Il Giornalista Dicembre 2006

  • Uploaded by: Aleksandr Beliaev
  • 0
  • 0
  • June 2020
  • PDF

This document was uploaded by user and they confirmed that they have the permission to share it. If you are author or own the copyright of this book, please report to us by using this DMCA report form. Report DMCA


Overview

Download & View Il Giornalista Dicembre 2006 as PDF for free.

More details

  • Words: 11,385
  • Pages: 16
Giornalista Il

№12

//

il 4 Dicembre 2006

Università Statale di Mosca // Facoltà di Giornalismo // Edizione Speciale

2

il

Giornalista

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

L’estate italiana editoriale

State leggendo la seconda rivista del Centro Italo-Russo per le Ricerche su Comunicazione, Media e Cultura presso la Facoltà di Giornalismo dell’Università Statale «Lomonossov» di Mosca. Tra tutti i centri di lingua della nostra Facoltà noi siamo, con orgoglio, i primi ad introdurre con grande successo una rivista in lingua straniera. Gli autori della rivista sono studenti e laureati del Centro Italiano e ce l’hanno messa tutta per comunicare tale amore per il Belpaese, la sua cultura, la lingua e le sue bellezze. La maggioranza dei nostri studenti è formata da ragazze carine e simpatiche e gli studenti maschi sono pochi e contenti di ciò. Quasi tutti i nostri studenti lavorano presso i mezzi di comunicazione russi. Ormai tanti applicano al lavoro l’italiano come lingua principale. Già tanti hanno collegato il lavoro e la vita con l’Italia. Per questo e molto di piu’ noi lavoriamo, unendo l’utile al dilettevole. Il nostro Centro Italiano collabora attivamente con le grandi Università italiane tra le quali l’Università degli Studi di Genova, di Perugia, di Messina, di Udine, di Siena, di Bari. In questa rivista potete leggere le impressioni dei nostri studenti che hanno avuto fortuna di studiare in Italia in 2006. Il centro vanta la collaborazione di tanti validi studenti ed insegnanti. L’organizzazione di scambi, seminari, conferenze, corsi dedicati ai problemi dei mezzi di comunicazione di massa, della cultura ecc. dei nostri paesi coinvolge tante persone che ringraziamo vivamente. Ogni anno i colleghi italiani ci offrono la possibilità di studiare in Italia. Siamo fortunati perchè non tante persone hanno i contatti istituzionali così numerosi e sviluppati.

Roma

Il mio sogno era vedere il nuovo Papa, ma è rimasto alla fine solo un sogno. Dopo aver visitato le Poste Vaticane, durante la notte, in sogno, ho parlato con Benedetto XVI. Per tutto il mese di agosto il Papa è stato a Castel Gandolfo, un posto da ammirare, con un grande lago vulcanico e una decina di cittadine intorno. Quanto a Roma, è una città belissima, specialmente d’estate, quando tutti i romani partono per le vacanze. Che peccato, me ne sono accorta l’ultima sera prima di tornare a Mosca! “Roma è sempre Roma”. Non ci sono turisti l’estate, no. Si incontrano solo al Colosseo, al Pantheon, ai Musei Vaticani e nei pressi della Fontana di Trevi. Toscana, il luogo comune dell’Italia

Un posto veramente “da guardare, ma non toccare” ha scritto Beppe Severgnini. Ricordandomi la mia esperienza a Firenze, ho deciso di rimanere a Siena e studiare. Una cosa meravigliosa e che mi ha colpito è stata Bagno Vignoni che ho visto per caso, prendendo la via Cassia per Siena. A Mosca in estate avevo visto il film “Nostalgija” di Tarkovsky, dove il protagonista di Oleg Yankovsku attraversava una vasca con acqua bollente. Questa vasca si trova nella piazza principale di Bagno Vignoni, (provincia di Siena). E, come dappertutto intorno a Siena, là sostò Santa Caterina. La città di Siena mi metteva frustrazione ogni giorno, quando non arrivavo in tempo per le lezioni. La disposizione dei vicoli senesi non è fatta a caso. Durante le invasioni nemiche veniva versato del catrame bollente sopra le teste dei nemici. Chi è stato a Siena, ha preso senz’ altro il sole in Piazza del Campo. La c’è una diversa atmosfera della vita italiana. è stupefacente la sua forma a conchiglia. E piace pensare che qua corrono i cavalli durante il famoso Palio di Siena. A tutti gli studenti piaceva anche la parola “contrada”. Hanno inventato l’espressione scherzosa: “Non sei della nostra contrada”.

Giornalista

Dmitry Lisenkov

(passata in Italia)

#12 (1122)

La cosa più meravigliosa è vedere la terra rossa delle colline intorno a Siena. Perchè leggevo sempre sulle scatole con le tinte “siena bruciata”, “siena naturale” e non capivo perché. Ora lo so. Vicoli senesi

Viterbo: la città dei papi dove cantano le pietre è una città che forse non tutti conoscono, ma è da vedere. Si trova nell’alta Tuscia ed io ci sono stata tante volte durante il mio soggiorno in Italia. Si trova nell’alto Lazio. Tutta la zona è piena di tracce degli etruschi. Viterbo ha le mura, ma non è Siena, possiede un altro concetto di città medievale. Qui si è tenuto un conclave noto nella storia vaticana. I cardinali furono chiusi a chiave poiché dopo due anni non avevano ancora scelto il nuovo papa. Qui fu coniata la parola ‘conclavè‘ ‘dal latino‘ cum clavè‘. La Sardegna

Fare un viaggio per tutta Italia sembra impossibile, soprattuto avendo la lista dei luoghi “must”.I giapponesi lo fanno bene. Oppure i viaggiatori antichi europei che facevano il Grand-Tour . Ma fare una breve avventura è sempre cosa buona per la salute mentale. Così siamo andati in Sardegna per 4 giorni prima di partire per Siena e studiare. Pescando con Dino nel centro del Mediterraneo

Solo 4 ore in traghetto e poi ci si trova in un luogo fantastico che sembra fuori del mondo, fuori dal “continente”. La Sardegna non viene considerata come il Sud, è troppo diversa. Sinceramente non ho visto tanto in Sardegna, ma solo l’arcipelago della Maddalena. Lì ho conosciuto Dino, un sardo di 75 anni, nato lì, in quella zona. Dino conosce bene i venti e sa dove sono gli scogli nel mare per evitarli e raggiungere le spiagge più belle... Dino si arrabia tanto se i suoi ospiti non mangiano il pesce pescato da lui e chiedono la pizza. Perciò in quei giorni abbiamo mangiato solo pesce (buonissimo).

Vita Aniskova

edizione speciale

direttore responsabile Anastasia Grusha Dmitry Lisenkov capo redattore • Stefano Maraessa correttore • Vita Aniskova • Irina Sezina • Daria Klimenko • Tamara Vinogradova Antonina Demidova • Daria Fedorova Svetlana Kravchenko • Anna Kameneva Valentina Matrenkina • Eugenia Selisceva

il 7 dicembre 2006

design: Denis joi Kovalyov carattere: DenHaag (Alexander V. Tarbeev), Univers tiratura: УПЛ факультета журналистики МГУ V. Neznanov indirizzo: Mosca, via Mokhovaya, 9 telefono: (495) 203–62–69 licenziato alle stampe: 6.12.2006 17:00 Benvenuti sul nostro sito www.italcentro.edu.mhost.ru

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

il

Giornalista

3

Genova ed io Quando mi chiedono se mi piace la mia permanenza a Genova, gli parlo della loro natura. Della loro architettura. Dei meravigli autentici che stanno cercando di togliere il Dio sa perchè. Dello spirito della città particolare, unico che soppravive nonostante tutto. Dico la verità, quindi non si accorgono del fatto che non parlo di nient’altro.

L

A Riviera Ligure è una bellezza poco verosimile, la bellezza la cui esistenza ignoravi, essendo abituata ad ammirare i bucanevo. Durante una passeggiata a Portovenere, Portofino, Camogli all’improviso ti rendi conto che tutte le bellisime foto che hai visto in riviste di viaggi sono nulla, i plasma monitor sono nulla, e tv è sicuramente anche meno di nulla. Troppo bello. Favolosamente bello. L’acqua è umida, le pietre sono dure, però l’insieme risulta un miraggio. Adesso mi fermo— siccome non ci credevo nemmeno io quando ci passavo, non c’è alcuna speranza che mi crediate voi chi state leggendolo sulla carta Ho potuto vivere la Riviera della Liguria grazie a uno stage che svolgiamo qua insieme con Alyona, un’altra studentessa della facoltà di giornalismo. Ci hanno invitate per tre mesi, cioè il soggiorno massimo su invito permesso dalla legge. In questi 90 giorni abbiamo avuto circa 20 giorni di ferie (WE). La maggior parte del resto l’abbiamo passata nella segreteria del Dirigente dell’ufficio della Promozione della Città, Turismo e Spettacolo del Comune di Genova. Poi, c’è stato qualche giorno passato insieme con le gelegazioni varie

