prodotti a base di DNOC oppure d’oli bianchi attivati con esteri fosforici, scortecciando prima le piante.

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Nei casi di forte infestazione è consigliabile intervenire anche in primavera e in estate (fino alla chiusura del grappolo) con insetticidi a base di Metil-paration microincapsulato, Clorpirifos metil, Metidathion, Paration.

9.2 PARASSITI VEGETALI 9.2.1 Peronospora (Plasmopara viticola) L’attività della peronospora inizia in primavera quando avvengono contemporaneamente le seguenti tre condizioni: presenza di germogli che hanno raggiunto una dimensione di 6÷10 cm di lunghezza; caduta di una pioggia di almeno 10 mm nello spazio di 1÷2 giorni; temperatura minima superiore a 10 °C. Il fungo, alla presenza delle suddette condizioni, dopo aver svernato sulle foglie cadute al suolo nell’autunno precedente, inizia l’attacco. L’infezione interessa tutte le parti verdi delle piante e principalmente le foglie, i germogli e i grappoli. I primi sintomi sulle foglie sono osservabili sulla pagina superiore su cui inizialmente si formano delle zone decolorate rotondeggianti, che in breve tempo assumono il tipico aspetto a “macchia d’olio”. Sulla pagina inferiore, in corrispondenza delle zone decolorate, alla presenza di una certa umidità, si forma un’efflorescenza biancastra. Nel caso in cui l’attacco avvenga sulle foglie vecchie si hanno piccole macchie necrotiche, poligonali, sparse sul lembo con una vegetazione fungina scarsa (Peronospora a mosaico). I grappoli possono essere attaccati molto precocemente, prima e durante la fioritura. Inizialmente appaiono allessati, in seguito si ricoprono della caratteristica “muffa biancastra”. Sui germogli e sui tralci l’infezione può verificarsi fin quando essi sono erbacei; la parte colpita imbrunisce e, a volte, si ricopre della muffa bianca. Il criterio di lotta più razionale contro la peronospora è quello basato sulla determinazione del periodo d’incubazione, cioè del tempo che intercorre tra l’infezione primaria e la comparsa della muffa bianca nella pagina inferiore delle foglie. I trattamenti dovrebbero essere effettuati uno o due giorni prima della comparsa della muffa, sia per devitalizzare il fungo al momento della fuoriuscita, sia per proteggere i tessuti vegetali da nuove contaminazioni. La vite, inoltre, va protetta durante le fasi fenologiche in cui è più suscettibile alla peronospora e che s’identificano con: •

la formazione dei grappoli nello stadio di 7÷8 foglie;



lo stadio pre-fiorale;



lo stadio di allegagione.

Per quanto concerne i fungicidi da impiegare la scelta può spaziare tra i prodotti rameici, quelli organici di tipo preventivo e quelli nuovi penetranti sistemici e citotropici. I prodotti rameici hanno una gran persistenza d’azione e frenano anche lo sviluppo dell’oidio. Rallentano la vegetazione della vite e in talune condizioni possono danneggiare l’allegagione. Per questa ragione si consiglia di utilizzare i prodotti rameici per i trattamenti finali. I fungicidi organici di tipo preventivo appartengono principalmente al gruppo dei Ditiocarbammati (Mancozeb, Metiram, Propineb) ed al gruppo dei Ftalammidici (Folpet), questi ultimi efficaci anche contro la muffa grigia. Oggi, notevoli risultati possono essere ottenuti grazie ai fungicidi citotropici (che uccidono il fungo anche quando è dentro la pianta) e sistemici (che entrano in circolo nella linfa e vanno a distribuirsi lontano dal punto d’applicazione, proteggendo in tal modo i nuovi organi).

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I fungicidi citotropici (Curzate o Cymoxanil, Dimetomorf) bloccano le infezioni peronosporiche durante la prima fase del periodo d’incubazione e quindi svolgono un’azione curativa. I fungicidi sistemici (Metalaxil, Benalaxil, Oxadixil) sono dotati di sistemicità ascendente, lunga persistenza e possono bloccare la malattia nei primi 4÷5 giorni dall’inizio dell’infezione. Questi prodotti vanno adoperati fino all’allegagione e per due tre volte al massimo in quanto possono provocare la selezione di ceppi di patogeni resistenti. Un’altra categoria di prodotti è quella degli inibitori della respirazione mitocondriale (Azoxistrobin e Famoxadone), che devono essere usati con prudenza per evitare la comparsa di ceppi resistenti.

9.2.2 Oidio (Uncinula necator - Oidium tuckeri) L’oidio (mal bianco) trascorre l’inverno come micelio all’interno delle gemme e in primavera, con temperature di 7÷8 °C e germogli con due tre foglioline, è già in grado di svilupparsi. Per questo la lotta antioidica ha inizio prima dell’antiperonosporica. L’optimum di sviluppo si ha intorno ai 25÷30 °C e con bassa umidità dell’aria.Gli attacchi dell’oidio non sono facilmente prevedibili perché vengono meno condizionati rispetto a quelli della peronospora dalle vicende climatiche (pioggia, rugiada, umidità). Il patogeno è potenzialmente sempre pronto all’attacco. L’oidio attacca tutti gli organi della pianta, ma i sintomi più evidenti si riscontrano solitamente sugli acini, che appaiono coperti da una muffa grigiastra al di sotto della quale si trovano chiazze necrotiche reticolari di colore bruno nerastro. In corrispondenza dell’epidermide alterata si creano profonde fenditure. Queste lesioni permettono l’ingresso nell’acino della muffa grigia e di altri funghi o batteri. Sulla pagina superiore delle foglie si può notare, a volte, presenza di muffa bianco-grigiastra distribuita a chiazze. Sui germogli l’oidio produce lesioni reticolate simili a quelle degli acini. Per i vitigni più sensibili e nelle zone particolarmente suscettibili, si consiglia di effettuare i trattamenti molto precocemente quando la vite raggiunge lo stadio di 3÷4 foglioline. I successivi trattamenti vanno di norma effettuati al momento della formazione dei grappolini, all’inizio della fioritura, dopo l’allegagione e all’invaiatura degli acini. Nelle zone meno soggette all’oidio si può intervenire prima della fioritura e subito dopo l’allegagione. Questa malattia si può combattere scegliendo tra un vasto numero di prodotti che vanno dal tradizionale zolfo ( in polvere, bagnabile, micronizzato 80%, colloidale 80%) ai vari prodotti organici non sistemici ad azione protettiva (Dinocap), ai prodotti citotropici e sistemici (Fenarimol, Triadimefon, Penconazolo, Esaconazolo, Miclobutanil. etc.) e ai nuovi prodotti inibitori della respirazione mitocondriale (Azoxistrobin, Kresoxim metile, Trifloxistrobin). Per l’inizio dei trattamenti, si può ricorrere allo zolfo (se le temperature superano 16 °C) oppure al Dinocap che agisce indipendentemente dalla temperatura ambientale. L’efficacia degli zolfi dipende dalla finezza delle particelle e dalla temperatura ambientale il cui optimum è tra 15÷30 °C. Si possono adoperare sia zolfi bagnabili che in polvere. Gli zolfi più fini, in particolare quelli colloidali, vanno impiegati quando la temperatura è più bassa e viceversa va preferito l’impiego di quelli a particelle più grosse con alte temperature. Gli zolfi bagnabili micronizzati possono essere impiegati nelle condizioni ambientali più disparate. Oggi con l’impiego dei fungicidi endoterapici è possibile controllare efficacemente questa malattia. Infatti, questi fungicidi sono caratterizzati dalla capacità di penetrare rapidamente nei tessuti della pianta, di presentare una buona persistenza e di potere essere impiegati a una bassa dose per ettaro. Inoltre

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hanno la capacità di agire in fase di vapore migliorando così il livello di protezione delle colture trattate. In base alle suddette proprietà tali fungicidi sono in grado di esercitare una azione biologica completa (preventiva, curativa, eradicante). Per evitare, tuttavia, la comparsa del fenomeno della resistenza è preferibile utilizzare questi prodotti non più di 3-4 volte all’anno e in alternanza con i prodotti di contatto.

9.2.3 Muffa Grigia (Botritis cinerea) La Botrite trascorre l’inverno sui tralci legnosi, sia sotto forma di micelio (ammasso feltroso grigiastro) che di sclerozi (corpi duri, tondeggianti e scuri). In primavera, alla ripresa vegetativa, fuoriescono i conidi che determinano la prima infezione. Le condizioni climatiche favorevoli alla muffa grigia sono rappresentate principalmente da piogge prolungate e da una elevata umidità relativa dell’aria, mentre la temperatura gioca un ruolo meno importante in quanto può variare da 5 a 32 °C con valori ottimali compresi fra 15 e 25 °C. A tal proposito è stato accertato che le maggiori probabilità di infezione sussistono quando le bagnature dei vari organi della pianta giungono o superano le 15 ore consecutive con una temperatura media di circa 15°C (regola dei due 15). Sono fattori predisponenti all’attacco della muffa grigia anche: •

vitigni a grappolo serrato e buccia degli acini sottile;



portinnesti vigorosi;



concimazioni azotate esagerate;



irrigazione eccessiva;



abbandono di prodotti cuprici;



lesioni provocate da attacchi di tignoletta e di oidio.

Nella vite i danni di muffa grigia si riscontrano con più frequenza a carico degli acini, sui quali si riproducono inizialmente delle macchie bruno-olivacee che successivamente, nell’arco di pochi giorni, si evolvono in marciume molle. Nel caso che la stagione decorra secca gli acini avvizziscono, altrimenti si coprono di un’abbondante muffa di colore grigiastro, che si diffonde rapidamente agli acini contigui, fino ad interessare tutto o gran parte del grappolo. Sui tralci verdi l’infezione si manifesta con imbrunimenti seguiti da ampie necrosi. In inverno sui tralci lignificati la malattia si evidenzia con la presenza di piccoli corpi neri (sclerozi). L’attacco fogliare è poco frequente e si verifica in corrispondenza di periodi primaverili molto piovosi. Sulle foglie interessate compaiono macchie necrotiche, in prossimità dei bordi che, con umidità elevata, si ricoprono di muffa grigia. La lotta alla muffa grigia va effettuata ricorrendo sia agli interventi indiretti sia diretti. Gli interventi indiretti (potature verdi, concimazioni equilibrate, ecc..) hanno lo scopo di creare un ambiente poco ospitale alla vita e alla diffusione della crittogama. Gli stessi interventi fitoiatrici effettuati contro i fitofagi e le altre malattie crittogamiche possono contenere, indirettamente, i danni della muffa grigia. Un’azione in tal senso esercitano i sali di rame, in quanto frenano la vegetazione ed aumentano la resistenza della cuticola dell’acino, oppure i fitofarmaci usati per combattere tignole ed oidio, impedendo a questi parassiti di lesionare gli acini. Per quanto riguarda i prodotti antibotritici si sono avuti notevoli sviluppi negli ultimi anni, passando dai prodotti tradizionali di contatto(TMTD o Tiram), agli antiperonosporici ad effetto secondario antibotritico (Rame, Folpet) ai Benzimidazoli (Carbendazmi,Tiofanato-metile), ai Dicarbossimidi (Iprodione, Procimi-

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done) e infine ai prodotti del gruppo Anilinopirimidine e fenilpirroli ( Pirimetanil, Ciprodinil e mepanipirim). È da tenere presente, che il folpet e i prodotti similari esercitano una azione negativa sulla fermentazione e pertanto devono essere applicati almeno 40 giorni prima della vendemmia. Tutti gli altri prodotti si devono usare con cautela, in quanto possono favorire la selezione di ceppi resistenti alla muffa grigia.Per stabilire il momento d’intervento bisogna tenere conto sia dell’andamento climatico (regola dei due 15) che delle fasi fenologiche della vite. In generale le epoche di intervento più indicate sono: •

fine fioritura;



prechiusura grappolo;



invaiatura;



3÷4 settimane prima della vendemmia.

In condizione di limitata gravità della malattia si può prevedere un trattamento preventivo prima della chiusura del grappolo e successivamente 1÷2 applicazioni, in funzione dell’andamento stagionale.

9.2.4 Marciume acido È una malattia causata da alcuni ceppi di lieviti che portano alla formazione di acido acetico e di altri composti negativi per la qualità del vino. La diffusione di questa malattia si deve essenzialmente a un piccolo moscerino del vino (Drosophila) che porta sul corpo i lieviti agenti dell’infezione, i quali risultano però in grado di penetrare nell’acino solo attraverso ferite di qualsiasi tipo (attacchi di oidio, botrite, tignola, etc.). I fattori ambientali e colturali che predispongono questa alterazione sono rappresentati dalla compattezza dell’acino, dal ridotto spessore della buccia, dalle concimazioni azotate e dall’elevata vigoria del portinnesto. Gli acini colpiti si presentano di colore marrone privi di muffa, dapprima turgidi poi via via disidratati per fuoriuscita del succo. La sintomatologia di questa alterazione può venire confusa con attacchi botritici solo nelle prime fasi dell’infezione, poi si distingue nettamente, se non altro per la continua presenza di moscerini intorno al grappolo. Contro questa malattia si consiglia di intervenire con misure indirette, volte principalmente ad impedire il verificarsi delle condizioni predisponenti l’infezione. Va in primo luogo condotta un’accurata lotta contro i vari agenti di ferita degli acini, in particolare botrite, oidio e tignola. Anche un impiego ripetuto dei sali di rame e un minor ricorso ai fertlizzanti azotati contribuisce a limitare l’incidenza di questa particolare forma di marciume.

9.2.5 Mal dell’esca (Fomes ignarius - Stereum hirsutum) I funghi che provocano questa malattia penetrano nella pianta attraverso ferite o tagli di potatura e una volta all’interno dei tessuti legnosi producono sostanze tossiche che, arrivando alle foglie, ne compromettono la vitalità. I primi sintomi si riscontrano di norma nei mesi di luglio-agosto con un improvviso disseccamento fogliare che s’irradia a ventaglio dalle nervature centrali; successivamente la malattia interessa anche i tralci che disseccano ed i grappoli che risultano con acini avvizziti. Nel decorso cronico l’infezione progredisce, intensificandosi di anno in anno fino a portare alla morte delle piante. La forma acuta dell’affezione chiamata “apoplessia” si ha generalmente in luglio-agosto dopo le piogge. In pochi giorni, su piante apparentemente sane, si può avere il disseccamento completo di tralci, foglie e frutti.

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La malattia si può riscontrare con facilità nei terreni freschi, profondi e in quelli più suscettibili al ristagno d’umidità. La diffusione di questa malattia può essere ostacolata adottando soprattutto alcune misure di prevenzione. Al riguardo si consiglia di effettuare i tagli grossi in senso obliquo in modo che l’acqua piovana non abbia possibilità di ristagnare. Poi conviene fare un’accurata disinfezione delle ferite con mastici protettivi per impedire la penetrazione dei funghi. È buona norma asportare le piante morte, bruciare immediatamente i residui e segnare le viti stesse al fine di potarle separatamente nell’inverno successivo. È possibile contenere la malattia con interventi invernali con prodotti a base di D.N.O.C. L’applicazione di questo prodotto va effettuata alla dose di 1÷1,5% dopo la potatura, in coincidenza con l’epoca del pianto della vite. Tale intervento va ripetuto per 2 - 3 anni consecutivi. Il D.N.O.C., comunque, è in grado di rallentare la diffusione della malattia ma non di risanare piante colpite o di garantire una sicura protezione da nuovi attacchi. Particolare importanza assume la disinfezione delle ferite che può essere effettuata facendo ricorso alle forbici di potatura speciali che sono in grado di distribuire a ogni taglio una soluzione disinfettante. Tale soluzione può essere costituita da una miscela di carbendazim e un inibitore della sintesi degli ergosteroli IBE (Flusilazol, Penconazolo, Propiconazolo). In Francia questa malattia è combattuta ricorrendo all’arseniato di sodio. Questo prodotto si applica alla dose di 1250 g/hl in pieno inverno, con tempo secco, sulle ferite di potatura e bagnando bene i ceppi. In Italia questo prodotto è vietato poiché sono stati accertati casi di cancerogenicità nei confronti dell’uomo.

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Relazione introduttiva al convegno: Quali vini per i giovani e nuovi consumatori Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala Questa iniziativa s’inserisce nella più ampia attività che la SOPAT di Marsala svolge a favore dell’agricoltura e della vitivinicoltura in particolare. Come tutti sappiamo la vitivinicoltura a Marsala rappresenta il settore portante dell’economia e quando la viticoltura entra in crisi l’economia del territorio ne risente. Pertanto questo comparto è sempre sotto l’attenzione del mondo politico, di tutte le istituzioni pubbliche e dell’intera comunità. Si tratta di un settore molto complesso, condizionato da norme comunitarie, da accordi internazionali e da un mercato senza confini dove la concorrenza è molto elevata. Operando in questo contesto la nostra vitivinicoltura, se vuole essere competitiva, non può fare a meno di ammodernare i propri processi produttivi e organizzativi Purtroppo la nostra vitivinicoltura è molto lenta ad evolversi, stenta a liberarsi dei tradizionali modelli produttivi e organizzati e nei cambiamenti si affida più alla moda che a razionali valutazioni tecniche. Per esempio in questo momento l’orientamento è quello di impiantare vitigni a bacca nera senza alcuna valutazione del loro comportamento nelle diverse situazioni ambientali. L’aspetto positivo di questo nuovo indirizzo è il fatto che si favorisce l’ampliamento della piattaforma ampelografica e la produzione di una tipologia di vino che oggi il mercato richiede. Si ha l’impressione, però, che questa corsa ai vitigni alloctoni, - Syrah, Merlot e Cabernet sauvignon - avviene senza adeguate valutazioni e senza una programmazione ben precisa. L’interesse verso questi vitigni è dovuto principalmente al fatto che i vini che si ottengono vengono venduti sfusi sul mercato a prezzi elevati. Questa nuova situazione, se ben gestita, presenta anche aspetti positivi, costituiti principalmente dalla possibilità di utilizzare queste varietà internazionali per migliorare e valorizzazione le produzioni delle nostre varietà tradizionali. Zonin in una recente intervista esaltava le grande potenzialità della Sicilia per i vini rossi e diceva che lui, nei nuovi investimenti in Sicilia, avrebbe puntato su queste tre varietà internazionali senza trascurare, però, il Nero d’Avola. Per le uve bianche avrebbe puntato sull’Insolia, migliorandola con lo Chardonnay e con qualche altra varietà. Ma noi abbiamo anche una varietà, il Grillo, di grande qualità e di grande plasticità. Se la raccogliamo al momento giusto e la vinifichiamo con tecniche adeguate permette di ottenere un vino invidiabile. Altro aspetto importante che bisogna affrontare è quello legato al consumo del vino. Fino ad oggi la nostra produzione enologica è stata realizzata senza pensare al mercato di destinazione e ai possibili consumatori. La poca attenzione verso i consumatori ha determinato una forte riduzione del consumo del vino, soprattutto nelle zone di maggiore produzione come la Sicilia. Si è pensato di intervenire sulle eccedenze di produzione solo con misure tendenti a ridurre il potenziale viticolo o a togliere dal mercato enormi quantitativi di vino. La Comunità Europea ha introdotto meccanismi come la distillazione obbligatoria e l’estirpazione dei vigneti che, purtroppo, risultano poco efficaci. Una politica che mira a ridurre la produzione si scontra con la politica dei paesi extra europei dove non c’è alcun controllo sulla produzione. Noi riduciamo la produzione mentre altri possono impiantare e sviluppare la produzione come vogliono.

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Quindi la politica più interessante su cui puntare è l’educazione al consumo del vino, soprattutto nelle zone di produzione. Questa iniziativa si inserisce in questo contesto e vuole essere di stimolo a tutti gli operatori del settore e al mondo politico, in modo che diventi patrimonio di tutti la necessità di promuovere iniziative tendenti ad educare al consumo del vino. Non a caso questa iniziativa è stata organizzata in collaborazione con l’associazione giovani amici del vino, un organismo giovane che noi dobbiamo potenziare e valorizzare, perché può avere un ruolo importante in questo campo.

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Relazioni La crisi in provincia di Trapani Gaspare Bonomo - Dirigente SOPAT Ente Sviluppo Agricolo Marsala

Tutti constatiamo che in provincia di Trapani la crisi del settore vitivinicolo ha raggiunto livelli preoccupanti. Questa crisi in parte è legata alla crisi finanziaria che ha investito tutti i paesi ad economia sviluppata, ma è anche riconducibile alla debolezza strutturale delle nostre aziende di produzione e trasformazione. L’attuale situazione potrebbe vanificare tutto il processo innovativo registrato dagli anni ottanta in poi e anzi si rischia di tornare indietro nel tempo. A partire dagli anni ottanta in Sicilia c’è stato un forte fermento innovativo che ha permesso di rinnovare completamente la viticoltura. In provincia di Trapani quasi tutti vigneti sono ormai allevati a spalliera con sesti che ne permettono la quasi completa meccanizzazione. È stata rinnovata la piattaforma ampelografica, puntando su vitigni autoctoni e vitigni internazionali di pregio. Oggi la nostra viticoltura, nonostante la forte frammentazione e polverizzazione aziendale, si può considerare di ottimo livello. I costi di produzione, rispetto al passato, sono fortemente diminuiti e le uve che si ottengono permettono di produrre vini di ottima qualità. Nello stesso periodo anche le cantine sociali, che ammassano oltre l’80% della produzione, hanno avviato un processo di rinnovamento tecnologico che le ha portate a dotarsi di moderne attrezzature per le operazioni di lavorazione e trasformazione del prodotto. Questo stato di cose ha fatto cambiare l’immagine del vino siciliano, che in breve tempo è riuscito a farsi apprezzare in tutto il mondo come vino da tavola e non come vino da taglio. Questo grazie anche alle ditte imbottigliatrice che con le loro capacità imprenditoriali sono riuscite a conquistare i mercati nazionali ed esteri. Ma anche in diverse cantine sociali è maturata l’idea che bisogna passare dallo sfuso al confezionato. E già hanno avviato interessanti programmi di imbottigliamento. Questo processo, però, nelle cantine sociali non può realizzarsi in tempi brevi. Sia perché dispongono di grandissimi quantitativi di prodotto sia perché devono cambiare il modello organizzativo e affidare la gestione a figure professionali altamente qualificate. E tutti sappiamo che la struttura societaria cooperativistica non consente decisioni rapide e che spesso i programmi innovativi stentano ad essere accettate dalle assemblee. Già da qualche anno la situazione non è stata molto favorevole, ma oggi, con la crisi finanziaria mondiale, le cose sono precipitate e sicuramente sono necessari cambiamenti radicali. Per questo abbiamo voluto affrontare l’argomento con esperti del settore, nella speranza di trovare utili indicazione per superare l’attuale crisi e per adottare nuovi modelli organizzativi e nuove strategie che ci permettano di affrontare il mercato in modo competitivo.

