Oligopoly Inc.

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Al sesto WTO (Organizzazione del Commercio Mondiale) ministeriale di Honk Kong, il governo mondiale ha tentato di barcamenarsi tra le tante, spinose, questioni inerenti le politiche commerciali prossime venture. Ciò che appare come compra-vendita tra paesi è in realtà una ridistribuzione del capitale tra sussidiari di una unica corporazione multinazionale: Olygopoly Inc. La concentrazione non riguarda solo le risorse alimentari - il cibo e l'agricoltura - ma tutto ciò relativo ai prodotti e ai processi della vita. Le 10 maggiori compagnie al mondo di sementi hanno esteso il loro controllo da 1/3 a metà del commercio globale; le 10 maggiori compagnie al mondo di biotech controllano 3/4 delle vendite mondiali; le 10 maggiori compagnie farmaceutiche al mondo controllano quasi il 59% del mercato totale. Differenti attori, partecipi di una medesima trama. Hope Shand, direttore della ricerca dell'ETC Group, un’associazione che si batte contro lo strapotere delle corporations, osserva: “Il potere corporativo è aumentato drammaticamente. Quello a cui stiamo assistendo è una sempre maggiore concentrazione del controllo su tutti gli aspetti della vita”. Una lotta sotterranea si sta combattendo anche sulla “nano-scala”, per giungere a controllare i blocchi della vita fondamentali (gli atomi). Gli investimenti corporativi nel settore della nanotecnologia e della biologia sintetica sono volti alla conquista del controllo ultimo della materia. Pat Mooney, direttore esecutivo dell'ETC Group, la vede così: “Mentre la concentrazione corporativa di capitali domina il mercato delle merci, la concentrazione delle proprietà delle nuove tecnologie nei vari settori industriali mira ad un dominio biopolitico totalitario. Il messaggio che giunge da Hong Kong è chiaro”. Secondo il rapporto dell'ETC Group, il potenziale impatto delle nuove nano-tecnologie sui mercati del centro-sud del mondo sancirà il definitivo superamento della tecnologia rispetto al commercio. “Il commercio agricolo, ed una sua maggiore liberalizzazione, può sbloccare il potenziale del settore agricolo e promuovere una crescita a favore dei poveri, ma questi benefici non sono scontati”. Chi guadagnerà maggiormente da una liberalizzazione del commercio agricolo saranno i paesi industrializzati. Considerato che la maggior parte delle persone povere vive nelle zone rurali e dipende dall'agricoltura per la propria sopravvivenza, la crescita del settore agricolo è cruciale per ridurre la povertà in modo sensibile. Ma perché la liberalizzazione del commercio vada a favore dei poveri, prima di aprire i loro mercati agricoli, è necessario realizzare infrastrutture ed istituzioni commerciali di sostegno, investimenti nella formazione del capitale umano e meccanismi di protezione del reddito per i settori sociali più vulnerabili.