russe e ucraine (quà potrei descrivere la mia solita estasi legata al processo della interpretazione, ma non vi interessa mica, quindi mi fermo di nuovo). Rimangono circa 60 giorni passati nel punto del raduno di tutto il Settore. Ogni giorno vedevo e sentivo parlare una trentina di persone. Tutto sommato, è stata un’esperienza utilissima dal punto di vista culturale, anzi umano. Bisogna rendersi conto che la natura di questa bellezza definitiva dà nascita ai caratteri definitivi (attenzione all’assenza della parola “bellezza”). A volte sembrava di trovarti in mezzo a una favola, anzi a una telenovella messicana degli anni ottanta. Il regista di Ekaterinburg che accompagnavamo durante un Festival si pentiva tantissimo di non aver preso la camera e tutta l’attrezzatura compresa—ma guarda, mi diceva, ognuno, proprio ognuno è da filmare! Vero, consentivo io, certi son perfino da raffigurare nelle enciclopedie gli articoli tipo “gioia”, “ottimismo”, “patriottismo”, “allegria” ecc. Voglio fermarmi su un momento veramente positivo. La così detta “avarizia genovese” è ben conosciuta in Italia—la storia ci raccon-

ta che non diedero i soldi a Colombo per il suo famoso viaggio; poi, una repubblica talmente ricca non trovò i mezzi per costruire la seconda torre della cattedrale principale dello stato. Vabbè, ma figuratevi che ci hanno invitate per tre mesi con la maggior parte di spese a carico loro! Sarà che c’è veramente tanto da fare? Saranno cambiati?.. Penso di si! Genova è una città antica, particolare, dotata dal suo proprio carattere da non confondere con nessun altro. Città stretta ma lunga ed alta, ricca ma attenta ai soldi; città con il quartiere medievale più grande di tutta l’Europa—e che ha cominciato a sviluppare il turismo due decine di anni fa. Nel futuro il turismo potrebbe diventare una delle voci di entrata più significanti a Genova. Per costruire l’industria turistica dovranno non solo pulire le strade e trovare una soluzione per i quartieri di immigranti sempre crescenti, ma anche togliere troppe cose che compongono l’identità di Genova—Genova come la conoscono i viaggiatori fin dal Medioevo, Genova come l’ho potuta conoscere io.

Irina Sezina

4

il

Giornalista

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

Imparare l’italiano e ar A Santa Margherita Ligure mi sono trovata per caso. Onestamente dico, pensavo di studiare a Genova fino all’ultimo momento. Ma per fortuna prima di partire ho ricevuto la lettera dove era scritto con cinque punti esclamativi che sarei dovuta andare precisamente a S.Margherita. Questo fatto mi ha messo un pò in imbarazzo: sentivo molte cose di Genova, ma non di questa piccola città. Ma quando sono arrivata ho capito che non avevo ragione di dubitare di questo posto. Qui mi sono trovata in paradiso. I Corsi—della durata di cinque settimane—si tengono a Villa Durazzo e a Villa S. Giacomo in Santa Margherita Ligure— sede estiva dell’Università degli stubi di Genova. Ma prima di sapere che fosse un paradiso dovevo fare molte cose; per esempio ricevere il visto degli Stati Schengen. Ho parlato con tutte le persone possibili che erano già state nell’ambasciata d’Italia a Mosca. Come una vera giornalista ho usato tutte le fonti d’informazione e sono stata preparata completamente per la lotta con l’ambasciata italiana e sono riuscita ad evitare questa lotta perchè ho avuto tutto quello di cui avevo bisogno: il passaporto straniero, la copia della sua ultima pagina, la foto (fatta secondo tutte le condizioni speciali per il visto degli Stati Schengen), l’invito (se non è scritto chiaro, meglio chiederne conferma), l’estratto conto bancario, la copia del-

la carta di credito o del biglietto di risparmio, l’assicurazione di Schenghen (la tariffa più economica è in Startravel—0.50 per il giorno). Non è molto chiaro quello che riguarda la tassa dell’ambasciata. Alcuni dicono che è obbligatoria, altri invece dicono che se possiedi il visto degli studi non bisogna pagarla. Ma la difficoltà è nella domanda: cos’è il visto degli studi? All’ambasciata mi hanno detto invece, che per meno di 90 giorni bisogna pagare questa tassa. Dunque tutti i documenti sono pronti, il visto è pronto in 3 giorni e così mi ritrovo in aeroporto, dove incontro un gruppo di turisti italiani. Senza volere, mi sono ricordata del mio lavoretto estivo in una agenzia turistica dove dovevo incontrare gruppi di italiani e fare il trasferimento dall’aeroporto all’albergo. Questi turisti ardono sempre dal desiderio di conoscere il nostro paese. Sono arrivata all’aeroporto di Roma. Il mio viaggio è cominciato subito con una bellissima festa, perché il mio insegnante prediletto—il nostro caro Stefano—mi è venuto a prendere e siamo andati a Colonnella. Non era possibile essere in Italia e non visitare questo paese leggendario, di cui ci parlava negli ultimi 5 mesi. Questo piccolo paese, famoso nella cerchia delle studentesse del quarto anno si trova nella regione Abruzzo. È veramente bello e somiglia ad una piccola isola, piccolo miracolo del sole, dove tutto è sempre tranquillo e cambia raramente. Ci sono stata durante la ferie d’agosto, quando tutti sono in vacanza. Ma a differenza delle grandi città dove la ferie significano che tutto sarà chiuso e vuoto qui invece ci sono tante persone che preferiscono passare le vacanze nel proprio paese con gli amici. Nei paesi tipo di Colonnella di solito la festa si passa sulla piazza principale e nelle via presso questa piazza. Ci sono le tavole lunghe dove tutti siedono e chiacchierano e ci sono piccole tende dove si vendono i prodotti tipici. Sulla piazza di solito c’è il palcoscenico dove la sera si tengono i concerti. I cantanti non sono famosi, ma cantano canzoni conosciute. Così ci si sente molto comodamente alla festa. È sempre piacevole incontrare gli amici per caso o qualche sconosciuto con cui, senza imbarazzo, è possibile avere una conversazione filosofica per tutta la serata... Dopo queste piccole vacanze ho affrontato 5 ore di treno fino a Genova. Da brava studentessa ho risparmiato 250 perché non ci sono i biglietti aerei fino a Genova a tariffe studentesche. Durante questo piccolo viaggio e durante tutta la mia pratica ho capito che bisogna ascoltare tutto quello

che dicono gli italiani con grande attenzione. Possono dire per esempio un indirizzo con incontestabile sicurezza e ancora confermare le proprie parole con frasi del tipo: “Vivo qui da tutta la vita”, ma in realtà si deve prendere un’altra direzione. Come diciamo in Russia—“fidati ma verifica”. Con me è successo almeno 5 volte che i miei interlocutori hanno sbagliato con il loro consiglio. Quando ero in treno ho fatto conoscenza con tutto lo scompartimento. Si, questi italiani sono molto comunicativi. Ma anche per loro è sempre interessante conoscere le persone di altre nazioni. Sempre cominciano a raccontare tutto… che hanno sentito della nostra bella Russia, ecc. Dopo passano ai luoghi comuni tipo: “ah, sei russa, bevi vodka?” o “come puoi supportare il vostro inverno russo” e poi un paio di parole della politica e del caro Putin. Nel treno ho detto a tutti il nome della stazione in cui avevo il cambio e così ho potuto dormire un pò (il viaggio era di notte). Mi sono svegliata quando ho sentito un anziano italiano che mi ha dato delle pacche sulla spalla e con un sorriso mi ha detto che la mia stazione era la prossima. Subito ho preso le mie pesanti valige e sono scesa dal treno. Solo dopo ho pensato che fosse bene guardare il nome della stazione in anticipo, cioè quando ero ancora in treno. Non era la mia stazione! Erano le 6 del mattino e servivano altri 30 minuti di treno fino alla mia stazione e il prossimo treno passava dopo un’ora ed intorno non c’era anima viva. E come dice un detto russo, la lingua non ci condurrà solo fino a Kiev... ma anche fino a Genova... e poi fino a S. Margherita Ligure... La prima cosa che dovevo fare quando sono arrivata nella segreteria dei miei corsi estivi era il test di grammatica per attestare il mio livello di lingua italiana; questo perchè tra i vari corsi quello di grammatica era il principale. Ci sono 4 livelli della lingua: A, B, C, D, dove D si riferisce agli studenti che conoscono solo le pagine verdi di Katerinov o non sanno niente. Mi sono trovata nel gruppo B. Con me c’erano persone con buonissima conoscenza di grammatica ma che avevano difficoltà nel parlare italiano e altri come me—che adorano parlare ma hanno ancora problemi nella grammatica. A parte quello di grammatica c’erano ancora altri 4 corsi a scelta tra gli 11. Ho scelto subito quelli che sono più o meno collegati con la mia specializzazione: Storia del Giornalismo italiano, Storia Politica dell’Italia contemporanea, Lettura e componimenti scritti di lingua italiana e Sociologia. Ma quando avevo tempo frequentavo