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Vino Sicilia Quando la crisi può trasformarsi in opportunità Fabio Piccoli - Giornalista, esperto di economia e marketing settore vitivinicolo La recente, per certi aspetti drammatica, crisi economica che ha coinvolto anche il settore vitivinicolo siciliano, presenta numerosi aspetti i quali, se attentamente analizzati, potrebbero finalmente rappresentare il punto di partenza per una nuova strategia di rilancio dell’enologia siciliana. Prima di tutto va ricordato come negli ultimi vent’anni si è erroneamente pensato che investire solo nell’apice della piramide qualitativa della produzione enologica siciliana sarebbe stato sufficiente per “trascinare” in alto tutta la produzione della regione anche in termini di immagine. La realtà oggi ci racconta che è stata una scelta non adeguata ed ha impedito al comparto enologico siciliano di capitalizzare al meglio tutti i diversi segmenti produttivi. La Sicilia, infatti, oggi continua a rappresentare forse la regione enologica al mondo con le migliori potenzialità in tutti i diversi segmenti della produzione, dai vini basic ai premium e superpremium. Nessun altra regione vitivinicola al mondo può avvalersi di terroir produttivi così diversificati e dalle straordinarie vocazionalità. Nessuna regione del vino al mondo può contare su una base produttiva così articolata con piccole imprese dell’eccellenza insieme a grandi realtà cooperative e private. Senza dimenticare della forza evocativa del brand Sicilia che continua a richiamare una terra dalla grande storia enologica e territori dallo straordinario appeal turistico-culturale. Ma lo stesso brand Sicilia, da solo, in questi ultimi anni ha manifestato i suoli limiti richiamando l’attenzione alla necessità di investire nella comunicazione anche di altri brand dell’enologia siciliana, soprattutto quelli di maggiore notorietà come, ad esempio, Etna, Marsala, Monreale, Erice, tanto per citare i più noti. La globalizzazione del mercato del vino, infatti, oggi impone maggiori investimenti in quello che viene attualmente definito il rapporto tra identità e valore. La necessità cioè di aumentare l’identità, la riconoscibilità dei vini al fine di poter conseguire maggiori remunerazioni. La Sicilia del vino è in grado di poter aumentare senza ombra di dubbio l’identità dei propri vini sia in termini enologici (basti pensare lo straordinario patrimonio ampelografico de|l’lsola) che di rapporto tra territorio e produzione. Le misure a sostegno dei vini siciliani In questa direzione si inseriscono anche le ottime opportunità oggi offerta da strumenti normativi come il Piano di sviluppo rurale e la nuova organizzazione comune di mercato del vino. Per quanto concerne il primo punto vanno ricordate le misure a disposizione nel PSR per le azioni di informazione sui mercati interni (quelli dell’Unione Europea) dove è possibile realizzare eventi, workshop per aumentare l’appeal dei vini siciliani su mercati strategici come quelli del Nord Europa e del Regno Unito, tanto per citare i più importanti. Come pure non si possono dimenticare le misure previste nella nuova OCM vino, in particolare per

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quanto concerne la promozione nei Paesi terzi (extra UE). In questa direzione è però fondamentale che le imprese si aggreghino al fine di poter utilizzare al meglio le risorse previste daIl’UE e poter ridurre i costi per impresa (si ricorda che si tratta di cofinanziamenti tra il 50 e il 70%). Oggi l’export appare come una scelta strategica fondamentale per le imprese del vino siciliane ed è indispensabile sfruttare nel modo migliore le risorse pubbliche oggi messe a disposizione per aumentare il profilo internazionale del sistema vitivinicolo siciliano.

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Le opportunità di sviluppo per il vino siciliano nel nuovo scenario internazionale Denis Pantini - Coordinatore Area Agricoltura e Industria Alimentare NOMISMA

La propensione all’export del sistema vinicolo siciliano • In Sicilia, 44.509 produttori coltivano circa 115.000 ettari ad uva da vino, per una produzione complessiva di circa 9 milioni di quintali e 5 milioni di ettolitri di vino (dei quali meno del 5% Doc) • A fronte di un’incidenza della regione di oltre il 14% sulla produzione nazionale di vino, il relativo “peso” sull’export si ridimensiona a meno del 3°/o.

L’andamento delI’export di vino siciliano/3 • Le tendenze evidenziate dall’export di vino siciliano per il 2009 sono il risultato di importanti cambiamenti di mercato derivanti dagli impatti della crisi economica in atto. • Tra i principali mercati di sbocco per il vino sfuso siciliano figurano la Germania, il Regno Unito, gli USA, il Canada e la Russia, mentre per il Marsala imbottigliato gli USA assorbono oltre la metà del relativo export complessivo (in valore) • Quello statunitense rappresenta uno dei mercati tra i più provati dagli impatti della crisi. Per il periodo gennaio-settembre 2009 risulta una diminuzione del prezzo medio del vino importato pari al 27% (si è passati dai 5,70 dollari /litro del 2008 al 4,18 dollari /litro del 2009), evidenziando al contempo una crescita dei volumi importati (+13%)

Tendenze in atto e opportunità di crescita/1 • Secondo diversi istituti di previsione, nei prossimi anni e nonostante la crisi, il trend di crescita dei consumi di vino dovrebbe continuare (+6% entro il 2012). In particolare, gli USA dovrebbero diventare il primo mercato per consumo di vino, con una quota pari ad oltre il 12% dei volumi mondiali. • Cina, India e Russia rappresentano invece i mercati emergenti in cui i consumi cresceranno più rapidamente con incrementi esponenziali. Da oggi al 2020, la “classe media” (con redditi fino a 30.000 dollari annui) in Cina e in India raddoppierà, arrivando rispettivamente a 1 miliardo e a 500 milioni di persone.

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• L’effetto più rilevante — con possibili riflessi futuri — determinato da questa crisi riguarda l’espulsione dal mercato di vini con un prezzo/qualità “non equo” e sostituibili con prodotti concorrenziali (anche di diversa provenienza territoriale).

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Tendenze in atto e opportunità di crescita/2 • Occorre evidenziare come il consumo di vino in Italia sia strutturalmente in calo da diversi anni. Se a metà degli anni ’9O il consumo pro-capite superava i 60 litri annui, oggi tale livello è sceso fino a 46 litri. • I mercati esteri diventano quindi imprescindibili per la sopravvivenza delle imprese vitiviitaliane ed anche siciliane • In considerazione dei ritardi strutturali (sottodimensionamento delle imprese) e dei “vincoli” di mercato (forte potere contrattuale degli interlocutori distributivi), le aree di intervento per le imprese devono necessariamente riguardare I’aggregazione e lo sviluppo dell’organizzazione commerciale.

Ma occorre conoscere bene i mercati da “aggredire” • I consumatori vino non sono tutti uguali e non hanno tutti gli stessi gusti • l canali per la commercializzazione del vino variano da mercato a mercato: * USA: sistema distributivo fortemente regolamentato * Germania: hard discount (40% delle vendite) * Regno Unito: grandi catene a libero servizio (con diffusa tendenza a scontistica e promozioni) * Russia, Cina e Polonia: forte sviluppo della GDO * India: catene alberghiere e ristorazione di alto livello • È importante scegliere la modalità distributiva sui mercati esteri più appropriata

Considerazioni conclusive • Uno dei principali punti di forza del vino italiano è la distintività territoriale. La valorizzazione del territorio permette la sostenibilità dell’intera filiera vitivinicola: la crisi ha infatti dimostrato come esista un forte “effetto sostituzione” tra prodotti in funzione del prezzo. • Sebbene oggi le condizioni non siano delle migliori (forte apprezzamento del|’euro sul dollaro), è fondamentale — per una sostenibilità di lungo periodo — essere presenti sui mercati esteri più importanti (consolidati ed emergenti) • Occorre quindi sfruttare al meglio le opportunità promozionali derivanti dall’OCM evitando di disperdere tali risorse “in mille rivoli” e soprattutto orientando tale promozione solo dopo aver compreso a fondo le peculiarità del mercato target.

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Coopetizione: un nuovo approccio per affrontare la crisi? Lorenzo Biscontin - Direttore Marketing Santa Margherita S.P.A.

COOPETIZIONE Unisce i vantaggi della competizione e della cooperazione tra imprese in un nuovo quadro di riferimento dinamico per generare maggiori profitti modificando l’ambiente del business che impatta direttamente sulla propria azienda • COOPERAZIONE per creare o incrementare le dimensioni della torta (valore aggiunto totale); • COMPETIZIONE nel dividerne le fette (prendersi Ie quote di valore aggiunto).

COME MODIFICARE IL GIOCO DEL BUSINESS? Intervenendo sui suoi elementi base: • Giocatori • Valore aggiunto • Regole • Percezione • Estensione La flessibilità e velocità sono fattori cruciali per creare e poi sfruttare a proprio vantaggio il cambiamento. Lo scopo rimane quello di raggiungerei PROPRI obiettivi, indipendentemente però dai risultati (migliori o peggiori) degli altri giocatori.

I GIOCATORI Dalla catena del valore (filiera) alla RETE del valore. In una rete del valore i giocatori sono: • i clienti • i fornitori • i concorrenti • i complementari: fornitori di prodotti o servizi che aggiungono valore alla nostra offerta. ESEMPI: • La bistecca fiorentina e il Chianti classico. • La somellerie per affermare San Pellegrino come “l’acqua della carta dei vini”.

INGRANDIRE LA TORTA Per aumentare il numero globale di clienti attivi in un determinato mercato, i CONCORRENTI possono lavorare insieme o da soli: • Educando il mercato sui vantaggi del prodotto. ESEMPI:

Campagna “Birra e sai cosa bevi”

http://www.youtube.comIwatch?v=w6NsNgiOFt4

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http://www-coca-cola.it/felicita a tavola/

• investendo sui “clienti precoci” per sviluppare più rapidamente il mercato. • Sovvenzionando I’acquisto di beni complementari. • Diventando clienti dei beni complementari. ESEMPIO: Consorzio E.S.E. per il caffè in cialde.

IL VALORE AGGIUNTO Il giocatore che detiene il maggior valore, detiene anche il maggior potere di mercato. Modificando la distribuzione del valore aggiunto tra i vari giocatori, si modifica il gioco. ESEMPIO: Vino australiano negli U.S.A. passato da esportare marche (vino in bottiglia) a vino sfuso.

REGOLE Le regole che determinano il funzionamento di un mercato sono più o meno modificabili da porte dei giocatori secondo un continuum che va dalle leggi alle clausole contrattuali.

Modificabilità minima Leggi

Modificabilità massima Usi e consuetudini

Prassi

Clausole contrattuali

REGOLE CONTRATTUALI Le modifica delle regole contrattuali spesso riguarda i dettagli (clausole). In uno scenario di mercato iper competitivo sono i dettagli che fanno la differenza.

PERCEZIONE È la percezione della realtà che guida i comportamenti. Nell’ambito di una rete del valore la percezione della realtà da parte dei diversi giocatori (concorrenti, fornitori, complementari, clienti) è determinata dalle tattiche con cui vengono realizzate le strategie.

ESTENSIONE (della propria arena competitiva) Capire, definire e CREARE i collegamenti con altri settori/mercati, permette cambiare ed allargare l’estensione della propria attività. ESEMPIO: vino terapia Nell’estendere la propria rete del valore conviene chiedersi quanto hanno da guadagnare altri attori da questa estensione per far pagare a loro i costi della nostra partecipazione. ESEMPI: • Promozione in co-marketing Keglevich e Last Minute. • Promozione vini Deakin Estate e noci di macadamia. “È necessario imparare a competere e cooperare allo stesso tempo.”

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Ray Noorda, fondatore della Novell. “Un leader di mercato è bene, due è meglio.” Comunicazione della Novell relativamente alla partnership con SAP. “Non è necessario spegnere la luce del vicino per far risplendere la propria.” Bernard Baruch, uomo politico statunitense.

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Difesa fitosanitaria

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Supplemento Terra e Vita - n.27 2000

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Attività formativa

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Viaggio studio di dirigenti di Cantine Sociali Visite guidate ad aziende vitivinicole delle Regioni Emilia Romagna e Veneto dal 13 al 17 luglio 1981 Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala, 1981

Questo viaggio è stata organizzato dalla SOPAT dell’ESA di Marsala con lo scopo di dare la possibilità ad un gruppo di dirigenti di cantine sociali del marsalese di prendere visione dei principali aspetti della vitivinicoltura delle Regioni Emilia Romagna e Veneto, al fine di trarre utili indicazioni per migliorare l’organizzazione produttiva e commerciale della nostra vitivinicoltura. Le visite alle aziende viticole e alle cantine sociali e consorzi, organizzate dagli Assessorati all’agricoltura di quelle Regioni, hanno consentito di constatare che, sopratutto in Emilia Romagna, sono stati raggiunti livelli tecnici ed organizzativi senza dubbio superiori a quelli riscontrabili nella nostra realtà. In Emilia Romagna sono state oggetto di visita gli organismi associativi e le aziende che qui di seguito si descrivono: Il C.I.V. (Consorzio Interprovinciale Vini) di Modena, un consorzio di 2° grado che raggruppa 6 cantine sociali e rappresenta complessivamente 5.500 soci. Ha una capacita ricettiva di 322.000 hl costituita da tini in acciaio inox. Dispone di due catene di imbottigliamento, di cui una con una capacita lavorativa di 6.000 bottiglie/ora e l’altra di 15.000/ora. Mediamente imbottiglia circa 600.000 hl di vino costituito principalmente da Lambrusco (Sorbara, Reggiano, Grasparossa di Castelvetro, Salamino). Per far fronte alle spese di gestione e commercializzazione si affida principalmente all’autofinanziamento, ricorrendo a prestiti dei soci attraverso una trattenuta del 3% sul prodotto conferito. Ai soci che si dimettono viene restituita la somma trattenuta e gli interessi maturati. Il consorzio, non potendo contare su interventi pubblici, non è in grado di assicurare ai soci alcuna anticipazione sul prodotto conferito, ma la liquidazione viene regolata dall’andamento di mercato, frazionata in diversi periodi a cominciare dal mese di marzo per finire nel mese di dicembre. La commercializzazione del prodotto è curata da un apposito servizio che si avvale di un direttore e di alcuni collaboratori, i quali operano in piena autonomia decisionale. Prima della vendemmia viene approntato un programma di commercializzazione che consente di indirizzare le cantine associate sulla diversificazione della produzione. Tutte le operazioni di commercializzazione sono curate del consorzio, solamente alcuni quantitativi di vino sfuso possono essere venduti direttamente dalle cantine. La maggior parte del vino prodotto viene imbottigliato, anche se i margini di guadagno rispetto al vino sfuso risultano di poca entità. Ma con l’imbottigliamento il consorzio e riuscito a tipicizzare alcuni vini e ad allargare l’area di commercializzazione, occupando mercati che anche nei momenti di crisi consentono l’assorbimento di notevoli quantità di prodotto. Altra visita molto interessante é stata quella al C.O.R.O.V.I.N., anch’esso consorzio di 2° grado. Quest’organismo raggruppa 22 cantine sociali distribuite in quattro regioni, complessivamente rappresenta 11.000 soci. Dispone di due catene di imbottigliamento, di cui una con capacità lavorativa di 7.000 bottiglie/ora e l’altra di 14.000/ora. Vengono commercializzati circa 2.500.000 hl di vino, di cui 320.000

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hl in bottiglia. È nei programmi del consorzio aumentare notevolmente il quantitativo di vino imbottigliato. Si produce il lambrusco e soprattutto diversi tipi di vino bianco, rosso e rosato. Il prodotto viene collocato nei mercati nazionali ed esteri (Germania, Canadà e Stati Uniti). Anche questo consorzio ricorre all’autofinanziamento e destina cospicue some del proprio bilancio all’azione pubblicitaria. Particolare interesse infine ha suscitato la visita ad una cantina sociale (Algelado), dove buona parte del vino prodotto viene venduto allo stato sfuso. L’acquirente oltre al vino può trovare anche frutta, verdura e formaggi. Inoltre vengono organizzate sagre e manifestazioni folcloristiche che consentono di far conoscere i prodotti della cantina ad un numero sempre maggiore di consumatori. Anche le visite alle aziende viticole sono risultate di grande interesse. Tra le aziende visitate è da ricordare la “Vermi e Rambelli” ubicata nel territorio di Lugo. Si tratta di una azienda ad indirizzo viticolo e frutticolo. Il vigneto viene allevato nella maggior parte dei casi a G.D.C. Tutte le operazioni colturali, comprese la potatura e la raccolta vengono affidate alle macchine. La lavorazione del terreno viene ridotta al minimo, ricorrendo in molti casi alla pratica dell’inerbimento del vigneto. Oltre e curare le visite di ordine tecnico si è cercato di acquisire notizie sugli interventi adottati delle regione Emilia Romagna a favore del settore viticolo. Al riguardo si è constatato che la regione Emilia Romagna ha individuato nell’attività di ricerca, sperimentazione, divulgazione e assistenza tecnica gli strumenti idonei a favorire il processo evolutivo della viticoltura. Al fine di rendere applicativi gli strumenti di cui sopra ha istituito un apposito organismo, l’E.S.A.V.E. (Ente Studi e Assistenza Viticola Enologica). Si tratta di un consorzio a cui aderiscono Province, Comuni, Cantine sociali e altre organizzazioni che operano in viticoltura e ha lo scopo di sviluppare programmi di ricerca e di sperimentazione nel settore vitivinicolo. L’E.S.A.V.E. si nuove in stretto rapporto con gli obiettivi espressi dagli organi della programmazione regionale, ricevendo dalla regione stessa una parte cospicua dei mezzi finanziari che vengono utilizzati per la realizzazione dei programmi di attività. Contemporaneamente alla costituzione dell’E.S.A.V.E., l’università di Bologna ha dato vita ed una struttura dipartimentale (CRIVE -Centro Ricerche Viticole Enologiche) con il compito di svolgere attività di ricerca nel settore viticolo della Regione Emilia Romagna. Successivamente anche l’Università Cattolica di Piacenza ha instaurato un rapporto di collaborazione con l’E.S.A.V.E. L’incontro tra l’E.S.A.V.E. e gli istituti universitari di ricerca si realizza attraverso convenzioni di collaborazione. Per la sola attività di ricerca le Regione Emilia Romagna nel 1981 ha sostenuto un impegno finanziario due miliardi di lire. I risultati della ricerca vengono pubblicati continuamente e quindi messi a disposizione di chi opera nel settore viticolo. Inoltre l’E.S.A.V.E., nell’attuazione dei suoi compiti di divulgazione e assistenza tecnica a favore di viticoltori, cura la pubblicazione di opuscoli che trattano i vari aspetti della viticoltura. Anche nel Veneto le visite hanno riguardato sia organismi associativi che aziende viticole. Il primo organismo oggetto di visita è stato il Consorzio delle cantine venete, che si occupa esclusivamente delle lavorazione e distillazione dei sottoprodotti del vino. Si tratta di un complesso molto efficiente, modernamente organizzato in tutte le fasi di lavorazione e quindi in grado di funzionare con pochissima manodopera (3 operai).

