Napolipiù
Vietato fotocopiare in serie gli articoli di questa pagina CHI FOTOCOPIA “RUBA LETTORI”
PRIMOPIANO
MODE DI CAMORRA Il “rap del camorrista” approda in discoteca. I dialoghi dell’ormai celebre film che racconta, romanzandola, l’ascesa del boss Raffaele Cutolo, vengono utilizzati, opportunamente miscelati a musica dance, per ravvivare i “festini” dei giovani partenopei. Napolipiù è entrato in possesso di questa base musicale che circola su internet ed è gettonatissima nei par ty privati. «Da oggi non dovete pagare più nessuno. Vi proteggo io, il professore di Vesuviana». Questa è soltanto una delle tante frasi pro-
«Recitai il boss fedele fino alla morte la gente ora mi ricorda come un eroe» uonerie per i cellulari, segrete«S rie telefoniche, e ora addirittura musiche da discoteca con le parole
Nei festini dei giovani di Scampìa impazza il “rap del camorrista” a io ti conosco. Chi ti manda?». «Chi a vita va’ po’ dda’ e va’ po’ pure levà: ’o prufessore ’e Vesuviana». Un dialogo che i cinefili conoscono a memoria. È quello tratto dal “Camorrista”, l’oramai celebre film di Giuseppe Tornatore che racconta, romanzandola, l’ascesa di Raffaele Cutolo, boss della Nco, Nuova camorra organizzata (nel film Cr, Camorra Riformata). Il botta e risposta citato è quello tra il vecchio boss, ’O Malacarne e il luogotenente del professore di Vesuviana, Alfredo Canale. Il professore, boss in ascesa, ha decretato la morte del vecchio guappo e il suo braccio destro esegue la sentenza di morte. Questo dialogo e tante altre frasi tratte dalla pellicola sono approdate dalla seconda serata delle tv private ai festini di musica house. Già, perché il “Camorrista” è ora anche un pezzo di musica da discoteca, una sorta di rap, gettonatissimo nei party privati dell’area Nord di Napoli. Un abile “miscela” di tambureggianti basi house, opportunamente missate con le frasi più note del film che ricostruisce l’ascesa del capoclan, costituiscono un pezzo della durata di circa 10 minuti. Pezzo ricercatissimo nei circuiti di scambio canzoni presenti su internet. Napolipiù è entrato in possesso di questo file e ha chiesto ad uno dei possessori, attraverso una webchat di musica dance, informazioni su chi ha avuto l’idea di combinare la musica da discoteca colfilm-cult sulla camorra. «Io l’ho “scaricato” - racconta il giovane via chat - da un altro napoletano, che aveva sul suo computer centinaia di pezzi di house dance. So per certo che il remix è stato creato per essere suonato in alcuni festini a Napoli, nella zona di Scampìa e Giugliano. Non so altro». «Da oggi non dovete pagare più nessuno». «E chi ci protegge?». «Io, il professore di Vesuviana». Altro dialogo tratto dal film, finito nel calderone musicale che viaggia underground, sfruttando la potenza della rete telematica. Nei dieci minuti di musica si ha anche la possibilità di ascoltare l’audio del “giuramento della camorra”, ovvero la scena nella quale il professore procede all’affiliazione dei suoi fedelissimi secondo un rituale che affonda le sue radici in un misto di massoneria, mafia e ’ndrangheta. Strano destino, quello del film: il regista e l’autore della colonna sonora, rispettivamente Peppuccio Tornatore e Nicola Piovani: sono entrambi finiti nel libro d’oro della storia del cinema, avendo vinto, grazie ad altri lavori, due premi Oscar. Ma il Camorrista ha avuto una storia travagliata: prodotto da Reteitalia
«M
Il brano da discoteca è ricercatissimo dai disk jokey sui circuiti di scambio via Internet
A sinistra la locandina del film “Il Camorrista” di Giuseppe Tornatore interpretato tra gli altri da Ben Gazzara e Nicola Di Pinto. Nel riquadro in alto il boss Raffaele Cutolo
(Fininvest) e Titanus al costo di 4 miliardi, fu bersagliato da querele di Cutolo e per questo ritirato dal mercato nel 1986 dopo 2 mesi di distribuzione, e messo in onda su Rete4 soltanto nel marzo 1994. È diventato un cult solo grazie al martellamento delle tv
private che lo trasmettono quotidianamente durante la notte. Quasi dimenticato, invece, il libro da cui Tornatore sintetizzò la sceneggiatura del suo film, quello del celebre inviato Rai Giuseppe Marrazzo,datato 1984 e pubblicato dall’editore napoletano Pironti.