“Le trattative dovrebbero avanzare non a beneficio di un gruppetto di Paesi, ma in favore di 120 nazioni che rappresentano i quattro quinti dell’umanità”, ha detto il ministro del Commercio indiano, Kamal Nath, nella quarta giornata del Vertice. “Se i nostri interessi non saranno interamente presi in considerazione non aderiremo ad alcun tipo di accordo”, gli ha fatto eco il ministro dell’agricoltura dell'Isole Maurizio Arvi Boolell, a nome dei 56 Paesi membri del gruppo Africa-Caraibi-Pacifico (ACP) - legati da particolari accordi all’Unione Europea - in una giornata in cui il Sud del Mondo è sembrato parlare a una sola voce. Cifre alla mano, Boolell, a nome dei Paesi ACP, ha insistito sulla totale mancanza di attenzione dei “Grandi” a tre prodotti-chiave del Sud del mondo: cotone, zucchero e banane. L'attuale posizione degli USA - che versano 4 miliardi di sovvenzioni ai loro produttori - costa agli agricoltori africani 450 milioni di euro all'anno e minaccia la vita di 15 milioni di persone. Un altro gruppo dei Paesi del Sud del mondo - tra cui Brasile, India e Zambia, componenti del cosiddetto “G20” - hanno fatto fronte comune, sollecitando soprattutto Europa e USA ad affrontare la questione dell’accesso ai mercati, dei sussidi agricoli e ad alcune esportazioni. Sulla questione alimentare è tornato anche John Powell, direttore generale del Programma Alimentare Mondiale (PAM/WFP) dell'ONU: “È scandaloso e vergognoso che 18.000 bambini muoiano di fame al giorno e che la morte di ognuno di loro possa essere evitata”. (Pubblicato su Ecplanet 28-12-2005) New Report on Corporate Power - Oligopoly, Inc. 2005 Al vertice di Hanoi, in Vietnam, dove si sono riuniti i leader dei ventuno Paesi dell'APEC, il presidente russo Putin ha siglato l'accordo con gli Stati Uniti che spiana la strada all'ingresso della Russia nell'Organizzazione del Commercio Mondiale. «La piena integrazione della Russia nell'economia globale è nell'interesse della Russia ma anche degli Stati Uniti», ha dichiarato la rappresentante americana per il commercio Susan Schwab, che ha firmato l'accordo insieme al ministro russo per l'Economia ed il Commercio German Gref che ha definito l'accordo «una pietra miliare». Schwab ha detto anche che è significativo che la firma sia avvenuta in Vietnam, che è stato l'ultimo paese ad essere ammesso nel WTO. Non hanno mostrato grande entusiasmo invece i dissidenti e i movimenti in esilio che si oppongono al regime comunista. Action for Democracy, un gruppo che ha sede a Parigi, ha reso noto che le case di molti oppositori sono state circondate dalle forze di sicurezza. Molti dissidenti inoltre hanno riferito di esser stati malmenati e intimiditi alla vigilia del summit. “La polizia mi ha prelevato a casa, mi ha messo su un furgone e mi picchiato più volte in commissariato prima di rilasciarmi”, ha raccontato Pham Hong Son, un medico che era stato liberato ad agosto dopo quattro anni di carcere per i suoi scritti a favore della democrazia pubblicati su Internet. A Ho Chi Minh City, l'ex Saigon, a novembre sono stati arrestati diversi esponenti del movimento Organizzazione dei Contadini-Lavoratori Uniti. In manette è finito anche un noto attivista per i diritti dei contadini, l'avvocato Bui Thi Kim. In vista dell'arrivo di George W. Bush, il regime vietnamita aveva compiuto peraltro un gesto

distensivo liberando Thuong Nguyen Fosheen, un dissidente con cittadinanza americana che era stato imprigionato per più di un anno insieme ad altri sei attivisti con l’accusa di terrorismo per aver tentato di trasmettere via radio un messaggio contro il governo. Contemporaneamente al vertice di Hanoi, i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali dei venti Paesi più industrializzati (il G20, o meglio “Oligopoly Inc.”) hanno chiesto la “rapida ripresa” dei negoziati sulla liberalizzazione degli scambi mondiali, tenuti nel quadro del WTO. E certo, cosa può esserci di più urgente all'ordine del giorno? “I membri del G20 invitano alla ripresa rapida dei negoziati del WTO e al conseguimento di un risultato ambizioso a vantaggio di tutti”, si legge nel comunicato finale che ha chiuso la loro riunione annuale di Melbourne, in Australia, “è essenziale garantire scambi più liberi, più aperti, ridurre il rischio di instabilità economica e finanziaria e ottenere una crescita economica più forte, uno sviluppo e una riduzione duratura della povertà”. Anche qui, a margine della manifestazione ci sono state proteste e disordini: un gruppo di No Global incappucciati, con impermeabili bianchi e armati di bastoni, ha sfondato il cordone di sicurezza formato dagli agenti e ha ribaltato una camionetta della polizia, prima di essere respinto dagli agenti. Alcuni poliziotti e un giornalista sono rimasti feriti in modo non grave. La polizia ha isolato molte strade del centro della seconda città australiana per impedire ai manifestanti di raggiungere la sede dei lavori. In un punto gli attivisti, con i bastoni e un fitto lancio di bottiglie, sono riusciti a sfondare le barricate e a far arretrare i poliziotti prima di essere respinti da una carica. Melbourne era già stata teatro di duri scontri nel 2000 in occasione del World Economic Forum. Il ministro del Tesoro australiano, Peter Costello, ha lamentato che i manifestanti “stanno cercando di danneggiare la reputazione di Melbourne e dell'Australia mentre il nostro è un Paese accogliente e ospitale”. In un parco dall'altra parte del fiume Yarra, che divide la città, si è svolta anche un'altra manifestazione, pacifica, delle Ong e di gruppi religiosi con lo slogan “Il G-20 può aiutare i poveri”, chiedendo di combattere la povertà con più aiuti allo sviluppo e la riduzione del debito che grava sui Paesi in via di sviluppo. Al concerto organizzato alla vigilia del vertice da Make Poverty History è intervenuto a sorpresa anche Bono, la rockstar irlandese in prima linea nella lotta alla povertà. Il leader degli U2 ha cantato “Rockin' in the Free World” davanti a 14mila persone accompagnato dai Pearl Jam e poi ha lanciato un appello a premere sui

