Il Giornalista Dicembre 2008

  • Uploaded by: Aleksandr Beliaev
  • 0
  • 0
  • June 2020
  • PDF

This document was uploaded by user and they confirmed that they have the permission to share it. If you are author or own the copyright of this book, please report to us by using this DMCA report form. Report DMCA


Overview

Download & View Il Giornalista Dicembre 2008 as PDF for free.

More details

  • Words: 12,661
  • Pages: 28
Il Giornalista

L’edizione speciale della Facoltà di Giornalismo dell’Università Statale Lomonosov di Mosca

Il Corteo storico per ferragosto

I moscoviti a Montalbano Elicona

Il caffe’ all’italiana Il vino delle Marche

Il mondo dei brand italiani Umbria Jazz

 |

dicembre 2008

Il Giornalista

Fatima Ciumakova: studentessa della facoltá di giornalismo, giornalismo internazionale, on-line

Julia Klimova: studentessa della faculta di journalismo, redattore, journalista e fotografo per la rivista dello sport «Sovetski Sport», l’autore della rivista «Italynews»

Dimitri Lysenkov: studente di facoltà di Giornalismo, cattedra del giornalismo internazionale, autore per le riviste sul vino, viaggi di lusso e yachts «Magnum», «Italia», «Smoke», «Boat International».

Svetlana Kravchenko: studentessa della facoltà di giornalismo, 5 corso, adetto stampa di squadra italiana Calcio V

Anna Sokolova: laureata in giornalismo, fa il dottorato di ricerca in giornalismo italiano e spagnolo, piace la gente che sa pensare e sa impazzire

Anastasia Laukkanen: studentessa della faculta di journalismo, insegnante d’inglese nei gruppi corporativi e orfano trofio, tradutrice. Fatta il gran tour in Italia questa estate, piuttosto gastronomico

Oksana Lasarenko: studentessa della faculta di journalismo di 3 anno, appassionata di studiare le lingue del gruppo romano: italiano, spagnolo, portugese. Anche interessata di danze e l’arte artistico.

Leonova Anna: studentessa di 3 anno, Facoltà di Giornalismo, giornalismo internazionale, autore di rivista «Il Giornalista»; collaboratore a contratto delle edizioni regionali.

Irina Sezina: studentessa della facoltá di giornalismo, designer per le agenzie pubblicitare, la vera e propria principessa

Daria KLIMENKO, caporedattrice Ho il grande piacere di presentarvi il nuovo annuale del Centro Italo-Russo per le ricerche su mass-media, cultura e comunicazione presso la facoltà di giornalismo dell’Università Statale Lomonosov di Mosca. Dietro questo lungo nome ci sono almeno 50 studenti che studiano la lingua italiana, che viaggiano in Italia per studio, ricerca e per piacere, che si uniscono per ascoltare i professori delle migliori università italiane, per guardare i film italiani, per parlare nella lingua preferita, per dare luce alla rivista sui nostri stage estivi. Quest’estate stata piena di Italia per noi. Ci hanno accolto le università degli studi di Perugia, di Milano, di Messina, di Genova. E ognuno tornato con la propria emozione scritta e fotografata. Oltre ai racconti sugli stage, la maggior parte dei quali dedicata al viaggio culturale-etnico in Sicilia, abbiamo anche alcuni materiali scritti specificamente per questa edizione: il vino delle Marche, la differenza tra la colazione alla russa e all’italiana, il festival Jazz in Umbria, un progetto contro la guerra denominato «tutti giù per terra». Ed soprattutto bello ed accogliente tenere questa rivista a casa e aprirla ogni tanto d’inverno e di prima primavera. È come il pane caldo italiano che brucia un pò le mani, poi diventa tiepido e morbido e diffonde il suo odore indimenticabile. Solo che la vita della nostra rivista dovrebbe durare molto di più e regalare ai lettori pensieri e sentimenti calorosi e piacevoli. Così sono anche gli studi nel nostro centro, alla scoperta di qualcosa di nuovo, attraente, interessante, emozionante, succoso e gustoso. Siamo sempre aperti alle iniziative e alla creatività. La rivista nata per confermarlo.

dicembre dell’anno 2008 direttore del centro: Anastasia Grusha redattore responsabile: Daria Klimenko disegno della copertina: Anna Sokolova redattore: Diego Mecca Il numero è stato preparato dagli studenti del Centro Italo-Russo per le ricerche su mass media, cultura e comunicazione:

Oksana Lasarenko • Anna Leonova • Svetlana Kravcenko • Anna Sokolova • Anna Nauer • Daria Klimenko • Anastasia Laukkanen • Giulia Klimova • Irina Sezina • Dimitri Lysenkov • Anka Sarukhanova • Daria Koroleva • Alessandro Belyaev • Tamara Vinogradova, Fatima Ciumakova

disegno ed impaginazione: Galina Kuznetzova caratteri: Myriad Pro, Palatino Linotype stampato: il laboratorio poligrafico di studio della Facoltà

di Giornalismo di MGU il direttore V. I. Neznanov

indirizzo: 125009, Mosca, via Mokhovaya, 9 telefono: (495) 629‑43‑65 firmato per stampare: 11.12.2008

L’opinione della redazione non sempre coincide con quella dei materiali del giornale. I giornalisti sono responsabili per il contenuto dei materiali.

dicembre 2008

Il Giornalista

|

La vita in Sicilia piena delle avventure…… . . . . . . . . ……….4

La Vara: Benedicendo la città……… . . . . . . ………………18

La nostra fortuna…………. . . . . . . . . . . . . . . . . . ……………..6

Progetto caffè……………… . . . . . . . . . . . . . . . ……….20

Il trasporto alla siciliana……… . . . . . . . . . . …………………7

Sanus per Italia……. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . ……22

Il mistero dell’arrivo………… . . . . . . . . . .………………….. 8

Santa Margherita—

Il corteo italo-russo a Montalbano Elicona… . . . . . . . .…….10

un rimedio contro la noia e depressione… . . . . . . . . . .……23

Umbria Jazz…………………… . . . . . . . . . . . .……………..12

La zona scientifica: l’immagine dell’Italia nella stampa russa.…. .24

Lo stage tra i brand italiani……. . . . . . . . . . . . . …………….14

Ogni guerra, anche ai margini è universale…… . . . . . . . ….26

Le Marche in un bicchiere……………. . . . . .……………..16

Il Centro Italo-Russo per le ricerche su mass media, cultura e comunicazione Il Centro Italo-Russo per le ricerche su mass media, cultura e comunicazione è stato fondato 6 anni fa ed è aperto per tutti quelli che vogliono studiare o giá parlano l’italiano, che sono interessati in giornalismo e in cultura italiana. Lo scopo del Centro è l’istruzione onnilaterale sull’Italia: i corsi di lingua, le lezione degli italianisti, professionisti, professori russi e italiani. Il Centro sta in relazioni buone con le universitá italiane che permette di organizzare gli stage, i cambi tra gli studenti e invitare i professori specializzati nel campo di giornalismo, politica, linguistiga, storia, sistema dei mass media, business e cultura.

La vita

in Sicilia piena delle avventure Studiare, studiare e ancora studiare… Svetlana Kravcenko

Q

uest’ estate abbiamo avuto la possibilità di studiare la nostra lingua più amata—l’italiano. È benissimo imparare l’italiano e vivere più da vicino il ritmo del mare. Le lezioni d’italiano si tenevano in un luogo unico—Montalbano… Siamo arrivati a Montalbano, un luogo molto interessante e misterioso, e la giornata seguente sono cominciati i corsi. Ci sono sei livelli di conoscenza della lingua italiana. Il primo giorno delle lezioni abbiamo scritto il test per determinare il nostro livello. di conoscenza della lingua italiana. Per fortuna, tutto il nostro gruppo ha lo stesso livello di conoscenza e noi abbiamo avuto lezione insieme. La scuola anche ha organizzato seminari su diversi temi. I nostri insegnanti erano laureati con una lunga esperienza nell’insegnamento. A conclusione del corso abbiamo sostenuto il test finale per ottenere la certificazione.

Riposare…

Dopo ore di lezione con i nostri eccellenti insegnanti—Daniela, che poi ha sostituito

dicembre 2008

Il Giornalista

Francesca, il professore Romano—c’ era un pò di tempo libero. Questo tempo è stato molteplice. E impossibile essere in Sicilia e non vedere tutti i luoghi meravigliosi di questa isola. Grazie al professor Romano abbiamo visitato i luoghi più belli della Sicilia. Allora, il nostro primo piccolo viaggio è stato il viaggio a Taormina.

Taormina

Taormina chiamata «la perla della Sicilia». È vero. La città si trova sulla costa orientale della Sicilia, vicino al vulcano Etna—su una rupe alta sopra il mare. Questa città è molto antica. Dell’ antica Taormina sono rimaste solo le rovine antiche e Teatro Greco. Per arrivare in città abbiamo avuto una lunga salita in autobus su una stretta strada in montagna. Ma tutto questo tempo abbiamo guardato il panorama al di fuori della finestra. Poi l’autobus ha parcheggiato in un speciale parcheggio.

Taormina è una pittoresca favola. Vieni in citta e entri in un film sui vecchi tempi dell’ Europa. Taormina è una città sparsa sulle montagne. Tutte le strade portano in fondo, sulla costa. Meraviglioso, piccole strade di Taormina pavimentate con lastre di pietra. Per queste strade la gente è entrata per più di un secolo. Anche la nostra gruppa dei studenti russi ha visitato questa città! Le strade come le scale, le strade come scivoli, le strade come piazzale… Ci sono molti piccolo bar e ristoranti che mettono sedie in strada. Di volta in volta passono i motociclisti. Sulla strada principale ci sono molti negozi con i diversi souvenir. La maggior parte qui sono coralli, ceramica siciliana e prodotti di vetro. La strada principale attraversa completamente la città, poi si trasforma e porta per l’anfiteatro. L’anfiteatro si trova nella roccia. Questo è uno splendido spettacolo. Visitando il Teatro Greco si puo godere la vista sul vulcano Etna. Per garantire che avete voluto visitare almeno una volta a Taormina, c’è una sola frase di Maupassant: «Se qualcuno dovrebbe essere tenuto un solo giorno in Sicilia e chiederà che devono vedere, non ho alcun dubbio avrebbe risposto: Taormina!» La sera siamo andati a Messina…

Messina

Questo è una cita siciliana che, per fortuna, ho visitato due volte. Per la prima volta (due anni fa) e per la seconda volta ho visto la festa più importante, che si svolge a Ferragosto di ogni anno. C’e la processione dei fedeli, vestiti di bianco ed a piedi scalzi. Loro mettono una antica macchina e sulla parte superiore della macchina si trova la statua del Cristo che, con una

Svetlana Kravcenko

 |

dicembre 2008 mano, sorregge la Madonna. Questa macchina si chiama la Vara. Il 15 agosto nella piazza ci sono le due colossali statue a cavallo che raffigurano i leggendari fondatori della città. Questa è una esperienza indimenticabile. Si diventa il partecipante della grande festa. Alla fine della festa c’e il grande salto sul mare. Abbiamo passato in città diverse ore, ma questo tempo sono stata molto felice! Altro nostro altro viaggio molto interessante era un piccolo crociere nel traghetto alle Isole Eolie.

