L’illuminista e il potere ILLUMINISMO E RELIGIONE Affermazione del deismo Dopo le sanguinose guerre e i cruenti massacri di religione, tra i quali si ricorda la strage della notte di San Bartolomeo, in cui furono uccisi i principali esponenti calvinisti per ordine di Caterina dei Medici; l’Europa precipitò nel baratro del fanatismo e dell’intolleranza. Ma tra i pensatori fu avvertita la necessità di superare le divisioni formate dal carattere dogmatico delle diverse confessioni e venne sempre più ad affermarsi un pensiero e un nuovo modo di concepire la religione definito deismo. Questa nuova concezione sostiene la validità della religione razionale nei confronti di quella rivelata e la pone sullo stesso piano dei fenomeni naturali facendo uso dell’indagine razionale. Dunque essa viene privata da ogni evento sovrannaturale ed inspiegabile, poiché dogmi, misteri e superstizioni non devono essere la base della morale umana. Battaglie contro il fanatismo religioso in Francia In Francia gli illuministi manifestarono nei confronti della religione atteggiamenti di ateismo e deismo che criticavano le religioni conducendole nell’ambito empirico, poiché gli uomini, per riconoscere la volontà di Dio, devono fondarsi unicamente sulla ragione, la facoltà che hanno ricevuto in dono. Tra questi il più noto è Voltaire, il quale riteneva che in tutte le religioni rivelate esistesse un centro di verità, poiché tutte affermano l’esistenza di un Dio condivisibile per tutti e a riguardo sosteneva: “se in uno stato ci sono due religioni, faranno per scannarsi; se ce ne sono trenta, vivranno in pace” e attraverso il suo pensiero e le sue opere, contribuì a creare un clima di tolleranza reciproca. Per esempio nella tragedia “Il Maometto”, Voltaire presenta, attraverso un complicato intreccio, il fanatismo come il male peggiore della cultura, poiché causa dei peggiori delitti. Inoltre nel suo Dizionario filosofico, nel quale traspare chiaramente la disposizione laica e tollerante, Voltaire, sotto la voce fanatismo, dimostra come il superstizioso si faccia condurre dai fanatici: “Il fanatismo sta alla superstizione come il delirio sta alla febbre e come la rabbia sta alla collera”. L’esigenza della tolleranza è comunque avvertita da tutti gli illuministi, poiché sono d’accordo nel combattere l’esaltazione religiosa in nome dei diritti naturali dell’uomo, che gli erano negati dai dogmi religiosi, criticando le assurdità della fede. I pensatori materialisti L’autosufficienza della ragione che accetta l’osservazione, la riflessione e l’esperienza porta a una visione del mondo che esclude il concetto di Dio e riconosce nella materia e nel movimento l’unica causa della realtà naturale. L’uomo concepito dai materialisti non è altro che materia organizzata in modo che funzioni secondo un meccanismo, che si distingue dagli animali solo per una più complessa struttura d’organizzazione della materia. In Francia, Denis Diderot non considera accettabile la pretesa di riconoscere nel mondo l’opera di Dio affermando: “quando un fenomeno è, a nostro parere, al di sopra degli uomini, subito diciamo: esso è opera di Dio – poiché la nostra vanità non si accontenta di meno. […] Se la natura ci presenta un nodo difficile da sciogliere, lasciamolo com’è; e non ricorriamo, per tagliarlo, alla mano di un essere che in seguito diventa per noi un nuovo nodo, più indissolubile ancora del precedente”. Quindi gli illuministi
ribadivano che sono ignoranti coloro che di fronte agli ostacoli anziché ammettere la propria impotenza ne attribuiscono la soluzione a un essere superire, la cui esistenza è un problema ancor più irrisolvibile. Furono queste critiche e confutazioni che portarono le logiche illuministe ad essere condannate al rogo dalla chiesa, inoltre i pamphlet e le pubblicazioni proibite costarono a molti intellettuali l’arresto e la detenzione.
