I cappellani militari del Regno Italico (1803-1814) I riflessi militari dello stato confessionale La Partenopea e la Ligure furono le uniche repubbliche giacobine dotate di cappellani militari: collaborando con la repubblica il clero giansenista manteneva in rispetto le correnti laiciste. L’impostazione aconfessionale delle costituzioni giacobine, ispirate a quella dell’anno VIII, fu però superata dal concordato del 15 luglio 1801 che riconosceva il cattolicesimo come la religione “della maggioranza dei francesi”. La costituzione di Lione si spinse più oltre, dichiarandolo, all’art. 1, “religione dello stato” e garantendo, all’art. 127, piena libertà all’esercizio pubblico e privato del culto cattolico. In applicazione del principio confessionale, il 6 aprile 1802 Melzi ordinò il ripristino degli onori militari “agli atti esterni del culto cattolico”. Al passaggio del SS. Sacramento i corpi di guardia e le truppe in marcia dovevano schierarsi in ordine di battaglia “con le armi portate”, i tamburi battere “aux champs” e gli ufficiali salutare con la spada. La legge di coscrizione del 13 agosto 1802 esentò inoltre dal servizio militare i ministri della religione di stato promossi almeno al primo degli ordini maggiori. L’esenzione dei seminaristi e il sostegno ecclesiastico alla leva L’esclusione dei chierici tonsurati e dimoranti nei seminari fu subito eccepita dall’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Caprara, che si trovava allora a Parigi per negoziare il concordato italiano. Melzi si irrigidì, temendo, come poi avvenne, le vocazioni di comodo al solo fine di sottrarsi alla leva: ma l’11 marzo 1803 Napoleone gli scrisse di non “contrariare i preti” e lo costrinse a concedere l’esenzione, poi ripetutamente contestata dai prefetti. Dal canto loro l’episcopato e il clero italiano dettero un segnale di buona volontà conformandosi alla richiesta di predicare l’obbedienza alla leva loro rivolta dal ministro del culto Bovara con circolare del 1° marzo. Già il 7 marzo lo stesso arcivescovo di Milano emanò una specifica pastorale alla sua diocesi. Se il vescovo di Como non si risparmiò qualche sarcasmo, subito denunciato dal locale comando militare, e quello di Lodi espresse una riserva di principio, il 10 marzo lo stesso ministro della guerra riconobbe formalmente l’“efficace cooperazione” del vescovo di Bergamo, mentre l’abate Ferloni, priore dell’Ordine Costantiniano, compose un’omelia presa poi a modello da numerosi imitatori (v. §. 10D). Le denunce e le
rimostranze dei prefetti indussero il ministro della guerra a chiedere al governo di vietare il conferimento degli ordini sacri ai cittadini soggetti alla leva, ma il 29 marzo il consiglio legislativo dichiarò che il governo non doveva “immischiarsi” nelle facoltà dei vescovi e poteva al massimo segnalare loro il problema. L’istituzione dei cappellani militari (D. 19 maggio 1803) Il 12 marzo 1803 l’ex-cappellano magistrale dell’Ordine di Malta Ignazio Carnevali Cileri suggerì a Melzi di istituire i cappellani militari con un priore. L’idea del priore – forse un’auto candidatura – non fu accolta, ma l’istituzione dei cappellani, decretata il 9 maggio 1803, deve essere interpretata, come l’esenzione dei seminaristi dal servizio militare, in rapporto col laborioso negoziato concordatario in corso a Parigi. Il decreto istituiva presso ogni corpo (inclusi guardia del governo, artiglieria, Zappatori, invalidi, veterani) e ospedale un cappellano militare, scelto dal ministro della guerra, con approvazione del governo, sulle liste di eleggibili formate dal ministro per il culto con iscrizione degli ecclesiastici riconosciuti dai rispettivi vescovi idonei alla cura d’anime. I cappellani erano “amovibili dal governo per demerito”. Era garantita, ove necessario, l’assistenza spirituale dei distaccamenti e militari isolati da parte dei parroci e loro coadiutori. Vestiti in abito nero, con tricorno ornato di coccarda nazionale e fiocco d’argento da ufficiale, ai cappellani spettava il trattamento di capitano di terza classe di fanteria (£. 