rappresentanti del G-20: “I politici devono fare ciò che voi dite loro, urlatelo dalle montagne”. Apec summit to push trade talks BBC News 18 novembre 2006 Disordini al G-20 di Melbourne feriti poliziotti e un giornalista Repubblica 18 novembre 2006 G20: an opportunity lost Oxfam 20 novembre 2006 GLOBAL CALL AGAINST POVERTY La “Global Call to Action Against Poverty” è una campagna globale che si declina in modo diverso a seconda dei Paesi. Se in Gran Bretagna il coordinamento nazionale Make Poverty History comprende oltre 400 charities, tra organizzazioni non governative, associazioni e gruppi di lobbying, in Italia, la campagna per il primo obiettivo del millennio è sostenuta da sindacati, ONG, organizzazioni pacifiste e movimenti di cittadini, d’ispirazione laica e cattolica. Uno degli obiettivi del movimento Global Call to Action Against Poverty, noto anche per lo slogan “Niente Scuse” (“No Excuses”), è la cancellazione del debito, ovvero la proposta di annullare il debito che i paesi in via di sviluppo hanno nei confronti dei paesi industrializzati. I sostenitori dell'annullamento del debito portano a giustificazione di questo provvedimento numerosi argomenti di tipo sia morale che economico: gran parte del debito di molte nazioni povere (per esempio in Africa) fu accumulato da regimi dittatoriali militari che furono poi destituiti; questi popoli non dovrebbero essere tenuti a pagare per gli errori di regimi che hanno usato il debito pubblico per arricchire pochi individui a scapito della popolazione. Inoltre, ci si rifà al concetto che la povertà e il debito di molti paesi del Terzo Mondo, nonché i loro drammi politici, sono spesso riconducibili a responsabilità piuttosto dirette da parte delle stesse nazioni industrializzate che vantano i maggiori crediti nei confronti di questi paesi. In questo senso, l'annullamento del debito dovrebbe essere non un atto di bontà, ma un atto di giustizia (ma quando mai!, ndr).

Global Call to Action Against Poverty - Wikipedia OLYGOPOLY INC. Gli organi globali principali di Olygopoly Inc. sono 3: il Fondo Monetario Internazionale (nato nel 1946), l'Organizzazione Mondiale del Commercio (meglio conosciuta come World Trade Organization - WTO), istituita il 1 gennaio 1995, e la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo o BIRS (meglio nota come Banca Mondiale o World Bank), un organismo internazionale delle Nazioni Unite, istituito il 27 dicembre 1945 (insieme con il Fondo Monetario Internazionale), a seguito dell'entrata in vigore degli accordi della conferenza di Bretton Woods (tenutasi tra l'1 ed il 22 luglio del 1944), il cui scopo originario era quello di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo nei paesi coinvolti nella Seconda Guerra Mondiale. Successivamente, lo scopo è stato allargato al finanziamento dei paesi in via di sviluppo tra gli stati membri, solitamente in cambio dell'adozione di politiche liberiste.