3
Parla l’attore Nicola Di Pinto: interpretò il luogotenente del “Professore”
nunciate da Ben Gazzara, protagonista del film di Giuseppe Tornatore, che si ascoltano nel pezzo. Ma c’è di più: le frasi del Camorrista vengono utilizzate nelle segreterie telefoniche e come suonerie per i cellulari. A rivelarlo è Nicola Di Pinto, attore partenopeo tra i protagonisti del film: interpretava Alfredo, il luogotenente del boss. «Molti, soprattutto i giovanissimi - racconta - ricordano le battute a memoria. Quello che mi dispiace è che qualcuno vede quel personaggio come eroe positivo».
CIRO PELLEGRINO
MERCOLEDÌ 2 MARZO 2005
IL GIURAMENTO DELLA NCO «Battezzo questo locale come lo battezzarono i nostri avi. Loro lo battezzarono con ferri e catene, io lo battezzo con ferri e catene. Alzo gli occhi e vedo una stella volare. E ho battezzato il locale. Con parole d’omertà, è formata società. Un picciotto pesa quanto una piuma sparsa al vento e rappresenta una sentinella d’omertà. Se tradisci, questo vino diventerà sangue e questo pane diventerà piombo. Se prima ti conoscevo come persona d’onore ora ti conosco come picciotto di questa Onorata Società».
del film...è una storia che va avanti da anni e non mi stupisce». A parlare è Nicola Di Pinto (nella foto in basso), attore partenopeo, protagonista, nel 1986 del film di Giuseppe Tornatore “Il Camorrista”, ora diventato pellicola-cult. Di Pinto, a distanza di tanti anni avrebbe mai pensato che una pellicola del genere potesse diventare film di culto? «Assolutamente no. Tant’è vero che la storia del “Camorrista” è ancora motivo di discussione e meraviglia. Nel cinema accadono anche queste cose». Il successo del film di Tornatore è rappresentato soprattutto dal
fatto che racconta la storia, romanzata, del boss della camorra Raffaele Cutolo. Eppure la fama del film non si limita a Napoli... «Infatti: so per certo che in Sicilia e in Puglia, regioni “calde” sul fronte criminalità quanto la Campania, il film viene trasmesso in continuazione dalle tv private che poi sono quelle che ne hanno decretato il successo». Lei è contento?
«Guardi, all’inizio pensavo che tutto sommato è bello che un film “duri” così tanto nella memoria collettiva. Ma alla fine si parla di camorra...» E quindi? «E quindi, al di là del film cult, la cosa brutta è che è diventato film “di emulazione”». Si spieghi... «Vede, le persone a Napoli dopo tanti anni mi fermano ancora perché mi riconoscono come il personaggio che ho interpretato nel film, (Alfredo Canale, braccio destro del professore di Vesuviana ndr.) Ricordano a memoria battute che io altrimenti avrei dimenticato da anni». Qualche aneddoto particolare? «Si, ne ricordo uno: passeggiavo per Napoli e, passando vicino ad una chiesa chiusa, i ragazzini seduti sulla scalinata mi hanno riconosciuto e hanno iniziato a cantare il motivetto della colonna sonora (scritta dal premio Oscar Nicola Piovani ndr.). E ancora: a Scampìa ad esempio mi considerano una vera star. La gente ricorda a memoria le parole che pronuncia il mio personaggio quando lo ammazzano nelle docce del carcere di Poggioreale. La cosa che stupisce è che le battute sono recitate da ragazzini di 7-8 anni». A differenza di Ben Gazzara, che interpretava il professore, il suo personaggio, il luogotenente del boss, ha riscosso maggior successo. Si è mai chiesto il perché? «Secondo me il personaggio di Alfredo è ricordato come una sorta di eroe buono, che si sacrifica per salvare il suo capo anche se alla fine lui stesso lo fa giustiziare». E non la inquieta il fatto che l’eroe positivo è comunque un malavitoso, un assassino? «Certo che mi inquieta: essere ricordato così non è certo bello. Ma ripeto, il cinema è fatto così. Anche nel “Padrino” il pubblico parteggia per Corleone che è comunque un delinquente. Aggiungo una cosa: secondo me il “Camorrista” non ha nulla da invidiare al film di Coppola». Cosa ricorda delle fasi di lavorazione del film, fu difficile girare scene di camorra a Napoli? «Non particolarmente. I veri problemi arrivarono dopo, con le diatribe legali che ritardarono l’uscita in tv della pellicola. Comunque esiste una versione integrale del “Camorrista”, confezionata per la tv, di quattro puntate. Non fu mai trasmessa, forse per beghe politiche. Penso sia ancora conservata negli archivi di Mediaset». (cir.pel.)