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

il

Giornalista

5

rrampicarsi sugli alberi anchè altri corsi. Tutto sarebbe interessantissimo ma la mia conoscenza dell’italiano non è ancora sufficiente per questi corsi. Dunque durante le prime due o tre settimane non mi sentivo molto a mio agio perché dovevo tradurre una parola su dieci. Ma dopo 3 settimane ho cominciato, non solo a capire ma anche a discutere durante le lezioni. Con il professore di giornalismo abbiamo trovato una lingua comune: certo non solo italiano ma anche la lingua degli interessi. Ero la sola russa che seguiva il corso di giornalismo e poteva raccontare con fierezza del mio paese tra gli altri studenti provenienti da Argentina, Cile, Perù, Macedonia ecc. La nostra compagnia internazionale è un soggetto per un discorso a parte: siamo in 45, praticamente tutti rappresentiamo paesi diversi: Australia, Stati Uniti, Germania, Georgia, Francia, Albania, Libia ecc. Ci sono molti studenti latinoamericani, che parlano spagnolo, ma in generale la nostra lingua comune è l’italiano. Dico gli studenti perché studiamo tutti insieme, ma se parliamo dell’età, qui la persona più giovane ha 18 anni e la più anziana—60. Penso che sia veramente un miracolo che una compagnia così grande fatta di nazioni così diverse può vivere in accordo, senza offese e dissapori per un mese. La seconda cosa che ci unisce è l’ostello; si chiama Istituto San Giorgio. e si trova a 15 minuti a piedi da Villa Durazzo, ma devo dire che questi 15 minuti non sono facili. L’inizio è bello: attraversiamo una piccola piazza con il monumento a Cavour, poi ancora una piccola via carina. E… finalmente la scala di 160 scalini per raggiungere il nostro sacro Alma Mater. L’ostello era un tempo un orfanotrofio. Ci sono camere per 2–6 persone, la doccia per le donne e uomini (separate), la lavatrice, il ferro da stiro, la TV, la cucina con uno frigorifero per tutti e 45 (per le ultime due settimane ci hanno dato il secondo) e con il fornello, che verso la fine si è rotto. Abbiamo conosciuto l’uomo che ha un appartamento permanente nello stesso ostello. Ci ha mostrato una grande sala, piena di computer abbastanza nuovi, tutto collegato a Internet e pronto per il lavoro. È collegata con la stanza grande nell’ostello che ci serviva per fare i compiti. Un giorno questa stanza fu l’aula computer. Poi hanno abbandonato i corsi e hanno chiuso l’aula. E tre anni fa che non possono decidere cosa fare con questa aula sfortunata mentre 45 persone hanno l’unico computer nella segreteria. Non posso dire che le condizioni erano ideali ma almeno questo posto era prenotato per me in anticipo e quando sono arrivata già sapevo di averlo. Inoltre sono stata fortunata con le vicine. Una ragazza è macedone, l’altra è georgiana. Malgrado la conoscenza del russo questa georgiana si è rivelata una vera patriota del suo paese e crede che la Georgia sia assolutamente indipendente da tutti e che non deve fare niente per gli altri. Più di tutto si è rivelata l’insegnante di italiano. Quindi

abbiamo parlato solo italiano. Mi sono ritrovata come la sola russa nel nostro ostello. È piacevole sapere che solo io rappresento la nostra madreRussia. Gli studi sono cominciati il giorno dopo il mio arrivo e sono iniziati abbastanza attivamente. Una lezione dura 1,5 ore e possono essere 4 in un giorno, a parte le lezione di grammatica. Ogni giorno abbiamo avuto 2 ore di grammatica. Così almeno avevo completamente pieni 3 giorni alla settimana: dalle 8.30 alle 18.30. C’erano piccoli intervalli tra le lezioni e ancora un intervallo per il pranzo. Il pranzo è incluso nella borsa di studio. Questo pranzo, cosiccome il nostro ostello, è diventato il soggetto degli scherzi. Ogni giorno abbiamo avuto pasta, pasta, pasta, un pò tiepida nel piatto di plastica, a volte diluita con un pezzo di mozzarella o con insalata. Ma posso dire che la qualità del cibo non ti da fastidio quando mangi tutto questo guardando, sul mare, il sole nascosto tra le palme e le statue antiche di marmo… Il tempo libero lo abbiamo avuto, ma non tanto. Era possibile fare un piccolo giro in qualche città della Liguria vicino a S. Margherita. Tutte le città qui sono più o meno simili: una fila di case colorate lungo il mare e la baia, sempre piena di barche. Così 2 o 3 ore erano abbastanza per vedere tutta la città. Di solito dedicavo i weekend alle città grandi. Per esempio due volte l’amministrazione dei corsi ci ha organizzato un giro a Genova e a Torino con la professoressa di storia dell’arte. Ma era possibile organizzare un gruppo di entusiasti (senza guida) e andare da qualche parte insieme.

Alcuni preferivano andare all’estero—in Francia o in Svizzera. L’arrivo degli studenti stranieri a Santa Margherita Ligure è stata una grande occasione anche per la regione Liguria. Il terzo giorno avemmo l’inaugurazione, dopo la quale la foto di tutto il nostro gruppo fu stampata sulla prima pagina, nell’articolo di fondo su “Levante” appendice del giornale “Il Secolo”.Durante il corso alcuni riviste davano spazio a qualche avvenimento di Villa Durazzo. Per esempio quando l’amministrazione dei corsi organizzava la manifestazione culturale come spettacoli, concerti, un convegno sul varietà e altre. Per esempio un giorno avemmo la possibilità di arrampicarci su un albero con cavi speciali. Non voglio finire l’articolo perchè la mia pratica non è ancora finita e non voglio finirla. Credo che la pratica così sia molto preziosa non solo per migliorare la lingua (magari questa è la cosa principale) ma anche è inestimabile come esperienza di vita... Per questo voglio dire mille-mille grazie al Centro Internazionale di Studi Italiani dell’Università degli Studi di Genova. Anastasia Grusha e Stefano Maraessa che hanno fatto tutto il possibile per questo viaggio. In un mese all’estero mi sono abituata a vivere in una compagnia internazionale e parlare solo italiano, mi sono abituata ad un’altra cultura—alla cultura di un popolo gentile e allegro. E sono sicura che questa esperienza sarà non solo utile ma soprattutto indimenticabile.

Daria Klimenko

6

il

Giornalista

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

Appunti di karamzinistà: 21 secolo Alla facoltà di giornalismo di MSU ci sono 10 centri stranieri. Possiamo studiare le lingue, la cultura, la storia di molti paesi. Il mio amore è l’Italia. Io e alcuni altri studenti partiamo per la scuola estiva presso l’Università di Messina. Partirò all’estero per la prima volta. Mi piacerà o no? Il futuro giornalista Karamzin si poneva questa domanda. E ha segnato le sue impressioni. Un esempio lodevole! Il taccuino, la macchina fotografica, la penna – saluta, l’Italia!

I

L PRIMO GIORNO: Sicilia, la città di Catania. La citta è molto vecchia. L’Aeroporto di Catania è l’unico per alcune città di questa parte dell’isola. I telespettatori russi ricordano il comissario Cattani che combatteva contro la mafia. A proposito la parola MAFIA ha una storia molto interessante. Secondo la versione più diffusa, mafia vuol dire ma famalia, mia famiglia. La cultura di famiglia nel paese dei banditi più famosi ha molta importanza. Prova a insultare il buon nome di famiglia— e la pagherai cara! Per un’ altra versione la parola «mafia» è un’abbreviatura. MORTE A FRANCIA, ITALIA ALZATI!—hanno gridato in Sicilia i fattori della libertà. Libertà—questo è buono. Anche la Russia ha combattuto per la libertà per molti secoli. La notte. Fa caldo. Andiamo a Messina in autobus. La velocità è circa 100 chilometri all’ora. La strada è stretta, dietro il piccolo bordo si apre l’abisso. Ma gli incidenti qui sono molto rari. Da noi non è così. IL QUARTO GIORNO: Colline basse, tanti fiori, gli alberi da frutto—ecco l’ambiente che circonda gli studenti dell’Universita di Messina. Lo studentato è molto comodo. Gli appartamenti isolati sono attrezzati con tutte le comodità. Ci sono le aule informatiche con accesso ad Internet. Ma i nostri ragazzi che in Russia abitano nello studentato dicono che da noi l’atmosfera è più allegra. L’edificio universitario è molto bello. Le università italiane sono considerate le più antiche. Scienza è potenza—gli uomini lo sanno ormai da secoli. A Messina si sente subito che l’universita