Il Fondo Monetario Internazionale è fortemente criticato dal movimento no-global e da alcuni illustri economisti, come il Premio Nobel Joseph Stiglitz, che lo accusano di essere un'istituzione manovrata dai poteri economici e politici del cosiddetto Nord del mondo e di peggiorare le condizioni dei paesi poveri anziché adoperarsi per l'interesse generale. Il sistema di voto, che chiaramente privilegia i paesi occidentali, è considerato da molti iniquo e non democratico. Il FMI è accusato di prendere le sue decisioni in maniera poco trasparente e di imporle ai governi democraticamente eletti che si trovano così a perdere la sovranità sulle loro politiche economiche. Nel suo libro “Globalization and its Discountents” (“La Globalizzazione e i suoi Oppositori”, Einaudi, Torino) uscito nel 2002, e in una serie di interviste ed articoli, Joseph Stiglitz, dimessosi da poco dalla vicepresidenza della Banca Mondiale, accusa il Fondo Monetario di aver imposto a tutti i paesi una “ricetta” standardizzata, basata su una teoria economica semplicistica, che ha aggravato le difficoltà economiche anziché alleviarle. Stiglitz fornisce una serie dettagliata di esempi, come la crisi finanziaria asiatica e la transizione dall'economia pianificata al capitalismo in Russia e nei paesi ex-comunisti dell'Europa orientale: i prestiti del FMI in questi paesi sono serviti a rimborsare i creditori occidentali, anziché aiutare le loro economie. Inoltre, il FMI ha appoggiato nei paesi ex-comunisti coloro che si pronunciavano per una privatizzazione rapida, che in assenza delle istituzioni necessarie ha danneggiato i cittadini e rimpinguato le tasche di politici corrotti e uomini d'affari disonesti. Stiglitz sottolinea i legami di molti dirigenti del FMI con i grandi gruppi finanziari americani e il loro atteggiamento arrogante nei confronti degli uomini politici e delle elites del Terzo Mondo, paragonandoli ai colonialisti di fine XIX secolo, convinti che la loro dominazione fosse l'unica opportunità di progresso per i popoli “selvaggi”. È il WTO a promuovere, la globalizzazione dell'economia ed il commercio libero, privilegiando, con accordi raggiunti in ambito GATT e WTO, le multinazionali e le nazioni sviluppate. Pur essendo la partecipazione al WTO da parte delle nazioni un atto volontario e non obbligatorio, i critici sostengono, inoltre, che la mancata partecipazione di uno stato a tale organizzazione si sostanzierebbe, nella pratica, in un embargo, il che crea un sistema internazionale di regole economiche rigide che non incoraggiano in alcun modo il cambiamento e la sperimentazione. Anche il processo decisionale dell'organizzazione è stato fatto oggetto di critiche: i “tre grandi” membri del WTO (USA, Unione Europea e Giappone) sono stati accusati di utilizzare l'organizzazione per esercitare un'eccessiva influenza sugli stati membri più deboli; i critici ritengono anche che alcuni degli stati membri abbiano ratificato i trattati del WTO senza seguire un iter democratico, a scapito degli interessi dei cittadini o dell'ecologia locale. Anche le politiche e le attività della Banca Mondiale sono state - e sono - oggetto di critiche da parte di numerose Organizzazioni non governative, di alcuni accademici ed, in alcuni casi, anche da parte di alcune valutazioni interne della Banca stessa.

L'accusa rivolta alla BIRS è quella di essere uno strumento degli USA, o dell'occidente in generale, per imporre ai paesi beneficiari politiche economiche a supporto o ad esclusivo beneficio degli interessi occidentali. Effettivamente, riforme di mercato in senso liberale come quelle sistematicamente sostenute dalla Banca si sono spesso dimostrate dannose allo sviluppo economico, attuate nell'ordine sbagliato in un contesto non adeguato (quale, appunto, quello di un economia debole o non competitiva come spesso è il caso delle economie dei Paesi in via di sviluppo nei quali si concentrano le operazioni della Banca). La Banca Mondiale viene criticata aspramente da coloro che si oppongono a quella che viene chiamata globalizzazione “neo-coloniale”, sostenendo che gli interventi strutturali sull'economia operati dalla banca per favorire la liberalizzazione economica dei mercati, ledono la sovranità nazionale in tali paesi tendendo a sminuire il necessario ruolo dello stato nell'economia. La Banca Mondiale, d'altronde, basa le proprie politiche essenzialmente sul principio del neo-liberismo, secondo cui il libero mercato, lasciato a sé stesso, troverà il proprio equilibrio naturale, apportando ricchezza e prosperità alle nazioni che praticano la libera concorrenza. In quest'ottica, le riforme intraprese di stampo “neoliberista” non sempre sono proficuamente attuabili in nazioni nelle quali vi siano conflitti (etnici o di frontiera) o che abbiano sperimentato lunghi periodi di oppressione (dittature o colonialismo) e che quindi non abbiano un sistema politico democratico e sufficientemente stabile. In questi casi, le politiche messe in atto dalla BIRS sono atte a favorisce l'insediamento di imprese straniere (o multinazionali) a discapito dell'economia locale.

