Il sistema dell’Educazione Degli Adulti (E.D.A.) in Europa
CLAN – Continuous Learning for Adults with Needs 134649-LLP-1-2007-1-IT-GRUNDTVIG-GMP Grant Agreement 2007-3569/001-001 This project has been funded with support from the European Commission. This publication reflects the views only of the author, and the Commission cannot be held responsible for any use which may be made of the information contained therein
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Lo sfondo istituzionale europeo: il Memorandum della Commissione Educazione degli adulti/educazione permanente – Dalla Strategia di Lisbona al Memorandum LLL – EDA e politica Europea: atti del Consiglio, del Parlamento e della Commissione europea dopo il Memorandum. Con il programma della quindicesima sessione della Conferenza generale dell'Unesco (novembre 1968) “educazione permanente” ed “educazione degli adulti”, fino ad allora teoricamente poste su due piani differenti (anche a ragione di una sfumatura semantica e linguistica tra “lifelong education” già nel vocabolario dell'educazione anglofoba a partire dagli anni '20 - Adult education commitee, 1919; - e “lifelong learning”, ancora esistente nei primi anni ’601), vengono esplicitamente correlate: il concetto di educazione permanente viene così a denotare l'insieme dei processi educativi ricadenti su tutta la durata della vita e concernenti tutte le dimensioni dell'esistenza, nella quale l'educazione degli adulti viene a collocarsi come un momento della crescita intellettuale e professionale dell’individuo, in rapporto al quale l'educazione
iniziale,
ripensata
“a
monte”,
esercita
una
funzione
essenzialmente
propedeutica2. Questa concezione di una unità organica o integrata tra educazione iniziale ed educazione degli adulti nel quadro di un sistema globale di educazione permanente viene nuovamente affermata nel corso dei lavori preliminari all'Anno internazionale dell'educazione (1970), si conferma al momento della sedicesima, diciassettesima e diciottesima Conferenza dell'Unesco (1970, 1971, 1974) e si traduce nell'intitolazione stessa della Conferenza Internazionale sull’Educazione degli adulti di Tokyo del 1972, "L'educazione degli adulti nel contesto dell'educazione permanente"3. Come visto nel capitolo precedente, con la quinta Conferenza Internazionale sull’Educazione degli Adulti dell’UNESCO (Amburgo, luglio 1997), Il termine “lifelong learning” è caratterizzato da una doppia lettura semantica e concettuale: può rimandare ad una acquisizione delle competenze ed a un accesso al sapere durante il corso della vita dalla prospettiva del soggetto, di “colui che apprende”, da un lato inteso come l’insieme delle motivazioni personali e dei progetti ed i processi formativi che il soggetto attua individualmente (autoformazione, autodidattica, “self learnig” o meglio "self-directed learning"), da un altro lato come l’attenzione dei decisori politici e delle istituzioni verso i bisogni formativi del singolo quanto alle possibilità ed alle opportunità che questo ha per soddisfare quei bisogni. Il termine “lifelong education” rimanda invece ad un’accesso al sapere mediato o prodotto da un agente esterno al soggetto, che può essere istituzionale o meno. Il supermanto della sfumatura avviene nel riconoscimento della complementarietà dei due termini (learning-education) e nella sintesi operata dalla dualità semantica dello stesso termine “learning”, per cui lifelong learning o lifelong education si configurano come l'insieme organizzato dei dispositivi e dei mezzi d'educazione, d'insegnamento e di formazione destinati a facilitare, nel corso della vita degli individui, i processi personali dell'acquisizione di conoscenze e di competenze. 2 L'idea che l'istruzione non debba "abbandonare gli individui nel momento in cui escono dalla scuola" ma debba "accogliere tutte le età" e che questa "seconda istruzione" sia "tanto più necessaria dato che quella dell'infanzia è stata ristretta in limiti serrati" si trova espressa in maniera notevole da Condorcet nel suo Rapport sur l'organisation gènèral de l'istruction publique presentato il 20 aprile 1792 all' Assemblea Nazionale. 1
2
il
termine
classico
di
“istruzione”
viene
definitivamente
abbinato
a
quello
di
“formazione/educazione permanente”, per essere riaffermato nel summit di Lisbona in occasione del Consiglio Europeo. La novità introdotta da quest’ultimo, rispetto alle Conferenze internazionali promosse dall’Unesco a partire dagli anni ’60 ad oggi, è nel documento finale, il quale, seppur redatto da un numero minore di paesi (le conferenze dell’Unesco hanno una dimensione mondiale, mentre il Consiglio Europeo è limitato ad i soli paesi membri dell’Unione Europea – ancora nel 2000 in numero di 15), ha una forte valenza programmatica, con l’individuazione di obiettivi strategici specifici e con la definizione di linee operative per il conseguimento di tali obiettivi, nella forma del “mandato” all’organo governativo dell’Unione Europea e dell’”invito” al Parlamento Europeo ed ai singoli Stati membri. La Commissione Europea ha avuto modo di rispondere a tale mandato assegnatole dai Consigli europei di Lisbona e di Feira ed alle indicazioni, sia tacite sia esplicite contenute nei documenti citati, attraverso il Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente pubblicato a Bruxelles il 30 Ottobre 2000, vero e proprio documento di Lavoro. Quest’ultimo, insieme
alla
comunicazione
della
Commissione,
Realizzare
uno
spazio
europeo
dell’apprendimento permanente, costituisce il dossier fondatore del nuovo corso delle politiche della formazione nell’Unione Europea. In esso si richiama l’attenzione dei governi e dei cittadini sull’importanza fondamentale di sviluppare nell’individuo capacità per migliorarsi lungo tutto l’arco della vita. Gli obiettivi definiti nel Memorandum si riferiscono alla società della conoscenza: “acquisizione e aggiornamento competenze, investimento prioritario nelle risorse umane, offerta ininterrotta di formazione e studio di nuovi metodi d’insegnamento, miglioramento dei sistemi di valutazione della formazione, garantire a tutti accesso alle informazioni ed all’orientamento, avvicinare i luoghi dell’istruzione e della formazione alle genti”. Sempre nello stesso documento viene dichiarato che istruzione e formazione permanente sono i modi migliori per realizzare una società dell’integrazione che fornisca a tutti le stesse opportunità, che motivi i cittadini a cooperare attivamente nelle sfere sociali e politiche della società. A tali fini e per rendere concreta l’istruzione e la formazione permanente, il Memorandum sottolinea che i singoli Governi devono impegnarsi a:
3
Le idee e le informazioni qui espresse sono state mutuate dall’articolo di Jan Claud Forquin “L'idea dell'educazione permanente e la sua espressione internazionale a partire dagli anni '60”, pubblicata sulla Rivista internazionale di EDAForum; ANNO I / N.2 – 1 giugno 2005 – EDA e DIRITTI http://rivista.edaforum.it/numero2/mon-forquin.htm
3
1. Costruire una società d’integrazione capace di offrire a tutti i cittadini le stesse opportunità di accedere ad un apprendimento di qualità lungo l’intero arco della vita corrispondente ai bisogni e alle esigenze di ciascuno; 2. Adattare le modalità d’offerta di istruzione e di formazione, nonché l’organizzazione della vita professionale, affinché i cittadini possano disporre di continue opportunità formative che integrino i momenti del lavoro, della vita familiare e del tempo libero; 3. Elevare il livello generale degli studi e delle qualifiche in tutti i settori, per garantire un’offerta di qualità e, contemporaneamente, l’adeguatezza delle conoscenze e delle competenze alle mutevoli esigenze del mondo del lavoro; 4. Sollecitare i cittadini, fornendo loro strumenti adeguati per cooperare in tutte le sfere della vita pubblica. Nel Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente vengono inoltre definite le tre categorie dei modi di apprendere: formale, non formale ed informale. La distinzione e la valorizzazione di queste tre categorie si origina dalla constatazione che per aumentare la motivazione ad apprendere nell’individuo adulto sia necessario solo rafforzare l’offerta formativa. Sull’apprendimento formale da sempre si sono modellati i sistemi di istruzione e di formazione tradizionali
ed
il
modo
stesso
di
intendere
l’apprendimento.
Nell’apprendimento non formale, come in quello formale, la trasmissione di saperi ed abilità è intenzionale, ma il processo di trasmissione dei saperi avviene all’esterno dei sistemi formalmente riconosciuti di istruzione e formazione. L’apprendimento informale è invece un cantiere inesauribile di saperi dove assume maggiore rilievo l’acquisizione contestualizzata di abilità da parte del soggetto attraverso l’esperienza ed il sistema di relazioni sociali che l’individuo va strutturandosi rispetto alle finalità conoscitive perseguite. Inoltre esso è comprensibile nel concetto di lifestyle, ossia in una particolare condizione per cui si creano situazioni che favoriscono la predisposizione a voler apprendere. Il più delle volte: andare a teatro, al cinema, leggere libri, partecipare ad incontri politici; in una parola a svolgere attività culturali che, elevando il livello di conoscenze personali, promuovono l’emancipazione sociale e la sistematica ricerca del miglioramento continuo per sé e per gli altri. Il Memorandum ha dato l’avvio a un ampio dibattito, su scala europea, per ragionare e definire una strategia globale di attuazione dell’istruzione e della formazione permanente in tutte le sfere e i sistemi della vita sia, pubblica sia privata ed ha aperto ad ulteriori azioni ed iniziative volte alla realizzazione degli obiettivi strategici individuati in ambito educativo.
