EMATOLOGIA L'ematologia è in campo medico la specialità dell’ambito internistico che svolge un ruolo di diagnosi e terapie delle relative malattie, che interessano sia la composizione del sangue sia gli organi che lo riproducono. Il sangue è un tessuto fluido, che rientra fra i tessuti connettivi. Si trova sia nei vasi (sangue periferico) che nel midollo osseo (sangue midollare), la composizione di questo fluido dei 2 distretti è diversa, e generalmente con sangue intendiamo quello periferico. Il sangue è composto da una parte liquida o plasma, e una parte cellulata. La parte liquida si chiama plasma ed è circa il 50-60% del sangue. E' composta per più del 90% da acqua; vi si trovano disperse numerose famiglie di proteine, di cui la più rappresentata è l'albumina, che svolgono svariate funzioni: omeostasi osmotica, trasporto di sostanze, regolazione della coagulazione ed altre; inoltre vi sono disciolti ormoni, elettroliti e gas. Le cellule del sangue o ematiche si dividono in: • eritrociti o globuli rossi o emazie; • leucociti o globuli bianchi • piastrine o trombociti. CAMPIONAMENTO I tipi di campione disponibili in ematologia sono essenzialmente 3: Prelievo di sangue periferico Agoaspirato midollare Biopsia del midollo osseo (biopsia ossea) Il sangue periferico viene prelevato dalle vene. Quando prelevato viene innescata la coagulazione e la formazione del reticolo di fibrina intrappolerebbe le cellule rendendo impossibili le successive analisi; per questo motivo alla provetta viene aggiunto un anticoagulante. Esistono vari tipi di anticoagulante disponibili, che vengono preferiti in base alle analisi da effettuare in quanto ognuno ha suoi pregi e difetti. Quello più utilizzato è l'EDTA, un chelante del calcio, che sappiamo essere uno ione fondamentale per la coagulazione, è ideale per studiare la morfologia cellulare in quanto ne mantiene intatte le caratteristiche, infatti è quello utilizzato per l'esame emocromocitometrico. L'eparina lega e attiva l'AT-III che inibisce trombina fattore X e altri. E' l'anticoagulante più “naturale” infatti viene utilizzato nel caso si vogliano mettere le cellule ematiche in coltura ad esempio per saggi a colonie o citogenetica, però interferisce con le attività endonucleasiche, ecco perché non possiamo utilizzarlo qualora fosse previsto l'uso di questi enzimi (pcr, southern, ecc), al contrario è il più utilizzato per le determinazioni enzimatiche, altera morfologia leucociti e aggregazione piastrinica. L'Na-citrato viene utilizzato per i test di coagulazione e anch'esso funziona come chelante del calcio. L'ACD è un altro anticoagulante utilizzato nel caso in cui siano necessarie cellule vitali, che però verrebbero processate dopo un certo periodo di tempo. L'ACD contiene infatti Na-citrato e destrosio (glucosio) che serve da fonte energetica sia per le cellule bianche che per i globuli rossi, evitandone la lisi. Per questo motivo è utilizzato per le trasfusioni. Tutte queste sostanze possono in diversa misura alterare le nostre analisi, esiste un metodo per evitare la coagulazione ed è la defibrinazione. Viene effettuata raccogliendo il sangue in una beuta in cui sono presenti delle sferette di vetro. Man mano che viene raccolto il sangue le sferette vengono agitate, la coagulazione viene innescata e la fibrina finisce per aderire alle sferette, intrappolando solo una parte molto piccola di cellule. In questo modo però persi i monociti che aderiscono al vetro. L'aggiunta di anticoagulante permette di analizzare il plasma, tal quale. Soprattutto in passato si facevano analisi su siero, che è ciò che rimane del plasma dopo la coagulazione, questo perché gli enzimi di questo processo creavano molta intereferenza nei dosaggi (oggi con il progredire della tecnica non è più necessario). Infatti il siero è ancora ricco di proteine (non quelle della coagulazione), elementi, oligo elementi, ioni, citochine, ecc. L'agoaspirato midollare e la biopsia ossea vengono effettuate ormai in day hospital. Il prelievo avviene a livello della spina iliaca postero superiore (SIPS), oppure nel punto mediano dello sterno all'altezza del terzo spazio intercostale. Questo secondo luogo non è più sfruttato in quanto non è possibile prelevare la biopsia ossea e per la pericolosità dovuta al fatto che immediatamente dietro c'è l'aorta. Viene effettuato con anestesia locale sul periostio e sul tragitto attraverso la cute. La cavità dell'ago è chiusa tramite un mandrino, per impedire l'entrata di materiale, con rotazioni di 30° si fa penetrare l'ago nell'endostio fino a raggiungere il midollo. Si toglie cappuccio e mandrino e vengono aspirati circa 12-15 mL di sangue midollare, anche se è possibile prelevare fino a 200-250 mL senza causare problemi, anche se ovviamente il prelievo è molto più ridotto. Tramite lo stesso percorso aperto dall'ago viene effettuato il carotaggio per la biopsia ossea. Oggi invece si utilizza direttamente l'ago da biopsia ossea che è più lungo e ha più gauge (spessore), l'ago
non ha mandrino, per permettere direttamente il carotaggio che ha le dimensioni di 3 cm (viene poi decalcificato con soluzione di Bouin). Un altro reperto degno di nota sono i frustoli: sono dei grumi di grasso e stroma midollare, che si raccolgono lasciando scorrere una goccia di sangue sul vetrino. I frustoli aderiscono, vengono lasciati dietro e sciacciati sotto un vetrino portaoggetto per poter essere analizzati al microscopio. Se si centrifuga il sangue periferico o si lascia sedimentare per almeno 3 ore, si nota una particolare stratificazione: sul fondo della provetta si trovano i globuli rossi, sopra c'è il plasma, e tra plasma e GR si trova un anello giallastro che contiene i globuli bianchi, chiamato buffy coat. Il buffy coat contiene tutti i tipi di leucociti, sia mononucleati sia polimorfonucleati. Nel caso si volessero isolare le cellule mononucleate è possibile effettuare una centrifugazione su gradiente di ficoll. Il ficoll è un polimero di carboidrati, la cui densità è simile a quelle delle cellule mononucleate del sangue in sospensione. Un isolamento di questo tipo seleziona i linfociti T nel sangue periferico e le cellule staminali nel midollo osseo. Il sangue viene diluito (1:1 periferico, 1:5 midollare) in PBS, e stratificato su una quantità di ficoll pari circa poco più della metà della sospensione cellulare, e si centrifuga per 35 minuti a 3500 giri. In seguito alla centrifugazione su gradiente di densità i globuli rossi e i polimorfonucleati più densi si troveranno sul fondo della provetta, il plasma più leggero al di sopra del ficoll, e le mononucleate in un anello simile al buffy coat in sospensione nel ficoll a una certa distanza dai rossi sul fondo. L'anello viene prelevato con un pipettatore, e subisce alcuni lavaggi in mezzo fresco per eliminare i residui di ficoll dalla sospensione. CRASI EMATICA La crasi ematica è il rapporto tra i vari elementi del sangue. Solitamente come riferimento si prende il mm cubo. Conta cellulare Ormai effettuata con un contaglobuli automatico, è possibile, ovviamente, effettuarla anche manualmente. Si possono riassumere i seguenti dati numerici per il sangue umano: • i globuli rossi o eritrociti sono 4.2-6 milioni per mm cubo; • i globuli bianchi o leucociti sono 4.000-10.000 per mm cubo; • le piastrine o trombociti sono 200.000-300.000 per mm cubo; Ematocrito Hct L'ematocrito esprime il volume della parte corpuscolata del sangue impaccata e fornisce indicazioni sulla massa eritrocitaria. Viene misurata come rapporto percentuale tra plasma ed emazie. Un ematocrito normale presenta un'interfaccia al 45%. Per poterlo misurare è necessario sangue edta aspirato in un capillare eparinato e centrifugato a 12000 rpm per 10 minuti. Ottenuta la separazione tra componente corpuscolata e plasma, il capillare viene posto su un apposito lettore graduato per rilevare il risultato. Con anemia si intende una effettiva diminuzione della massa eritrocitaria circolante, ma tale condizione va distinta da una riduzione fittizia. Un ematacrocito più basso è dovuto a emodiluizione. Esistono cause di emodiluizione assolutamente non relazionate con un'effettiva anemia come gravidanza, anasarca, cirrosi epatica, insufficienza renale acuta, tutte cause che comportano ritenzione idrica. Attualmente la diagnosi di anemia viene effettuata in seguito al rilievo di un ridotto livello di Hb. Anche in seguito a emorragia acuta l'ematocrito non è utile per la diagnosi di anemia, perché anche se si ha una drastica riduzione della massa eritrocitaria circolante, purtroppo con essa si perde, nella stessa proporzione, plasma, lasciando inalterato, di fatto, il rapporto eritrociti-plasma rilevato nell'Hct. Un ematocrito più alto è dovuto a emoconcentrazione e un'effettivo aumento della popolazione dei GR può esser dovuto a policitemie. GLOBULI ROSSI Indici eritrocitari secondo Wintrop Grazie a n° GR, Hct e Hb è possibile calcolare 4 indici. MCV mean cell volume = Hct / n° GR = differenzia le emazie in micro-normo-macrocitiche MCH mean cell Hb = Hb / n° GR = differenzia le emazie in ipo-ipercromiche MCHC mean cell Hb concentration = Hb / Hct = indica il grado di saturazione dell'Hb sulla massa eritrocitaria
80-100 fL 30 ±2 pg 35 ±2%
RDW red cell distribution width = n° GR / MCV = indica il grado di eterogeneicità delle dimensioni eritrocitarie
13 ±2%
MCV e RDW permettono di valutare l'ANISOCITOSI cioè una variazione nelle dimensioni dei GR Si rileva una MICROCITEMIA se il diametro cellulare è < 6 µm (MCV < 80 fL MCHC < 27%) nei casi di anemia sideropriva, talassemie, anemia da patologia cronica. Si rileva una MACROCITEMIA se il diametro è > 8 µm (MCV > 100 fL) nei casi di anemia megaloblastica, epatopatia grave, ipotiroidismo. MCH e MCHC permettono di valutare l'ANISOCROMASIA coiè una variazione nella quantità di Hb Si rileva una IPOCROMIA se si nota una diminuzione dell'Hb e i GR si presentano con un'area pallida centrale aumentata come nei casi di anemia sideropriva, talassemia. Si rileva una IPERCROMIA in caso di aumento di Hb, i GR si presentano inoltre con un aumento dello spessore della membrana come nella sferocitosi e nell'anemia megaloblastica. Con POLICROMATOFILIA si intende la presenza di GR differentemente emoglobinizzati come nella reticolocitosi. Con POICHILOCITOSI, invece, si intendono variazioni nella morfologia dei GR come nell'anemia a cellule falciformi. Emoglobina L'Hb è formata da 4 catene globiniche: tipicamente 2 α + 2 β. Questo tipo di emoglobina così composta è detta HbA0 e consiste del 95% del pool emoglobinico. Il pool emoglobinico è composto anche da altri tipi di emoglobine: HbA0 α2β2 95% HbF α2γ2 <2.0% HbA2 α2δ2 2.2 - 3.3% Per quanto riguarda l'HbA2 variazioni percentuali anche minime, di 0.1%, sono considerate patologiche e tipicamente se il valore supera 3.3% il paziente è molto probabilmente β-talassemico, se è inferiore a 2.2 è α-talassemico. I geni codificanti la catena α si trovano in duplice copia sul cromosoma 16. Per quanto riguarda i geni β, γ, δ essi sono codificati in un unico cluster genico sul cromosoma 11. Determinazione Hb 5 mL di reagente di Drabkin + 25 µL di sangue. Il reagente è una soluzione di ferrocianuro di potassio K3Fe(CN)6, che trasforma lo ione Fe ferroso dell'Hb in ferrico, convertendo l'Hb in metaHb, più cianuro di potassio KCN, che forma un complesso stabile con la metaHb cioè la cianmetaHb, che ha un picco di assorbimento alla lunghezza d'onda di 540 nm. Eritropoietina EPO L'EPO è un ormone che velocizza la differenziazione dei blasti già indirizzati lungo la linea eritroide, aumenta anche il numero assoluto di reticolociti circolanti. Quindi è uno dei regolatori della produzione di GR. L'organo che recerne l'EPO è il rene, in quanto rileva la pressione dell'ossigeno nel sangue, essenziale per la corretta filtrazione del sangue, e quando questa scende sotto una certa soglia secerne EPO. L'ipossia tissutale, cioè il mancato apporto di ossigeno ai tessuti può essere causato da: diminuzione della concentrazione di Hb nel sangue, alterato scambio di ossigeno a livello polmonare e diminuzione del flusso sanguigno. Di conseguenza è facile immaginare che l'EPO aumenti in caso di anemie, emoglobinopatie, gravi deficit circolatori e patologie respiratorie. Classificazione anemie secondo Bessman - MCV = MCV = RDW microc omog normoc omog
+ MCV macroc omog
+ RDW
macroc eterog
microc eterog
microc omog normoc omog macroc omog microc eterog normoc eterog macroc eterog
normoc eterog
tratto talassemico malattia cronica anemia aplastica carenza di Fe anemia diseritropoietica (carenza di fattori di crescita per la linea eritroide) anemia megaloblastica o perniciosa (carenza di folato e B12)
Varianti emoglobiniche Esistono 2 metodi per identificare le varianti di Hb: nel caso in cui l'Hb mostri una carica netta oppure sia neutra (silente). Nel caso di una Hb a carica netta si procede con una FPLC e recupero delle Hb anomale, facendo evaporare l'eluente (acqua e metanolo), si ottengono così 4-5 mg di catene mutate purificate. Si fa una spettrofotometria di massa con elettrospray, cioè si bombardano le molecole con particelle cariche, gli urti produrranno dei frammenti tipici di ogni molecola, dai quali si può risalire alla struttura. Infatti ogni Hb normale o anomala ha il suo particolare spettro di scissione. Nel caso di un Hb silente, si procede con una HPLC in fase inversa, si separa la frazione anomala. Si effettua una digestione proteolitica della catena mutata con tripsina, si fa una nuova HPLC sui frammenti di digestione. Si rileva il PM dei frammenti con la spettrofotometria di massa e si confrontano le analisi dei framm delle globine con quelle delle globine normali. Si può così risalire alla porzione mutata della globina. Si procede alla degradazione di edman del frammento mutato per identificare così l'Aa mutato. E' possibile identificare l'Hb anomala anche tramite la sintesi di globine in vitro. Infatti il reticolocita conserva ancora tracce di dna che gli permettono la sintesi delle globine. I reticolociti vengono separati con megluminapercol facendo una centrifugazione in gradiente di concentrazione. Si fanno crescere su un terreno di coltura con Leu triziata in quanto nelle catene α e β sono presenti 16 leu. Se il sogg è normale il rapporto tra α e β globine è 1 a 1 se il num di globine β è superiore a quello delle α il sogg è un α talassemico. Viceversa un β talassemico. Metabolismo del globulo rosso Il GR ha una sua richiesta energetica in quanto deve provvedere al mantenimento dell'Hb allo stato ridotto, al mantenimento di un preciso gradiente di elettroliti attraverso la membrana citoplasmatica e il mantenimento di vie metaboliche ossido-riduttive. Un deficit di energia si ripercuote sull'efficienza di una di queste funzioni e in una conseguente riduzione della vita media di un GR. Il GR ricava l'energia necessaria al suo mantenimento dalla via di embdenmeyerhoff (via nn-ox del glucosio). I casi più frequenti di deficit di energia sono dovuti a difetti ereditari di G6PD (Glucosio-6-fosfato deidrogenasi) e PK (piruvato chinasi). Il dosaggio delle attività dei precedenti enzimi si effettua grazie a tecniche spettrofotometriche. Si preleva il sangue, si lisano i GR e si aggiunge in provetta una certa quantita di G6P per farlo metabolizzare. G6PD catalizzerà la reazione trasformando il G6P in 6-fosfo-gluconato con formazione di NADH. NADH ha un picco di assorbimento a 340 nm e pertanto misurandone la quantità prodotta è possibile calcolare l'efficienza di quest'enzima. Per quanto riguarda la PK il procedimento è simile in quanto il piruvato prodotto dalla reazione viene convertito in lattato dalla lattato deidrogenasi con produzione di NADP invece che NADPH. Reticolociti Sono eritrociti giovani, appena privati del nucleo cellulare, che possiedono ancora un piccolo numero di ribosomi, a cui si deve la loro colorazione leggermente basofila. La conta dei reticolociti è essenziale per avere un'idea del livello di produzione midollare dei globuli rossi, ma per essere fatta correttamente, deve essere effettuata entro tempi brevi, in quanto subiscono alterazioni di membrana che impediscono l'entrata del colorante specifico per loro. GLOBULI BIANCHI Valori di riferimento 4000 - 11000 cellule/µL I granulociti, cioè neutrofili, basofili ed eosinofili, costituiscono il 70% di questo pool. Il restante 30% sono linfociti, monociti e blasti. Neutrofili (40 - 70%) Nucleo segmentato, chemiotassi, migrazione, funzione battericida e rimozione detriti (fagocitosi) Eosinofili (0 - 5%) Nucleo bilobato, abbastanza grandi, citoplasma fortemente colorato, scarsa attività battericida, chemiotassi lenta, ruolo in inattivazione risposta immunitaria. Basofili (<1% ~1/100) Granuli blu, granuli di istamina e mucopolisaccaridi (acido ialuronico) e relativi recettori per IgE. Monociti (3 - 8%) Starters e regolatori di risposta e ampiezza immune, presenti in tessuti come macrofagi, fusione in cell giganti in infiammazioni granulomatose, apc, nucleo reniforme, grandi cell citoplasma blugrigio. Linfociti (20 - 45%) di cui linfociti B (10 -15%) e T (70 - 80%). Quelli circolanti però sono <5% di quelli effettivi che sono presenti in max parte in linfonodi, milza, mucose e in minima parte in fegato, cute e tessuto infiammato. I linf B & T sono <10 µm, nucleo rotondo e citoplasma blu, i linf NK sono molto più grandi (12 16 µm) con citoplasma abbondante con granuli azzurrofili. I linf T hanno vita lunga e si occupano della risposta cellulo mediata, i linf B hanno vita breve e si occupano della risposta umorale.