è il tempio della scienza. Lo manifesta espressivamente l’architettura dell’edificio che ricorda una chiesa cattolica. La facoltà dove studio a Mosca— il mio caro «zhurfak»— è tutt’altra cosa. È mai possibile che mi manchi già? IL QUINTO GIORNO: Si può giudicare un paese dai suoi abitanti. I siciliani come sono? Lucia Russa è studentessa dell’Università di Messina. È bella. È brava. Ci accoglie con sincera gioia. È una persona alla mano. Le piace studiare. Frequenta con piacere la scuola estiva. È molto socievole. Mi chiede di Mosca. La Russia è così grande e si trova così lontano. Vieni a Mosca, Lucia! Noi russi siamo ospitali. IL SESTO GIORNO: Vi presento il professor Andrea Romano, il decano della facoltà di politologia. È stato proprio lui a invitarci a Messina. Romano fa venire in mente un’eroe antico. Riservato e bello. Ma quando l’ho conosciuto meglio, ho capito a chi assomiglia: al famoso Etna. La sua bellezza severa è sempre pronta a trasformarsi in fuoco. Romano è innamorato del suo paese. Parla con passione, e ci appassioniamo anche noi. È professionista e patriota. Ci siamo fatti fotografare insieme. Per me è un gran onore. Se tutti gli italiani assomigliano a Romano, complimenti all’ Italia! E alle italiane… L’OTTAVO GIORNO: Siamo venuti per studiare. E non siamo gli unici stranieri. Ci sono studenti da tanti paesi del mondo. Alla scuola estiva viene proposto un corso di lezioni tenute da professori italiani, messicani, americani ed egiziani. Il corso si chiama «Religione e politologia». Interessante? Non solo, è necessario. I giovani che parlano lingue diverse devono conoscersi e sapersi aiutare l’un l’altro. Altrimenti sarà la morte a regnare nel nostro mondo. Per arrivare a questa facile conclusione, bisognava arrivare a Messina. Qui l’amicizia non è solo una parola. Dicendo «amico», ci fidiamo—sia di questa ragazza italiana, sia di quel ragazzo polacco. Oggi noi, giovani, veniamo chiamati il futuro della Terra. Ma tra poco diventeremo il suo presente. E la nostra amicizia darà pace al mondo. IL DECIMO GIORNO: Ma è così difficile aiutare colui a cui è capitata una disgrazia? Un secolo fa i marinai russi hanno aiutato i siciliani devastati da uno spaventoso terremoto. Sono fiera di essere russa. Provo un sincero senso di rispetto verso le nazioni che amano il proprio paese. Capisco bene la fierezza nazionale degli italiani, il patriottismo dei polacchi e la fiducia degli americani nella forza del proprio paese. Amare quello che ti appartiene

e rispettare le cose altrui. Ma allora da dove proviene quell’intolleranza che ha generato il terrorismo? Discutiamo sui problemi del terrorismo alla lezione del professore americano Marco Wood. Gli studenti russi si esibiscono per primi. Parlano delle tragedie che hanno portato il terrorismo nel paese. Gli italiani compiangono sinceramente. Insieme arriviamo alla conclusione: è tempo per unirci. L’UNIDICESIMO GIORNO: Cechov ha detto del mare: “Esso è grande”. Aggiungo: esso è azzurro, trasparente, caldo, tenero, sa parlare e giocare con noi. In altre parole, esso è vivo. Sentiro la mancanza del mare, come del professore Romano. IL DODICESIMO GIORNO: Senior Dudu ci nutrirà. Ha un piccolo ristorante simpatico. E ha un carattere meraviglioso. Allegro senior Dudu ama tutti noi. Il cibo in Italia è naturale. I siciliani dicono, che nel cibo è nascosto il secreto del loro carattere allegro. Ho deciso verificare. Cappuccino, o capucca, come i teneri italiani chiamano qui questa bevanda famosa. Una tazzina di caffe con crema di cannella o crema di cioccolato deve sollevare di spirito immancabilmente. Allora brioche— questo panino cicciotto di pasta cannella. MMMM... Saporito! E, alla fine, dolce. Ho preferito un piccolo spicchio di arancia con cioccolato. Sebbene la scelta era molto grande. E torta con fragola e ananas, e piccole tartalette, e croissant aromatici. Si, se si impara bene il gusto italiano, posso dire addio alle vita sottile. QUI NON SO PROPRIO COS VOGLIA DIRE! Anche se dopo questa colazione si va a fare una passeggiata lunga, il calore eccessivo ti fonderà, come la neve. Neve? I siciliani hanno una comprensione speciale della neve. Considerano che la neve si deve... condire con sciroppo, aggiungere frutta e mangiare! E il nome è aulico—granita! Saporito! IL TREDICESIMO GIORNO: Sera meravigliosa! Noi con nostri amici nuovi siamo seduta in un caffè vicino al marciapiede. Lasagna, vino... Quante parole buone! Quanti sorrisi! Fra un giorno saremo a casa! Ti Amo, Mosca! Secondo Karamzin, dobbiamo abbandonare la Russia per capire quanto ci è cara E allora balliamo!.. Qui a Messina questa è una tradizione. Mi sembra, che tutta la citta balli! E noi saremo a ballare con lei...

Tamara Vinogradova

№12 (1122)

I

il 7 dicembre 2006

O e la mia amica abbiamo passato quasi tre mesi al nord d’Italia in una città piccola però eccellente—Udine. Adesso per noi due abbiamo quattro CD pieni delle foto fatte durante il nostro soggiorno in Italia e che rappresentano i posti piccoli e grandi, famosi ed ignoti insomma tutti quelli che abbiamo avuto la fortuna visitare. Inoltre abbiamo tanti ricordi e momenti insoliti inseriti nella nostra biografia per sempre. Non bastono alcune sere a ricordarli e raccontarli tutti. Questi tre mesi a Udine ci hanno unite così come lo può fare solo la guerra o l`appartamento in coabitazione russo. Certamente sto scherzando. Ma a dire la verità tre mesi italiani sono passati motlo velocemente. Siamo partite per l’Italia e siamo ritornate quasi subito (sembra dopo un weekend). Ed io ho avuto un nuovo taglio di capelli e mia amica Katia ha portato gli stivali nuovi e il nuovo dizionario italiano di Garzanti sta fieramente nel mio scaffale e fino ad oggi inseriamo a volte nel nostro discorso russo le parole italiane. Ma mi viene in mente che tutta questa roba non abbia nessun importanza. Allora che cosa ha senso? Nel momento che sto scrivendo queste righe sto a Mosca, già invernale e in bianco e nero. E poco tempo fà sono stata in Italia multicolorata (permetetemi dire così) e quasi sempre piena di sole. Solo una particella del paese l’ho portata con me. Sono i miei ricordi e le mie foto permettendomi ritornare di nuovo in quel clima del riposo e della gioia che costituiva l’ambiente delle nostre vacanze studentesche (devo stare attenta con espessioni). Si, incontro non può esistere senza separazione, ricordavo io mentre stavo nel aereo dirigente a Mosca, l’aereo che dopo qualche minuto doveva lasciare la terra dove era già cominciata la primavera e dove si sentiva già l’odore del estate. Si vede poco dal’ oblo. E noi volevamo vedere tanto, ogni luogo piccolo del paese dove abbiamo passato gli ultimi tre mesi. Questo paese è diventato la nostra casa seconda. Ricordavo tutti caffè piccoli dove abbiamo assaggiato tutti i gusti del cappuccino (in una piccola città come Udine ne abbiamo visitati quasi tutti), volevamo vedere tutti i collini da dove abbiamo osservato i dintorni udinesi. Alla fine abbiamo ricordato tutti i nostri amici italiani e non italiani che ci nanno fatto sapere e capire tantissime cose. Tra loro erano gli studenti italiani che studiavano la lingua russa con I manuali grandi e difficili, pieni degli esercizi straordinari persino per noi, ragazze russe. Tra loro erano I professori e le professoresse che ci hanno invitato per la cena tipica friulana quando abbiamo seguito le elezioni con le loro familgie. Tra loro erano I pizzaioli sempre pieni d’umirismo e della gioia che ci hanno portato a ballare e che ci hanno fatto sentire il carattere tipico italiano così pieno d’orgoglio nazionale ed sempre pronto a dare la battaglia ad ognuno.

il

Giornalista

7

Attenzione:

l’italianità è la cosa per sempre Ho appena scoperto che scrivere sull’Italia è un compito superiore alle mie forze. Non so come si può cominciare il discorso e come posso finirlo? Per la verità, ci sono tanti pensieri. Così tanti che non so formularli logicamente. Credo che proprio per questo si canta d`Italia, si scrive la poesia, si dipinge e si rappresenta i quadri dedicati a questo paese… Voglio avvisarvi subito: non ne so fare niente però non posso stare zitta (la mia esperienza giornalistica non me lo permette) e perciò sto scrivendo. È la narrazione seria e filosifica, altrimenti il giornale di formato studentesco sarebbe troppo piccolo per tutti i mie i sentimenti.

Siamo partite lasciando in Italia una particella del nostro cuore e anche prendendo con noi di più. Perche ci siamo cambiati. Siamo ritornate a Mosca più independenti, più adulte e (che sembri forse ridicolo) piene di gioia ed energie, piene degli scherzi, racconti ed impressioni. E mentre parlavamo nel aereo un uomo italiano che stava vicino a noi ci ha domandato se siamo state le russe oppure le italiane perche eravamo vestite come le ragazze italiane e perche abbiamo parlato sia il russo sia l’italiano. Questa domanda ha zuccherato la pillola. È stato il complimento più bello fatto durante tutta la nostra vita cosidetta italiana. Perchè la sua domanda significava

che abbiamo ruiscito a fare quello che volevamo. Abbiamo voluto sentirci non straniere ma le persone italiane, abbiamo voluto vedere il paese non dalla finestra del autobus turistico ma vederlo da dentro, sentire il suo spirito. Per questo abbiamo fatto tanti giri per l’Italia centrale e del Nord. Abbiamo fatto tante conoscenze utili e inutili. A volte abbiamo fatto gli sbagli, una volta abbiamo perso l’ultimo treno, l’altra volta abbiamo avuto I problemi con la lingua ma infine abbiamo soppravissuto. Questo è la cosa principale.