Isole Eolie

Svetlana Kravcenko

Isole sono situate al nord di Sicilia. Dicono che Odysseus fu nelle Isole Eolie. Perciò loro sono così popolare. In caso di bel tempo abbiamo visto l’isola dalla nostra città Montalbano. Ce sono isole: Vulcano, Lipari, Salina, Panarea, Stromboli e Filicudi. Lipari è l’isola che dà il nome all’arcipelago è la più grande. Era possibile prendere la barca e pescare il pesce insieme con i pescatori siciliani e poi pranzare a bordo. Ma abbiamo preferito fare tutta la via d’acqua sulla parte anteriore del traghetto…

|

Il Giornalista Vivendo il ritmo del mare e veleggiando tra le isole vulcaniche abbiamo scoprite baie nascoste e un’antica cultura a un ritmo che ci lascerà un lungo ricordo.

Tindari

Un giorno il professore Romano ho organizzato il viaggio a Tindari, che si trova sulla costa nord. A Tindari c’e la famosa Madonna nera. In questo luogo viene un numero enorme di pellegrini per venerare la Madonna e chiedere la sua assistenza. Dicono che la Madonna esegue le richieste dei credenti. Io e miei amici abbiamo visitato il vecchio santuario dedicato alla Madonna nera. Ci sono state un sacco di persone. La statua della Madonna era alta sopra le teste dei parrocchiani. Anche abbiamo visto il sito archeologico con il Teatro Greco.

Montalbano

Ma la maggior parte della nostra vita in Sicilia l’ho passata a Montalbano.

Montalbano è una piccolissima città sul monte (cosi si chiama Montalbano). Questo è un’affascinante cittadina medievale, con le case medievali, le scale di pietra e la fortezza. Persone che la abitano ricordano i residenti di una lontana epoca. Anche se molto piccola popolazione della città. Ma dopo due settimane di soggiorno in città, i residenti locali riconoscono le persone, salutano e augurano buona giornata. Tutto questo è ci stato catturato nella trappola di tempo. Tutto in questa città era così piccolo che per noi, russi, residenti del nord, è stato insolito vivere in questo piccolo «paese». Ogni sera dalle finestre delle nostre piccole case, si potrebbe vedere come il sole tramonta. Il sole come se sul palmo della mano. Non tutti possono vedere questo. Ma noi ne abbiamo avuto la possibilità. Grazie per la fortuna! Vivere in Sicilia è stata una esperienza particolare. Mi sono innamorata della Sicilia, dello stile di vita, ho fatto tante amicizie e sopratutto ho imparato e migliorato l’italiano.

 |

Il Giornalista

Il mistero dell’arrivo Ci stiamo avvicinando. P iccole case si sono schierate sul pendio abbastanza scosceso. La mia prima associazione quando vedo le montagne certamente è il Caucaso. Ma queste montagne non lo ricordano. E le case non sono come gli aul. testo, foto: Giulia Klimova

I

l nostro Campus piuttosto rassomiglia un paesino medioevale. Oppure il teatro di posa di Mosfilm dove si gira un film su cavalieri e bellissime dame, usurai e banditi, contadini e re. Le vie sono pulitissime e—la maggior parte del giorno—silenziosissime. Solo a volte di mattina chiassosi piccoli ragazzini vanno in bicicletta. E di notte i ragazzi più grandi e un pò più chiassosi che hanno lasciato le biciclette vanno sui loro motorini. Spaventano le ragazze che per caso sono fuori casa a quest’ora tarda.

E non solo loro. Anche quelle che sono a casa hanno paura, però non possono chiudere le finestre. Non c’è serratura su alcune e il davanzale di quella nella stanza da bagno è situato a livello di strada. Ma i ragazzi sui motorini portano non solo paura. Manifestano anche attenzione alle belle persone [n. d. r.: forse «ragazze»? ] russe, a volte importuna però mai—intollerabile. Si deve andare abbastanza in alto per raggiungere il nostro villaggio. Montalbano. Quella Montalbanovka, come l’abbiamo chiamata noi studenti russi. Il giorno è stato pesante. Sempre in viaggio—treno, metropolitana, aereo ed ora

dicembre 2008

il pullman. La stanchezza tormenta. Andiamo per la serpentina della notte. La strada non ha guardrail precisi e distinti. Gli occhi si chiudono e qualche volta non si possono distinguere le stelle lassù, in cielo, e le luci della città là sotto, ai piedi della collina. Non si può distinguere la Via lattea e, stesa lontana da qui, sul lungomare, Milazzo. Si capisce che è un sogno ma si spera di non dormire. Siamo venuti di notte. Troppo stanchi, un pò congelati e mezzo addormentati. Abbiamo visto i margini del paesino di Montalbano, abbiamo attraversato alcune vie in pullman… Però, cionondimeno, a Mosca dopo queste due settimane non potremo ricordare come appariva prima la città, quando l’abbiamo vista per la prima volta. Il giorno dopo… due settimane dopo, Montalbano ha acquistato un’immagine più definita. Reale. Differente. Appena arrivati ci hanno alloggiato. «Anna vuole dormire con Giulia»,—dice una delle organizzatrici, dopo che abbiamo espresso i nostri desideri. Nessuno è contrario, tutti sorridono. A poco a poco tutti ricevono le chiavi. Questa notte Anna dorme con la persona con cui voleva dormire. E gli altri?.. Se oggi c’è un problema con i vicini di casa—non ci sarà domani. A dopodomani. Senz’altro.

Il Giornalista

Il trasporto alla siciliana Quest’estate, finalmente ce l’ho fatta ad arrivare fino in Sicilia. Informazioni generali: d’estate ci sono i voli diretti da Mosca ed anche da San Pietroburgo, cosi arrivate a Catania, poi prendete un treno per Palermo o Messina o altri luoghi, o magari rivolgetevi a qualsiasi autista—saranno ben disposti a condurvi per 150 Euro (comunque rendetevi conto che più probabilmente sarete voi a indicare la strada). Irina Sezina

I

l mio caso non era questo—per fortuna, per me c’era un pullman. Questo gentilissimo pullman mi ha portato fino alla destinazione finale, cioè un bel borgo medioevale sperduto nel pieno centro di nessuna parte. Avrei dovuto passare lì due settimane piene delle tradizioni locali e dell’apprendimento profondo della lingua italiana.

Devo dire che il borgo è veramente un posto bellissimo, tutto fatto di pietra, antico, vero, persino mitico, con mille stradine e scorciatoie che s’intrecciano, abitato da piccole vecchiette che appaiono e se ne vanno all’improvviso e che non parlano neanche l’italiano. Sinceramente la considero una grande fortuna che ci siano ancora dei posti così sulla terra, che fanno finta di non sapere che ci sono aerei supersonici ed isole artificiali ed Internet. Il nostro borgo era così—mezzo abbandonato, con nessun collegamento regolare con il mondo esterno. Insomma, l’idea di farci studiare lì era bellissima, e sarebbe risultata una cosa geniale se ci fossero stati tanti furbi russi che non volessero proprio quell’esperienza di pura cultura autoctona siciliana e non fossero pronti a dimenticare i beni della civiltà più recente.

| Vi faccio una confessione: una volta, sì, sono scappata. Per caso ho scoperto che il giorno dopo ci sarebbe stato un pullman che andava alla stazione ferroviaria. Nonostante il pullman partisse alle 5:50, ho subito capito che era un’opportunità da non perdere; quindi mi sono alzata alle 5 e ho preso la direzione della stazione dei pullman. I pullman, sì, c’erano—però vuoti, senza nessun segno di vita. Alle 5:45 ho cominciato ad innervosirmi, visto che gli unici passeggeri ero io con una colonia di pipistrelli che ho svegliato per caso. Finalmente alle 5:51 è arrivato l’autista con la sua macchina, mi ha visto, si è sorpreso e mi ha portato via, no, non col pullman ma con la sua macchina—siamo andati in un bar per un caffè (e anche con lo scopo che mi vedessero i suoi amici). Dopo mi ha portato di nuovo al pullman, mi ha fatto salire e così siamo andati verso la civiltà, in due in un grandissimo pullman da turisti (però alla fermata successiva ci hanno raggiunto altri due fortunati passeggeri). Un’ora di viaggio, poi un altro autobus, poi tre ore di treno ed eccomi, Palermo Centrale, turisti, mac donalds, spazzatura sotto i piedi, la Rinascente e altri beni dell’umanità. Che gioia, francamente. A questo punto mi fermo, perchè Palermo è ovviamente tutta un’altra storia, grande però. Alle prossime edizioni, ragazzi.