Emocromocitometria E' possibile contare solo 4 componenti, cioè tutte esclusi i basofili in quanto questi tipi cellulari hanno tutti un diverso livello di attività mieloperossidasica. Poiché è possibile far metabolizzare a questo enzima un substrato cromoforo è possibile distinguere queste cellule in base all'attività di questo enzima e alle dimensioni della cellula. Eos +++ Neu ++ Mon + Linf Si ricava così uno scattergram in cui sono riportati i livelli di perox sulle ascisse e le dimensioni sulle ordinate. Il grafico è suddiviso in regioni ognuna relativa a ogni popolazione cellulare. Da segnalare è un'area LUC riservata a cellule di grosse dimensioni senza attività perossidasica, presenza di cellule in questa regione può contribuire alla diagnosi di neoplasia. Si può fare anche uno scattergram per rilevare i basofili. Grazie a un lisante che agisce su tutte le membrane cellulari escluse quelle dei basofili, è possibile creare un grafico in cui sono riportate dimensioni e densità del nucleo. Tutte le popolazioni precedenti saranno presenti nella parte inferiore del grafico in quanto ne saranno rimasti solo i nuclei, nella parte superiore si potranno, invece, contare i basofili. Striscio di sangue periferico Serve per valutare la morfologia delle cellule e eseguire la formula leucocitaria. L'esame dello striscio è un importante complemento degli esami automatizzati in quanto cellule morfologicamente anormali possono falsare i risultati del citofluorimetro in quanto hanno uno scatter diverso. Si pone una goccia di sangue edta (~20µL) su un vetrino portaoggetto e con un altro inclinato di 45° rispetto al primo si striscia il sangue. Infine lo si colora con il metodo May-Grunwald-Giemsa (blu di metilene, eosina, metanolo, azur) per poterlo osservare al microscopio. L'analisi morfologica delle cellule è essenziale, e fornisce un contributo diagnostico fondamentale, che non può essere sostituito in alcun modo. SIERO Elettroforesi delle proteine Per avere un'idea generale delle proteine circolanti nel sangue . Bilirubinemia legata al catabolismo dell'eme Aptoglobina che è una proteina capace di legare l'emoglobina libera in circolo. Gastrinemia che può aiutare nella diagnosi di deficit di vit B12. Immunoglobuline IgA IgG e IgM Catene Kappa e Lambda presenti libere solo in alcuni milligrammi Uricemia derivante dal catabolismo delle basi azotate e quindi aumentato in casi di iperproliferazione Ioni Ca++ per attività osteoclastica K+ legato a globuli rossi Creatininemia Legato a funzionalità renale (EPO) LDH indice di lisi intravascolare dei globuli rossi Dosaggio acido folico (by Roche) FBP sono proteine leganti il folato. In questo metodo vengono iniettate in un ratto per ottenere Ab monoclonali per FBP. Inoltre a tali Ab sono legati carboanioni, mentre la provetta di reazione è carica positivamente. L'acido folico si legherà alle FBP legate agli Ab che si legheranno alla provetta. Poi si aggiunge in provetta acido pteroico coniugato con la fosfatasi alcalina, che permette di colorare la soluzione con un substrato cromoforo. L'acido pteroico compete con il legame alle FBP. In condizioni normali si troveranno legati al 50 e 50, ma se la quantità di ac folico è bassa allora la quantità di ac pteroico legata sarà più alta. Metabolismo del Fe ~60 mg/Kg --> 1cc di GR contiene 1 mg di Fe 2+ L'eritropoiesi giornaliera utilizza 20 - 25 mg Fe 2+
Veine assunto solo 1 mg dalla dieta giornaliera, il resto è riciclato, l'assorbimento avviene a livello del duodeno e del digiuno. E' assorbito selettivamente solo lo ione ferroso e non quello ferrico. Il Fe è contenuto principalmente a vegetali a foglia larga. La trasferrina trasporta il ferro in circolo e può legare 2 atomi di Fe alla volta. La ferritina, invece, fa da deposito di ferro intracellulare e può contenere fino a 500 atomi. Le principali cause della deficienza di Fe sono dovute a dieta inadeguata o malassorbimento (gastrectomia, steatorrea, celiachia, acloridria), aumenta perdita (emorragia, mestruazioni, emottisi, emodialisi), aumentate richieste (infanzia, gravidanza, pubertà, allattamento). Non esistono meccanismi di escrezione diretta del ferro. Piccole quantità di ferro vengono perse con la desquamazione della pelle. L'assenza di un sistema di escrezione è ciò che causa emocromatosi, che è genetica nei pazienti con alterazioni genetiche dell'assorbimento del ferro, o acquisita nei pazienti, che, ad esempio, sono sottoposti a ripetute trasfusioni di sangue. Sideremia Consiste nel dosaggio di ferro ematico libero, si utilizza un agente chelante, il ferrene, che colora la soluzione. Un colore debole indica poco ferro circolante e quindi anemia. I valori normali sono 115 ±50 µg /mL. Capacità totale legante il ferro (TIBC total iron binding capacity) Serve a misurare la quantità di ferro legata alla transferrina. Si aggiunge un eccesso di Fe al sangue in maniera da saturare tutti i legami della trasferrina. Poi si effettua un lavaggio per eliminare il ferro nn legato e si misura la quantità di ferro legata alla proteina. La TIBC aumenta in casi di anemia e diminuisce in caso di patologie croniche. I valori normali sono 330 ±30 µg / mL. Saturazione della transferrina Serve per misurare la quantità di Fe legata effettivamente alla transferrina. Si ricava indirettamente così: saturazione tF = (sideremia /TIBC)*100. In caso di anemia e patologia cronica tale valore è < 5%, in casi di avvelenamento da Fe e emocromatosi è, invece, alto. I valori normali sono 35 ± 15%. Ferritinemia La ferritinemia è la qunatità di Fe depositata nella ferritina sierica che è in equilibrio con quella nei tessuti. Un basso numero di ferritine è segno dell'esaurimento di tutto il Fe dell'organismo e indica un'anemia protratta nel tempo. In anemia tale valore è < 10 ng /mL, mentre i valori di riferimento sono 100 ± 60 ng /mL. ALTRE INDAGINI Citogenetica, citofluorimetria, colture cellulari, preparati citologici (colorazione MGG), siero midollare (studi citochine), DNA, RNA. RICORDA BENE Conta cellulare Indici eritrocitari Metabolismo del ferro Eritropoietina ANEMIA - GENERALITA' Gli unici criteri utilizzabili per fornire diagnosi di anemia sono ematocrito e emoglobina. I globuli rossi non sono indicativi, in quanto non sono altro che dei contenitori di emoglobina: tanti globuli vuoti non valgono come pochi globuli pieni. Per questo motivo la conta degli eritrociti non può essere considerata come indice di anemia. L'ematocrito è più indicativo perché le cellule vengono impaccate, quindi i globuli rossi più o meno compressi in base al loro contenuto di emoglobina. L'anemia consiste nel calo dell'ematocrito e dell'emoglobina al di sotto dei valori di riferimento: 45% per l'hct e 10-12 g/dL di Hb; e in particolare in alterazioni del rapporto Hb/Hct. REGOLAZIONE DEL NUMERO DI GR Il globulo rosso, abbiamo detto, è un contenitore di emoglobina. Non ha nucleo per mantenere la plasticità richiesta nel passaggio attraverso la microcircolazione, infatti il GR ha la forma di un disco schiacciato al centro con un diametro di 5 µm, mentre i capillari possono arrivare anche sotto i 4 µm di diametro. La forma a disco permette un maggiore superficie di scambio di ossigeno. Il citoscheletro nel globulo rosso è di fondamentale importanza per mantenere la sua deformabilità e morfologia, e in questo contesto anche l'omeostasi è coinvolta, in particolare attraverso pompe scambiatrici
di ioni. Per mantenere la corretta omeostasi il globulo rosso è dotato di un apparato metabolico atto a sostenerlo per circa 120 giorni, a causa dell'assenza del nucleo, come sorgente di trascritti, è impossibile il turn-over delle proteine, per cui i GR sono tra le cellule a manifestare sintomi di sofferenza in caso di deficit di enzimi della glicolisi, necessaria per la produzione di ATP per il mantenimento della funzionalità delle pompe. Le cellule interstiziali peritubulari del rene secernono eritropoietina. Una piccola quantità è secreta giornaliermente, per mantenere la normale produzione, ma i livelli prodotti aumentano in modo logaritmico quando l'emoglobina scende al di sotto di 10-12 g/dL. Questa è la soglia al di sotto della quale il rene è reagisce alla bassa tensione di ossigeno. L'Epo secreta raggiunge il midollo e stimola gli eritroblasti ad accelerare la differenziazione ed aumentare il numero di eritrociti circolanti. La tensione di O2 viene ristabilita e i livelli di Epo riscendono. Ovviamente perché questo meccanismo si inneschi è necessaria una normale funzionalità renale, un midollo osseo sano e nutrienti sufficienti a mantenere l'aumentata richiesta metabolica. ANEMIE L'anemia può essere acuta, come nella perdita di sangue o cronica come nella carenza di ferro. Gravità dell'anemia e il tempo in cui essa si instaura sono i 2 principali fattori in base ai quali si differenziano i sintomi. Tempo in cui si instaura un'anemia: Lungo dalla nascita o per stillicidio ematico breve ridotta emopoiesi o deficit midollare brevissimo emorragia o crisi emolitica La perdita di sangue improvvisa viene gestita dal nostro organismo attraverso vasospasmo e alterazioni della circolazione distrettuale. Quando questa supera il 30% questi meccanismi non sono sufficienti e oltre il 40% si ha shock ipovolemico. Quando l'anemia si sviluppa gradualmente l'espansione della volemia e l'aumento della gittata cardiaca sopperiscono alla minore capacità di cessione dell'O2. Anemie lievi saranno asintomatiche la curva di dissociazione emoglobina-O2 si sposta a destra a causa dell'effetto Bohr, che permette di sostenere la cessione anche a livelli bassi di Hb. I sintomi più comuni sono la debolezza e la stanchezza. L'attività fisica è marcatamente ridotta quando i livelli di Hb scendono sotto 7-8 g/dL. EMOCROMO Il solo valore di Hb dell'emocromo non è sufficiente a diagnosticare con sicurezza l'anemia. Ad esempio in una donna un valore inferiore a 10 (limite minimo) può essere normale, mentre in un'altra un valore di 11-12 può indicare anemia. Forti fumatori possono avere i valori di emoglobina aumentati da 0.5 a 1 g/dL a causa della forte presenza di carbossiemoglobina. Altri valori utili sono l'MCV (micro-macrocitosi) e l'MCH che è sensibile a difetti di produzione dell'Hb (ipoipercromasia). Anche l'RDW è importante, esso è rappresentato come un istogramma che mostra la frequenza di eritrociti di una certa dimensione. Il rapporto RDW/CV è calcolato come l'ampiezza dell'istogramma a una deviazione standard diviso l'MCV, il rapporto RDW-SD è simile ma SD rappresenta l'ampiezza dell'istogramma a una frequenza del 20%. Classificazione anemie secondo Bessman - MCV = MCV = RDW microc omog normoc omog
+ MCV macroc omog
+ RDW
macroc eterog
microc eterog
normoc eterog
microc omog tratto talassemico normoc omog malattia cronica macroc omog anemia aplastica (il midollo nn produce il n° di GR sufficienti e quei pochi prodotti sono più grandi per compensare) microc eterog carenza di Fe normoc eterog anemia diseritropoietica (carenza di fattori di crescita per la linea eritroide) macroc eterog anemia megaloblastica o perniciosa (carenza di folato e B12) La classificazione di Bessman è basata sugli indici eritrocitari, e non tiene conto della causa di anemia. Infatti più tipi di anemia possono essere ricondotti allo stesso tipo di classificazione. Striscio di sangue periferico
L'analisi dello striscio di sangue nell'anemia è di fondamentale importanza in quanto anomalie della forma dei globuli rossi possono indirizzarci sul tipo di anemia. Conta dei reticolociti Anche la conta dei reticolociti è essenziale per la classificazione delle anemie in ipo e iperproliferative. Infatti il numero di reticolociti circolanti è una buona misura del livello di attività proliferativa della linea eritroide midollare. Per quest'analisi bisogna procedere rapidamente, prima che intervengano alterazioni della membrana tali da impedire la colorazione di queste cellule. La normale quantità di reticolociti è dell'1-2% in base al metodo di conta utilizzato e corrisponde a un rimpiazzo giornaliero in vivo dell'1% della popolazione eritrocitaria. Per usare questa conta come misura di produzione midollare di eritrociti bisogna correggerla in base all'ematocrito. %reticolociti x ( Hct / 45%) = % assoluta di reticolociti Indagine dei depositi di ferro (marziali) Ferro sierico (sideremia) 50-150µg/dL TIBC 300-360µg/dL % saturazione transferrina 30-50% ferritinemia 50-150 µg/L M 15-50 µg/L F sono le principali indagini sui depositi di ferro. Per escludere eventuali malassorbimenti si può effettuare un test di assorbimento del ferro per os. Esame del midollo osseo Questo esame è importantissimo per i pazienti con anemia ipoproliferativa o distrurbo di maturazione degli eritrociti. Per saggiare la capacità proliferativa dei precursori eritroidi e granulocitari si fa un rapporto tra il numero di questi E/G. Un paziente con indice reticolocitario < 2 avra un rapporo E/G >= 1:3 o 1:2, tipicamente nei casi di anemia ipoproliferativa. Viceversa un paziente con indice reticolocitario > = 3-5 avrà un rapporto E/G > 1:1 come nei casi di anemia emolitica. CLASSIFICAZIONE DELLE ANEMIE L'anemia può essere causa da difetto della produzione di GR anomalie della maturazione dei GR incremento della distruzione dei GR Possiamo già dire che: un'anemia ipoproliferativa sarà associata ovviamente a un basso indice di produzione dei reticolociti < 2 e i GR saranno normocitici normocromatici. Un'anemia da difetto maturativo sarà anch'essa associata a un basso indice reticolocitario, ma i GR saranno micro o macrocitici. Nelle anemie da incremento di distruzione, l'indice reticolocitario è alto >3. Anemia ipoproliferativa Possono essere dovute a danno midollare, deficit di ferro, mancanza di risposta all'Epo. Il danno midollare può essere causato da farmaci o neoplasie che sopprimono la crescita dei normali progenitori midollari, in quesii casi c'è bisogno dell'agoaspirato per fare diagnosi. La carenza di ferro viene facilmente diagnosticata mediante l'indagine dei depositi marziali. La mancata disposta all'Epo, può essere dovuta o a soppressione della secrezione dell'ormone a causa di uno stato infiammatorio o a danno renale. Anemia da difetti maturativi I difetti maturativi si riconoscono per un basso indice eritrocitario e un'alterazione morfologica dei GR. L'alterazione della morfologia è già segnalata dall'emocromo con l'MCV. Se si effettua l'agoaspirato midollare, il rapporto E/G sarà maggiore di 1:1, ad indicare che la serie rossa è fortemente spinta a proliferare, ma la scarsità di reticolociti e le alterazioni morfologiche fanno capire chiaramente che questa produzione non è efficiente. Le cause più comuni sono carenze vitaminiche di acido folico o B12, esposizione a agenti chemioterapici o stato preleucemico. Anemia da aumentata distruzione eritrocitaria Sono molto facilmente identificate dall'aumento dell'indice reticolocitario insieme a una morfologia normocitica normocromica. Quindi il midollo è perfettamente sano, produce un gran numero di eritrociti, ma c'è comunque anemia. Infatti i GR vengono distrutti a livello periferico e le cause più comuni sono le emoglobinopatie della catena beta, deficit di G6PD. ANEMIA SIDEROPENICA La normale eritropoiesi dipende dall'appropriata stimolazione eritropoietinica e da adeguate riserve di ferro.
La carenza di uno di questi 2 elementi porta a una anemia ipoproliferativa. Le cause più frequenti sono insufficienza renale, danno midollare, deficit di ferro, stati infiammatori acuti e cronici. Controllo dell'eritropoiesi La risposta dell'eritrone dipende dalla stimolazione dell'Epo e dalle scorte di ferro. L'Epo viene secreta dalle cellule peritubulari interstiziali a bassi livelli basali, che aumentano logaritmicamente sotto i 10 g/dL di Hb. L'anemia da perdita di sangue può stimolare un midollo normale ad aumentare anche di 2-3 volte la produzione di GR. Ma anche fino a 5-6 volte nei pazienti con anemie emolitiche e difetti congeniti della sintesi Hb. Le scorte di ferro hanno un'importanza cruciale, la massa di ferro richiesta viene riciclata dai GR senescenti. Il ferro è trasportato dalla transferrina che ne lega 2 atomi, viene sequestrata in maggior parte dai precursori eritroidi che lo riutilizzano. Qualunque eccesso viene accumulato come ferritina, la cui quantità in circolo è in equilibrio con quella dei tessuti. Anche altre cellule captano la transferrina sopratutto quelle epatiche per la sintesi di proteine con il gruppo eme. La quantità di ferro utilizzabile è in funzione dei depositi e della dieta. Il numero di precursori eritroidi e il livello di espressione dei recettori per l'Epo sono direttamente influenzati dal livello di stimolazione di questo fattore. Per ottenere la massima risposta proliferativa scorte di ferro ed Epo devono essere bilanciate. Il ferro è assunto dalla dieta soprattutto sottoforma di ferro organico e dipende dalla capacità di assorbimento dell'intestino tenue, che è strettamente regolata in base alle scorte e alla domanda di eritropoiesi. Solo 12mg devono essere reintrodotti per rimpiazzare il ferro perso con la desquamazione della cute; nella donna esiste un'ulteriore perdita dovuta alle mestruazioni, problemi simili si hanno per il frequente donatore di sangue; Fino all'adolescenza e le donne in gravidanza hanno maggiori richieste di ferro. Un grave malassorbimento può causare un'anemia sideropenica indipendentemente dall'adeguatezza della loro dieta. ANALISI DEPOSITI DI FERRO Indagine dei depositi marziali per valutare lo status delle riserve di ferro, agoaspirato e biopsia midollare per valutare le scorte e lo stato di proliferazione. Test di assorbimento con traccianti di ferro radioattivo. Lo stato di carenza di ferro mostra livelli di saturazione sotto il 20%. La ferritinemia è il valore più importante poiché è una misura diretta della quantità di ferro disponibile nei tessuti. L'apoferritina è una proteina plasmatica che lega il ferro libero nel sangue diventando ferritina e la sua espressione è direttamente regolata dalla quantità di ferro circolante. E' possibile valutare i depositi di ferro midollari a livello citologico con colorazione di blu di Prussia. Lo stato dei depositi è classificato da 0 a +4. In un maschio normale il 50-60% dei precursori eritroidi più maturi avrà pochi granuli di ferro ferritinico evidenziati nel citoplasma, questi costituiscono una misura della cessione del ferro ai precursori. Nell'anemia con sideroblasti ad anello si notano mitocondri incrostati di ferro fino a formare un anello intorno al nucleo. Un'altra misura del ferro può essere effettuata attraverso il dosaggio della protoporfirina eritrocitaria che è l'impalcatura molecolare su cui viene aggiunto il ferro a formare il gruppo eme. Negli anemici i livelli di protoporfirina aumentano. STADI DELL'ANEMIA SIDEROPENICA L'anemia sideropenica causa un'anemia microcitica ipocromica (e eterogenea). La deplezione di ferro si verifica in seguito a uno sbilanciamento tra le richieste fisiologiche e la quantità introdotta con la dieta. Il cambio di morfologia si verifica solo quando l'anemia è così grave e prolungata da stimolare la produzione di cellule scarsamente emoglobinizzate. Infatti prima di arrivare a questa fase “conclamata” si attraversano alcuni stadi di gravità progressiva. Il primo passo è la deplezione delle riserve di ferro, con abbassamento delle riserve di ferritina, finché alcune riserve sono disponibili il livello di sideremia, TIBC e protoporfirina eritrocitaria sono noramali Pooi si passa a una eritropoiesi sideropenica in cui le scorte midollari non sono visibili, la ferritina scende ulteriormente anche il ferro sierico cala e la TIBC aumenta con una saturazione inferiore al 20%, così come aumenta il livello di protoporfirina eritrocitaria. L'anemia sideropenica è l'ultimo stadio con alterazione microcitica ipocromica della morfologia eritrocitaria. Il ferro sierico scende a livelli molto bassi le la saturazione è sotto il 10%. A questo punto anche l'Hb è sotto i 10 g/dL. Se l'anemia è lieve si nota solo microcitemia ma non ipocromasia. Man mano che l'eritropoiesi perde di
efficacia compaiono aniso e poichilocitosi (GR di forma diversa e bizzarra), con emazie a matita o sigaro, ALTRE ANEMIE IPOPROLIFERATIVE Nell'anemia sideropenica sono assenti le cellule a bersaglio che sono tipiche delle talassemie. Fare un test di assorbimento del ferro per os e controllare AGA (Ab anti gliadina), EMA (Ab anti endomisio) e Ab anti-transglutaminasi, per valutare l'eventuale presenza di malassorbimento o celiachia. Inoltre nella talassemia è presente una microcitosi ipocromica sproporzionata rispetto alla gravità dell'anemia (microcitosi grave e anemia lieve o assente). Il problema diagnostico più comune è dovuto all'anemia infiammatoria. Questa può instaurarsi nel giro di 2448h in seguito a una infiammazione batterica: le citochine infiammatorie infatti sopprimono la secrezione di Epo e la cessione di ferro al sistema reticoloendoteliale, l'indice reticolocitario è inferiore a 2 e anche sideremia e TIBC si abbassano. Però nell'anemia infiammatoria i livelli di ferritina sono normali. Il sistema macrofagico è capace di captare il ferro, per cui durante l'infiammazione, siccome è iperattivato finisce per sequestrarlo. Anche una malattia renale con progressiva insufficienza renale può causare un'anemia ipoproliferativa moderata o grave. Danno renale vuol dire perdita delle cellule peritubulari interstiziali, che producono Epo. In questo caso però tutti gli indici del ferro sono assolutamente normali, l'anemia è normocitica normocromica e non vi sono alterazioni morfologiche. Quando l'azotemia si avvicina a 100 mg/dL e la creatininemia supera i 3-5 mg/dL indice di grave danno renale, allora l'emoglobina scende sotto i 7 g/dL. ALTERAZIONI DELL'EMOGLOBINA Le anemie microcitiche risultano da anomalie della produzione di emoglobina che dipende dall'apporto di ferro (anemia sideropenica), sintesi dell'eme (protoporfirie), e sintesi delle globine (emoglobinopatie). Le alterazioni dell'emoglobina portano ad anemia microcitica nelle talassemie, ma questo non avviene sempre, in alcuni casi causano anemie emolitiche. L'emoglobina è formata da 2 catene alfa e beta, in ognuna di queste è inserito un gruppo eme, su cui viene trasportato l'ossigeno. Il ferro allo stato ferroso lega l'ossigeno. La molecola di Hb può esistere in diversi stati conformazionali che possono legare l'O2 con diversa affinità, che dipendono dall'interazione cooperativa tra le catene. La curva di dissociazione dell'O2 dipende dal pH (effetto Bohr) dalla tensione di O2 e dal livello di 2-3-bisfosfoglicerato. Per garantire lo scambio di O2 durante la gravidanza tra circolo materno e fetale, l'Hb fetale deve avere maggior affinità dell'O2 rispetto a quella materna, infatti vengono prodotte catene diverse gamma che si sostituiscono alle beta, formando l'emoglobina fetale (alfa2gamma2), possono esistere anche omotetrameri di catene gamma (Hb di Barts) o beta (Hb H). Solitamente le emoglobinopatie sono causate da una sostituzione Aa, quelle che non sono clinicamente silenti producono Hb con alterazioni dell'affinità per l'ossigeno o molecole instabili. Mutazioni della catena alfa sono meno gravi in quanto ne possediamo 4 copie, quelle della catena beta sono più gravi, infatti ne possediamo solo 2 copie. Mutazioni nelle catene zeta e gamma hanno rilevanza solo durante la vita fetale. Tipico delle Hbpatie è il MCHC elevato: i globuli rossi sono più piccoli ma con lo stesso contenuto di Hb, questo causa mancata deformabilità nei capillari. Un altra caratteristica è il numero di GR incongruo rispetto alla quantità di Hb. DREPANOCITOSI e ANEMIA FALCIFORME Le mutazioni che producono Hb istabili causano Hbpatie con corpi di Heinz. Un esempio è l'anemia falciforme, dove viene alterata la solubilità della deossi-emoglobina, per cui i GR si distorcono a forma di falce, drepanociti, quando sono deossigenati. Esistono anche altre forme di drepanocitosi in caso di eterozigoti compositi per Hb SC, o beta-talassemia con Hb S. L'emoglobina S è quella tipica dell'anemia a cellule falciformi, è causata da una sostituzione glu6val. La diminuità solubilità della deossi-HbS porta alla formazione di polimeri fibrosi fino a formare una rete gelatinosa che irrigidisce la cellula. La diminuita deformabilità causa grosse difficoltà ai GR nell'attraversare i capillari, e dopo ripetuti eventi di falcizzazione possono formarsi cellule falciformi irreversiibli. Questi GR anomali vengono rimossi dalla circolazione a una velocità così alta, che il midollo non è capace di rimpiazzarli, ecco perché si instaura un'anemia emolitica. La falcizzazione dipende da diversi fattori come il grado di ossigenazione, pH, temperatura e concentrazione di HbS. Anche l'eterozigote per l'allele S può falcizzare, ma questo accade solo a basse tensioni di O2, come ad alta quota. I pazienti con malattia falciforme manifestano i segni tipici dell'anemia cronica in quanto essendo una malattia genetica esordisce alla nascita. Tipicamente sono pallore della pelle e delle mucose (la faccia pallida è un segno di anemia molto molto grave), affaticamento, riduzione della tolleranza all'esercizio, poi ittero a causa dell'emolisi. I GR possono occludere i capillari danneggiandoli causando infarti polmonari e