4
A tale riguardo nello stesso anno del summit di Lisbona e della redazione del Memorandum,
l’Unione Europea, consapevole delle potenzialità offerte dalle ICT,
promuove nella Comunicazione del maggio 2000 “E-learning. Pensare all’educazione di domani” il Programma E-Europe per il periodo 2001-2004, orientato a diffondere la cultura digitale in particolare nelle scuole, coinvolgendo gli insegnanti e gli allievi. Sempre in tale anno prende avvio l'Azione Grundtvig del Programma Socrates, che ha lo
scopo
di
accrescere
la
dimensione
europea,
l'innovazione
e
la
qualità
dell'educazione degli adulti. Nel febbraio 2001, in base ad una proposta della Commissione, il Consiglio adotta la Relazione “Gli obiettivi futuri e concreti dei sistemi di istruzione e formazione” presentata a Stoccolma nel marzo 2001. Nella Relazione vengono definiti tre obiettivi strategici specifici per i sistemi di istruzione e formazione:
aumentare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione nell’Unione Europea;
facilitare l’accesso di tutti ai sistemi di istruzione e di formazione;
aprire al mondo esterno i sistemi di istruzione e formazione.
Nel novembre 2001, la Comunicazione della Commissione Europea “Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento”, a conclusione del processo di consultazione realizzato in tutti i Paesi membri sul Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, rende più completa la definizione di “apprendimento permanente” definendola, "Qualsiasi attività, avviata in qualsiasi momento della vita, volta a migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze in una prospettiva personale, civica, sociale e/o occupazionale" stabilendo gli assi portanti per l’implementazione a livello europeo dell’istruzione e della formazione permanente:
•
il lavoro in partenariato,
•
la creazione di una cultura dell’apprendimento,
•
la qualità come aspirazione all’eccellenza,
•
la conoscenza della domanda,
•
la definizione delle risorse adeguate a facilitare l’accesso alla formazione.
Con
l’adozione
della
nuova
definizione
di
“apprendimento
permanente”
lo
sbilanciamento di valore posto in essere dalla Strategia di Lisbona, nel binomio “diritto all’istruzione”
–
“diritto
al
lavoro”
(educazione/occupabilità),
viene
recuperato
5
riaffermando la “prospettiva personale” come una delle finalità dei percorsi educativi ed introducendo una disgiunzione (sintattica, ma al tempo stesso sostanziale) tra dimensione sociale e dimensione lavorativa (prospettiva sociale e/o occupazionale). L’individuo, sempre al centro degli politiche e delle azioni formative, viene ora “ripensato” e “riposizionato” come soggetto di bisogni ed interessi che non necessariamente devono essere collegati alla sua sfera professionale, ma anche al suo sviluppo individuale per una vita sociale migliore. Al tempo stesso viene recuperata l’idea per la quale non deve essere scopo ultimo ed esclusivo dello Stato o degli Stati costruire i sistemi di istruzione e le occasioni formative rivolte ai propri cittadini, anche in contesti di apprendimento lungo tutto il corso della vita, in una sola prospettiva professionale, che sia elemento di una più ampia struttura finalizzata alla crescita ed affermazione economica in un contesto di competizione mondiale. Il ruolo riconosciuto all’apprendimento permanente è così di ampio respiro: risponde alle sfide rappresentate dalla globalizzazione dei mercati e dalla società della conoscenza, ma anche all’inclusione sociale, sul doppio canale dell’affermazione dell’individuo (come affermazione del sé) e nella realizzazione del rispetto dell’altro (l’altro in rapporto al sé), in termini di prevenzione alla discriminazione, promuovendo la tolleranza, nel rispetto delle diversità linguistiche e multi culturali. Centrale in questa affermazione è la categoria di “competenza” la quale viene così a travalicare, nel suo processo di definizione concettuale e di emersione sociale, l’ambito della professionalità, del lavoro e dell’occupazione, in cui si era manifestata inizialmente e in cui tende a manifestarsi ancora, per muoversi progressivamente non solo in direzione dell’occupabilità quanto piuttosto nella più generale possibilità per gli attori sociali di assolvere ai propri compiti evolutivi (crescita individuale) e di ruolo (posizione nella società). Ulteriore attenzione deve essere posta al concetto di “lavoro in partenariato” introdotto per indirizzare la frammentazione e la duplicazione potenziali delle azioni e per andare verso un quadro di riferimento generale per il Lifelong Learning. La realizzazione di un “lavoro in partenariato” e cooperativo si deve concretizzare attraverso tutta una serie di reali strutture inter-governative e di meccanismi per promuovere il coordinamento, in modo da massimizzare l'investimento e gli interventi nel campo dell'apprendimento degli adulti. 4 Nel marzo 2002 il Consiglio europeo di Barcellona, confermando gli obiettivi di Lisbona, individua un ulteriore obiettivo strategico: fare dei sistemi di istruzione e formazione in Europa un riferimento per la qualità a livello mondiale nel 2010. 4
In un certo numero di paesi è stato creato un organo di coordinamento nazionale/regionale per l'apprendimento degli adulti con un ruolo nella politica decisionale e nell'implementazione, nel coordinamento politico e/o nella consulenza politica.
6
Per la realizzazione di tale obiettivo, si prende consapevolezza della diversità dei contesti nazionali di istruzione e formazione, e si mette in opera il “metodo aperto di coordinamento”,
mutuato
dalle
azioni
di
politica
economica
e
basato
sull’individuazione di parametri di riferimento condivisi e sullo scambio di esperienze tra Stati membri. Viene inoltre redatto e sottoscritto il programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010”. Nel giugno 2002 la Comunicazione della Commissione “Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente” e la successiva risoluzione del Consiglio, hanno identificato nel fornire nuove “competenze di base” una priorità nei sistemi di istruzione e formazione ed hanno ribadito che “l’apprendimento permanente” deve denotare l’apprendimento “da prima della scuola a dopo la pensione”, riaffermando la concezione di una unità organica o integrata tra educazione iniziale ed educazione degli adulti (aprendo anche ad un’educazione pre-iniziale e pre-scolastica) nel quadro di un sistema globale di formazione permanente.
Gli obiettivi di Lisbona hanno avuto un’ulteriore accelerazione verso la loro realizzazione quando, nella Decisione del Consiglio del 5 maggio 2003, i Ministeri dell’Istruzione dei Paesi membri si sono accordati su una serie di indicatori per l’analisi comparativa. In relazione all’EDA l’obiettivo è quello di garantire, entro il 2010, che almeno il 12,5% della popolazione adulta (25-64 anni) partecipi ad attività di formazione permanente.
Nel novembre 2003, l’Unione europea assume la Comunicazione sulla valutazione dell’implementazione del Programma “Education & Training 2010” scaturito dagli “Obiettivi di Lisbona” che ha portato alla costituzione di gruppi di lavoro tematici con lo scopo di sollecitare gli Stati membri a proseguire nello sviluppo di politiche per l’apprendimento permanente. I temi affrontati nei gruppi di lavoro riguardano in particolare: 1) le competenze di base, 2) l’insegnamento delle lingue, 3) lo sviluppo di competenze nell’ambito delle ICT, 4) il miglior utilizzo delle risorse, 5) la mobilità e la cooperazione europea, 6) l’open learning, 7) la cittadinanza attiva e l’inclusione, 8) la formazione formatori, 9) il sistema di crediti europeo per la formazione professionale, 10) la validazione dell’apprendimento non formale. Nel
marzo
2004
la
Commissione
Europea
nella
Comunicazione
“La
nuova
generazione dei Programmi di istruzione e formazione comunitari dopo il 2006” ha proposto un programma integrato per il lifelong learning, incorporando l’insieme dei progetti
già
esistenti
promossi
per
supportare
specifiche
attività
nel
campo
7
dell’istruzione e della formazione nel contesto della strategia dell’apprendimento permanente.
L’intento è di creare una maggiore sinergia fra i diversi campi di azione dei sistemi di istruzione e formazione sostenendo ulteriori sviluppi nel lifelong learning e di offrire modalità più coerenti ed efficienti di allocazione delle risorse finanziarie. In prospettiva il programma integrato mira ad una razionalizzazione delle forme di finanziamento in virtù dell’allargamento dell’Unione ad altri Paesi e di una maggiore identità economico-sociale dell’Europa verso un mondo globale e multiculturale. Il Programma Integrato 2007-2013, persegue i seguenti obiettivi:
rafforzare il contributo dell’apprendimento permanente ai fini dello sviluppo personale, della coesione sociale, della cittadinanza attiva, della pari opportunità;
contribuire
allo
sviluppo
della
qualità
del
lifelong
learning
e
promuovere
l’innovazione;
rendere accessibili e attraenti e di qualità le opportunità dell’apprendimento permanente tra gli Stati membri;
contribuire ad aumentare la partecipazione all’apprendimento permanente da parte delle persone di ogni età;
promuovere la creatività, la competitività, l’occupabilità e la crescita di uno spirito imprenditoriale;
promuovere l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica;
divulgare risultati, prodotti e processi innovativi e scambi di esperienze;
rafforzare il ruolo dell’apprendimento permanente nel creare un senso di cittadinanza europea ed incoraggiare la tolleranza e il rispetto per gli altri e per le altre culture;
promuovere la cooperazione nell’assicurare la qualità in tutti i settori dell’istruzione e della formazione in Europa.
