"Quando la musica incontra il cinema... Furrignamente" Rassegna di suoni e immagini 28-29 dicembre '08 2-3 gennaio '09 h.21,00 Palazzo de Cristoforo 28 dicembre 2008 h.21,00 Palazzo de Cristoforo
L'orchestra di Piazza Vittorio Un film di Agostino Ferrente. Documentario musicale, durata 93 min. - Italia 2006. Roma. Piazza Vittorio. Il quartiere più popolato da migranti di tutto il mondo: un insieme eterogeneo di colori, di stili di vita, di tradizioni culturali e di religioni che si intrecciano, in una convivenza che giorno dopo giorno cresce e si fa profondamente multietnica. Un gruppo di artisti e intellettuali italiani, su tutti Mario Tronco, tastierista degli Avion Travel, decide si salvare il vecchio cinema teatro Apollo, che, dopo essere stato declassato a cinema porno, sta per essere trasformato in sala bingo, e di costituire un'orchestra stabile composta appunto, anche e soprattutto, da musicisti extracomunitari. Il progetto-sogno inizia nel 2001 e nel giro di diversi anni, con tantissime difficoltà e con tenacia ancora maggiore, vede la luce. Agostino Ferrente, documentarista aiuto regista di Silvano Agosti, è parte attiva del progetto e, telecamera a spalla, filma tutti gli eventi che porteranno alla creazione dell'ensemble musicale. Il risultato è il film L'Orchestra di Piazza Vittorio, documusical sotto forma di diario che racconta la sofferta, entusiastica e travagliata genesi dell'omonima orchestra. Agostino e Mario iniziano a girare in vespa per Roma alla non facile ricerca di musicisti e si imbattono in persone e volti ognuno con la sua storia da raccontare, con il suo bagaglio di dolori e di aspettative, di sorrisi e di voglia di sentirsi parte di una comunità. Storie e volti da Cuba, dall'India, dall'Ecuador, dalla Tunisia. Un film che racconta un piccolo pezzo di storia d'Italia: solidarietà e voglia di cambiamento, partecipazione civile e culturale. Un documento dalla musica trascinante e dal forte senso del ritmo, un documento da cui trasuda l'anima e il cuore di chi ha partecipato al progetto, credendoci incondizionatamente.
29 dicembre 2008 h.21,00 Palazzo de Cristoforo
Accordi e disaccordi Un film di Woody Allen. Con Sean Penn, Samantha Morton, Uma Thurman, Brian Markinson, Anthony LaPaglia Titolo originale Sweet and Lowdown. Commedia, durata 92 min. - USA 1999. Egocentrico fino al parossismo, spudorato, amorale, beone: accumula tanti difetti in un colpo solo da far spavento. Però ha anche un pregio, un enorme pregio: la chitarra come lui non la suona nessuno. O meglio, nessuno tranne uno zingaro che vive in Europa, tale Django Reinhardt, il migliore di tutti, senza alcun dubbio. Ma a questo punto è doveroso scoprire le carte: Allen gira un "documentario", ci racconta cioè la "verità" su un personaggio totalmente inventato (Emmet Ray, appunto, interpretato da Sean Penn) rendendo così omaggio, di riflesso, al genio esistito davvero, quel Reinhardt che tra gli anni Trenta e Quaranta diventò un mito della chitarra jazz. Sta tutto qua il gioco. Emmet vaga per l'America suonando in modo meraviglioso, bevendo come una spugna e comportandosi come peggio non si può. Si fa licenziare in continuazione, spende il doppio o il triplo di quanto guadagna, tratta da cani la dolce Hattie (Samantha Morton), una giovane donna muta che accetta di vivere al suo fianco. Se la tiene vicina finché gli fa comodo, e poi la lascia senza tanti complimenti, salvo pentirsi qualche anno dopo, quando ormai è troppo tardi. Quanto basta per mandarlo per sempre al diavolo; eppure quella maestria assoluta nel pizzicare le corde della chitarra gli fa perdonare ogni peccato. Si intenerisce il gangster, ne resta affascinata una scrittrice fatalona e un po' vanesia (Uma Thurman). L'arte è mistero, il talento si incarna negli esseri più strambi: a loro (suggerisce il regista, e non è certo la prima volta che lo fa) deve essere concesso un metro di misura molto diverso da quello che si applica a noi comuni mortali.