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Successivamente è stato visitato il Consorzio Cantine Sociali della Marca Trevigiana, sito ad Oderzo (Treviso). Ha una capacità ricettiva di 120 mila ettolitri e dispone di due linee di imbottigliamento, una per i vini fini con tappo di sughero e un’altra per i vini da tavola con tappo a vite. Vi aderiscono 15 cantine Sociali che complessivamente producono circa 1.000.000 di ettolitri di vino. Comunque, dalla visita di questo Consorzio non si sono ricavati elementi di grande interesse, in quanto si è potuto constatare che questo organismo non riesce ancora a darsi una efficiente funzionalità, rimanendo inoperoso per diversi periodi dell’anno. Molto interessante è risultata invece la visita alla Cantina sociale di Caposile. Questa cantina ha una capacità ricettiva di 98.000 ettolitri. Vi aderiscono 850 soci, i quali sono obbligati a conferire il 90% della produzione dei loro vigneti. Le uve conferite vengono opportunamente controllate, pigiate e in relazione ad appositi parametri qualitativi avviate a vinificazioni differenziate sotto controllo tecnico. Il 15% della produzione viene imbottigliato, mentre il rimanente quantitativo viene venduto allo stato sfuso sia sui mercati nazionali che su quelli esteri. All’interno della cantina esiste anche uno spaccio per le vendite al minuto, costituito da tre distributori automatici e da sei serbatoi in acciaio inox da hl 200 cadauno, con impianto di compensazione del vuoto mediante gas inerte. La cantina produce per il 75% vini rossi e per il 25% vini bianchi. Vengono prodotti i seguenti vini: Raboso, Merlot, Pinot bianco, Verduzzo e Cabernet. Sono state oggetto di visita anche l’azienda dell’Ente di Sviluppo Agricolo del Veneto e l’azienda dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto. In queste aziende vengono condotte prove sperimentali sul sistema di allevamento, sulla lotta antiparassitaria e sulla adattabilità dei portinnesti. Anche in questo caso le notizie raccolte sono risultate di notevole interesse e hanno contribuito ad allargare il campo delle conoscenze dei partecipanti. Partecipanti: Gaspare Bonomo

Dirigente SOPAT ESA Marsala

Vito Parrinello

Funzionario SOPAT ESA Marsala

Matteo Di Benedetto

Enot. Cantina Strasatti

Michele De Pasquale

Presidente Cantina sociale Mozia

Diego Montalto

Enot. Cantina Europa

Francesco Tumbarello

Amministratore Cantina sociale Europa

Nicola Trapani

Presidente Cantina sociale Uvam

Baldassarre Cusumano

Amministratore Cantina sociale UVAM

Giovanni Vinci

Presidente Cantina sociale Birgi

Giuseppe Tumminello

Amministratore Cantina sociale Birgi

Michele De Vita

Presidente Cantina sociale Petrosino

Ignazio Angileri

Amministratore Cantina sociale Petrosino

Martino Tumbarello

Presidente Cantina sociale S. Francesco

Domenico Perrone

Amministratore Cantina sociale Marsala

Giuseppe Magliani

Enotecnico

Antonio Maiorana

Agronomo

Giuseppe Palmeri

Imprenditore agricolo

Vito Pumilia

Imprenditore agricolo

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Viaggio studio di dirigenti di Cantine Sociali Visite guidate ad aziende vitivinicole delle Regioni Emilia Romagna e Toscana dal 26 al 31 luglio 1987 Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala, 1987

Con questa iniziativa, realizzata insieme alla SOPAT dell’ESA di Alcamo, si è voluto dare la possibilità ad un gruppo di amministratori di cantine sociali e di operatori agricoli di visitare realtà vitivinicole avanzate, in modo da trarre elementi di novità da trasferire nella nostra vitivinicoltura. La prima visita ha riguardato l’azienda “Villa Banfi”, ubicata nel territorio di Montalcino e avente una estensione complessiva di 2.830 ettari, di cui 800 coltivati a vite. Questa azienda dispone di una cantina della capacità di 110.000 ettolitri che viene utilizzata sia per la lavorazione della produzione aziendale (35.000 quintali di uva) sia per il prodotto acquistato in zona e immesso nei circuiti commerciali dell’azienda. La cantina è stata costruita seguendo i criteri più avanzati della tecnologia enologica e consente la lavorazione e la conservazione di vini di alta qualità. La cantina dispone anche di un ambiente per l’invecchiamento del vino rosso, costituito da botti di rovere della capacità di 13.000 ettolitri. Sia il prodotto aziendale che quello acquistato vengono imbottigliati, potendo disporre la cantina di una linea di lavorazione di 10.000 pezzi/ora. Le aree di commercializzazione riguardano sia l’Italia che l’estero, Stati Uniti soprattutto. I vini prodotti vengono ottenuti dalle seguenti varietà: Brunello di Montalcino, Rosso di Montalcino, Moscatello di Montalcino, Pinot grigio, Chardonnay e Cabernet Sauvignon. Considerato che l’azienda punta sulla produzione di vini di qualità, vengono adottati tutti gli accorgimenti di tecnica colturale che consentono all’uva di presentarsi nel migliore dei modi al momento della raccolta, mantenendo anche basse le produzioni unitarie (70 q/ha). Un aspetto caratteristico dell’azienda è quello di procedere, prima dell’impianto del vigneto, allo spianamento delle colline più scoscese, adottando il sistema di accumulare lo strato superficiale del terreno per spargerlo in seguito sulla superficie spianata. Questa azienda ha iniziato la sua attività ne1978, acquistando i terreni e procedendo alla loro sistemazione con opere che ancora continuano. Successivamente sono state oggetto di visita la cantina sociale “Agricoltori del Chianti Geografico” e l’azienda S. Felice, ubicate nella zona più tipica della produzione del Chianti. La cantina sociale, ubicata nel comune di Gaiole in Chianti, conta 130 soci che conferiscono 35.000 quintali di uva prodotta nei 350 ettari di vignetoi. Anche questa cantina si avvale di strutture idonee alla produzione di vini di qualità, i quali trovano sbocchi commerciali nei mercati nazionali ed esteri. La maggior parte della produzione riguarda il Chianti che viene ottenuto dalle varietà Sangiovese, Trebbiano, Malvasia e Canaiolo(10%), ma si riscontra anche un notevole impegno per il Galestro, un vino costituito recentemente da un consorzio di 13 ditte e commercializzato esclusivamente dalle stesse ditte. La cantina si avvale di un direttore che cura tutti gli aspetti organizzativi e commerciali. I vigneti dei soci vengono seguiti dai tecnici della cooperativa che stabiliscono il momento in cui l’uva deve essere raccolta e conferita in cantina. Al temine della vendemmia i soci ricevono un anticipo sul prodotto conferito basato sui risultati commerciali della precedente annata. La liquidazione definitiva avviene prima della successiva vendemmia. Il prezzo di liquidazione viene stabilito tenendo conto della qualità dell’uva

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conferita e del grado zuccherino, quest’ultimo basato sul grado medio della cantina. L’azienda S. Felice, ubicata nel territorio di Castelnuovo Berardenga, è una delle più rappresentative della zona e viene utilizzata anche dalla Facoltà di Agraria di Firenze come sede di attività sperimentali in materia vitivinicola. Ha una estensione di 190 ettari e dispone di una cantina idonea ad ammassare l’intera produzione (10.000 hl) che viene venduta sia in Italia che all’estero. Anche se l’azienda dispone di capitali di notevole entità, essendo di proprietà della RAS, viene gestita con molto equilibrio e riesce a produrre vini di ottima qualità molto apprezzati dai mercati. L’ultimo giorno di permanenza in Toscana, il 29/7, è stato dedicato alla visita dell’azienda Gaetano Volentieri (costruzione macchine per la lavorazione del terreno, la potatura e la raccolta meccanica). Qui ci si è soffermati sull’esame delle caratteristiche delle macchine prodotte dall’azienda, valutando le possibili applicazioni nella nostra viticoltura e suggerendo eventuali modifiche per favorirne l’adattabilità. Particolare interesse ha destato una vendemmiatrice semovente adatta per la raccolta dell’uva nei vigneti allevati a spalliera, attrezzata anche per le operazioni di lotta antiparassitaria e di potatura nel cordone speronato. Nel complesso questa visita ha messo in risalto che ormai in viticoltura è possibile meccanizzare integralmente tutte le operazioni colturali, comprese raccolta e potatura. Dopo aver completato il programma delle visite in Toscana il gruppo si è trasferito in Emilia Romagna e precisamente a Piacenza. Qui la prima visita ha riguardato la Facoltà di Agraria, dove il gruppo è stato accolto dal prof. Fregoni, ordinario di viticoltura, e da Dott. Miravalle della Monsanto. Dopo un’introduzione del prof. Fregoni sulle caratteristiche della vitivinicoltura della zona e una visita alle apparecchiature dalla Facoltà, il gruppo si è trasferito in alcune aziende viticole rappresentative. Particolare interesse hanno destato le aziende “Stoppa” e “Vigevani”, che, oltre ad ospitare alcune attività sperimentali della Cattedra di Viticoltura di Piacenza, presentavano elementi di notevole interesse dal punto di vista della tecnica di coltivazione, della lavorazione, trasformazione e commercializzazione del prodotto. Qui il Prof. Fregoni ha illustrato le finalità di alcune prove sperimentali condotte dalla Cattedra di Viticoltura, soffermandosi in particolare nell’analisi di quegli aspetti che concorrono alla produzione di vini di qualità. Dopo una colazione offerta dalla Monsanto il gruppo si è trasferito nella cantina sociale intercomunale Broni, dove ha potuto prendere visione dei sistemi di lavorazione adottate per la produzione dello spumante e dei vini tipici della zona. Volendo esprimere un giudizio complessivo sull’andamento della gita e sui risultati conseguiti, si può affermare che molti degli obiettivi prefissati sono stati raggiunti. Infatti non solo sono stati raccolti molti elementi di novità e di interesse, ma soprattutto si è notata un’attiva partecipazione degli operatori che hanno tratto nuovi stimoli per avviare un processo di cambiamento della nostra vitivinicoltura, basato non più sulla distillazione ma sulla produzione di vini di qualità in grado di potersi inserire nei circuiti commerciali nazionali ed esteri.

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Viaggio studio di Operatori agricoli Visite guidate ad aziende agricole, Istituti sperimentali e cooperative delle Regioni Puglia e Basilicata dall’ 8 al 14 luglio 1990 Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala, 1990

Il gruppo dei partecipanti era costituito da operatori agricoli appartenenti a cooperative agricole e ad organizzazioni professionali di categoria operanti nei territori comunali di Marsala e Petrosino. La prima visita ha riguardato l’azienda agricola sperimentale dimostrativa “Pantanello” ubicata nel Metapontino. Questa azienda è di proprietà della Regione Basilicata ed ha il compito di svolgere attività di ricerca, sperimentazione, dimostrazione e formazione professionale. Essa ha ampia autonomia amministrativa ed è diretta da un funzionario regionale che agisce in modo privatistico e manageriale, rispondendo del proprio operato, attraverso il Dipartimento Agricoltura e Foreste, solo alla Giunta Regionale. La Regione Basilicata possiede altre cinque aziende sperimentali che operano al servizio dei comparti agricoli presenti nelle aree di ubicazione delle singole aziende. Presso l’azienda “Pantanello“(che ha una superficie complessiva di 98 ettari) hanno sede i seguenti organismi: 1) il Consorzio interregionale per la formazione dei divulgatori agricoli (CIFDA) tra le regioni Basilicata, Calabria e Puglia; 2) la società consortile “Metapontum Agrobios“ costituita tra la regione Basilicata e l’ENI, in virtù della legge regionale n.30/1984. Essa svolge attività di ricerca e sperimentazione agrobiologica; 3) il servizio telematico “Agrovideotel“, promosso a livello sperimentale dalla CEE e dal MAF, con il quale la Regione intende formare gli operatori agricoli (attualmente sono collegati con appositi terminali 35 utenti). Esso fornisce notizie sulle normative in vigore, informazioni sulle attività sperimentali, orientamenti economici di mercato, costi di produzione, orientamenti produttivi di massima convenienza, previsioni meteorologiche, bollettini fitosanitari, etc.. 4) il servizio informativo per 1a lotta fitosanitaria guidata, a cui collaborano tecnici regionali, l’Osservatorio fitopatologico della Regione Puglia e l’Istituto di Entomologia Agraria dell’Università di Bari. L’azienda conduce una serie di attività sperimentali in collaborazione e con il supporto di Istituti Universitari di tutta Italia, Istituti sperimentali del Ministero Agricoltura e Foreste, Consorzi di ricerca, ENEA, C.N.R., etc. Allo stato attuale vengono condotte sperimentazioni nei seguenti settori: ortofrutticoltura protetta e di pieno campo, agrumicoltura, piante esotiche, viticoltura e colture industriali (cotone, ricino, girasole, soia, etc.). L’organizzazione dell’azienda è stata illustrata dal Dr. Martelli, direttore della. stessa azienda, il quale ha anche guidato il gruppo in una visita ad un Consorzio di Cooperative (Consorzio ortofrutticolo della Basilicata) ubicato a Scansano Ionico. Questo Consorzio commercializza in Italia e all’estero le produzioni (frutta e ortaggi) di 200 cooperative della Basilicata e della Puglia. Nei giorni successivi, le visite sono state rivolte ad aziende viticole e floricole della Puglia. Nei tre giorni dedicati alla viticoltura, il gruppo e stato guidato dal Prof. Liuni, Direttore dell’Istituto Sperimentale per la viticoltura di Turi.

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Le visite hanno riguardato l’azienda viticola “Torrebianco“ (Andria), l’azienda “Colucci” (Turi), la cantina sociale “Locorotondo“ (Locorotondo), l’Istituto Sperimentale per la viticoltura di Bari, la cantina sociale “Rivera” (Andria). L’azienda Torrebianco (società per azioni) ha una estensione di 108 ettari e coltiva uve da vino costituite delle seguenti varietà: Chardonnay 44/%, Pinot bianco 12%, Sauvignon 14%, Pinot nero 12%, Aglianico 18%. Come portinnesto viene adoperato in maggioranza il Kober 5BB, ma si riscontrano anche viti innestate su S04. Le viti sono allevate a spalliera e sono disposte ad un sesto di 2 x 2 m. Ad eccezione della potatura, tutte le operazioni colturali, compresa la raccolta, vengono effettuate con le macchine. Si pratica il diserbo lungo la fila. L’irrigazione viene effettuata a “spillo” (15 1/ora) con un consumo idrico di 2.000/2.500 mc/ha. Il terreno che ospita il vigneto risulta poco profondo (30 cm) ed è stato reso coltivabile attraverso lavori di dissodamento, spietramento e frangitura delle pietre. Per avviare questa azienda (acquisto terreno, miglioramenti fondiari, acquisto macchine, etc.), i proprietari hanno sostenuto un costo complessivo di £. 30.000.000/ha. Tutta la produzione di questa azienda finisce in una cantina privata (Rivera), ubicata nelle vicinanze dell’azienda stessa. La visita di questa Cantina è risultata di grande utilità per l’acquisizione di informazioni sui processi di lavorazione e trasformazione del prodotto al fine di ottenere vini di qualità. Il giorno successive il gruppo si è trasferito a Turi dove ha visitato l’Istituto sperimentale per 1a viticoltura di Bari ed ha assistito ad una conferenza del Prof. Gargiulo, genetista argentino. Il Prof. Gargiulo ha presentato una vasta gamma di varietà di uva da tavola illustrando per ognuna di esse le caratteristiche qualitative e produttive. Si è soffermato, inoltre, sugli aspetti del miglioramento genetico delle uve da vino e sulle caratteristiche di alcuni portinnesti idonei per la viticoltura meridionale. Nel corso dei lavori il Dr. Sartore, Direttore dei vivai cooperativi Rauscedo, ha presentato le varietà di uve apirene ottenute dal Prof. Gargiulo e moltiplicate in Italia esclusivamente dai vivai Rauscedo. Nella stessa giornata è stata visitata l’azienda Colucci, coltivata quasi interamente ad uva da tavola, estesa 15 ettari. Era presente anche un actinidieto coltivato razionalmente. Questa azienda era stata acquistata alcuni anni addietro per un valore di 300 milioni di lire e vi erano stati effettuati investimenti per un costo complessivo di lire 1,5 miliardi. Le viti erano allevate a tendone e venivano irrigate attraverso un impianto completamente automatizzato. L’acqua per l’irrigazione veniva prelevata da un pozzo profondo 540 m. In questa azienda si è avuta la possibilità di verificare il diverso comportamento vegetativo e produttivo di impianti viticoli effettuati con barbatelle innestate e selvatiche, messe a dimora nelle stesso periodo e nelle stesse condizioni. La visita alla Cantina Sociale Locorotondo ha rappresentato, forse, il momento più interessante delle visite. Questa Cantina è ubicata in una realtà caratterizzata dalla presenza di vigneti scarsamente produttivi e da aziende di modeste dimensioni dove è molto diffuso il part-time. Vi aderiscono 1.470 soci, che, con una superficie vitata di 2.200 ettari, ammassano mediamente 130.000 q/li di uva. Tutto il vino prodotto viene imbottigliato e venduto in Italia e all’estero. La Cantina è dotata di quattro linee di lavorazione che permettono di diversificare la produzione. Infatti vengono prodotti vini bianchi e rossi a denominazione geografica, il Doc Locorotondo e 300 mila bottiglie di spumante. Tutti i processi di lavorazione e trasformazione avvengono con modernissimi macchinari e in un am-

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biente dove l’igiene e la pulizia vengono tenuti in grandissima considerazione. Le fasi di lavorazione del prodotto avvengono in locali diversi, in uno dei quali è ubicata una catena di imbottigliamento con una capacita lavorativa di 5/6 mila bottiglie/ora. La Cantina dispone, inoltre, di una grandissima sala conferenze e di un locale per la degustazione dei vini. L’ultimo giorno è stato dedicato alla floricoltura. Per l’approfondimento di questa materia è stato scelto uno dei centri più rappresentativi della floricoltura pugliese (Terlizzi). La floricoltura a Terlizzi nasce negli anni ’60 e si sviluppa attraverso una graduale riconversione dell’indirizzo orticolo. Oggi ha raggiunto livelli evolutivi di grande interesse e si pone come punto di riferimento per tutti coloro che operano nel settore florovivaistico. La superficie coltivata a fiori si aggira intorno a 220 ettari, di cui 110 in ambiente protetto. Esiste un mercato comunale dove i produttori possono vendere direttamente la loro produzione. Il gruppo è stato guidato dal Dott. Vendola dell’Istituto di Ortofloricoltura dell’Università di Bari. Tramite il Dott. Vendola a stato possibile acquisire informazioni di carattere generale sulla situazione floricola della zona e visitate alcune aziende rappresentative. Tra le aziende più interessanti si ricordano l’azienda Tricarico, estesa 2,5 ettari e coltivata interamente a rose per la produzione invernale, e l’azienda De Palma specializzata nella produzione di piante ornamentali. La gita nel complesso è risultata di grande utilità per i partecipanti, i quali hanno manifestato grande interesse per tutte le visite e sicuramente saranno in grado di trasferire nella realtà locale quei processi innovativi che hanno avuto modo di osservare. Durante il viaggio di ritorno si è sviluppato un interessante dibattito che ha permesso di esaminare quegli aspetti della vitivinicoltura pugliese che maggiormente avevano impressionato e di valutare 1a possibilità di introdurre nella nostra agricoltura nuovi modelli organizzativi e produttivi.

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Viaggio studio di Operatori agricoli Visite guidate ad aziende vitivinicole della Regione Marche dal 24 al 27 ottobre 2000 Questa gita è stata organizzata per invogliare alcuni agricoltori ad avviare un percorso di valorizzazione della loro produzione vitivinicola attraverso la vinificazione e il confezionamento in azienda e la commercializzazione con un proprio marchio. Con questo obiettivo, ad un gruppo di viticoltori è stata data la possibilità di visitare la vitivinicoltura della Regione Marche e fare conoscere il modello organizzativo di tante piccole aziende viticole, molto simili a quelle marsalesi, che sono riuscite a qualificare la loro produzione e ad affermarsi sui mercati nazionali e internazionali.

Partecipanti : Gaspare Bonomo

Dirigente Sezione Operativa ESA Marsala

Felice Amato

Viticoltore

Filippo Angileri

Viticoltore

Stefano Bonafede

Viticoltore

Sebastiano Culicchia

Viticoltore

Giuseppe Cusumano

Viticoltore

Sergio Ienna

Viticoltore

Biagio Incardina

Viticoltore

Damiano Indelicato

Viticoltore

Aldo Ingoglia

Viticoltore

Matteo Giacalone

Viticoltore

Giuseppe Milazzo

Viticoltore

Pietro Montalto

Viticoltore

Michele Pulizzi

Viticoltore

Matteo Spezia

Viticoltore

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Incontro di aggiornamento Marsala, Colorado Rio 18 dicembre 1992

Tecniche colturali avanzate in viticoltura per produrre meglio, situazione attuale e prospettive Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala

L’iniziativa è stata organizzata dalla Sezione Operativa dell’Ente di Sviluppo Agricolo di Marsala in collaborazione con l’Associazione Dottori in Scienze Agrarie e Forestali della provincia di Trapani, con lo scopo di migliorare la qualificazione professionale degli operatori agricoli dei territori di Marsala e Petrosino. Per l’occasione è stato invitato a relazionare il Dr. Giovanni Cargnello, Direttore della Sezione Tecniche colturali dell’Istituto Sperimentale per la viticoltura di Conegliano. L’incontro ha permesso approfondire le problematiche di alcune tecniche colturali che permettono di ridurre i costi di produzione. Il Dr. Cargnello ha affrontato l’argomento soffermandosi su particolari aspetti dell’impianto, delle lavorazioni, della potatura e della raccolta. Ha sottolineato che oggi bisogna pensare ad una viticoltura impostata a dimensione d’uomo e d’ambiente e proiettata verso produzioni di qualità. Per quanto riguarda l’aspetto varietale ha suggerito di puntare sulle varietà autoctone, pur considerando la possibilità di ricorrere a varietà alloctone miglioratici. Ha riportato, inoltre, i risultati delle ricerche effettuate su diverse forme di allevamento. Da questi studi è emerso che il cordone speronato rappresenta una delle forme di allevamento più rispondenti alle esigenze di migliorare la qualità e di meccanizzare le operazioni di potatura. Il relatore si è soffermato anche sulla vendemmia meccanica, illustrando le caratteristiche di diverse vendemmiatrici, facendo notare che in futuro non si potrà fare a meno di meccanizzare la raccolta. L’incontro è risultato molto interessante sia per le nuove tecnologie illustrate sia per la numerosa e attiva partecipazione di tecnici e operatori vitivinicoli. Alla relazione è seguito un vivace dibattito che ha permesso di approfondire le problematiche trattate e di fornire agli operatori indicazioni circa le possibilità applicative delle nuove tecnologie nel nostro ambiente. Dall’incontro è scaturito anche la volontà di avviare un rapporto di collaborazione tra gli operatori del nostro territorio e l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano.