1.800 annue) più l’indennità di via e il foraggio in caso di marcia e vitto e foraggio in campagna, con diritto a pensione d’anzianità (mezza paga dopo 24 anni di servizio, due terzi dopo 30 e soldo intero dopo 40, contando per due gli anni di campagna). I corpi provvedevano sui loro assegni a dotarsi di “tende ad uso di cappelle portatili” e degli “arredi necessari all’esercizio del culto cattolico”. Questi ultimi comprendevano ben 34 tipi di oggetti, dagli arredi per la celebrazione della messa e la somministrazione dei sacramenti ai paramenti sacri e ai libri per i registri di battesimo, matrimonio e morte. Diversamente dall’esercito austriaco, l’assistenza alla messa non era obbligatoria: ma il 26 settembre il comandante del 2° artiglieria (capobrigata La Halle) informava che tutti gli ufficiali e quasi tutti i soldati avevano spontaneamente chiesto di assistere alla prima messa celebrata dal cappellano (l’ex-domenicano bolognese Machiavelli) e di averli perciò condotti nella chiesa del Carmine inquadrati e a tambur battente. Melzi nominò i primi 20 cappellani (in maggioranza secolari) il 15 agosto, ma la lista fu pubblicata solo il 30 settembre, ossia due settimane
dopo la firma del concordato, avvenuta il 16 a Parigi tra l’arcivescovo Caprara e il ministro degli esteri Marescalchi. Con due distinte circolari indirizzate il 24 agosto ai cappellani e ai vescovi, il ministro per il culto Bovara sollecitò i primi a richiedere, e gli altri a concedere, in deroga ai vincoli disciplinari comuni, tutte le “facoltà spirituali” e “poteri ordinari e straordinari” necessari per “poter esercitare con piena libertà” il loro ministero. Ai cappellani italiani era attribuita la stessa giurisdizione accordata a quelli austriaci dalla determinazione sovrana del 26 gennaio 1770. Il clero civile era inoltre tenuto, giusto il decreto 30 agosto 1784, a trasmettere annualmente al concistoro tutti gli atti riguardanti il battesimo, le nozze e i funerali dei militari. Sottufficiali e truppa erano esentati dal pagamento dei diritti “di stola bianca e nera” e, nelle guarnigioni sprovviste di una propria cappella i cappellani militari potevano officiare nella parrocchia di residenza dei militari. Nella lettera del 25 settembre a Marescalchi, Melzi dichiarava di aver istituito i cappellani per “rendere meno disgustosa la coscrizione alla campagna che accusa la nostra truppa d’irreligione”. Quanto alla giurisdizione ecclesiastica, aveva ritenuto opportuno non istituire un “cappellano maggiore” con poteri derivanti da speciale bolla papale, accordando invece tutte le facoltà relative all’arcivescovo di Milano. In realtà l’incarico di cappellano maggiore, con soldo di capobrigata, fu attribuito al cappellano del Palazzo Nazionale. In settembre, concluso il concordato, i ministri del culto e della guerra convennero di applicare l’esenzione dal servizio militare anche nelle diocesi prive di seminari, dove gli alunni non convivevano assieme ma restavano alle proprie case. Il favore di Napoleone per la chiesa italiana durò tuttavia fino alla sua incoronazione nel duomo di Milano. A partire dal 22 maggio 1805 l’imperatore