Molti cantanti partenopei nei loro testi “esaltano” il potere dei capoclan, i detenuti e il codice di rispetto della criminalità organizzata
Quando i neomelodici cantano la malavita anta Napoli. E canta le storie di periC feria, urlate a squarciagola in centinaia di videoclip girati alla meglio e “sparati” dalle tv private. Canta Napoli e canta soprattutto le storie d’amore. Ma non solo. La realtà della “nuca della città” è anche altro. È storia di malavita, gerarchia di camorra, legge del rispetto. Lo cantano i tanti volti anonimi delle tivvù locali. Gente che non aspira nemmeno più ad entrare nel circuito delle feste di piazza, dei matrimoni, battesimi o comunioni, ma che cerca disperatamente, spesso pagando fior di quattrini, il suo quarto d’ora di celebrità via etere. Il testo è commissionato ai parolieri “made in Naples”, novelli Mogol all’ombra del Vesuvio che garantiscono ad un prezzo ragionevole quattro strofe, un ritornello e l’arrangiamento musicale. Poi, arrivano la produzione, la commercializzazione e la produzione video. Colpiscono alcuni testi per la disinvoltura con la quale si esalta la camorra. Scena d’inizio: un giudice entra in aula per pronunciare la sentenza. Il verdetto è di assoluzione «perché il fatto non costituisce reato». Secondo “frame”: un uomo sulla moto scappa velocemente. È ’O ’rre, cantata da tale Giovanni Ferrari, che spopola nei programmini delle tv nell’area Orientale: Ponticelli, San Giovanni, Volla. «Chi ha sbagliato, sta avvisato già. Che ’a sentenza, se l’adda aspettà. ’O ’rre è turnato...». Ma poi a fine video una scritta recita: «Ogni riferimento a fatti reali è puramente casuale». Canta Napoli e il neomelodico partenopeo canta le regole base del rispetto: «a femmena e n’ato, nun s’adda tuccà». Altrimenti... E scorrono le immagini del
“Camorrista”. Canta Napoli e Lello Amato si preoccupa di chi è finito in gattabuia. Amato canta “ ’O carcerato” ed è tutto un fiorire di sbarre e atmosfere cupe. Trasmessa in pochissime occasioni ma destinata a diventare canzone cult al pari della celebre “Latitante” di Tommy Riccio è “ ’O capoclan” che esalta la potenza del boss, costretto a far fronte ai rischi del mestiere: agguati e regolamenti di conti vari. Genny Amato invece, canta e guaglioni ’e Napule. Che vanno sempre di fretta. «Corrono cu’ na motocicletta, sì tenene ’e guardie areto. E guagliune ’e Napule se fann rispettà». (cir.pel.)
A sinistra un detenuto nel carcere di Scampìa. Molti cantanti neomelodici affrontano il tema dei “carcerati”
“Magnaccio”, il gioco creato da un giovane di Santa Maria Capua Vetere e svelato da Napolipiù
Sulla Rete il videogame del camorrista-manager icorda sempre che la cosa più impor«R tante che un malvivente deve perseguire è il potere». Il motto è “scolpito” sulla pagina web che introduce ad una nuova frontiera del videogioco: quello che simula gli affari della camorra. Si chiama “Magnaccio manager”, il giochino che in questi giorni tiene banco tra il popolo della Rete. Creato da Andrea Aulicino, un giovane di Santa Maria Capua Vetere col pallino dell’informatica, il videogames amatoriale, scoperto mesi fa da Napolipiù, riproduce con impressionante realismo la scalata (con relativi problemi) di un aspirante boss alle prese con ogni tipo di traffico, da quello della droga al pizzo, dalla prostituzione ai rapporti con la mafia, fino al riciclaggio del denaro sporco in attività commerciali.
Il giochino per computer prodotto “in casa” è ambientato proprio a Santa Maria, popoloso comune in provincia di Caserta che risente fortemente degli influssi della camorra partenopea, quella che parte dal Giuglianese e arriva nei quartieri dell’area nord di Napoli. L’ambientazione è rappresentata dalla mappa topografica di Santa Maria con tanto di “piazze” di spaccio contrassegnate da una X. Il giocatore non deve far altro che incrementare il suo potere al quale concorrono vari fattori come il possesso di droga e soldi, i rapporti con i mafiosi che consentono di corrompere le guardie e di entrare nel business della prostituzione e, infine, le indagini delle forze dell’ordine. Il “game over”, infatti avviene con l’arresto dell’aspirante gangster.