Antonina Demidova

8

il

Giornalista

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

L’Architett

L’Italia è il posto migliore per imp cepire con tutto il tuo corpo, con cultura, la gente, il vino, il cibo s vorrebbe tornare continuamente fortunati perché abbiamo potuto Geraci è il proprietario dell’azien un autentico «buongustaio» della di architettura ho visitato Mosca, è stato prima della caduta del muro di Berlino. Era molto carina. Forse non per i russi, ma per noi sì...

U

NA delle sue prime domande è stata «Avete già assaggiato qualcosa della cucina tipica siciliana? Forse la granita? Dovete assaggiarla, vi accompagnerò nel posto dove si fa la granita migliore...» Con un giorno d’anticipo, ci siamo messi d’accordo per visitare le sue vigne e la cantina che si trovano a circa 15 chilometri da Messina. Con Salvatore ci siamo dati appuntamento proprio a Messina, dove ha lo studio da architetto.

—In Russia La conoscono solo come vinificatore di grande successo... —In realtà è l’architettura il mio primo mestiere. Io prediligo un tipo di architettura tradizionale, principalmente restauro architettonico, vale a dire restauro di edifici storici... Insegno questo alla facoltà di architettura a Palermo. Sto anche restaurando un borgo vicino a Catania e a Firenze sto facendo altri lavori. Poi anche a Messina. A proposito, da studente

—E quale differenza nota tra Mosca di un tempo e Mosca di adesso? —È difficile da spiegare. È cambiata molto, non la piazza Rossa, non il Cremlino. Come dire... l’impianto urbano è uguale ma è l’anima che è diversa. Una città è fatta della sua fisicità: le strade, gli edifici... ma è fatta anche dalle persone che la vivono—in un bar, in un ristorante, in un albergo... Per cui la cosa che mi impressiona di più è che vedi gli stessi blocchi con una vita diversa, con una dinamica diversa. Quando ci sono stato io era impensabile che ci fosse un «Pushkin cafe». Forse quella Russia che ho conosciuto io era più vicina alla Russia letteraria di Dostoevski, di Tolstoi che non a quella di oggi. Nel ristorante «Turandot» non c’è più un’anima russa tradizionale. Dal punto di visto democratico è meglio così. Mi ero innamorato di una ragazza russa, le dissi: «Andiamo a fare un weekend, vieni in italia!» : «No» rispose. Un mio amico si voleva sposare con una donna russa, non è stato possibile. Ad un certo punto non arrivavano più le lettere, e non c’erano ancora i telefonini ovviamente. Ma anche quella Russia aveva fascino, devo dire. Forse di più per chi andava li a trascorrere 15 giorni... Arriviamo fino a un punto da cui si può continuare a salire soltanto con una macchina più resistente. Le vigne si trovano quasi sulla cima della collina, a un chilometro e mezzo dalla costa dello Stretto di Messina—proprio di fronte al punto più estremo della Calabria. Lungo lo strettissimo sentiero montano ci porta sù il fratello di Salvatore— Gianpiero Geraci. Salvatore svia la nostra attenzione dalla strada spaventosa parlandoci di tutto ciò che vediamo.

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

il

Giornalista

9

to del vino

parare l’arte del godere la vita e per imparare ad assaporarne ogni singolo gusto. Lo puoi per n ogni cellula nervosa. Anche la Sicilia si può degustare all’infinito: il sole, il mare, la natura, la i combinano in così tante varianti quanti sono i gusti del gelato artigianale siciliano. E ci si e, per assaggiarne ogni volta uno in più. Durante il nostro primo viaggio in Sicilia siamo stati trascorrere un giorno intero con il signor Salvatore Geraci, uomo di grandissima esperienza. nda vinicola «Palari» e oltre che architetto, è amante del buon cibo e del discorrere—insomma a vita. —Mio fratello vi chiede scusa per il suo vestito, lavorava. Ma io sono più educato, ho qui anche un fazzolettino (ridendo ci mostra un fazzolettino profumato)... Qui ci sono le camomille, i frutti, gli agrumi: limoni, mandarini, arance. Abbiamo anche le pecore. Questo si chiama equilibrio biodinamico. Però da noi è ancora più dinamico. Adesso fa molto caldo ma qui in primavera c’è un gran profumo di erba, di nipitella, di finocchio. In Sicilia il paesaggio antico greco-romano è fatto dall’ulivo, dall’uva, da alberi da frutto come il fico. Gli agrumi li portarono mille anni fa gli arabi. Il territorio è particolare qui anche perchè lo Stretto di Messina è anche lo stretto tra Scilla e Cariddi. Dalla parte di Messina c’è Cariddi, di fronte c’è Scilla—un piccolo paese vicino a Reggio Calabria. Dall’alto il panorama mozzafiato. Vedendo il mare, la costa, i paesi dalla cima della collina ci si sente davvero tornare ai tempi degli eroi mitologici, ai tempi dei titani. Si capisce perchè Salvatore non abbia voluto impiantare proprio qui un nuovo vitigno e perchè abbia ripreso la produzione di un antico e nobile vino, «Il Faro», che viene prodotto fin dal XVI secolo. Dall’inizio del secolo scorso la produzione ha continuato a calare fino a raggiungere il suo minimo nel 1985, quando ha rischiato di sparire. —Sì, qui faccio un lavoro di archeologia, non un lavoro di nuovo impianto. Io sono convinto che il calore al vino lo dia la vigna vecchia, non la vigna nuova. La vigna nuova, come quella che cresce in California, può dare un vino corretto, un vino senza difetti, perfetto, ma l’anima è un’altra cosa. Senz’anima, è come avere una donna bellissima che poi ti stanca. È meglio una donna che abbia delle imperfezioni, come Catherine Deneuve, ma che ti affascini e allo stesso tempo non ti stanchi mai. Il nostro modello non è la California, il nostro modello è la Borgogna... Come il piccolo contadi-

no borgognone, che fa un vino di grande personalità. È venuto qui a degustare 10 giorni fa Roberto Petronio, che è uno dei più grandi degustatori, e diceva proprio questo. Sentire questo mi fa piacere. —Quante vigne avete? —Sopra c’è la vigna detta Palari, quella che c’è giù si chiama—Santa Nè. Quelli sopra sono alberelli che hanno oltre 40–50 anni. I loro tronchi sembrano delle sculture. Qui il territorio è molto scosceso. In questa parte della Sicilia orientale, a differenza della Sicilia occidentale, non c’è latifondo, la grande estensione di terra. Quindi qui è duro coltivare la campagna, coltivare le vigne, gli agrumi... perché tutto è fatto ma-

nualmente. La nostra azienda è fortunata ad avere successo... Ridiscendiamo dalla collina per visitare la cantina. Inaspettatamente la cantina si rivela una splendida villa dell’ottocento. Nel cortile cresce un solo albero. Salvatore ce lo mostra con orgoglio perchè in tutta Italia gli alberi di mela rosa sono abbastanza rari al giorno d’oggi. —Stavo per costruirmi qui la villa personale, perchè questa è la casa della nostra famiglia da sempre. Nel 1990, quando ho iniziato ad aver successo con questo vino (che avevo fatto fino ad allora per gioco, perchè avevo un altro mestiere... e infatti faccio ancora l’ar-

segue al p. 10

10

il

Giornalista

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

potevo ancora venderlo perchè non avevo la licenza, non avevo le autorizzazioni... Allora decisi di regalarlo ai migliori ristoranti italiani. Lì per lì però mi sono detto: «Salvatore, non ti ubriacare. Fermati». Per 4 anni ho messo a punto l’imballaggio, le etichette e le altre cose. Solo in seguito, dal ‘96, ho cominciato a vendere. E adesso della Palari è il vino più premiato dalla Toscana in giù. La “Palari” produce 3 vini: Il Faro, il Rosso del Soprano, il Santa Nè. Ne produce solo circa 40 mila bottiglie all’anno e la domanda è 3 volte più grande della sua offerta. Ma Salvatore non vuole andare oltre questa dimensione perchè gli basta quello che possono fare. Scherza che abbiano iniziato ad essere un pò snob. Ma al paese dove è nato e il cui nome ha usato per il suo secondo vino—il Rosso del Soprano—la gente non crede lui sia snob. Salvatore ci porta in un piccolo bar per assaggiare la granita e il gelato alla mandorla e ci vuole un tempo abbastanza lungo per arrivarci perchè deve salutare tutti i suoi conoscenti che incontriamo.

del vino chitetto) non sapevo dove inventarmi una cantina e così la villa invece che farla diventare la mia abitazione l’ho trasformata in una cantina. Adesso il progetto nuovo prevede una cantina interrata sotto al terrazzo che continui fino a congiungersi con la cantina storica che si trova sotto la villa. Così questa diventerà la mia abitazione com’era una volta. —E com’è arrivato tutto questo successo? Tempo fa scrivevo articoli riguardanti vini da cucina... come hobby. Poi un famoso giornalista, Giacomo Veronelli, quando ha visto quelle vigne disse: «Sono delle vigne eroiche, tu devi fare il vino!» Mi ha presentato Donato Lanati, un enologo piemontese che era in

vacanza da queste parti. Lanati mi disse: «Ah! È una tipica storia siciliana, uve buonissime ma vinificate male». Perchè i miei nonni, i miei genitori hanno sempre fatto il vino, ma vino in damigiana. Con lui ho cominciato a vinificare in maniera moderna, ma ancora sperimentale. Quando nel 1990, dopo un anno di travasi e di lavorazione del vino, ho iniziato la produzione, Lanati mi scrisse sulla bottiglia «Il miglior vino prodotto da noi». Allora mi sono detto: «ma no, lui è un piemontese e mi prende in giro... non è possibile». Ma poi il vino lo mandai a Veronelli e lui scrisse in un famoso giornale italiano, «L’Espresso», che la mia era una vigna eroica, che dava un vino strepitoso. Tutti mi telefonavano per averlo, ma io non

