Università degli Studi di Torino Dipartimento di Scienze Letterarie e Filologiche
Relazione per il Corso di ANALISI DEL TESTO – Prof. Aldo NEMESIO
Leggere la Letteratura Elettronica: il caso della Interactive Fiction. Riflessioni e suggerimenti per la ricerca empirica sul testo.
di Walter MANTOVANI e-mail: walt(dot)mantovani(at)gmail(dot)com
ABSTRACT – Fino ad oggi la ricerca empirica sul testo letterario si è principalmente dedicata allo studio degli atti di lettura che avvengono di fronte ad un testo stampato; tuttavia con il diffondersi delle tecnologie informatiche e di internet, gli atti di lettura davanti al monitor di un computer hanno luogo sempre più spesso. Se un tempo si leggeva sul computer soprattutto per motivi professionali e non per lungo tempo, oggi si legge più a lungo ed anche per motivi personali ed estetici. Ma se è pur vero che molti di noi sarebbero disposti a leggere una gran quantità di “testi in genere” su di un monitor, non è altrettanto certo che saremmo disposti a leggervi per intero un “classico testo letterario”. Tuttavia negli ultimi decenni, con l’ausilio delle tecnologie informatiche, sono stati creati dei testi letterari che (solitamente) debbono essere letti su un computer. Una delle primissime manifestazioni di questa “letteratura elettronica” è il genere della Interactive Fiction. Nei prossimi anni la ricerca empirica sul testo dovrà affrontare le emergenti forme di “letteratura elettronica” e probabilmente dovrà sviluppare una nuova metodologia di indagine e di analisi in quanto le opere letterarie digitali offrono ai propri lettori nuove ed innovative possibilità di azione. A quali tecniche possiamo far ricorso per studiare empiricamente gli atti di lettura che avvengono al computer? In questo saggio propongo alcuni spunti di riflessione a partire dal caso della Interactive Fiction, filone che storicamente aprì la strada della letteratura elettronica.
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1. LA LETTERATURA ELETTRONICA
In Hayles (2007) abbiamo una buona definizione di ciò che generalmente è considerato “Letteratura Elettronica”: Electronic literature, generally considered to exclude print literature that has been digitized, is by contrast "digital born," a first-generation digital object created on a computer and (usually) meant to be read on a computer. The Electronic Literature Organization […] convened a committee […] to come up with a definition appropriate to this new field. The committee's choice was framed to include both work performed in digital media and work created on a computer but published in print […] The committee's formulation: "work with an important literary aspect that takes advantage of the capabilities and contexts provided by the stand-alone or networked computer".
2. CONTATTO TRA IL TESTO LETTERARIO E LE TECNOLOGIE INFORMATICHE Dall’invenzione della stampa a caratteri mobili (tipografici) avvenuta nel XV secolo il libro di carta è divenuto il supporto principe della comunicazione letteraria. Nei primi anni ’70 del secolo scorso l’avvento degli elaboratori elettronici dotati di monitor in grado di visualizzare grafica e testo diede vita alla cosiddetta “editoria elettronica”, ma il prodotto ultimo era pur sempre divulgato su supporto cartaceo. Anche in fase di creazione del testo, la carta ha mantenuto stabile la propria egemonia nei secoli: fino agli anni ’80 era naturale scrivere un testo sul foglio di carta, con la macchina da scrivere o con la penna. Negli anni ’80 l’abbassarsi dei prezzi e l’introduzione sul mercato dei personal computer ha indotto gli autori di testi letterari a scrivere i propri testi direttamente tramite questo nuovo strumento tecnologico. Nulla cambiava però nel supporto finale: la carta. Come naturale coerenza alla tradizione, ancora per molti anni fu logico che un testo letterario, anche se creato al computer, fosse destinato in ogni caso alla stampa per il solo motivo che non vi erano valide ragioni per fare diversamente. In altre parole, non