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Attività sperimentale

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Vignevini - n.12 1992

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Indagine conoscitiva sulla natura di alcune malformazioni recentemente comparse nella viticoltura marsalese Studio condotto dal 1990 al 1993 Gaspare Bonomo - Giovanni Catalano - Liborio Ferro - Anna Maria Parrinello In seguito alla comparsa negli ultimi anni di alcune anomale manifestazioni nei vitigni del marsalese, si è voluto indagare sulla loro natura. Poiché, nella maggior parte dei casi, il fenomeno sembrava riconducibile ad una malattia virotica, si è ritenuto opportuno effettuare una approfondita verifica attraverso analisi di laboratorio. I metodi per accertare la presenza di virus nelle piante sono diversi e tra essi uno dei più interessanti è quello sierologico basato sul riconoscimento del virus ad opera di anticorpi. Nella presente indagine si è, infatti, seguito il metodo ELISA (Enzyme-Linked lmmunosorbent Assay) - prova di immunoassorbimento a marcatura enzimatica. Nel corso dell’iniziativa ci si è avvalsi della collaborazione del Dr. Marcello Merulla ( borsista ESA). L‘iniziativa è stata condotta in collaborazione con il Prof. Bruno Rosciglione dell’Istituto di Patologia Vegetale dell‘Università di Palermo, che, oltre a dare il supporto scientifico, ha consentito ad alcuni tecnici della Sezione Operativa di Marsala di acquisire la necessaria specializzazione per svolgere questo tipo di indagine. Prelevamento dei campioni I campioni sono stati prelevati in aziende rappresentative in epoche distinte: in primavera, per l’accertamento del virus dell’arricciamento fogliare (GFLV) e a fine estate-inizio autunno per la ricerca del virus deIl’accartocciamento fogliare (GLRaV-l e GLRAV-lll). Ciò perché il primo virus si riscontra nelle foglie giovani, mentre i secondi nelle foglie mature. Modalità del campionamento Ciascun campione comprendeva 5-6 foglie di vite che racchiuse in un sacchetto venivano conservate in congelatore. Ciascuna pianta veniva segnata con un nastro al fine di rendere più agevole il successivo riconoscimento. In linea generale i campioni venivano prelevati a caso; solo pochi campioni sono stati prelevati da piante che presentavano evidenti sintomi di anomalie riconducibili ad attacchi virotici. I campioni cosi prelevati sono stati sottoposti ad analisi con il metodo ELISA per il riconoscimento dei virus responsabili deIl’arricciamento, deII’accartocciamento fogliare e del legno riccio qui di seguito brevemente descritti. Arricciamento Il virus responsabile di questa malformazione della vite è il Gravine Fanleaf Virus (GFLV). I sintomi più caratteristici si manifestano sulle foglie in accrescimento (primavera) e consistono nella malformazione delle foglie, prezzemolatura, nervature mediane molto ravvicinate. Sui tralci si notano internodi raccorciati, nodi doppi, accrescimento a zig - zag, tralci appiattiti e biforcazionì. I grappoli sono più piccoli e con abbondante colatura. Il vettore del virus è il nematode Xiphinema index.

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Accartocciamento fogliare Il virus responsabile è il Grapevine Leafrol Virus di cui si distinguono due ceppi: il GLRaVI e il GLRaV III. Si manifesta con l’accartocciamento verso il basso del lembo fogliare a partire dalle foglie basali (fine luglio) fino ad estendersi alle altre foglie (settembre-ottobre), risparmiando solo le estremità del germoglio. Nelle cultivar ad uva rossa compaiono arrossamenti internervali e successivamente macchie violacee che si possono estendere su tutta la foglia. Nelle uve bianche si hanno macchie clorotiche. I grappoli sono più piccoli, con colorazione irregolare, basso contenuto zuccherino e maturazione ritardata. Legno riccio Il virus responsabile è il Gravine tipo A (GVA) Si manifesta dopo 3 - 6 anni di vita del vigneto con deperimento, ritardo nella ripresa vegetativa e scarsa vigorìa. Successivamente si ha un disseccamento dei tralci basali o la morte dell’intera pianta. Scortecciando il fusto della vite americana, poco al disotto il punto d’innesto, si nota un ispessimento della corteccia (iperplasia e ipertrofia) e la superficie interna presenta numerose costole longitudinali mentre il legno risulta infossato ( ipoplasia ). Descizione del metodo sierologico ELISA Il saggio dell’immunoadsorbente legato all’enzima è un saggio che viene usato per stabilire se nel campione è presente l’antigene (saggio diretto) o l’anticorpo specifico contro un antigene (saggio indiretto). Nel metodo diretto o a Sandwich si ricerca la presenza dell’antigene nel campione biologico. Per la sue applicazione necessita di una serie di materiali e reagenti. Tra i materiali ricordiamo: 1) piastre a 96 pozzetti di materiale plastico (8x12 pozzette) (fig.1); 2) schema delle piastre dove si indicherà la distribuzione dei campioni (fig.2); 3) pipette e cilindri graduati, beute, beker, etc.; 4) visore per esaminare più facilmente le reazioni; 5) soluzioni tamponate che vanno preparate prima e conservate in frigorifero: a) soluzione tamponata per il sensibilizzante; b) soluzione fisiologica tamponata con detergente. 6) anticorpi ( sensibilizzante e coniugato); 7) substrato ( sostanza su cui l’enzima agisce e serve a misurarne I’attività). Fig.2

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Procedimento 1) Sensibilizzazione della piastra Al momento dell’uso, si diluisce l’anticorpo (IgG ) specifico per il riconoscimento di un particolare virus in 20 cc di tampone di copertura (Coating buffer) a concentrazioni variabili da 1:100 a 1:1000, a seconda del tipo di virus e della sensibilità dell’immunoglobuline coniugate. Nel nostro caso, si possono adottare le seguenti concentrazioni: • 1 : 100 -- 0,2 cc di IgG (immunoglobulina) GFLV (arricciamento); • 1 : 500 -- 0,4 « « “ « GLRaV I (accartocciamento); • 1 : 500 -- 0,4 « « « « GLRaV lll (accartocciamento); • 1 : 1000 -2 « « « « GVA (virus A). Si riempiono, quindi, i pozzetti della piastra con 200 ul (microlitri) per ciascuno, col sensibilizzante come sopra diluito. Si copre la piastra con parafilm e poi con il coperchio e si lascia ad incubare per 4 ore a 30 °C in camera umida. Durante tale periodo una certa quantità di anticorpi aderisce alle pareti ed al fondo dei pozzetti, rimanendo poi fortemente adsorbiti per tutta la durata della prova (adsorbimento aspecifico). 2) lavaggio A fine incubazione, svuotare la piastra con un colpo secco nel lavandino e riempire i pozzetti con una soluzione fisiologica tamponata con detergente (PBS + Tween 20). Poi si svuota e si ripete l’operazione fino ad effettuare 3 lavaggi, terminando con uno svuotamento ed asciugamento della piastra con carta bibula. A questo punto la piastra contiene solo gli anticorpi adsorbiti durante I’incubazione. L’aggiunta del detergente ha lo scopo di prevenire ogni adsorbimento aspecifico. 3) Preparazione e distribuzione dei campioni Si pesano 0,5 g di foglie per ogni campione e si mettono dentro delle buste di plastica con garza sterile. Aggiungere a ciascuna busta 5 cc di soluzione del tampone di estrazione che va preparata sciogliendo l’Extration Buffer for testing Grapevine in 1 lt. di acqua distillata e aggiungendo 0,5 cc di Tween 20 al momento del lavaggio. La soluzione va conservata in frigorifero. Il rapporto tra il peso delle foglie ed il tampone di estrazione deve essere di 1 : 10. A questo punto, omogeneizzare il contenuto delle buste con un trapano a testa rotante in modo da unire il succo cellulare alla soluzione d’estrazione. Si prelevano 200 ul dell’estratto di pianta così ottenuto per ogni pozzetto. Ciascun campione viene ripetuto in tre pozzetti per avere maggiore conferma sull’esito dell’esame. I primi tre pozzetti della piastra vanno riempiti col tampone di estrazione, i successivi tre con un campione sicuramente virosato e poi seguono i campioni da esaminare. A questo punto la piastra viene chiusa, come detto prima, e posta ad incubare a 6 °C per 16 ore, cioè viene posta in un normale frigorifero e lasciata a riposo fino al giorno successivo. Durante questo periodo le eventuali particelle virali (omologhe rispetto agli anticorpi sensibilizzanti) verranno trattenute dagli anticorpi alle superfici dei pozzetti. Al termine di questo periodo la piastra viene lavata tre volte con acqua e tre volte con la soluzione fisiologica tamponata con detergente (PBS + Tween 20), con le modalità prima dette. 4) Preparazione e distribuzione del coniugato Si diluisce l’lgG coniugato con il tampone coniugato in misura variabile da 1:100 a 1:1000 a seconda del l tipo di virus e della sensibilità deII’immunoglobulina coniugata.

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Nel nostro caso, si fa una diluizione di 1:1000, cioè si aggiungono 20 ul di lgG coniugato in 20 cc di tampone coniugato (Conjugate Buffer). Aggiungere, quindi, 200 ul di lgG coniugato così diluito, in ciascun pozzetto e mettere ad incubare a 30 °C per 5 ore in camera umida. Trascorso tale periodo, si lava tre volte con la soluzione tamponata condetergente (PBS + Tween 20). 5) Preparazione e distribuzione del substrato Sciogliere in 20 cc di tampone contenente l’enzima substrato (Substrate Buffer) 1 mg. di pnitrophenyl phosphate (fosfatasi alcalina) per ogni cc, ottenendo una soluzione incolore. Immediatamente dopo, viene rapidamente distribuita nella piastra aggiungendone 200 ul per ciascun pozzetto. La fosfatasi alcalina consente di sviluppare una reazione colorata apprezzabile ad occhio o analizzabile colorimetricamente. 6) valutazione dei risultati La lettura viene effettuata al fotometro, immediatamente dopo l’aggiunta dell’enzima substrato e dopo 1 ora. Se l’esame è stato fatto regolarmente, risulteranno colorati di giallo i pozzetti del testimone infetto ed incolori i pozzetti del tampone. Pertanto, saranno considerati infetti quei campioni la cui colorazione è più o meno corrispondente a quella del testimone infetto, sani se incolori, dubbi se leggiarmente gialli. La metodologia utilizzata prevedeva tre ripetizioni per ogni campione. RISULTATI di un test ELISA: l’assenza del colore giallo indica l’assenza del complesso antigene-anticorpo primario nel campione analizzato; l’intensità del colore giallo nei diversi pozzetti della piastra ELISA è proporzionale al numero di complessi antigene-anticorpo (primario) formati e quindi alla concentrazione dell’antigene(in grado di legare l’anticorpo primario) nel campione analizzato. Sono possibili schemi sperimentali diversi in cui in ogni reazione parallela si immobilizza lo stesso campione di antigene e si utilizzano campioni di anticorpi (primari) diversi . In questo caso lo sviluppo del colore e la sua intensità saranno misure della presenza di anticorpi primari in grado di riconoscere l’antigene e della loro concentrazione (o affinità per l’antigene). L’indagine è stata condotta nel corso degli anni 1990, 91, 92 e 93 e ha interessato 8 varietà di uve da vino (Catarratto, Grecanico, lnsolia, Grillo, Damaschino, Trebbiano, Nero D’Avola e Chardonnay) e 7 portinnesti (779 P, 140 R, 17/37, 1103 P, 110 R, S04, 161/49) rappresentativi della viticoltura della zona. I campioni sono stati analizzati utilizzando le attrezzature di laboratorio in dotazione alla SOPAT di Marsala. Si è provveduto all’acquisto dei sieri e antisieri per I’arricciamento fogliare (GFLV) e per I’accartocciamento fogliare (GLRaV-l e III) e di tutto il materiale necessario (sali, tamponi, buste, etc). La diagnosi virologica è stata effettuata attraverso il metodo sierologico basato sul riconoscimento del virus ad opera di anticorpi (Test ELISA).

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Il laboratorio è stato attrezzato di un frigorifero per conservare le soluzioni dei sali e i sieri (4 °C di temperatura), di un congelatore per conservare i campioni in attesa di essere esaminati, di un trapano per omogenizzare i campioni di foglie e infine di una ghiacciaia per il trasporto dei campioni dal vigneto al laboratorio. L’indagine ha interessato circa 150 aziende site in contrade varie del marsalese. Nel corso dei 4 anni di indagine sono stati raccolti 700 campioni riguardanti le varietà di uve da vino Catarratto, Grecanico, Grillo, Trebbiano, Insolia, Damaschino, Nero D’Avola e Chardonnay. Inoltre sono stati prelevati 78 campioni di portinnesti ed esattamente 66 campioni di 140 R, 4 di 779 P e 17/37 ed infine 1 campione di 1103 P, di 110 R, di S04 e 161/49. L’esame dei risultati è stato fatto con la sola valutazione ad occhio dell’intensità della reazione. Si è fissata una serie di valori (-, -+, +, ++, +++, ++++) indicando con il segno - i campioni dubbi (leggermente gialli) e con il segno + i campioni infetti nei diversi gradi di intensità della reazione (giallo più o meno intenso). Risultati I risultati dettagliati, distinti per varietà e portainnesto, sono riportati nella tabella 1. Per quanto riguarda le cultivar, il virus delI’arricciamento (GFLV) è stato riscontrato solo nel 4% dei campioni esaminati , mentre più elevata è risultata la percentuale di campioni affetti dai virus delI’accartocciamento fogliare e precisamente: 27% GLRaV-l e 80% GLRaV-lll. In particolare, il virus delI’arricciamento si è riscontrato solo nel Trebbiano e nel Grecanico. Il virus deII’accartocciamento GLRaV-l è maggiormente presente nel Damaschino (75%), neII’Insolia (57%) e Grecanico (44%). Il virus deII’accartocciamento GLRaV-lll è risultato presente in tutte le varietà con percentuali oscillanti tra il 30% (Damaschino) e il 100% (Grecanico). Per quanto riguarda i portinnesti le infezioni virotiche si riscontrano con minore frequenza. Infatti nessun campione presenta il virus deIl’arricciamento (GFLV) e i virus deII’accartocciamento (GLRaV-l e GLRaV-III) sono presenti nel 6% dei campioni esaminati e riguardano solo il portinnesto 140 R. Dall’esame dei risultati si evince, inoltre, che nella maggior parte dei casi in cui i campioni erano stati prelevati da piante sospette, l’analisi ha confermato la presenza di virosi. Tuttavia anche in molti campioni prelevati da piante apparentemente sane è stata riscontrata la presenza di virus. Questi primi risultati inducono a ritenere che le affezioni virotiche dovute al GLRaV-III risultano abbastanza diffuse e quindi un approfondimento dell’indagine si rende indispensabile sia per verificare l’entità del fenomeno che per fornire agli operatori viticoli una guida nella scelta del materiale di moltiplicazione.

Tabella 1 - Risultati presenza di virus nelle varietà e nei portinnesti GFLFV GLRaV-I GLRaV-III VARIETÀ Campioni infetti % Campioni infetti % Campioni infetti % Catarratto 3 85 Grecanico 28 44 110 Grillo 0 7 90 Trebbiano 7 13 86 Insolia 0 57 78 Damaschino 0 75 30 Nero d’Avola 0 9 72 Chardonnay 0 0 100 PORTINNESTI 140 R. 0 6 6

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Il vigneto dove sono state condotte le prove

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Attività promozionale

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Sagra dell’Uva - 1996

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Sagra dell’Uva - 1997

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Sagra dell’Uva - 1998

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Sagra dell’Uva - 1999

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Capitolo 5

La Fragolicoltura

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Indice capitolo 5 La fragolicoltura all’inizio degli anni ottanta L’attività di assistenza tecnica svolta dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel settore della fragolicoltura

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Attività formativa e informativa Articoli divulgativi, incontri e convegni SOS da Marsala per la fragola - Gaspare Bonomo, Sviluppo agricolo, N. 5 - Maggio 1983 E a Marsala ci si evolve - Marcella Scrimali, Terra E Vita, N. 19 - 1994 Fragola, per favorire l’impollinazione - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1- 1999 Fragola, un mese cruciale - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 -1999 Le potenzialità della fragola marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette, N.3 - 1999

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Fragoline a Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 -1999 pag L’impianto del fragoleto - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 1999 pag Dopo l’impianto del fragoleto - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 -1999 pag Fragoleto con piante fresche - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 1999 pag Fragola consociata - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2000 pag Fragola, come si fa - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2000 pag Fragole competitive - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2001 pag La coltivazione della fragola nel marsalese - Gaspare Bonomo - Frutticoltura, n. 5 - 2002 pag Fuori suolo poco diffuso - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.11 - 2002 pag Ciclo breve per la fragola - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2003 pag Marsala prova le cime radicate - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Terra e Vita, N. 19/2003 pag Soprattutto Piante Fresche - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2004 pag La fragolicoltura marsalese si mantiene stabile - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2004 pag La fragola marsalese evolve - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2005 pag Marsala sostiene il prodotto siciliano - Gaspare Bonomo, Terra e Vita, N.19/2005, Speciale Fragola pag Gli orientamenti della fragolicoltura - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2006

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Marsala, fragole da dicembre sino a giugno - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2007 pag Più precoci, grandi e colorate le nuove fragole siciliane - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano,

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Terra e Vita, N. 13/2007

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Le nuove fragole di Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2008 pag Fragolicoltura marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2009 pag

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Difesa fitosanitaria Marsala, lotta biologica per debellare il ragno rosso - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, aprile/maggio 1988 pag 568 La fragola? Sa di natura - Angela Sciortino, Sicilia Verde, Marzo 1989 pag 569 Marsala, “Guerra” biologica ai parassiti delle fragole” - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 26 marzo 1989 pag 571 Da Cesena a Marsala, gli insetti utili impiegati per le fragole biologiche - Angela Sciortino, Terra e Vita, n. 9 - 1989

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In vendita le prime fragole biologiche - Angela Sciortino, Terra e Vita, n. 10 - 1989 Marsala, lotta biologica e integrata - Nino Culicchia, Trapani Sera, 26 Marzo 1990 La lotta biologica in agricoltura - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 2 giugno 1990 Lotta biologica, nuovo impegno - Gaspare Bonomo, Sicilia Verde, marzo 1991

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Giornale di Sicilia, 13 giugno 2006

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Trapani, dove il know how ha il sapore della fragola - Gaspare Bonomo, Colture Protette, N. 10 - 2006

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Attività sperimentale e dimostrativa Valutazione agronomica di varietà di fragola in coltura protetta nel marsalese - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Sviluppo agricolo, N. 10 - 1989

Esperienze di lotta biologica e integrata nella fragolicoltura marsalese - G. Bonomo, G. Catalano, V. Maltese, S. Sparta, L’Informatore Agrario, 12/91

Bene la polarizzazione per la fragola - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Supplemento L’Informatore Agrario, N. 24/2003

Alternative al bromuro di metile nella disinfestazione del terreno coltivato a fragola - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano e al., L’informatore agrario, N. 25/2005

Effetti della fumigazione e della solarizzazione del suolo sulla fragola in Sicilia - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, V. Marino e al. - Colture Protette, N. 11- 2007

Attività promozionale Fragolicoltura, la zona di Marsala si conferma il principale polo siciliano - Gianfranco Crescenti,

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La fragolicoltura negli anni ottanta

Il contesto nazionale La coltivazione della fragola prima degli anni ’70 era concentrata in alcune regioni settentrionali, Emilia-Romagna e Veneto soprattutto, e nel Lazio. L’Italia meridionale ed insulare contribuivano alla produzione nazionale con una quota di scarso rilievo, pari ad appena il 3,3%. La Sicilia, in particolare, concorreva alla superficie nazionale con una quota di circa il 2% ed alla produzione con l’1%. La coltivazione in questa regione era localizzata, soprattutto, in alcune zone di antica tradizione ed era basata su varietà locali, quali la “Fior di Noto” e la “Locale di Ribera”, a frutto piccolo, sopravviveva, inoltre, stentatamente la “fragola di Maletto”, a frutti grossi. Nel resto d’Italia la coltivazione della fragola veniva praticata all’aperto e le produzioni potevano raggiungere i mercati del centro Europa con l’anticipo di quasi un mese in confronto alle produzioni di quei paesi. Le esportazioni erano dirette per circa il 65% in Germania e per il 30% in Svizzera, ma s’intravedevano pure buone possibilità verso altri paesi europei. Questa coltura si era affermata nelle regioni settentrionali per la vicinanza dei grandi mercati di consumo nazionali ed esteri, per la facilità dei trasporti e per la più evoluta organizzazione commerciale, ma anche per fattori di ordine biologico. Infatti, le varietà coltivate in quel periodo in Italia erano state costituite prevalentemente in Europa (Olanda, Inghilterra, Germania, Francia) e, quindi, erano più adatte per i climi settentrionali. Queste varietà in Sicilia non riuscivano a soddisfare il loro fabbisogno in freddo, tant’è che le uniche coltivazioni di fragole a frutto grosso si trovavano alle falde dell’Etna. Questa situazione determinava un calendario di produzione piuttosto breve, concentrato nei mesi di maggio e giugno con quote irrilevanti nei mesi di aprile e luglio. L’eccessiva concentrazione dell’offerta, oltre a provocare seri inconvenienti nel

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collocamento del prodotto, limitava ovviamente il volume annuale della domanda. Da ciò la necessità di allargare il calendario di produzione, estendendo la coltivazione in quelle aree dove era possibile ottenere un anticipo della maturazione dei frutti in modo da poter iniziare la commercializzazione tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. Ma era anche necessario produrre a prezzi contenuti in modo da consentire al prodotto precoce di essere commercializzato a prezzi concorrenziali ed essere assorbito dai mercati italiani ed esteri. Questa condizione si poteva realizzare solamente estendendo la coltura nelle Regioni meridionali nelle quali, grazie al clima favorevole, sarebbe stato più agevole ottenere produzioni precoci. La situazione marsalese Questa opportunità fu colta da alcune realtà del meridione, tra cui Marsala, che subito affrontarono i problemi che avevano impedito la diffusione della fragola in questi ambienti. Poiché il principale problema era quello biologico, furono saggiate alcune varietà americane, costituite per essere coltivate in California, ossia in un ambiente caratterizzato da condizioni assimilabili a quelle dell’Italia meridionale. Questa scelta si dimostrò vincente e in alcune realtà, come quella marsalese, caratterizzata da condizioni pedoclimatiche particolarmente favorevoli e dalla possibilità di poter contare su un’organizzazione commerciale che già operava al servizio dell’orticoltura protetta, la fragolicoltura si affermò facilmente ed ebbe una larga diffusione. All’inizio si provarono le varietà Lassen, Aliso e Fresno, ma in seguito la Sequoia divenne la cultivar dominante. Nel marsalese la fragola cominciò ad essere coltivata esclusivamente in serra, occupando principalmente le aree dove la qualità e la quantità di acqua potevano soddisfare le esigenze della coltura. All’inizio degli anni ’80 la coltura occupava già una superficie di circa 300 ettari. La notevole precocità del prodotto permetteva alla fragola marsalese di arrivare per prima sui mercati e di essere facilmente riconosciuta ed apprezzata. Puntando sulla precocità, per un certo periodo, la produzione marsalese riuscì a competere con quella di altre zone e a trovare sbocchi commerciali nei mercati nazionali ed esteri (Germania). In seguito, i mercati sono stati invasi dalla produzione spagnola e i vantaggi della nostra fragolicoltura, legati alla precocità di maturazione, sono stati ridimensionati. Le nuove esigenze commerciali imponevano di puntare su cultivar a polpa compatta, resistenti alle manipolazioni e ai trasporti. Queste caratteristiche non erano presenti nella cultivar dominante (Sequoia), che pur si distingueva per produttività, sapidità dei frutti e precocità. Di fronte a questa situazione i fragolicoltori cominciarono, fin dal 1984, a provare nuove varietà, sia brevidiurne, sia ”day neutral”. Selva e Fern furono le varietà rifiorenti maggiormente provate, ma per la scarsa produttività e per le scadenti caratteristiche dei frutti non convinsero i produttori e presto furono abbandonate. Si tornò allora a puntare su alcune varietà brevidiurne precocissime, come Favette e Cruz, con lo scopo di anticipare il calendario di commercializzazione. Queste varietà tuttavia non si dimostrarono soddisfacenti dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Pertanto, l’indagine fu estesa a tutte le varietà che in quel momento venivano proposte per la fragolicoltura meridionale. In un primo momento l’interesse fu rivolto alla cv Douglas, ma in poco tempo gli agricoltori cominciarono a preferire la Chandler. Questa varietà, anche se più tardiva della precedente, si dimostrava molto interessante per la produttività, la consistenza del frutto, la brillantezza del colore e la regolarità della pezzatura. Dopo alcuni anni di dominio della Chandler, comparve sul mercato la cv Tudla, che trovò il consenso dei fragolicoltori marsalesi e per un lungo periodo fu l’unica varietà coltivata.

