Il Genoma Mancante

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Su Nature è apparsa la mappa genetica di un altro pesce-palla: dopo il “Fugu rubripes” è stata la volta del “Tetraodon nigroviridis”. A differenza del Fugu, sequenziato nel 2002, il Tetraodon non è velenoso ed è molto comune nei negozi di animali. Entrambi sono oggetto di “morboso” interesse da parte dei genetisti perché il loro corredo genetico è tra i meno complessi e grazie ai metodi di comparazione genomica risulta di grande aiuto nella decifrazione di quelli appartenenti al corredo umano. Hugues Roest Crollius, ricercatore della Ecole Normale Supérieure di Parigi, tra gli autori del sequenziamento, dice: “Comparando i geni del Tetraodon con quelli del genoma umano abbiamo localizzato 900 nuovi geni umani che usando i metodi convenzionali risultavano mancanti”. Quello del Tetraodon è il più piccolo tra i genomi dei vertebrati e consiste di 21 cromosomi composti da circa 300 milioni di sequenze di DNA. I ricercatori si sono accorti che molti geni umani hanno due controparti nel genoma del Tetraodon, il ché proverebbe che il pesce, ad un certo punto dell'evoluzione, abbia replicato il suo intero genoma, raddoppiando il proprio set genetico, per ottenere dei vantaggi evolutivi. E spiegherebbe perché i pesci sono la specie vertebrata più florida e biodiversificata sul pianeta (circa 25.000 specie che hanno colonizzato anche ambienti ostili come le fredde e scure profondità degli oceani). John Poslethwait, della University of Oregon, ha trovato l'evidenza della stessa replicazione dell'intero genoma anche nel pesce-zebra e nel pesce medaka. “In questo modo, la natura gli ha conferito una maggiore flessibilità per trasformare molti dei geni ridondanti in nuove funzioni a seconda dell'adattamento ai vari ambienti”, dice Dan Rokhsar del Joint Genome Institute di Walnut Creek, in California, che ha guidato il sequenziamento del Fugu. I geni che poi si rivelano inutili scompaiono nel tempo (i cosiddetti "pseudo-geni"). Proprio grazie ai pseudo-geni, i ricercatori sono riusciti a ricostruire il genoma del Tetraodon prima della sua duplicazione e con sorpresa hanno scoperto che corrispondeva al genoma di antenati comuni sia ai pesci che agli umani vissuti circa 450 milioni di anni fa nell'era palozoica. Da cui, in sostanza, tutti discendiamo. Fugu DNA sequence offers short cut to Human Genome 25 ottobre 2001 Fish Tales Solve Genetic Puzzles Wired 20 ottobre 2004 The Syntenic Relationship of the Zebrafish and Human Genomes DETERMINISMO GENETICO Anche grazie alle nuove bioinformazioni giunte dal pesce-palla, si è pervenuti ad una ulteriore ridefinizione della mappa genomica umana.

Prima dell'inizio del Progetto Genoma Umano, si pensava che il nostro DNA contenesse almeno 100 mila geni. Finito il sequenziamento, circa tre anni fa, si stimava fossero 30-35 mila. Un nuovo studio, pubblicato sempre su Nature, è sceso a 25 mila, trascurando però il cosiddetto “DNA spazzatura”, ritenuto privo di significato. Secondo lo studio, 1.183 geni sono nati negli ultimi 60-100 milioni di anni e nello stesso periodo circa 30 geni sono scomparsi. Cosa sperano di ottenere i ricercatori da questi dati? Una lista di tutti i geni umani e del loro funzionamento per sviluppare nuovi e più efficaci farmaci. È la cosiddetta “farmacogenomica”. Contro il “determinismo genetico”, di chi già auspica una cura per ogni malattia, il Dr. Eric Lander, insigne matematico, tra i guru delle tecnologie di sequenziamento, attualmente direttore del Whitehead Institute for Genome Research, all'indomani del primo completamento del sequenziamento del genoma umano, ha fatto notare che: “i geni determinano solo una predisposizione, non fanno la persona”, dato che interagiscono con ambienti e situazioni. A chi gli chiedeva dove porterà l'umanità la ricerca genomica, Lander ha risposto: “non ne ho la più pallida idea”. Secondo Sydney Brenner, Nobel 2002 in biologia molecolare, “la ricerca si sta indirizzando troppo verso il settore farmaceutico quando invece è la sfida intellettuale che andrebbe privilegiata”. HUMAN GENOME DIVERSITY PROJECT Secondo molti ricercatori, c'è il rischio che si finirà per sfruttare il patrimonio genetico di etnie la cui sopravvivenza è già a rischio per un astratto obiettivo scientifico, senza rispondere a quelle che sono le necessità sanitarie più immediate di quelle popolazioni. Lo Human Genome Diversity Project avrebbe dovuto raccogliere campioni di sangue di 7.000 gruppi etnici per documentarne e salvaguardarne la diversità. Le comunità indigene, invece, hanno giudicato “razzista” la ricerca. E così, lo Human Genome Diversity Project, una specie di Arca di Noédella diversità umana, è naufragato in terra d'America. L'obiettivo iniziale era di collezionare il DNA di 25 individui, anonimi, per ognuno dei 500 gruppi etnici selezionati (si stima ce ne siano 7000) per studiare le origini dell'uomo, i movimenti e le strutture sociali delle popolazioni preistoriche, la diversa suscettibilità alle malattie, e poi annoverare quante più informazioni utili. I dati dovevano essere raggruppati, esaminati e infine messi a disposizione della comunità scientifica. L'arca doveva preservare la memoria della biodiversità umana, sempre più ridotta, ogni giorno che passa, dalla globalizzazione e dall'urbanizzazione selvaggia. Invece, il progetto si è “disintegrato”, come ha scritto il quotidiano britannico The Independent, sotto l'accusa di razzismo e di sfruttamento commerciale. Da parte dei leader della comunità degli indiani d'America è stato avanzato il sospetto che dietro il progetto vi fossero delle aziende biotecnologiche pronte a sfruttare le conoscenze genetiche per farne terapie e diagnostica da vendere a caro prezzo. Come è accaduto in