insufficienza cardiaca che è la causa più comune di morte. DIAGNOSI L'HbS è facilmente identificabile tramite l'elettroforesi delle Hb, in quanto si muove lentamente, non è possibile distinguerla da altre Hb anomale che migrano allo stesso modo. Pertanto è necessario supportare la diagnosi con striscio di sangue dove si identificano i drepanociti. Un altro reperto microscopistico importante sono i corpi di Heinz, che sono inclusioni citoplasmatiche di proteina denaturata che si aderiscono alla membrana cellulare, tuttavia si osservano anche in pazienti splenectomizzati. Altri test utili sono test di solubilità e di falcizzazione; in quest'ultimo si pone una soluzione 1:1 sul vetrino di sangue e sodio-meta-bisolfato che sottrae ossigeno. La goccia viene sigillata sotto un vetrino coprioggetto e si lascia incubare. Dopo alcune ore il sodio-meta-bisolfato ha sottratto abbastanza ossigeno ai GR, da convertire la Hb in deossi-Hb. Se la persona ha le mutazioni citate, i GR falcizzano, per cui è possibile osservare i drepanociti al microscopio. L'unica terapia veramente curativa per i pazienti affetti da anemia falciforme è il trapianto di midollo osseo. TALASSEMIE Le talassemie si distinguono in alfa e beta a seconda della catena affetta, la mutazione è solitamente una delezione del gene, soprattutto nella alfa talassemia. Il deficit di una catena causa accumulo della catena opposta, per cui un alfa talassemia causa un accumulo di omotetrameri beta o emoglobina H. Questi omotetrameri sono Hb anomale con marcata instabilità e curva di dissociazione dell'O2 fortemente spostata a sinistra perché la molecola manca di effetto cooperativo. La gravità di una talassemia dipende dalla gravità del deficit, e quindi da che residuo di catena rimane. Per questo motivo talassemie-alfa sono meno gravi e dipende dal numero di loci deleti. 4 locus deleti il bambino nasce morto, 3 locus causa la malattia emoglobinica H, che assomiglia a una Hbpatia instabile perché appunto la HbH è instabile. I pazienti hanno anemia microcitica ipocromica con cellule a bersaglio e corpi di Heinz. 2 loci alfa sono sufficienti a un'eritropoiesi quasi normale, questa condizione è chiamata trait talassemico alfa ed è caratterizzata da una lieve anemia con una moderata microcitosi e ipocromia. Un solo locus deleto non ha disturbi clinici evidenti, per cui queste persone sono chiamate portatori sani. DIAGNOSI MCV e MCH sono solitamente ridotti, invece l'MCHC è molto alto. Solitamente l'Hb bassa ci fa sospettare anemia ma questa non è tanto bassa, da come ci si aspetterebbe dall'MCV che invece è fin troppo basso. La diagnosi è effettuata facilmente con una elettroforesi delle Hb. Siccome la alfa è deficitaria, saranno presenti omotetrameri beta, che migrando più velocemente rappresenteranno un picco anomalo nell'elettroferogramma. Più la forma è lieve più sarà difficile la diagnosi perché diminuisce la quantità di HbH misurabile. Un altro tipo di analisi è la sintesi in vitro delle globine da reticolociti isolati dal sangue periferico. Ovviamente l'analisi genetica è quella più sicura in questi casi. BETA TALASSEMIA Il deficit di catene beta non causa accumulo di omotetrameri alfa, ma queste si legno alla membrana causando un danno. La gravità del difetto varia con le diverse mutazioni, chiamiamo beta0 quelle in cui non c'è produzione di catene, beta+ quelle in cui c'è una produzione di catene residua. Queste mutazioni causano una grave anemia, l'aumento dell'eritropoiesi causa una caratteristica facies “orientalis” o “chipmunk” (a scoiattolo). I pazienti con beta-talassemia major (anemia di Cooley) richiedono trasfusioni continue, e siccome vengono introdotti continuamente GR dall'esterno, a causa dell'assenza di un sistema di escrezione del ferro, presto si instaura una emocromatosi. DIAGNOSI Il trait beta-talassemico (beta talassemia minor) è caratterizzato da una modesta anemia con marcata microcitosi: l'Hb può scendere di 3 g sotto la norma e il volume medio scendere a 70 fL. Quindi si nota una anemia lieve, ma la microcitosi è più grave di quanto ci si aspetti. Molti pazienti con trait beta-talassemico hanno livelli 2 volte più elevati di emoglobina A2 (alfa2delta2) identificabili all'elettroforesi delle Hb, in altri casi altre emoglobine sono alterate come la F. La sintesi di globine in vitro è diagnostica così come l'analisi genetica. Nella beta talassemia major invece non ci sono problemi perché sono presenti elevati livelli di Hb fetale fino a comprendere quasi tutto il pigmento. ALTRE HBPATIE Esistono altre emoglobinopatie come la C e la E, ed Hbpatie miste come S/talassemia con quadro clinico simile all'anemia falciforme. Esistono anche Hbpatie acquisite che causano cianosi in seguito a una bassa affinità dell'Hb per l'ossigeno,
e dipendono da forme chimicamente alterate di Hb. La metaemoglobina può essere presente per cause ereditarie, deficit ereditato di metaemoglobina reduttasi, esposizione ad agenti chimici o farmaci ossidanti l'Hb. La carbossiemoglobina si forma in quanto l'Hb ha un'affinità per il CO 2000 volte più alta di quella per l'O2, ed è presente nei fumatori che possono presentare livelli di carbossiemoglobina superiori al 20%. Per compensare questo pool di Hb anomale, il midollo aumenta la quantità di Hb in circolo. ANEMIA MEGALOBLASTICA Le anemie megaloblastiche sono causate da deficit della sintesi di DNA. Le cellule coinvolte non sono solo i GR ma tutte quelle a rapida replicazione quindi il midollo osseo, cute e epitelio gastrointestinale. Nel midollo osseo la divisione cellulare viene rallentata, ma la maturazione del citoplasma progredisce normalmente; a causa di ciò le cellule tendono ad essere grandi con aumento dell'RNA rispetto al DNA. Questo tipo di maturazione è anomalo per cui la maggior parte di queste cellule viene distrutta per apoptosi in un fenomeno chiamato eritropoiesi inefficace. Siccome il midollo però è spinto a produrre comunque il numero normale di cellule necessarie in circolo, esso sarà iperproliferante. I GR sono quelli a soffrirne di più perché sono le cellule da produrre in maggior numero. La maggior parte delle anemie megaloblastiche sono causate da deficit di vitamina B12 (cobalamina) o acido folico. Metabolismo di acido folico e cobalamina per capire come intervengono. ACIDO FOLICO Acido folico o acido pteroilmonoglutammico, contenuto in frutta e verdura a foglia larga. I folati sono immagazzinati nelle cellule sottoforma di poliglutammati, che però sono scarsamente assorbiti, ecco perché nell'intestino c'è una glutamilcarbossipeptidasi che scindono i poliglutammati in mono- e di-glutammati assorbibili. Il folato plasmatico è presente soprattutto sottoforma di metilen-tetraidro-folato, ed è questa forma che viene introdotta nelle cellule grazie a un trasportatore specifico. Il gruppo metilico viene rimosso e il TH-folato viene poliglutammato così non esce più. Nei soggetti normali la maggior parte dei depositi di folato è nel fegato. L'acido folico è un importante cofattore enzimatico che cede gruppi metilici e formilici a composti organici. La fonte dei metili legati al folato è la serina che viene convertita in glicina, mentre il TH-folato in metil-TH-folato. Il carbonio 2 e 8 delle purine sono introdotti mediante reazioni che coinvolgono il folato. Il dTMP è sintetizzato dal dUMP con l'aggiunta del metile del metil-TH-folato. La metionina acquisisce il suo gruppo metilico dal metil-TH-folato. Quindi questo fattore è fondamentale nella sintesi delle basi azotate. Alcuni farmaci come il metotrexato antagonizzano l'acido folico instaurando una situazione analoga alla carenza di folato, senza che la concentrazione di vitamina sia calata. VIT B12 – COBALAMINA Questa vitamina è costituita da un gruppo tetrapirrolico simile a quello dell'eme in cui però il ferro è sostituito dal cobalto. La sola fonte sono la carne e i formaggi. La cobalamina è labile a pH basso, per cui esiste un meccanismo capace di preservarla dall'acidità dello stomaco. Nelle secrezioni salivari, biliari, gastriche e nel latte è presente una proteina, il fattore R, che lega la cobalamina e la preserva dal pH basso, la sua concentrazione è proporzionale all'acidità del pH. Passato lo stomaco, nel duodeno il fattore R viene digerito e la cobalamina liberata. Questa si lega al fattore intrinseco di Castle, e in questa forma entra nelle cellule, dove il fattore intrinseco viene rimosso e la cobalamina viene legata alla transcobalamina II. Quest'ultimo complesso viene immesso in circolo e captato dalle cellule. Per instaurarsi un deficit di B12 sono necessari dai 3 ai 6 anni di brusco calo dell'assorbimento di questa vitamina. La cobalamina è fondamentale per la conversione di omocisteina in metionina. Siccome la sintesi di metionina coinvolge il folato, il deficit di cobalamina altera indirettamente anche il metabolismo di quest'ultimo. CLASSIFICAZIONE DELLE ANEMIE MEGALOBLASTICHE I tipi più comuni di anemia megaloblastica qui sono la carenza di folati negli etilisti e l'anemia perniciosa. La carenza di cobalamina è quasi sempre dovuta a malassorbimento. L'acido folico è assente nella dieta in altre parti del mondo è costituisce il maggiore fattore di suscettibilità per i difetti di chiusura del tubo neurale. ANEMIA PERNICIOSA E ALTRI DEFICIT DI COBALAMINA E' causata dalla mancata produzione di fattore intrinseco, dovuta a sua volta ad atrofia gastrica. Si manifesta sopratutto negli anziani. C'è una possibile eziologia autoimmune in quanto il 90% dei pazienti ha Ab-anti cellule parietali e il 60% Ab anti-fattore intrinseco, infatti la somministrazione di glucocorticoidi determina la
remissione della malattia. Una lesione della mucosa gastrica o anomalie dell'ileo possono allo stesso modo causare una anemia megaloblastica sempre per deficit di fattore intrinseco o malassorbimento. DEFICIT DI ACIDO FOLICO I pazienti con questo tipo di deficit hanno solitamente segni di malnutrizione. Le manifestazioni cliniche sono simili all'anemia perniciosa ma più gravi. Il deficit di acido folico può essere causato da apporto insufficiente, che è frequente in alcune categorie di soggetti come gli etilisti, aumentato fabbisogno come in caso di gravidanza, malassorbimento. FARMACI Dopo la carenza di folati e cobalamina, l'assunzione di certi farmaci è la causa più comune di anemia megaloblastica. Sono solitamente inibitori della sintesi o antagonisti dei folati. Inibitori della sintesi tioguanina, 6-mp, 5-FU, Ara-C Antagonisti folati metotrexato Ossido d'azoto (anestesia) ALTRE ANEMIE MEGALOBLASTICHE Anemia megaloblastica refrattaria, dove con refrattaria si intende che non risponde al trattamento con le vitamine, costituisce in realtà una forma particolare di mielodisplasia. Infatti le alterazioni diseritropoietiche midollari, ma anche di tutte le altre linee sono reperti che possono far pensare alla mielodisplasia, tuttavia in questa non c'è deficit di vit B12, quindi il dosaggio di questa vitamina è fondamentale per la diagnosi. Anemia megaloblastica acuta viene osservata in seguito ad anestesia con ossido d'azoto, e in pazienti sottoposti a cure intensive, perché questa sostanza distrugge la cobalamina endogena. DIAGNOSI Le anemie megaloblastiche sono caratterizate da un MCV alto >100 fL, il conteggio reticolocitario è basso perché sono poche le cellule che arrivano a maturazione. A causa dell'apoptosi marcata (fino al 90% delle cellule eritroidi possono essere distrutte) l'LDH aumenta anche di 5 volte, per lo stesso motivo aumenta anche la bilirubina. Si nota una prevalente anemia, anche se è presente una citopenia trilineare perché sono affette tutte le cellule del midollo. Lo striscio periferico mostra anomalie a carico di tutte le linee, ma soprattutto marcata anisopoichilocitosi, cioè GR di dimensioni diverse e con forme anormali, soprattutto macroovalociti, che sono GR grandi, ovali, ben emoglobinizzati tipici della megaloblastica. E' presente qualche punteggiatura basofila e GR nucleati. I neutrofili sono ipersegmentali, questa tipica alterazione nucleare deve sempre far sospettare la megaloblastica. Anche le piastrine sono di forma bizzarra. L'analisi del midollo osseo è diagnostica: ha un aspetto caratteristico di midollo “blu” o “bloccato”, cioè ipercellulato con una forte colorazione basofila perché le cellule sono immature e giganti (accade anche nel mieloma però), i depositi di ferro sono fortemente positivi, e a causa del fatto che il citoplasma matura più velocemente di quanto progrediscano le divisioni cellulari, si nota soprattutto nei precursori eritroidi una tipica asincronia nucleo-citoplasmatica, in cui le cellule hanno un citoplasma più maturo di quanto non ci si aspetterebbe dal nucleo. Sono presenti anche mitosi anomale. L'eritropoiesi inefficace è proprio il segno distintivo di questa patologia. Queste indagini devono essere sempre accompagnate da dosaggi di acido folico e vit B12 per identificare una deficit specifico. Anche il dosaggio di gastrina è utile perché se sono presenti lesioni gastriche da cui dipende la mancata secrezione di fattore intrinseco, la gastrina aumenta per assenza del feedback negativo da parte delle cellule gastriche, e anche perché bisogna tener conto che in questo caso ci troviamo davanti a un problema gastrico e non ematologico. Infatti in caso di deficit si procede a una terapia sostitutiva, mentre in caso di lesioni gastriche la terapia è di altro tipo. ANEMIA EMOLITICA L'anemia emolitica è causata in seguito ad un aumento della distruzione dei globuli rossi, al punto che il midollo nonostante incrementi la sua produzione, non riesce a sostenere la normale quantità di Hb in circolo. Normalmente i globuli rossi sopravvivono in circolo tra i 90 e i 120 giorni, quando il midollo non è capace di rimpiazzare gli eritrociti prematuramente distrutti si sviluppa anemia. L'aumento della conta reticolocitaria è il migliore indicatore indiretto di emolisi, perché riflette lo stato di iperplasia del midollo osseo, ancor più dell'ittero o dell'emoglobinuria che non sono sempre presenti in questi pazienti. La biopsia del midollo osseo spesso non è necessaria. Nello striscio periferico si notano anche globuli rossi anomali che possono dare indicazione sulla causa di emolisi, anche se in nessun caso lo striscio periferico è diagnostico di per sé. I GR possono essere eliminati dal circolo ad opera dei macrofagi di milza e fegato (lisi extravascolare, più comune), oppure per disgregazione della membrana citoplasmatica in circolo (emolisi intravascolare).
Entrambi i meccanismi portano ad un aumento del catabolismo dell'eme e quindi una maggiore formazione di bilirubina non coniugata, che può elevarsi fino a dare ittero, ma fino a che il fegato non è compromesso la bilirubina non sale mai oltre 4-5 mg/dL. L'aptoglobina è normalmente presente nel siero e nel plasma a una concentrazione di 1 g/L, essa si lega alla componente proteica della emoglobina, questo complesso viene poi eliminato dal circolo dal sistema monocito-macrofagico, i pazienti con anemia emolitica mostrano una marcata riduzione di aptoglobina. In questo caso l'emolisi è intravascolare perché libera l'emoglobina in circolo, tuttavia la sua rilevazione può essere falsata dal fatto che i GR si lisano facilmente in vitro. Se l'aptoglobina viene completamente saturata allora si ritrova Hb arriva al fegato e viene catabolizzata, il ferro immagazzinato in emosiderina e ferritina, la presenza di queste proteine nelle urine è indice di una grave emolisi intravascolare. Quando anche la capacità di riassorbimento dei reni è saturata compare emoglobinuria. CLASSIFICAZIONE Le anemie emolitiche possono essere dovute a difetti molecolari come hbpatie e deficit enzimatici, anomalie della struttura e della funzione della membrana, presenza di autoanticorpi. Cause Extravenosa o intracorpuscolare Difetti enzimatici Alterazioni di membrana (sferocitosi) Emoglobinopatie (anemia mediterranea) Intravenosa o extracorpuscolare Autoimmune Microangiopatia (PTT) Ipersplenismo Infezioni ANEMIE EMOLITICHE EREDITARIE Sono dovute a alterazioni di membrana, enzimi o emoglobina. Le alterazioni della membrana sono facilmente individuate nello striscio di sangue periferico, le più frequenti sono la sferocitosi, l'ellissocitosi e la stomatocitosi ereditarie. SFEROCITOSI EREDITARIA La sferocitosi si manifesta a causa di un difetto genetico di una delle proteine del citoscheletro della membrana eritrocitaria che riduce il rapporto superficie/volume dei GR con la formazione di globuli sferici, privi di pallore centrale. La trasmissione può essere sia autosomica dominante, che recessiva a seconda del gene colpito. Solitamente questo è un deficit di spectrina che può essere diretto (cioè manca proprio quella proteina) o secondario a un deficit di un'altra proteina come l'anchirina (50% dei pazienti). A causa della loro forma e bassa deformabilità i GR non possono attraversare gli interstizi della milza e vengono rimossi. DIAGNOSI Anemia, splenomegalia e ittero sono i sintomi più frequenti, anemia perché il midollo non riesce a rimpiazzare i GR, splenomegalia perché un gran numero di GR viene eliminato dalla milza, e ittero perché aumenta il catabolismo dell'eme. A livello midollare è ben evidente l'iperplasia, al punto che il midollo per compensare si estende nella parte mediana delle ossa lunghe. L'MCV è normale perché il midollo è normale, semplicemente anche lavorando a ritmi elevati non riesce a compensare la perdita di GR. L'MCHC aumenta fino a 350-400 g/L perché i pochi globuli in circolo devono fare il lavoro di tutti. L'alterazione della membrana e del rapporto superficie/volume rende i GR più suscettibili a lisi. Questa caratteristica si riflette in una maggiore fragilità osmotica dei GR che può essere evidenziata in provetta aggiungendo una soluzione osmotica, ma deve superare l'1-2% dei globuli totali. TEST DI AUTOEMOLISI Questo test permette di valutare la resistenza intrinseca dei globuli rossi all'autoemolisi. Infatti se si tengono i GR senza nutrimento, dopo 24h subiscono una grave emolisi perché esauriscono l'ATP necessario a mantenere l'omeostasi osmotica. Per effettuare questo test si elimina il plasma e si incubano i nostri GR in PBS con e senza glucosio. Se il globulo rosso non ha difetti della glicolisi, potrà utilizzare il glucosio per produrre ATP e resistere più a lungo. Gli sferociti si lisano più facilmente dei GR normali, ma questa autoemolisi è recuperata aggiungendo glucosio in provetta perché gli sferociti non hanno alterazione degli enzimi glicolitici ma ti proteine di membrana. Questi test permettono di fare diagnosi di sferocitosi, ma dobbiamo distinguere la forma ereditaria da quella
autoimmune, e in questo ci viene in aiuto il test di Coombs. ALTRE ANEMIE EMOLITICHE EREDITARIE L'ellissocitosi è autosomica dominante, dovuta a un'alterazione strutturale della spectrina. In questa malattia i GR assumono una forma ellittica quando si deformano per attraversare il microcircolo, tuttavia non recuperano la forma normale in seguito. Pertanto si notano sullo striscio questi microovalociti (non macro come nella megaloblastica) caratteristici, il grado di emolisi è lieve e la fragilità osmotica normale. La stomatocitosi ereditaria è un'altra patologia ereditaria caratterizzata dalla presenza di stomatociti: GR con una faccia concava e una convessa con un'area pallida al centro a forma di fessura. In questa patologia i GR hanno un'aumentata permeabilità a sodio e potassio, per cui nel GR entra più acqua e si riduce l'MCHC perché l'Hb è annacquata. In altri pazienti la condizione è proprio opposta con un MCHC elevato e un minore contenuto ionico. Ovviamente la fragilità osmotica è aumentata nei primo caso (che sono già gonfi di loro) e diminuita nel secondo. DEFICIT ENZIMATICI Durante la maturazione il GR perde nucleo, ribosomi e mitocondri. Questo significa che non è più capace di fosforilazione ossidativa. Tuttavia ha bisogno di un apporto energetico per mantenere l'Hb in stato ridotto (la meta emoglobina è patologica), alimentare le pompe ioniche (mantenere la forma), mantenere il glutatione ridotto (per proteggere l'Hb dall'ossidazione). L'ATP nel GR è fornito dalla glicolisi anaerobia (via di EmbdenMeyeroff), che catalizza la trasformazione del glucosio in piruvato e poi lattato, e dallo shunt degli esoso monofosfati. Sono stati descritti difetti enzimatici per quasi tutti gli enzimi di queste vie, le manifestazioni cliniche però sono spesso solo a carico dei GR, che impossibilitati a sintetizzare proteine, diventano instabili. DEFICIT DELLA VIA GLICOLITICA Causano un'anemia emolitica non sferocitica, le anomalie morfologiche sono comunque riscontrate, e sono responsabili della rigidità dell'eritrocita che viene facilmente sequestrato dal sistema monocito macrofagico. Il deficit più comune è quello di piruvato chinasi (95%), seguito da quello di glucosio fosfato isomerasi (5%). DIAGNOSI I pazienti con emolisi significativa presentano già in infanzia anemia, splenomegalia e ittero. L'indice reticolocitario è elevato, perché il midollo tenta di rimpiazzare i GR persi, e sullo striscio di sangue si notano eritrociti con spicole, che rappresentano GR parzialmente fagocitati. La fragilità osmotica è normale, e il test di autoemolisi non è corretto dal glucosio, perché questo GR non è capace di metabolizzarlo per definizione. DEFICIT DELLO SHUNT ESOSO MONOFOSFATO Mentre la via glicolitica è la fonte primaria di ATP, lo shunt esoso monofosfato si occupa della produzione di NAPDH attraverso la glucosio-6-P-deidrogenasi, per alimentare poi la glutatione reduttasi che converte il GSSG in GSH. Il GSH serve come protezione dallo stress ossidativo, e infatti in seguito a esposizione ad agenti ossidanti, l'attività di questo pathway aumenta anche di 5 volte. I pazienti con deficit di questa via non sono capaci di mantenere i normali livelli di glutatione e quindi proteggere i gruppi sulfidrilici della Hb, che viene ossidata in solfoemoglobina, che precipita formando i corpi di Heinz. L'alterazion genetica più frequente è il deficit di G6PD che si trova sul cromosoma X, la presenza in eterozigosi di questo allele protegge dalla malaria. La patologia causata può essere di diversa gravità da un'anemia emolitica non sferocitica non sensibile a stress ossidativo, anemia sensibile a stress ossidativo, fino a nessun segno clinico. DIAGNOSI Il paziente esposto a stress ossidativo può sviluppare una crisi emolitica in poche ore, però il processo riguarda solo i globuli senescenti per cui la crisi si risolve spontaneamente anche se l'esposizione allo stress continua. Durante la crisi acuta, l'Hct crolla, con aumento di bilirubina non coniugata e diminuzione dell'aptoglobina. Sono visibili corpi di Heinz nello striscio periferico, ma scompaiono dopo il primo giorno, perché i GR che li portano sono eliminati dalla milza, si notano anche qui cellule con spicole che sono GR privati di una parte della cellula. Una minoranza di pazienti è sensibile ai semi delle fave, che contengono 2 beta-glicosidi i cui aglioni quando autoossidati producono radicali liberi dell'ossigeno. Siccome l'emolisi riguarda solo i GR senescenti i test di autoemolisi possono dare esito falsamente negativo. Ovviamente è possibile fare un dosaggio dell'attività della G6PD. ANEMIE EMOLITICHE ACQUISITE Le cause di anemia emolitica acquisita possono essere una lisi traumatica dovuta ad ostacoli dl microcircolo, iperattivazione del sistema monocito macrofagico o soprattutto danno mediato da anticorpi o tossine. IPERSPLENISMO