2 gennaio 2009 h.21,00 Palazzo de Cristoforo
4 minuti Un film di Chris Kraus. Con Monica Bleibtreu, Hannah Herzsprung, Sven Pippig, Richy Müller, Jasmin Tabatabai, Vadim Glowna, Nadja Uhl Drammatico, durata 112 min. - Germania 2006. 108 minuti per prepararci agli ultimi, memorabili quattro. Chris Kraus, regista tra i più talentuosi dell'ultima leva tedesca che promette quanto meno di ripercorrere un paio di quei percorsi fertili così ben seminati dai Wenders, dagli Herzog e dai Fassbinder, mette il dito nella piaga della riabilitazione. Ovvero: contro tutto e contro tutti, contro le crescenti intolleranze diffuse soprattutto in Europa, non solo è giusto ma è democraticamente e culturale doveroso tentare di riacciuffare per i capelli una vita disperata e sfiancata dalla violenza, dalla sfortuna, o magari da un padre incestuoso. Come nel caso di Jenny, in carcere per omicidio (che probabilmente non ha neanche commesso), stuprata in famiglia da ragazzina, silenziosa e dura e per miracolo abitata da un incredibile
e innato talento non appena in contatto con un pianoforte. Se ne accorge un'anziana maestra, da anni testardamente dentro le prigioni nella speranza di scovare un po' di poesia, rinsecchita nelle mani di qualche inconsapevole detenuto. Attratta anche fisicamente da Jenny, l'anziana donna («una stupida lesbica» come si definisce lei stessa) impegna ogni sforzo residuo nel cercare di portare la giovane a sé, riavvicinandola il più possibile alla musica. Il finale non va svelato. Kraus è scaltro, abile, evita quasi sempre le trappole del cinema europeo programmaticamente d'autore e dirige le due attrici come meglio non potrebbe. Brani classici di repertorio non banali, qualche verità, molta tensione emotiva.
3 gennaio 2009 h.21,00 Palazzo de Cristoforo
La vie en rose Un film di Olivier Dahan. Con Marion Cotillard, Sylvie Testud, Clotilde Courau, Jean-Paul Rouve, Pascal Greggory Marc Barbé, Caroline Sihol, Emmanuelle Seigner, Catherine Allégret, Gérard Depardieu, Jean-Pierre Martins, Manon Chevallier, Pauline Burlet, Elisabeth Commelin, Marc Gannot, Robert Nebrenský Drammatico, durata 140 min. - Francia, Gran Bretagna, Repubblica ceca 2007. La pellicola, ambientata in Francia e a Praga, ripercorre i drammi e le gioie di una delle leggende della canzone francese e internazionale, Edith Piaf. Nata nei sobborghi parigini, la diva diventa famosissima fin da giovane. La sua voce, caratterizzata da mille sfumature, era in grado di passare da toni aspri a toni dolcissimi. Molte le sfortune e i fatti negativi: incidenti stradali, coma epatici, interventi chirurgici, delirium tremens e anche un tentativo di suicidio. La pellicola di Dahan ricostruisce bene una delle sue ultime apparizioni pubbliche in cui appare piccola e ricurva, con le mani deformate dall'artrite e con radi capelli. Solo una cosa era rimasta inalterata e splendida: la sua voce. Il fatto che il regista abbia preso come spunto iniziale per il film una fotografia della cantante e non la sua musica non ci sorprende affatto. Conferma, anzi, il taglio pienamente cinematografico dell'opera. Partire da questo punto è sinonimo di un omaggio che rifiuta il didascalismo e una ricostruzione strettamente biopic. Il termine corretto è ritratto che, oltre a esaltare il talento artistico della Piaf, si addentra nel cuore della sua complessa umanità. Il regista, pur documentandosi a lungo, ha preferito seguire le proprie idee senza farsi influenzare da qualcuno in particolare (amici, conoscenti) o da letture intraprese. La scelta di evitare il taglio biografico si sviluppa attraverso un doppio binario. L'ottima interpretazione di Marion Cotillard che fugge qualsiasi tentativo imitatorio e nasconde, sottilmente, il preciso intento di dare alla performance stessa una vita sua, lontana da condizionamenti o costruzioni esterne. In secondo luogo, il regista, consapevole di riduttive letture critiche, ripercorre alcuni dei fatti principali della sua esistenza senza rispettare l'esatta cronologia. Ogni frammento di vita sembra giustificarsi grazie a quello precedente. Il senso delle cose prende quota piano piano lavorando di addendi. Le molteplici facce della diva emergono con una soave naturalezza rendendo facile e scorrevole la lunga visione del film.