Fondo Monetario Internazionale - Wikipedia Globalization and Its Discontents - Wikipedia Organizzazione Mondiale del Commercio - Wikipedia STOP BEING A DUPE! In un documento del 23 luglio 2006 intitolato “Stop Being a Dupe! Know Your Actual Enemy”, Lyndon LaRouche definisce queste forze il “Blob”. Puntando il dito su chi effettivamente sta alimentando la guerra ed il caos, soprattutto nel Sudovest Asiatico, il noto statista americano scrive: “I circoli della finanza internazionale, rappresentati da Felix Rohatyn (vedi sinarchia, ndr), sono impegnati a distruggere sia le istituzioni dello stato nazionale sovrano, sia i grandi interessi industriali ed agricoli dei governi nazionali”. Questi ambienti “costituiscono la minaccia più temibile, l'instaurazione sull'intero pianeta di un governo mondiale creato e gestito dai grandi blobs dell'usura oligarchico-finanziaria che operano sul modello veneziano”. L'effetto asfissiante del Blob è sentito dalla popolazione nell'inflazione dei prezzi, a cominciare da quelli petroliferi (a giugno, le cinque principali imprese petrolifere - BP Plc, Chevron Corp., ConocoPhillips, ExxonMobil Corp. e Royal Dutch Shell Plc - hanno annunciato profitti cumulativi per 34,6 miliardi di dollari per il solo secondo semestre del 2006, 36% in più rispetto allo stesso periodo del 2005). Il cartello siderurgico mondiale,

invece, che nel 1926 era in mano ai nazisti tramite il barone Kurt von Schroeder, che si occupò personalmente della carriera di Hitler, e il governatore della Banca d'Inghilterra Montagu Norman, che supervisionava la politica economica del ministro dell'economia nazista Schacht, oggi è in mano a Lakshmi Mittal della Mittal Steel, finanziato dalla Goldman Sachs e da banche anglo-olandesi. Il 26 giugno 2006, Mittal ha raggiunto un accordo preliminare per l'acquisto della lussemburghese Arcelor, la più grande impresa siderurgica europea. Nel 2005, la Mittal ha prodotto 63 milioni di tonnellate di acciaio e la Arcelor 46,7. Di conseguenza, se la fusione va in porto, la Arcelor-Mittal supererà ampiamente la soglia dei 100 milioni di tonnellate, cioè circa un decimo della produzione siderurgica mondiale. Condannando a morte le imprese che fanno riferimento agli stati nazionali, Mittal ha previsto che in meno di dieci anni il settore sarà composto da giganti che producono ciascuno dai 150 ai 200 milioni di tonnellate l'anno. Le imprese medie e piccole, che compongono l'ossatura dell'industria nazionale, saranno o fagocitate o schiacciate. Questo conduce all'essenza della globalizzazione. Il commercio della produzione agricola e la produzione e distribuzione alimentare sono notoriamente monopolizzati da un gruppo ristretto di corporations sovrannazionali che controllano tutto a partire dalle sementi. La Cargill, multinazionale con centro in Minnesota, e la Archer Daniels Midland (ADM) controllano il 75% dei 244 milioni di tonnellate di granaglie che rappresentano il volume medio annualmente scambiato tra le nazioni. Più della metà del totale è controllato da Cargill. Quest'ultima, insieme a ADM e a Bunge, controlla il 70% della soia trattata in Brasile e Argentina. Cargill/Monsanto e DuPont/Pioneer Hig-Bred sono al centro del giro che controlla strettamente le sementi. Il mercato delle carni è dominato da Cargill insieme a Smithfield, Swift/ConAgra, Tyson e Pilgrim's Pride, con una quota che va dal 60 all'80 per cento nei soli Stati Uniti. L'industria casearia è controllata da Unilever, Nestlé, Kraft e Danone. Nella distribuzione alimentare dominano Wal-Mart e la francese Carrefour, affermatasi soprattutto in Brasile e Argentina. Migliaia e migliaia di comuni e amministrazioni locali e statali fanno a gara nel cedere la proprietà o dare in concessione le opere pubbliche, dalla distribuzione idrica alle autostrade, dall'elettricità agli ospedali ecc., e privatizzare attività di governo, dalle pratiche burocratiche alle prigioni, compresi importanti aspetti della difesa. Come si appresta a fare in Italia il governo di pseudo-sinistra. Ad aprile scorso, ad esempio, la spagnola Abertis ha offerto 17 miliardi di dollari per l'acquisto di Autostrade in Italia, nella prospettiva di costituire quello che si prospetta come il più grande gestore mondiale di autostrade (in Brasile, 36 gruppi di gestori privati controllano oltre 9000 chilometri di autostrade, ndr). (Nota: Questo processo è scrupolosamente documentato dalla Reason Foundation, allestita nel 1978 per promuovere e monitorare lo smantellamento dei governi, che produce e mette al disposizione del pubblico rapporti sull'andamento delle privatizzazioni).