Daria Klimenko

dicembre 2008

Il Giornalista

dicembre 2008

Anna Leonova

Daria Klimenko

 |

La nostra fortuna / Come nella favola… Potremmo cominciare la nostra narrazione della vacanza in questo modo: c’era una volta il gentile professore Andrea Romano che una volta riuniva gli studenti ed i professori di altri paesi: Russia, i paese dell’America Latina, delli Stati Uniti e, certo, dell’Italia… Noi cominciamo così perché la nostra gita è simile ad una fiaba che non potremo mai dimenticare. Anna Leonova ed Oksana Lazarenko

N

on ci siamo sentite tanto fortunate in principio, però in Sicilia questa sensazione è la realtà costante. Perché l’atmosfera di questa isola è effettivamente magica. Solo l’International Summer School organizzata della Universitàdegli Studi di Messina e la gentilezza del Professore Andrea Romano, potevano darci una formazione seria e una vacanza estiva stupenda contemporaneamente! Nella scuola ci sono state le lezione dedicate alla migrazione—per gli avvocati, il corse della lingua italiana (che noi frequentavamo) e il corse di lingua inglese—per gli studenti italiani. Ogni giorno noi passavamo il tempo con due bravissime professoresse di Reggio Calabria—Gisella Murgia e Serena Stilo. Le lezione erano piene di cose interessanti. Cantavamo le canzoni di Adriano Celentano, discutavamo di diversi problemi (sociali, culturali etc.), inventavamo una fiaba, giocavamo. Alla fine del corso abbiamo ricevuto i certificati che confermano il nostro livello di conoscenza della lingua è B2 (che significa «intermedio»). Ma, certamente, la nostra vita non trascorreva soltanto alle lezioni. La spiaggia, il programma culturale, le gite e altri divertimenti, più i contatti con altri studenti—tutto era magnifico! Il nostra programma culturale era molto saturo—abbiamo visto Palermo, Catania, Milazzo, l’Argimusco (come lo Stonehenge siciliano), Isole Eolie e molti altre cose interessanti e indimenticabili (per esempio,

abbiamo visitato la grotta del ciclope Polifemo in Milazzo, abbiamo anche ascoltato in Campo Grande le arie della famosa opera musicale «Traviata» nell’ interpretazione dell’ orchestra di Falcone). Noi vivevamo nella città più piccola che si chiama Montalbano Elicona. Montalbano non è una città industriale, questo è uno luogo perfetto per le vacanze (perciò molti emigranti villeggianti di Romania, Germania e Olandia passano spesso l’estate qui per vivere nelle montagne con un’atmosfera calma e naturale). Noi anche abbiamo provato a chiedere quanto costano le case in Montalbano. Ed eravamo soprese—da 10 000 euro a 200 000 euro. Il prezzo sembra decisamente accessibile! E quindi abbiamo deciso—accumuleremo i soldi e ritorneremo a Montalbano. Lì ci aspettano i nostri nuovi amici italiani. Abbiamo fatto la conoscenza con giornalisti locali, abbiamo assaggiato i prodotti nazionali, siamo andate al mare (ma non siamo tornate in Russia abbronzate sfortunatemente, perchè noi arrivavamo in spiaggia solo la sera)… quindi «di cosa hai ancora bisogno, che vuoi?» come gli italiani dicono spesso (e anzi hanno il «gesto speciale» per questa frase). Eravamo realmente felici in Montalbano. Adesso noi vorremo ringraziare la nostra Facoltà di Giornalismo e, sopratutto, il Centro Italo-Russo per le ricerche sui mass-media, cultura e comunicazione per questa unica possibilità—conoscere l’Italia—e aspettiamo il prossimo anno, perchè desidereremmo tornare senz’altro alla nostra fiaba!

Il Giornalista

Una meraviglia unica tra le strette vie medievali Ci sono tante città nel mondo, sono tutte uniche, tutte particolari. Incredibile, vero? La piccola città italiana che si chiama Montalbano Elicona non ha solo la sua particolarità esteriore, ma anche quella che si chiama l’anima della città. Tamara Vinogradova, Diego Mecca

C

on anima intendo le tradizioni, le abitudini di chi ci abita, i ritmi della città. Ogni cosa vive in un modo speciale, così da anni. Non cambia niente in questa isola dell’antichità medievale. Ma un po’ di modernita è arrivata comunque: sono giunti gli studenti russi. Mattina. Le ore 9.00. Fa abbastanza freddo, ma tra poco l’aria si riscalderà, il gridare del gallo, si sentono anche le risate dei bambini. La comodità della collina ci fa salire e scendere tanto che è diventato quasi uno sport per noi—un esercizio mattutino. L’mportante è ricordare che questa non è una semplice città, questa è Montalbano Elicona, preziosa piccola pace nel sud d’Italia. Anche la mattina presto, verso le 8, la vita comincia a ribollire nel centro che si trova sotto la collina. Qui ci sono i piccoli negozi, caffè e pizzerie, il piccolo Duomo. Vai alla piazza sulle piccole vie di pietra, così potrai far sorgere l’impressione della città, il fiore di pietra, in cui tu ti senti come una coccinella. In vie strette, all’ombra delle tende colorate delle case alte due-tre piani si siedono le nonne, facendo due chiacchere con i vicini e con la gente che sta dentro. Gli sconosciuti qui si accolgono senza ostilità, con la gioia di parlare e di spiegare qualcosa. Parlando la loro lingua sei fiero di poter fare parte di loro.

Dopo le quattro di pomeriggio andavamo in spiaggia quando non faceva troppo caldo e il mare era bello tiepido. L’autista affidabile ci portava per la strada tutta fatta di curve. Lui però guidava tranquillamente, come se andasse in motorino e non come se ci fossero una ventina di studenti là dietro. Ma torniamo all’immagine della città. Snella, bella, antica, ma giovane. Le grandi vie sono decorate con gli archi delle luminarie, molto colorate. Fanno un annuncio, lo sento. C’è lo stand con le notizie locali. Qui in una famiglia sono nati dei gemelli. E tutta la città è contenta per i nuovi cittadini. Per loro rispettare e essere rispettati è una cosa normale. E, senza farci caso, sei penetrato in questa «famiglia urbana». La notte ucraina è calma… Sì, Signor Gogol, una notte ucraina è calma, ma una notte italiana, in cima a Montalbano… A mezzanotte i bambini escono in bici. Gli adulti sono nella piazza principale—la vecchia generazione. Tutti insieme! Ballano insieme, cantano. Si riposano. In egual modo se si tratti di una notte feriale o festiva, accompagnata da uno splendido saluto, nel centro della città. Alla locanda «Maxim» di mattina «l’istruzione» continua con l’aiuto della pasticceria, del gelato e delle stuzzicanti bevande. Fa caldo. E ti immagini come deve essere la città d’inverno. Sì, c’è an-

| che la neve. Abbiamo incontrato un anziano che ci ha detto che Montalbano d’inverno è una favola. Natale gli porta i ricordi più luminosi della sua infanzia. Adesso qui abita la sua mamma. Con la moglie arrivano come ospiti. E ci hanno invitati a Natale. E perchè no? Mercato delle pulci—ancora una tradizione. La gente propone e compra i libri, i giocattoli, i sacchetti. Tutti affaccendati ma tuttavia affabili. Alle tre di notte Montalbano può mostrare i suoi segreti… Uscite sul balcone—e il silenzio fa impressione. Montagne, buio profondo. Sotto—le fiammelle delle città vicine, dalla silhouette scura si scorge il mare. Di tanto in tanto una macchina passa come una fiamma sulla costa della montagna, le luci dei fari si vedono da lontano e si sente il rumore del motore. A sinistra—di piccole fiamme brilla il cimitero. Una bella abitudine. Bruciano le lanterne sulla tomba, a significare che si ricordano i morti. Ma ancora ci si svela un segreto… no, non è un mago. Il professore Romano. Ma può essere, il professore un romano e un mago? Nell’ultima serata prima della partenza ci ha mostrato una vecchia strada. Accade che, a metà, la strada proceda dal cancello che arriva direttamente al centro della nostra piazza! Il professore ci ha mostrato questi vecchi cancelli. Immaginate, vicino alla nostra casa. La buona famiglia dei padroni della locanda «Massimo», ci ha intrattenuto durante l’ultima notte (se ancora è possibile dire così alle 3 di mattina) con pasticcini e succhi di frutta. Così ci hanno salutato gli abitanti. E Montalbano ci ha salutato a modo suo. Con una bella vista—la strada principale, gli archi luminosi della festa, il riflesso marrone sulle pareti delle case… Ed il sole, che avvolge lentamente da dietro la porta. Cambiava colore, gradatamente. E sembrava dire: solo io illumino tutte le città. Regalo a tutti la luce la pace e il calore. Così che vi sia felicità per la gente…

Daria Klimenko

dicembre 2008

10 |

Il Giornalista

dicembre 2008

Il corteo italo-russo a Montalbano Elicona «E salutiamo gli studenti russi che sono oggi qui con noi, festeggiando il carnevale come veri montalbanesi»—ci diceva il sindaco di un piccolo paesino sulla collina che si chiama Montalbano. Ce lo diceva attraverso il microfono, perché c’era tanta gente lì, quel giorno, riunita per vedere una tradizione storicamente preziosissima. Daria Klimenko

dicembre 2008

F

erragosto—la festa più amata da tutti gli italiani non è una cosa che comporta solo avere giorni di ferie e non lavorare un’intera settimana, aggiunta ufficialmente a quelle ferie normali che capitano due volte a settimana e a volte per le feste. È una festa molto più profonda, religiosa e popolare. Considerando l’ultimo aspetto, oggi vediamo due tipi di ferragosto—uno—per i giovani che accendono i fuochi sulla riva del mare per stare sulla spiaggia tutta la notte e poi attendere l’alba. Un altro tipo di ferragosto—è quello che восходит alle tradizioni medievali dei cortei storici. Lo fanno soprattutto nelle città antiche dove ancora non è presente l’industrializzazione, dove ancora si sente lo spirito medievale. E a noi—gli studenti del centro italorusso per le ricerche su mass-media, cultura e comunicazione, è capitato di trovarci nella meraviglia di un corteo come questo. Anzi, non solo di assistere, ma anche di fare parte di una processione vivente che sembrava venire dal buco nero del tempo mentre usciva dal castello medievale di Montalbano. Eravamo tutti vestiti con abiti d’epoca, tutti come baronesse, regine, principesse, re; alcuni abiti somigliavano gli abiti delle nostre classi nobili russe, con i capotti di pelliccia, i cappelli alti, le gonne di velluto ecc. Era tutto serio, malgrado l’atmosfera di gioco. Ci dicevano: non si possono portare le macchine fotografiche e altri segni dell’epoca moderna. Ed eccoci arrivati nel cortile medievale del castello, tra altre cinquanta persone come noi—trasportati per un paio di ore 4–5 secoli indietro. E si sta bene. Una chiacchierata con il cavaliere, con il re, la regina e il seguito, non è male, eh? Poi ci hanno messi tutti in coppie. Come sem-

| 11

Il Giornalista

pre il problema dei maschi—troppo donne, allora alcuni erano messi in coppie femminile, ma si stava bene lo stesso. Aspettando l’inizio della processione è trascorsa più di un’ora e mezza, poi finalmente abbiamo sentito i suoni del gong reale e tutta la colonna del carnevale si è mossa attraverso il portone grande di legno nelle vie stretti di Montalbano. Con dietro il Re, la Regina e gli artisti, che lanciavano le bandiere dei quartieri, abbiamo fatto un bel giro per tutta la città, sorridendo agli osservatori, turisti con le macchine fotografiche che stavano dappertutto lungo le stradine che percorrevamo. E ci siamo trovati sulla piazza principale, dove ci aspettavano tutti—una quantità, due volte superiore la popolazione statistica del paesino. Dopo esserci sistemati in piazza è iniziata la cerimonia principale con le

esibizione degli acrobati, e degli artisti che facevano le cose più incredibili con le bandiere colorate. Suonava la musica delle trombe medievali e tutto creava un irrepetibile atmosfera storica. Poi, ancora in abiti medievali, ci siamo persi nella città per incontrare i turisti, per fare le foto con loro, per mantenere ancora lo spirito dell’antichità almeno fino alla fine del giorno. Poi però è cominciato a fare freddo e ci siamo rivestiti in abiti civili, siamo tornati all’epoca moderna, trasformandoci in gente normale. In quei giorni anche la luna aveva deciso di partecipare al carnevale, vestendo l’abito nero. L’eclissi ci ha accompagnato durante il carnevale, dando un senso ancora più misterioso, simbolico e favoloso a questi avvenimenti.