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Intanto la superficie a fragola si andava riducendo e anche gli itinerari tecnici si evolvevano. Si cominciava a diffondere l’impiego della piantina fresca al posto di quella frigoconservata, la difesa fitosanitaria s’indirizzava verso tecniche più rispettose dell’ambiente e alla serra veniva preferito il tunnel. Questo processo evolutivo è stato favorito dall’attività di alcune strutture pubbliche, come la Sezione Operativa dell’Esa di Marsala e l’Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università di Palermo, che con le loro iniziative formative, informative, dimostrative e sperimentali hanno permesso agli agricoltori di utilizzare al meglio gli elementi di novità e di migliorare i risultati produttivi ed economici.

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L’attività di assistenza tecnica svolta dalla Sezione Operativa dell’Esa di Marsala nel settore della fragolicoltura La fragolicoltura marsalese fino agli anni ’80 ebbe una crescita continua e riuscì ad affermarsi sui mercati nazionali ed esteri. Ma in seguito alla diffusione della coltura in altre aree del meridione e, soprattutto, a causa della presenza delle produzioni spagnole sui mercati nazionali ed esteri, le possibilità commerciali della fragola prodotta a Marsala erano diminuite e le superfici cominciavano perciò a ridimensionarsi. Si era capito che per ritornare ad essere competitivi bisognava abbandonare la vecchia varietà Sequoia e puntare su cultivar a polpa compatta, resistente alle manipolazioni e ai trasporti. Nel contempo, bisognava avviare un processo innovativo nelle tecniche di coltivazione. Sostanziali modifiche si evidenziavano nel tipo di apprestamento protettivo più diffuso nella zona, un tempo rappresentato dalla tradizionale serra in legno, in via di sostituzione con i tunnel che potevano essere spostati annualmente da un terreno all’altro, evitando così l’onere della sterilizzazione del suolo con il pericoloso bromuro di metile. Oltre alla ricerca delle varietà più rispondenti alle nuove esigenze commerciali si puntava alla riduzione dei costi di produzione, all’allungamento del ciclo di produzione, all’introduzione di varietà neutro-diurne per colmare il vuoto produttivo dei mesi invernali, al miglioramento della qualità e all’adozione di tecniche di difesa rispettose dell’ambiente e del consumatore. In questo contesto s’inserisce l’azione della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala, che, con le sue iniziative, riuscì a portare un contributo alla soluzione dei principali problemi che in quel momento travagliavano la fragolicoltura marsalese. In primo luogo fu affrontato il problema della scelta varietale e dell’utilizzazione del materiale di propagazione attraverso prove sperimentali e dimostrative. Le varietà Cruz, Favette, Sequoia, Douglas, Tustin, Toro, Chandler, Parker, Payaro furono quelle più studiate, impiegando per ognuna di esse come materiale di moltiplicazione sia piantine frigoconservate sia piantine fresche.

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Fu valutato anche il comportamento delle varietà a giorno neutro, variando l’epoca d’impianto e l’itinerario tecnico. Ma l’attività più vasta e più innovativa fu nel campo della lotta contro i fitofagi dell’apparato fogliare e contro i parassiti ipogei. Per combattere questi parassiti si cercò di studiare e divulgare metodi alternativi all’uso di prodotti chimici. Per combattere i fitofagi dell’apparato fogliare si fece ricorso a mezzi biologici, in particolare veniva utilizzato Bacillus thuringiensis contro le larve di lepidotteri e si ricorreva a predatori specifici per combattere il ragnetto rosso e gli afidi. Quest’attività fu avviata utilizzando l’esperienza maturata dalla Sezione Operativa dell’ESA di Vittoria e facendo partecipare alcuni tecnici ad un corso di specializzazione presso l’Istituto di Entomologia dell’Università di Bologna diretto dal prof. Giorgio Celli. Successivamente ci si avvalse anche dei consigli del prof. Vincenzo Vacante dell’Università di Catania e, attraverso diverse prove sperimentali, si mise a punto un modello di difesa idoneo ad essere utilizzato a livello aziendale. In quest’attività furono coinvolte anche alcune scuole. Tra le iniziative sperimentali, particolarmente interessante risultò quella realizzata presso la scuola media A. De Gasperi. Per interessamento della preside Giulia Adamo e di alcuni genitori fu realizzata, nelle vicinanze della scuola, una piccola serra, dove un gruppo di alunni, guidati dal prof. Dino Montalto, ebbe la possibilità di seguire una prova di lotta biologica contro il ragnetto rosso in una coltivazione di fragola. A livello aziendale si operò principalmente in collaborazione con le cooperative. Attraverso un rapporto di collaborazione con la cooperativa “Cutusio”, e con il coinvolgimento del dott. Massimo Benuzzi della Centrale Ortofrutticola di Cesena, BIOLAB, fu possibile sviluppare a Marsala, per alcuni anni, un programma di lotta integrata. L’iniziativa riguardò 45 soci della cooperativa “Cutusio” e una superficie coltivata a fragola di 5 ettari e si basò principalmente sull’impiego degli ausiliari per la lotta al ragnetto rosso e agli afidi. L’impiego di piantine fresche come materiale di propagazione permise di posticipare l’epoca d’impianto e di ricorre alla solarizzazione per la disinfezione dei terreni. L’impianto tardivo consente, infatti, di coprire con polietilene il terreno destinato a fragole nel periodo in cui le temperature risultano più elevate, così la disinfezione risulta più efficace. Questa tecnica cominciò a diffondersi in seguito ai risultati positivi ottenuti nelle prove sperimentali condotte in zona dalla SOPAT di Marsala e dall’Istituto di orticoltura e floricoltura dell’Università di Palermo. Le prove della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala dimostrarono che nei terreni concimati con sostanza organica e sottoposti a solarizzazione, da luglio a settembre, si possono ottenere risultati produttivi uguali o superiori a quelli in cui la fragola viene coltivata nei terreni fumigati con bromuro di metile. Insieme all’azione dimostrativa e sperimentale fu portata avanti un’intensa attività formativa condotta sia in campo, addestrando gli agricoltori nel riconoscimento dei parassiti e nelle tecniche di lotta biologica, sia con incontri serali nei centri di aggregazione per affrontare le problematiche riguardanti la scelta varietale, la difesa, l’epoca d’impianto e la scelta del materiale di propagazione. Il processo innovativo fu accompagnato da una vasta e continua attività informativa svolta attraverso opuscoli illustrativi, articoli divulgativi e convegni nel corso dei quali si affrontarono principalmente le tematiche relative all’impiego di tecniche alternative all’uso dei prodotti chimici. Non mancarono le iniziative promozionali tendenti a favorire una maggiore diffusione del consumo della fragola. Particolarmente interessante risultò la manifestazione organizzata nel giugno 2006 dalla SOPAT di Marsala, in collaborazione con l’Assessorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste, l’Istituto di orticoltura e floricoltura dell’Università di Palermo, il Comune di Petrosino e SlowFood, per discutere degli aspetti gastronomici e salutistici della fragola. Una dimostrazione dell’impiego della fragola in pasticceria

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e in cucina fu offerta da Slow Food, che, coinvolgendo pasticceri locali e ristoratori, permise la degustazione di una serie di dolci e pietanze a base di fragola, tra cui il cocktail analcolico alla fragola, il risotto alla fragola, le fragole all’aceto, la mousse di ricotta con salsa di fragole, l’aspic di fragole e altro.

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Attività formativa e informativa

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Articolicoli divulgativi, incontri e convegni

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TERRA E VITA N. 19 1994

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Attività promozionale

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Capitolo 6

Le colture ortive in serra

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Indice capitolo 6 Le problematiche delle colture orticole in serra negli anni ’80 L’attività di assistenza tecnica agricola della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel comparto dell’orticoltura protetta

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Attività formativa e informativa Articoli divulgativi, incontri e convegni pag Note da un viaggio di studio in Olanda - Gaspare Bonomo, Sviluppo agricolo, N. 6, giugno 1981 Convegno. Lotta biologica e integrata per la difesa della vite, dell’olivo, e delle colture in serra, pag Marsala 4 aprile 1990 - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa ESA Marsala In serra anche la zucca a clava - Gaspare Bonomo, Pietro Chiodo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.12 - 1999 pag Se la zucchina è bianca - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1 - 2000 pag Plastiche usate? Problema risolto - Gaspare Bonomo, Pietro Chiodo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2000 pag Marsala, vendere non è facile - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2000 pag Fagiolino sempre presente - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 12 - 2000 pag Anche a marsala il melone d’inverno - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette, N. 3 - 2001

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Anche i funghi sotto serra - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 -2001 Nuove specie a Marsala - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2002 Dal pieno campo al tunnel - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2002 Non solo in pieno campo - Gaspare Bonomo - Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2003 Cresce il vivaismo orticolo a Marsala - Vincenzo Maltese, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette, N.1 - 2006

Il secondo ciclo colturale nella sericoltura - Giovanni Catalano, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2006

Commercializzazione polverizzata nella serricoltura marsalese - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2006

Anche nel marsalese la melanzana innestata - Giovanni Catalano, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2008

La serricoltura in provincia di Trapani - Gaspare Bonomo, Atti convegno: L’agricoltura in Europa Best Pratices e Prospettive di Sviluppo - Marsala, 1 Aprile 2008

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Pomodoro Pomodoro superstar nel marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 1999

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Costoluto, marsalese e sano - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2000 pag Marsala riscopre il costoluto - Vincenzo Maltese, Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2001 pag Costoluto, leader a Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2003 pag Il pomodoro accusa qualche difficoltà - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette, N. 7 - 2004

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Soddisfatti dell’annata 2003 - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.1 - 2004 pag Dal marsalese solo conferme - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1 - 2005 pag I prezzi 2005 spuntati sul mercato - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette, N. 9 - 2005

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Colture Protette, N. 8 - 2008

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Serricoltura, 2009 positivo - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Colture Protette, Pianeta Sicilia, N. 9 - 2009

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Difesa fitosanitaria Antiparassitari e salute umana - Gaspare Bonomo, Panorama, 20 febbraio 1981 Lotta biologica e integrata contro le minatrici delle piante orticole floricole - Gaspare Bonomo,

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IL Vomere, 27 ottobre 1990

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Colture Orticole più sane - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2002 Spazio alla solarizzazione - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2003 La peronospora è sempre in agguato - Giovanni Catalano, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,

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Colture Protette, N. 6 - 2007

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E il pomodoro si evolve verso il grappolo - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2008

I prezzi delle colture protette dal 2002 al 2009 Il 2002 della sericoltura marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture protette, N. 8 - 2002

Prezzi in ribasso per tutte le ortive - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2006

Primavera fredda per gli ortaggi di Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2007

Tiene la serricoltura marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,

Attività sperimentale e dimostrativa La solarizzazione del suolo funziona - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2000

E a Marsala si prova il datterino - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Mario Bellafiore, Colture Protette N. 8 - 2008

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Attività promozionale I prodotti mediterranei, la nostra ricchezza - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 20 maggio 1995

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Le problematiche delle colture orticole in serra negli anni ’80

Nel marsalese la coltivazione delle orticole in serra iniziò negli anni sessanta del secolo scorso. All’inizio l’area maggiormente interessata era quella di c/da Cutusio, dove le condizioni pedoclimatiche risultavano particolarmente favorevoli per la coltivazione del pomodoro. Nel corso degli anni la superficie destinata alle colture in serra progressivamente aumentò raggiungendo la sua massima ampiezza nel 1978. Il gradimento dei consumatori italiani del pomodoro costoluto coltivato nelle aree particolarmente vocate, come quelle di Birgi e Cutusio, fece assumere a questa specie il ruolo di coltura trainante per tutta la serricoltura marsalese. I successi economici di questo tipo di pomodoro suscitarono notevole interesse negli operatori agricoli e attirarono anche quello della popolazione extragricola, che vide in questo settore nuove possibilità occupazionali e un’altra fonte di reddito. Tra gli anni ’70 e ’80 la serricoltura si era estesa su tutto il territorio marsalese e nei comuni limitrofi raggiungendo un’estensione di circa 500 ettari. Fino agli anni ’80 il pomodoro costoluto rappresentava la coltura dominante, essendo modeste le superfici che venivano dedicate ad altre specie come melanzana, zucchina, fagiolino. etc. Gli apprestamenti protettivi erano costituiti in maggioranza da strutture in legno e paletti di cemento con copertura in polietilene. La coltivazione si sviluppava durante il periodo autunno-primaverile, da ottobre a giugno. A partire dai primi anni ’80 la situazione cominciò a cambiare per la comparsa del coacervo di problemi che inevitabilmente insorgono quando lo sviluppo di un settore non è adeguatamente programmato. Il settore, infatti, cominciò a vivere momenti di forte difficoltà e le superfici coltivate a pomodoro cominciarono a diminuire. Molti erano i fattori che determinarono la crisi, principalmente i seguenti: • mancanza di un’adeguata diversificazione colturale e di un ampliamento del calendario di produzione;

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• scarsa preparazione professionale degli operatori agricoli; • mancata qualificazione e valorizzazione del prodotto, anche dal punto di vista igienico sanitario; • scarso adeguamento delle caratteristiche qualitative alle diverse e mutevoli esigenze dei consumatori; • mancata attuazione di tecniche volte alla riduzione dei costi di produzione; • mancanza di un’attività di ricerca, sperimentazione e divulgazione a sostegno del settore ( la SOPAT di Marsala aveva appena iniziato l’attività); • carenze organizzative delle strutture di commercializzazione. Quasi tutta la produzione veniva commercializzata dai numerosi Organismi associativi che si erano formati nel corso degli anni. Ma quasi tutte le strutture cooperativistiche si dimostravano inadeguate a svolgere questo ruolo, poiché venivano gestite con molta improvvisazione e con poca competenza. Il settore poteva contare su 28 cooperative, di cui soltanto tre (Cutusio con 150 ha, Altavilla, con 85 ha e Bufalata con 40 ha) presentavano dimensioni economicamente accettabili, mentre le altre, per le modeste dimensioni e la conseguente elevata incidenza delle spese di gestione e trasporto, stentavano ad organizzare una razionale attività di commercializzazione. Per superare questa situazione era stata avviata la costituzione di un consorzio di secondo grado, “Armando Rossini”, che però non è entrato mai in funzione. Nell’attesa che si realizzasse il suddetto consorzio, alcune cooperative avevano costituito associazioni (A.B.C. - A.P.A.M.) per la commercializzazione in comune dei prodotti, ma con risultati poco soddisfacenti, in quanto continuavano a vendere tramite commissionari del Nord e non si adoperavano per cambiare i modelli organizzativi e le strategie di commercializzazione. A questi problemi si aggiungevano anche quelli legati alla lotta contro i principali parassiti e al conseguente inquinamento ambientale, considerato che molti degli apprestamenti protettivi erano ubicati nelle vicinanze delle abitazioni. I metodi di disinfestazione e disinfezione usati fino a quel momento cominciavano a diventare poco efficaci e creavano preoccupazioni per un eventuale inquinamento delle falde acquifere. Tra l’altro, in alcune aree, fra le quali Birgi è emblematica, la possibilità di procedere a razionali rotazioni era impedita dalla natura dei terreni e dalla qualità dell’acqua d’irrigazione, che per l’elevata salinità poteva essere adoperata solamente per il pomodoro. Anche i danni provocati da alcuni parassiti epigei, come la botrite e la peronospora, erano diventati insostenibili a causa delle carenti conoscenze degli operatori in materia di difesa fitosanitaria e per le avverse condizioni microclimatiche che si creavano all’interno degli apprestamenti protettivi irrazionalmente gestiti: scarsa aerazione ed umidità eccessiva con gocciolamento della condensa. Nonostante tutti questi problemi, la serricoltura marsalese ormai svolgeva un ruolo importante nell’economia agricola del territorio, avendo contribuito ad elevare i livelli occupazionali e a consentire agli agricoltori, in maggioranza viticoltori, di superare le difficoltà economiche derivanti dalle ricorrenti crisi vitivinicole. Inoltre attraverso la serricoltura si erano sviluppate molte attività dell’indotto, come quelle manifatturiere e dei servizi, che nell’insieme portavano notevoli benefici al sistema economico del territorio. Per consentire al comparto serricolo di continuare a svolgere il proprio ruolo era necessario intervenire a diversi livelli e con azioni coordinate in modo da creare le condizioni per uno sviluppo ordinato ed equilibrato, in linea con l’esigenza di ammodernare il sistema produttivo e renderlo compatibile con la tutela ambientale e la e la salvaguardia della salute degli operatori agricoli e dei consumatori.