Stop Being a Dupe! Know Your Actual Enemy, by Lyndon H. LaRouche Reason Foundation (Pubblicato su Ecplanet 06-12-2006)

WTO Make Poverty History IMF - International Monetary Fund Global Call to Action Against Poverty (GCAP) Tra i temi caldi del primo World Social Forum d'Africa, svoltosi a Nairobi, quello dell'acqua e quello degli EPA (Economic Partnership Agreement), gli infami accordi di partenariato economico (ossia di libero scambio) tra Europa e Africa che, dal 31 dicembre 2007, prevedono l'annullamento dei dazi doganali. Se si calcola che in molti paesi africani, il 20-25% del PIL è costituito proprio da queste entrate, si capisce perché almeno duemila contadini africani abbiano manifestato per le vie di Nairobi al motto «fermiamo la povertà, fermiamo gli EPA». Secondo i calcoli dell'ONU, gli accordi costeranno al solo Kenya, in un anno, 300 milioni di dollari. Le organizzazioni contadine hanno chiesto una moratoria di 20 anni prima di varare degli accordi che mettono a rischio soprattutto i piccoli produttori e agricoltori africani. Tre sigle dei contadini del continente (Roppa, Propac, Eaff), a cui fanno riferimento circa 160 milioni di agricoltori, hanno denunciato gli effetti devastanti sulla loro economia se venissero liberalizzati i mercati nazionali, aperti a quasi tutti i prodotti europei. «Sarebbe la nostra distruzione, noi non possiamo competere con l'agricoltura europea, non abbiamo finanziamenti né strutture. L'assenza di protezionismo alle frontiere - ha affermato Awa Diallo, produttrice di latte del Senegal e rappresentante delle donne contadine - è un pericolo per l'economia familiare. Ci costringono ad aprire le nostre frontiere a produzioni sovvenzionate, è una concorrenza sleale. Il nostro futuro sarà la fame e la malnutrizione». I “magnanimi” paesi europei pretendono la completa eliminazione dei dazi doganali a partire dal primo gennaio 2008. L'agricoltura famigliare africana, quella più diffusa, sarà completamente annientata. Accadrà lo stesso con le piccole industrie, che non potranno avere prezzi abbastanza competitivi. “Parlano di libero mercato”, dice Yaboxyekk Haile, etiope, membro della ong Acord, “ma una mucca europea riceve due dollari al giorno di sussidi, mentre il 45% della popolazione in Etiopia vive con meno di un dollaro la giorno”. La contrattazione sugli EPA ha preso avvio dopo la firma degli accordi di Cotonou nel 2000, tra l'Europa e paesi ACP (dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico). Fino a quel momento, i paesi ACP godevano di una clausola preferenziale che però, secondo le regole del WTO, scadrà il 31 dicembre 2007. Dopodiché, entreranno in vigore gli EPA. Il liberismo selvaggio, praticato in Africa da ormai più di vent'anni, ha provocato, in Ghana, la scomparsa di 50mila posti di lavoro, a seguito della liberalizzazione delle importazioni tra il 1987 e il 1993; in Senegal, la scomparsa di 56 aziende, tra il 2003 e il 2005, a seguito dell'entrata in vigore dell'ennesimo taglio delle tariffe doganali. L'eurodeputato Vittorio Agnoletto, presente a Nairobi, ha parlato di “una partita tra Davide e Golia”, dove Golia imbroglia le carte con i sussidi con i quali finanzia la propria produzione agricola destinata