La milza è molto efficiente nel catturare le emazie difettose, con alterazioni anche così lievi che non sono rilevate dai normali test di laboratorio. Questo dipende dalla conformazione anatomica di quest'organo che con capillari stretti tende a far incastrare i GR poco deformabili, che vengono rimossi dai fagociti. Normalmente solo l'1-2% del flusso sanguigno che raggiunge la milza viene deviato verso la zona marginale della polpa bianca, qui le cellule non hanno funzione fagocitica, ma funzionano come un filtro meccanico che impedisce la progressione delle emazie molto danneggiate, poi arrivano nella polpa rossa dove attraversano stretti cordoni che terminano a fondo cieco. Questi però comunicano con i seni della polpa tramite piccole discontinuità. I globuli per passare oltre devono attraversare delle aperture di 3µm quindi sono costretti a deformarsi al massimo (hanno un diametro di 4-5µm), solo i GR veramente sani riescono a passare. L'ipersplenismo causato da neoplasie malattie infiammatorie croniche può aumentare la distruzione dei globuli rossi per accumulo di sangue in un ambiente privo di nutrienti e pieno di cellule fagocitiche. ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE (AEA) L'immunoemolisi è causata da anticorpi solitamente anti IgG o più raramente IgM che riconoscono antigeni dei GR del paziente. I globuli opsonizzati vengono facilmente fagocitati o lisati a causa di attivazione del complemento. La digestione parziale del GR produce sferociti, che vengono rimossi. Gli anticorpi sono solitamente contro antigeni del sistema Rh, e ovviamente prodotti da un clone linfocitario patologico, per cui la somministrazione di cortisone fa revertire la malattia, a differenza di quanto accade negli altri casi di anemia emolitica, sia perché inibisce l'attività del sistema monocito-macrofagico, sia perché a lungo termine sopprime la produzione di Ig. E' bene ricercare molecolarmente la presenza di cloni B o T patologici, perché questa produzione anomala di Ig può essere conseguente anche a neoplasie del sistema immune (LLC, linfomi hodgkin e non hodgkin). Nella forma più lieve la sola alterazione riscontrata è la positività al test di Coombs che comunque risulta positivo in oltre il 98% dei pazienti con AEA, con o senza C3; in altri casi si può sviluppare anemia anche grave con conta reticolocitaria tra 10 e 30%, sferocitosi e splenomegalia. La forma più grave è costituita dall'anemia immunoemolitica con emolisi fulminante travolgente. Siccome gli Ab sono panagglutinati e cioè riconoscono i GR di ogni tipo, è impossibile effettuare test di compatibilità necessari a una eventuale trasfusione. La terapia utilizzata è immunosoppressiva con corticosteroidi. TEST DI COOMBS Il test di Coombs è ottimo per diagnosticare una immunoemolisi. Esso si basa sulla capacità di Ig specifiche per immunoglobuline umane o componenti del complemento di far agglutinare gli eritrociti quando queste proteine sono adese sulla membrana dei GR. Siccome gli anticorpi hanno 2 porzioni variabili, possono legare contemporaneamente 2 antigeni. Se il nostro paziente ha una AEA dovuta a IgG, i suoi globuli rossi saranno rivestiti di anticorpi. Quando noi aggiungiamo un altro anticorpo che riconosce specificamente le Ig umane, succederà che legherà a sua volta le Ig patologiche presenti sulla membrana. Talvolta potrà anche capitare che una porzione variabile leghi una Ig su un globulo, e l'altra l'Ig di un altro globulo, formando dei ponti tra i globuli, che risulteranno tutti attaccati tra loro, o agglutinati. Lo stesso vale per il complemento. Gli anticorpi che aggiungiamo sono prodotti iniettando il siero umano in coniglio. Siccome il nostro siero contiene Ig, il coniglio che avrà sviluppato una risposta immune avrà prodotto anche immunoglobuline antiIg-umane. Il siero recuperato dal coniglio è chiamato siero di Coombs. Per effettuare il nostro test, laviamo le emazie e le incubiamo col siero di Coombs, se queste agglutinano per il meccanismo spiegato sopra, il test è positivo e il paziente è affetto da AEA. Esiste anche un test di Coombs indiretto che ci permette anche una misura quantitativa degli Ab anti-emazie. Si effettua facendo più diluizioni del siero del paziente e miscelandole con dei GR omogruppo. Questi GR sono quelli di una persona normale, quindi non sono rivestite da Ab. Nel siero che vogliamo testare, però è ancora presente una certa quota di Ig anti-emazie, che legheranno i GR sani. Effettuiamo un lavaggio per eliminare tutti gli Ab aspecifici e incubiamo ora col siero di Coombs. Se si ottiene agglutinazione allora vuol dire che il paziente ha AEA, inoltre le varie diluizioni ci permettono di fare una titolazione del livello di Ab, un paziente a cui bisogna diluire molto il siero per negativizzare il test sta molto peggio di un paziente a cui bastano poche diluizioni. Quindi mentre nel test diretto si controlla direttamente la presenza di GR del paziente opsonizzati, in quello indiretto si testa la presenza di Ab anti-emazie nel siero del paziente su GR estranei, ma omogruppo in quanto, abbiamo detto, questi Ab riconoscono il sistema Rh. Il test di coombs indiretto può anche distinguere se le Ig sono di tipo M o G. Infatti le IgM reagiscono meglio a temperature “basse”, o “a freddo”, mentre le IgG reagiscono solo a temperatura corporea. In quello diretto non è possibile perché le Ig sono già legate ai GR. ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE DA ANTICORPI REATTIVI A FREDDO Gli anticorpi che reagiscono con antigeni polisaccaridici sono solitamente IgM, che reagisono meglio a temperature inferiori a 37° C (34-35°) e per questo motivo sono state chiamate crioglobuline o
crioagglutinine. Queste possono originare da una neoplasia linfatica o una manifestazione paraneoplastica (gammopatie) e in questo caso sono monoclonali, oppure in seguito ad un'infezione (mycoplasma pneumoniae) con produzione di Ab cross-reattivi con le emazie, e in questo caso le Ig sono policlonali. L'emolisi non è molto grave, anche se dipende dal titolo anticorpale (quantità), dallo spettro termico dell'anticorpo (a che temperatura minima reagisce, più è vicina a quella corporea, più fa danni), temperatura ambientale (per lo stesso motivo). L'emolisi è sopratutto mediata dal complemento in quanto non ci sono recettori Fc funzionali per gli anticorpi IgM. Anche poche IgM bastano perché il complemento può essere attivato anche da 1 sola di queste molecole, tuttavia i GR normali hanno diversi sistemi per proteggersi dall'attacco del complemento ed è per questo che si verifica un'emolisi grave solo quando l'attivazione sia massiva. Queste Ig precipitano in vivo comportandosi da amiloide, sia nelle zone del microcircolo superficiale (a temperatura più bassa) sia nel rene causando danni. Sono un grosso problema anche in vitro in quanto interferiscono pesantemente con le misurazioni laboratoristiche e alterano l'omeostasi plasmatica. Per esempio in provetta gelificano, ostacolando i dosaggi sierici, e agglutinano le emazie così che all'esame emocromocitometrico ritroviamo pochissimi GR, con un MCV enorme e un valore di Hb normale. I primi 2 valori sono alterati perché gli aggregati vengono contati come 1 però più grande, e inoltre vengono spesso contate come piastrine; l'Hb invece è normale perché è un dosaggio che si fa su lisato, anche se talvolta è addirittura più bassa perché gli aggregati non riescono ad entrare nel capillare di lisi. Emoglobinuria parossistica da freddo (EPF; sindrome di Donath-Landsteiner) è una rara sindrome da agglutinine fredde. L'emolisi si manifesta da minuti a ore dopo esposizione a freddo, che può essere anche molto localizzata (bere acqua fredda, lavarsi le mani in acqua fredda). L'emolisi intravascolare è provocata da un'autoemolisina che si lega ai GR (antigene P) a bassa temperatura e li lisa soltanto dopo il riscaldamento. EMOLISI DA TRAUMA CIRCOLATORIO Le emazie possono essere frammentate da un trauma meccanico durante la circolazione con formazione di frammenti di GR chiamati schistociti, identificabili da punte acuminate che risultano dalla difettosa risigillatura della membrana. Si possono formare quando i GR scorrono in piccoli vasi sulla superficie delle prominenze ossee e sono soggetti a urti durante attività fisica, quando passano attraverso una valvola cardiaca anomala o protesica, quando attraversano depositi di fibrina nel microcircolo. Nei primi casi si tratta di frammentazione emolitica macrovascolare ed è caratterizzata da caduta del livello Hb, riduzione aptoglobina, aumeno LDH, aumento di Hbemia e Hburia. Nell'ultimo caso può essere indicativo di porpora trombotica trombocitopenica. PORPORA TROMBOTICA TROMBOCITOPENICA Caratterizzata da lesioni arteriolari in diversi organi che contengono piastrine e fibrina. Le piastrine vengono sequestrate in questi depositi (trombi) causando trombocitopenia, i GR nell'attraversare il reticolo di fibrina si danneggiano e si rompono generando anemia. L'ipossia tissutale risultante può causare gravi danni frequentemente al sistema nervoso. Ci sono 5 elementi classici in questa malattia: anemia emolitica con frammentazione, trombocitopenia, alterazioni neurologiche, ridotta funzionalità renale e febbre. I sintomi neurologici e renali si manifestano solo in seguito a un drastico calo delle piastrine. I test di coagulazione come tempo di protrombina e tempo parziale di tromboplastina, la concentrazione di fibrinogeno e i prodotti di degradazione del fibrinogeno sono normali o solo lievemente alterati. La causa che porta la formaizone di trombi è sconosciuta ma si sono ritrovati anticorpi e proteine del complemento al loro interno. EMOGLOBINURIA PAROSSISTICA NOTTURNA Questa condizione si distingue da tutti gli altri disturbi emolitici perché si tratta di un'alterazione acquisita della cellula staminale. Sono 3 le caratteristiche principali della PNH (Paroxysmal nocturnal hemoglobinuria): anemia emolitica, trombosi venosa e deficit dell'emopoiesi. L'anemia è variabile con l'Hct che può scendere anche sotto il 20%, o restare normale. Gli eritrociti sono normocromici normocitici, a meno che si sia instaurato un deficit di ferro. La PNH è causata dall'assenza di 2 proteine: DAF (decay accelerating factor – CD55) e MIRL (inibitore di membrana della lisi reattiva – CD59). Queste 2 proteine sono essenziali per proteggere le cellule dal complemento. Infatti CD59 impedisce la conversione di C9 da parte di C5b-C8. Anche le piastrine mancano di queste proteine normalmente ma ne soffrono, tuttavia l'attivazione del complemento causa fisiologicamente ipercoagulabilità, per cui questo fatto potrebbe essere alla base della trombosi venosa che si verifica nei pazienti affetti da PNH. Il deficit di emopoiesi può non essere evidente nell'esame del midollo osseo, tuttavia si mostra quando viene
esaminata la capacità di crescita dei progenitori midollari. La base molecolare della malattia è causa dalla mutazione acquisita nel gene Pig-A sul cromosoma X. Questo gene è essenziale per la produzione del glicosilfosfatidilinositolo (GPI) che serve come ancora alla membrana di numerose proteine incluse CD55 e CD59. Infatti sebbene la lisi dei GR sia dovuta a queste molecole è stata identificata l'assenza di altre molecole sulla membrana dei GR. DIAGNOSI La PNH deve essere sospettata qualora si riscontrasse anemia emolitica di causa intravascolare non altrimenti spiegata con leucopenia e trombocitopenia. Può essere effettuato il test di Ham, che è eseguito incubando gli eritrociti del paziente con siero normale acidificato a pH 6,2. In questa condizione il complemento è attivato e se i GR mancano delle proteine CD55 e CD59 vengono lisati, a differenza di quelle normali. Un altro metodo può essere quello dell'immunofenotipizzazione mediante citofluorimetria per gli antigeni citati. La terapia trasfusionale è utile nella PNH sia per innalzare i livelli di Hb, sia per sopprimere la produzione di eritrociti durante gli episodi di emoglobinuria sostenuta. Tuttavia solo il trapianto di midollo è curativo. Ultimamente si stanno utilizzando anticorpi anti complemento per tenere sotto controllo la malattia. ANEMIA DA EMORRAGIA ACUTA La rmale capacità di compensare una perdita di sangue coinvolge meccanismi cardiovascolari (vasospasmo), un aggiustamento dell'affinità dell'Hb per l'ossigeno (effetto Bohr) e un incremento dell'eritropoiesi midollare. Sono tollerate perdite di sangue fino al 20% del volume ematico. L'anemia da emorragia acuta è diversa da quella cronica, perché oltre alla carenza di O2, c'è anche la perdita di volume ematico, che costituisce un problema soprattutto per i reni, infatti in caso di ipovolemia questi si raggrinziscono e si può arrivare alla perdita di funzionalità di uno o entrambi i reni. Altri organi pesantemente colpiti dall'ipossia sono il cuore, che va facilmente incontro a necrosi, e il cervello che però ha una serie di meccanismi per adattarsi, come lo svenimento, in cui la persona cade a terra, evitando i problemi relativi all'ipotensione ortostatica. L'aumento della cessione di O2 viene raggiunto prima attraverso l'effetto Bohr, perché i tessuti ipotrasfusi sono più acidi, e poi dopo diverse ore i GR aumentano la produzione di 2,3-bisfosfoglicerato, che aumenta la capacità di cessione di ossigeno. Questi 2 meccanismi insieme possono raddoppiare la capacità degli eritrociti di cedere ossigeno ai tessuti. La risposta midollare è connessa alla sofferenza renale, questo infatti produce Epo, che stimola gli eritroni a produrre più GR. LEUCEMIE MIELOIDI Le leucemie sono un gruppo di malattie eterogenee caratterizzate da un’espansione endo-midollare di un clone cellulare neoplastico del sistema ematopoietico, con infiltrazione anche di sangue periferico e/o altri tessuti (per esempio cloromi). L’espansione del clone impedisce per competizione e repressione la normale crescita delle filiere. La cellula colpita è quella staminale, che mostra proliferazione incontrollata e arresto della differenziazione. Per questo vi è un accumulo di cellule neoplastiche immature (blasti), causando metaplasma midollare. Anche i linfomi originano da cellule del sangue (solitamente linfociti), ma sono “tumori dei linfonodi”, tuttavia il linfoma può leucemizzarsi, ossia metastatizzare nel midollo, soprattutto in caso di recidiva; esistono inoltre linfomi solo midollari, ma sono rari. EZIOLOGIA La causa della leucemia acuta è sconosciuta, ma un gran numero di fattori predispone alla loro insorgenza e questi sono sindromi ereditarie con aneuploidia (Down, Klinefelter, Patau), malattie ereditarie con instabilità cromosomica (Fanconi, Bloom, atassia-teleangiectasia); radiazioni e sostanze mutageniche (benzene soprattutto, fumo, derivati del petrolio); e infine farmaci antineoplastici (in quanto mutagenetici), che sono la prima causa di LMA secondarie a trattamento, e che sono anche caratterizzate da anomalie cromosomiche specifiche come 5q- e 7q- in seguito ad agenti alchilanti e alterazioni di 11q23 in seguito a inibitori delle topoisomerasi II. CLASSIFICAZIONE La diagnosi di leucemia acuta è stabilita dalla presenza di almeno il 30% di blasti mieloidi nel sangue e/o nel midollo osseo. I mieloblasti hanno una cromatina nucleare omogenea e fine, o ad aspetto zigrinato con 2-5 nucleoli. Granulazioni citoplasmatiche suggeriscono il grado di maturazione, e altri reperti caratteristici sono i corpi di Auer (a forma di bastoncelli), incisure e ripiegamenti del nucleo. L’assenza di reperti microscopici specifici può rendere molto difficoltosa la diagnosi. La classificazione più utilizzata è la FAB (French-American-British) che prevede 8 sottotipi da M0 a M7,
classificati sulla base dei segni maturativi, reazione positiva alla mieloperossidasi >3% dei blasti (sudan nero), caratterizzazioni immunofenotipiche e citogenetiche aiutano poi nella classificazione.
Sottotipo FAB M0 minim differ M1 mielobl senza mat M2 mielobl con mat M3 promieloc ipergr M4 mielomonoc M5 monoc M6 eritroleuc M7 megacariobl L1 L2 L3
Morfologia morfologia immatura qualche basto con granuli azzurrofili, corpi di auer o entrambi Granuli azzurrofili, corpi di auer presenti Promielociti ipergranulasi, con numerosi corpi di Auer Blasti granulocitici e monolitici / M4Eo eosinofili M5a Monociti indifferenziati / M5b monociti differenziati Eritroblasti >50% e mieloblasti non eritroidi >30% Megacarioblasti >30%
perox >3% + + +/+/-
freq 2-3% 20% 25-30% 8-15% 20-25% 20-25% 5% 1-2%
Blasti piccoli monomorfi Blasti eterogenei (+ grandi) Grandi blasti con vacuoli, talvolta masse
CARATTERIZZAZIONE IMMUNOFENOTIPICA L’immunofenotipo delle leucemie acute può essere studiato mediante citofluorimetria, che fornisce l’apporto diagnostico più importante. La M0 che non ha segni maturativi è spesso caratterizzata da CD13 e CD33 positivi, specifici della linea mieloide. La M7 è spesso diagnosticabile solo per l’espressione di CD41. La citofluorimetria non fornisce informazioni solo riguardo alla diagnosi, ma anche prognosi, perché ad esempio la co-espressione di CD13, CD14 e CD34 ha una prognosi molto infausta; inoltre è di grande utilità per valutare la minimal residual disease (malattia minima residua). CARATTERIZZAZIONE CITOGENETICA Più del 60% delle LMA ha anomalie citogenetiche, e spesso consistono in almeno una traslocazione specifica, relativamente a quell’individuo, cioè un marker. Infatti nonostante questa alta frequenza di anomalie solo 2 traslocazioni sono state associate invariabilmente a un sottotipo FAB e sono la PML-RARa t(15;17) presente nei casi di M3 e la inv(16) associata alla M4Eo. In particolare le M3 posseggono quasi nel 100% dei casi una traslocazione che coinvolge RARalfa che si trova sul cromosoma 17, altre anomalie sono associate prevalentemente a un sottotipo come la traslocazione AML1-ETO (eh sì… amleto) t(8;21), e traslocazioni della regione 11q23 associate alla M5. Altre traslocazioni, abbiamo detto, sono associate alle leucemie secondarie, e quindi alla multi-drug resistance, altre ancora sono associate con specifici sintomi come la t(15;17) alla coagulazione intravascolare disseminata, e la t(8;21) ai cloromi. CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE La presenza delle alterazioni citogenetiche ha dato a numerosi studi molecolari, che ci permettono di amplificare il trascritto aberrante, tipicamente di una traslocazione, sia a scopo diagnostico sia per il monitoraggio della MRD, ma anche per lo studio dei meccanismi di leucemogenesi. La traslocazione t(15;17) crea il trascritto di fusione PML-RARa a causa della fusione testa coda di questi 2 geni, e la presenza di questa traslocazione ci permette di selezionare i pazienti che rispondono alla terapia con ATRA (acido tutto trans retinico). La inv(16) causa la fusione del core binding factor beta (CBFB) con la catena pesante della miosina (MYH11): il CBFB è un fattore di trascrizione che agisce come dimero con AML1 che invece è conosciuto anche come core binding factor alfa. Interessantemente AML1 è il gene coinvolto nella t(8;21), ed entrambi questi geni, regolano l’espressione di C/EBPa che è un fattore di trascrizione della linea mieloide. Altre traslocazioni coinvolgono la regione 11q23 e in particolare il gene MLL (conosciuto anche come ALL), che caratterizza le leucemie a lineare misto. Solitamente non viene creata una proteina di fusione, ma il gene viene spaccato durante la traslocazione, con conseguente inattivazione. CARATTERISTICHE CLINICHE I sintomi clinici dipendono dal fatto che il clone neoplastico sopprime la crescita dei progenitori sani del midollo osseo. Si generano quindi neutropenia severa, piastrinopenia severa e anemia. La neutropenia causa uno stato settico, con febbre che non va via, resistente ad antibiotici e poiché i protocolli terapeutici prevedono l’utilizzo di antibiotici in sequenza, questo spesso ritarda la valutazione di altre patologie quindi la diagnosi. Spesso a causa della neutropenia o alterazione funzionale dei neutrofili si instaurano infezioni opportunistiche. La piastrinopenia causa sanguinamenti, epistassi, porpora ed ecchimosi, infatti la loro carenza fa stravasare i globuli rossi, che si notano come puntini rossi sulla cute. Se il paziente si presenta inizialmente con questi
sintomi, la diagnosi è accelerata perché si fa prima l’emocromo. L’anemia è di tipo cronico, perché la diminuzione di emoglobina è lenta, causa astenia, pallore e dispnea da sforzo, e si ritrova intorno a valori di Hb di 8-9 g/dL. Non è grave, in quanto solitamente gli altri sintomi sono preponderanti, per cui il paziente soffre prima di neutropenia e piastrinopenia. Raramente ritroviamo una massa localizzata nei tessuti molli, mammella, utero, polmoni e altri, rappresentata da cellule leucemiche, chiamata sarcoma granulocitico o cloroma. Infezioni ed emorragie sono le prime cause di morte per LMA. DIAGNOSI EMOCROMO In una leucemia mieloide l'esame emocromocitometrico è sicuramente alterato. L’anemia è di tipo normocitico normocromico, perché è dovuta alla soppressione dei progenitori midollari normali, infatti si nota spesso anche un calo dell’indice reticolocitario. Il livello medio di conta leucocitaria è 15000/µL, il 25-40% si presenta con conte inferiori a 5000, il 20% superiori a 100000, quindi generalmente c’è leucocitosi, ma non sempre. Meno del 5%, addirittura, non presenterà cellule leucemiche rilevabili all’emocromo. I leucociti in circolo possono avere scarsa funzionalità, come compromissione della fagocitosi, migrazione, della granulazione o morfologia alterata. Le conte piastriniche sono mediamente sotto i 100000/µL in circa il 75% dei pazienti e presentano anomalie sia morfologiche che funzionali. STRISCIO PERIFERICO Lo striscio periferico tanto veloce quanto semplice, permette di effettuare una diagnosi presunta di leucemia, che può diventare definitiva solo dopo l'analisi del midollo osseo e della biopsia ossea. In oltre il 90% dei casi sono presenti blasti in circolo, nel restante 10% sono di conseguenza assenti. La presenza di blasti immaturi è fortemente indicativa di leucemia. I blasti sono identificati come cellule bloccate nella maturazione. AGOASPIRATO L'agoaspirato midollare è effettuato per identificare il tipo di blasto anomalo. Le cellule sono analizzate su vetrino per una prima classificazione mediante i metodi standard, calcolando il mielogramma (equivalente della formula leucocitaria nello striscio periferico) e effettuando alcuni test immunocitochimici, e citologici. Solitamente una colorazione per mieloperossidasi o Sudan Nero in combinazione con una per esterasi nonspecifiche sono sufficienti a distinguere le leucemie acute mieloidi da quelle linfoidi, e a individuare il sottotipo FAB. La colorazione con Sudan Nero B è positiva nelle leucemie acute linfoidi. La colorazione per la mieloperossidasi è positiva per le leucemie acute mieloidi (quasi tutte, vedi tabella). La Pas-reazione (Periodic acid-Schiff) evidenzia di fucsia le eritroleucemie. La colorazione per la TdT (terminal deossinucleotidil trasferasi) è positiva nelle leucemie linfoidi. L'esterasi non specifica evidenzia i monociti e i megacariociti. CITOGENETICA Una certa quota di cellule vengono analizzate per la citogenetica classica e molecolare. Il campione deve essere di cellule vive, per cui appena prelevato, in breve tempo, le cellule vengono messe in coltura per 24-48h per ottenere mitosi spontanee. Le cellule vengono bloccate in metafase grazie alla colchicina che è un veleno dei microtubuli, poi vengono fissate e analizzate su vetrino. In citogenetica classica viene ricostruito il cariotipo, in molecolare si ricercano anomalie specifiche tramite ibridazione in situ e altre tecniche. Più del 60% delle LMA presenta aberrazioni citogenetiche numeriche o strutturali. A differenza dell'analisi di biologia molecolare basate su PCR, che possono identificare solo anomalie conosciute e ricorrenti, in citogenetica possiamo avere una visione di insieme di quello che è il genoma del paziente, per cui se presenta anomalie cromosomiche uniche o rare, queste possono poi essere utilizzate per il monitoraggio della malattia minima residua. Per quanto riguarda le acute l'identificazione di anomalie citogenetiche è utile per la prognosi, e nel caso della traslocazione t(15;17) per la terapia che è estremamente diversa da quella delle altre leucemie. CITOFLUORIMETRIA Le cellule prelevate possono essere poi indirizzate anche in citometria per l'immunofenotipizzazione. Grazie alla citofluorimetria, possiamo identificare il pattern di antigeni di membrana, e confrontarli con quelli del normale processo maturativo emopoietico, per capire il nostro blasto a che punto si è bloccato. L'immunofenotipo della leucemia può dare risultati importanti in quanto alcuni CD sono invariabilmente associati a un sottotipo FAB, tuttavia come in citogenetica, esistono una serie di caratteristiche ricorrenti, quindi non-random, ma che non sono così sottotipo-specifiche, per cui ogni paziente costituisce un caso a sé. La mancanza di anomalie caratteristiche può rendere la diagnosi di leucemia molto difficoltosa. BIOLOGIA MOLECOLARE La biologia molecolare offre una serie di analisi per mutazioni ricorrenti nelle LMA. Queste vanno