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L’attività di assistenza tecnica della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel comparto delle colture orticole in serra I problemi dell’orticoltura protetta negli anni ’80 erano numerosi e complessi e la loro soluzione richiedeva l’intervento dei numerosi Organismi che avevano interesse a promuovere lo sviluppo dell’agricoltura (Organizzazioni di categoria, Centrali cooperative, Enti locali, Enti di ricerca, Assessorato Regionale dell’Agricoltura e delle Foreste, Servizi di Sviluppo Agricolo). La Sezione Operativa dell’ESA di Marsala, dopo un’attenta analisi degli aspetti produttivi ed organizzativi del settore, cominciò a dare il suo contributo per la soluzione dei problemi più urgenti, tenendo conto dei mezzi di cui disponeva e delle principali urgenze. Per prima cosa si preoccupò d’innalzare il livello professionale degli agricoltori attraverso un’intensa attività formativa e informativa. Per sviluppare questa attività furono avviati rapporti di collaborazione con alcune cooperative, i cui soci venivano seguiti in azienda nello svolgimento delle principali operazioni colturali. Inoltre, periodicamente, venivano organizzati, nelle ore serali e nelle sedi delle cooperative, incontri con gli agricoltori per discutere delle problematiche riguardanti la difesa fitosanitaria, le tecniche di concimazione, gli avvicendamenti colturali, gli apprestamenti protettivi, etc. Al fine di permettere agli operatori agricoli di acquisire direttamente informazioni sui modelli organizzativi e produttivi di realtà serricole avanzate, la SOPAT di Marsala, in collaborazione col Dott. Guglielmo Donzella, responsabile della Sezione Operativa dell’ESA di Vittoria, organizzava frequentemente viaggi d’istruzione nel territorio di quest’ultima SOPAT. Contemporaneamente all’attività formativa si svolgeva un’intensa attività dimostrativa che consentiva agli agricoltori di verificare la validità di alcune tecniche colturali messe a punto nei campi dimostrativi, l’ef-

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ficacia degli avvicendamenti colturali e l’importanza dell’impiego di nuove tecnologie. Molto intensa e continua era anche l’azione rivolta all’introduzione di tecniche di difesa integrata. Con l’impiego di trappole cromotropiche e antagonisti naturali si riuscì a tenere sotto controllo la minatrice americana (Liriomyza spp), con l’installazione delle reti antinsetto si limitò l’infestazione della mosca bianca (Trialeurodes vaporarorium e Bemisia tabaci) e attraverso interventi che riducevano l’umidità all’interno degli apprestamenti protettivi si riuscì a limitare le infezioni di peronospora e botrite. Tra gli anni 1990 e 2000 La Sezione Operativa condusse una serie di prove sperimentali e dimostrative per mettere a punto la lotta contro alcuni parassiti ipogei (Fusarium spp) mediante tecniche alternative al bromuro di metile. I risultanti ottenuti dimostrarono l’efficacia della solarizzazione da sola o combinata con ammendanti organici. Dopo le prime esperienze positive d’impiego di questa tecnica ecologica, la solarizzazione cominciò a diffondersi in molte serre della zona. L’interesse maggiore si riscontrò nelle aree di più intensa ed estesa coltivazione del pomodoro e segnatamente in contrada “Birgi” dove la natura dei terreni e le caratteristiche dell’acqua d’irrigazione limitavano la possibilità di avvicendare le solanacee con altre colture. L’attività sperimentale mirava anche per approfondire le conoscenze su diverse problematiche del settore, come l’introduzione di altre tipologie di pomodoro da affiancare al costoluto. Particolarmente interessante fu la prova sperimentale condotta nel 2007 sulla tipologia datterino, che permise d’individuare le varietà più idonee ad essere coltivate nelle aree pedoclimatiche marsalesi. Per allargare il quadro delle conoscenze degli operatori agricoli la Sezione Operativa svolse anche una vasta attività informativa, realizzando fogli divulgativi, opuscoli illustrativi, articoli su giornali e riviste locali, regionali, nazionali e convegni su varie tematiche. Uno dei convegni più interessanti fu sicuramente quello organizzato su “La lotta biologica e integrata per la difesa della vite, dell’olivo e delle colture in serra”. La manifestazione si svolse il 6 Aprile 1990 a Marsala nei locali della “Villa Favorita“ e vide la partecipazione di un folto pubblico, costituito in maggioranza da operatori agricoli e tecnici, circa 700 persone. L’iniziativa fu organizzata dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala e dall’Associazione dei Dottori in Scienze Agrarie e forestali della provincia di Trapani, in collaborazione con il Comune di Marsala, la Provincia regionale di Trapani e la Camera di Commercio di Trapani. L’Ente di Sviluppo Agricolo partecipò con i suoi massimi dirigenti e con il personale tecnico delle Sezioni Operative di Assistenza Tecnica Agricola. Per l’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste intervennero il Capo del Servizio Assistenza Tecnica e i tecnici delle Sezioni Operative interessati alla problematica.

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Attività formativa e informativa

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Convegno: La lotta biologica e integrata per la difesa della vite, dell’olivo e delle colture in serra - Marsala 6 Aprile 1990 Gaspare Bonomo Questo convegno è stato realizzato con lo scopo di mettere a fuoco le possibilità applicative della lotta biologica e integrata nell’agricoltura siciliana, con particolare riferimento alle colture in serra, alla vite e all’olivo. La manifestazione si è svolta il 6 Aprile 1990 a Marsala nei locali della “Villa Favorita“ ed ha visto la partecipazione di un folto pubblico, costituito in maggioranza da operatori agricoli e tecnici, circa 700 persone. L’iniziativa è stata organizzata dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala e dall’Associazione dei Dottori in scienze agrarie e forestali della provincia di Trapani, in collaborazione con il Comune di Marsala, la Provincia regionale di Trapani e la Camera di Commercio di Trapani. l’Ente di Sviluppo Agricolo ha partecipato con i suoi massimi dirigenti e con il personale tecnico delle Sezioni Operative di Assistenza Tecnica Agricola. Per l’assessorato Regionale Agricoltura e Foreste sono intervenuti il Capo del Servizio AssistenzaTecnica, Dr. Piazza, e i tecnici delle Sezioni Operative interessati alla problematica. All’inizio dei lavori il Sindaco di Marsala, prof. L. Sciacca, dopo aver dato il benvenuto ai partecipanti, ha messo in evidenza l’impegno dell’Amministrazione comunale nel sostenere iniziative riguardanti la salvaguardia dell’ambiente ed ha auspicato un rapporto di collaborazione sempre più intenso tra enti locali, enti pubblici ed organismi tecnici. La Provincia Regionale di Trapani era rappresentata dall’Assessore allo Sviluppo

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Economico, Sig.Giacalone, che si è soffermato sulle azioni che l’Amministrazione Provinciale sta intraprendendo nei diversi comparti dell’agricoltura trapanese. Il dott. Perricone, direttore della Federazione provinciale Coltivatori Diretti, quale rappresentante della C.C.I.A.A. di Trapani, ha illustrato gli impegni del suddetto Ente nel settore agricolo ed ha posto all’attenzione degli organi politici una serie di problematiche che necessitano di interventi risolutivi a breve scadenza. Il dott. Gaspare Bonomo, Responsabile della Sezione operativa dell’ESA di Marsala, nella sua relazione introduttiva ha illustrato le fasi evolutive dell’attività svolta in Sicilia da organismi vari nel campo della lotta biologica e integrata. Inoltre ha messo in evidenza l’impegno delle Sezioni di Assistenza tecnica dell’ESA e dell’Assessorato e le difficoltà che questi organismi incontrano nella divulgazione di strategie di difesa alternative all’uso di prodotti antiparassitari. Ha auspicato che dal convegno venissero indicazioni utili a favorire la diffusione della tecnica della lotta integrata nelle aziende agricole siciliane. Il dott. P. Mainolfi, dirigente del Ministero Agricoltura e Foreste, ha affrontato il primo tema del convegno: Piano Nazionale di Lotta Fitopatologica Integrata. Il relatore ha illustrato gli aspetti applicativi del piano in questione facendo risaltare anche la possibilità di attivare una serie di azioni coordinate ed integrate rientranti nelle competenze dello Stato e delle Regioni. Nell’ambito del piano nazionale di lotta fitopatologica integrata si inserisce il progetto Sicilia di “difesa fitosanitaria inteqrata“, elaborato dall’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste. La struttura del suddetto progetto è stata illustrata dal prof. A.Nucifora dell’Università di Catania. Il problema dei residui dei fitofarmaci sulle principali colture agrarie e nell’ambiente e stato affrontato dal prof. P. Flori dell’Università di Bologna. Dalla relazione del prof. Flori è emerso che in alcune colture (fruttiferi, ortive, agrumi, vite) l’uso indiscriminato di prodotti antiparassitari può provocare fenomeni di accumulo a livello di organi eduli con gravi conseguenze per i consumatori. Per quanto riguarda l’ambiente, il prof. Flori ha fatto rilevare che il comportamento residuale dei fitofarmaci interessa una vasta gamma di aspetti tecnici e scientifici quali la persistenza nel suolo, la mobilità nel profilo del terreno, il bioaccumulo, la tossicità nei confronti degli organismi viventi, la traslocazione dal suolo alle colture, la degradazione nell’acqua e altri ancora, previsti e regolamentati dalla registrazione del fitofarmaco. Tra questi aspetti, la persistenza, la mobilità nel terreno e la contaminazione delle acque potabili, sono divenute di attualità da quando il recepimento da parte dell’Italia della direttiva C.E.E. n°778/80 ha fissato i limiti legali dei residui nelle acque potabili in 0.6 p.p.b (microgrammi/litro) per ogni singolo principio attivo e in 0.5 p.p.b. come residuo totale. Alle relazioni di base sono seguite le comunicazioni delle Sezioni Operative di Assistenza Tecnica dell’ESA e del1’Assessorato. Le Sezioni di Marsala, Vittoria, Pachino, S.Croce di Camerina e Adrano hanno illustrato i risultati delle prove di lotta biologica condotte in ambiente protetto nelle colture ortofloricole. La cooperativa Rinascita di Vittoria ha riferito sulle esperienze di lotta integrata condotte in ambiente protetto e sui problemi della commercializzazione dei prodotti “puliti”. Le sezioni di Marsala, Campobello di Licata, Ragusa, Canicatti, Naro, Sciacca, Mazara del Vallo, Corleone e Partinico hanno esposto i risultati delle prove di lotta guidata contro la Tignoletta dell’uva. Le sezioni di Buseto Palizzolo, Sciacca e Ribera hanno riportato i risultati delle esperienze condotte nel campo della lotta guidata contro i parassiti animali dell’olivo.

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Le prospettive della lotta biologica e integrata nello vite e nell’olivo sono state affrontate dal Prof. P. Genduso dell’Università di Palermo. Il relatore, dopo aver fatto il punto sullo stato attuale delle conoscenze sulla materia, ha fatto notare che in queste colture, adottando le nuove tecnologie e utilizzando un adeguato numero di tecnici, è possibile prevedere l’applicazione su vasta scala della lotta integrata. Il Prof. V. Vacante dell’Università di Catania ha esaminato le possibilità applicative delle lotta biologica e integrata nelle colture orticole e floricole. Il relatore, facendo riferimento alle esperienze maturate in Sicilia, ha indicato lo colture dove queste tecniche possono essere praticate e i parassiti che si possono combattere. Il Prof. Vacante si è soffermato anche sui limiti di queste tecniche di lotta, facendo rilevare le difficoltà ad operare in pieno campo e l’azione negativa degli sbalzi termici che in certi casi impediscono l’azione degli ausiliari anche in ambiente protetto. Il relatore ha auspicato una maggiore attenzione degli Enti pubblici, soprattutto per la realizzazione delle strutture di supporto (centri di moltiplicazione di insetti utili, laboratori di analisi, etc.) e per la formazione dei tecnici specialisti, nella speranza che in tempi brevi la lotta biologica e integrata possa trovare larga diffusione nella nostre colture in serra. Alle relazioni è seguito un vivace dibattito cha ha visto la partecipazione attiva di tecnici ed operatori agricoli. Il Prof. A. Nucifora, nella sua relazione conclusiva ha sintetizzato gli aspetti più significativi emersi dal convegno ed ha indicato le linee da seguire per una più vasta applicazione dalla lotta biologica e integrata in Sicilia.

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Regione Siciliana Ente di Sviluppo Agricolo Sezione Operativa Marsala

LA SERRICOLTURA IN PROVINCIA DI TRAPANI

(Gaspare Bonomo – Responsabile Sezione Operativa ESA Marsala)

L’AGRICOLTURA IN EUROPA BEST PRACTICES E PROSPETTIVE DI SVILUPPO 1 Aprile 2008 Ore 10.00 Complesso San Pietro - Marsala

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Specie Coltivate

Superficie (ettari)

FRUTTICOLTURA Fragola Fragolina ORTICOLTURA Pomodoro Fagiolino, Zucchino, Zucca, Melanzana, Peperone, Melone Anguria: forzata e semiforzata FLORICOLTURA PIANTE VERDI PIANTE FIORITE

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Produzione lorda vendibile (PLV) - euro

150 20

15 milioni 2 milioni

150 50

8,5 milioni 2,5 milioni

150 100 150

2 milioni 8 milioni 10 milioni

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48 milioni

FRAGOLA (Fragaria x ananassa) La provincia di Trapani è il principale polo fragolicolo della Sicilia. La coltivazione si svolge principalmente lungo fascia costiera dei territori comunali di Marsala, Petrosino e Mazara. Questi in sintesi gli elementi caratterizzanti della fragolicoltura marsalese: • Aziende di piccole dimensioni condotte in economia direttamente dal coltivatore; • Sistema di protezione costituito in prevalenza da tunnel singolo o multiplo, largo m 4,5 e alto m 2; • Materiale di propagazione costituito in prevalenza da piantine fresche, a radice nuda (63%)

e cime radicate (23%), e in minore percentuale da piantine frigoconservate (14%);

• Impiego di cultivar brevidiurne (Candonga, Naiad, Tudla, Camarosa), • Impianto in agosto (piante frigo), settembre (cime radicate), ottobre (piante fresche a radice nuda); • Impianti in terreni baulati e pacciamati con polietilene nero, con densità di 8-10 piante/m²; • Terreni di coltivazione appartenenti alle terre rosse mediterranee; • Ampio calendario di commercializzazione (da dicembre a giugno); • Buone caratteristiche organolettiche e igienico-sanitarie dei frutti; • Utilizzazione delle api per l’impollinazione: • Utilizzo di tecniche di difesa integrata; • costo di produzione (1,33-1,68 euro/kg) ; • Produzione: 40-60 t/ha; • Confezione: vaschette trasparenti di 125-250g

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FRAGOLINA (Fragaria Vesca) Elementi caratterizzanti della fragolina coltivata nel marsalese: • Sistema di protezione costituito da serra; • Impiego di materiale di propagazione costituito da piantine fresche o frigoconservate;  • Impiego di una cultivar rifiorente: Regina della Valle; • Coltivazione fuori suolo: le piante vengono messe a dimora in vasi di polietilene, 16 cm di diametro; • Substrato costituito da torba e materiale inerte. I vasi vengono posti ad un’altezza di circa 1 m dal suolo poggiandoli su appositi sostegni; • Impianto in agosto con un investimento di 2 piante/m²; • Produzione da ottobre a giugno, 800-1000 g/ pianta; • Buone caratteristiche organolettiche e igienico-sanitarie dei frutti; • Utilizzazione delle api per l’impollinazione; • Utilizzo di tecniche di difesa integrata; • Confezione: vaschette trasparenti di 125 g e imballaggio icepack.

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POMODORO (Lycopersicon esculentum) • Sistema di protezione costituita da serre fredde con struttura di cemento e copertura con film plastico additivato, provviste di reti antinsetto; • Tipologie di cultivar utilizzate:

1) cultivar a frutti tondi a maturazione rossa, 50% della superficie (Rovente e Durinta);



2) cultivar a frutti costoluti e semicostoluti raccolti a maturazione verde, 30% della superficie (PS 829);



3) cultivar a frutti allungati raccolti a maturazione verde, 15% (Italdor e Nerina);



4) cultivar a frutti piccoli raccolti a grappolo a maturazione rossa, 5% (Naomi).

• Allevamento in verticale a una o due branche, sostenute da un filo di nylon; • Impianti ad ottobre-novembre su terreno pacciamato, a file semplici con sesti di m 1 x 0,30-0,40; • Produzione da febbraio a maggio (80-100 t/ha); • Impollinazione con Bombi; • Impiego della solarizzazione, di piante innestate (portinnesto pomodoro Beaufort) e di tecniche di difesa integrata; • Costo di produzione: 0.53-0.64 euro/kg;

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MELANZANA (Solanum melongena L.) • Sistema di protezione costituito da serra o tunnel; • Cultivar utilizzate: frutto ovale, Birgah e Violetta di Sicilia; • Allevamento in verticale a due branche, sostenute da un filo di nylon, sottoposte nel corso del ciclo a diverse potature per limitare lo sviluppo in altezza e a sfogliature allo scopo di eliminare le foglie vecchie  e agevolare l’aerazione; • Impianti su terreno pacciamato, a file semplici con sesto di m 0,80 x 1 ; • Gli impianti vengono effettuati nei mesi di agosto-settembre, mentre la produzione inizia a novembre e si protrae fino a gennaio. Sottoponendo le piante ad una potatura di ringiovanimento le piante continuano a produrre per tutto il periodo primaverile- estivo. La Violetta di Sicilia di solito si consocia alla fragola, trapiantandola nel periodo febbraio-marzo; • Rese produttive: 8-15 Kg/pianta; • Impiego di piante innestate su Solanun torvum.

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FAGIOLINO (Phaseolus vulgaris) • Sistema di protezione costituito da serra o tunnel; • Cultivar utilizzate: nane, Xera, Paulista, Barocco; • La coltura viene praticata su terreno pacciamato, ricorrendo alla semina diretta o al trapianto, adottando un sesto di m. 1 x 0,50 o di 1 x 0,30 , a seconda se la coltura viene consociata o non; • Gli impianti vengono effettuati nei mesi di Ottobre, Dicembre e Febbraio - Marzo ; • Questa specie, per la brevità del suo ciclo di coltivazione, viene inserita negli avvicendamenti colturali di breve durata e nelle consociazioni temporanee con altre colture orticole; • Le produzioni oscillano tra i 10 e i 20 q/1000 m², a seconda del periodo di coltivazione (più basse nel periodo invernale, più alte nel periodo autunnale e soprattutto in quello primaverile); • I baccelli suddivisi nelle categorie extra, prima e seconda vengono disposti in cassette di legno da 4 - 5 kg  se commercializzati nei mercati del Nord Italia e in sacchetti di plastica da 10 kg se sono destinati ai mercati locali.

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ZUCCA LAGENARIA (Lagenaria vulgaris) • Sistema di protezione costituito da serra; • Questa specie viene utilizzata principalmente per la produzione di frutti (peponidi), anche se è possibile sfruttare commercialmente gli apici vegetativi secondari (“tenerumi”) che si formano in seguito alle potature; • Il trapianto viene effettuato nel periodo gennaio-febbraio all’interno di serre che già ospitano altre colture (fagiolino, fragola) che terminano il loro ciclo prima che la lagenaria sia entrata in produzione; • Le piante,  disposte ad un sesto di m1 sulla fila e m 2 tra le file, vengono tenute verticalmente da tutori (filo di nylon) e cimate all’altezza di 2 m, in corrispondenza dell’intelaiatura di fili zincati utilizzata per sostenere la vegetazione aerea; • La produzione inizia dopo circa 60 giorni dal trapianto e continua fino al mese di luglio; • praticando una potatura di ringiovanimento è possibile allungare il ciclo produttivo fino al mese di dicembre; • A seconda dell’ecotipo utilizzato, da ogni pianta si ricavano circa 20-25  peponidi, ciascuno del peso di Kg 0.70 - 1,2 e della lunghezza  di m 0,70 -1,50 circa; • Commercializzazione in confezioni di cartone contenenti 25 frutti del peso complessivo di 15 - 18 Kg e in sacchetti di polietilene di 10 frutti.

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ZUCCHINO (Cucurbita pepo) • La coltivazione in ambiente protetto è basata sugli ibridi di colore verde scuro e su un ecotipo locale  (“zucchino bianco”). Quest’ultimo è il risultato di una selezione empirica operata dagli agricoltori che provvedono anche alla riproduzione del seme; • Il trapianto viene effettuato nei mesi di novembre-dicembre, con piante disposte a file binate, distanti m.0,8 sulla fila, m.1,0 tra le file; • Le piante vengono allevate verticalmente, tutorandole con filo di nylon ed eliminando le ramificazioni sull’asse principale nello zucchino bianco; • La produzione inizia dopo 60 gg. dal trapianto. La raccolta viene effettuata ogni giorno.

Dallo zucchino verde si ricavano 6-7 Kg di frutti per pianta. Dallo zucchino bianco si ottengono circa 10-15 peponidi, ciascuno del peso di 700-800 g e della lunghezza di 40-50 cm., che disposti in apposite cassette di 14-16 frutti vengono commercializzati nei mercati siciliani e del meridione d’Italia.

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ANGURIA (Citrullus vulgaris) • Area di coltivazione: lungo la fascia costiera dei territori comunali di Marsala, Petrosino, Mazara del Vallo e Campobello di Mazara, in terreni di buona fertilità, appartenenti all’associazione “terre rosse mediterranee- litosuoli” • Tipologie di coltivazione:

1) coltura forzata in tunnel da m 4,5 x 2;



2) coltura semiforzata in tunnellini fino all’inizio della fioritura;

• Cultivar: 1) frutti di forma ovale-sferica con epicarpo di colore verde chiaro e con strisce verde scuro (Crimson Sweet, Colorado, Tide); 2) frutti di forma allungata con epicarpo di colore verde chiaro e con striature verde scuro (Farao, Sentinel, Dumara); • Impianto nella coltura forzata: fra l’ultima decade di gennaio e la prima decade di febbraio, adottando sesti di m 4 x 1 o di m 4 x 2, con una densità d’impianto che varia da 1.250 a 2.500 piante per ettaro. • Impianto coltura semiforzata: fra l’ultima decade di febbraio e la prima decade di marzo, impiegando 2.200 piante/ha(sesto m 3 x 1,5). • Produzione: da maggio a giugno nelle colture forzate, da fine giugno a tutto luglio nelle colture semiforzate • Uso di piante innestate su RS841, un ibrido di zucca, e un ecotipo locale appartenente al genere lagenaria. • Produzioni medie di 600 - 700 q/ha

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Specie Floricole Rosa, Gerbera, Garofano, Gladiolo, Lilium, Gipsophila, Lisianthus, Violacciocca, Statice, ecc.

Piante Verdi Kentia, Ficus, Chamedorea, Araucaria, Cycas e Chamaerops, Agrumi, Alloro.

Piante mediterranee fiorite Lantana, Buganvillea, Mirto, Hibiscus, Callistemon.

Piante grasse Espostoa lanata, Cereus floridiano, Ferocactus staneisil, Echinoctus grusonil, Pachycereus pringley, ecc.