—La mia famiglia ha fatto il vino qui da sempre. Erano proprietari terrieri, allora coltivavano gli agrumi, la frutta, etc. I miei nonni avevano anche la produzione di essenze, di profumi— gelsomino, bergamotto, agrumi. Qui veniva a comprare le essenze Givenchy. Perchè le essenze prima erano naturali ma poi l’industria è crollata perchè sono state inventate le essenze sintetiche. Ma prima bisognava raccogliere il gelsomino per esempio di notte perchè emana molto più profumo di notte e all’alba bisognava distillarlo. Ed era una cosa che si faceva solo qui e in Egitto... —E adesso in Sicilia hanno puntato sul vino e sul turismo, sì? —Sì, ma si deve capire che il turismo non è solo il costo del letto, non è solo l’albergo. Turismo è quando c’è una grande sinergia di una seria di sistemi: il sistema naturale cioè il bel tempo, il clima, poi la cultura e anche la cucina. In questo settore di cucina, di gastronomia il vino è molto importante. Ma è una sinergia, allora tutti i sistemi devono funzionare bene. Oggi in Sicilia si mangia veramente bene e si beve veramente bene. Ci sono delle aziende leader che hanno guadagnato un grande rispetto nel mondo. Si è svegliato questo mondo. Prima i vini siciliani andavano in Francia, in nord Italia a tagliare, migliorare gli altri vini. Adesso ci siamo svegliati e non è più così...

Daria Fedorova Dmitry Lisenkov

№12 (1122)

Q

il 7 dicembre 2006

UANDO la gente dice che i sogni si avverano loro danno grande importanza a queste parole. I sogni si avverano veramente. La mia prima visita in Italia, e piu precisamente in Sicilia. La visita al paese del sole, costruzioni antiche, la pasta, il tiramisu e la gente insolitamente gioiosa. In pratica, cosa pensano gli stranieri degli Italiani? Pensano che sono tutti mafiosi. L’Italia è caratterizzata da tre parole “pizza, spaghetti e mafia”. Ora è interessante osservare l’Italia con altri occhi. “Bravo”, “ciao”, “arrivederci”; non dovete essere in Italia per capire che cosa qualcuno dice. Queste sono tutte parole che la maggior parte di noi non solo capisce, ma persino usa nella conversazione. È vero, gli Italiani sono molto affabili. Loro sono stati abituati a salutare per primi le persone che conoscono. Nella strada hanno sempre un comportamento decoroso. È stupefacente che loro usano sempre il “tu” e non “lei”. Non solo ragazzi, studenti ma anche i professori dicono “tu”. Il contatto è molto semplice. Ciò distingue gli Italiani da altre persone di altra nazionalità. È molto interessante vedere, quando sei per strada, una bicicletta o un passeggino. Hanno scambiato i segnali. La strada in Italia è sempre piena di gente, particolarmente nelle sere. Sono il popolo piu vecchio della terra. Si, loro sono gente speciale. Ma gli abitanti della Sicilia sono denominati “caldi Siciliani”. È vero. Tutti sanno che gli Italiani sono famosi per il loro amore per la vita, per il cibo e il loro amore d’amore. Roberto Benigni nel suo film “La vita è bella” ha mostrato che con la forza dell’amore si possono fare cose incredibili.

il

Sicilia. Messina. La sera. I giovani vanno per una camminata sulle strade della città, mano nella mano, parlando, baciandosi. Spesso gruppi di giovani escono insieme per andare al bar o si incontrano per andare a ballare in discoteca. Loro vanno al ristorante per vedere gli amici e chiacchierare. È possibile vedere ragazzi che litigano per la strada. e dopo dieci minuti vanno in giro mano nella mano. È naturale che l’affetto dei ragazzi è mostrato in pubblico molto di più in Italia che in altri paesi. Perche questa è l’Italia. Io penso che un’altra caratteristica speciale degli Italiani è l’amore per le macchine. A volte mi sembra che gli Italiani spesso sono piu innamorati della loro macchina che della loro moglie. Non è raro sentire discorsi un po` strani. Io ho sentito qualche discorso. “ Come va la tua macchina?” – chiede un amico. E l’altro risponde con grande serietà: “La mia va bene. E la tua?” Ciò è molto divertente. Come tutti i Siciliani, gli abitanti di Messina amano mangiare bene. Il problema di ogni giorno: “Che cosa si mangia oggi? Ieri la pasta, oggi il pesce… Allora, pesce!” Penso che tu, caro lettore, sappia molto circa questa caratteristica speciale degli Italiani perciò andiamo piu avanti ad osservare. Spesso ad una domanda “ Che cosa si può comprare di bello in Italia?” molti rispondono: “Una bella automobile o una bella barca». La gente, di solito, ha desideri più modesti. Che cosa si trova di bello in Italia? Molte cose. Se volete comprare dei prodotti caratteristici, bisogna soltanto scegliere il luogo dove si trovano. Messina è ricca dei prodotti di mare. Se amate il pesce dovete andare nel ristorante locale. Qui troverete sempre un saporito piatto di pesce.

Giornalista

11

Certamente, in Italia si fanno splendide pizze! E sono molto gustose. In Sicilia si possono comprare anche modelli delle antiche marionette dell’isola e se siete golosi, i dolci fatti di pasta di mandorla. Ci sono articoli di ogni genere e di ogni tipo e si può trovare di tutto. C’è il nuovo e c’è l’usato, l’antico e il moderno. Mi sono dimenticata di una caratterstica speciale molto importante. L’Italia è la capitale della moda e dello stile. La frase “Made in Italy” è un fenomeno straordinario sia per la qualità, sia per la quantità. L’Italia è un paese in cui si producono bellissimi oggetti moderni. I loro “ designer” sono i più bravi del mondo. Oggi vestire all’italiana significa avere buon gusto, voler essere eleganti tutti i giorni e in tutte le occasioni. In ogni piccola città della Sicilia sempre ci sono buoni negozi. Questo è molto importante per noi ragazze. Ogni negozio, oltre alla domenica, è chiuso a mezzogiorno. Gli Italiani preferiscono fare spese nei grandi magazzini, ma ancora fanno spese nei piccoli negozi. Io penso che loro trovino nel negozio specializzato più qualità e più scelta. Dicono che gli Italiani, vecchi, giovani, sposati o no, sanno godere la vita un po più degli altri. La vita è come il vino o il gelato! Il loro stile da vita e il loro cibo sono piu sani e il loro abiti sono i migliori del mondo. Gli Italiani sempre dicono: “…Vesti bene, mangia bene, bella macchina…siamo Italiani». Purtroppo, gli Italiani sono convinti di essere sempre i migliori in tutto, e non investono per nulla nel futuro. Loro vivono nel presente. Se ora voi pensate, come pensano in Italia…

Svetlana Kravchenko

12

il

Giornalista

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

Impressioni spensierate Solo alla fine del riposo abbiamo appreso che viviamo nel rione più banditesco della città. Le valorose donne russe anche alle 4 di mattina, senza esitare, giravano per le strade deserte di Messina, cantando l’inno nazionale, non quello italiano certamente... I siciliani si affacciavano dalle finestre e si meravigliavano: “Come è possibile andare in giro alle 4 di mattina, e con buon stato d’animo?

Dal club, cari amici, delle danzatrici! Soddisfiamo i nostri compagni che con abnegazione si alzavono alle 8 e andavano a lezione… noi invece ci alzavamo alle 12 e andavamo in spiaggia. E questo, credete, non è poco eroico. Il mare in Sicilia è bellissimo. Non risparmiavamo tempo e andavamo nella spiaggia di Torre Faro (mezzora di cammino e poi 40 minuti di autobus). E l’orario degli autobus a Messina è imprevedibile... Cosicché alle tre raggiungevamo la spiaggia. Torre Faro è un piccolo borgo sul capo Cariddi vicino ad un grande pilone. La cosa più interessante è che proprio in questo punto si intrecciano due mari Ionio e Mediterraneo. Perciò la corrente qui è molto forte. La ricerca degli asciugamani e delle scarpette era lunga. La prima conoscenza con Torre Faro è stata terribile. Quel giorno era spaventoso: temporale e vento forte. Le sedie volavano, i baristi si sono nascosti nelle loro casa sulla spiaggia ma noi, maschiamente abbracciati ai nostri valorosi professori, abbiamo aspettato il temporale. Ma non senza un amaro… Dunque, il primo premio “Spiaggia di Messina” va a…Torre Faro! La seconda spiaggia della citta, Milazzo è grande, pubblica, sabbiosa, con grandissime onde e italiani molto abbronzati. La terza spiaggia è a Taormina, località Isola Bella ma non è bella per niente. Una piccola isoletta con una piccola baia con acqua pura cristallina. Ma questo è quello che sembra da lontano. Non c’è posto per parcheggiare la