Del 10 novembre 2005 sono le Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio, “Sulle competenze chiave per l'istruzione e la formazione durante l'intero arco della vita”, poi riaffermate con la Raccomandazione del 18 dicembre 2006 “Relative a competenze chiave per l’apprendimento permanente”. Il riconoscimento e lo sviluppo di competenze chiave, attraverso il riconoscimento e l’adozione di un “quadro europeo di riferimento” , è fondamentale perché
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“ vi sia un’infrastruttura adeguata per l’istruzione e la formazione permanente degli adulti che, tenendo conto dei diversi bisogni e competenze degli adulti, preveda la disponibilità di insegnanti e formatori, procedure di convalida e valutazione, misure volte ad assicurare la parità di accesso sia all'apprendimento permanente sia al mercato del lavoro, e il sostegno per i discenti”5 I termini “competenza” e “competenza chiave” sono stati adottati, preferendolo a “competenza di base”, in quanto generalmente quest’ultimo rimanda a quelle capacità elementari di un individuo che consistono nella lettura, nella scrittura e nel calcolo6. Il termine “competenza” è stato infatti riferito a una “combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto” e con “chiave” si apre ad un significato che contempla al tempo stesso “il suo essere fondamentale” e “il suo essere strategico”. Allo stesso tempo, le “competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione”: sono quelle competenze cioè che possono costituire la base per ulteriori occasioni di apprendimento long life. Si segnalano, in particolare:
1. Comunicazione nella madrelingua; 2. Comunicazione nelle lingue straniere; 3. Competenza digitale; 4. Imparare ad imparare; 5. Competenze sociali e civiche; 6. Spirito di iniziativa e imprenditorialità; 7. Consapevolezza ed espressione culturale. si riferiscono, dunque, a tre aspetti fondamentali della vita di ciascuna persona:
la realizzazione e la crescita personale (capitale culturale);
la cittadinanza attiva e l’integrazione (capitale sociale);
la capacità di inserimento professionale (capitale umano).
Il 15 novembre 2006 viene definitivamente istituito con
decisione del Parlamento
europeo
comunitaria
e
del
Consiglio
Il
Programma
d’azione
nel
campo
dell’apprendimento permanente, o Lifelong Learning Programme (LLP), nel quale vengono riunite al suo interno tutte le iniziative di cooperazione europea nell’ambito dell’istruzione e della formazione dal 2007 al 2013, in particolare ha sostituito, Raccomandazione del Parlamento e del consiglio europeo del 18 dicembre 2006 “Relative a competenze chiave per l’apprendimento permanente” 6 Questa accezione di “competenza di base” è stata riconosciuta già nel giugno 2002 la Comunicazione della Commissione “Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente” 5
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integrandoli in un unico programma, i precedenti Socrates e Leonardo, attivi dal 1995 al 2006. Il LLP si presenta strutturato in: 4 Programmi settoriali (o sotto-programmi) che mantengono i nomi delle precedenti azioni dei programmi Socrates e Leonardo (Comenius – Istruzione scolastica, Erasmus – Istruzione superiore e alta formazione, Leonardo da Vinci – Formazione iniziale a continua, Grundtvig – Educazione degli adulti) un Programma Trasversale volto a garantire il coordinamento tra i diversi settori (4 attività chiave: Sviluppo politico; Apprendimento delle lingue; Nuove Tecnologie; Diffusione dei risultati) il Programma Jean Monnet per sostenere l’insegnamento, la ricerca e la riflessione nel campo dell’integrazione europea e le istituzioni europee chiave. Obiettivi specifici del Programma di apprendimento permanente sono: a) contribuire allo sviluppo di un apprendimento permanente di qualità e promuovere risultati elevati, l'innovazione e una dimensione europea nei sistemi e nelle prassi del settore; b) sostenere la realizzazione di uno spazio europeo dell'apprendimento permanente; c) contribuire a migliorare la qualità, l'attrattiva e l'accessibilità delle opportunità di apprendimento permanente disponibili negli Stati membri; d) rafforzare il contributo dell'apprendimento permanente alla coesione sociale, alla cittadinanza attiva, al dialogo interculturale, alla parità tra le donne e gli uomini e alla realizzazione personale; e) contribuire a promuovere la creatività, la competitività, l'occupabilità e lo sviluppo di uno spirito imprenditoriale; contribuire a una maggiore partecipazione di persone di tutte le età, comprese quelle con particolari esigenze e le categorie svantaggiate, all'apprendimento permanente a prescindere dal retroterra socioeconomico; g) promuovere l'apprendimento delle lingue e la diversità linguistica; h) promuovere lo sviluppo, nel campo dell'apprendimento permanente, di contenuti, servizi, soluzioni pedagogiche e prassi a carattere innovativo basati sulle TIC;
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i) rafforzare il ruolo dell'apprendimento permanente nello sviluppo di un sentimento di cittadinanza europea basato sulla comprensione e sul rispetto dei diritti dell'uomo e della democrazia e nella promozione della tolleranza e del rispetto degli altri popoli e della altre culture; j) promuovere la cooperazione in materia di garanzia della qualità in tutti i settori dell'istruzione e della formazione in Europa; k) incoraggiare il migliore utilizzo di risultati, di prodotti e di processi innovativi e scambiare le buone prassi nei settori disciplinati dal programma di apprendimento permanente, al fine di migliorare la qualità dell'istruzione e della formazione
L’IMPATTO DEL MEMORANDUM SULLE STRATEGIE EUROPEE: SINTESI DELLE ESPERIENZE NEI PAESI MEMBRI Come detto nel capitolo precedente il Memorandum si configura come strumento fondamentale per portare la strategia di apprendimento continuo ad una più esplicita e diffusa consapevolezza, in ambito europeo, e, per mettere maggiormente in evidenza le sue componenti operative e di concezione in quanto orizzonte di una riforma generale dei sistemi di istruzione nell’ambito della UE. È allora fondamentale porre l’attenzione sull’analisi di alcune linee di fatto che emergono dalle risposte dei singoli Stati Membri alla consultazione sul Memorandum. In questa analisi possono venirci incontro, parallelamente alla lettura diretta delle risposte degli Stati, due particolari documenti, rispettivamente: CEDEFOP, Examen des Rapports des Etats Membres et des Pays de l’EEE e CEDEFOP-Eurydice, National action to implement lifelong learning in Europe. Sempre al fine di tale analisi è, al contempo, necessario mettere in evidenza alcune considerazioni di base: •
Gli Stati membri usano spesso il Memorandum per presentare le proprie politiche di riforma ritenute configurabili come azioni riguardanti l’apprendimento continuo
•
Rispetto alla visione generale della strategia di apprendimento continuo, solo poco più della metà dei Paesi è favorevole ad un’ottica “meta-settoriale”; l’altra metà, sembrano rappresentarsi questa strategia come particolarmente urgente e pertinente per le politiche del settore educazione degli adulti e formazione/istruzione professionale.
•
Un consenso “visibile” sembra convergere sul principio e la definizione di apprendimento continuo e sulle questioni di base, ma assai meno sulle risposte da dare a tali questioni ed ai singoli problemi
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•
Paiono ugualmente deboli le attenzioni dedicate sia alla dimensione europea sia alla dimensione locale e regionale della “strategia apprendimento continuo”: “In generale si ritiene che le azioni a livello europeo dovrebbero limitarsi a favorire lo scambio di informazioni e di buone pratiche”7, al tempo stesso si ritiene che le norme comuni devono progredire “passando attraverso un consenso volontario” mentre “è interessante notare che poche delle proposte di azione riguardano il livello regionale e locale”.
•
L’attenzione degli Stati è particolarmente rivolta ai problemi e alle situazioni nazionali, di cui la Commissione, secondo gli stessi Stati, non avrebbe tenuto sufficientemente conto; alla Commissione si rimprovera altresì di aver formulato i problemi in termini spesso troppo generali (es: Danimarca e Svezia) perché i singoli attori si sentano chiamati in causa e coinvolti.
Alla luce di ques’ultima criticità c’è da osservare che varie riserve sono state formulate nei confronti del Memorandum stesso, e particolarmente critici si sono manifestati Stati come la Svezia, Danimarca, Francia, Germania e Gran Bretagna. Una lettura attenta dei contributi dei singoli Stati consente di confermare l’ipotesi di sintesi del CEDEFOP riguardo a queste critiche (o meglio, riserve). Si tratta di un’ipotesi articolata su tre capitoli “trasversali” di obiezioni al Memorandum: 1. l’insufficienza di una esplicita priorità da accordare alla coesione sociale e all’uguaglianza delle “possibilità”; 2. l’insufficienza
dell’attenzione
ai
bisogni
e
alla
domande
di
educazione/formazione continua di specifici target groups; 3. l’eccessivo
peso
attribuito
alla
responsabilità
individuale,
nonché
un’insufficiente attenzione alla responsabilità della società in materia di prestazioni, accesso, partecipazione e risultati dell’apprendimento. Su questo ultimo punto in particolare e, andando oltre la lettura che ne fa il CEDEFOP, possiamo leggere nei rapporti un triplice convergente ordine di preoccupazioni: •
l’enfasi sull’individuo, senza una pari attenzione sui servizi di settore e di supporto alla persona (informazione, orientamento, tutoring, qualità dell’insegnamento), rischia di essere una specie di anticamera di una visione in termini di modello di mercato della formazione e quindi, il “servizio educativo” si trasforma in “bene di consumo”.
•
Gli Stati sottolineano il rischio che ci può essere in una riduzione dell’impegno pubblico e delle responsabilità collettive nei confronti dei cittadini, riconoscendo il fatto che i governi ed i fondi pubblici hanno ancora un’incidenza determinante, in tutta Europa, nella costruzione e realizzazione dei sistemi educativi/formativi.
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CEDEFOP, Examen des Rapports des Etats Membres et des Pays de l’EEE, par. 1.3
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•
Gli Stati ribadiscono l’importanza della dimensione occupazionale e di crescita economica congiuntamente alla definizione dei sistemi di istruzione e formazione.