dall'amplificazione dei trascritti di fusione AML1-ETO, PML-RARa a analisi di mutazioni in geni come Flt3, ras, ecc. L'analisi non è solo di tipo qualitativo, ma spesso si focalizza sull'RNA e ha un'importanza fondamentale nel monitoraggio della malattia minima residua, poiché grazie all'elevatissima sensibilità delle tecniche basate su pcr, è possibile tenere sotto controllo la malattia effettuando queste analisi anche solamente su sangue periferico. PROGNOSI Lo scopo della terapia è quello di raggiungere la remissione completa. Esistono 3 tipi di remissione: ematologica, citogenetica e molecolare. La remissione ematologica si ottiene quando per almeno 4 settimane la conta dei neutrofili è >1500/µL e quella piastrinica >100000/µL. Hb e Hct non vengono presi in considerazione. Non dovrebbero essere presenti blasti in circolo, anche se bisogna tener conto che durante la rigenerazione midollare, possono essere ritrovati alcuni blasti in circolo. La cellularità midollare dovrebbe essere superiore al 20% con maturazione trilineare, i blasti dovrebbero essere meno del 5% e non si dovrebbero osservare corpi di Auer. La remissione citogenetica si ottiene quando non sono rilevabili metafasi neoplastiche, né nuclei in interfase che portano la mutazione (fish). La remissione molecolare si ottiene quando non è rilevabile trascritto aberrante nel sangue periferico. La remissione ematologica è la più facile da ottenere, segue poi la citogenetica, infine la remissione molecolare, che non si ha quasi mai. Nonostante ciò quando i livelli di messaggero scendono sotto un certo livello la terapia viene comunque interrotta, quello che si nota è che dopo l'interruzione i livelli continuano a scendere per un certo periodo probabilmente grazie alla presenza di una risposta immunitaria contro il tumore. Numerosi fattori influiscono sulla durata della remissione, l'età al momento della diagnosi è quello più importante, sia perché gli anziani hanno meno probabilità di sopravvivere alla terapia, sia perché le LMA dell'anziano sono caratterizzate da alcune anomalie a prognosi peggiore. Le LMA possono essere stratificate, inoltre, sulla base del rischio citogenetico, classi di aberrazioni sono raggruppate sulla base delle probabilità di sopravvivenza 5 anni e probabilità di ricaduta. Le anomalie a prognosi migliore sono le t(8;21), t(15;17), inv(16), quelle a prognosi peggiore sono -5, -7, anomalie del 3q, cariotipo complesso, infine a prognosi intermedia sono le anomalie di 11q23, del(7q), +8, +21, +22 e tutte le altre. Anche la durata del disturbo clinico antecedente alla diagnosi di LMA è correlato alla risposta alla terapia, più la diagnosi è stata precoce, maggiori sono le probabilità di risposta. TERAPIA (il prof non ne ha parlato) Tutti i tipi di LMA, ad eccezione della M3, sono trattati con Ara-C (citosina arabinoside, citarabina) in associazione con una antraciclina (solitamente daunorubicina). Questa terapia non è curativa, per cui in ultima istanza si ricorre al trapianto di midollo osseo. Il trattamento prevede 2 fasi principali: induzione e consolidamento. La fase di induzione si chiama così perché mira alla induzione della remissione completa. La fase di induzione elimina velocemente la maggior parte delle cellule allo scopo di ripristinare le conte periferiche. Solitamente si somministra Ara-C, che interferisce con la sintesi del DNA, in associazione con daunorubicina; questa combinazione è conosciuta anche come “7 e 3” perché l'Ara-c viene somministrata sottoforma di infusione continua endovena per 7 giorni, mentre la daunorubicina come iniezione per 3 giorni. Si seguono le conte di sangue periferico fino a quando non raggiungono livelli normali o un plateau, e si esamina il midollo osseo per verificare la persistenza di leucemia o si è raggiunta la remissione. Solitamente questa è raggiunta in 4 settimane, ma se entro i primi 14 giorni non viene raggiunta il paziente viene sottoposto a trattamento. La percentuale di remissione con questo protocollo è oltre il 70% (indipendentemente dalla durata). In caso di persistenza si può optare per un diverso trattamento o si può considerare precocemente la possibilità di trapianto di midollo. Accanto alla terapia di induzione ci sono misure di supporto atte a sostenere i pazienti nelle diverse settimane di granulocitopenia e trombocitopenia, causate intrinsecamente dalla malattia e dalla tossicità ematologica dei chemioterapici. Queste terapie di supporto sono cruciali per il successo del trattamento della LMA. Per abbassare l'incidenza di infezioni dopo chemioterapia o per sensibilizzare i blasti leucemici alla chemioterapia (priming) si possono somministrare fattori di crescita come G-CSF e GM-CSF, che, appunto, da un lato riducono il tempo di ricostituzione della conta granulocitaria, dall'altro lato questi fattori stimolano anche la cellula leucemica a dividersi, che diventa più suscettibile ai chemioterapici come Ara-C che sono specifici per la fase S. E' in studio anche la possibilità di somministrare trombopoietina per facilitare la ricostituzione piastrinica. In ogni caso si effettuano trasfusioni di piastrine per mantenere la conta sopra a 20000/µL. Allo stesso modo trasfusioni di globuli rossi sono effettuate per mantenere i valori di emoglobina sopra 8g/dL. Per evitare alloimmunizzazione (per il futuro trapianto) si impiegano emoderivati leucodepleti mediante
filtrazione, per eliminare in particolare i linfociti T, e per evitare l'attivazione di eventuali cellule immunoattive sfuggite alla filtrazione questi vengono anche irradiati per evitare la malattia del trapianto contro l'ospite (GvHD – graft vs host disease). Le complicanze infettive restano in ogni caso la principale causa di morte durante la chemioterapia sia di induzione che di consolidamento. Per questo motivo vengono somministrati antibiotici e antimicotici finché i pazienti non escono dalla fase di neutropenia, indipendentemente dal fatto che si sia riscontrata una causa alla febbre (la neutropenia causa di per sé febbre, che sia presente una infezione o no). La terapia di consolidamento mira ad eradicare ogni cellula leucemica residua, quindi dovrebbe prevenire la recidiva e prolungare la sopravvivenza. La terapia di consolidamento dipende dai fattori prognostici del paziente e dalla salute generale. Per i pazienti a basso rischio si effettuano da 3 a 5 cicli di chemioterapia intensiva addizionale, tipicamente Ara-C ad alte dosi. Per i pazienti ad alto rischio si prende in considerazione il trapianto di midollo osseo. In caso di recidiva (solo il 20-30% dei pazienti ha una remissione a lungo termine) la terapia convenzionale quasi sempre non è efficace nel trattamento e si deve ricorrere anche in questo caso a trapianto di midollo osseo. Il trapianto allogenico dopo una prima remissione completa nei pazienti con meno di 65 anni, o quello donatore consanguineo o non consanguineo HLA-compatibile sotto i 55 anni assicurano la guarigione nel 40-60% dei casi. Ci si riferisce sempre alla sopravvivenza a 5 anni... Prima o poi la leucemia torna. E' possibile anche il trapianto autologo, a cui si può abbinare una depurazione ex-vivo per eliminare cellule leucemiche residue al prezzo di un maggiore rischio di infezioni ed emorragie. Un target interessante sarebbe quello di indurre un controllo immulogico della leucemia in fase di postremissione. Infatti le cellule NK deputate alla distruzione delle cellule neoplastiche sono deficitarie nei pazienti affetti da leucemia, inoltre nel trapianto allogenico i pazienti che sviluppano GvHD hanno un minore rischio di recidiva, così come i trapianti non manipolati in confronto a quelli T-depleti (senza linfociti T), infine infusioni di leucociti da donatore impiegate da sole (senza condizionamento – vedi trapianto) sono capaci di indurre una remissione completa nelle recidive successive al trapianto. Questi fatti hanno portato all'ipotesi che queste differenze siano dovute allo sviluppo di una risposta immunitaria contro le cellule tumorali chiamata Graft vs Leukemia (GvL), che è mediata da linfociti T citotossici e natural killer. Questa reazione è fortemente desiderata, e si può ottenere solo nei trapianti allogenici, ovviamente il prezzo da pagare è la GvHD. IL CASO PARTICOLARE DELLA LEUCEMIA PROMIELOCITICA La leucemia promielocitica o M3 è particolare a causa dell'esistenza di una terapia specifica. Le leucemie acute infatti sono trattate indifferentemente, perché ancora non conosciamo il modo di colpire specificamente il loro meccanismo leucemogenico. Mentre invece la M3, come vedremo anche nella LMC, l'identificazione di farmaci specifici per queste malattie ha aumentato enormemente la loro curabilità, ed è per questo motivo che devono essere quanto più velocemente possibile, e precisamente possibile identificate e distinte dalle altre. La M3 presenta un ulteriore problema, infatti è spesso associata a coagulazione intravascolare disseminata, che costituisce una vera e propria emergenza ematologica. A questo scopo esiste un test particolarmente veloce per l'identificazione di questa leucemia: il vetrino di Falini. Il prof si ostina a dire che si tratti di una ibridazione in situ, ma non lo è perché non c'è nessuna sonda per il gene di fusione, bensì c'è un Ab contro PML, si tratta quindi di una immunocitochimica / immunofluorescenza. In condizioni normali le cellule del sangue presentano pochi distinti foci relativi all'accumulo di PML nel nucleo, mentre la M3 presenta grossi accumuli di PML nel nucleo. Poiché la immunocitochimica può essere effettuata su striscio in mezz'ora (la FISH richiede molto più tempo), si tratta di una tecnica velocissima, che aiuta a scongiurare i pericoli relativi alla CID, iniziando immediatamente la terapia. Le sue caratteristiche morfologiche sono abbastanza peculiari perché i blasti promielocitici presentano numerosi corpi di Auer, tuttavia non sono specifici e inoltre non tutte le M3 portano la traslocazione t(15;17), ce ne sono alcune con traslocazione del 17, altre sempre M3 ma senza questa traslocazione o con altre traslocazioni che coinvolgono ad esempio Nucleophosmin, Numa, STAT5b, PLZF (promielocitic leukemia zinc finger). La presenza della traslocazione t(15;17) permette di trattare i pazienti con ATRA, che è l'acido tutto-transretinoico. Questo farmaco in associazione con un'antraciclina ha una grande efficacia sul clone leucemico al punto che il paziente raggiunge la remissione completa nel 90% dei casi. La presenza di questa traslocazione permette anche di tenere molto più facilmente sotto controllo la MRD tramite biologia molecolare, e nel caso riprendere il trattamento molto precocemente in caso di recidiva, quindi con alte percentuali di una nuova remissione. Sebbene il trattamento con questo farmaco ha pochi effetti collaterali, è molto ben tollerato, e permette di ottenere remissione duratura, non è curativo a lungo termine. Per cui il trapianto di midollo osseo resta sempre l'unica strategia veramente curativa. Sono stati descritti casi di remissione completa anche con trattamente con triossido di arsenico.
LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA La leucemia mieloide cronica è una leucemia caratterizzata dalla crescita prevalente di cellule mieloidi nel midollo e dall'accumulo di questi nel sangue periferico. La diagnosi viene stabilita per la peculiare caratteristica di questa patologia: la traslocazione cromosomica t(9;22). L'incidenza di LMC aumenta lentamente con l'età, per poi salire rapidamente dopo i 45 anni. FISIOPATOLOGIA La LMC è caratterizzata dalla traslocazione t(9;22), ma a parte le radiazioni ionizzanti non sono stati individuati altri fattori di rischio per lo sviluppo di questa leucemia. Sappiamo, comunque da studi condotti sui sopravvissuti alla bomba atomica, che per lo sviluppo di una massa di 10000/µL di LMC sono necessari 6,3 anni. Tempo fa si riteneva che la t(9;22) fosse un evento necessario e sufficiente allo sviluppo della LMC, tuttavia ultimamente sta emergendo che nemmeno in questo caso una sola anomalia è sufficiente. La t(9;22) è una traslocazione reciproca (2 cromosomi si scambiano un pezzo), bilanciata (non c'è perdita di materiale genetico nell'evento) tra il gene ABL su 22q11 (braccio lungo del cromosoma 22, banda 11) e BCR su 9q34. Il gene ABL codifica per una tirosina chinasi chiamata Abelson murine leukemia virus, infatti esiste un retrovirus murino, che porta questo oncogene e causa una leucemia a cellule pre-B nel topo. Il gene BCR è stato identificato in seguito alla traslocazione ed è infatti chiamato breakpoint cluster region (regione di accumulo dei breakpoint della traslocazione) e codifica per una fosfoproteina associata ad attività serina/treonina chinasica. In seguito alla traslocazione questi 2 geni vengono fusi, a formarne uno chimerico che codifica per una proteina di 210 kDa chiamata bcr-abl, talvolta di 185 kDa. Il punto di traslocazione su Abl è più o meno fisso, mentre su Bcr ci sono 3 regioni diverse chiamate M, m e µ. La regione su Abl è quella compresa tra gli esoni a1 e a2 ( i primi 2 esoni). La regione m si trova a monte del gene, tra il prmo e il secondo esone. La regione M si trova nella regione centrale e comprende gli esoni tra 12 e 16. La regione µ si trova tra gli esoni 17 e 19. A seconda della regione di BCR coinvolta si ottengono proteine di p190, p210 e p230. P210 è la più frequente nella LMC. La t(9;22) è presente in più del 95% dei casi, anche se sarebbe opportuno non considerare LMC i casi che non la presentano. Una piccola quota di LLA (25-30% adulti e 2-10% bambini) ha la traslocazione, e occasionalmente nelle LMA , anche se queste probabilmente sono LMC pregresse evolute in crisi blastica. PROGRESSIONE DELLA MALATTIA La LMC è caratterizzata da una particolare progressione. La malattia esordisce con una fase cronica, che è generalmente asintomatica, circa l'85% dei pazienti viene diagnosticato in questa fase, e la sua durata non è prevedibile, tuttavia dipende da quanto precocemente è diagnosticata e dalla terapia. In ogni caso la leucemia progredisce verso la fase accelerata, che è caratterizzata da conte particolari e soprattutto dall'acquisizione di anomalie citogenetiche addizionali. L'identificazione della fase accelerata è di fondamentale importanza perché segnala l'immenza della crisi blastica. La crisi blastica è la fase finale della LMC si comporta ed è trattata come fosse una LMA, tuttavia è quasi sempre resistente alle terapie convenzionali ed è caratterizzata da una progressione veloce e alta mortalità. I farmaci di utilizzo nella LMC possono solo aiutare a controllare la fase cronica, ed allungarla il più possibile, l'unico intervento “terapeutico” è come al solito il trapianto di midollo osseo. DIAGNOSI L'esordio clinico è generalmente insidioso. I pazienti al tempo della diagnosi sono solitamente asintomatici o presentano solo affaticamento, malessere, talvolta splenomegalia. La malattia viene diagnosticata con un esame di routine emocromocitometrico, in cui c'è una lieve anemia normocitica normocromica, le piastrine sono quasi sempre elevate e la conta dei bianchi è molto elevata, intorno ai 57000/µL. STRISCIO Di solito vi sono blasti in circolo fino al 5%, e i blasti e i promielociti sono meno del 10%. La presenza di precursori mieloidi in circolo è fortemente diagnostica, anche se questa situazione può essere indicativa di una banale infezione, o di una reazione leucemoide (che regredisce spontaneamente e che non è clonale). Ma mentre nelle infezioni solitamente basofili ed eosinofili aumentano (e sono i primi a calare con la terapia), nella LMC questi restano costanti. Inoltre nelle infezioni mielociti e metamielociti sono più rari, mentre nella LMC si nota un picco mielocitario. La fase accelerata viene diagnostica in base al 10-19% di mieloblasti e più del 20% di basofili in circolo o nel midollo, conta delle piastrine <10,000 o >1,000,000 non responsiva alla terapia, aumento della splenomegalia e soprattutto acquisizione di anomalie citogenetiche addizionali. La crisi blastica si caratterizza per più del 20% di mieloblasti o linfoblasti in circolo o midollo, grossi cluster di
blasti nella biopsia ossea e cloroma. La differente morfologia è tenuta in conto in quanto la crisi blastica può presentarsi come eritroide, mieloide, linfoide, o mista. AGOASPIRATO Il midollo è ipercellulato ma trilineare, con espansione mieloide e megacariocitica; il rapporto granulociti/eritroblasti è marcatamente alterato e arriva anche a 8:1 (normalmente è 3:1 5:1), ed è presente dismielopoiesi, tuttavia l'analisi morfologica non è di grande aiuto. Quindi il quadro è molto differente rispetto alla leucemia acuta. Promielociti e mielociti sono solitamente contati insieme nel mielogramma, ma nella LMC conviene distinguerli perché nella crisi blastica aumentano i promielociti. La biopsia ossea mostra aspetti compatibili con sindrome mieloproliferativa. CITOGENETICA La citogenetica è di fondamentale importanza sia diagnostica che nel monitoraggio della malattia. Abbiamo detto che la LMC è caratterizzata dalla t(9;22), ed è infatti questa aberrazione che viene ritrovata in ogni metafase neoplastica. Il fatto che venga ritrovata in tutte le metafasi è una evidente dimostrazione di clonalità. Il raggiungimento della remissione citogenetica è di fondamentale importanza, anche se comunque le terapie attuali permettono un altissima percentuale di remissione. Monitorare la citogenetica del paziente è essenziale per identificare l'avvicinamento della crisi blastica, che è caratterizzata dall'accumulo di anomalie cromosomiche addizionali che possono essere individuate solo con questa tecnica. BIOLOGIA MOLECOLARE La biologia molecolare offre tecniche estremamente sensibili per il monitoraggio della malattia, tramite amplificazione del trascritto bcr-abl, e di analisi delle mutazioni acquisite in questo gene. Infatti il clone tumorale con la progressione della malattia muta e vengono selezionate positivamente le mutazioni che non rispondono all'imatinib. L'identificazione precoce di queste mutazioni permette di sostituire questo farmaco con altri che sono efficaci nei casi di resistenza. TERAPIA Storicamente la LMC è stata trattata con idrossiurea e interferone alfa. L'interferone alfa ha anche dimostrato capacità curative in una piccola percentuale di casi, cosa che non si verifica mai con le terapie attuali. Gli interferoni hanno proprietà antivirali, microbicide, immunomodulatorie e antiproliferative attraverso la downregolazione di numerosi oncogeni e citochine, sono inoltre capaci di inibire l'angiogenesi e di indurre una risposta immunitaria di tipo cellulare. L'IFNa permetteva di ottenere molto spesso remissione ematologica entro 1-2 mesi, e remissione citogenetica dopo 12-18 mesi ma solo nel 26% dei pazienti. La chemioterapia veniva riservata solo ai casi in cui era necessario abbassare rapidamente la conta dei bianchi o per attenuare i sintomi. Il farmaco utilizzato in questo caso era l'idrossiurea. Sono stati tentati schemi di chemioterapia intensiva, con remissione citogenetica nel 30-50% dei casi ma queste non erano durature. Oggi la LMC viene trattata con l'imatinib che è un inibitore delle tirosina-chinasi specifico per bcr-abl, c-kit e PDGF-R. Funziona come un ATP mimetico, bloccando la tasca catalitica di bcr-abl, che trasloca nel nucleo dove è incapace di esercitare funzione anti-apoptotica e le cellule muoiono. Sono stati sviluppati altri farmaci simili all'imatinib: nilotinib e dasatinib. Questi sono efficaci nel trattamento dei casi resistenti che possono emergere durante la terapia. Un'unica mutazione è refrattaria a tutti i farmaci di corrente utilizzo ed è la T315I, anche se nuove promesse sono in fase di trial clinico. La percentuale di sopravvivenza a 5 anni dei pazienti trattati con imatinib è dell'89% a 5 anni. La sopravvivenza media totale è di circa 98 mesi per i pazienti a basso rischio, e di 42 per quelli ad alto. L'unica terapia curativa è il trapianto di midollo osseo. La mortalità legata al trapianto di midollo osseo è oggi di solo 5%. L'esito terapeutico dipende da molti fattori come età, fase della malattia, tipo di donatore (allogenico o singenico), regime di condizionamento, presenza di GvHD, trattamento post-trapianto. I regimi di condizionamento sono basati su ciclofosfamide più irradiazione corporea totale. Lo sviluppo di una GvHD è in grado di diminuire la recidiva. La T-deplezione diminuisce la probabilità di GvHD ma aumenta quella di recidiva. Le infusioni di leucociti provenienti dal donatore, sono in grado di indurre remissione ematologica e citogenetica in pazienti con LMC recidivante dopo trapianto allogenico. ANEMIA APLASTICA L'anemia aplastica è da includere nelle anemia da danno midollare, insieme all'anemia selettiva delle cellule eritroidi, mielodisplasia e mieloftisi. L'anemia aplastica è un disturbo dell'emopoiesi che si manifesta con una marcata riduzione o addirittura assenza di cellule eritroidi, granulocitiche e macrofagiche nel midollo, con conseguente pancitopenia. L'emopoiesi è marcatamente ridotta, con assenza o riduzione delle CD34 e delle CFUs. Nella AA le cellule sono incapaci di proliferare e differenziare, questa insufficienza o dipende da un difetto intrinseco alla cellula staminale (ereditario), o a un meccanismo autoimmune (acquisito). Altri potenziali meccanismi sono la carenza di fattori di crescita e difetti del microambiente, ma sono più rari. Tra le varianti genetiche c'è l'anemia di Fanconi, che può essere causata da tutta una serie di geni, che
interferiscono con la mitosi. Nella maggior parte delle volte è acquisita, e può essere dovuta a farmaci, virus, agenti mutageni (chimici e radiazioni). L'anemia anaplastica dovuta a farmaci può essere dose-dipendente o idiosincrasica. Il primo tipo comprende quei farmaci mielotossici, antineoplastici, antimetaboliti e anche sulfonamidi, ovviamente il meccanismo comprende il blocco della replicazione e l'induzione dell'apoptosi. Altri agenti che causano una AA idiosincrasica agiscono con un meccanismo sconosciuto. L'esposizione a dose acuta di radiazioni causa una AA transitoria dose-dipendente, che interessa tutti i lineage, che è reversibile a basse dosi, ma letale ad alte. L'esposizione cronica e localizzata a radiazioni può causare una insufficienza midollare dose-dipendente. Agenti mutageni come il benzene sono stati chiaramente associati ad AA e leucemie. Alcuni virus possono causare un aggravamento delle condizioni di AA, tra questi troviamo il virus epatitico, EBV, HIV, e il parvovirus 19. Anche la gravidanza può causare un'AA transitoria che si risolve o con il termine di questa naturale o prematuro. L'emoglobinuria parossistica notturna è un'altra causa di AA mesi o anni dopo la diagnosi, tuttavia il meccanismo con cui si instauri è sconosciuto, ed è forse dovuto alla inibizione della crescita che esercita il clone patologico. Questo tipo di AA è probabilmente dovuto ad autoimmunità in quanto risponde a terapie basate su ciclosporina. PATOGENESI L'AA è causata da un difetto della cellula staminale e/o da un meccanismo soppressivo immunitario. Il fatto che il 40-50% dei pazienti può ricevere un trapianto SINgenico senza immunosoppressione e ottenere una ricostituzione ematologica, fa pensare che un difetto della cellula staminale sia presente in questi pazienti, nel restante 50-60% dei casi il midollo singenico non attecchisce e questo fa pensare a una causa autoimmune. Le cellule T citotossiche attivate dei pazienti con AA sono caratterizzate da un'eccessiva produzione di citochine ed interferoni tra cui IFNgamma e TNFbeta, che sopprimono la proliferazione dei progenitori ematopoietici. Il 25% dei pazienti è curato con una terapia immunosoppressiva, con recupero solamente solo parziale dell'emopoiesi. Siccome i pazienti trattati con antiglobuline timocitiche in seguito molto facilmente sviluppano una mielodisplasia, questo fa pensare che i linfociti T aggrediscano cellule staminali anomale preesistenti e che a causa di un meccanismo di regolazione anomalo finiscono per aggredire anche quelle normali. La pancitopenia dell'AA è progressiva e letale, la prognosi correla con la conta dei neutrofili, che più sono bassi più espongono il soggetto a infezioni. Terapie con immunoglobuline anti-timocitiche e/o ciclosporina può indurre remissioni parziali nel 60-80% dei pazienti, ma la terapia definitiva è il trapianto di midollo osseo che si mostra efficace nel 60-90% dei casi. DIAGNOSI I pazienti mostrano pancitopenia con anemia normocitica normocromica, bassa conta dei reticolociti, trombocitopenia con normale morfologia piastrinica, neutropenia con normale morfologia leucocitaria. Quindi lo striscio periferico è normale, ma solo carente di cellule. Tutto questo suggerisce un meccanismo ipoproliferativo che coinvolge tutto il midollo. L'agoaspirato midollare mostra un midollo svuotato con spicole e spazi apidosi vuoti e rare cellule emopoietiche. La morfologia degli elementi midollari restanti è solitamente normale, mentre eventuali alterazioni dovrebbero favorire la diagnosi di sindrome mielodisplastica ipocellulare. In casi rari perfino la cellularità può apparire falsamente normale a causa di isolati foci di emopoiesi, in questi casi la biopsia midollare permette una migliore valutazione della cellularità e fibrosi e della presenza di cellule capellute, tipiche della leucemia a cellule capellute. La citogenetica aiuta a distinguere le AA dall'anemia di Fanconi, dalle mielodisplasie. La presenza di anomalie citogenetiche clonali favorisce la diagnosi di mielodisplasia, mentre una generale instabilità cromosomica e figure mitotiche anomale sono caratteristiche dell'anemia di Fanconi. LDH, aptoglobina (lisi GR) e test di Ham con citometria (complemento) sono utili a stabilire se l'AA è conseguente all'PNH. APLASIA SELETTIVA DELLE CELLULE ERITROIDI Detta anche Pure Red Cell Aplasia (PRCA), ne esiste anche una forma ereditaria. Può essere idiopatica o associata ad altre malattie come timomi, linfomi maligni, tumori solidi, malattie autoimmuni come lupus, artrite reumatoide, e anche infezioni virali (dei soliti 4 virus). In alcuni casi è dovuta allo sviluppo di immunoglobuline che riconoscono l'Epo. SINDROMI MIELODISPLASTICHE Le sindromi mielodisplastiche vengono chiamate anche malattie preleucemiche a causa del fatto che tendono ad evolvere facilmente in LMA.