12 |

dicembre 2008

Anastasia Laukkanen

Il Giornalista

Umbria Jazz Tutto è iniziato nel 1972 a Perugia. Era il 22 marzo e su piazza Dante si potevano sentire Garry Mullugan Quartette, Art Blakey and his Jazz messengers. E poi il 28 marzo, sulla stessa piazza, c’erano Franeo Carry Group, Quintette Basso Valdambrini and Maynard Fergusson Big Band con Anni Ross, a presentare il loro jazz. Negli altri giorni quello che fu il primo festival jazz internazionale si muoveva nel resto dell’Umbria—in piazza del Popolo a Todi, nel Teatro romano a Gubbio, nella fortezza dell’Albornoz a Orvieto, e anche a Terni, Narni, Foligno, Città di Castello e Assisi. Sul primo manifesto del festival il giorno e il nome del cantante non erano scritti. Facevano una formula «itinerante», cioè si spostava, ogni sera, da una città all’altra in una sorta di pittoresco viaggio disorganizzato per i tanti luoghi suggestivi della regione, ed aveva un gran pregio: i concerti erano gratuiti. Per ascoltare musica non si pagava nessun biglietto, in una fase storica in cui i giovani consideravano la musica come una sorta di «servizio sociale». (i poster dei concerti degli anni sessanta sono famosi, in bianco e nero, con i giovani che siedono sulla piazza). Anastasia Laukkann

U

mbria Jazz, prima ancora di essere una rassegna musicale, è un luogo, teatro di concerti straordinari. Ma il jazz è comunque musica da teatro, da club, in ogni caso per piccoli spazi. Fu uno shock, ma anche fascino fascino che rapisce, il fascino delle piazze di questa città medievale, con il Duomo e le chiese, e le case che da secoli le circondano. E fu più che un semplice successo. Prima dei concerti, dal primo pomeriggio, le piazze diventavano delle interminabili distese di sacchi a pelo. Qualche concerto è diventato vera e propria leggenda: il concerto del Bill Evans Trio del 1978 e l’indimenticabile performance di Miles Davis nel 1984. E poi gli incontri e le collaborazioni uniche: basti citare, ancora viva negli occhi di molti, lo straordinario concerto di Sting e Gil Evans trasmesso in diretta tv nell’estate del 1987.

Per me tutto è iniziato l’estate del 2008, ai giardini Carducci, con «Jo Bonsack, Piano Blues» e con un tizio che me lo raccontava. Lui mi ha dato anche il manifesto dove ho letto: «Per dieci giorni il centro medievale diventa una città della musica, con spettacoli e concerti che si succedono e talvolta si sovrappongono ad ogni ora della giornata, da mezzogiorno a tarda notte». Era il trentacinquesimo anniversario. Dopo la mezzanotte, sui gradini della chiesa e sul prato, dove la musica scivola senza ostacoli, in compagnia di Keisha Jackson & Soul Spinner, ho deciso che sarei sicuramente tornata il giorno dopo.

Tre cose che mi hanno colpito maggiormente.

La prima è l’ampiezza. È davvero era una città di musica. Se Umbria Jazz doveva lanciare l’Umbria come approdo di un

turismo giovane e di massa, l’obiettivo era raggiunto. Ho letto che la Dolce Umbria tradizionalmente è quiete e silenzio secolare, ho letto della calma e dell’immobilità (ma qui devo chiedere scusa per la mia educazione proveniente dalla letteratura classica russa. Tanti scrittori russi andavano in Italia e poi, impazienti, descrivevano tutto ciò che vedevano. E la mia prima Italia è sicuramente l’Italia di Tolstoy, Bunin e Turgenev). Ma adesso tutto il mondo era qui, a Perugia. Guardando Street Parade da New Orleans quasi non riuscivo a credere che invece di perdermi tra le colline del cuore verde d’Italia, mi trovavo nel cuore del «villaggio globale». La seconda cosa è la qualità. Nel ventennio che parte dall’edizione del 1982 e arriva fino ai nostri giorni, per l’Umbria passa tutto il jazz che conta, con qualche divagazione nei territori del rock e del blues

dicembre 2008 e della canzone brasiliana, con una maggiore attenzione (soprattutto negli ultimi anni) al jazz italiano. È la formula, però, che fa la fortuna del festival. La prima cosa che ho fatto tornando a casa a Mosca è stato cercare su internet qualche riproduzione audio e video dei concerti. Guardare i manifesti del Festival sembra studiare la storia del jazz. Oggi, con la ricca base commerciale, con il prestigio e la notorietà del Festival non è difficile trovare musicisti famosi, forse anche per l’onore di trovarsi, diciamo, su «una delle più importanti manifestazioni jazzistiche a livello mondiale». Ma penso invece ai primi anni, a quegli artisti che venivano per il puro gusto di partecipare, quegli artisti che hanno fatto il Festival con i loro suoni. E, da ultimo, i poster. Quest’anno si chiama «35 anni di musica e colori». Non conosco i dettagli (ma sogno di incontrare uno che li conosce), ma quasi ogni anno famosi pittori realizzano il poster proprio per il Festival. Sono semplicemente bellissimi. Adesso nella mia stanza è appeso l’ultimo, Umbria Jazz 08, tutto blu e in qualche modo richiamante l’impressionismo (sogno anche di trovarne altri, del 76 e del 96, ma è un impegno diverso). L’Umbria è straordinaria. Alcuni la chiamano «turismo event-trigger», altri «piena di vita». Ho parlato con gli studenti che sono venuti qui dalle altre regioni d’Italia per studiare, semplicemente cercando questa «vita», questo «vortice». Ho parlato con gli studenti dell’Università per gli stranieri che sono venuti qui da dovunque, semplicemente cercando il «cuore». Un pò verde. E qui ci sono festival tutto l’anno: il Festival del Rock (Rockin’ Umbria), il Festival della musica moderna a settembre (Sagra Festival dell’Umbria), Fiera di oreficeria a ottobre, anche Fiera del cibo a novembre; l’11 agosto ad Assisi c’è la parata in vesti storiche e la gara dei bale-

| 13

Il Giornalista

strieri (Palio di San Rufino); il 4 ottobre c’è la Festa di San Francesco col ballo in maschera, e, ovviamente, il «Festival dei due mondi» a Spoleto, che ha anche un gemello a Charleston—«Spoleto Festival USA». È un avvenimento veramente grande, dal 1958 un piccolo paese accoglie le orchestre di musica classica più famose (sono stata a vedere l’orchestra di Londra), l’opera, le compagnie di ballo, le compagnie teatrali. E tutto, come sempre, succede sulla piaz-

za Maggiore, dove l’ultimo raggio del sole tocca i mosaici sulla facciata del monastero medievale. Vicino alla piazza prima c’era la prigione. E dicono che la sera i detenuti si raccoglievano vicino alle finestre—per ascoltare una musica classica fatta dai musicisti migliori del mondo. Il sito ufficiale di Umbria Jazz Festival— http://www.umbriajazz.com /  Il sito ufficiale di Spoleto Festival— http://www.festivaldispoleto.it / 

14 |

Il Giornalista

Lo stage tra i brand italiani Quest’estate mi è capitata la fortunata possibilità di passare un mese a Milano, ma non per motivi di studio. Il motivo era una cosa sognata da tanti anni—il lavoro in Italia. Mi ha accolta un’agenzia di relazioni pubbliche (RP o PR) Weber Shandwick. In un mese sono riuscita ad imparare le particolarità del PR all’italiana, sapere cosa significa essere un «lavoratore d’ufficio» oppure un «plancton dell’ufficio» com’è chiamato in Russia dall’inizio della crisi economica. Daria Klimenko

C

ome si puo definire la condizione di uno appena laureato? Felice di non avere più problemi con gli esame e le lezioni, libero nella scelta del lavoro, però senza tanta esperienza pratica. Come si può definire la condizione di uno appena laureato alla facoltà di giornalismo e il centro italo-russo per le ricerche sui mass-media, cultura e comunicazione? Felice lo stesso, però con tanta esperienza pratica, sempre aperto a ogni novità con la voglia di scoprire qualcosa in più in questa vita, con il desiderio infinito di andare in Italia per qualsiasi motivo. Essendo un membro del secondo gruppo sopraindicato, io—appena laureata, avendo fatto un paio di corsi di lingua italiana in Italia—avevo il sogno di fare esperienza della vita italiana diretta, cioè provare a viverci nella condizione di una normale cittadina italiana. Sono molto grata alle tre persone che mi hanno regalato questa possibilità—al direttore del nostro centro italo-russo—Anastasia Grusha, al professore del dipartimento di Studi Sociali Politici dell’Universita degli Studi di Milano—Sig. Gianpietro Mazzoleni e ad un accountmanager dell’agenzia Weber Shandwick (WS)—Fragola Besana. Era l’inizio di primavera quando ero in fase di scrittura della tesi. Ed era cosi’ lontana dalla realtà, che non credevo di realizzarla. Però il tempo è passato velocemente. La discussione della tesi, gli ultimi esami, la consegna del diploma, la festa di laurea, il ricevimento del visto, la corri-

spondenza col Prof. Mazzoleni e la sig. ra Fragola sull’invito e gli altri dettagli del viaggio… e mi sono rimasti un giorno e mezzo per tutta la preparazione. In tutta quella fretta, in pieno stress, mi sono resa conto di lavorare in un’agenzia italiana solo dopo una settimana di lavoro. L’arrivo, la sistemazione nell’ostello, la prima chiamata dalla sig. ra Fragola e l’incontro col Prof. Mazzoleni: e sono nell’agenzia italiana RP.