Senza tuttavia esaurire la totalità dei metodi e delle pratiche presenti nel panorama europeo, alcuni esempi, per noi significativi, di Educazione degli adulti formale e non formale, possono favorire utili spunti di riflessione circa il grado, i modi ed i metodi di applicazione del Memorandum in Europa. L’Educazione degli adulti formale e non formale, sia che sia finalizzata alla socializzazione ed al recupero delle “competenze sociali”, oppure alla realizzazione di percorsi per la “cittadinanza attiva” o per la formalizzazione dei saperi non formali o informali, si articola in modo diverso nei differenti contesti nazionali europei a seconda del tipo e dalla natura del target, dei servizi e delle strategie individuate, delle discipline/materie attraverso le quali questa si attua, dagli attori e dagli enti coinvolti. L’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI NON FORMALE COME “SOCIALIZZAZIONE” E RECUPERO DELLE “COMPETENZE SOCIALI” Sulla base della tipologia di adulti Target dell’Educazione degli adulti non formale possiamo individuare cinque macro aree, tutte ricadenti dentro il fenomeno del rischio degrado o dell’emarginazione/esclusione sociale.
In particolare: l’adulto disoccupato o pensionato,
l’immigrato o re-impatriato, l’adulto disabile, l’adulto carcerato o oggetto di azioni di recupero dalla tossicodipendenza, ed infine l’adulto appartenente a minoranze nazionali o etniche. Prendendo in esame il target adulto appartenente ad una minoranza nazionale o etnica possiamo vedere come, siano presenti in tutti i paesi europei, specifiche politiche formative e di inclusioni sociale,
e come queste si realizzino
principalmente attraverso processi di
alfabetizzazione. Significativo, in questo senso, è il caso dei Paesi Bassi dove a partire dal 2001 è stato avviato un progetto pilota rivolto ai nomadi residenti (Comunità Rom e Sinti) nella località di De Kring (Groningen). Da settembre del 2001, l’Agenzia municipale per gli affari dei nomadi residenti della municipalità di Groningen, si è fatta responsabile dello sviluppo di una politica inclusiva e della sua implementazione nel rispetto dei nomadi e del loro ambiente: dall’alloggio all’istruzione, e dall’assistenza medica al lavoro ed al compenso. Per partecipare “a tutto tondo” alla vita sociale, è stato riconosciuto come alcuni residenti del campo nomadi De Kring necessitano di (re)-imparare a leggere e scrivere, in modo particolare la popolazione femminile. Per questo motivo sono stati realizzati progetti di alfabetizzazione,
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attraverso il Centro regionale per l’educazione (Regionaal Opleidingencentum – ROC), Alfa college. Il progetto di alfabetizzazione, tuttavia, non mira unicamente all’insegnamento della lettura e della scrittura, ma prevede anche lo sviluppo di abilità informatiche, ed informazioni di base su temi importanti quali la salute e l’alimentazione. Gli insegnanti non solo sono incaricati di tenere lezioni, ma hanno compiti di orientamento e di tutoraggio. Le lezioni si svolgono nel campo nomadi ed i partecipanti seguono un programma individuale con un proprio obiettivo in uscita. Un altro esempio di Educazione degli adulti non formale, rivolta a gruppi particolari quali gitani ed intesa non solo come realizzazione di processi di acquisizione di conoscenze di base e competenze professionalizzanti, ma anche come attivazione di una serie di servizi di supporto, è individuabile in Grecia dove, per la popolazione nomade residente, sono contemplati specifici curricula che comprendono oltre l’alfabetizzazione e la formazione professionale, l’educazione sanitaria ed attività di counseling nei confronti dei genitori. Le offerte educative inoltre riguardano non tanto discipline di studio quanto settori cognitivi e l’offerta viene realizzata tenuto conto delle esigenze educative dei soggetti cui si rivolge. Se portiamo l’attenzione alle discipline o materie che vengono individuate o scelte per attuare in chi partecipa un processo di recupero delle “competenze sociali”, escluse quelle relative all’alfabetizzazione ed alle conoscenze di base, possiamo vedere come queste convergono su determinati settori. In alcuni paesi (tra questi il Portogallo) questa scelta ricade sulle discipline sportive e (principalmente nei paesi del nord e dell’area baltica, un esempio: la Lituania) nel coinvolgere l’adulto in attività che contemplano la protezione ed il rispetto dell’ambiente. In Portogallo l’attività sportiva rivolta a gli adulti, insieme ad altre attività più generalmente definite “del tempo libero” si realizza in particolari associazioni culturali denominate Collettività (Colectividade) presenti all’interno di una comunità e il cui numero di iscritti aumenta
proporzionalmente
all’espansione di quest’ultima. La maggior parte di esse si sviluppò nei sobborghi di Lisbona, nel Sud del Paese e nelle Isole dell’Atlantico già a partire dalla metà del 19° secolo. Consistevano in luoghi di incontro, di svago e di discussione. Adesso esse costituiscono delle scuole di formazione sociale, politica, sportiva e contano migliaia di aderenti. Sono diffuse anche fra le comunità portoghesi di immigrazione. Democratiche nella struttura organizzativa, sono riuscite, a dispetto della repressione fascista che ha soggiogato il Paese dal 1962 al 1974, a preservare il loro carattere di scuole di democrazia, giocando un ruolo cruciale nel periodo che ha seguito il 1974 (rivoluzione democratica). Le popolazioni delle grandi aree urbane e delle campagne del Sud si
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sono sentite subito in sintonia con il nuovo regime democratico, allorché, invece, le popolazioni delle campagne del centro e del nord hanno incontrato difficoltà a partecipare alla vita democratica e a gestire il potere locale. Sebbene si siano evolute verso una comune struttura organizzativa, i loro nomi riflettono ancora quelli dei fondatori: Ginnasio, Filarmonica, Marittima, Centro Nautico, Accademia, ecc. In altri paesi è l’elemento più strettamente culturale (“arricchimento culturale” in Irlanda) o legato al recupero ed alla valorizzazione di un patrimonio di tradizioni locali. Quest’ultimo è il caso dell’Ungheria e dell’istituzione della “casa della Danza” (Tànchàz). L’origine della casa della danza risale ad una tradizione folcloristica della minoranza ungherese che viveva in Transilvania (Romania): le ragazze e i ragazzi del villaggio erano soliti riunirsi per danzare e divertirsi, accompagnati da un gruppo di musicisti locali. Nel villaggio di Szék/Seki (Transilvania), è possibile rinvenirne ancora un esempio: c’è infatti una casa della danza che ha saputo preservare il suo carattere originale. La nuova formula della casa della danza è molto complessa, di tipo sociale, a carattere intergenerazionale, a scopo ricreativo, con programmi per il pomeriggio e la sera. Di solito, le riunioni cominciano verso le cinque del pomeriggio e comprendono un’ora di “corso di danza per i bambini”, cioè corsi che si rivolgono ai fanciulli dai 3 ai 10 anni: essi giocano al gioco del gatto, imparano una nuova forma di danza, accompagnati da suonatori, ascoltano racconti di fiabe, imparano delle filastrocche e danzano nuovamente. Queste attività sono seguite da attività rivolte agli adulti: insegnare e imparare nuovi movimenti, ripetere quelli antichi, in due o in cerchio, scambiando continuamente il partner per arrivare a conoscere tutti i partecipanti. L’allegria aumenta con l’apprendimento di canzoni. Verso le otto comincia il lungo periodo di danza libera con pause di 30-40 minuti. Durante queste pause, i partecipanti parlano fra loro, fanno conoscenze interessanti, assistono alla proiezione di diapositive, ecc. Ci sono spesso cantanti, marionette e altri programmi di informazione o di svago. Alla fine, l’ambiente si riscalda in virtù dell’alto livello di familiarità raggiunto, e la riunione diventa una festa popolare, in cui i partecipanti, cantano e si muovono a loro piacimento. Non è tuttavia permesso bere alcool. Il successo e l’atmosfera che si viene a creare durante queste serate dipendono in gran parte dalla musica e dai gruppi di musicisti presenti; questi ultimi non si contentano di suonare la musica folcloristica autentica in maniera magistrale, essendo ugualmente in grado di insegnare a giovani ed adulti e capaci di organizzare avvenimenti a livello di comunità. Altri attori chiave del settore sono i centri sociali e la casa della cultura in cui vengono organizzate le riunioni della casa della danza in collaborazione con l’insieme dei musicisti della casa della danza. Poco tempo fa, il Paese contava 31 case della danza ungherese e 25 case della danza interculturali (Balcani, Greci, Irlandesi, Gitani, Ebrei, ecc.).