Islanda (che dopo essere stata colonizzata nel IX secolo da vichinghi norvegesi e da irlandesi ha preservato una sorta di nucleo genetico originario), dove la azienda biotech Decode è riuscita ad accordarsi con il governo islandese per l' “acquisto” dei diritti sulle conoscenze derivate da una sorta di censimento genetico della popolazione. Proprio quello che volevano evitare i leader delle nazioni indiane d'America. Il loro slogan è stato: «Vogliono salvare il nostro genoma, non noi». La diffidenza da parte delle organizzazioni degli indiani americani si è avvertita fin dal 1997, quando ben 30 gruppi, che rappresentavano gli indigeni del Nord, del Sud e del Centro America, produssero la “Dichiarazione di Ukupseni”. Nel documento si affermava che: «questa ricerca e altri progetti di ricerca sui genomi indigeni vanno contro la vita umana e violano in particolare l'integrità genetica dei popoli indigeni».

Human Genome Diversity Project - Wikipedia DICHIARAZIONE UNIVERSALE SUL GENOMA UMANO Si proclama da tempo che il genoma è “patrimonio comune dell'umanità”. Questa formula si ritrova nell'articolo 1 della "Dichiarazione Universale sul Genoma Umano e i Diritti dell'Uomo" dell'Unesco (sia pure sottolineando la sua portata “simbolica”). In questo modo non si istituisce soltanto un rapporto diretto con il rispetto della “dignità e diversità” d'ogni essere umano, condannando le politiche discriminatorie o di eugenetica collettiva, si vuole anche impedire che il genoma possa divenire oggetto di appropriazioni esclusive. Non a caso, si parla di patrimonio comune dell'umanità, espressione entrata nel linguaggio giuridico a proposito dello spazio, dell'Antartide, del fondo del mare, luoghi che si volevano sottrarre alla possibilità di occupazione da parte del primo arrivato, lasciandoli aperti alla ricerca e all'utilizzazione da parte di tutti gli Stati. Si può ammettere che l'immenso territorio del genoma umano, con i suoi tre miliardi di “lettere chimiche” e i suoi centomila geni, venga in tutto o in parte privatizzato? Nella Dichiarazione Universale sul Genoma Umano si dice che: “il genoma umano nel suo stato naturale non può costituire oggetto di profitto economico” (art. 4) e che dev'essere promosso “il libero scambio delle conoscenze e delle informazioni scientifiche” (art. 19). Questi principi sacrosanti, tuttavia, rischiano d'essere travolti da una realtà nella quale la stessa conoscenza dei dati naturali richiede grandi investimenti, ai quali deve seguire una remunerazione. Ma può una ragione puramente economica travolgere la consolidata distinzione tra scoperte e invenzioni, ostacolare la ricerca d'una intera comunità scientifica, far diventare il genoma una merce tra le altre? Cercando una risposta, Clinton e Blair avevano dichiarato pubblicamente che i risultati della ricerca sul genoma dovevano essere liberamente disponibili per tutti. A questo li aveva spinti non tanto l'amore per un principio, quanto piuttosto la preoccupazione di

tenere aperta la stessa possibilità della competizione tra imprese (e, secondo alcuni, anche la volontà di coprire il ritardo della ricerca pubblica rispetto quella privata della Celera di Craig Venter). Poi Clinton, influenzato dal successo di Venter e dalla caduta dei titoli biotecnologici seguita a quelle dichiarazioni, ha fatto marcia indietro. La conoscenza genetica promette una cura della persona, non soltanto del malato, sempre più tagliata sulle specifiche caratteristiche ed esigenze di ciascuno. Ma un impiego sbagliato di questa conoscenza genetica può indurre anche un pericoloso "riduzionismo genetico".