Essere stagista in Italia Weber Shandwick è stata fondata nel 1976 a New York. È una agenzia di relazioni pubbliche tra le multinazionali che operano in Italia. La sede principale del Gruppo in Italia è l’ufficio di Milano. Gli altri uffici si trovano a Torino, e a Roma. La sede di Milano è soddivisa secondo i seguenti dipartimenti: Consumer, Corporate, Design & Cultura, Entertainment, Financial Communications & Capital Markets, Healthcare, Information & Communication Technology, Public affairs and government relations. Sono tutti termini inglesi, perché tutti questi termini sono stati creati negli Stati Uniti. Lo stesso accade in Russia, non ha senso contrastarlo in nome della purezza della lingua. Mi hanno fatto guardare l’ufficio, conoscere un pò la gente, i progetti, la metodologia di lavoro. Da quel momento in poi mi sono trovata in un ambiente particolarmente vicino—l’agenzia RP, il mediarelations, lo scrivere dei press-relea-

dicembre 2008

se ed i rapporti coi clienti. Pero c’erano anche alcuni aspetti diversi, che dovevo conoscere. Mi hanno assegnato un tavolo con il computer in un angolo accanto al mio capo Fragola Besana. Fragola o Fraise—l’equivalente francese—come la chiamano i colleghi, lavora in WS già da tre anni. Essendosi laureata all’università degli Studi di Milano e avendo studiato anche a Parigi, lavorava prima all’ ufficio stampa del Louvre, dove amava lavorare, ma è poi ritornata in Italia e ha trovato questo lavoro. Mi hanno messo in un dipartimento consumer—nel settore FMCG, perciò dovevo lavorare con i seguenti clienti italiani—completamente sconosciuti nel mercato russo—Giostyle (contenitori plastici d’uso comune per la casa e il picnic), Thun (oggetti di decorazione per Natale, il Capodanno, sono famosi gli angeli di Thun), Lagostina (le pentole). E anche i clienti internazionali, anch’essi però sconosciuti in Russia: ITT Pucca (cellulari, orologi, altri oggetti elettronici con stampata l’immagine giapponese di Pucca), Ricoh (macchine fotografiche), Muller (lo yogurt tedesco con pezzi di frutta), Siemens. Mi erano assegnati diversi lavori. La cosa importante, diversa da ciò che si fa nelle agenzie russe sono i rapporti con i praticanti. A dire il vero non ero l’unica praticante in agenzia; certamente ero l’unica russa, l’unica straniera. Gli altri erano italiani, ma non si poteva sapere prima che vi erano alcuni altri. Tutti vi lavoravano alle stesse condizioni. Successivamente mentre parlavamo ho saputo che c’erano praticanti che facevano il mio stesso tirocinio, però con la prospettiva di rimanerci. E anche con me si comportavano ugualmente. I lavori che facevo erano simili a quelli delle normali agenzie di RP (relazione pubbliche): i contatti con i giornalisti, gli appuntamenti, la preparazione di materiali per i giornalisti, i rendiconti per i vari clienti. Ma pur essendo lavori simili a quelli delle agenzie russe, era diversa la loro realizzazione in Italia.

| 15

Il Giornalista

Telefonando ai giornalisti italiani

A contrasto

Daria Klimenko

Parlare e telefonare ai giornalisti russi significa sprecare tanto tempo nell’attesa dei giornalisti che vanno al lavoro per le 12 oppure stanno sempre fuori ufficio per i compiti redazionali, e non ci sono altre persone che li potrebbero sostituire; significa anche ricevere molta ostilità, come facessero loro il favore di parlare con voi. Poi li devi anche convincere a leggere il tuo messaggio mandato uno o due giorni prima… insomma non è molto piacevole. E di solito nessuno preferisce farlo. Invece lavorando nell’agenzia RP italiana ho scoperto il piacere di colloquiare con i giornalisti. Li chiami, dici loro che hai inviato un comunicato stampa due giorni prima e chiedi loro se l’hanno ricevuto: —  Si-si,—mi rispondono gentilmente.—L’abbiamo ricevuto, è molto interessante. Non so se lo potremmo inserire nella nostra rivista questo mese, ma per il prossimo vi contatteremo di sicuro. —  Si, mille grazie, è interessante, magari potremmo inserirlo in qualche nostro speciale, ma in generale non è la nostra tematica. Invece prepariamo un progetto per l’estate—il materiale per

il mondo dei mass-media. Ma il risultato c’è—il modello RP italiano funziona bene—le riviste popolari accettano i prodotti e la gente compra le riviste.

due pagine sull’argomento di picnik, se avete qualche prodotto da proporci, l’accetteremo volentieri. E non erano parole vuote, realmente poi usciva molto materiale con i nostri comunicati stampa, con le immagini dei prodotti. Non so se si può spiegare questo, con la pigrizia dei giornalisti oppure con il lavoro ben organizzato tra l’agenzia e

Un’altra cosa contrasta con gli stereotipi dei russi nei confronti degli italiani. Gli italiani sanno lavorare bene e lo fanno. Così sull’esempio dell’agenzia, anche se era la sede internazionale dentro cui però lavoravano soltanto italiani, potrei dire che lì, come dicono i russi, il lavoro «bolle» a tempo pieno. C’è gente che ci passa anche le notte, che fa progetti anche durante ferragosto, quando di solito non c’è nessuno non solo nell’agenzia, ma anche a Milano. Se uno pensa che il pranzo è una cosa inutile e non si deve sprecare un’ora—ora e mezza per questo—sbaglia in tutti sensi. Gli italiani che fanno la «fiesta» per un ora fissa nell’orario lavorativo hanno il «break» che dà l’inspirazione per passare altre 4 ore al lavoro, e fa bene alla salute non facendo mancare il pasto principale della giornata (anche se gli italiani preferiscono avere il pranzo nel formato russo per la loro cena). È un’organizzazione lavorativa semplice ma molto intelligente da imparare e trasmettere in Russia.

Daria Klimenko

dicembre 2008

16 |

Il Giornalista

Le Marche in un bicchiere

Le Marche sono una regione dell’Italia centrale molto poco conosciuta. Però, la viticoltura, risalente nella zona al periodo preromano, produce uve che vengono sapientemente vinificate per dare origine a vini DOC di grande qualità e che si sono imposti all’attenzione internazionale, come il Verdicchio dei castelli di Jesi e il Rosso Conero.

I

Dunque, Caterina, prima parliamo della storia della tua famiglia. La storia della Garofoli è una storia di uomini e di una famiglia che da ormai cinque generazioni si identifica nel mondo della produzione vinicola. Sempre la stessa filosofia ha guidato l’azienda—aggiornamento continuo delle tecniche produttive ma rispetto per i sistemi tradizionali e storici di far vino. Le origini della Casa Vinicola Garofoli risalgono alla fine del 1800 quando Antonio Garofoli, nel 1871, è già dedito alla produzione e vendita di vini locali. Suo figlio Gioacchino continua e sviluppa l’attività paterna e fonda, nel 1901, la ditta Gioacchino Garofoli. Seguendo la tradizione anche i figli di Franco, Carlo e Gianfranco, entrano nell’azienda di famiglia a partire dai primi anni ’70. Essi lavorano insieme alla precedente generazione per oltre un ventennio promovendo un ulteriore sviluppo della casa vinicola sia dal punto di vista produttivo che da quello commerciale.

rissimo terreno calcareo e delle brezze marine che solo in quel lembo di terra si possono avere. Il Verdicchio si presenta unico poiché ha una versatilità incredibile ed ha inoltre una longevità, data dalla sua acidità, che fa strabiliare.

Ho capito che siete un’azienda familiare. E tu in particolare che fai? Io mi occupo delle relazioni pubbliche, poi sto seguendo a partire dall’immagine coordinata dell’azienda, la comunicazione interna, il nuovo Show Room e i molti eventi in calendario ed il nuovo ramo legato al turismo.

Parliamo della Cantina: è stata ristrutturata? Si, 3 anni fa. Sia gli uffici, che l’imbottigliamento, il magazzino e tutta la parte riservata agli ospiti ed al pubblico sono state completamente riviste e riammodernate tenendo sempre però come base il concetto della tradizione della Famiglia Garofoli, cresciuta dal 1871 sempre nella stessa terra. Molte sono le novità legate alla Cantina, infatti è la cantina marchigiana con l’impianto di imbottigliamento più all’avanguardia, molta attenzione è stata rivolta al nuovo concetto di «Enoturismo» in enorme espansione, inoltre è l’unica cantina delle Marche completamente visitabile da persone disabili.

La Garofoli è la cantina più antica della Regione Marche e tra le più rappresentative della regione in tutto il mondo. E dove sono i vigneti? La Garofoli ha 50 ettari di vigneto di proprietà tra il Conero e la zona dei Castelli di Jesi, producendo circa 2.000.000 di bottiglie l’anno, necessitiamo di altre uve oltre a quelle derivanti dai nostri vigneti. Fortunatamente ci avvaliamo di conferenti storici con i quali abbiamo accordi dai tempi dei nostri nonni e ciò fa si che possiamo trattare queste terre come fossero le nostre.

Senti, oltre ai vini meravigliosi, che cosa puoi consigliare di visitare nelle Marche? Ti indico di seguito anche i siti turistici nelle vicinanze della Cantina, magari ti può interessare! Abbiamo anche gruppi di russi che vengono a farci visita. Siti turistici nelle vicinanze della Cantina sono Loreto con la sua splendida Basilica, Castelfidardo con il Museo della Fisarmonica e la Selva di Castelfidardo. Poi c’è Recanati con il suo borgo e la casa del poeta Giacomo Leopardi! E alla fine il parco Regionale del Conero ed Ancona con le sue molte bellezze architettoniche.