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Attualmente (1998), 40 professori di danza insegnano le danze folcloristiche ungheresi e 17 tipi di danza folcloristica di altri paesi, e questo con 25 complessi di danze folcloristiche ungheresi e 20 complessi di altre danze folcloristiche. A fianco delle istituzioni pubbliche in processi formativi orientati alla socializzazione sono impegnate associazioni ed organizzazioni non governative, spesso con il contributo di volontari. Questo è il caso particolare dell’Irlanda dove l’Educazione degli adulti non formale viene offerta dai LABS (Local Adult Learning Boards), strutture territoriali governative previste a partire dal 2000 (Libro Bianco sull’educazione degli adulti – Luglio 2000) che comprendono al loro interno enti e associazioni il cui personale si compone prevalentemente di volontari, i quali, in genere, non hanno le qualifiche formali richieste per esercitare la professione da insegnante. Tra queste associazioni di volontariato possiamo segnalare: L’AONTAS (National Association of Adult Education), è un ente i cui membri sono sia i fornitori che gli utenti dell’educazione degli adulti. L’organizzazione, istituita nel 1969 e gestita da un esecutivo su basi volontarie, costituisce un’istituzione caritatevole riconosciuta e finanziata dal Dipartimento dell’Educazione e della Scienza. I suoi scopi sono: promuovere l’educazione e l’apprendimento presso la popolazione adulta; incoraggiare le persone ad avvicinarsi ai nuovi alfabeti per attivare processi che, oltre ad arricchire personalmente, influiscano sulla comunità e la società intera; sviluppare un migliore sistema di educazione degli adulti e facilitare l’accesso ai corsi con idonee strategie di informazione; supportare l’intero impianto organizzativo a livello nazionale, regionale e locale. L’Istituzione svolge anche una puntuale opera informativa sia nei confronti degli associati che del grande pubblico. L’Agenzia nazionale per l’alfabetizzazione degli adulti (National Adult Literacy Agency NALA), istituita nel 1980, è un’associazione di volontariato costituita da studenti, organizzatori ed altri soggetti coinvolti in processi di arricchimento culturale degli adulti. Il suo obiettivo è promuovere e sviluppare l’alfabetizzazione strumentale, incoraggiando il coinvolgimento dei partecipanti in tutti i momenti realizzativi (programmazione, organizzazione, valutazione e ricerca). Dal 1985 NALA riceve, da parte del Dipartimento dell’Educazione e Scienza, una sovvenzione grazie alla quale può tenere un ufficio nazionale ed avere un centro risorse. Il servizio è di tipo confidenziale, gratuito e reso disponibile anche attraverso workshops organizzati dalla comunità o inseriti in specifici programmi (“Travellers” workshops, YOUTHREACH Programmes, REHAB workshops) o in particolari servizi (per le prigioni, per i disoccupati,…). L’Organizzazione (NALA) offre inoltre servizi di supporto ai piani di alfabetizzazione locali, costituisce un centro risorse per gli operatori e mantiene contatti con Enti simili di altri paesi. Il piano per l’alfabetizzazione degli adulti e l’educazione in genere della comunità (ALCES Adult Literacy and Community Education Schemes) è realizzato per
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mezzo della formazione professionale con l’efficace assistenza del volontariato. L’ALCES riguarda coloro che, avendo scarse competenze di base, necessitano di innalzarne il livello per renderle più idonee alle esigenze della quotidianità. L’EDUCAZIONE
DEGLI
ADULTI
NON
FORMALE
COME DIRITTO ALLA
CITTADINANZA “SAPERI
PER ESSERE CITTADINI
CONSAPEVOLI” Più complesso ed articolato è il panorama dell’Educazione degli adulti non formale “come diritto alla cittadinanza”. L’Educazione degli adulti non formale come “diritto alla cittadinanza”, in tutti i paesi europei, è aperta all’adulto, oltre il venticinquesimo anno età, senza attenzione ad una particolare tipologia di target. Se guardiamo alle discipline insegnate ed utilizzate queste spaziano nei diversi campi del sapere. Vengono organizzati, in tutti i paesi, corsi attinenti alle materie curriculari e di interesse generale in lingue, letteratura, filosofia, geografia e storia, scienze economiche e sociali, scienze naturali. Interessanti in questo senso l’Università libera o popolare (Laïka i Eleftera Anikta Panepistimia) greca. Questa istituzione ha fatto la sua comparsa in Grecia durante gli anni ‘80. Le attività che vi vengono svolte sono le seguenti: conferenze, seminari o corsi gratuiti. Di solito queste attività si svolgono nei locali municipali o in Centri culturali. I temi affrontati durante i corsi non sono scelti in base ad un’analisi dei bisogni educativi, degli interessi, o delle necessità professionali della popolazione locale implicata. Gli argomenti trattati quindi sono di tipo accademico e la metodologia è quella tradizionale. Tuttavia, queste attività contribuiscono a favorire riflessioni critiche e contribuiscono allo sviluppo culturale della regione. Furono le autorità municipali dell’Attica ad istituirle per prime; in seguito si sono diffuse sul tutto il resto del Paese. Nel 1988, grazie al contributo del Ministero della Cultura, erano già operative 64 Università Popolari nei 33 dipartimenti greci e questo appunto in virtù della collaborazione fra il Ministero citato e gli Organi di governo locali e del sostegno di entrambi. Per quanto riguarda la formazione linguistica degli adulti è particolarmente attiva la rete dei GRETA (Francia) proponendo una vasta gamma di corsi di formazione nella maggior parte delle lingue straniere. Vengono offerti sia moduli linguistici nell’ambito dei diplomi, sia percorsi di formazione concepiti in base alle richieste dei singoli. La didattica valorizza la dimensione interculturale e si basa su un approccio interattivo con l’allievo. Oltre alle principali lingue europee ed extraeuropee si hanno corsi per lo studio delle lingue regionali (bretone, corso, alsaziano, ecc.) e del francese per gli stranieri.
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In questo ambito svolgono inoltre un ruolo fondamentale quelle discipline che mirano all’acquisizione di competenze in materia di comunicazione, lavoro di gruppo, problem solving e conoscenze informatiche. Questo settore è particolarmente sviluppato in Scozia, in Estonia ed in Lituania. In Scozia nel gennaio 2004, dopo una serie di consultazioni, il Governo ha pubblicato il ‘Working and learning together to build stronger communities’, la nuova normativa di riferimento per la regolamentazione dell’“Educazione e sviluppo della comunità” (Community Learning and Development CLD – termine attualmente utilizzato in Scozia per indicare l’educazione degli adulti). La normative contiene, per la prima volta, le priorità “nazionali” per tali tipologie e sistemi di formazione. Tra tali priorità, si riconosce la necessità di sviluppare e potenziare l’educazione per gli adulti finalizzata, non solo, all’alfabetizzazione di base, ma anche all’acquisizione di competenze in materia di comunicazione, lavoro di gruppo, problem solving e conoscenze informatiche “• Achievement through learning for adults: raising standards of achievement through community-based lifelong learning opportunities incorporating the core skills of literacy and numeracy, communications, working with others, problem solving and ICT; • Achievement through building community capacity: building community capacity and influence by enabling individuals, groups and communities to develop the confidence, understanding and skills required to influence decision-making and service delivery. This could include enabling communities to provide and manage services to meet community needs.” L’acquisizione di competenze in materia di comunicazione, lavoro di gruppo, problem solving e conoscenze informatiche, non ha come esclusivo campo di applicazione la dimensione lavorativa e professionale. La community education, oggetto della Normativa,
si costituisce
infatti come opportunità di educazione a “livello di comunità”, rivolta a persone di tutte le età, con lo scopo di incrementare la loro qualità della vita, contribuire alla crescita (non solo economica, ma anche sociale e culturale) della stessa comunità di appartenenza e di mettere in grado il singolo individuo di partecipare ai processi democratici a livello locale e nazionale. La maggior partecipazione ai processi democratici si traduce, attraverso l’apprendimento, come capacità dell’individuo di vivere, costruire e di affrontare temi e tematiche inerenti la società odierna, come la salute, la sicurezza, i nuovi mezzi di comunicazione. Tra i soggetti che offrono educazione degli adulti, incentrata sul “diritto alla cittadinanza” – “saperi per essere cittadini consapevoli” è da segnalare il Congresso del sindacato scozzese (Scottish Trade Union Congress – STUC) che offre corsi in materia di salute salute e sicurezza, diritto del lavoro, tecnologia e consulenza del lavoro.
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Come nell’Educazione degli adulti non formale applicata in contesti di “recupero sociale”, un ruolo importante, in termini di “saperi per essere cittadini consapevoli” è svolto dallo studio e dalla valorizzazione del patrimonio culturale del territorio. In Islanda vengono organizzati corsi sulle leggende locali. In Lettonia, le Università Popolari, una sorta di scuola residenziale, in cui studiano adulti che solitamente, ma non necessariamente hanno completato un regolare corso di studi, si propongono di rafforzare lo sviluppo morale ed intellettuale dei cittadini attraverso la conoscenza delle tradizioni e dei costumi locali ed etnici. In Portogallo il “Centro Culturale”, una forma di associazionismo, diffusosi nei centri urbani e sviluppatosi soprattutto durante gli anni ’60 è costituito espressamente per dar vita ad attività di divulgazione culturale anche attraverso la raccolta documentaria ed etnografica. Il “Centro Culturale”, opera, inoltre per la diffusione del teatro per mezzo di gruppi di amatori e, talvolta, sulla promozione della letteratura attraverso biblioteche. Un’altra modalità operativa di questo tipo di centri consiste nella diffusione, attraverso conferenze e seminari, di corsi e dibattiti su problematiche specifiche. I “centri culturali” hanno come fondatori, gli associati ed il pubblico di riferimento provengono dalle classi sociali svantaggiate dal punto di vista socio-economico. In Lituania sono le Scuole popolari (Accademie) a svolgere oltre ad attività per migliorare la qualificazione dei docenti e la formazione dei formatori della scuola, la promozione delle tradizioni popolari.