all'esportazione. Il risultato sarà il crollo totale dell'economia africana, la chiusura delle aziende, il disastro dell'agricoltura. L'Agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite ha già stimato che con l'approvazione degli EPA, il Burundi perderebbe 19 milioni di dollari, pari al 3% del PIL. Agnoletto ha anche parlato di modificare le regole dei TRIPS, gli accordi sulla proprietà intellettuale dell'Organizzazione del Commercio, per permettere la produzione di farmaci anti-Aids in Africa e l'acquisto, per esempio dall'India, di farmaci generici che oggi non possono essere più prodotti. Altro grande tema dibattuto a Nairobi è stato quello dell’acqua. Anche perché, su 1, 2 miliardi di persone che ufficialmente non hanno accesso all'acqua potabile, più di 400 milioni sono africani. Ha scritto dalla capitale kenyana Paolo Rizzi, del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale dell'Acqua: «L'equivalente di mezzo euro per mezzo litro di acqua minerale, è un prezzo inaccettabile per la maggioranza dei kenyani. Padre Alex Zanotelli ha denunciato questo scandalo che finanzia le multinazionali private e produce tonnellate di rifiuti. Qui ho trovato anche le bottigliette da 25 centilitri che tanto avevamo combattuto quando stavano per invadere l'Italia». Nel corso dei seminari del Forum organizzati dal Comitato Italiano per il Contratto Mondiale dell'Acqua, coordinati da Riccardo Petrella ed Emilio Molinari, si è parlato della neonata rete di movimenti africani - Water Network to Fight Privatization-Awn - che rappresenta più di 40 paesi, contro la privatizzazione e la mercificazione di quello che è un diritto base che «non può essere affidato all'interesse delle multinazionali». «Oggi celebriamo la nascita di questa rete per resistere al furto della nostra acqua; domani celebreremo l'accesso all'acqua pulita per tutti!», ha detto Virginia Setshedi della South African Coalition Against Water Privatization. Fra i principi non negoziabili che la Rete si è già data ci sono: combattere la privatizzazione; assicurare che l'accesso all'acqua come diritto umano sia sancito in tutte le costituzioni; opporsi a tutte le forme di prepagamento (l'escamotage dei contatori, usato in Sudafrica contro i poveri per evitare che evadano le bollette dopo aver consumato). La rete si è posta un ambizioso obiettivo finale: assicurare, entro 20 anni al massimo, l’accesso all’acqua potabile ed ai servizi igienico sanitari per tutti gli abitanti del pianeta (un'altra utopia?). Economic Partnership Agreement - Wikipedia Gambia Social Forum condemns EU-EPA negotiations 01 marzo 2007 A pan-African network to counter water privatisation will be launched at the World Social Forum 19 gennaio 2007

Forum italiano dei movimenti per l'acqua

OCEANI IN VENDITA

Il rapporto di Greenpeace “Trading Away Our Oceans”, mette in risalto un aspetto della liberalizzazione dei mercati che non viene spesso preso in considerazione: la liberalizzazione del commercio del pescato porta gravissimi danni all'ecosistema marino e alle comunità dipendenti dalla pesca. Da Nairobi, Greenpeace ha lanciato l'allarme: ulteriori liberalizzazioni commerciali nel settore della pesca risulterannoe disastrose sia per l'ambiente marino che per le comunità locali che vivono da generazioni con la pesca sostenibile. Greenpeace è arrivata a queste conclusioni prendendo in esame i dati ufficiali forniti da fonti governative e da istituzione internazionali, come l'OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development) e la Comunità Europea. Vengono, tra gli altri, portati i casi di paesi quali Senegal, Mauritania e Argentina, che da alcuni anni si sono lanciati nel libero mercato. In tutti i casi, si sono evidenziati danni ingenti all'ambiente marino ed una diminuzione delle risorse ittiche a disposizione delle popolazioni locali. Nel caso dell'Argentina, è stata stimata una perdita di 3.5 milioni di dollari l'anno per l'industria del pesce, dimostrando che nemmeno dal solo punto di vista economico tali scelte portano effettivi benefici. In generale, i paesi in via di sviluppo, che non possono competere con le grosse industrie del pesce Giapponesi e Occidentali, sarebbero quelli a subire più danni, in particolare proprio l'Africa. (Pubblicato su Ecplanet 01-02-2007)

http://www.roppa.info/ http://www.contrattoacqua.it/ OECD http://oceans.greenpeace.org/en/the-expedition/news/trading-away-oceans Oligopoly Inc. 2008 Oligopoly Inc. 2008 2

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