vi erano ragioni per dover fruire un testo su un supporto che non era quello usato da sempre, cioè la carta. L’editoria non fu certamente il primo impiego di queste macchine; le innovazioni che permisero di elaborare dei testi ed impaginarli tipograficamente tramite un computer vennero solo con il tempo. Alle origini, negli anni ’60, i primi elaboratori elettronici erano disponibili solo presso università e centri di ricerca; i compiti principali in cui venivano impiegati erano di tipo tecnico-scientifico: calcoli e rudimentali elaborazioni grafiche. In questo ambiente accademico, proprio i primi utenti, studenti e ricercatori, forse per [W. Mantovani, Leggere la letteratura elettronica - 2/9]
staccare un po’ dal noioso ambiente di lavoro altamente procedurale e “routinizzato”, forse per sperimentare nuove applicazioni dando sfogo alla creatività, nel tempo libero (e forse non solo) crearono i primi programmi informatici aventi fini ludici ed estetici. Già negli anni ’70 esistevano infatti testi (anche molto complessi) che erano stati creati al computer e che richiedevano un computer per essere fruiti; questi erano dei giochi interattivi basati su testo: videogiochi. Questa tipologia di giochi per computer è ben definita in lingua inglese con il termine “interactive fiction” (spesso abbreviato IF). In italiano e in altre lingue si preferisce “avventura testuale” o “avventura interattiva”; curioso e significativo è il castigliano “aventura conversacional”. Al contrario dei giochi puramente grafici o gestionali, che richiedono all’utente prontezza di riflessi o abilità strategiche, questo genere di giochi fa un largo uso del testo scritto di tipo descrittivo e narrativo. L’utente-lettore1 interagisce con la storia che gli viene proposta scrivendo a tastiera delle semplici frasi che il programma possa riconoscere alla stregua di comandi2. Più il programma è sofisticato, meglio interpreterà i comandi inseriti dall’utente, il quale potrà esprimersi in maniera più naturale, anche senza conoscere esattamente tutta la lista dei comandi previsti. La prima IF della storia riconosciuta a livello mondiale è ADVENT (in seguito nota come Colossal Cave Adventure), creata intorno al 1976 da William Crowther3; originariamente venne sviluppata per un computer mainframe4 DEC (il PDP-10) dell’Università di Boston e di conseguenza il testo poteva essere letto solo da coloro che avevano accesso ad una macchina di questo tipo: all’inizio, probabilmente i soli colleghi di Crowther. L’anno successivo Don Woods ampliò il gioco che venne reso disponibile sulla rete ARPAnet5. Rapidamente si diffuse tra molti studenti di altre università che avevano accesso alla rete. Successivamente il programma venne “portato” su altre piattaforme e alcune sue “derivazioni”
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furono commercializzate fino a raggiungere le prime console da
gioco come l’Atari. Inoltre in successive e più moderne versioni, vennero aggiunti anche contenuti grafici e sonori. Anche il celeberrimo Zork, seguì lo stesso percorso: venne sviluppato tra il 1977 e il 1979 proprio da alcuni studenti che avevano letto/giocato 1
Alcuni studiosi propongono il termine interactor, in italiano dunque “interattore” (J. Yellowlees Douglas e Janet Murray cit. in WALKER 2003). 2 Esattamente come ad un prompt di un sistema operativo o di un’applicazione. 3
CROWTHER (1976).
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Detto anche “Sistema Centrale”, è un computer di grandi dimensioni e molto prestante, finalizzato a gestire e condividere una elevata mole di dati e applicazioni, anche in multi-postazione e su una rete distribuita. Possiamo trovarli soprattutto nei centri di ricerca, università e grandi aziende. 5 Il precursore di Internet, gestito inizialmente dai poli di ricerca universitari e dal dipartimento della Difesa statunitense. 6
In inglese informatico branch.
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ADVENT
tramite
i
mainframe
collegati
ad
ARPAnet.