Dimitri Lysenkov

n esclusiva per la nostra rivista, Caterina Garofoli ha voluto raccontare la storia della sua famiglia che produce il miglior Verdicchio del mondo.

dicembre 2008

Quali sono le particolarità dei vostri vitigni Montepulciano e Verdicchio? Si può affermare con grande orgoglio che questi due vitigni sono veramente speciali ed unici. Il Montepulciano presente sul Monte Conero gode di un particola-

dicembre 2008

| 17

Il Giornalista

« ...di essere marchigiani bisogna meritarselo» Vincenzo Cardarelli

18 |

dicembre 2008

Il Giornalista

La Vara:

benedicendo la città «Viva Maria!»—grida l’uomo sopra il palco agitando la bandiera blu.—«Viva Maria!»—gli risponde la gente con cento voci. I visi ispirati si sono concentrati, i musculi si sono tesi—la processione si é spostata iniziando la marcia. testo, foto: Anna Sokolova

D

avanti—due file di gente che corre a piedi nudi sull’asfalto bagnato della via principale di Messina. Stanno correndo nella folata comune trascinando con le funi bianche la costruzione enorme della festa—la Vara. Nella sua cima—l’immagine della Madonna che benedice la città. Dietro, ai lati, sulle strade, ai balconi, sui tetti delle case—migliaia di persone che sono arrivate a Messina per vedere

una delle feste piu importanti dell’anno. La Vara i cittadini di Messina la festeggiano nell’agosto preparando tutto da certosini quasi come i veneziani per il loro carnavale. La vara o bara dal dialetto sicialiano si traduce como una barella (носилки). Peró per i messinesi questa parola significa molto di piú—é un momento di unità di tutti gli abitanti e il tempo in cui si definisce la sorte della città per il prossimo anno.

Le fonti storiche riferiscono alla prima metà del cinquecento la celebrazione dell’Assunzione con il grande carro trionfale che ogni 15 agosto correva veloce per le vie di Messina. Oggi la costruzione votiva non é molto diversa da quella del XVI secolo. É una piramide di quasi 14 metri d’altezza che pesa quasi otto tonnellate. Alcune parti sono fatte da legno e cartapesta come prima, altre piú moderne—di ferro e vetroresina. Ma il senso rimane lo

dicembre 2008 stesso—é un’allegoria della Madonna assunta che si trova tra personaggi biblici, angeli, il sole e la luna rappresentati delle figure colorate e meccanismi in movimento. I tiratori della Vara sono le migliaia di credenti, giovani e vecchi, donne e uomini: sono tutti che vogliono meritare il perdono e la benedizione della Vergine. Partecipare alla Vara é un onore particolare. Tra i tiratori si puo incontrare la gente piú rispettata della città ed anche gli ex galeaotti che vanno ad espiare la sua propria colpa. I partecipanti si possono riconoscere in una volta da lontano: i gruppi della gente scalza con i pantaloni di cotone bianco, magliette bianche o blu e con le cravatte triangolari con l’emblema della festa. Di giorno passeggiano per la città ma dopo vanno a prendere due funi di 110 metri di lunghezza per trascinare la Vara per le vie principali con il primo scoppio del fuoco d’artificio. Tutti corrono insieme fermandosi ogni 50 metri per riposare, pregare e tendere le funi di nuovo andando avanti nel cuore della città—Il Duomo. Anche noi correvamo seguendo la Vara camminando sul’asfalto bagnato, sorridendo come bambine e gritavamo «Viva Maria!» mescolandoci con abitanti di Messina. Mentre la gente si fermava guardavamo indietro per vedere la folla enorme che c’era lí. Si potevano incontrare

| 19

Il Giornalista le persone dei tutti tipi perfino le coppie con bambini lattanti. A volte ci chiedevano: «A Mosca non corrono in questo modo, vero?» «Nooo»,—respondevamo noi. In mente veniva solo l’analogia delle processioni religiose ortodosse. Ma, certo, non era lo stesso, é stata una specie di unità religiosa completamente diversa… Peró non c’era il tempo per pensare: la processione si era cominciata a muovere, la gente gridava, correva con tanta emozione e non é stato

possibile non seguirla. Nella piazza del Duomo gia tutti l’aspettavano a la Vara. Pareva che anche le figurette della torre dell’orologio l’attendevano circolando con impazienza e facendo suonare le campane. E finalmente Lei é arrivata portando con sé molta felicità. In Italia la Madonna arriva in ogni città. Oggi Lei é venuta a Messina. Quelli que l’hanno vista hanno tagliato le funi in molte parti e le hanno portate con sé per fortuna. Le hanno portate al lido dove poco dopo sull’acqua del mare sono brillati i grandi fuochi d’artificio. I fuochi di colori diversi hanno illuminato lo stretto di Messina con migliaia di scintille sparse sulla statua di Lei—la Madonna.

Il Giornalista

dicembre 2008

Daria Klimenko

20 |

Caffè con brioche Una colazione tipica italiana, così strana per i russi, abituati ad avere una pasta completa per la prima mattinata. Il caffè e la brioche potrebbero diventare una coppia di amici o anche di amanti per un romanzo fantastico, per un dramma metaforico, per una poesia romantica. Hanno un loro carattere particolare, hanno il gusto e il colore dell’umore che cambia sempre. Daria Klimenko

F

orse per questo è diventata popolare sia per l’Italia sia per la Francia. Una colazione continentale che fa paura ai russi negli alberghi stranieri. Il caffè e la brioche sono sempre diversi. Uno marrone con la schiuma dolce, leggera, e con i granelli della polvere di cioccolata o di cannella, una sfarzosa, sempre fresca come appena svegliata, croccante, con dentro l’anima calda di cioccolata o della marmellata di frutta. Una colazione russa non ha lo stesso romanticismo, non ha carattere, ha uno scopo diretto e immutabile—restare sazio e non desiderare di mangiare almeno per altre 3‑4 ore prima del pranzo. Lo scopo pratico uccide l’umore e il carattere del cibo. Diventa un impegno quotidiano che non si può tralasciare. È proprio dell’anima degli italiani—mettono allegria in tutte le cose, anche quelle quotidiane. Perciò preferiscono mangiare nelle caffetterie, fuori casa, magari leggendo un giornale o parlando con un amico, anzi

facendo nuove conoscenze cosi, per caso, mangiando una brioche freschissima e bevendo un caffè caldo, ristretto, ma non ristrettissimo. Da questa circostanza derivano anche esigenze particolari. Ricordando il cartone animato di Bruno Bozzetto, non si possono enumerare tutti i tipi di caffè che possono essere richiesti nei bar italiani: caffè, caffè con latte, caffè ristretto, caffè caldo ma non caldissimo, con due cubetti di ghiaccio, caffè con panna, latte caldo, cappucino con polvere di cannella, caffè con cioccolata ecc. Non si riesce nemmeno a immaginare quante varianti possibili possono nascere nella mente italiana. Per questo la colazione può diventare un divertimento senza fine, un piacere dolce-amaro, una canzone compiaciuta dell’anima e del pancino. Caffè e brioche come un modo di percepire il mondo—non è male come argomento di una dissertazione, vero?...

Il Giornalista

| 21

Svetlana Gorlova

dicembre 2008

A Mosca, come i moscoviti! Ho appena fatto colazione, come ogni mattina, alla pasticceria «Caffè del Borgo». Cappuccino e brioche, naturalmente. E mentre ancora l’armonia dei sapori per me così quotidiani mi rimane in bocca, ripenso con una strana nostalgia alle mie colazioni russe, così diverse per atmosfere, gusti, sensazioni, emozioni. Diego Mecca

A

bituato come sono a fare colazione ogni mattina in pasticceria, non posso che stupirmi di come ho fatto a sopravvivere a Mosca! Non tanto per l’odissea quotidiana dei viaggi in metropolitana, affascinante e meravigliosa sì, ma sterminata e complessa con il suo intrico di linee di ragnatela urbana, né per il clima a cui non ero abituato; né per i problemi, inevitabili, di comunicazione; ma, ebbene sì, lo confesso, per la mancanza del mio caffè macchiato freddo, del cappuccino con un velo di cioccolato, e delle fragranti brioches appena sfornate! Forse è possibile comprendere l’animo di un popolo non soltanto attraverso la sua letteratura, l’arte e il pensiero, ma anche, e lo dicono in molti, più saggi di me, attraverso il cibo. Perché ciò che sostiene il nostro corpo riflette in qualche misura le nostre inclinazioni spirituali. E l’animo russo, forse, sta anche nelle abitudini quotidiane di queste per me stravaganti colazioni a base di zuppe, frittelle con marmellata

di fragola, biscotti dai sapori stravaganti e per la mia percezione vagamente orientali, succhi di frutta e tè nero senza latte. In Italia si dice: «A Roma, come i romani!»; per dire che, quando si va in un posto, bisogna assumere le abitudini locali. E quindi: «A Mosca, come i moscoviti!»; e così, necessariamente, mi sono adeguato… Alla zuppa no, lo confesso (poiché sono in vena di confessioni)! Ma poiché ho avuto la fortuna di incontrare, nel mio viaggio, una nonna speciale, una vera nonna russa, premurosa e affettuosa, ho provato il piacere di sedermi a tavola, di prima mattina, in un’accogliente cucina, di gustarmi il tè nero bollente, di assaggiare i biscotti e le frittelle con formaggio acido, una combinazione di sapori che mi preparavano ad affrontare la metropolitana, le lunghe passeggiate con Daria, i musei, e l’incanto senza fine di una primavera a Mosca! Ma ora scusate, vi lascio. Vado a bermi un caffè con panna!

22 |

Il Giornalista

Sanus per Italia In Italia bisogna andare a farsi curare. È vero, a farsi curare. Tutto ciò che la capitale fa con il suo ritmo pazzo passa sul nostro organismo senza lasciare traccia dopo il primo suono della lingua italiana all’aeroporto di Roma. «Cura della bellezza»—questo deve essero scritto con grandi lettere sui tutti i fronti di questo stato e colorare con tricolore italiano. Insomma,è impossibile non essere entusiasti all’idea di un viaggio in italia ma è possible combattere il senso dell’euforia in attesa di qualcosa che è molto bello. testo, foto: Anna Nauer

Q

uindi, come il dottore prescrive all’ammalato questa o quella cura, quest’anno il mio rimedio ai turbamenti a Mosca aveva il nome di Perugia. Questa cittá, capoluogo umbresela seconda delle due province è Terni provincia, non ha sbocco sul mare e si trova nel centro dello stivale, è diventata per me molto familiare e di certo SPA culturale per due settimane. Perugia è una città antica e si trova su un altopiano. Sorge come collina di pietra su paesaggi ondulati di Umbria. Prima di me, nel IV secolo a. c. in questo posto sono arrivate stirpi etrusche, che poi hanno creato una civilta precedente di quella romana e hanno influenzato i romani stessi. Perugia rappresentava la città molto importante per la difesa. Più tardi, la città si è trovata nelle mani dell’ Impero Romano ed è rimasta lì fino alla sua caduta. Non possiamo chiamare tanto felice anche il seguente periodo nella storia della città. Prima Perugia soffre l’ occupazione di barbari, e poi di guerre intestine. Questa volta fra le diverse potenti famiglie. E finalmente uno dei periodi più famosi nella storia di Perugia—«Guerra del sale», che si è finita con la costruzione, avendo lasciato per me uno di tre più impressioni architettonochi incancellabili. Allora, la città si trova sull’altopiano.