Accanto a corsi sulla formazione dei docenti, sulle nuove tecnologie
nell’educazione per adulti, sui nuovi metodi di insegnamento e corsi di informatica, si svolgono corsi sulle arti popolari, corsi brevi per artigiani, ecc. Questi tipi di corsi vengono organizzati anche per le persone disabili. Nella Scuola popolare, gli studenti hanno l’opportunità di scambiarsi le proprie esperienze professionali ed acquisire nuove conoscenze sulla scienza e la vita in generale. Le idee democratiche che uniscono tutte le Scuole popolari sono un fattore importante per il consolidamento di uno Stato democratico. L’Educazione degli adulti non formale come “strumento” per realizzare una coscienza civica nei principi democratici si attua anche in Svezia attraverso le “Università popolari” e dalle “Associazioni di studi”. Queste istituzioni possono essere paragonate sotto molteplici aspetti alla Volkshochschule (Università Popolare) tedesca, a differenza del fatto che le prime non hanno alcun rapporto con le Autorità locali. Esse organizzano attività formative indipendenti, ovvero senza alcuna forma di corrispondenza con i curricula e le prove di esame del sistema educativo pubblico. Sono le stesse associazioni a decidere in ordine al contenuto dei corsi ed ogni formatore ha piena libertà riguardo alla scelta del metodo. La formazione è accessibile a tutti ed i partecipanti hanno voce in capitolo per quanto riguarda contenuti e funzionamento dei corsi. Gli argomenti più richiesti sono l’estetica, le lingue straniere, l’informatica, temi di carattere sociale. Lo scopo comune a tutte le attività è di assicurare a tutti gli adulti le stesse opportunità di accesso alla conoscenza e allo sviluppo personale, per il miglioramento delle loro condizioni di vita ed una loro fattiva partecipazione allo sviluppo democratico della società.
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Funzione importante dell’attività delle Scuole Popolari è quella di ancorare, rafforzare e sviluppare i valori democratici. L’attività giornaliera scolastica si svolge in una atmosfera di rispetto, tolleranza e eguaglianza – un esercizio giornaliero di democrazia. La pedagogia delle Scuole Popolari è basata sulla convinzione che l’essere umano è un essere attivo, creativo e capace di ricercare una conoscenza rilevante ed autentica. La base di questa visione della conoscenza non-formale è flessibile ed indipendente, focalizzata sulla metodologia del “piccolo gruppo” e di un dialogo creativo. Questa pedagogia non comprende apprendimenti frammentati e misurabili, prevede per contro una visione olistica ed una valutazione complessiva. Contrariamente all’educazione formale la Scuola Popolare considera gli studenti come adulti responsabili del loro agire, in grado di supposizioni critiche e responsabili del loro processo di apprendimento. Secondo la valutazione, sopra menzionata, la Scuola Popolare adempie al proprio compito: offrire una seconda possibilità, un’educazione compensatoria, per rafforzare i valori democratici e lavorare con metodi pedagogici che incoraggiano sia la creatività sia l’apprendimento olistico. Parte del ragionamento sull’apprendimento flessibile verte sul cambiamento del concetto classico di “aula”. L’apprendimento basato sulle nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione e lo sviluppo di classi virtuali è appena iniziato. Le Università popolari svedesi ricevono un supporto finanziario pubblico; nel 2001 è stato di SEK 2.1 miliardi (Corone Svedesi) delle quali SEK 883 miliardi sono stati destinati alle Scuole Popolari ed SEK 1.2 miliardi per le “organizzazioni di circoli di studio”. L’ammontare medio dei partecipanti è di 38.000 unità per i corsi “lunghi” delle Scuole Popolari (minimo 15 giorni) ed, approssimativamente, 190.000 per i corsi “brevi” (da 1 a 14 giorni), complessivamente vengono formati 228.000 partecipanti dei quali più della metà, circa 133.000, sono donne. I partecipanti ai “circoli di studio”, nel 2000, sono stati approssimativamente 2.8 milioni di persone per oltre 330.000 gruppi di studio. Complessivamente in Svezia ci sono 147 Scuole Popolari, delle quali 48 sono di proprietà delle varie regioni/autorità locali, le restanti 99 sono funzionanti grazie ai movimenti volontari popolari. Di queste 99, 37 sono gestite da organizzazioni anticonformiste e Cattoliche, 17 dal movimento dei lavoratori e 4 dal movimento moderato. Il resto delle scuole, circa 40, appartengono ad altri movimenti ed associazioni come il movimento femminista, il movimento ecologista, quello sportivo ed organizzazioni di immigrati stranieri. Il preside di una Scuola Popolare nomina il Comitato Responsabile per l’amministrazione scolastica, la selezione dei corsi e tutti le questioni riguardanti il corpo insegnante. Scuole differenti si sono specializzate in ideologie differenti: alcune associazioni, più di alcune altre, enfatizzano l’ideologia del Preside. Scuole legate al movimento anticonformista possono, per esempio, arruolare studenti cristiani e programmare corsi sulla filosofia della vita, corsi di religione attinenti alla Bibbia o corsi di specializzazione connessi alla Chiesa.
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Le prime tre scuole sono state fondate nel 1868. La maggior parte sono collegi (residenziali), ma il numero degli studenti esterni è in netto aumento, specialmente nelle grandi città. Negli ultimi anni le Scuole Popolari, e precisamente dal 1997, hanno ricevuto uno speciale stanziamento equivalente a 10.000 partecipanti, specificamente dedicato alle persone disoccupate. Alcuni esempi di corsi tenuti presso le Scuole Popolari sono: arte, scultura, comunicazione, giornalismo, mestieri artigianali, musica, formazione alla leadership, corsi internazionali, drammatica, ecologia, religione e filosofia della vita, sport, lingue e composizione letteraria, turismo e corsi culturali. L’Educazione degli adulti non formale come “strumento” per realizzare una coscienza civica nei principi democratici è sviluppata in Portogallo attraverso il “Centro Repubblicano/scuola popolare” Centros Republicanos/Escola Popular Queste istituzioni sono state fondate negli anni 70 con specifiche finalità: da un lato consolidare l’idea repubblicana e laica, cioè democratica secondo la concezione dell’epoca e dall’altro promuovere l’educazione di base combattendo l’ineguaglianza delle opportunità. Per sopravvivere durante il fascismo, queste associazioni si sono ripiegate sull’insegnamento formale di livello primario, il quale però costituiva la copertura di una più vasta attività culturale che si rivolgeva prevalentemente al ceto operaio e laico, ossia antifascista. Dopo il 25 aprile le attività si sono soprattutto incentrate sullo sviluppo dell’educazione civica. Come in Svezia e Lettonia anche in Danimarca, l’Educazione degli adulti non formale finalizzata alla “cittadinanza attiva” viene sviluppata nelle Università popolare (Höjskole). Rispetto a quelle svedesi e lettoni, la tradizione delle università popolari danesi è più antica nel tempo, in quanto furono create nel 1844, ad opera del pastore, filosofo, poeta e uomo politico N.F.S. Grundtvig. La Danimarca nel 2002 contava 89 Scuole Popolari, incluse quelle per giovani. Tutti, tranne una (la scuola di Borup nel centro di Copenhagen), sono di tipo residenziale: una condizione richiesta dai regolamenti delle Scuole Popolari. In tutte si insegna in lingua Danese, eccetto presso The International People’s College situato ad Elsinore, dove i corsi sono tenuti in lingua Inglese. Gli orientamenti delle scuole sono molteplici e differenti, ma un andamento comune si evidenzia, nel contesto generale delle Scuole Popolari, rappresentato dalla specializzazione in campi specifici, come: musica, arti, teatro, cinema, temi sulla salute, ginnastica, tematiche internazionali, religiose, oppure realizzando corsi per target mirati, come i pensionati o le scuole per commessi (Scuole sindacali). Nonostante la specializzazione tutte prevedono alcune materie di studio tipiche, quali: musica, coro, arte, sport, circoli di studio o classi riguardanti la letteratura, la psicologia e la politica. Molte Scuole includono un viaggio di una settimana, all’estero o nella stessa Danimarca, come parte integrante del processo di apprendimento.