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Pomodoro

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Andamento dei prezzi dell’ortofrutta dal 2002 al 2009

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Difesa fitosanitaria

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Attività sperimentale e dimostrativa

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Attività promozionale

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Capitolo 7

L’Orticoltura di pieno campo

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Indice capitolo 7 L’orticoltura di pieno campo negli anni ’80 L’attività di assistenza tecnica agricola della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nell’orticoltura di pieno campo Attività informativa e formativa Articoli divulgativi, incontri, convegni Patata dimenticata - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2001 Mai il pomodoro dopo l’anguria - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2004

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Attenzione alla scabbia comune delle patate - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2005

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Anguria Convegno: La valorizzazione dell’anguria prodotta nella fascia costiera dei territori comunali di Petrosino, Marsala e Mazara - Petrosino, 17 giugno 1999 Consorzio e marchio per l’anguria del trapanese - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, settembre 1999 Cocomero con il marchio - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1 - 2001 Cocomero e Petrosino - Simona Arena, Centonove, 1 agosto 2003 Nuovi Portinnesti per le angurie trapanesi - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2005

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Il boom dei prezzi fa volare l’anguria trapanese - Gaspare Bonomo - Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2006

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E nel Trapanese cresce l’interesse per le miniangurie - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2007

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E nel Trapanese cresce l’appeal delle miniangurie - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Colture Protette N. 10 - 2007

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Melone d’inverno Costituito il consorzio di tutela e valorizzazione del melone di Sicilia - G. Cassisa, G. Messina, G. Grifasi, G. Lucido - Sviluppo Agricolo, maggio/giugno 1995

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Convegno: Una I.G.P. per la valorizzazione del melone d’inverno - Alcamo, 25 Agosto 2000 Un frutto estivo che fa dolce l’inverno - Nino Culicchia, SiciliAgricola, Agosto/Settembre 2000

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Da Alcamo un coro di proposte - Nino Culicchia, SiciliAgricola, Agosto/Settembre 2000 Convegno: Il melone d’inverno ecotipo “Purceddu” - San Cipirello, 21 Dicembre 2001 Melone d’inverno “Purceddu” esperti a convegno a San Cipirello - Francesco Ferro,

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SiciliAgricola, Aprile/Maggio 2002

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Seminario: Il melone d’inverno, un prodotto tipico da valorizzare - Erice, Casa Santa, 4 Dicembre 2002 Il melone d’inverno in Sicilia verso l’IGP - Gaspare Bonomo, Giovanni Lucido, relazione Seminario:

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Il Melone d’inverno, un prodotto tipico da valorizzare - Erice, 4 dicembre 2002

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Buona redditività del melone giallo coltivato nel trapanese - Gaspare Bonomo, Giuseppe Monteleone, Anna Maria Parrinello, L’Informatore Agrario, 49/2003

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Il melone d’inverno conquista proseliti - G. Bonomo, F. Ferro, P. Girgenti, A. M. Parrinello, Colture Protette, N. 3 2004

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Virosi sul melone d’inverno - Gaspare Bonomo, Anna Maria Parrinello, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2004

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Il melone di Sicilia (Cucumis melo var. inodorus) verso l’Indicazione geografica Protetta Giovanni Lucido, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2005

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Opportunità di mercato per il melone d’inverno - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 12 - 2006

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Valorizzazione qualitativa e commerciale del melone d’inverno- Attività svolta dalle Sezioni operative con la collaborazione degli operatori agricoli, gli amministratori locali e il mondo della ricerca

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Attività sperimentale e dimostrativa Le varietà per l’areale siciliano di melone a buccia gialla - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Vincenzo Marino, L’informatore Agrario, 30/2009

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Melone verde più produttivo sotto i teli pacciamanti - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Vincenzo Marino, L’informatore Agrario, 30/2009

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Attività Promozionale Giornata dell’anguria - Petrosino, 5 luglio 1999 Giornata dell’anguria - Petrosino, 1 luglio 2000 Giornata dell’anguria - Petrosino, 7 luglio 2002

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Comunicato stampa del 6 luglio 2002

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L’irresistibile sagra dell’anguria - Guidasicilia, 6 luglio 2002

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Trapani, provincia leader per l’anguria - La FRECCIA verde online, anno XI- n.79 - 2002

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Comunicato stampa dell’8 luglio 2002

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Giornata dell’anguria - Petrosino, 6 luglio 2003

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Comunicato stampa del 3 luglio 2003

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L’anguria diventa protagonista - Isabella Righetti, La Repubblica, 6 luglio 2003

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Giornata dell’anguria - Petrosino, 9 luglio 2005 Giornata dell’anguria - Petrosino, 16 luglio 2006

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Giornata dell’anguria - Marsala, 12 luglio 2008

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Comunicato stampa del Comune di Marsala del 9 luglio 2008

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Comunicato stampa del Comune di Marsala del 14 luglio 2008

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Anguria trapanese, una produzione da valorizzare - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2008

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Giornata dell’anguria - Marsala, 13 luglio 2009 Giornata dell’anguria e del melone giallo - Marsala, 16 luglio 2010

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Oggi la giornata dell’anguria e del melone - TP24.it del 16 luglio 2010

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L’orticoltura di pieno campo negli anni ’80

Nella zona immediatamente suburbana di Marsala si producevano ortaggi per soddisfare quasi esclusivamente il consumo cittadino. Nella fascia costiera, caratterizzata dalla presenza di terreni di buona fertilità, classificabili come “terre rosse mediterranee - litosuoli”, e da un’elevata disponibilità di acqua proveniente da falde sotterranee, si sviluppava un’orticoltura più articolata, orientata verso produzioni che trovavano sbocco nel mercato locale, ma anche in quelli della provincia di Trapani e della Sicilia occidentale. In queste aree litoranee alcuni agricoltori coltivavano principalmente lattuga e in superfici limitate altri ortaggi quali patata, cavolfiore e fagiolino che commercializzavamo nei mercati di Castelvetrano e Trapani, altri si dedicavano esclusivamente alla coltivazione dell’anguria, cui in molti casi facevano seguire il pomodoro tardivo. In questo contesto si distingueva l’anguria, che aveva tutte le potenzialità per un ampliamento delle superfici coltivate e per una valorizzazione delle sue produzioni. Infatti, per le particolari caratteristiche organolettiche dei frutti, l’anguria prodotta nel petrosileno era già molto apprezzata dai consumatori e dai commercianti. Il problema di questa specie era quello di essere sensibile agli attacchi di alcuni parassiti tellurici come il fungo Fusarium oxysporum. Gli agricoltori erano soliti coltivare l’anguria cambiando terreno di anno in anno, utilizzando generalmente quelli resi liberi dall’espianto del vigneto. La continua ricerca di nuovi appezzamenti esenti da infezioni di Fusarium, oltre a creare notevoli disagi e ad incidere sui costi di produzione, dovuti principalmente all’affitto dei terreni, non permetteva di avere una base aziendale stabile e di programmare con razionalità le scelte colturali. La coltivazione veniva effettuata in pieno campo o con tecniche di semiforzatura. La coltura in pieno campo si praticava nelle aree più interne, con impianto nel mese di aprile e raccolta in di agosto. Nella

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coltivazione semiforzata, dopo il trapianto, si predisponevano lungo la fila tunnel costituiti da archetti di ferro lunghi 2,5 m, posti alla distanza di circa 2 m e coperti con polietilene spesso 0,07 mm. Quando la temperatura interna del piccolo tunnel superava i 35 °C iniziava la fase di arieggiamento, praticando prima finestrature e poi la completa scopertura del tunnel. L’impianto veniva effettuato fra l’ultima decade di febbraio e la prima decade di marzo impiegando 2200 piante/ha (sesto 3m x 1,5). La raccolta iniziava dopo il 20 giugno e si protraeva fino alla prima decade di luglio. Caratteristica comune a tutte le tipologie di coltivazione era l’impiego della pacciamatura del terreno e l’irrigazione con manichetta forata. In quasi tutte le coltivazioni si utilizzava la varietà Crimson Sweet, che veniva preferita dai produttori sia per la precocità e la produttività, ma anche perché i frutti che si ottenevano risultavano di elevatissima qualità ed erano molto apprezzati dai mercati del meridione.

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L’attività di assistenza tecnica della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel settore delle piante orticole di pieno campo Questo comparto produttivo non presentava particolari problemi, perché era rivolto principalmente al mercato locale ed i singoli orticoltori producevano ogni anno i quantitativi di ortaggi che riuscivano a collocare facilmente attraverso i propri canali commerciali. Pertanto nella fase iniziale dell’attività la Sezione Operativa fu più attiva verso i comparti produttivi che in quel periodo erano in una fase di espansione e trasformazione e presentavano problemi più assillanti. La specie più interessante era sicuramente l’anguria che veniva coltivata da agricoltori esperti con tecniche standardizzate. La produzione era molto ricercata dal mercato perché le condizioni pedoclimatiche della zona conferivano ai frutti caratteristiche organolettiche facilmente identificabili. Verso gli anni ’90 gli itinerari tecnici adottati per questa specie furono modificati e aggiornati per renderli funzionali all’uso di piante innestate per combattere i parassiti tellurici, per ampliare la piattaforma varietale e aumentare la precocità di maturazione. La precocità si otteneva effettuando la coltivazione all’interno di tunnel larghi 4,5 m, alti 2 m e coperti con polietilene spesso 0,15 mm. Le piantine venivano messe a dimora tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio e la raccolta iniziava mediamente nella seconda decade di maggio. Con l’evolversi degli itinerari tecnici si cominciò ad ampliare il panorama varietale rappresentato principalmente dalle cultivar Colorado, Farao, Tide, Sentinel e Dumara. La tecnica più innovativa, che ammodernò radicalmente il modo di coltivare questa specie, fu l’impiego di portinnesti resistenti alle tracheofusariosi. Con l’utilizzazione di piante innestate si poteva ripetere, infatti, la coltura nello stesso terreno e per di più le produzioni che si ottenevano erano superiori a quelle fornite dalle le piante non innestate. I portinnesti commerciali più usati erano quelli appartenenti al genere Lagenaria o agli ibridi Cucurbita moschata x Cucurbita maxima (RS841 e Shintosa).

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L’uso dei portinnesti, però, cominciò ad avere effetti negativi sulla qualità dei frutti, infatti i consumatori manifestavano lamentele per quanto riguardava la sapidità di alcune partite di anguria. Si rese pertanto necessario studiare il problema di come restituire il tradizionale gusto alle angurie prodotte nella fascia costiera del trapanese e di come aggiornare il poco efficiente modello commerciale basato sulla vendita in campo a grossisti del palermitano o di altre aree del Meridione. La Sezione Operativa di Marsala s’impegnò efficacemente anche su questo fronte attuando una serie di iniziative di vario ordine ( formativo, informativo, dimostrativo e promozionale). Per quanto riguarda l’aspetto formativo, i produttori furono indirizzati verso tecniche di difesa integrata e verso un più razionale impiego di fertilizzanti. Fu intrapresa anche una vasta attività dimostrativa per dare la possibilità ai coltivatori di verificare, nelle diverse situazioni di coltivazione, la risposta produttiva e qualitativa delle principali varietà commerciali, utilizzate con diverse combinazioni d’innesto. Inoltre, per ampliare e diversificare l’offerta fu sviluppata anche un’importante attività sulla coltivazione delle miniangurie. L’iniziativa più interessante è stata quella rivolta alla qualificazione e valorizzazione del prodotto. A tal fine si avviò una collaborazione con l’Amministrazione comunale di Petrosino e con i produttori per individuare un marchio identificativo dell’anguria prodotta a Petrosino e per la costituzione di un Organismo associativo cui affidare la commercializzazione della produzione. Quest’attività fu associata ad una continua informazione attraverso convegni, incontri e articoli divulgativi. Inoltre quasi ogni anno, dal 1999 al 2007, in collaborazione col Comune di Petrosino e dal 2008 al 2010 in collaborazione col Comune di Marsala, nel mese di luglio veniva organizzata una giornata dedicata all’anguria cui partecipavano produttori, operatori commerciali, cittadini, turisti, giornalisti, televisioni locali e la Rai regionale. La manifestazione era molto articolata e prevedeva un incontro tecnico per affrontare gli aspetti economici, salutistici e gastronomici dell’anguria prodotta lungo la fascia costiera del trapanese, un banco di assaggio con una giuria per valutare le migliori angurie prodotte nell’annata, la premiazione dei produttori, una mostra pomologia, diversi tavoli di degustazione per il pubblico, animazione musicale e qualche volta anche una estemporanea di pittura. Un’altra coltura cui la Sezione Operativa dell’Esa di Marsala dedicò grande attenzione fu quella del melone d’inverno (Cucumis melo var. inodorus). L’interesse della SOPAT di Marsala verso questa specie iniziò alla fine del 1999, quando l’Amministrazione dell’ESA, in considerazione del fatto che la SOPAT di Alcamo era sprovvista di personale, attribuì alla Sezione marsalese il compito di estendere la propria attività di assistenza tecnica anche in quel territorio. Il melone d’inverno, sia per l’ampiezza della superficie coltivata sia per il ruolo rivestito nell’economia locale, rappresentava una delle più importanti ortive di pieno campo della Sicilia occidentale. La coltivazione di questa specie era concentrata principalmente nei territori di Alcamo, Paceco, Monreale, San Cipirello, Camporeale, Salemi, Buseto Palizzolo, ma interessava marginalmente anche i territori di Marsala e Menfi. Il melone d’inverno era tradizionalmente venduto direttamente in campo a grossisti campani e pugliesi e consumato nelle regioni meridionali. Con l’introduzione della varietà Helios, molto apprezzata dai consumatori, i cui frutti erano dotati di resistenza ai trasporti e di ottime caratteristiche organolettiche, si ebbe una svolta nella commercializzazione di questo prodotto.

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I produttori cominciarono a costituire organismi associativi, ad avviare un processo di qualificazione della produzione e a creare le condizioni per una migliore organizzazione commerciale. Il primo segnale di questa nuova tendenza si ebbe con la costituzione nel 1995 del Consorzio di tutela e valorizzazione del melone di Sicilia “Nuara”. Questo processo evolutivo veniva seguito da alcune strutture di assistenza tecnica agricola con iniziative isolate, spesso affrontando problemi marginali. La Sezione Operativa di Marsala, dopo avere studiato le problematiche del settore, avviò un rapporto di collaborazione con le strutture che si occupavano di melone d’inverno, in modo da affrontare i problemi con maggiore organicità. Così nel 2000 tutte le Sezioni Operative di Assistenza Tecnica operanti nelle principali realtà dove si coltivava il melone d’inverno avviarono una serie d’incontri per affrontare in modo coordinato i problemi di questa coltura. Fu perciò costituito un gruppo di lavoro, formato da un tecnico per ogni Sezione Operativa (Alcamo, Buseto Palizzolo, Camporeale, Marsala, Menfi, Paceco, Salemi, San Cipirello), con lo scopo di mettere a fuoco i problemi della filiera, dalla coltivazione alla commercializzazione. Inoltre si decise di operare in stretta collaborazione con i produttori, gli Organismi associativi, le Organizzazioni professionali di categoria, gli enti locali e con l’Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università di Palermo. Dopo un attento esame di tutta la situazione maturò la convinzione che il melone d’inverno prodotto nella Sicilia occidentale aveva tutte le caratteristiche per ottenere il riconoscimento di un’Indicazione Geografica Protetta (IGP), ai sensi del Regolamento CEE n. 2081/92. Il gruppo di lavoro si fece carico di preparare la documentazione richiesta dalla circolare ministeriale e così dopo alcuni mesi furono definiti il disciplinare di produzione, la relazione tecnica, la relazione storica e la cartografia. Una prima istanza di riconoscimento, presentata dalle organizzazioni di categoria, fu rigettata dal Ministero per mancanza di legittimità dei sottoscrittori. Infatti, il reg. 2081/92 prevede che le domande di riconoscimento debbono essere presentate da associazioni di produttori che effettivamente producono o trasformano il prodotto per il quale si chiede il riconoscimento dell’IGP. Ciò stante, per evitare la costituzione di una nuova associazione, si concordò con il Ministero di fare presentare l’istanza a tutti gli organismi associativi, operanti nell’area dell’IGP, che producevano e commercializzavano melone d’inverno. Purtroppo nel corso dell’istruttoria emersero altri problemi di ordine burocratico che resero difficoltoso il riconoscimento. In seguito si affrontò l’argomento con la Camera di Commercio di Trapani che si fece carico di costituire una nuova associazione di produttori e di presentare una nuova istanza al MIPAF. Ma anche questo tentativo non andò in porto perché la Camera di commercio aveva poca possibilità di seguire il percorso burocratico e anche anche perché i produttori non si adoperarono con adeguata determinazione. L’attività di valorizzazione del melone d’inverno fu svolta anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni di ordine informativo, sperimentale e dimostrativo. Tra il 2000 e il 2004, oltre a pubblicare diversi articoli sulla stampa regionale e nazionale, furono organizzati, nei Comuni maggiormente interessati alla coltivazione del melone d’inverno (Alcamo, San Cipirello, Trapani), in collaborazione con le Organizzazioni di categoria e con gli Enti locali, convegni di notevole interesse che permisero ad operatori commerciali, giornalisti, ricercatori ed esperti dell’alimentazione di approfondire le principali problematiche del comparto.

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Inoltre, attraverso un’accurata attività sperimentale fu possibile fornire ai produttori utili indicazioni sulla risposta produttiva e qualitativa di alcune varietà di melone a buccia gialla e sulla possibile introduzione di tecniche innovative nella coltivazione del melone a buccia verde rugosa “Purceddu”.

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Attività formativa e informativa

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Atti Convegno: Il melone d’inverno, un prodotto tipico da valorizzare Erice, Istituto Alberghiero Ignazio e Vincenzo Florio - 4 dicembre 2002 Il melone d’inverno in Sicilia verso l’IGP Gaspare Bonomo - Giovanni Lucido Il melone d’inverno, sia per l’ampiezza della superficie coltivata che per il ruolo rivestito nell’economia locale, rappresenta una delle più importanti ortive di pieno campo della Sicilia occidentale. Ormai nelle nostre condizioni ambientali, caratterizzate da una siccità persistente, il melone d’inverno, per le sue particolari caratteristiche, è una delle poche specie che può essere coltivata in asciutto occupando il terreno in successione al grano o dopo l’espianto dei vigneti. La classica denominazione melone d’inverno ormai per il tipo a buccia gialla si può considerare quasi superata. Infatti, questa tipologia di melone si riscontra sui mercati già dal mese di giugno per continuare fino a novembre-dicembre. La campagna del melone d’inverno si apre con le produzioni ottenute nel marsalese nelle coltivazioni praticate in successione alla fragola sotto tunnel e continua con le produzioni precoci ottenute nelle zone più costiere in irriguo. Gli impianti tardivi consentono di allungare il periodo di raccolta fino ad ottobre. Il melone a buccia verde, invece, comincia ad essere raccolto nel mese d’agosto ed è possibile trovarlo in commercio fino a gennaio. Come si può notare siamo di fronte ad un prodotto che può occupare il mercato per oltre sei mesi l’anno. Fino ad alcuni anni fa il melone d’inverno veniva consumato nelle stesse regioni di produzioni (Italia insulare e meridionale) e i produttori vendevano il loro prodotto direttamente in campo a grossisti campani e pugliesi. Una prima valorizzazione di questo prodotto si ebbe con l’introduzione della varietà Helios, che, per le sue caratteristiche organolettiche, gradite ai consumatori, per le caratteristiche agronomiche, precocità e produttività, e per la resistenza ai trasporti consentì di allargare l’area commerciale del melone d’inverno. Un altro momento interessante si ebbe con la costituzione del consorzio “NUARA”, avvenuta nel 1995 su iniziativa della C.C.I.A.A. di Trapani, nell’ambito del programma D.I.T. (Diffusione innovazioni tecnologiche). Gli organismi associativi e i produttori che aderirono al consorzio cominciarono ad avviare un processo di qualificazione della produzione e a creare le condizioni per una migliore organizzazione commerciale. Infatti, da questo momento il melone d’inverno comincia ad essere commercializzato anche

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dalle cooperative e soprattutto viene avviato ai mercati del Nord Italia in confezioni standard e con un marchio d’identificazione. A fare conoscere il melone d’inverno contribuì anche la regione siciliana, promovendo diverse campagne promozionali all’interno dei punti di vendita e presso alcuni villaggi turistici. Oggi, anche se gran parte della produzione continua ad essere venduta alla rinfusa direttamente in campo, si riscontra un aumento delle strutture associative che commercializzano il prodotto dopo averlo selezionato, spazzolato e confezionato. Da un’indagine condotta presso le strutture che commercializzano il melone d’inverno è emerso che nel 2001 oltre 100 mila quintali di prodotto furono venduti in confezioni di cartone da 30 x 50 cm e 40 x 60 cm presso i mercati all’ingrosso dell’Italia settentrionale, nella G.D.O. e in Germania. Per dare continuità a questo nuovo processo era necessario affrontare i problemi con maggiore organicità e soprattutto unificare le iniziative che venivano svolte da vari organismi in modo isolato. Così nel 2000 tutte le Sezioni Operative di Assistenza Tecnica Agricola operanti nelle principali realtà dove si coltiva il melone d’inverno cominciarono ad avviare una serie d’incontri per cercare di affrontare in modo unitario i problemi di questa coltura. A tal fine fu costituito un gruppo di lavoro, composto da un tecnico per ogni Sezione Operativa (Alcamo, Buseto Palizzolo, Camporeale, Marsala, Menfi, Paceco, Salemi, San Cipirello), con lo scopo di mettere in atto iniziative che affrontassero tutti i problemi della filiera, dalla coltivazione alla commercializzazione. Inoltre fu deciso di operare in collaborazione con i produttori, gli organismi associativi, le organizzazioni professionali di categoria, gli enti locali e gli Istituti di ricerca. Del programma in corso vi parlerà nei dettagli il Dr. F. Ferro. Inizialmente questo gruppo si preoccupò di individuare alcune strategie che dessero al melone d’inverno nuove opportunità commerciali. Dopo un attento esame di tutta la situazione maturò la convinzione che il melone d’inverno prodotto nella Sicilia occidentale aveva le caratteristiche per ottenere il riconoscimento di un’Indicazione Geografica Protetta, ai sensi del Regolamento CEE n. 2081/92. Pertanto si cominciò ad affrontare il problema con il mondo della produzione, con gli Enti locali e con le Organizzazioni di categoria. Tutti si dimostrarono favorevoli all’iniziativa, partecipando attivamente alle numerose riunioni che furono organizzate presso diversi comuni delle province di Trapani e Palermo. Dalle riunioni emersero utili indicazioni per la preparazione della documentazione, soprattutto disciplinare di produzione e delimitazione dell’area di produzione, da presentare al MIPAF ai sensi della circolare 28 giugno 2000, n.4. Il gruppo di lavoro, precedentemente costituito, si fece carico di preparare la documentazione richiesta dalla circolare ministeriale e così dopo alcuni mesi furono definiti il disciplinare di produzione, la relazione tecnica, la relazione storica e la cartografia. Una prima istanza di riconoscimento presentata dalle organizzazioni di categoria fu rigettata dal Ministero per mancanza di legittimità dei presentatori. Infatti, il reg. 2081/92 prevede che le domande di riconoscimento debbono essere presentate da associazioni di produttori che effettivamente producono o trasformano il prodotto per il quale si chiede il riconoscimento dell’IGP. Al fine di evitare la costituzione di una nuova associazione, si concordò con il Ministero di fare presentare l’istanza a tutti gli organismi associativi, operanti nell’area dell’IGP, che producevano e commercializzavano melone d’inverno. La pratica fu accettata dal Ministero, che dopo averla istruita chiese ulteriore documentazione e chiarimenti. Allo stato attuale si stanno raccogliendo tutti gli elementi utili a fornire al Ministero i chiarimenti richiesti in una nota del 17 luglio 2002.