inaugurò una politica ecclesiastica più restrittiva (obbligo dei parroci di dichiarare le loro rendite entro le ventiquattrore, soppressione e accorpamento di monasteri e parrocchie nelle 20 città principali e poi negli ex-Stati di Venezia, soppressione delle confraternite). Infine, con decreto vicereale del 20 aprile 1808, si stabilì il numero massimo di esenzioni dal servizio militare che potevano essere concesse in ciascuna diocesi e si revocò l’esenzione ai seminaristi non destinati effettivamente agli ordini sacri. Nel 1811 emerse che due cappellani erano concubini e padri. Le scuole reggimentali I cappellani non furono istituiti soltanto per facilitare la conclusione del concordato, ma anche perché erano realmente necessari nel nuovo esercito di leva. Una circolare riservata del 22 agosto 1803 sugli effetti
della loro immissione nell’esercito, riconobbe infatti che la loro presenza favoriva l’ambientamento delle reclute, in massima parte provenienti dalle campagne, dove, diversamente dalle città, il parroco era ancora un forte punto di riferimento. In analogia con i compiti tradizionali dei parroci di campagna, già nel luglio 1803 si proponeva di affidare ai cappellani anche l’alfabetizzazione delle reclute, almeno di quelle più idonee alle mansioni di caporale. Con circolari del 26 marzo e del 25 maggio 1808 il ministro Caffarelli autorizzò i colonnelli ad istituire presso i rispettivi corpi una scuola elementare per insegnare agli sottufficiali, soldati e figli di truppa a leggere, scrivere e far di conto. I colonnelli dovevano affidare la scuola in primo luogo al cappellano, ma, se necessario, potevano prendere un maestro esterno e anche un aggiunto, imputando la spesa (solitamente £. 100 al mese) a carico dell’assegno generale.
Tab. 33 – I cappellani militari dell’Esercito (15.8.1803) Dipartimento Olona Basso Po Mincio Olona Crostolo Olona Olona Mella Olona Lario Panaro Reno Lario Olona Olona Olona Mella Serio Alto Po Serio
Nomi Bonenzi G. secolare Cittadella L. secolare Terighi O.* parroco Battiloro G. V. secolare Bartoli A. R. minore oss. Maggi A. camaldolese Caldarini Z. secolare Ridolfi G. secolare Bombelli G. secolare Velzi G. canonico Zzerbini G. regolare Macchiavelli B. domenic. Vigada V. secolare Nazari G. secolare Castillion G. F. secolare Piatti S. secolare Comandelli F.** parroco Gritti G. M. secolare Pergami G. secolare Colla G. B. secolare
Corpi 1a MB linea 2a MB linea 3a MB linea 4a MB linea 5a MB linea Legione ital. 1a MB legg. 2a MB legg. 1° Cacc. Cav. 1° Ussari 2° Ussari Artiglieria Zappatori Guardia Pres. Invalidi Veter. e Orf. 1a MB Pol. Cacciat. Pol. OM Milano OM Modena
Stazione Milano Cesena Novara Cremona Pavia Ferrara Reggio Modena Vigevano Modena Milano Pavia Bergamo Milano Milano Milano ….. ….. Milano Modena
Cappellani 1813
Bonenzi Girolamo Cittadella Luigi Terighi Ottavio Butti Carlo Maggi Angelo Ambrogi Paolo Caldarini Zacc. Ridolfi Giacomo Massimi Franco Zattach Aless. Vladislavlievich Macchiavelli B. Vigada Vincenzo Celentani Gerol. Vitalba Pietro Velzi Giuseppe Ongaroni Franco Marchi M. Aur. Vragnizan Ambr. Nazzari Giovanni Ramgnak Cavotti Carlo Cappellani della Marina Medini Andrea Per gli 8 cappellani della Marina, tutti dalmati e uno ortodosso, v. Tomo Velzi III, P. III, §. 5B. (Mestrovich, Mircovich, A. e G. Vragnizan, Barbaico, Castillion G. F. Vetrici, Miossich e Vladissavlievich Demetrio, ortodosso) Sarardello G. B. * Presente col 3° di linea a Maloyaroslavets. ** “Dimesso dalla parrocchia di Sodignana per idee politiche”. Catturato in Calabria dagli inglesi e condotto prigioniero a Malta..