Nel
1980
Zork
venne
commercializzato7. Ritengo dunque che questi siano indubbiamente i primi esempi di fruizione naturale di un testo narrativo tramite il computer. Contemporaneamente allo sviluppo di ADVENT e Zork, altri studenti svilupparono delle piattaforme per il “gioco di ruolo” (RPG) 8 digitale; da lì allo sviluppo di forme ibride tra IF e RPG il passo fu breve. Col tempo, i programmatori evolsero questi nuovi ibridi in modo che potessero gestire la caratterizzazione del personaggio, l’interazione tra più utenti (sincrona o asincrona)9 o addirittura gli interventi narrativi di un master10 oltre alla semplice generazione automatica del testo. Questi possono essere reputati a tutti gli effetti delle piattaforme di IF collaborativa e multiutente. Se accettiamo ciò che sostiene Hayles (2007), ovvero che alcune tipologie di videogiochi possano essere considerate delle vere e proprie opere letterarie e dunque rientrare in un corpus letterario a sé stante, è necessario inquadrare questo fenomeno in un contesto storico-sociale. Gli ipertesti, le piattaforme multimediali e le opere multimodali, che Hayles (2007) largamente espone, si diffusero solo a partire dagli anni ’90 dunque data l’assenza di precedenti analoghi, ritengo che la “letteratura elettronica” sia nata intorno al 1975. Per oltre un decennio questa letteratura fu incarnata esclusivamente da quei prodotti dell’industria videoludica la cui componente narrativa era predominante; inoltre, non esistendo ancora le tecnologie multimediali che oggi conosciamo, questa componente narrativa era espressa quasi esclusivamente tramite il testo scritto. Il filone delle “avventure testuali” ne è l’esempio perfetto, tuttavia la varietà delle opere videoludiche si manifesta in un ampio ventaglio di prodotti, alcuni anche totalmente privi di una qualsiasi componente prosastica, poetica o drammatica (si immagini ad esempio il gioco del Tic-tac-toe meglio conosciuto come tris). Sebbene non sia possibile riconoscere una netta linea di demarcazione tra ciò che è riconosciuto indubbiamente come un videogioco letterario e ciò che assolutamente non appare possedere alcun “importante aspetto letterario”, è bene ricordare che anche per i testi stampati questa linea di demarcazione non è riconosciuta in maniera unanime. Inoltre se si pensa che un testo narrativo può essere visto come un gioco al quale il lettore è invitato a partecipare, si 7
ANDERSON (1979). Molte opere successive di Interactive Fiction usano tuttora il linguaggio di scripting di Zork (Zcode). 8 In inglese RPG (Role Play Game). Concepiti inizialmente per essere giocati con supporti cartacei che forniscono le regole di gioco e i canovacci per le avventure. Le loro prime implementazioni digitali si hanno a partire dal 1974 con Duengon, pedit5 e dnd i quali tuttavia non prevedono ancora la gestione del testo narrativo che accompagna l’avventura. 9 Nel caso della multi-utenza, abbiamo tipologie come i MUD (Multi-User Dungeon) e i più recenti MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game). 10 Un amministratore del gioco.
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capisce che le differenze tra un videogioco ed un romanzo potrebbero essere (in alcuni casi) alquanto sottili.
3. RICERCA EMPIRICA SULLE AVVENTURE TESTUALI
Solitamente, la ricerca empirica sul testo letterario non fa uso di mezzi informatici per indagare gli atti di lettura in quanto leggere tramite un computer un testo letterario destinato alla stampa influenza di non poco l’atteggiamento del lettore nei confronti del testo. L’ergonomia del supporto informatico è ben diversa da quella di un classico libro stampato. Il medium usato, il supporto e la superficie di un testo influenzano indubbiamente un atto di lettura. Tuttavia se l’opera letteraria è concepita per essere fruita con un computer, l’uso di quest’ultimo diviene requisito imprescindibile. In questo caso, il mezzo informatico si trasforma da elemento di disturbo, ad elemento naturale, che inoltre conferisce al ricercatore nuovi e più efficaci strumenti di indagine per la raccolta dei dati. Nel caso specifico della IF, la possibilità di registrare i comandi inseriti dai soggetti è una importantissima fonte di dati che può rivelare alcuni interessanti aspetti delle strategie interpretative dei codici narrativi11. Inoltre si avrebbe la possibilità di confrontare dati che in un certo senso sono strettamente dipendenti dagli interessi dei soggetti, dalle domande che si pongono e dalle loro aspettative. Sarebbe certamente necessario eseguire una prima raccolta di dati a scopo esplorativo, per raccogliere maggiori informazioni sui possibili oggetti di studio. Per esempio si potrebbe sottoporre un testo di IF 12 ad alcuni gruppi di volontari in un’aula informatica, loggando 13 le sessioni di lettura. Sarebbe possibile registrare oltre ai comandi testuali inseriti, anche altri parametri facilmente misurabili come il tempo di lettura e, con un semplice programma sviluppato ad-hoc, si potrebbe richiedere agli studenti di apporre dei segni sul testo tramite l’uso del mouse al fine di indicare particolari eventi di lettura. In breve tutti i classici metodi di indagine empirica sul testo, usati su supporti cartacei, potrebbero facilmente essere adattati all’uso del computer. Produrre, fruire e studiare un testo con mezzi informatici consegna rispettivamente allo scrittore, al lettore ed al ricercatore nuove e significative possibilità di azione che il semplice supporto cartaceo non dà. Tuttavia nascono almeno due problemi metodologici 11
Sui codici narrativi PRINCE (1984) capitolo 4.