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L’approccio pedagogico varia da scuola a scuola. Molti corsi sono orientati alla pratica o prevedono laboratori, per esempio, nelle arti, nella musica (suonando nella banda o cantando nel coro), in lavori manuali (come il ricamo e la ceramica) oppure nelle discipline sportive. Nelle classi di teoria gli insegnanti raramente usano i libri di testo (solo nel caso dell’insegnamento linguistico), ma spesso basano la lezione su un articolo di quotidiano, o parte di un libro, un film, un video o parte di essi, per poi dibatterli con gli studenti. Spesso viene invitato un oratore esterno con punti di vista opposti a quelli degli studenti, o un testimone privilegiato per la sua esperienza ed il suo intervento viene poi discusso in aula. La discussione e il dialogo successivi sono cruciali. Gli insegnanti cercano di trovare temi o questioni che possono stimolare l’interesse e il confronto. Il fine pedagogico è quello di incuriosire e interessare lo studente spingendolo a fare domande sull’argomento trattato. Ogni anno l’ 8–10% della gioventù danese e 40–45.000 adulti scelgono di frequentare e soggiornare presso una Scuola Popolare. Gli adulti scelgono soprattutto corsi brevi Nell’Educazione degli adulti non formale un ruolo importante, in termini di “saperi per essere cittadini consapevoli” è svolto inoltre dalle discipline legate al mondo dello spettacolo e delle arti Queste attività sono particolarmente diffuse nei Paesi del Mediterraneo e in Portogallo. Di interesse i Centri Culturali in Grecia si costituiscono come strutture polivalenti che propongono una vasta gamma di attività culturali ed artistiche ad un pubblico il più vasto possibile. Il loro obiettivo è di raggiungere un’ampia partecipazione da parte del pubblico sensibilizzandolo e valorizzandone le potenzialità artistiche latenti. Si tratta di un fattore essenziale di sviluppo culturale e sociale e soprattutto di un mezzo di decentramento culturale. Questi Centri si rivolgono ai giovani/adulti allo scopo di offrire loro opportunità di espressione e di comunicazione, ma soprattutto cercano di raggiungere il così detto “non-pubblico”, cioè i gruppi più sfavoriti dal punto di vista sociale e professionale e che non hanno né gli interessi, né le conoscenze, né i mezzi per accedere ai beni culturali. Le loro abituali attività consistono in conferenze, seminari, colloqui, esposizioni, manifestazioni musicali, rappresentazioni teatrali, proiezioni di film. ecc. Molti Centri culturali hanno dei laboratori artistici (musica, teatro, arti plastiche, danze tradizionali, ecc.), una biblioteca e una piccola collezione di arte popolare. I laboratori attirano un gran numero di giovani e incentivano il lavoro artistico a livello amatoriale nelle regioni in cui sono situati. Questi Centri hanno registrato uno sviluppo impressionante durante gli anni ‘80. In base ad un censimento del Ministero della Cultura, sono passati da 200 nel 1979 a 1486 nel 1989. Sono ripartiti territorialmente in modo non uniforme in funzione delle regioni, e queste disparità corrispondono infatti alla ripartizione della popolazione sull’insieme del territorio. La maggior parte dei centri sono stati costituiti su iniziativa delle collettività locali o
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territoriali oppure dipendono da diverse associazioni culturali. Essi operano sotto la vigilanza del Ministero della cultura e godono di un sostegno finanziario. Per quello che riguarda l’erogazione di tale formazione oltre ai centri istituzionali deputati l’ Educazione degli adulti non formale viene realizzata dal mondo dell’associazionismo e delle categorie produttive. Un esempio l’Istituto del Lavoro della Confederazione Ellenica dei Lavoratori
(Instituto Ergasias tis GSEE–INE-)in Grecia e l’Università (popolare) dei
lavoratori in Slovenia. L’Istituto del Lavoro della Confederazione Ellenica dei Lavoratori (Instituto Ergasias tis GSEE–INE-) è un Istituto addetto alla formazione sindacale dei suoi affiliati e dei quadri sindacali di livello medio e alto. Esso opera sull’insieme del territorio nazionale, con 11 filiali regionali e 5 settoriali. Fin dalla fondazione, nell’Istituto, ha operato un dipartimento di formazione, poi riorganizzato, nel 1982, in Centro di Studio e di Documentazione (KEMETE). Nel 1990, costituitosi l’INE, dall’evoluzione del KEMETE, l’Istituto del Lavoro della Confederazione Greca dei Lavoratori consolidò la propria posizione nel contesto del Dialogo Sociale. Dal 1997, l’INE svolge le funzioni di Osservatorio delle relazioni inerenti al mondo del lavoro e riceve sovvenzioni dalla Fondazione Europea per il Lavoro e la Sicurezza, la cui sede è a Dublino. In Slovenia, la NVAE non formale finalizzata all’acquisizione dei “Saperi per essere cittadini Consapevoli” si realizza attraverso Università (popolare) dei lavoratori Si tratta di una specifica istituzione per l’educazione degli adulti, un classico esempio di organizzazione di educazione degli adulti dell’ex-Jugoslavia. L’espressione, che ha la sua origine nelle università popolari non residenziali, indica una particolare varietà di università popolari. Nel 1950 il partito politico allora al potere – il Partito Comunista Iugoslavo - impose che le attività di questo tipo di università popolari fossero principalmente rivolte ai lavoratori. Un simile orientamento doveva riflettersi anche nella denominazione: dovevano cioè essere ribattezzate università dei lavoratori. Il processo di ristrutturazione così come quello inerente ad una loro nuova denominazione si realizzarono solo in parte. Molte università popolari non hanno subito modifiche nel nome e continuano ad essere chiamate nello stesso modo, “università popolari”. I loro programmi furono influenzati solo parzialmente dalle direttive ideologiche e politiche e conservarono, nell’impianto, un gran numero di indirizzi per le più svariate categorie di pubblico. È tuttavia vero che, per volere delle autorità politiche, esse erano obbligate ad organizzare programmi specifici per i lavoratori. Questi programmi riguardavano tre ambiti: a) l’autogestione; b) la formazione professionale; c) la formazione generale. Conseguentemente contenuti e funzioni erano di tipo socio-politico, professionale e culturale in genere. Con l’introduzione, nel 1950, del sistema socialista di autogestione sociale, una gran parte del programma fu consacrato all’autogestione sia del lavoratore che del cittadino. Questo tipo di formazione fu chiamato formazione socio-politica. Il processo di
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ristrutturazione che trasformò, in Jugoslavia, le università popolari in università per i lavoratori avvenne fra il 1952 e il 1960. In Slovenia questo processo ha assunto connotazioni diverse rispetto alle altre repubbliche exjugoslave. Dopo il 1952, tutte le vecchie università popolari divennero università per lavoratori, mentre il processo inverso iniziò dopo la caduta del sistema socialista (dopo l’anno 1989), determinando ad un tempo il cambiamento del nome in università popolari. Spesso la antiche università dei lavoratori adottarono nomi del tutto nuovi. Questo non si verificò in maniera generalizzata in altre repubbliche dell’ex-Iugoslavia, per cui ancora oggi esistono molte università di lavoratori accanto alle università popolari. L’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI FORMALE: RECUPERO E FORMALIZZAZIONE DEI SAPERI IN-FORMALI E NON FORMALI Anche l’Educazione degli adulti formale, intesa come recupero dei titoli e delle qualifiche accademiche previsti dai rispettivi sistemi di istruzione scolastica si articola in modo diverso nei differenti contesti nazionali europei a seconda del tipo e dalla natura del target, dei servizi e delle strategie individuate, delle discipline/materie attraverso le quali questa si attua, dagli attori e dagli enti coinvolti Per quanto riguarda gli enti, strutture nella quale viene attuata: Sono nella scuola primaria, scuola di base e nei centri di educazione di base in Spagna, Italia, Portogallo, Norvegia, Repubblica ceca e Belgio (Comunità fiamminga). Sono attivati nella scuola secondaria inferiore, nella scuola secondaria superiore (generale e professionale)
nella scuola secondaria, nella scuola post-secondaria e secondaria
professionale in Norvegia, Belgio (Comunità francese e tedesca), Spagna, Portogallo, Slovacchia, Finlandia Belgio (Comunità francese), Repubblica ceca, Italia Lettonia, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Islanda, Norvegia, Finlandia, Liechtenstein. Per rispondere alla necessità degli studenti adulti lavoratori sono aperte la Scuola primaria serale, i Corsi serali e la Scuola serale in Austria, Finlandia Spagna, Ungheria Germania, Estonia, Irlanda, Lussemburgo, Romania, Islanda Bulgaria, Lettonia, Portogallo, Grecia, Germania, Cipro. In alcuni paesi come la Polonia, Finlandia, Estonia e Lituania, i corsi di recupero dei titoli superiori, oltre che nelle strutture scolastiche tradizionali, vengono realizzati in appositi centri per adulti: Scuola per l’educazione per l’avanzamento sociale Scuola secondaria superiore per adulti,Scuola secondaria per adulti. Differenti sono inoltre i gruppi target dell’Educazione degli adulti formale, così come indicati nelle “informazioni nazionali”:
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Adulti con un basso livello di alfabetizzazione Belgio (Comunità fiamminga e tedesca), Danimarca,Estonia, Irlanda, Spagna, Francia, Austria, Slovenia Adulti
senza
un’istruzione
primaria
Danimarca,
Spagna,
Lettonia,
Lituania,
Portogallo,Norvegia Adulti senza un’istruzione secondaria inferiore: Danimarca, Irlanda, Spagna, Lettonia, Lituania (18+),Portogallo, Slovenia, Finlandia, Islanda, Norvegia Persone senza tre anni di istruzione secondaria superiore: Svezia Adulti più anziani: Belgio (Comunità francese), Danimarca, Spagna, Slovenia, Finlandia Adulti con disabilità: Belgio (Comunità francese), Bulgaria, Danimarca, Lituania, Austria Giovani disoccupati: Belgio (Comunità tedesca), Danimarca, Francia, Slovenia Donne: Belgio (Comunità francese), Irlanda, Spagna Detenuti: Bulgaria, Grecia, Spagna, Finlandia, Svezia, Regno Unito (Scozia), Norvegia Ex detenuti: Bulgaria, Grecia, Lituania Persone in obbligo di servizio militare Lituania Immigrati recenti Irlanda, Grecia, Austria, Regno Unito (Scozia), Norvegia Minoranze etniche Bulgaria, Grecia, Lettonia, Lituania, Ungheria (Rom),Romania (Rom, zingari), Slovenia, Regno Unito (Scozia) Adulti svantaggiati Belgio (Comunità francese e fiamminga), Irlanda, Grecia,Portogallo, Regno Unito (Scozia), Norvegia Residenti di zone rurali, regioni di disoccupazione strutturale e persone minacciate da esclusione sociale in Polonia A corollario delle indicazioni fornite, senza esaurire le informazioni e gli scenari in tale contesto, vogliamo portare l’attenzione ed esaminare più nel dettaglio l’Educazione degli adulti formale come realizzata in tre paesi: Danimarca, Francia e Grecia. In Danimarca, l’Educazione degli adulti di tipo formale, rivolta ad adulti che hanno abbandonato l’educazione iniziale senza qualifiche della scuola tradizionale, si