DISPOTISMO ILLUMINATO Intellettuali irrequieti Gli illuministi per integrare il loro pensiero nella cultura dovevano frequentare necessariamente la vita attorno alle monarchie, poiché le corti signorili erano spesso luogo di dibattiti seguiti da decisioni, ma allo stesso tempo la carriera di cortigiano non era certo la più adatta a uomini inclini alla critica radicale e al sarcasmo. Lo stesso Voltaire nella sua intensa vita sociale incappò in un nobile che lo fece bastonare dai servitori per le pesanti valutazioni ricevute, facendo appello ai suoi diritti nobiliari nei riguardi dei borghesi. Attraverso questo accidente Voltaire conobbe in prima persona la disugalianza sociale e iniziò a criticare ogni forma di privilegio di nascita, però accettando e giustificando le disugualiaze tra ricchi e poveri e a riguardo scrisse: “Se proibite al ricco di mangiare selvaggina ingrassata, voi rubate al povero, che manterrebbe la sua famiglia col denaro della selvaggina che potrebbe vendere al ricco. Se non volete che il ricco adorni la sua casa, rovinate cento artigiani”. Quindi a proposito delle disugualianze Voltaire non è per un loro completo ripudio ma sostiene la tesi del poligeismo, che afferma l’indipendenza razziale, insistendo maggiormente nel ribadire l’inferiorità costituzionale dei neri rispetto ai bianchi, che giustifica anche lo schiavismo e il razzismo. L’autorità politica La critica illuminista era anche rivolta al potere politico, in particolare Diderot affronta l’argomento etico-politico con timbro fortemente aspro nei confronti dei sovrani e sotto il lemma: Autorità politica dell’Enciclopedie introduce all’argomento così: “Nessun uomo ha avuto dalla natura il diritto di comandare gli altri. La libertà è un dono del cielo, e ogni individuo della stessa specie ha il diritto di fruirne non appena è dotato di ragione”. Secondo la concezione di Diderot il potere ha origine dalla violenza o dal consenso e solo nel secondo caso lo si può considerare legittimo, se non è influenzato dalla demagogia. Le idee illuministe di libertà, di pensiero e dell’autonomia di giudizio non hanno però portato alla soppressione della monarchia, ma almeno a una fiduciosa trasformazione in monarchia illuminata, poiché i pensatori a corte con i loro suggerimenti avviarono una politica di riforme paternalistiche in campo strettamente politico attraverso le quali si giocavano concretamente gli interessi delle nazioni e delle classi dominanti; e poiché l’ostruzionismo aristocratico indeboliva le forze produttive e progressiste borghesi, le riforme avevano principalmente come fine quello di ridurre i privilegi della nobiltà e del clero e di imporre a tutti il rispetto delle leggi, a questo proposito Voltaire ritiene: “Il miglior governo sembra essere quello in cui tutte le condizioni sono ugualmente protette dalle leggi”. Ma furono considerazioni come questa, volte all’abuso di potere, che resero burrascosa l’amicizia con il sovrano Federico II di Prussia e spinsero il famoso critico a fuggire in Svizzera. Anche Diderot espresse drasticamente le sue riflessioni durante la permanenza in Russia alla corte di Caterina II con cui ebbe molti colloqui in cui sostenne il suo rifiuto verso ogni forma di
dispotismo: “Ogni governo arbitrario è cattivo; non faccio eccezione per il governo arbitrario di un padrone buono, risoluto, giusto e illuminato. L’imperatrice di Russia è senz’altro despota. È sua intenzione mantenere il dispotismo e trasmetterlo ai successori o abdicarvi? se mantiene per sé e per i suoi successori il dispotismo, faccia il codice come vuole; non sa che farsene del consenso della nazione”. Diderot si esprime contro ogni forma di dispotismo e sostiene la necessità di un’assemblea rappresentativa permanente, questo spirito liberale lo rese un accanito sostenitore della rivoluzione americana e fino ad esaltarla. L’influenza sull’economia Gli illuministi a corte non erano visti dai sovrani solo come un gruppo di filosofi disobbedienti, ma anche come dei pozzi di idee da cui i regnanti potevano attingere modi efficienti per l’amministrazione, ma soprattutto per lo sviluppo economico. Dunque i despoti se li tenevano appressi per sfruttare le loro capacità e conoscenze, per esempio il noto economista Quesnay prima di occuparsi di economia era il medico personale del re di Francia, quindi il sovrano nutriva un estrema fiducia nei suoi confronti, poiché da lui ne poteva dipendere la sua stessa vita. Questa posizione illustre e confidenziale lo portò ad avere un rapporto molto ristretto con il re e poteva azzardarsi qualche consiglio. Propose un modello economico accomunato con il corpo umano, attribuendo a entrambi i sistemi naturalità e produttività e a riguardo espresse: “Il sovrano e la nazione non perdano mai di vista che la terra è unica fonte delle ricchezze, e che è l’agricoltura che la moltiplica.” Quesnay annunciò chiaramente un vero e proprio concetto che detta come il governo abbia l’obbligo di aderire all’ordine naturale dei rapporti economici difendendo l’agricoltura, poiché nutre e fa prosperare la popolazione. Questo fu uno dei tanti concetti introdotti dall’illuminismo volti a raggiungere il benessere sociale.