Sono caratterizzate da pancitopenia e bassa conta reticolocitaria associata a un midollo osseo che è invece normocellulare o ipercellulare, che però mostra anomalie morfologiche ed alterazioni displastiche (alterazioni delle dimensioni, della forma e dell'organizzazione delle cellule). L'emopoiesi nelle SMD infatti è inefficace e di conseguenza i pazienti sono pancitopenici nonostante il midollo cellulato. Esistono SMD primitive o idiopatiche, e SMD correlate a terapia o secondarie che si sviluppano in seguito a trattamento di tumori con terapia radiante o chemioterapia. PATOGENESI Esistono fattori genetici predisponenti come la sindrome di Down e l'anemia di Fanconi. Radiazioni, benzene sono altre cause ambientali di SMD. Questa malattia può anche evolvere da una AA in seguito a trattamento con immunosoppressori. La SMD è una alterazione clonale acquisita che colpisce la cellula staminale ematopoietica. Questa finisce per proliferare o per un problema di microambiente midollare, per cui a causa di condizioni avverse della nicchia il midollo non matura e viene selezionato l'unico clone anomalo capace di sopravvivere, o per un problema autoimmune in cui finiscono per morire tutte le cellule normali ad eccezione del clone difettoso. La clonalità della malattia è dimostrata dalla presenza di anomalie citogenetiche o dal pattern di G6PD nelle donne. DIAGNOSI Le cellule mieloidi della SMD non hanno perduto la loro capacità di proliferare e differenziarsi come nella AA, ma vanno incontro a una maturazione abortiva che dà luogo a una inadeguata produzione di cellule mature nel sangue. La eritropoiesi inefficace è il marchio di tutte le varianti di SMD. Le SMD sono difficili da diagnosticare precocemente perché i pazienti sono spesso asintomatici. I sintomi più facilmente riscontrabili sono affaticamento, palpitazioni, cefalea. Le infezioni conseguenti a neutropenia sono più rare. Quindi quello che si nota è un'anemia cronica ben compensata, in quanto il paziente va in dispnea solo sotto sforzo. Si possono notare anomalie funzionali di neutrofili e piastrine, con conseguente elevata incidenza di infezioni e emorragie se non trattati. Per la diagnosi di SMD è fondamentale l'esame morfologico dello striscio, del midollo osseo e la citogenetica. STRISCIO PERIFERICO La citopenia può coinvolgere una o più linee, la conta dei reticolociti è bassa, indicando che l'anemia è secondaria a una difettosa produzione midollare, è presente una notevole anisocitosi (RDW alto) con indici normocitici (MCV normale). Sono presenti anomalie come i corpi di Howell-Jolly (cluster di DNA non espulsi col nucleo), anelli di Abbott e punteggiatura basofila dei GR. Sono presenti anche emazie nucleate con alterazioni displastiche. I neutrofili maturi possono avere nuclei ipolobulati, senza o con pochi granuli citoplasmatici, anche neutrofili immaturi possono essere individuati. Le piastrine osservate sono spesso grandi e agranulate, raramente si osservano micromegacariociti. AGOASPIRATO La cellularità, il numero di blasti, sideroblasti ad anello e alterazioni displastiche servono non solo per la diagnosi ma anche per la classificazione della SMD. La cellularità può essere normale o aumentata, in alcuni casi rari può osservarsi un midollo ipocellulato. Le caratteristiche diseritropoietiche comprendono anomalie nucleari (multinuclearità, frammentazione nucleare, forma bizzarra, mitosi anomale, ponti internucleari, cromatina addensata in modo anomalo), anomalie citoplasmatiche (corpi di howell-jolly, emoglobinizzazione difettosa, sideroblasti ad anello), asincronia nucleo-citoplasmatica. Tra le caratteristiche disgranulopoietiche più frequenti abbiamo ipogranulazione e iposegmentazione. I megacariociti sono solitamente con piccoli nuclei multipli e ipoglobulazione. L'indice mieloperossidasico è spesso basso. Riassumendo i segni displastici comuni sono asincronismi maturativi nucleo-citoplasma, binuclearità, nidi, blebs, punteggiatura basofila degli eritrociti, granulazione precoce e iposegmentazione, degranulazione e ipogranulosità. Micromegacariociti e alterazioni nucleari. CITOGENETICA L'analisi di citogenetica mostra nel 75% dei casi anomalie cromosomiche, che vengono sfruttate per la stratificazione del rischio. Le più frequenti sono monosomia 7, 5q- e trisomia dell'8. Delezione del 5q, delezione del 20q, delezione dell'Y e cariotipo normale sono a buona prognosi. Cariotipo complesso e anomalie del 7 sono a cattiva prognosi. BIOLOGIA MOLECOLARE Sono stati individuati in diversi casi mutazioni di ras, cFms, p53 ed pRB, serve inoltre per verificare la presenza di traslocazioni. Anche la citofluorimetria è di aiuto con gli antigeni CD34 e CD13 per verificare l'immaturità delle cellule. DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La carenza di vitamine B12, acido folico e in particolare B6 mimano la situazione displastica del midollo tipica della SMD, ma in questi casi è possibile dosare le vitamine e distinguere le 2 patologie. L'AA costituisce spesso un problema in quanto in mancanza di reperti cellulari, e anomalie cromosomiche è difficile distinguerla dalla SMD. La PNH può evolvere in AA, causando gli stessi problemi diagnostici, ma in questo caso la citofluorimetria può evidenziare la mancanza di CD55 e CD59 sulle cellule. La leucemia acuta aleucemica è un'altra situazione confondente, ma può essere diagnosticata solo sei blasti superano il 30%. La mielofibrosi acuta può mimare la SMD ma i blasti in maggior parte sono megacarioblasti.
CLASSIFICAZIONE Classificazione classica FAB (french-american-british) Tipo FAB Freq
% Blasti % Blasti % Monociti midollo sangue sidero blasti
disp oiesi
AR – anemia refrattaria
28
<5
<1
<15
Rari
+
ARSA – anemia refrattaria con sideroblasti ad anello
24
<5
<1
>15
Rari
+
AREB – anemia refrattaria con eccesso di blasti
23
5-20
<5
<15
Rari
++
LMMC – leucemia mielomonocitica cronica
16
1-20
<5
<15
>1*10^9/L
++
AREB-t – AREB in trasformazione
9
20-30
>5
<15
Variabili
++
Classificazione WHO (world health organization) Pure refractory anemia Refractory citopenia with multilineage dysplasia Pure sideroblastic anemia Refractory sideroblastic citopenia with multilineage dysplasia RAEB I <15% RAEB II >15-20% 5q- syndrome La classificazione WHO cerca di differenziare le SMD in base al coinvolgimento dei vari comparti maturativi, così la PRA è una SMD che riguarda solo i globuli rossi, mentre la RCMD coinvolge 3 lineage. La PSA e la RCMD sono varianti delle prime 2 caratterizzate dalla presenza di sideroblasti. Il termine “refrattaria” indica che queste anemie non vengono curate dalle normali cure sostitutive di ferro, vitamine, ecc, perché ovviamente il clone non è deficitario per queste, ma ha anomalie intrinseche. Il siderocita ad anello è un reticolocita con grossi accumuli di ferro, tutto intorno al nucleo fino a formare appunto un anello visibile con la colorazione appropriata. Il sideroblasto è la stessa cellula ma a un livello precedente di maturazione. Le RAEB sono caratterizzate dalla presenza di blasti, che sono superiori al 5% e quindi alla normalità, ma sono ancora troppo bassi per essere una leucemia (<30%). La sindrome 5q- è stata isolata in quanto mostra un andamento e caratteristiche citogenetiche uniche. Anche la patogenesi probabilmente è diversa, infatti si ipotizza che la causa primaria di questa sindrome sia dovuta all'anomalia del clone (il 5q-), ma, come nella PNH, a un problema del microambiente che seleziona positivamente l'unico clone capace di sopravvivere cioè quello con la delezione del 5q. Il gene responsabile della prognosi migliore in questi pazienti è probabilmente NPM1 (nucleophosmin). Questo è un fattore di trascrizione implicato in numerosissimi processi, al punto da funzionare da oncogene o oncosoppressore a seconda dei contesti. Mutazioni di NPM1, o sue traslocazioni sono ritrovate anche in altre leucemie, e la caratteristica comune è che i pazienti hanno una prognosi migliore, il suo coinvolgimento nella SMD è ipotizzato sia per il ritrovamento di mutazioni in questo gene, ma soprattutto perché NPM1 si trova sul braccio lungo del cromosoma 5. Il decorso è legato alla fravità della citopenia e al numero di blasti, quindi AR e ARSA sono quelle a prognosi buona con una lunga fase cronica. La sindrome 5q- è quella a prognosi migliore. Molti pazienti muoiono in seguito alle complicanze causate dalla pancitopenia e alle misure adottate per il loro trattamento, in caso di sopravvivenza, la SMD evolve in LMA. AREB e AREB-t sono quelle varianti in cui si ha la maggiore frequenza di trasformazione in LMA. La LMMC ha una prognosi intermedia. E' possibile calcolare un punteggio prognostico sulla base di numero di blasti, gravità della pancitopenia e anomalie cromosomiche presenti.
TERAPIA Il trapianto di midollo osseo allogenico è il solo trattamento curativo per le SMD. Lo scoring prognostico aiuta a scegliere anche il momento migliore per effettuare questa terapia, mentre nel frattempo si aggredisce la malattia con farmaci chemioterapici, che attraverso la soppressione del clone anormale, favorisce la ricostituzione ematologica, evitando in parte la necessità di trasfusioni. Infatti è di fondamentale importanza ridurre quest’ultime perché a lungo andare causano emocromatosi, in questo senso è molto utile dosare la ferritina per capire la gravità dell'accumulo di ferro nei tessuti. 5-azacitidina e decitabina, che sono ipometilanti, si sono dimostrate efficaci in questo e nel ritardare la progressione a LMA. La lenalidomide è stata approvata solo per il trattamento della sindrome 5q-, quindi una veloce risposta citogenetica è utile nella MDS anche nella decisione della terapia. La chemioterapia però permette risposte transitorie solo in una bassa percentuale di pazienti. Come terapia di supporto per indurre la crescita dei normali progenitori ematopoietici si può somministrare Epo, la cui efficacia è stata più volte dimostrata, ma anche altri fattori di crescita come G-CSF. Per un breve periodo di tempo sono state anche tentate strategie di differenziazione con vitamina D3 o interferoni, che stimolavano la maturazione normale dei blasti, tuttavia con scarso successo. Il trapianto di midollo può essere curativo nel 60% dei pazienti. MALATTIE MIELOPROLIFERATIVE Le malattie, sindromi o disordini mieloproliferativi sono un gruppo di patologie del midollo osseo in cui viene prodotto un eccesso di cellule. Sono correlate con, e possono evolvere in SMD e LMA, anche se complessivamente hanno una prognosi migliore rispetto a queste. Le malattie mieloproliferative comprendono la policitemia vera, trombocitemia essenziale e mielofibrosi. Storicamente comprende anche la LMC, tuttavia questa ha caratteristiche sue particolari che la rendono profondamente distinta dalle altre 3. Nel 2001 sono state aggiunte dal WHO a questo gruppo anche la leucemia cronica eosinofila, la sindrome ipereosinofilica e la leucemia neutrofilica cronica. CLASSIFICAZIONE Una prima distinzione tra queste malattie può essere fatta sulla base del cromosoma Philadelphia, che è presente in praticamente tutti i casi di LMC ed assente in PV, ET ed MF. Queste ultime 3 sono spesso caratterizzate in una mutazione nella chinasi JAK2. La mutazione più frequentemente ritrovata è la V617F, che rende la chinasi costitutivamente attiva. JAK2 è coinvolta nel signaling di numerosi fattori di crescita come GM-CSF (IL-3R, IL-5R e GM-CSF-R), e soprattutto eritropoietina (Epo-R), trombopoietina (Tpo-R), GH (GH-R) e prolattina (PRL-R). La mutazione V617F rende le cellule molto più sensibili ai fattori di crescita come Epo e Tpo, stimolando questa a una proliferazione incontrollata, e inibizione per competizione degli altri progenitori normali. La MF è caratterizzata nel 50% dei casi da mutazioni di JAK2 e nel 5% dei casi nel recettore per la trombopoietina. La PV è associata a mutazioni di JAK2 in oltre l'80% dei casi. La ET è associata a mutazioni di JAK2 nel 20% dei casi e 15% del recettore per la trombopoietina. La sola mutazione di JAK2 non è sufficiente a causare una malattia mieloproliferativa. Inoltre il fatto che questo gene si trovi a valle di diversi pathways diversi, la MPD non sempre si presenta con un fenotipo “preciso”, ma ci sono spesso casi di sindromi di transizione a cavallo tra PV e MF, PV e ET, ecc, in cui il clone non ha ancora preso una via di differenziamento precisa. In seguito con l'avanzare della malattia questa acquisisce caratteristiche più decise, che rendono più facile la classificazione. Le 3 malattie sono caratterizzate da un'evoluzione in fasi: fase cellulare e fase fibrotica. La fase cellulare è diversa in tutt'e 3 le MPD, ed è caratterizzata da un aumento di cluster di megacariociti, fibrosi collagenosa e reticolare, aumento di precursori mieloidi nella MF, mentre nella PV si notano anche precursori eritroidi, nella ET si notano solo grossi megacariociti con fibrosi e piccolo aumento di cellularità midollare. La fase fibrotica è quella in cui evolvono tutte le MPD con sostituzione del midollo osseo con fibrosi collagenosa con mancanza di elementi midollari. POLICITEMIA VERA La PV è caratterizzata da sovraproduzione di GR, granulociti e piastrine fenotipicamente normali, ed è la più comune MPD. E' caratterizzata dalla mutazione V617F di JAK2, e sono state descritte l'acquisizione di anomalie cromosomiche non-random in pazienti non trattati, di cui le più frequenti sono 20q-, 8+, 9+, quindi somigliano alla SMD. A testimonianza dell'attivazione costitutiva del pathway dell'eritropoietina, le cellule progenitrici eritroidi della PV possono crescere in vitro in assenza di Epo. Tale anomalia è stata vista anche nella ET a conferma del fatto che è dovuta alla mutazione V617F. La patologia è causata dalla dominanza clonale delle cellule patologiche sul midollo normale, la cui
proliferazione viene quindi soppressa, di conseguenza le cellule ritrovate in circolo rappresentano quelle della progenie del clone trasformato. In questo senso diventa molto semplice il monitoraggio della malattia attraverso il dosaggio di cellule V617F mutate nel sangue periferico. DIAGNOSI Il sintomo più comune nei pazienti è il prurito indotto da acqua calda, è presente inoltre una massiva splenomegalia dovuta al fatto che la milza deve eliminare una gran quantità di globuli rossi dal circolo. Siccome la PV porta anche un'alta produzione di piastrine, i pazienti possono presentare anche tendenza alle trombosi. Un sintomo raro ma frequente è l'eritromelalgia: un dolore acuto e bruciante a mani o piedi accompagnato da un arrossamento della pelle, che risponde a trattamento con aspirina. La elevata produzione di GR abbassa fortemente i livelli di Epo per feedback negativo, causato dal forte aumento di viscosità del sangue. Il livello di Hb ed Hct è fortemente influenzato dal volume plasmatico per cui non vi è una buona correlazione lineare tra ematocrito e massa eritrocitaria. Per cui una valutazione assoluta dell'eritrocitosi non può prescindere da una misurazione del volume plasmatico. Nella PV, infatti, di pari passo con l'aumento di massa eritrocitaria si ha un aumento del volume plasmatico che può farci sottostimare di molto o addirittura mascherare la gravità della condizione patologica. Cosa che non succede, ad esempio, con l'eritrocitosi da Epo, in cui il volume plasmatico non aumenta (vedi ciclisti, che per questo motivo hanno la marmellata nelle vene). Il solo metodo attendibile per una valutazione della massa eritrocitaria è la diluizione isotopica utilizzando eritrociti del paziente marcati con carbonio-51. Si mettono in circolo questi GR autologhi marcati e si aspettano 90 minuti, per farli distibuire uniformemente nel sangue. Poi si prende un campione di sangue periferico e in base alla radioattività misurata rispetto ai globuli rossi presenti possiamo risalire alla quantità totale di GR. Questo esame comunque è utile nei casi subdoli, mentre molto più frequentemente il paziente si presenta con 8-9 milioni di GR per mm cubo, occasionalmente anche 11, e un ematocrito di 70-80%. Anche l'RDW è solitamente elevato, a differenza del tratto beta-talassemico in cui vi è eritrocitosi microcitica ma omogenea. Lo striscio di sangue non sarà interpretabile a causa del marcato aumento di GR. Il tempo di circolazione del sangue nel corpo può aumentare anche di 2 volte rispetto al normale, l'aumento di GR causa un aumento di viscosità fino a 5 volte e il flusso nei capillari per questo motivo tende a diventare estremamente ostacolato. TERAPIA La terapia della PV mira a mantenere accettabili i livelli di Hb e Hct, ed evitare le complicazioni trombotiche associate all'elevata massa eritrocitaria. A inizio terapia si fanno salassi per ridurre la iperviscosità, fino a raggiungere valori compresi nel range di normalità, e si ripetono poi periodicamente fino a indurre uno stato di deficit di ferro che previene una riespansione accelerata della massa eritrocitaria. Una volta stabilito il deficit marziale, sono richiesti salassi solo a intervalli di 3 mesi. L'iperattivazione midollare causa una iperuricemia, ma essendo asintomatica non richiede terapia. Viene somministrato allopurinolo nei casi limite per evitare un aumento troppo marcato di acido urico. In casi più gravi quando è necessario abbassare velocemente la conta piastrinica si utilizzano chemioterapici come idrossiurea oppure IFNa. In passato si sono effettuate anche iniezioni di P32, o agenti alchilanti ora proibite in quanto causano un elevato rischio di trasformazione in LMA. Sono in corso attualmente anche trials clinici dove si prevede l'impiego di inibitori specifici per JAK2. Se trattati in quest'ottica i pazienti con PV possono vivere a lungo e bene, aspettative di vita limitate sono dovute più che altro a un controllo inadeguato della massa eritrocitaria. MIELOFIBROSI IDIOPATICA La MF è conosciuta anche come metaplasia mieloide, mielofibrosi cronica idiopatica o mielofibrosi cronica. E' caratterizzata dalla proliferazione di un clone anormale nel midollo osseo e dal progressivo rimpiazzamento del midollo osseo con tessuto connettivo fibroso. Emopoiesi extramidollare e splenomegalia sono altri segni tipici. Metaplasia e spenomegalia sono anche tipici di PV, così come la V617F, ecco perché distinguere tra queste patologie non è facile come sembra. Oltre a V617F sono presenti anomali citogenetiche non random come 20q-, 13q- e 21+. Nella MF si nota una sovrapproduzione di collagene III da parte di fibroblasti che non fanno parte del clone neoplastico, e che è probabilmente dovuta al PDGF e TGF-beta. DIAGNOSI I pazienti si presentano solitamente con splenomegalia. Nello striscio periferico si notano segni di emopoiesi extramidollare, come GR a forma di lacrima, eritrociti nucleati, mielociti e promielociti, piastrine grandi e di forma bizzarra. Ci può essere lieve anemia all'inizio, e conta leucocitaria e piastrinica possono essere elevate o normali. A causa di osteosclerosi, può essere
impossibile effettuare un agoaspirato midollare. La biopsia midollare invece indica ipercellularità con iperplasia trilineare, con particolare aumento dei megacariociti, ma senza anomalie morfologiche caratteristiche. Talvolta i pazienti MF sono positivi a test autoimmuni come Ab anti-nucleo, fattore reumatoide, test di Coombs. L'analisi citogenetica e molecolare sono fondamentali per escludere LMC. TERAPIA La mielofibrosi porta a una progressiva insufficienza midollare. La sopravvivenza media è di 5 anni e la morte sopraggiunge per infezioni, emorragie, trasformazione leucemica. L'unica terapia è il trapianto allogenico di midollo osseo. Trattamenti di supporto includono allopurinolo per il controllo dell'uricemia, idrossiurea per il controllo del clone, in alcuni casi si può usare lenalidomide e talidomide. Possono essere necessarie trasfusioni di sangue. TROMBOCITEMIA ESSENZIALE La ET è caratterizzata da una elevata produzione di piastrine senza una causa definibile. Le piastrine sono infatti soggette ad aumento sia durante le infezioni, sia in caso di altre neoplasie, ma anche in tutta una serie di malattie ematologiche che abbiamo visto come anemia sideropenica, emorragie, TE, MF, PV, LMC, SMD, correzione di deficit di folati e cobalamina. Questo è probabilmente dovuto alla grande importanza che rivestono le citochine nello sviluppo megacariocitico. I megacariociti sono cellule polinucleate che originano per divisione endomitotica. I progenitori megacariocitari precoci necessitano IL-3, SCF, per la proliferazione ottimale, poi IL-6 e IL-11 per lo sviluppo successivo. La trombopoietina soprattutto è necessaria per la normale duplicazione endomitotica e lo sviluppo citoplasmatico, ma non è chiaro se agisca come un mitogeno o un fattore di sopravvivenza. La clonalità della ET è stata dimostrata attraverso pattern degli isoenzimi G6PD. DIAGNOSI A1. Conta piastrinica > 500000 /µL A2. Presenza di mutazione V617F B1. Assenza di cause di trombocitosi reattiva B2. No evidenza di deficit marziale B3. No evidenza di PV B4. No evidenza di CML t(9;22) B5. No evidenza di MF B6. No evidenza di SMD Questi criteri sono divisi in A e B in quanto i criteri A sono più indicativi di ET rispetto ai criteri B. La diagnosi può essere fatta quando sono presenti i criteri (A1, A2) + (B3->B6), oppure A1 + (B1->B6). Quello che è evidente è che la diagnosi di ET è fatta per esclusione. Solitamente il paziente viene individuato attraverso un'analisi di routine in cui si riscontra una trombocitemia, e le piastrine possono essere anche di grandi dimensioni. A causa della perdita di potassio dalle piastrine si nota anche iperkaliemia ma questo è un artefatto di laboratorio. PT e aPTT sono normali, ma può essere alterata la funzionalità piastrinica. Non vi sono segni o sintomi specifici, e il paziente può presentare tanto tendenza emorragica quanto trombotica. La splenomegalia è lieve, e non massiva come negli altri distrubi mieloproliferativi. L'elevata conta piastrinica può rendere impossibile l'aspirato, ma non la biopsia, così come accade nella MF. Può essere presente un aumento delle fibre reticoliniche, ma questo non deve essere eccessivo altrimenti bisogna propendere verso la diagnosi di MF. I depositi marziali sono presenti, mentre la loro assenza deve farci propendere per la PV. L'analisi citogenetica e molecolare sono importantissime e necessarie nella misura in cui bisogna escludere con certezza tutte le altre cause di trombocitosi secondaria ad altre patologie. TERAPIA I pazienti solitamente non richiedono terapia, ecco perché occorre diagnosticare bene questa patologia, perché tutti gli altri casi di diagnosi differenziale devono essere sottoposti a trattamento. Per diminuire la conta piastrinica si può usare idrossiurea e IFNa come nella MF. SINDROMI IMMUPROLIFERATIVE Le sindromi immunoproliferative sono disordini del sistema immune caratterizzati dalla proliferazione anomala di cellule B, T e NK, o dall'eccessiva produzione di immunoglobuline. La differenza tra queste sindromi e i linfomi è il coinvolgimento midollare: le sindromi immunoproliferative sono caratterizzate dall'espansione nel midollo e nel sangue periferico, a differenza dei linfomi, che leucemizzano solo raramente. Le sindromi immuproliferative coinvolgono nella stragrande maggioranza dei casi anche organo sede di espansione linfocitaria: in primo luogo linfonodi, poi milza, midollo, timo, e anche stomaco (linfomi