Essa si divide nella parte alta—la città vecchia e nella parte più bassa—più moderna. Per entrare nella parte alta e città vecchia i citadini e visitatori si usano le scale mobile. Anch’io, come una turista non smaliziata, ancora sto salendo su una di queste scale nella città vecchia. E quando i gradini si transformano nel piano orizzontale mi trovo subito.. no.. non sulla piazza solare. Mi trovo sotto volte oscure nel castello medievale, passaggi pietrificati che se ne vanno nelle diverse direzioni, offrendo alcuni varianti per chi vuole continuare la strada. Come gli europei restano sorpresi dall’imperiale costruzione della metropolitana di Mosca da parte di Stalin così anch io sono rimasta sorpresa dall’interno del castello medievale. L’edificazione di questo castello nella città, ha la storia seguente. Nel 1540 i cittadini di Perugia non essendo contenti delle tasse troppo gravose, si sono ribellati alle politiche di Papa Paolo III. Roma però ha vinto questo conflitto e Papa Poalo III ha costruito un grande castello, la Rocca Paolina, su progetto di Antonio da Sangallo minore. Questa struttura è diventata il simbolo del potere papale, consolidatosi a Perugia per più di tre secoli. Con la costruzione del castello, il Papa ha fatto ripiegare una famiglia più ricca della città—Baglioni, ritiratisi fuori Perugia dalla cittá avendo lasciato la

dicembre 2008 loro casa e hanno dato il proprio nome a questo quartiere. In questo modo è iniziata la mia conoscenza della città. E solo con l’aiuto degli altri turisti, che stavano andando in una certa direzione, che ho intuito la strada. Senza di loro non avrei saputo quale percorso prendere. Uscita dal fresco castello e andando dritto, oltrepassando i rappresentanti di una certa organizzazione che raccoglieva firme per la pace nel mondo e i venditori di gioielli, ho raggiunto molto velocemente l’ombra di Palazzo dei Priori. Anche non osservandolo attentamente, ho potuto intuire che si trattava di qualcosa di fondamentale e bello, e finalmente mi sono trovata in piazza «4 Novembre». Qui, si capisce inequivocabilmente di essere nel pieno centro. La bellezza di questo posto attira molti turisti con le loro macchine fotografiche. Il simbolo di Perugia—la fontana Maggiore, che è stato construito nel 1227 da due bravi artigiani Nicola e Giovanni Pisano è composta dal due piscine poligonali, una sopra all’altra, decorati con le sculture di tre ninfe—Fede, Speranza e Carità. Ci sono anche i segni zodiacali, i personaggi allegorici, quelli della Bibbia, delle favole di Esopo e i simboli dei mesi dell’anno. Poi se il turista non teme il crudele sole italiano e prosegue verso il centro della piazza 4 Novembre, potrà vedere Palazzo dei Priori, ossia l’edificio che è stato sede del Consiglio cittadino, nella sua assoluta bellezza medievale. Tale struttura medievale a forma di parallepipedo con fila di cesellatura delle costruzioni del 13°-14° secolo, degnamente rappresenta l’architettura italiana del periodo. Qui al terzo piano è situata la Galleria dell’Umbria, che offre la collezione più importante di pittura e di scultura delle scuole dell’ Umbria del XIII‑XVIII secolo. Qui, assiduamente rispettando regime termico, il popolo di Perugia ha cura di conservare le opere di Pietro Perugino, a dispetto dei suoi litigii con l’altro italiano famoso—Michelangelo, e dell’altro suo compaesano Pinturicchio. Tutti questi pittori hanno partecipato alla pittura della capella Sistina. Però questo capitolo di storia perugina riguarda il passato lontano, adesso il turista essendo giunto fin qui, nel cuore di Perugia, puo sedere tranquillamente con la sua guida sciupata «ITALIA» sulla pietra fresca della scala del Palazzo, che porta nella sala dei Notari, in passato luogo di assemblee popolari, l’entrata della quale è difesa da due statue: Grifo e Leone, e fare la conoscenza con qualcuno degli studenti, così numerosi a causa delle antiche università di questa città. Così numerosi come i cioccolatini «Baci» della fabbrica di questa città benedetta.

dicembre 2008

Il Giornalista

| 23

Santa Margherita—

un rimedio contro la noia e depressione

Sono arrivata là dopo un terribile volo con trasbordo a Monaco, dove il tempo era bruttissimo. Alla piccola città vicino al mare, dal nome un pò romantico, sono arrivata di sera col mal di testa. Ma dopo ho capito, che ogni cosa è secondaria, quando il vento caldo soffia dal mare.

C

testo, foto: Anka Sarukhanova

ome ho imparato, Santa Margherita Ligure non ha sempre avuto questo nome. Essa è composta di cinque parrocchie: Santa Margherita, San Giacomo di Corte, San Siro, San Lorenzo della Costa e un’altra che non ricordo). Piccola città con vie strette, case comode, gente un pò rumorosa e un pò svogliata. Tre belle chiese dalle pietre bianche, gabbiani, il rumore del mare e dei panfili alle onde.— Impressioni che la mia coscienza ha afferrato nei primi giorni. Ho deciso di conoscere la storia di questo bel posto. Ai tempi dei romani tutta la zona in cui

era Santa Margherita si chiamava Pescino; nel periodo della Repubblica Democratica Ligure e dell’Impero Francese (1797–1812) esistevano due comuni, quello di Santa Margherita, comprendente anche San Siro, e quello di San Giacomo di Corte. Santa Margherita, unita a San Giacomo di Corte, divenne nel 1812 Porto Napoleone. Ma dopo aver cominciato a conoscerne la storia, ho capito che non era importante in quell’occasione. Più importante era conoscerne la vita in ogni sua forma. Di mattina andavo ai corsi di lingua e dopo avevo qualche ora per fare passeggiate e studiare la vita. Un mese a Santa Margherita Ligure—e il cattivo umore scompare.

24 |

dicembre 2008

Il Giornalista

Alla scoperta dell’immagine

T

ranne tutti stage, che facciamo, tranne i corsi di lingua italiana e le lezioni interessante, gli studenti del centro giustificano il suo nome «Il Centro Italo-Russo per le RICERCHE…». Ed ogni anno facciamo la ricerca sull’Immagine dell’Italia nella stampa russa. Ci partecipano gli studenti di tutti i livelli della conoscenza d’Italia e la lingua tanto che per farlo si deve conoscere bene la stampa russa. In questa pagina sono rappresentati i risultati grafici della nostra ricerca. Siccome secondo la natura delle ricerche è sempre più interessante notare le tendenze, i cambiamenti, ci abbiamo messo i risultati di due anni scorsi—2006 e 2007. Tante cose sono successe in questo periodo, incluso la caduta del governo di Romano Prodi e le elezioni anticipate del primo ministro, dove ha vinto Berlusconi, e gli altri evenimenti importanti. La ricerca pero prende sempre solo un mese dell’anno, in 2006 era novembre, in 2007—ottobre, quindi non possa concentrarsi solo sugli evenimenti. Gli studenti sceglievano prima il quotidiano oppure la rivista e poi li leggevano durante il mese della ricer-

ca. Alla fine abbiamo riunito tutti i risultati ricevuti per fare le conclusioni e costruire le diagramme seguente. Le cose che attiravano l’attenzione dei ricercatori erano gli autori degli articoli e i fonti di informazione. Per esempio quotidiano famoso «Kommersant» usa tanto i fonti internazionali anche italiani, traducendo i materiali di «La Stampa», «Corriere della Sera», «La Repubblica», «Il Giornale», L’Unitá» ecc. Poi venivano i personaggi famosi, giá stereotipizzati in Russia (Berlusconi, Celentano, Ornella Muti, Zeffirelli, Verdi ecc.) che ormai fanno la parte di brand «made in Italy». Le conclusioni sono sempre interessante, sono diversi, ma comunque tengono l’idea comune: i russi e gli italiani sono sempre in relazioni buone tra di loro, sia sul livello di mentalitá, e l’umanitá, sia sul livello culturale e di percezione filosofico di vita.

Tematica 30 25 20 15 10

2006-% 2007-%

m o

Tu ris

in a

Cu cc

m o

Tu ris

or t Sp

ica om

on ec

ca liti

Va

U l'E n

co Po

zio ne

Re la

tic an Ec o Cu on ltu om ra ic ,l a 'is tru zio M ne od a, de sig n

Po

liti

ca

in te rn

az

io na

0

le

5

de

re

tte

tro

ri

tto

le

Al

de i

ca

0

pi

co

co

os

m

de

ta

iti

al

an

rv is

a

ac

ni al i tri

Al

rm

no

re

ito

o

er to

bl ic

pu b

'e sp

en d

pr

io

ad i

Ci tt

Im

on ar

positivo

Le

e

co lo

in

ag

nd

ll'i

te

In

2006-%

Ar ti

5

ti

10

su lta

15

Cr on

20 Fu nz i

ni er o

neutro

...