macchina, si deve camminare per 30 minuti sulla strada. Non c’è posto per sdraiarsi (non si può camminare senza pestare la testa del vicino). L’acqua è fredda e sul fondo ci sono pietre scivolose: Voto Negativo alla spiaggia di Taormina. Taormina è una città molto bella, si trova su una collina, è piccola ma con moltissimi caffè e negozi. Più in alto si trova la città di Castelmano, una citta-fortezza; particolarmente attraente è la vista sull’Etna. Ma, torniamo alla valutazione delle spiagge. Una altra spiaggia è quella urbana di Messina. Non è molto pulita e nel mare ci sono molte meduse. A proposito! Gli italiani ci hanno insegnato come difendersi dalle loro ustioni: si deve prima sfregare la pelle con la sabbia e poi con del pomodoro. E quindi in spiaggia andavamo con un sacchetto di pomodori. Molto più gioiosamente era mangiare tutti quei pomodori dopo la spiaggia! Se il pomodoro finiva nella pancia significava che nessuna medusa ti aveva pizzicato! Stavamo in spiaggia praticamente 24 ore su 24. Durante il giorno ci abbronzavamo, di sera ballavamo. Quasi tutti i club si trovano sulla spiaggia. Gli italiani sono un popolo dal temperamento molto focoso, ma molto responsabile. Loro ballano molto, bevono poco. In generale c’è poca gente del luogo nei club, il che è comprensibile. Loro amano i russi, come anche i polacchi, per il loro animo, allegria e ottimismo. L’arredamento nei club è molto interessante:

piccole verande su palafitte, direttamente sopra il mare. Si può sedere al bar, si può ballare e si puo respirare aria fresca, sorseggiando un cocktail. A proposito, i prezzi nei bar sono molto bassi, il che è pericoloso per i russi. A Messina è difficile mangiare dopo la mezzanotte, ci sono pochi posti, solo un bar decente aperto 24 ore su 24. Perciò noi e la grande brigata tutte le notti stavamo seduti in piccolo caffè ILLI. I camerieri, verso la fine della seconda settimana, hanno cominciato pian piano ad “ululare”: i russi possono sedere e bere fino alle 5 di mattina e poi di mattina tornare ancora e mangiare alle 9; facile come bere un bicchier d’acqua! Non abbiamo potuto investigare in profondità ma in generale il cibo a Messina non ci è piaciuto affatto. Eravamo sempre affamati nonostante c’erano molti bar e ristoranti. Abbiamo trovato solo pizza, panini e dolci. Ma siamo russi, abituati a zuppe e polpette. L’unico beneficio della carenza di cibo è che siamo riusciti a scheletrirci. Ma a che prezzo! È stato chiaro che i messinesi amano i russi. Durante il terribile terremoto del 1908 alcuni marinai russi hanno salvato moltissime persone. Facilmente perciò loro pregiano l’amicizia con i russi, anche perché abbiamo carattere e natura simili. Per esempio: a che messinese non piace correre? Correre con moto veloci che puoi sentire per la tua via, meglio se di notte. O di notte è ancor meglio fischiare. Al fischio e al grido dei ragazzi verso le ragazze ci siamo abituate ma come mi ha spiegato un mio conoscente: “Non vogliamo offendervi. Per la donna questo deve essere un complimento. Siamo un popolo appassionato e non possiamo controllarci”. Ma non abbiamo mai capito come percepire le grida dei siciliani sfenati. Cosicché ci sono moltissime impressioni, sia di noi, sia dei siciliani. Non sappiamo se la Sicilia abbia respirato libertà dopo la nostra partenza ma noi ci siamo divertiti alla grande. Ma, come si dice, c’è un tempo per il piacere e un tempo per il dovere....... due settimane siciliane! Adesso dobbiamo studiare. Abbiamo voglia di svegliarci presto di mattina, andare alla fermata e... prendere l’autobus numero 79 e... raggiungere il mare. Dove circola a Mosca? Proviamo a cercarlo!

Anna Kameneva Valentina Matrenkina

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

UONGIORNO mi presento: mi chiamo Stefano e da gennaio insegno italiano e inglese a Mosca. Ho passato questo agosto a casa, a Colonnella (TE) un piccolo paese in Abruzzo. Si tratta di un paesino (tremila anime) su una collina a cinque Km dal mare. Secondo me (ma il mio giudizio ovviamente è di parte), è un piccolo gioiello. I molti turisti che vengono d’estate sono però dello stesso parere… Quando i miei studenti mi chiedono consigli su dove andare, cosa visitare quando vanno in Italia, io dico loro che certamente devono visitare le città d’arte, in primis, Roma e Firenze, ma che forse vale la pena avventurarsi verso l’interno, per strade di campagna, di montagna: là si possono trovare usanze, tradizioni, sapori di una “più vera Italia”. —Le persone sono più rilassate ed hanno più tempo e lo spenderebbero volentieri facendo quattro chiacchiere con degli stranieri (che sanno parlare italiano). —Si mangia meglio: non ci sono menù turistici, si mangiano pietanze tipiche (e sicuramente più genuine di quelle che si possono trovare in città) Devo però dire che noi italiani siamo attratti dai paesi stranieri e non conosciamo il nostro. Ed ogni volta che giro un pò l’Italia mi accorgo quanti tesori nascosti e sconosciuti e favolosi ci sono (in Italia come in tanti altri paesi). Me ne sono reso conto ancora una volta quest’estate quando ho girato l’Abruzzo in bici

B

il

per quattro giorni. Sono partito da casa e ho fatto la prima tappa a Caramanico Terme (PE), uno scrigno ai piedi del Monte Morrone (Parco Nazionale della Majella). Si tratta di un paese situato a 800 metri slm, divenuto famoso negli anni ‘60 come località termale. Da lì, sono passato per Salle, Tocco da Casauria (famoso quest’ultimo per l’amaro Centerba), Capestrano, Barisciano, Santo Stefano di Sessanio, tutti antichi borghi medievali, poco conosciuti dai turisti ma dalle bellezze architettoniche, storiche e naturali incredibili. Seconda tappa a Fonte Cerreto (AQ) ai piedi del versante aquilano del Gran Sasso, la catena montuosa più alta degli appennini, da dove si può scorgerne tutta la maestosità. Da lì si può costeggiare tutto il massiccio e ammirare un paesaggio montano indescrivibile. In un mattino senza nuvole, come quello che ha accolto me, si respira pace: montagne dappertutto, aria freschissima, pochissime macchine, aquile che volteggiano nel cielo, mucche e cavalli liberi per la strada che si muovono e seguono riti millenari. E poi da lì ci si tuffa in una valle rigogliosa, solcata dal fiume Vomano, lungo la “Strada maestra del Parco del Gran Sasso” (SS 80). Si passa per una strada “verde”, tutt’intorno montagne ricoperte da alberi e foreste, ruscelli che sgorgano verso il Vomano, inframmezzata da piccoli borghi che conducono poi alla

Giornalista

13

«salitona» per Prati di Tivo, famosa località sciistica e non solo; da qui infatti é possibile partire per interessanti escursioni fino al Corno Grande (2912 metri). Una volta lasciate alle spalle le montagne e dirigendosi verso l’Adriatico si incontra una miriade di piccoli paesi dal lontano passato, la maggior parte dei quali arroccati sulle colline, dai centri storici fatti di strette vie e suggestive piazzette. Un altro paradiso che sono andato a riscoprire è stato la Piana di Castelluccio (Umbria), un paesino sopra una bassa collina che si affaccia su di una vasta e piatta distesa, attorniata da alte montagne (la più alta delle quali è il Monte Vettore). In Italia e non solo sono strafamose le lenticchie di Castelluccio che in quella piana trovano un ambiente ideale per la loro coltivazione. Da qui non si può non visitare Norcia, città dalle origini medievali che diede i Natali a San Benedetto (ora patrono d’Europa) e che è riuscita a conservare benissimo il proprio passato. E i più golosi potranno assaggiare i norcini (salsicce di cinghiale), formaggi tipici e soprattutto il tartufo (bianco per chi può permetterselo). Spero tanto che questa nostra passeggiata insieme vi sia piaciuta.