individua in tre aree
principali: - una educazione per adulti di impronta generale (AVU – Educazione generale per adulti), costituita da corsi che consentono di sostenere sia un esame equivalente a quello finale della Folkeskole (istruzione primaria e secondaria di primo ciclo), sia l’esame del corso HF (Højere Forberedelseksamen) di livello superiore; - una professionalizzante (Corsi di formazione per la manodopera e di educazione professionale supplementare); - quella cosiddetta aperta. L’educazione di tipo generale per adulti (AVU) è offerta nei 75 centri (VUC - Centri di educazione per adulti) gestiti dalle Contee ed è regolata dalla Legge sui Centri di educazione
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per Adulti, da quella sull’Educazione Generale degli Adulti e dalla normativa per il libero accesso all’HF –examination. L’AVU persegue lo scopo di offrire ad un pubblico adulto l’opportunità di migliorare il proprio livello culturale acquisendo nuove conoscenze ed abilità. L’Educazione Aperta ha come principale obiettivo quello di consentire il rientro in formazione a chiunque ne avverta la necessità e in qualsiasi momento della propria esistenza, al fine di aggiornare le proprie conoscenze od acquisirne di nuove. Regolata dalla Legge sull’”educazione aperta” del dicembre 1993, si rivolge a chiunque avverta questa necessità: lavoratori che di propria iniziativa provvedono alla propria formazione nel tempo libero o durante le ore di lavoro, dipendenti che beneficiano di un permesso a fini formativi, disoccupati. L’Educazione Aperta può riguardare qualunque argomento o gruppi di argomenti ed essere impartita dagli Istituti professionali o di istruzione superiore. Consiste in percorsi formativi che sono soggetti agli stessi criteri di ammissione validi per i corrispondenti programmi di studio a tempo pieno e che devono rispondere alle esigenze dei frequentanti: corsi a tempo parziale per chi svolge un’attività lavorativa o possa intraprenderla verificandosi l’opportunità e corsi a tempo pieno per i lavoratori che possono sostenerne la frequenza godendo di specifici benefici, o per i disoccupati privi di una qualunque opportunità di un’occupazione. Importante ruolo nel recupero scolastico e nella “formalizzazione dei saperi informali e nonformali”, viene svolto in Danimarca dalle Università Popolari diurne. Create all’inizio del 1980 come movimento politico di base, (hanno una loro legislazione dal 1991), coniugano folkeoplysning e mercato del lavoro. Organizzano corsi per disoccupati, e molto spesso per operai non specializzati con un limitato periodo di scolarizzazione. Gli studenti devono aver compiuto il 18° anno di età. L’obiettivo è di migliorarne la preparazione di base e di incrementarne le possibilità nei confronti del mercato del lavoro. Si tratta di una formazione a tempo pieno. I corsi durano 16 settimane e l’obiettivo è di far acquisire fiducia in se stessi, sviluppando le personali capacità in un ambiente favorevole ed accogliente. Gli argomenti trattati sono l’informatica, le lingue, il cinema, l’espressione corporea, l’interpretazione dei sogni, la conoscenza di sé, la psicologia, ecc. Gli orientamenti pedagogici si rifanno al vissuto dei partecipanti e sono essi stessi a gestirli. Contenuti e metodi hanno la loro genesi nel punto di vista dei partecipanti e si traducono in percorsi formativi e progettuali. Il dialogo è l’elemento centrale dei processi di apprendimento delle università popolari diurne. Non sono previsti esami con conseguente formalizzazione di qualifiche, ma tutto è centrato sull’esperienza e sull’opportunità di trovare in seguito un lavoro. Nel 1997, in Danimarca c’erano circa 200 università popolari diurne. Queste istituzioni hanno spesso una fitta rete di relazioni con sindacati, datori di lavoro, autorità locali e altre organizzazioni educative e possono così far riferimento a differenti servizi educativi di cui sommare le offerte. Esse stesse offrono spesso corsi brevi di formazione professionale.
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Queste università sono delle fondazioni private, che ricevono un limitato finanziamento municipale. Lo Stato versa una quota fissa per ogni studente, in ragione del tempo che questo impiega nella formazione, per cui il denaro appartiene allo studente e non all’istituzione e corrisponde all’ammontare stabilito per studente alla settimana. In Francia, sempre tenuto che presente che la maggior parte delle politiche e delle risorse pubbliche e private sono destinate all’acquisizione e sviluppo negli adulti di conoscenze e capacità legate alla dimensione lavorativa e professionale, l’Educazione degli adulti formale viene realizzata dai GRETA (Gruppo di istituti secondari – Groupement des ETAblissement secondaires) sia attraverso l’opportunità di conseguire titoli e qualifiche della scuola tradizionale sia attraverso una serie di servizi, che contemplano orientamento, assistenza nella definizione dei progetti e percorsi formativi, definizione di programmi di aggiornamento e potenziamento delle competenze di base, nella realizzazione di
bilanci personali e
professionali (per definire un percorso individuale di formazione). Finalità principale dei servizi complementari e di supporto offerti dai GRETA è di realizzare azioni di ri-motivazione, con l’obiettivo specifico di preparare l’individuo adulto sia alla “ripresa” della formazione sia al conseguimento del titolo stesso. Da dati statistici emerge che quasi il 70% di coloro che hanno beneficiato di tali servizi continuano una formazione di un livello elevato, più del 10% trova un impiego, e il restante continua spesso a ricorrere al servizio per essere aiutati nella ricerca. Un ulteriore misura di “recupero” viene attuata dagli istituti di istruzione superiore (Università), introdotta, per la prima volta, nel 1968. Ogni Università (attraverso il concerto e collaborazione di alcune sue componenti, realizza ed elabora differenti azioni di formazione rivolta agli adulti. Spesso sono offerte delle agevolazioni in termini di flessibilità di orario (specifici orari per i lavoratori dipendenti) e di riconoscimento e validazione delle competenze pregresse (VAE). Le formazioni proposte hanno luogo generalmente la sera o il sabato. Di notevole interesse in un quadro di servizi di orientamento e supporto alla “ripresa” della formazione, in termini di ri-motivazione può risultare la “Rete per il reciproco scambio dei saperi” Questo progetto è iniziato nel 1971, all’interno di una scuola per iniziativa di Claire Heber-Suffrin, allora giovane insegnante. Sarà ripreso dieci anni più tardi in una periferia parigina. A partire dal 1984-85, allorché diviene oggetto di attenzione da parte dei media, si sviluppano numerose reti costituite da città e quartieri poveri, spesso per iniziativa di persone che operano nel sociale. Nel maggio 1987, un incontro nazionale dà vita ad un movimento a livello nazionale, il Movimento delle Reti per gli Scambi dei Saperi (M.R.E.R.S.). Per filosofia e metodi, il funzionamento delle reti si basa su parecchi punti forti: • gratuità e reciprocità degli scambi che avvengono attraverso l’incontro della domanda e dell’offerta: le persone costruiscono insieme il loro progetto, ne discutono, lo valutano, lo modificano, in base alle aspettative dell’altro, ecc., avvalendosi dell’aiuto del gruppo di animazione, che gioca un ruolo fondamentale di mediazione;
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• pluralità e regime di parità dei partecipanti: non esiste un gruppo in particolare, anche se i progetti vengono realizzati prevalentemente per pubblici svantaggiati, che hanno difficoltà ad avvalersi delle risorse offerte dalle istituzioni; • pluralità e regime di parità fra i saperi: accademici, legati al quotidiano, artistici, professionali, ecc., senza quindi nessuna gerarchia fra questi; • pluralità di metodiche di apprendimento: in gruppo, individuale, misto, ecc. Le reti lavorano in connessione con altri partner: Sistema Scolastico Nazionale; Agenzia Nazionale per l’impiego, Centri Sociali, ecc. Nel 1996 esistevano 400 reti in Francia, con circa 50.000 aderenti e altre cominciavano a sorgere in alcuni Paesi europei e non (Germania, Austria, Svizzera, Spagna, Belgio, Brasile, ecc.). Il modo di operare delle reti di scambio dei saperi é importante non solo perché rappresenta un’alternativa rispetto alla tradizionale relazione formatore-formato e alla consueta gerarchia dei saperi, ma anche perché costituisce una modalità di risposta democratica al più ampio problema della gestione collettiva dei saperi in una società. In Grecia l’educazione formale per adulti è costituita da corsi serali di istruzione secondaria inferiore e superiore e viene erogata nei corrispettivi istituti e in quelli ad indirizzo tecnico e professionale del sistema scolastico nazionale: Scuole serali di istruzione secondaria inferiore (corso di studi di tre anni); Scuole serali secondarie superiori di tipo Generale, Tecnico-Professionale e Nautico (corso di studi di 4 anni); Scuole Serali Professionali e Tecniche. Il Ministero dell’Educazione è il solo organo con competenze decisionali in materia pur tenendo naturalmente conto di richieste, proposte, ecc. Per accedere ai corsi serali è richiesto un documento in cui il datore di lavoro certifica che il soggetto svolge un’attività lavorativa durante il giorno. Gli obiettivi dell’educazione formale degli adulti sono sia l’acquisizione di conoscenze base (lingua, cultura, ecc.), sia una formazione professionale per una miglior integrazione o reintegrazione nel mondo del lavoro. Curricolo e ore di insegnamento dei corsi serali ricalcano quelli dei corsi diurni, con la sola differenza che il serale dura attualmente quattro anni, mentre il diurno ne dura tre. Gli insegnanti hanno lo stesso stato giuridico di quelli del sistema ordinario ed uguali a questo sono sia le procedure valutative, sia il valore dei titoli di studio.
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