12
In questa fase iniziale, anche magari dei testi artificiali, realizzati ad-hoc per l’esperimento.
13
In questa accezione significa tenere traccia di tutte le operazioni svolte dall’utente, appunto in un “file di log”.
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strettamente correlati, quali la delimitazione dell’oggetto di studio e lo studio degli atti di lettura su testi non lineari. Storicamente i primi fenomeni di narrazione non lineare si hanno tra gli anni ’40 e ’60 a partire dalle sperimentazioni di Jorge Luis Borges14. A partire dalla seconda metà degli anni ’60 alcune di queste nuove forme narrative si affermarono sul mercato e diedero vita ad un filone tutt’ora attuale: il libro-game. E’ interessante notare che proprio a partire dagli anni ’60 si sperimentarono si svilupparono anche i primi “giochi di ruolo” ludici 15, commercializzati già un decennio dopo.
Le analogie tra libro-game, IF ed ipertesto sono evidenti. Tutti e tre sono composti da delle unità di testo connesse tra di loro da una rete di collegamenti (link), creata dall’autore; in questa rete il lettore si sposta attivamente tra da un’unità ad un’altra. Il testo è dunque fruito in maniera non lineare. Ciò che invece li differenzia è l’interfaccia con cui il lettore naviga su questa rete. In questo saggio tuttavia intendo escludere dall’analisi il caso dell’ipertesto in quanto è storicamente successiva all’IF, sebbene sarà necessario fare riferimento ad alcuni importanti concetti teorici sviluppati proprio nello studio degli ipertesti. In particolare dunque, sia nel libro-game che nell’IF il lettore deve spostarsi tra differenti frammenti del testo seguendo percorsi liberi (solitamente unidirezionali) nella rete narrativa creata dall’autore. I nodi di questa rete corrispondono ai singoli frammenti di testo. Volendo utilizzare una terminologia tanto affermata quanto controversa nello studio degli ipertesti, questi nodi, questa unità di testo la chiameremo lessia16. La linearità del testo la si ha dunque solo a livello di ogni singola lessia e non di tutta l’opera. Nei libri game ogni lessia è numerata e, al termine di ciascuna, i link vengono esplicitati con una lista solitamente di due o tre alternative che rimandano ad ulteriori lessie; come per esempio: Se vuoi attaccare il Mago del Nord vai al 206. Se vuoi recuperare la spada e tentare la fuga vai al 154. 14
BORGES, Jorge Luis, 1941. El jardín de senderos que se bifurcan, Sur, Buenos Aires.