Stefano Maraessa

14

il

Giornalista

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

Il mare al naturale In Puglia, una regione del sud Italia, sta per incominciare “la stagione del mare”. I frutti di mare freschi tanto da poter essere mangiati anche crudi sono lo scopo del nostro viaggio verso la costa adriatica. merci straniere, persone dalle lingue sconosciute, culture diverse. A Bari c’è anche un angolo di “Russia”: le reliquie di San Nicola, una chiesa ortodossa e una statua del santo realizzata da Zereteli e regalata alla città da Vladimir Putin. Queste cose si possono vedere in un giorno, mentre per apprezzare le particolarità della cucina tipica, portata sempre dal mare, bisogna organizzarsi per un soggiorno un pò più lungo. Quante città hanno trovato rifugio sul litorale adriatico dell’Italia—e tutte quante fanno ampio uso dei frutti degli abissi adriatici. Bari però riesce ad essere originale, mangiando i frutti di mare crudi—per, come spiegano i pugliesi, conservare il profumo, il sapore e soprattutto la sensazione di freschezza tipica del mare. Chissà quando e perchè è nata questa tradizione. In ogni caso, sin dai tempi dell’Impero Romano proprio da queste latitudini partiva il pesce fresco per raggiungere i tavoli dell’aristocrazia romana. La famosa strada Appia, selciata di pietre, che attraversava una grande parte di penisola, partiva proprio dalla Puglia: in una delle piccole città pugliesi c’è ancora un ponte antichissimo che un paio di millenni fa vedeva ogni giorno i carri caricati di pesce che erano destinati a superare alcune centinaia di chilometri per poi trovarsi in una delle strade romane che adesso si chiama Appia Nuova. Antichissima è anche la statua del pescatore di polpi, eretta nella cittadina di Torre a Mare, vicino a Bari, che attualmente è ridotta allo stretto necessario: ville, scalo per le barche, ristoranti con specialità marinare. A proposito, i ristoranti…

L’invito al viaggio “Noi non abbiamo nè il Colosseo, nè La Scala, questo no”,—ammettono con poca amarezza nel meridione d’Italia. E subito dopo aggiungono: “Però loro non hanno il nostro mare!” Il mare come modo di vivere, come lavoro e divertimento, come motivo per marinare la scuola o scappare dall’ufficio nell’ora di pranzo: dieci minuti in macchina—e chi si ricorda più degli impegni lavorativi e dei colleghi! Prendiamo a bordo solo quello che serve, cose semplici, ma geniali: il caffè e le righe di un giornale, tra le quali si avverte l’odore del mare.

Lì credono che vederlo, il mare, non sia proprio obbligatorio—basta saperlo vicino, no? Dite di no? Allora venite in Puglia—la regione che si trova “sul tacco” della penisola. Nei ristoranti locali troverete prove convincenti e potrete godervi il mare senza vederlo. Il mare dal vivo Quante cose ha portato il mare in Puglia e in particolare a Bari, l’attuale capoluogo della regione! Durante i secoli salpavano da qui le navi—con scopi commerciali, militari, religiosi,—e le navi arrivavano, portando con loro

L’abito del monaco Esteticamente semplicissimi, ma ricchissimi nel loro interno! Comunque a volte, soprattutto d’estate, è meglio restare fuori, sulla terrazza aperta, dove il mare crea da sè il migliore degli interni possibili. D’inverno il mare viene sostituito dalle stampe di soggetti marini e da collezioni vetrate dei nodi marinari. Legno naturale, tovaglie fresche, camerieri con il fisico da top-model—tutto è estremamente all’ italiana. Qui si può fare a meno del menù— basta solo annuire quando vi chiederanno: “Desidera un pò di crudo?” Da locale a locale “il crudo” sarà proposto in modi diversi, ma senz’altro con la partecipazione di polpi, seppie (che in dialetto per qualche ragione strana si chiamano allievi) e di vari tipi di cozze. I frut-

№12 (1122)

il 7 dicembre 2006

ti di mare si assaggiano bagnati dal succo di limone oppure al “naturale”. Così, in effetti, danno di mare molto di più rispetto alla stessa pasta con le cozze (già cotte), che è un altro piatto tipico della regione. Quelli che non vogliono mettere in pericolo il proprio stomaco, possono assaggiare le stesse cose—polpi, gamberi, calamari—arrosto. Di solito agli stranieri viene proposta proprio questa variante, visto che non tutti, anche gli stessi italiani, condividono la passione pugliese del mangiarli crudi. I segreti del polpo Sembra che sul lungomare di Bari sia sempre l’8 marzo—gli uomini vestono maglioni sbiaditi con le maniche rimboccate—e sciacquano nelle bacinelle qualcosa dalla forma così indeterminata che può essere scambiata per bucato. Naturalmente, è solo un’illusione: gli uomini a Bari si caricano dell’impegno virile di arricciare i polpi. Li pescano proprio qui, dove finisce la città e tende lontano la sua mano il faro, e poi, seguendo le istruzioni che sembrano estratte da una favola, li puliscono “in sette acque”: è proprio un gran sporcaccione, il polpo. Non è comunque colpa sua—l’animale quando è vivo funge da sanitario marino, filtrando tutto quello che inquina il mare. Ricordiamolo, i pescatori devono pulirli per bene: altrimenti una buona metà della regione rischia di beccare l’epatite A. Abbiamo incontrato Michele passeggiando una mattina sul lungomare: viene qui tutti i giorni e per il pranzo sua moglie cucina i polpi, ma per meritarsi questo pranzo deve impegnare alcune ore lungo la costa barese—con aria quasi beata, come se facesse meditazione. Ci propone di assaggiare dei polpi già puliti, tagliando i loro tentacoli proprio sulle pietre del lungomare,— la prelibatezza che in questo periodo costerà al mercato 40 euro circa per un chilo. Il mercato si trova vicino, ed è magari più pittoresco di qualsiasi ristorante. I molluschi di tutte le specie—ostriche, noci con una buffa lingua rossa, tartufi,—sono sistemati in piccoli mucchi e sembrano dolci esposti nelle vetrina di una pasticceria; piramidi ancora più imponenti creano i ricci di mare—questi però non si mangiano quasi mai al ristorante, perchè hanno poca polpa e si dovrebbe mangiarne abbastanza per saziarsi. Sempre qui, proprio dietro l’ultimo banco, si asciugano le mute da pesca, e appena un pò più in là si ormeggiano le barche e i pescatori preparano i polpi per la vendita—uno spettacolo degno per la sua grandiosità delle migliori battaglie nel sopracitato Colosseo. Ad una persona inesperta potrà sembrare che i pescatori semplicemente uccidano le povere bestie: uno butta il polpo con zelo sulle pietre, poi lo riprende e lo scaglia nuovamente; l’altro con un attrezzo speciale che assomiglia parecchio a un matterello, però enorme, lo bastona senza tregua—con l’intenzione abbas-

il

tanza palese di schiacciarlo come una bistecca. I baresi invece ridono—loro sanno che è un lavoro importantissimo, quello dei pescatori: arricciare i polpi per renderli mangiabili. Non arricciati questi rappresentano una massa sdrucciolevole e poco attraente, che non si può nè tagliare nè mangiare. Perciò, per triste che sia, per poterli consumare crudi, bisogna picchiarli senza pietà, perlopiù contro le pietre. Solo dopo i polpi si mettono in cestini impagliati che, accordandosi proprio bene con i tentacoli a spire, attirano l’attenzione dei passanti. «Fai un bel regalo a tua suocera, compra il polpo!»—gridano i pescatori. Un tentacolo del polpo è capace di conquistare il cuore di qualsiasi donna—evidentemente la pensano così! Noi però siamo riusciti a trovare un punto debole nelle conoscenze di questi esperti quasi impeccabili: nelle parole italiane “piovra” (che è anche il titolo del famoso giallo con Michele Placido dei tempi della nostra adolescenza) e “polpo”, a differenza della parola russa “osminog” (let. “una bestia con otto gambe”) non c’è nessuna indicazione sulla quantità delle sue estremità. Così, svelando il segreto, vedevamo gli italiani increduli: si mettevano subito a contare i tentacoli! La colazione aristocratica Una peculiarità meravigliosa di questo paese, ricco di frutti di mare, è la bravura nel presentarli sia in modo democratico, ma affascinante nella sua semplicità, sia con un lusso e una finezza di antica tradizione. Lasciando il mercato e gli scali dei pescatori, ci precipitiamo a Polignano a Mare, una città a trenta

Giornalista

15

chilometri a sud di Bari, dove si trova un ristorante davvero unico: “La Grotta Palazzese”. Grazie alla sua posizione eccezionale, “La Grotta Palazzese” fu citata da una fondazione americana tra i quattro locali (gli altri tre si trovano in Repubblica Ceca, Nuova Zelanda e Stati Uniti) più particolari e più “caratteristici” al mondo. Il ristorante è situato letteralmente dentro una grotta, e la sua superiorità rispetto agli altri ristoranti “di mare” diventa ovvia appena lo vedi da dentro: dietro il tuo tavolino—il precipizio, e tu non vedi altro che il tuo pranzo ordinato sullo sfondo del mare che si slancia verso il cielo. Le tradizioni di questo ristorante hanno una storia di alcuni secoli. Già trecento anni fa i duchi usavano la grotta per organizzare feste con cibi in abbondanza e spettacoli teatrali, ora si viene qui da tutte le parti del mondo per ammirare la vista (“La Grotta Palazzese” non è solo un ristorante, ma anche un albergo lussuoso) e anche per festeggiare le nozze: due coppie americane hanno scelto questo posto per unirsi in matrimonio. D’inverno, naturalmente, anche nel sud Italia è meglio osservare la bellezza del mare dal coperto, perciò nella Grotta è prevista una sala per la stagione da ottobre ad aprile. Ma una volta scoppiata la primavera si spalancano le finestre, si aprono le grotte, nella lontananza radiosa si precipitano le barche, e gli uomini sulla costa adriatica—chi legge il giornale, chi risciacqua nelle bacinelle i polpi—sono tranquilli ognuno a modo suo: il mare è proprio qui, e sembra quasi di respirarlo.

Eugenia Selisceva

Related Documents


More Documents from ""

Flashtour Bari
June 2020 12
Flashtour Puglia
June 2020 6
June 2020 4