25

om

30 e, l

Tono dell’articolo

il c

or

at

er c

Presenza della foto

Re

2007-%

ne

Livello di rappresentazione

io

Pi� di 300 linee

az

201-300 linee

rm

Il Giornalista

co n

o

0

ne

101-200 linee

io

51- 100 linee

fo

1-30 linee 31-50 linee

az

10 ss

20

st ra

2006-%

Ri c

30

in

50

rm

ru

60

a

Volume del materiale

d'

2007-%

fo

a

2006-%

al ist

0

o

5

ol

10

in

ist

Collagati con Italia

tic

15

d'

na l

20

ur n

Quantit� totale

o

0 ur

25

Jo

60

Ar

30

Jo

70

35

ol

am en

re t

80

40

tic

ne

Ha

nc

Co

0

te m su e lt ll'I ito nzi ta on lo lia e (n n on el t m Re en itol o la o zio di un ne ... Ita St Pe ru lo -R ttu rs us o ra se fin na an co n zia cr ria eta Di o sc po us liti sio ca ni in at tu al i Al tro

ne

zio

en

m

45

Ar

Ha

dicembre 2008 | 25

50

40 2006-%

30

2007-%

20

10 0 negativo

Autore 60

50

40 40

30

2007-% 20 2006-%

10 2007-%

Жанр публикации

60

50

40

30

20

10

2006-%

2007-%

26 |

Il Giornalista

Ogni guerra, anche ai margini, è universale La guerra è una faccenda che ci riguarda da vicino. Più di quanto possiamo immaginare. E non soltanto perché in qualche angolo del mondo, proprio ora, si stanno combattendo guerre più o meno dimenticate dalle cronache estere, ma perché la Guerra stessa, intesa come concetto senza tempo, è una metafora del vivere quotidiano, capace com’è di mettere in scena le passioni profonde che muovono da sempre i destini umani. Diego Mecca

S

i vis pace para bellum, dicevano i Romani. Parafrasando l’antico motto potremmo dire: se vuoi la pace ricordati della guerra. Perché non dimenticare è un modo per non ripetere gli errori compiuti. Anche l’arte, nelle

sue varie espressioni, e la musica in particolare, possono contribuire a riflettere sul concetto della guerra, e sui suoi effetti. Ecco, potrebbe essere questa una delle chiavi di lettura del lavoro di un grup-

dicembre 2008

po di giovani del Tigullio, affascinante angolo di Liguria, che si sono impegnati con passione intorno al tema della guerra. Il punto di avvio sono state le liriche, lucide e taglienti insieme, di un trentenne Avvocato di S. Margherita Ligure, Paolo Donadoni, il quale, rubando tempo al sonno, ha cominciato, nel 2005, a raccogliere intorno a sé un eterogeneo insieme di persone che, convinte della bontà e bellezza di quei testi, hanno deciso di collaborare, fino a formare un gruppo (denominato «tuttigiùperterra») in cui i giovanissimi si affiancano agli anziani: v’è un ragazzo di 12 anni accanto ai veci (in dialetto significa «anziani») Alpini, un violoncellista fresco di diploma accanto a musicisti più maturi. La ricerca di Donadoni ha condotto a un’insolita collaborazione fra compositori che hanno saputo creare ballate classiche e ritmi coinvolgenti, nonché sonorità apparentemente distanti dalla musica cosiddetta «leggera» quali quelle della Filarmonica «Cristoforo Colombo» e del Coro «Voci d’Alpe» degli Alpini, entrambi di S. Margherita Ligure. Ne è risultato un insieme capace di evocare atmosfere le più diverse, armonizzate sempre, però, dalla continuità delle immagini (evocative e—in

dicembre 2008 alcuni punti—struggenti) delle liriche di Donadoni. Il risultato è un «libro + cd» che ha visto la luce nel settembre 2008, intitolato fino alla fine: un’opera multimediale che affronta il tema della guerra attraverso un percorso atipico, composto di fotografie, disegni, canzoni, musica, poesie, favole, narrazioni, aforismi, etc. Non «una» guerra in particolare, ma «la» guerra, concetto storico ed attuale, metafora delle tensioni esistenziali, nelle convenzioni sociali e culturali che caratterizzano il vivere quotidiano, nei rapporti con il diverso e l’altro da sé. Anche la prospettiva da cui è narrato questo tema vuole essere atipica. Sono infatti differenti punti di vista a formare l’immagine caleidoscopica di una guerra vissuta e descritta dai suoi protagonisti: il soldato che, per sopravvivere, si aggrappa al pensiero della donna che lo attende a casa; il disertore che, disilluso dalla retorica delle parole che sempre giustificano la violenza, fugge dalla follia della guerra; il dottore che, abbandonato nella sua solitudine, assiste al quotidiano orrore di una sala chirurgica—ma anche, con un’inversione del punto di vista, il campo minato che diventa giardino dei fuochi d’artificio per il bambino che vi gioca a nascondino; la bomba, che prende vita per dare la morte e si racconta parlando

| 27

Il Giornalista di sé; l’albero che, al contrario, perdute le foglie e la vita con esse, rassomiglia la croce a consolare i caduti. La prospettiva della personificazione delle voci narranti si apre e si chiude con l’immagine de «la casa matta», il manicomio che salta per aria, allegoria che indica l’ambiguità della follia: i pazzi sono coloro che escono dal manicomio e si trovano nel mezzo di una guerra, oppure coloro che sono fuori a combatterla? Il tessuto musicale è arricchito da brevi narrazioni che, attraverso le immagini, rimandano a un significato che si lega al tema e al sentire che percorre l’intera produzione, e palesano l’assurdità della genesi delle guerre. La lettura di questi brani non vuole costituire un’intrusione della prosa nel campo della musica, ma accompagnarsi ad essa per fornire un altro tassello descrittivo, un ulteriore frammento con cui comporre un’immagine complessiva.

Si vis pace para bellum, dicevano i Romani. Parafrasando l’antico motto potremmo dire: se vuoi la pace ricordati della guerra.

Il progetto fino alla fine è accompagnato da un sito internet— www.terradiqualcuno.it—concepito come punto di riferimento del gruppo tuttigiùperterra, e quindi anche punto di partenza per nuovi progetti, un open space, una terra di qualcuno, appunto, dove far germogliare le idee per tracciare nuovi percorsi creativi. Di tale sito sono in corso traduzioni in lingue straniere (spagnolo, francese, russo, tedesco, etc.). È interessante sottolineare il fatto che, nella realizzazione di questo sito internet, si è fatto ampio uso di tecniche «tradizionali» insieme a quelle digitali: ogni pagina è infatti frutto di manipolazioni ed elaborazioni a partire da disegni, acquarelli, fotografie, fotocopie, collage, successivamente fotografati e infine confluiti nel sito. Una particolare attenzione è poi stata posta nella realizzazione di una serie di cartelloni, che sarebbe riduttivo definire «promozionali», vere e proprie opere d’arte realizzate a mano—con tecniche miste—dalla giovane Chiara Maddalo, studentessa di grafica all’Accademia di Belle Arti di Genova. Un lavoro di squadra, dunque, per compendiare attraverso le parole e la musica il sentimento del tempo in cui viviamo, nella consapevolezza che «ogni guerra, anche ai margini, è universale».

28 |

Il Giornalista

dicembre 2008

Sotto il cielo di Toscana Si dice che quando si desidera intensamente qualcosa, quel qualcosa si realizza. Forse non e del tutto: a volte accade anche piu’ di quello che ti aspetti. In Italia ho trovato molto di quello che avrei mai potuto pensare o, addiritutta, sognare. L’ho trovato in Toscana. testo, foto: Fatima Ciumakova

Grazie agli italiani сhe mi hanno insegnato a non nascondere le mie emozioni… Grazie ai ragazzi della Inguscezia сhe mi hanno insegnato a ridere di me stessa

L

’alba. Avete osservato mai il cielo della Toscana, quando il sole si leva lentamente e tutta l’antica cittá si sveglia? Credetemi, è un paesaggio da vedere… soprattutto quando appaiono i primi raggi del sole che illuminano le strade vicoletti di Arezzo. Arezzo è una piccola cittá toscana. Le tegole dei tetti, l’argilla, il marmo e i cipressi adornano il suo paesaggio. Le tessere dei mosaici, i portoni di ferro forgiato, l’architettura unica—tutto questo caratterizza complessivamente l’individualitá della Toscana e l’anima italiana che si rivela. La città è un cospicuo centro artistico e culturale con vari musei e numerosi e pregevoli monumenti d’arte medievale e rinascimentale che ne fanno una delle mete turistiche più interessanti dell’Italia centrale. È sede vescovile che si trova sul colle. Il nucleo originario si formò in età etrusca nella parte più elevata del colle, tra l’attuale duomo e la fortezza medicea.

Ci sono molte chiese ad Arezzo, un tratto tipico di quasi tutte le cittá in Italia Quando si fa una passeggiata nella citta si vede l’armonia tra la natura e l’architettura. Anche si prova lo spirito dell’antichitá. Si puo passare molto tempo guardando e ammirando i posti storici. Ma mi piace anchè il luogo dove ogni giorno si tengono le mie lezioni di italiano. Si chiama Rondine. E un piccolo borgo medievale, situato al confine che divide i comuni di Arezzo e Castiglion Fibocchi. C’e una scuola di italiano dove tutti noi—giovani—studiamo insieme, viviamo e facciamo amicizia. Siamo studenti di paesi diversi: Romania, Russia, Serbia, Israele, Palestina, Iran, Georgia, etc. Siamo «I giovani che vengono da realtá in guerra». Abbiamo un nobile scopo—essere tolleranti. Ecco perchè la scuola si chiama «Rondine—Cittadella Della Pace». Mi piace moltissimo il modo in cui passiamo le nostre lezioni perchè quello che facciamo non è soltanto leggere, scrivere e parlare. La nostra insegnante Maria Grazia (una donna straordinaria!) ci fa divertire, cantare famose canzoni italiane, fare le presentazioni raccontando tutto quello che vogliamo. Natura bellissima, aria fresca, paessaggi stupefacenti, gente interessante ed allegra- di cosa ancora si puo aver bisogno nelle vacanze? La Toscana offre scorci panoramici, viste sul mare, architettura, arte, storia

unici al mondo, il tutto a cielo aperto. Soggiornare o passare un periodo di vacanza in Toscana, è un’esperienza unica che vale la pena fare nel corso della vita almeno una volta. I toscani sono accoglienti, burloni, di una simpatia innata tipica di questa meravigliosa regione; nessuno come loro sa accogliere gli stranieri, a partire dalla buona cucina casalinga per finire con innumerevoli feste e sagre paesane. Riguardo al tempo libero, noi studenti facciamo una passeggiata, andiamo ai concerti, giochiamo a calcio, organizziamo concerti tra di noi. e barbecue. Ogni fine settimana andiamo a visitare le citta vicino ad Arezzo (siamo stati a Siena, Firenze, Pisa) o al mare (Viareggio). Tutto va perfetto. E cosi’ 5 settimane volano via purtroppo… È strano ma dopo questo viaggio molto è cambiato nella mia vita. Forse perchè quelle 5 settimane sono bastate per capire e riconsiderare un pò di cose. Penso che tornerò ad Arezzo un bel giorno. Lá ho lasciato qualcosa di molto importante. Ma chissá quando. Di una cosa ora sono sicurissima: ho passato dei giorni stupendi felicissima di essere sotto il cielo aperto della Toscana.

Related Documents


More Documents from ""

Flashtour Bari
June 2020 12
Flashtour Puglia
June 2020 6
June 2020 4