15
Role Play Game. Sottolineo l’aspetto ludico per non confonderlo con il “Role Play”, forma teatrale ispirata alla “commedia dell’arte”, in stretta relazione con la tecnica psicologica dello “psicodramma”. 16 Dal fr. lessìe, ing. lexia. Termine introdotto nello studio della narrativa da Roland Barthes per riferirsi alle unità di significato del testo che il lettore deve individuare per procedere nella interpretazione dei cinque codici narrativi teorizzati in S/Z, Seuil, Paris (1970). George P. Landow introduce il termine nello studio degli ipertesti in Hypertext: The Convergence of Contemporary Critical Theory and Technology, The Johns Hopkins University Press, Baltimore (1991). Citati in HAYLES (2007, note 6). Tuttavia Landow usa il termine in un senso almeno in parte diverso da quello introdotto da Barthes, identificandolo con il nodo. I nodi che costituiscono un ipertesto (e un IF) sono infatti generalmente individuati dall'autore, non dal lettore.
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oppure: Tira un dado: se ottieni da 1 a 3 vai al 129, se ottieni da 4 a 6 vai al 130.
Il lettore passa dunque da una lessia ad un'altra in modo casuale o attuando delle scelte tra una serie di alternative che vengono proposte direttamente dal testo. Nel caso della IF invece il lettore deve interpretare il testo, porsi delle domande, delle alternative, dunque prendere una decisione ed inserire il comando appropriato, per esempio: > attacca il mago > prendi la spada > fuga
ma anche > guarda a sinistra > vai a destra > usa pozione dell’invisibilità
In questo caso le possibilità di azione del lettore sono maggiori. Inoltre i link non sono esplicitati direttamente, ma sarà interpretando i codici narrativi 17 che il lettore potrà decidere quale comando inserire, ovvero quale strada (link) intraprendere. In quest’ottica la distanza tra l’accezione di “lessia” in Barthes e quella in Landow si fa più sottile (v. nota 16) . Il fenomeno dell’IF pur nutrendo di una numerosa comunità di appassionati a livello mondiale, non ha mai potuto realmente rivaleggiare con i libri stampati in quanto è come se occupassero due “nicchie ecologiche” solo in parte sovrapposte. Pur essendo ovviamente inferiore dal punto di vista funzionale, un libro possiede enormi vantaggi ergonomici e di trasportabilità (di ingombro) che un computer tradizionale non può offrire. Tuttavia l’industria informatica sta sviluppando apparecchi mirati ad avvicinare i vantaggi detenuti dai due media. Se oggi grazie alla tecnologia LCD è possibile creare dei display leggeri e portatili, presto si diffonderanno su larga scala le tecnologie “tuchscreen”; inoltre vi sono già prototipi funzionanti di “carta elettronica”, sottili film plastici e flessibili che permettono di visualizzare elementi grafici esattamente come un monitor. È dunque verosimile che in un prossimo futuro, la diffusione su larga scala di queste tecnologie possa dare nuove opportunità alla diffusione di tutta la letteratura elettronica in quanto le abitudini delle persone e le innovazioni tecnologiche vanno di pari passo.
17
Mi riferisco a quelli teorizzati da Barthes in S/Z (vedi nota 16) e citati in PRINCE (1984), capitolo 4.
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4. CONCLUSIONI
Alla luce di queste considerazioni appare chiaro che la lo studio dei testi letterari elettronici necessita di nuovi concetti teorici per affrontare i nuovi fenomeni associati all’uso degli strumenti informatici. Allo stesso tempo anche la ricerca empirica su questi testi deve affrontare non pochi problemi metodologici, non tanto per l’acquisizione dei dati quanto piuttosto per la loro analisi. E’ fondamentale comprendere a fondo tutte le implicazioni teoriche che i concetti di nodo (lessia) e link (collegamento) hanno sugli atti di lettura e capire di cosa possano essere indice le scelte compiute dagli “interattori”. Concludo sottolineando che a parer mio lo studio dell’IF sia di primaria necessità in quanto è storicamente il predecessore di tutta la futura “narrativa ipertestuale” 18.
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18
Hypertext Fiction, ben esposta in HAYLES (2007).
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«Game Studies», international journal of computer game research, http://gamestudies.org
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«INFORM - A Design System for Interactive Fiction Based on Natural Language», software per la programmazione di IF, http://www.inform-fiction.org «L’avventura è l'avventura», sito per appassionati di narrativa interattiva, http://www.avventuretestuali.com
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