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Valorizzazione qualitativa e commerciale del melone d’inverno Attività svolta dalle Sezioni Operative con la collaborazione degli operatori agricoli, gli amministratori locali e il mondo della ricerca

Nell’attività di valorizzazione del melone d’inverno sono stati coinvolti anche gli operatori agricoli, gli amministratori locali ed il mondo della ricerca. Tra il 2000 e il 2004, oltre a promuovere una vasta attività di comunicazione, sono stati organizzati, nei Comuni maggiormente interessati alla coltivazione del melone d’inverno (Alcamo, Trapani, San Cipirello), in collaborazione con le organizzazioni di categoria e con gli Enti locali, convegni di notevole interesse che hanno permesso ad operatori commerciali, giornalisti, ricercatori ed esperti dell’alimentazione di approfondire le principali problematiche del comparto. Inoltre, attraverso un’accurata attività sperimentale e dimostrativa, svolta in collaborazione con l’Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università degli Studi di Palermo, è stato possibile fornire ai produttori utili indicazioni sulla risposta produttiva e qualitativa di alcune varietà di melone a buccia gialla e sulla possibile introduzione di tecniche innovative nella coltivazione del melone a buccia verde rugosa, ecotipo “Purceddu”. Alcuni momenti della suddetta attività sono documentati dalle seguenti foto.

Gaspare Bonomo, Responsabile Sez. Op. Marsala, Giovanni Lucido, Resp. Sez. Op. Salemi, Leonardo Agueci, Assessore Agricoltura Comune di Salemi, Luigi Crimi, Sindaco Comune di Salemi

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Attività sperimentale e dimostrativa

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Giornata dell’anguria Petrosino 5 luglio 1999

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Petrosino 1 luglio 2000

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Petrosino 7 luglio 2002

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REGIONE SICILIANA ENTE DI SVILUPPO AGRICOLO Sezione Operativa di Assistenza Tecnica Agricola N° 82 MARSALA - PETROSINO Via Stefano Bilardello, 9 - c.p. 235 -Tel / Fax 0923 / 953609 - C.F 80020830826 [email protected] - Marsala Petrosino, 6 luglio 2002

Agli Organi d’Informazione LORO SEDI COMUNICATO STAMPA

Duecento ettari nel trapanese, un milione e mezzo di euro di PLV

PETROSINO: ESTATE, TEMPO D’ANGURIA Una “giornata” per una grande sfida: disciplinare e marchio di qualità

Una ventina di produttori, dieci varietà di angurie a confronto, musica, degustazioni. Petrosino si prepara a vivere le emozioni di una “giornata” dedicata ad un prodotto tipico pronto per il riconoscimento di un “marchio di qualità” che ne esalti tutte le caratteristiche: colore, sapore, storia, tradizioni, rapporto col territorio. Il Comune di Petrosino, con l’assessorato alle attività produttive, la Pro Loco e la Sezione operativa dell’ESA (Ente di sviluppo agricolo) hanno ideato una festa per celebrare l’anguria che, in questo versante della Sicilia, si produce in grande quantità. Domenica 7 luglio, nel Centro polivalente a due passi dal Municipio, saranno insieme – a partire dalle ore 20.30 – produttori, tecnici, esperti. A fare gli onori di casa il sindaco Giacomo Licari, l’assessore Gaspare Alagna e il responsabile dell’ESA Gaspare Bonomo, che parleranno di territorio, economia, commercializzazione. Un momento tecnico-scientifico per preparare il terreno ad un disciplinare di produzione e a un marchio tipico per l’anguria: duecento ettari impegnati nel trapanese, un reddito lordo di un milione e mezzo di euro l’anno. Poi le degustazioni, con una giuria che premierà le angurie migliori. E con i giornalisti, guidati da Slow Food (sarà presente il delegato provinciale Franco Saccà) che sceglieranno lo slogan per pubblicizzare l’anguria nel 2003. “Un grande prodotto che cerca nuovi mercati – chiarisce Gaspare Bonomo – che ha bisogno di regole certe per essere commercializzato”. Come dire, occorrono strategie di marketing, intese tra il settore pubblico e quello privato. “Oggi si vende online in tutto il mondo, puntualizza il sindaco Giacomo Licari, l’anguria e gli altri prodotti tipici del nostro territorio devono andare al passo coi tempi”. Una “Giornata dell’Anguria” quindi, con tecnici, amministratori pubblici e giornalisti per far partire da Petrosino una grande sfida. Un punto di incontro tra storia e cultura, passato e presente. Un prodotto tipico – la Cucurbita citrullus dei Romani – che a Petrosino, domenica prossima, esalterà i suoi pregi in un “percorso” nel quale si inseriscono per l’occasione anche i vini e le ceramiche dell’antico artigianato petrosileno.

L’Ufficio Stampa

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06 LUGLIO 2002 L’irresistibile sagra dell’anguria Domenica a Petrosino si rende omaggio al frutto simbolo dell’estate siciliana Tra gli elementi topici dell’estate siciliana, simbolo di una stagione di vacanza e riposo, con il sole e il mare troviamo sicuramente l’anguria (o come si dice in italiano ‘u muluni). Succosa, dolce ma leggera (è fatta quasi per intero di acqua), gioiosamente colorata, la fettona di anguria rallegra i nostri rientri assetati dal mare, i nostri pomeriggi di canicola estiva, le nostre splendide cene in terrazza tra amici (e antizanzare). In realtà di angurie non ce n’è una sola varietà: nell’Isola se ne coltivano almeno una decina di tipi, che si distinguono per l’intensità del colore e la forma, oltre che per i nomi fortemente evocativi. La  qualità invece rimane costante, a ottimi livelli. La provincia di Trapani è una delle zone della Sicilia dove la coltivazione delle angurie è particolarmente praticata. Per questo motivo l’amministrazione locale di Petrosino, insieme con l’ESA (Ente di Sviluppo Agricolo) che si è attivata per ottenere il riconoscimento del marchio di qualità per le angurie trapanesi, ha saggiamente deciso di organizzare un’intera giornata dedicata a questo frutto delizioso. La “Giornata dell’anguria” è in programma per domenica 7 luglio ed è suddivisa in due momenti: al saluto del sindaco, alle 20,30, seguirà un breve intervento “tecnico” per presentare il prodotto. Subito dopo, a partire dalle 21,30, le degustazioni guidate dagli esperti di Slow Food, l’animazione e l’assegnazione di due premi, uno alla migliore azienda produttrice, l’altro allo slogan più simpatico. La sagra si svolge nel Centro polivalente di Petrosino, a breve distanza dal palazzo municipale. Vi consigliamo di non mancare

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Cucurbita Citrullus, così la chiamavano gli antichi Romani. Oggi il suo nome evoca storia, cultura e tradizioni della civiltà rurale contadina. l’Anguria è un prodotto tipico del trapanese, avviato ad ottenere un significativo riconoscimento: il marchio di qualità. Per questo si batte da tempo la Sezione operativa dell’ESA, l’Ente di Sviluppo Agricolo di Marsala e Petrosino, una zona con grande produzione di angurie. Alcuni nomi sembrano quelli delle star di Hollywood: Crimson Sweet, Colorado, Crisbi, Vanity, Royal Star. Una decina di varietà che cambiano tra loro per la forma (ovale, sferica, allungata), il colore chiaro o scuro, il sistema di coltivazione. L’anguria, sulla fascia costiera e nell’entroterra, è comunque una grande realtà, oggi più che mai. Un centinaio di produttori - tra Marsala, Petrosino e Mazara, area in cui questa coltura trova condizioni ambientali particolarmente favorevoli - impegnano 200 ettari di terreni irrigui per produrre ogni anno parecchie tonnellate di angurie: un quantitativo lordo per un valore di un milione e mezzo di euro (quasi 3 miliardi delle vecchie lire). “Un tocco di qualità e un’appetibilità sui mercati non indifferente”, dicono gli esperti. Merito del clima temperato caldo, non eccessivamente umido (tipo mediterraneo); un’escursione termica ottimale tra il giorno e la notte; un’elevata intensità di luce. In più terre rosse che tendono all’argilloso sabbioso, dotate di buona fertilità. Tre i tipi di coltura: forzata (in tunnel), semi forzata e di pieno campo. Quest’ultima, meno diffusa, fa maturare le angurie a luglio e agosto. Proprio d’estate si avvia la corsa ai mercati con la vendita che avviene ancora oggi a blocco a grossisti locali o di altre provincie. “Un limite che frena la commercializzazione e riduce i margini di redditività - puntualizza Gaspare Bonono, responsabile dell’ESA - da qui il nostro impegno per dare all’anguria il ruolo di prodotto leader dell’economia locale, meritevole di altre fortune”. In pratica, è sul tappeto la politica di marketing, il programma di valorizzazione dell’anguria prodotta nella fascia costiera trapanese. il primo degli interventi elaborato dall’ESA, che l’Amministrazione comunale di Petrosino condivide in toto, prevede la “realizzazione di un disciplinare di produzione integrata e attribuzione di un marchio qualità”. Un percorso di cui la “Giornata” del 7 luglio ha costituito una tappa importante.”Per quelle successive - chiarisce il sindaco Giacomo Licari - ci stiamo attrezzando. Vogliamo ottimizzare le risorse del territorio, mettere insieme gli sforzi dei produttori, creare sinergie tra pubblico e privato per dare all’anguria, e più in generale ai prodotti tipici della nostra zona, il futuro che meritano”

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REGIONE SICILIANA ENTE DI SVILUPPO AGRICOLO Sezione Operativa di Assistenza Tecnica Agricola N° 82 MARSALA - PETROSINO Via Stefano Bilardello, 9 - c.p. 235 -Tel / Fax 0923 / 953609 - C.F 80020830826 [email protected] - Marsala Petrosino, 8 luglio 2002

Agli Organi d’Informazione LORO SEDI COMUNICATO STAMPA

A PETROSINO “UN MARE D’ANGURIE: ROSSE, SOLARI, GENEROSE”

Il primo premio alla Dumara (piante innestate), una delle dieci varietà che hanno partecipato alla “Giornata dell’Anguria” svoltasi ieri – domenica 7 luglio – a Petrosino. Forma allungata, epicarpo verde chiaro, con striature più scure; il colore rosso della polpa , non molto intenso. L’anguria premiata dalla giuria dei degustatori proviene dall’azienda agricola di Giovanni Bertolino, uno dei venti operatori che hanno partecipato alla “Sagra” indetta dall’ESA, in collaborazione col Comune e la Pro Loco di Petrosino. Al secondo posto un “Colorado” (piante innestate) dell’Azienda Giovanni Bonomo; al terzo un altro “Colorado” (piante non innestate) di produzione della ditta Paladino Pietro: varietà, anche questa, che nel territorio trapanese va per la maggiore. Tecnici ed esperti ne hanno apprezzato il colore, il gusto, l’armonia dei sapori in una manifestazione allietata dalle note musicali del Gruppo “Blue Night Blues”, davanti ad una nutrita cornice di pubblico. Oltre agli Oscar per i produttori anche un premio – l’Anguria News – per la stampa impegnata a ideare uno slogan per la campagna promozionale 2003 dell’anguria. Lo ha vinto Max Firreri, del Giornale di Sicilia, secondo cui “Petrosino ha un mare… d’angurie: rosse, solari e generose”. Angurie di ottima qualità pronte al riconoscimento di un marchio e di un disciplinare di produzione che le valorizzi nei mercati italiani e stranieri. “Ci batteremo assieme all’ESA perché ciò avvenga al più presto”, dice il sindaco Giacomo Licari. “La commercializzazione è il problema prioritario – aggiunge Rino Bonomo, responsabile della locale sezione dell’ESA – non possiamo sottovalutarlo. L’anguria di questa zona ha le carte in regola per imporre i suoi grandi pregi”. Un mare… d’angurie, quindi, con tante buone prospettive. Angurie che Petrosino ha messo in mostra in un “percorso di tipicità” al quale hanno dato tono le ceramiche d’arte del “Vecchio Marchese”: storia, cultura e tradizioni insieme, esaltate dai richiami di un vecchio baglio petrosileno restaurato e restituito, recentemente, al suo antico splendore. Un tocco in più alla “Giornata” lo ha dato Slow Food, col suo delegato provinciale Franco Saccà, che ha guidato le degustazioni dei tecnici e dei giornalisti. L’Ufficio Stampa

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Petrosino 6 luglio 2003

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COMUNICATO STAMPA

PETROSINO, UNA “GIORNATA” PER ESALTARE LE QUALITA’ DELL’ANGURIA Un disciplinare di produzione, un marchio di qualità e un Consorzio di tutela. L’anguria della fascia costiera del trapanese ha le carte in regola per diventare “prodotto tipico siciliano”. Questo il programma avviato dal Comune di Petrosino, dalla Sezione Operativa n. 82 dell’ESA (Ente sviluppo agricolo) di Marsala e dall’Assessorato regionale all’agricoltura. Un progetto ambizioso su cui Enti, Associazioni di categoria e produttori stanno lavorando già da qualche anno e che domenica 6 luglio, a partire dalle ore 20.30, creerà proprio a Petrosino, ulteriori momenti di confronto nel corso della “Giornata dell’Anguria” che si svolgerà negli spazi attigui al Centro polivalente, a due passi dal Municipio. In mostra le varietà più rappresentative dell’anguria locale. Ad una Commissione formata da tecnici ed esperti il compito di degustare e scegliere quelle migliori. Un vero e proprio “banco d’assaggio” con una decina di varietà di angurie delle due tipologie prevalenti, a forma sferica e allungata, ed alcuni oscar per i produttori. “Un ulteriore passo avanti verso la tipicizzazione di questo prodotto coltivato con sistemi innovativi grazie anche al supporto dei nostri tecnici”, dice Rino Bonomo, responsabile della Sezione Operativa n.82 di Marsala. “Una garanzia di qualità - aggiunge - che rende le angurie della fascia costiera trapanese competitive nei mercati nazionali e regionali”. Ottimista anche il sindaco di Petrosino Giacomo Licari: “Il futuro dell’anguria è nel marchio di qualità - dice - faremo fino in fondo la nostra parte per legittimare gli sforzi dei nostri produttori. Studieremo tecniche e strategie di commercializzazione moderne e innovative”. Scopo della manifestazione è quello di far conoscere l’attività che in questo comparto l’Assessorato Agricoltura e Foreste della ragione Siciliana sta portando avanti attraverso i Programmi Interregionali. La “Giornata dell’Anguria”, giunta alla quarta edizione (il programma prevede anche animazioni musicali ed un’estemporanea di pittura), rilancia quindi l’idea di un Consorzio di tutela per superare gli individualismi e creare sinergie in un settore fortemente rappresentativo dell’economia locale. Pochi dati per farne capire l’importanza: la produzione dell’anguria copre, lungo la fascia costiera che va da Marsala a Castelvetrano, una superficie di 150 ettari; un centinaio sono i produttori; un milione e 500 mila euro il fatturato lordo. Petrosino, 3 luglio 2003 L’Ufficio Stampa

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Petrosino 9-10 luglio 2005

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Petrosino 16 luglio 2006

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Marsala 12 luglio 2008

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Marsala 13 luglio 2009

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Marsala 16 luglio 2010

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Oggi la giornata dell’anguria e del melone giallo È la “giornata dell’anguria e del melone giallo” che ritorna puntuale a Marsala, per dare la possibilità ai produttori di incontrarsi. Il giro d’affari è notevole. Attualmente la coltura si sviluppa su una superficie di circa 150 ettari e fornisce una produzione lorda vendibile di circa 2 milioni di euro. La manifestazione di oggi è organizzata dalla locale Sezione Operativa dell’Ente di Sviluppo Agricolo e si svolge con la collaborazione del Comune di Marsala che mette a disposizione la Villa “Cavallotti” e un complesso musicale per allietare la serata. La manifestazione prevede una mostra pomologica, per far conoscere ai cittadini le principali varietà di angurie prodotte nel nostro territorio e una relazione tecnica sugli aspetti salutistici e gastronomici dell’anguria, tenuta dal Dr. Ignazio Fortunato. Ma la parte più importante della manifestazione è quella che coinvolge i produttori, i quali sottopongono al giudizio di una giuria, guidata dal Dr. Giovanni Catalano, uno dei maggiori esperti della materia, le angurie prodotte nel 2010 nella loro aziende. La manifestazione si conclude con la premiazione dei vincitori. Gli organizzatori provano anche a mettere ordine rispetto alla ressa di gente che si presenta per la degustazione. Le angurie per la degustazione del pubblico vengono private della buccia e collocate in appositi piatti provvisti di forchette. Inoltre nell’area della manifestazione vengono collocati diversi contenitori per la raccolta dei rifiuti, in modo che tutto si possa svolgere con il massimo senso civico. Da quest’anno la manifestazione prevede anche una mostra pomologica del melone giallo e un tavolo di assaggio di questo prodotto. Questa specie coltivata tradizionalmente nei comuni di Paceco e Alcamo nel tempo si è estesa in altri comuni limitrofi e oltre ad essere coltivata in pieno campo comincia ad essere coltivata anche in ambiente protetto, come avviene a Marsala. Una volta il melone giallo prendeva la denominazione di melone d’inverno, ma ormai questa denominazione si può considerare quasi superata. Infatti, questa tipologia di melone si riscontra sui mercati già dal mese di giugno per continuare fino ad ottobre.. La campagna del melone giallo si apre con le produzioni ottenute nel marsalese nelle coltivazioni praticate in successione alla fragola sotto tunnel e continua con le produzioni precoci ottenute nelle zone più costiere in irriguo. Gli impianti tardivi consentono di allungare il periodo di raccolta fino ad ottobre Attualmente la Sicilia rappresenta la regione leader per la produzione del melone giallo, la cui coltivazione, concentrata principalmente nella parte occidentale dell’Isola, si estende su una superficie di 5000 ha, con una produzione vendibile superiore a 20 milioni di euro. Questo prodotto ha grande potenzialità produttive e commerciali. Infatti, nelle nostre condizioni ambientali è una delle poche ortive che può essere coltivata in asciutto o ricorrendo ad una irrigazione di soccorso. Il peponide può essere utilizzato sia come frutta a fine pasto, da solo o in macedonia, sia come antipasto accompagnato con il prosciutto crudo. Si tratta di un prodotto che riveste notevole importanza nell’economia della nostra provincia. Manca, però, di un’adeguata promozione.

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L’anguria coltivata nei  territori comunali di Marsala, Petrosino e Mazara del Vallo è  di elevato pregio qualitativo e con specifici caratteri organolettici. Le tecniche di coltivazione di questa specie si possono considerare ormai standardizzate, visto che in alcuni Comuni, come Petrosino, l’anguria ha antiche tradizioni e viene coltivata sempre dalle famiglie degli  stessi agricoltori. Le coltivazioni più diffuse sono quelle semiforzate, sotto piccoli tunnel, ma si riscontrano anche coltivazioni forzate praticate all’interno di grandi tunnel. La varietà più utilizzata è Farao, ma vengono coltivate anche Colorado, Tide, Sentinel e Dumara. Da qualche anno si stanno provando alcune varietà di miniangurie, con lo scopo di ampliare le possibilità commerciali di questo prodotto. L’anguria, grazie all’elevato contenuto d’acqua (oltre il 95%), possiede una notevole capacità dissetante e svolge una buona azione diuretica. Nonostante il gusto dolce, il cocomero ha un basso contenuto in zuccheri (4%) ed è, fra i frutti polposi, il meno calorico, 15 calorie per 100 grammi di prodotto. Inoltre ha solo lo 0,2% di fibre, che lo rende idoneo a tutti senza provocare rischi all’intestino, neanche ai più delicati. Ha anche un buon contenuto di vitamina C (8mg/100g) e potassio (280mg/100g) e possiede in quantità minori anche calcio, fosforo, e altri oligoelementi essenziali come ferro, zinco e manganese. Presenta anche un livello elevato di sostanze antiossidanti, come il licopene, che conferiscono a questo prodotto la capacità di esercitare un potere anticancerogeno, antimutageno e cardioprotettore e una difesa contro l’invecchiamento e la degenerazione cellulare. Nell’anguria il contenuto in licopene (4mg/100g) è superiore a quello del pomodoro fresco(3mg/100g); con una fetta di anguria (mediamente 350 g) si assumono 14,7mg di licopene, metà di quello contenuto nella salsa di un piatto di spaghetti.

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Capitolo 7

Linea Verde RAI UNO, 3 Febbraio 2008

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