Universal Declaration on the Human Genome and Human Rights LA MISTICA DEL DNA Nel 1995, due studiose americane, Dorothy Nelkin e Susan Lindee, hanno pubblicato un libro dal titolo significativo, “La Mistica del DNA. Il Gene Come Icona Culturale”, dando conto dei risultati di una ricerca sulla penetrazione negli Stati Uniti di una serie di stereotipi culturali derivanti dalla genetica, con l'accento posto sempre più frequentemente sulle caratteristiche genetiche delle persone, sacrificando e respingendo sullo sfondo la ricchezza dei rapporti nati nel corso delle relazioni sociali. Basta pensare alla sottile ossessione, che già compare in testi legislativi, per la discendenza biologica, che rivaluta brutalmente i legami di sangue a scapito della costruzione sociale della maternità e della paternità. E ancor più pericoloso può risultare il ricorso a categorie come “predizione”, “predisposizione”, “persona a rischio”, quando vengono trasportate dalla genetica al mondo delle relazioni sociali ed economiche.

The DNA Mystique: The Gene as a Cultural Icon DISINFORMAZIONE GENETICA Emerge nettamente il potere sociale della “disinformazione genetica”. Simbolo di questa disinformazione è il “junk DNA”, ovvero il “genoma mancante”. Proprio quella porzione di DNA che secondo molti autorevoli ricercatori, come Achilles Dugaiczyk, secondo nuovi recenti studi e nuove scoperte, non è affatto insignificante, ma anzi, potrebbe perfino costituire la nostra peculiarità genetica. POTERE AI RETROTRASPOSONI È tempo di rivalutare il ruolo del cosiddetto "junk DNA” (o DNA spazzatura), che costituisce la maggiorparte del genoma umano, il cui ruolo finora è stato largamente incompreso.

I “Transposable Elements” (TEs) - detti "trasposoni" o anche "retrotrasposoni", per le loro caratteristiche retrovirali, o anche "elementi genetici trasponibili" - sembrano governare la transizione dall'ovocita all'embrione nei topi, secondo un recente studio pubblicato online su Developmental Cell. Lo studio mette in discussione l'idea, molto diffusa tra genetisti e biologi molecolari, che molte delle numerose sequenze ripetitive di DNA non codificante (rappresentate dai TEs) presenti nel genoma (generalmente da 1000 a oltre 100.000 copie, fino a qualche milione di copie nei genomi di grandi dimensioni), siano in effetti da considerare “spazzatura”. Barbara B. Knowles, del Jackson Laboratory di Bar Harbor, nel Maine, insieme al suo gruppo, ha mostrato che la trascrizione materna delle uova di topo, al primissimo stadio embrionale contiene un inusuale alto livello di TEs che agiscono come promotori particolari sequenze di DNA che indicano dove debba iniziare la trascrizione durante il processo di duplicazione - rivelando un ruolo importante e affatto insignificante di quei trasposoni che si ritenevano parte del DNA spazzatura. Tempo fa, alcuni scienziati delle Johns Hopkins Medical Institutions, guidati dal biologo molecolare Jef Boeke, trasformarono un comune retrotrasposone dei topi in un retrotrasposone artificiale per cercare di comprenderne più a fondo le funzioni vitali. Dato che i retrotrasposoni presentano caratteristiche del tutto simili a quelle dei retrovirus - virus che si replicano e si propagano inserendosi in posizioni differenti del genoma - come l'HIV. Allo stesso modo, i retrotrasposoni copiano se stessi e si spostano attraverso i genomi degli esseri viventi, distruggendo i geni che sostituiscono. Tornando allo studio della Knowles, “abbiamo realizzato che in una o due forme (del gene studiato) nel momento di transizione tra ovocita ed embrione era presente anche un retrotrasposone perfettamente integrato”, è quanto ha dichiarato a The Scientist. È stata una grande sorpresa, perché significa che, agendo da promotori alternativi, gli elementi di controllo derivati dai retrotrasposoni guidano l'espressione coordinata di numerosi geni del topo. “A quanto ne sappiamo”, ha commentato la Knowles, “questa è la prima volta che si osserva come questi elementi possono dare inizio a un’espressione sincrona e regolata di geni multipli”. “Tutto ciò è molto intrigante, ma cosa significa?”, si chiede Janet Rossant, professore alla University of Toronto, non coinvolto nello studio. I ricercatori ritengono che l'espressione dei retrotrasposoni, durante i primissimi stadi della formazione embrionale, possa avere un ruolo determinante nella riprogrammazione del genoma dei mammiferi, anche in una prospettiva evolutiva. Può voler dire, in sintesi, che molto del cosiddetto DNA spazzatura ha una precisa funzione nel controllare le espressioni geniche, anche se quale funzione esattamente non è ancora chiaro a nessuno. Transposon – Wikipedia Junk DNA - Wikipedia (Pubblicato su Ecplanet 28-10-2004)

Ecole Normale Supérieure Joint Genome Institute Whitehead Institute for Biomedical Research Human Genome Project PSEUDO-GENETICA DNA Spazzatura THE PROTEIN GRID IL DNA E’ MOBILE METAGENOMICA REGOLAZIONE GENETICA IL GENOMA DIVINO MUTAZIONI CAUSALI COMMERCIO GENOMICO IL SECOLO DEL GENE NATURA VS. CULTURA

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