gastrici legati a H. pilori). I disordini immunoproliferativi sono divisi in 3 classi: disordini linfoproliferativi, ipergammaglobulinemia e paraproteinemia, le patologie che prenderemo in considerazione sono: Gammapatia monoclonale di incerto significato MGUS (em-gas) Leucemia linfatica cronica LLC Malattia di Waldenstroem MW Mieloma multiplo MM MONOCLONAL GAMMOPATHY OF UNCERTAIN SIGNIFICANCE – MGUS La gammopatia monoclonale di incerto significato consiste nell'accumulo di una Ig monoclonale in circolo. Solitamente si tratta di IgG o IgA, più raramente IgM, ma in quest'ultimo caso non viene ritenuta una MGUS, bensì una gammopatia IgM. Questa Ig deve essere per forza di cose prodotta da un clone di cellule B, ma non vuol dire che siamo di fronte a una malattia linfoproliferativa, in quanto questa MGUS non evolve sempre in MM o linfomi, anzi, può durare diverse decadi per poi scomparire. Non viene curata, in quanto gli interventi terapeutici non diminuiscono il rischio di trasformazione, ma viene tenuta sotto osservazione. La diagnosi di MGUS viene fatta semplicemente grazie al quadro proteico in cui nella zona gamma si nota un picco alto e stretto come quello dell'albumina. L'altezza del picco indica l'accumulo di una proteina e la larghezza molto ridotta del picco indica che le proteine sono della stessa specie (così come accade per l'albumina). L'area del picco indica la quantità di proteina presente (< 3g/dL). Al QPE si affianca anche una immunoelettroforesi per caratterizzare il tipo di Ig accumulata. L'analisi dell'agoaspirato mostra una lieve plasmocitosi midollare con % di plasmacellule inferiore al 10%, e non deve esserci evidenza di anemia, ipercalcemia o osteolisi e insufficienza renale, altrimenti la diagnosi è di MM. IMMUNOELETTROFORESI E IMMUNOFISSAZIONE L'analisi delle Ig, dimostra che il clone mostra mutazioni nelle catene leggere, per cui ha subito ipermutazione somatica: si tratta di una cellula B che ha incontrato un Ag ma che non è poi andata in apoptosi. Per dimostrare la clonalità della Ig, e la sua restrizione kappa o lambda si effettua una immunoelettroforesi o immunofissazione. Le 2 tecniche sono diverse, nonostante il prof parli di immunofissazione chiamandola immunoelettroforesi. Nella immunoelettroforesi, le proteine di sangue o urine vengono fatte correre su un gel come in una normale elettroforesi delle proteine, tra queste saranno presenti anche le Ig. Sul bordo del gel vengono poi introdotti antisieri specifici anti-IgA, anti-IgG, anti-IgM, ma anche anti-catene-kappa e anti-catene-lambda, e si lascia incubare una notte. Le proteine sul gel diffonderanno radialmente, mentre il nostro antisiero (trovandosi sul bordo) diffonde lateralmente. Quando una anti-Ig incontra la sua Ig corrispondente, si legano e viene formato un complesso che precipita. Per il modo in cui diffondono le proteine si generano degli archi di precipitato, che sono visualizzabili tramite colorazione di Blue Comassie. Le Ig sono policlonali sono tutte relativamente diverse tra loro e formano un arco sfuocato, ma se è presente una Ig monoclonale questa è formata da molecole tutte uguali oltre a quelle già presenti per cui all'IEF tendono a formare archi aggiuntivi e appaiono come un arco aggiuntivo molto marcato. Dal confronto degli archi formati si può risalire alla Ig prodotta e alla restrizione k/l in quanto i 2 archi coincidono: se per esempio il paziente ha un clone neoplastico che produce tutte IgG di tipo kappa, noterai che l'antisiero anti-kappa forma un arco perfettamente sovrapponibile a quello anomalo che si nota con l'antisiero anti-IgG. Nella immunofissazione si tratta della fissazione in situ, mediante antisiero monospecifico, di una singola proteina contenuta nel tracciato elettroforetico. Dopo elettroforesi è possibile precipitare una singola individualità proteica mediante completa immersione della membrana in antisiero diluito; la reazione con il rispettivo antigene darà luogo alla formazione di uno stabile immunoprecipitato. La membrana, successivamente lavata in soluzione salina per rimuovere le proteine non precipitate, viene trattata con opportuna soluzione cromogena al fine di evidenziare, mediante colorazione diretta, l'immunocomplesso fissato nelle maglie della membrana stessa (metodo secondo Aguzzi e Rezzani). La concentrazione della Componente Monoclonale, nel campione, deve soddisfare le condizioni di equilibrio necessarie per la formazione di uno stabile immunocomplesso dopo il trattamento con l'antisiero, e può essere pertanto quantizzata. Una variante della immunofissazione prevede che gli Ab siano già presenti sul gel, legati al vetrino, questo permette di analizzare anche più specie proteiche o Ig contemporaneamente. LEUCEMIA LINFATICA CRONICA – LLC La LLC è una proliferazione anormale di una cellula B, che si accumula preferenzialmente nel midollo con possibile coinvolgimento di linfonodi e milza. Possono essere anche a cellule T, ma sono più frequenti in
oriente. La prognosi è molto variabile da 5 a più di 25 anni e dipende soprattutto dalle anomalie citogenetiche riscontrate. Le forme a decorso lento non necessitano di alcun trattamento. Una LLC può produrre oppure no una Ig a seconda del punto in cui si è bloccato il clone, IgH è solitamente riarrangiato. L'eccessiva produzione di Ig causa l'inibizione della produzione del resto delle Ig rendendo il paziente immunocompromesso e a rischio di infezioni. DIAGNOSI Una conta di 4000/µL linfociti in una persona anziana dovrebbe essere fortemente suggestiva di LLC. Allo striscio periferico i linfociti appaiono tutti monomorfi, mentre in condizioni normali sono mononucleati con citoplasma di dimensioni variabili e possono contenere granuli, se si trattano di linfociti T helper. L'85% dei linfociti circolanti è di tipo T. Anemia e piastrinopenia possono suggerire un coinvolgimento midollare. La citofluorimetria aiuta molto nella diagnosi in quanto queste leucemie sono spesso positive per CD5 e CD23. La dimostrazione di clonalità della linfocitosi è di fondamentale importanza nella LLC e può essere identificata attraverso l'analisi della restrizione kappa o lambda di eventuali anticorpi prodotti. La citogenetica è di fondamentale importanza nella LLC sia per la dimostrazione della clonalità, sia per la prognosi, sia per la scelta terapeutica. Purtroppo la LLC è molto avara di metafasi, per cui le indagini riguardano soprattutto un pannello di sonde per la FISH. Queste comprendono l'analisi di delezioni di p53 (5-10%) e ATM (5-10%) che hanno una prognosi molto sfavorevole, trisomia del cromosoma 12 (10-20%) a prognosi intermedia, delezione del braccio lungo del cromosoma 13 (50%) che hanno la prognosi migliore, perfino di decadi. MALATTIA DI WALDENSTROEM – MW La MW evolve solitamente da una gammopatia IgM. E' difficilissima da controllare e curare, resta tutt'oggi non eradicabile. La MW è una patologia dovuta all'espansione di un clone B che produce una IgM. I sintomi maggiori sono dovuti in gran parte alla sovraproduzione di IgM, che essendo idrofilica assorbe molta acqua e aumenta la viscosità: la sindrome da iperviscosità è presente nel 5-20% dei casi. Il coinvolgimento midollare causa anemia normocitica normocromica nell'80% dei casi, e possono essere osservati anche leucopenia e trombocitopenia. Il quadro proteico mostra un picco nella zona beta-gamma (le IgM sono più pesanti delle IgG) ma non può essere identificato. La Ig deve essere caratterizzata tramite immunoelettroforesi e immunofissazione come IgM, e solitamente kappa-ristretta. Anche la viscosità plasmatica dovrebbe essere misurata. Le cellule responsabili della produzione di IgM possono essere identificate nel sangue periferico e nel midollo. MIELOMA MULTIPLO – MM Il mieloma multiplo è una leucemia delle plasmacellule. La cellula metastatizza spesso diffondendosi nell'osso vicino, formando dei grossi cluster che attivano gli osteoclasti e causano osteolisi. Il clone maligno produce anche Ig, o talvolta solo una catena leggera (mielomi micromolecolari) o più raramente una catena pesante. Queste Ig causano problemi renali in quando formano precipitati nell'organo. Il paziente può presentarsi con dolore osseo in quanto il mieloma invade l'osso. La localizzazione più pericolosa sono le vertebre in quanto l'osteolisi può provocarne la frattura e di conseguenza paralisi. L'attivazione degli osteoclasti è causata dalla produzione di IL-1 da parte del clone. L'osteolisi può essere evidenziata tramite RX, e causa, inoltre, un aumento della calcemia. L'aumentata produzione di Ig causa la soppressione della normale produzione di Ig, quindi abbiamo una gammopatia monoclonale con ipogammaglobulinemia. Questa situazione in associazione con una invasione midollare più o meno spinta causa suscettibilità alle infezioni. Le plasmacellule nel midollo sono solitamente < 2%, ma nel MM possono arrivare a invadere l'intero midollo e pancitopenia a livello periferico, sono caratterizzate da un citoplasma ampio e vacuolato. L'anemia può essere presente ed essere normocitica normocromica. L'insufficienza renale può svilupparsi in maniera acuta o cronica ed è comunemente dovuta all'ipercalcemia, ma può essere anche dovuta alla produzione di catene leggere, anche chiamate proteine di Bence-Jones, che possono essere ritrovate nelle urine (protenuria di Bence-Jones). L'ipercalcemia può causare anche problemi neurologici come confusione e affaticamento, alterando la conduzione nervosa. L'iperviscosità dovuta all'accumulo di Ig nel plasma può causare retinopatia. Il MM può evolvere da una MGUS. PATOGENESI Il MM è una malattia che la biologia molecolare riesce a spiegare molto poco, mentre invece studi di citogenetica stanno aiutando a comprenderla, e forniscono un fondamentale contributo a diagnosi e prognosi.
Dalle analisi citogenetiche convenzionali e' emerso che nel 30-59% dei pazienti mielomatosi e possibile rilevare anomalie cariotipiche. L'estensione e la frequenza di queste e' correlabile con lo stadio della malattia, al prognosi e la risposta primaria alla terapia. Caratteristiche anomalie numeriche sono la monosomia 13 e le trisomie dei cromosomi 3, 5, 7, 9, 11, 15 e 19. Anomalie strutturali non casuali più frequentemente coinvolgono il cromosona 1, con nessuna apparente specificità di locus: il 14q32(IgH) nel 20-40%; il locus 11q13(bcl-1) in circa il 20% dei casi. Si registra la delezione interstiziale 13q14 nel 15% dei casi ed il coinvolgimento del locus 8q24 in circa il 10%. La lesione genetica principale in molti tumori dei linfociti B coinvolge l'attivazione di un oncogene, come conseguenza di una traslocazione a carico del locus IgH (14q32.2), o meno frequentemente traslocazioni variabili su uno dei loci IgL variabili (2p12, kappa o 22q11, lambda). Nel 40% dei mielomi è ritrovata una traslocazione del gene IgH localizzato su 14q32, lo spostamento del fortissimo promotore della catena pesante delle Ig, causa un'elevatissima espressione della proteina a valle. Nel 30% di queste il partner è la ciclina D1 11q13, nel 5% è c-Myc (8q24). Altri casi frequenti sono la t(4;14) che coinvolge il recettore tipo III del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR3) e la traslocazione t(14;18) che coinvolge Bcl-2, che conferisce protezione e resistenza all'apoptosi dagli effetti del desametasone (utilizzato nella terapia del MM), deprivazione di citochine trofiche (IL-6) e farmaci citotossici. Mutazioni del gene di Ras avvengono in circa il 39% dei pazienti con mieloma multiplo appena diagnosticato e la loro frequenza aumenta con la progressione della malattia. N-Ras e K-Ras raramente sono mutati in plasmocitomi solitari, ma la loro frequenza puo' raggiungere il 30% nella forma multipla e circa il 70% nella forma disseminata. Mutazioni attivanti di Ras possono portare all'indipendenza cellulare dai fattori di crescita e alla soppressione della morte cellulare programmata o apoptosi dei linfociti B mielomatosi. Le mutazioni a carico dell'oncogene retinoblastoma (Rb) sono molto frequenti nel MM (fino al 70% dei pazienti). Infine, la mutazione dell'oncosoppressore p53 è un evento non comune nel MM (nel 5% dei mielomi inattivi) e se avviene, si presenta solo nello stadio molto avanzato della malattia. TERAPIA Il MM deve essere considerato una malattia incurabile, ma si puo' fronteggiare con diversi mezzi. La chemioterapia associata alla radioterapia palliativa puo' tamponare molta della fenomenologia decalcificante e dolorosa del paziente. L'attuale regime terapeutico prevedel'uso della talidomide e lenalidomide in combinazione con desametasone e bortezomib. I primi 2 composti bloccano la produzione del tumor necrosis factor alfa (TNF) da parte delle plasmacellule tumorali, che lo usano come fattore di crescita e mediatore di molta della sintomatologia (febbre, osteopenia, ecc.). Il trapianto autologo di cellule emopoietiche è il tipo più comune di trapianto effettuato nel MM ma non è curativo, sebbene prolunghi la sopravvivenza complessiva. Il trapianto allogenico ha potenziale terapeutico ma è disponibile solo per una bassa percentuale di pazienti. Una ricaduta è praticamente nella storia fisiologica del mieloma, anzi anche dopo il trapianto è possibile notare comunque una persistente gammopatia che è tanto più grave quante più cellule tumorali hanno resistito. TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO Il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali ematopoietiche può servire per sostituire un midollo anormale ma non neoplastico (per esempio a causa di malattie genetiche) che è stato deliberatamente distrutto da chemioterapia o radioterapia, somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia a dosi mielotossiche per il trattamento di una neoplasia maligna. Con il TMO possono essere curate malattie sia congenite che acquisite, leucemie e linfomi e neoplasie maligne che mostrano una curva dose-risposta nei confronti della chemioterapia. Le sorgenti di cellule staminali emopoietiche possono essere midollo, sangue periferico, cordone ombelicale e fegato fetale, ma gli ultimi 2 a causa della scarsità di materiale non sono impiegati negli adulti. Solo il sangue cordonale quando particolarmente abbondante può essere utilizzato nei bambini. Quando il donatore di cellule staminali è una persona diversa dal ricevente, il trapianto è detto allogenico, se donatore e ricevente sono la stessa persona il trapianto è autologo. Un caso particolare costituisce quello in cui il donatore sia il fratello gemello del ricevente: in questo caso il trapianto è detto singenico, ed è equivalente a quello autologo. In tutti questi tipi di trapianto di midollo, le cellule emopoietiche vengono infuse in una vena periferica del
ricevente, queste poi vanno ad insediarsi spontaneamente all'interno dell'endostio, per un processo chiamato homing. La procedura trapiantologica prevede più fasi: preparazione al trapianto, trapianto, terapia di supporto. PREPARAZIONE AL TRAPIANTO Al ricevente vengono somministrate alte dosi di chemioterapia con o senza pan-irradiazione. Lo scopo di questa fase è quello di eradicare tutte le cellule neoplastiche residue e compromettere il sistema immunitario in modo da evitare il rigetto dell'allotrapianto a opera di cellule immunologicamente reattive, e creare spazio nel midollo affinché nuove cellule attecchiscano. Questa fase è chiamata condizionamento (preoperatorio), e i farmaci usati sono mielotossici e causano grave tossicità anche ad altri organi. Nei trapianti allogenici si utilizza una combinazione di ciclofosfamide e busulfan (molto mielotossico) o una total-body irradiation. Questo tipo di regime di condizionamento è effettuato nei casi di trapianto mieloablativo, oggi si può scegliere anche un tipo di trapianto non-mieloablativo o “mini” trapianto allogenico, in cui sono utilizzate dosi più basse di chemioterapici in modo da ridurre significativamente i rischi connessi alla mieloablazione, a patto però di indurre uno stato di immunosoppressione nei primi stadi del trapianto. L'esito di un trapianto non-mieloablativo è uno stato di chimerismo, in cui il midollo osseo del ricevente risulterà formato da un mix di cellule proprie e del donatore. La riduzione delle dosi di immunosoppressori i n seguito al trapianto permette di indurre una graft-versus-host disease, che in questo caso è desiderata: il midollo innestato (graft) si ricostituisce e riconosce come non self gli organi del ricevente (host - ospite). Il nuovo sistema immune attacca di preferenza i tessuti ad alta replicazione come cute e intestino, per cui anche le cellule ematopoietiche dell'ospite e quelle leucemiche aiutando a eradicare completamente la malattia in un processo chiamato Graft versus Leukemia. Anche il fegato soffre per la GvHD in quanto raccoglie tutti gli antigeni assorbiti con la dieta provenienti dalla vena porta. Il midollo del donatore può subire dei trattamenti prima dell'innesto; ad esempio può essere depleto dai linfociti T, in maniera da ridurre il rischio di GvHD, ma in questi casi l'attecchimento non è efficace: il paziente sviluppa un chimerismo come nel trapianto non-mieloablativo e inoltre si perde la GvL. Nel caso di malattie ematologiche non neoplastiche è possibile, ovviamente, impiegare un regime di condizionamento poco intenso a patto di infondere un numero maggiore di cellule del donatore. Bisogna infatti considerare che il midollo donato è intrisecamente avvantaggiato rispetto a quello del ricevente, che ha un difetto. Nel caso la donazione di cellule staminali avvenga da sangue periferico, anche il donatore riceve un trattamento chiamato mobilizzazione, volto ad aumentare il numero di cellule staminali recuperabili dal sangue. La raccolta può avvenire anche da sangue periferico, somministrando al donatore un citostatico come ciclofosfamide per 5 giorni e poi G-CSF che aumenta il numero di cellule staminali. Con questa combinazione le prime cellule a dividersi saranno quelle staminali che verranno anche ritrovate in circolo. PROCEDURA DI TRAPIANTO La raccolta di midollo osseo dal donatore è chiamata espianto. Viene effettuata tramite ripetute aspirazioni dalla cresta iliaca posteriore, fino a quando non si riesce ad ottenere un numero sufficiente di cellule; a questo scopo può essere prelevato anche dalla cresta iliaca anteriore e dallo sterno. Se la fonte è il sangue periferico, dopo la mobilizzazione, si aspettano altri 5 giorni e vengono contate le cellule quotidianamente, in particolare il numero di CD34, fino a quando si raggiunge un picco, in cui si comincia l'aferesi: mediante un filtro vengono recuperate tutte le mononucleate e si lasciano in circolo GR e piastrine. Nel caso di un trapianto AB0 incompatibile, è necessario rimuovere inizialmente gli eritrociti maturi dal trapianto, per evitare che l'host reagisca contro di questi. Tuttavia dopo l'innesto questo problema non si presenta più in quanto è il graft, con i suoi GR, a prendere il controllo del sistema immune. La quantità di cellule CD34 necessarie al trapianto è di 1-3*10^5/µL/Kg, mentre totalmente sono raccolte 58*10^8 cellule per Kg di peso corporeo. TERAPIA DI SUPPORTO POST-TRAPIANTO Tutti i pazienti sottoposti a TMO necessitano di intense cure dal periodo che va dall'infusione alla completa ricostituzione ematologica. Infatti a causa dell'ablazione midollare il ricevente è carente di GR, piastrine e leucociti, restando suscettibile soprattutto a infezioni, emorragie. Un altro grande problema è il controllo della GvHD. Contro la GvHD si somministra metotrexato, FK506, ciclosporina e prednisone, questi ultimi 2 azzerano l'immunità inibendo selettivamente le cellule T, lasciando libero il midollo di attecchire. Per la carenza di GR e piastrine si effettuano terapie di supporto con emocomponenti, in modo da tenere l'Hb sopra 8 g/dL, e le piastrine sopra 20000 /µL. Il tempo medio di ripristino di una conta granulocitaria superiore a 500 /µL è di 10-20 giorni, mentre il ripristino delle piastrine avviene più lentamente. L'attecchimento deve essere verificato e ciò può essere fatto tramite controllo del gruppo sanguigno in caso donatore e ricevente fossero stati AB0 incompatibili, FISH in caso di trapianto maschio-femmina o viceversa,
pcr, rflp e southern negli altri casi per rintracciare polimorfismi diversi tra ricevente e donatore. In realtà FISH, pcr, southern e rflp servono anche a ricercare le anomalie caratteristiche del tumore, per individuare precocemente la recidiva. GRAFT VERSUS HOST DISEASE – GvHD E RIGETTO La GvHD è una complicanzione del TMO, in cui le cellule trapiantate (graft) riconoscono come non-self le cellule dell'ospite e montano una risposta immunitaria. Affinché si verifichi la GvHD è necessario il trapianto di un graft immunocompetente, che il ricevente sia istoincompatibile e infine che sia immunocompromesso. Esistono 2 tipi di GvHD: acuta e cronica. Nella GvHD acuta o fulminante si verifica dopo un breve periodo di tempo dopo il trapianto, probabilmente a causa dell'infusione di cellule T già immunocompetenti contro l'ospite. Questo tipo aggredisce i tessuti epiteliali di cute, fegato e tratto gastrointestinale, causando distruzione tissutale, che se estesa può portare a morte il paziente. Essa è probabilmente mediata da TNFalfa e IFNgamma. Viene tenuta sotto-controllo tramite farmaci immunosoppressori specifici per i linfociti T. La GvHD cronica compare dopo più di 3 mesi dal trapianto: perfino quando donatore e ricevente sono HLAidentici, esistono incompatibilità a livello di altri loci istocompatibilità minori, contro cui le cellule T del graft possono allestire una risposta, che è alla base della GvHD cronica. E' caratterizzata da atrofia e fibrosi degli organi colpiti senza apparente distruzione cellulare. La complicanza più grave si ha quando vengono colpiti i polmoni con obliterazione delle vie aeree e riguardo infezioni opportunistiche che possono instaurarsi nel quadro autoimmune. Ci sono varie ipotesi sulla sua origine e riguardano una possibile risposta fibrotica ai danni causati dalla GvHD acuta, oppure può essere causata da una risposta ischemica ai danni vascolari. La GvHD è la maggiore causa di mortalità associata al trapianto, ma in realtà è anche uno strumento molto potente contro le recidive tumorali. Infatti infusione di linfociti T dal donatore, ottenute mediante leucaferesi, permette di indurre una remissione completa della recidiva leucemica, in particolare di LMC. Il caso contrario della GvHD è il rigetto di trapianto. Questo è dovuto alla sopravvivenza di cellule immunocompetenti dell'ospite, che allestiscono una risposta contro il graft impedendone l'attecchimento e distruggendolo. Questa complicanza è molto rara in quanto in seguito alla panirradiazione il midollo dell'ospite è sempre severamente compromesso. Un caso speciale è costituito dalla AA in cui i pazienti non subiscono panirradiazione. I fattori predisponenti al rigetto sono trasfusioni corporee precedenti che sensibilizzano il sistema del ricevente contro gli Ag del donatore, regimi di condizionamento meno intensi e deplezione delle cellule T dall'allotrapianto (producono CSF necessari per l'attecchimento). TRAPIANTO AUTOLOGO Nel trapianto autologo i progenitori possono essere prelevati da midollo o sangue periferico. Non esistono complicanze relative alla GvHD, quindi è un tipo di trapianto sicuro, attuabile anche in persone di età avanzata, tuttavia la perdita di questo fenomeno significa anche la perdita di GvL e quindi un maggiore rischio di recidiva. L'eventuale presenza di cellule leucemiche può essere depurata tramite Ab e complemento, immunotossine o incubando il midollo con chemioterapici. Possono anche essere separate le cellule interessate CD34, oppure si può sottoporre il trapianto a congelamento e scongelamento in quanto le cellule leucemiche sono più suscettibili alla rottura. Quando si verificano recidive, comunque, quello che si nota è che queste insorgono nei siti iniziali di malattia piuttosto che in siti diffusamente disseminati come ci si aspetterebbe dall'infusione di cellule leucemiche. MALATTIE CURABILI COL TMO Malattie non neoplastiche Anemia aplastica (fanconi, PNH, ecc) talassemia anemia drepanocitica immunodeficienze congenite adrenoleucodistrofia Malattie neoplastiche (oltre il 90% dei trapianti) LMA (guarigione: 10-20% in seconda o successiva remissione, 40-70% se in prima remissione) SMD (se giovani) LLA (solo ad alto rischio) LMC (più comune causa di trapianto) Linfoma e Mieloma PIASTRINOPENIE ED ALTERAZIONI PIASTRINICHE I pazienti affetti da patologie delle piastrine possono causare o emorragie o trombosi. Come per i GR, possono essere dovute a deficit di produzione, aumentata distruzione o splenomegalia,
alterazioni funzionali. Le piastrine derivano dalla frammentazione dei megacariociti, che sono cellule molto grandi e poliploidi derivanti da un processo di endomitosi. Questi vanno incontro a 3-5 cicli di duplicazione cromosomica, senza divisione citoplasmatica. Normalmente le piastrine vengono eliminate dal circolo attraverso la milza per un terzo, mentre le piastrine senescenti dopo 7-10 giorni sono rimosse dalle cellule fagocitiche. La normale conta piastrinica è di 150000-450000 /µL. Un decremento della massa piastrinica porta a un aumento del numero di dimensioni e della ploidia dei megacariociti, con conseguente liberazione in circolo di ulteriori piastrine. Questo processo è regolato dalla Tpo che lega il recettore megacariocitario c-mpl. La conta piastrinica varia fisiologicamente con le mestruazioni, con un aumento dopo l'ovulazione e una caduta all'inizio del flusso (dovuta al sanguinamento). Le piastrine possono diminuire in caso di grave carenza di ferro, vit B12, folati. Le piastrine sono mediatori della fase acuta dell'infiammazione, durante la quale si verifica una trombocitosi reattiva o secondaria dovuta alla produzione di IL-3, IL-6, prodotte durante l'infiammazione. TROMBOCITOPENIA La trombocitopenia può essere causata da diminuita produzione midollare, aumentato sequestro splenico e accelerata distruzione delle piastrine. Bisogna stare attenti a non scambiare una pseudo trombocitopenia con una trombocitopenia vera. La prima infatti è causata da un artefatto di laboratorio, in cui le piastrine si agglutinano ai leucociti quando il sangue è raccolto in EDTA, che viene utilizzato nell'emocromo, e quindi può falsare i risultati. Disturbi della cellula staminale possono impedirne la proliferazione e causare trombocitopenia. Siccome la linea megacariocitaria è una linea che soffre poco se abbiamo trombocitopenia, solitamente questa è accompagnata a leucopenia e anemia. Condizioni di aplasia, fibrosi e infiltrazione di cellule maligne nel midollo sono tutte posssibili cause di trombocitopenia, e sono caratterizzate da caratteristiche tipiche distinguibili da esame morfologico del midollo e sono già state descritte. Alcuni farmaci possono danneggiare la proliferazione e maturazione dei megacariociti. Siccome un terzo della massa piastrinica è sequestrato dalla milza, la splenectomia comporta un aumento della conta di circa il 30%, la trombocitosi dopo splenectomia è una condizione fisiologica che regredisce spontaneamente. Al contrario un ingrandimento splenico provoca una diminuzione della conta piastrinica. Questo può essere dovuto a ipertensione portale dovuta a patologie epatiche, o infiltrazione splenica da parte di neoplasie ematologiche. Molti pazienti affetti da leucemie, sindromi mieloproliferative sviluppano una trombocitopenia che è il risultato sia di una diminuita produzione midollare, sia di un aumentato sequestro splenico. La sopravvivenza piastrinica può essere diminuita anche da anomalie vascolari, sequestro in coaguli, o protesi. Queste condizioni costituiscono cause non-immunologiche. Esistono poi cause immunologiche in cui infezioni virali, farmaci e porpora trombocitopenica idiopatica causano una precoce distruzione delle piastrine, che il midollo non riesce a supplire. TROMBOCITOPENIA DA FARMACI Gli agenti chemioterapici sono di per sé citotossici e deprimono la produzione midollare di piastrine. Anche l'ingestione di alcool causa un effetto simile, perché sopprime l'attività midollare. La maggior parte dei farmaci induce piastrinopenia evocando una risposta immune. Siccome questa implica l'attivazione del complemento, le piastrine vengono lisate in quanto fisiologicamente non posseggono CD55 e CD59 (come spiegato nella PNH). Normalmente il recupero ematologico si ottiene in 7-10 giorni. Una conta inferiore a 10000-20000 /µL può andare incontro ad emorragie e viene perciò curata con trasfusioni di piastrine, e glucocorticoidi per sopprimere l'attivazione del complemento. L'eparina merita un'attenzione particolare in quanto pazienti sotto trattamento con questo farmaco possono sviluppare trombocitopenia e occasionalmente emorragie e aggregazione piastrinica intravasale. La trombosi indotta da eparina è anche chiamata sindrome del coagulo bianco, può essere fatale se non riconosciuta prontamente. La maggior parte delle volte sono dovute a formazione di complessi Ab-farmaco-piastrine. PORPORA TROMBOCITOPENICA IDIOPATICA (Da non confondere con la porporo trombotica trombocitopenica!!!) La PTI è una malattia immunologica delle piastrine, la PTT è una malattia immunologica della parete dei vasi. La PTI può essere acuta o cronica. La porpora trombocitopenica acuta è tipica dei bambini e si verifica dopo un esantema virale o una malattia delle vie aeree. Va in regressione spontanea ed è probabilmente dovuta a anticorpi cross reattivi con le piastrine o attivazione massiva del complemento. La PTI cronica è tipica degli adulti, M:F=1:3, si verifica con un calo improvviso della conta piastrinica e sanguinamenti. E' una malattia autoimmunitaria: si riscontrano Ab contro complessi glicoproteici IIb-IIIa o Ib-IX. Benché la
maggior parte dei problemi sia dovuta all'opsonizzazione e distruzione mediante fagociti, alcuni tipi di Ab danneggiano la funzionalità piastrinica. Dosare eventuali Ig contro le piastrine è un problema, in quanto esiste un elevato livello di fondo sulle piastrine normali, e in secondo luogo perché un aumento di Ig nel plasma aumenta anche il numero di Ig legate in maniera non specifica alle piastrine. Siccome una piastrinopenia può essere sintomo di lupus o neoplasie ematologiche è opportuno fare l'agoaspirato midollare. Non viene iniziata una terapia a meno che la conta non scenda sotto 20000 /µL. Essendo una malattia autoimmune può essere controllata dai glucocorticoidi, per determinare un blocco dell'attività fagocitica in caso di conta troppo bassa, si possono somministrare Ig che vanno a saturare tutti i recettori fagocitari e ne bloccano l'attività, oltre a bloccare la sintesi di ulteriori Ig. ALTERAZIONI FUNZIONALI Le alterazioni funzionali sono facilmente diagnosticabili in vivo mediante un esame del tempo di sanguinamento (o stillicidio), o con una prova del laccio, in cui viene creata una congestione del circolo venoso con un bracciale dello sfigmomanometro e si nota la comparsa di porpora a valle del blocco. Se le piastrine non sono funzionanti ci sono stravasi. L'emostasi normale necessita di 3 reazioni piastriniche cruciali: adesione, aggregazione, degranulazione. La compromissione di una di queste può causare problemi di coagulazione. MALATTIA DI WON WILLENBRAND La proteina di von Willenbrand (vWF) è una glicoproteina plasmatica che forma multimeri eterogenei. Facilita l'adesione piastrinica in condizioni di flusso veloce permettendo una connessione tra recettori piastrinici e parete vasale. Inoltre è veicolo del fattore VIII. I suoi normali livelli sono 10 mg/L. Una singola subunità di vWF è sintetizzata sottoforma di precursore nei megacariociti e poi viene scissa. Questa forma dei polimeri nel plasma tramite ponti disolfuro. Anche una modestra riduzione di vWF può causare una diminuzione dell'adesività piastrinica ed eventi emorragici. La malattia di vWF è genetica e può essere causata da numerose mutazioni, la quasi totalità delle quali a trasmissione autosomica dominante. La malattia di vWF può essere anche acquisita ed essere secondaria a tumori, principalmente linfatici che adsorbono la proteina sulla loro superficie. DIFETTI DI MEMBRANA Le piastrine sono soggette a 2 tipi di difetti di membrana, causate da deficit genetici di alcune molecole della loro superficie Nella sindrome di Bernard-Soulier sono deficitarie della glicoproteina Ib-IX, che è deputata al legame con il fattore vWF. Nella sindrome di Glanzmann o tromboastenia, le piastrine sono deficitarie del complesso IIb-IIIa, e sono quindi incapaci di legare il fibrinogeno. L'unica terapia efficace è la trasfusione di piastrine normali, benché col tempo l'alloimmunizzazione possa abbreviare la vita delle piastrine trasfuse. E' interessante notare come i complessi colpiti dai deficit siano gli stessi contro cui possono sorgere risposte autoimmuni. DIFETTI DI LIBERAZIONE DELLE PIASTRINE I farmaci antiinfiammatori non steroidei inibiscono la produzione di trombossani da parte delle piastrine, che sono importanti mediatori della secrezione e dell'aggregazione piastrinica. L'aspirina, legandosi irreversibilmente alla COX, può ridurre l'efficacia dell'emostasi per 5-7 giorni, ed infatti in questo periodo non è possibile donare piastrine. DIFETTI DEI GRANULI DI DEPOSITO I granuli delle piastrine contengono diverse sostanze che facilitano l'adesione l'aggregazione piastrinica. Pazienti con deficit in questi granuli presentano lievi disturbi emorragici. Leucemie possono causare occasionalmente diffetti dei granuli di deposito delle piastrine, dovuti a maturazione displastica dei megacariociti. ALTERAZIONI DELLA PARETE VASALE La porpora trombotica trombocitopenica è una malattia fulminante con esisto anche fatale, che è scatenata da un danno endoteliale. Questo causa il rilascio di vWF e altri materiali pro-coagulanti da parte dellecellule endoteliali. Altre cause includono gravidanza e metastasi. La PTT è caratterizzata da trombi ialini che contengono fibrina la cui presenza è diagnostica, insieme a lieve attivazione del sistema di coagulazione, piastrinopenia, grave anemia emolitica con test di Coombs negativo,
e presenza di schistociti in circolo, che stanno ad indicare la rottura di GR a causa di danni durante l'attraversamento del coagulo di fibrina. La sindrome emolitico-uremica è molto simile alla PTT, ma si distingue da quest'ultima perché interessa solo il rene. COAGULAZIONE INTRAVASALE DISSEMINATA E' probabilmente l'unica vera emergenza ematologica, ed è associata a complicanze ostetriche, neoplasie diffuse, traumi massivi e sepsi batterica. I tumori e i tessuti traumatizzati infatti rilasciano nella circolazione fattori tissutali pro-coagulanti, allo stesso tempo gram-negativi attivano vari passaggi della cascata coagulativa attraverso le endotossine. Tutti questi meccanismi accelerano e attivano la reazione di coagulazione, formando piccoli trombi in circolo. A questa prima fase trombotica della CID segue una fase trombocitopenica per esaurimento dei fattori procoagulanti e fibrinolisi, che genera frammenti di degradazione ad attività anti-coagulativa. La maggior parte dei pazienti in questa seconda fase va incontro a estesi sanguinamenti da cute, mucose e incisioni chirurgiche. I dati di laboratorio comprendono trombocitopenia, presenza di schistociti, prolungamento di PT e PTT a causa dell'esaurimento dei fattori, forte aumento dei prodotti di fibrinolisi, che è il test maggiormente specifico. La terapia mira a correggere ogni causa reversibile di CID, misure volte a correggere il sintomo dominante: trombosi / trombocitopenia, e un controllo profilattico per prevenire la recidiva. Quindi si somministra plasma fresco congelato o plasma ricco di piastrine (PRP) a pazienti con fattori della coagulazione esauriti, o trattamento con eparina endovena per i disturbi trombotici. PLASMA RICCO E POVERO DI PIASTRINE Il plasma si ottiene per centrifugazione del sangue intero a una g tale da causare la precipitazione di GR e globuli bianchi ma non delle piastrine. Si allontana il precipitato e si ricentrifuga il sovranatante. Il precipitato sarà il plasma ricco di piastrine, mentre il sovranatante il plasma povero di piastrine. Si parte da un prelievo di sangue venoso del paziente, da 10 a 50 cc che viene centrifugato per poter separare la parte corpuscolata (globuli rossi e bianchi) dalla parte sierosa (plasma e piastrine). A loro volta plasma e piastrine vengono nuovamente centrifugate per poter ottenere 1 cc circa di plasma contenente tutte piastrine: PRP. Il plasma residuo è il PP: plasma povero di piastrine. A COSA SERVE: Il PRP contenendo tutti i fattori della ricrescita cellulare e della coaugulazione trova indicazione nella chirurgia orale dove, miscelati agli innesti ossei sia autologhi che eterologhi, stimola una rigenerazione ossea più veloce, usato in abbinamento agli impianti endoossei favorisce una osteointegrazione degli stessi più rapida e sicura. Un suo utilizzo è anche nelle ulcere varicose e piaghe da decubito. Il PP, che è plasma povero, ci permette di ottenere delle pseudo membrane di fibrina che sono molto utili in chirurgia orale per contenere gli innesti ossei. La separazione delle piastrine non viene effettuata esclusivamente in questo modo, infatti data l'esigua quantità recuperabile mediante centrifugazione da sangue intero, e data la crescente applicazione del PRP in terapia, si è passati alla separazione mediante aferesi e separatori automatici, così che viene effettuata direttamente durante la donazione. MORFOLOGIA In ematologia la morfologia è di fondamentale importanza. Probabilmente lo sarebbe anche nelle altre branche della medicina, ma siccome il prelievo di sangue periferico e relativamente l'aspirato midollare sono campioni molto semplici da ottenere, l'ematologia ha una tradizione di diagnostica morfologica molto lunga, così come di citogenetica. L'analisi dei campioni ematologici è soprattutto di tipo citologico, in quanto il sangue è un organo fluido, anche se la biopsia midollare è utile soprattutto nella diagnostica delle malattie mieloproliferative. Midollo o sangue periferico sono sempre sangue, la cui composizione cellulare è, però, profondamente diversa, la preparazione del campione, invece, è esattamente la stessa: una goccia di campione viene posta a una estremità del vetrino, poi un altro vetrino viene inclinato di 30° abbassato verso la goccia, e fatto avanzare verso di essa fino a toccarla, questa si spande per coesione lungo tutto il bordo inferiore del vetrino inclinato, si tira poi questo verso l'altra estremità in maniera da spandere la goccia su tutto il vetrino. Nel punto di deposizione della goccia saranno presenti più cellule che nella coda. Questo tipo di striscio viene utilizzato sia per la formula leucocitaria, che per il mielogramma. Non si può usare per fare la conta manuale: per quello è necessaria una camera di burker. Il tipo di colorazione effettuato è la May-Grunwald-Giemsa (MGG), e il campione di sangue deve essere conservato in EDTA, che è migliore riguardo la conservazione delle caratteristiche cellulari. Un altro tipo di campione sono i frustoli, che vengono dal sangue midollare. Sono degli aggregati di tessuto connettivo midollare con cellule adipocitiche, fibroblasti e ematopoietiche. Vengono recuperati lasciando colare il sangue midollare su un vetrino, il sangue in sé fluirà via, mentre i frustoli resteranno attaccati. Questi
poi vengono schiacciati e osservati al microscopio. La biopsia ossea è di competenza dell’anatomo patologo, e il campione è ottenuto mediante carotaggio. Poi si fanno delle striscette al microtomo che vengono colorate con ematossilina/eosina. Se mettiamo il vetrino a più piccolo ingrandimento (4 o 10X) possiamo già valutare la presenza di frustoli e la cellularità. I frustoli sono segno dell'adeguatezza del campione perché ci dicono che abbiamo prelevato sangue midollare. Esistono poi delle patologie che non hanno frustoli come alcune malattie acute e questo già ci dà delle indicazioni. La cellularità è importante per fare delle diagnosi differenziali delle malattie. Quindi già la presenza di frustoli, vacuoli di grasso e intensità di colorazione del vetrino, ci danno numerose indicazioni. A questo ingrandimento sono ben visibili i megacariociti che sono di dimensioni veramente enormi rispetto alle altre cellule. Valutare lo status dei megacariociti è importante, per esempio in caso di trombocitopenia, se sono presenti e sono normali o sono aumentati di numero, già vuol dire che il midollo non ha problemi e che la causa di una trombocitopenia è da ricercare in periferia e che il midollo sta rispondendo con una iperproliferazione. Possiamo osservare poi la distribuzione e la morfologia generale delle cellule. Questo sembra un particolare superfluo ma è, invece, importante perché un midollo è normalmente polimorfico, con cellule tutte diverse. Le leucemie acute danno un quadro di monomorfismo e ipercellularità, la leucemia mieloide cronica dà polimorfismo con ipercellularità. A ingrandimento X100 si effettua il mielogramma nel midollo o citogramma nel sangue periferico. Si contano 100 elementi in successione, che vengono man mano classificati, l'alto ingrandimento permette di riconoscere le cellule sulla base della colorazione, dimensione, forma del nucleo, granuli citoplasmatici, ecc. Nel midollo si contano granulociti, eritroblasti, linfociti ed alcune volte monociti (tipo LMC). Nel sangue periferico si contano linfociti, neutrofili, monociti, basofili ed eosinofili. SCHEMA NOMENCLATURA EMOPOIESI Committment LinfoEritro-
Granulo-
Mono-
Processo
Megacario-
Linfopoiesi
Eritropoiesi
Granulocitopoiesi
Monocitopoiesi Megacariopoiesi
[radice]blasto Linfoblasto
Eritroblasto
Mieloblasto
Monoblasto
Megacarioblasto
pro[radice] cito
Prolinfocito
Eritroblasto policromatofilo
Promielocito
Promonocito
Promegacariocito
[radice]cito
-
Eritroblasto Mielocito ortocromatico - eosino/neutro Normoblasto /basofilo
-
Megacariocito
Meta[radice] cito
Grande linfocito
Reticolocito
Metamielocito Monocito eosino/neutro/basofilo preoce (cellula a banda)
-
Cellula matura
Piccolo linfocito
Eritrocito
Granulocito Monocito eosino/neutro/basofilo
piastrina
In genere nella maturazione cellulare i blasti sono cellule grandi con assenti o pochi granuli, rima citoplasmatica molto corta, il nucleo è grande, tondo e con cromatina chiara, finemente dispersa, in questo senso sono indistinguibili dai linfociti. Con la maturazione il nucleo si rimpicciolisce, il rapporto nucleo/citoplasma diventa a favore del citoplasma che presenta via via più granuli. Il promielocito ad esempio ha moltissimi granuli, un nucleo però ancora grande e tondo. Il metamielocito è già più piccolo come cellula, con il nucleo medio e progressivamente più lobato. I blasti immaturi dei granulociti sono indistinguibili tra loro, fino allo stadio di mielocito, in cui la colorazione dei granuli può già indirizzarci. I megacariociti sono solitamente <0,5%, comunque sono inguardabili a 100X a causa delle enormi dimensioni. NOTA: di seguito c'è una descrizione delle cellule midollari e periferiche, ma negli anni passati le nozioni di morfologia della classificazione dei sottotipi FAB delle acute sono stati accennati, e quest'anno si è parlato soprattutto delle anomalie morfologiche dei GR nelle anemie. Io li ho esclusi perché queste alterazioni patologiche sono già state descritte nelle sezioni di diagnosi e classificazione delle patologie a cui si riferiscono.
PROMIELOCITO Il promielocita neutrofilo è la più grande delle cellule, il nucleo è rotondo abbastanza grande da occupare tutta la cellula, le dimensioni sono massimo 30 micron queste cellule sono molto poche in un midollo normale (5% del midollo). Non ci sono granuli nel citoplasma. Il midollo normale ha tutte le linee maturanti quindi gli stadi in via di maturazione sono pochi, perché il processo di maturazione è relativamente veloce, rispetto alle staminali e le mature che sono più “durature”. Ovviamente se ci accorgiamo che c’è il 30% di promielociti rispetto al 5% fisiologico abbiamo problemi. MIELOCITO NEUTROFILO Il nucleo diventa più eccentrico, si sposta più nella zona laterale e inizia a comparire una zona di maturazione della cellula (actoplasma), quindi il rapporto N/C è già cambiato. Compare già un abbozzo di insenatura sul nucleo che non è più rotondo come nel promielocita. 5 micron di grandezza e quantità minori rispetto al promielocita. A questo stadio i granuli sono presenti nelle forme più mature, e quelli neutrofili ed eosinofili sono perossidasi positivi.
METAMIELOCITO NEUTROFILO il metamielocita è già segmentato, o meglio il nucleo è piegato, ed è sostanzialmente questa la caratteristica che lo distingue dal mielocito. Essendo uno stato di maturazione più avanzato è presente in percentuale del 15-20%. Lo stadio più avanzato è la cellula a banda in cui il nucleo è veramente una banda ripiegata (come nella foto successiva).
NEUTROFILO Di solito si vedono solo una o due cellule (per campo visivo del microscopio). Il nucleo è lobato e segmentato, non come in questa foto, ma è proprio come un insieme di salsicciotti legati da un filo. I granuli sono rosati, o meglio il loro colore non è carico come quello degli eosinofili e sono in numero minore. Nel sangue periferico rappresentano il 40-75%, il 5-20% nel midollo.
EOSINOFILO L’eosinofilo è simile al neutrofilo per il nucleo, che però solitamente ha meno lobi, ha i granuli perfettamente arancioni, facilmente riconoscibili, in periferia sono molto pochi (2-4%), meno del 2% nel midollo e quando aumentano nell’uno o nell’altro c’è una patologia in atto di tipo allergico o parassitario.
BASOFILO Hanno molti, molti granuli, al punto da non distinguere il nucleo sotto, inoltre sono basofili (i granuli), quindi al microscopio sono facili da riconoscere. Sono presenti in meno del 1% nel midollo e nel sangue periferico, perché girano poco e si vanno a stabilire nei tessuti dove hanno un ruolo simile a istiociti e mast-cell. Un loro aumento soprattutto nel midollo è sintomio di malattia mieloproliferative croniche (compresa LMC).
LINFOCITO
I linfociti dovrebbero essere facili da riconoscere (nel sangue periferico) però si confondono un po’ con i monociti, dipende molto da come sono fatti. Il linfocita ha un nucleo a cerchio, pieno, leggermente eccentrico, di un viola molto intenso, dall'aspetto “liscio”. Il poco citoplasma è leggermente basofilo. MONOCITO
In tutti gli atlanti sono facili da riconoscere, questi però a volte sono un po’ più grandi e tendono a non avere il nucleo proprio rotondo, ma piegato a U o J, addirittura a quadrifoglio e quasi mai rotondo con un citoplasma celestino molto chiaro, più grande e senza granuli, per questo detto ad acqua di fonte. Nell’immagine due del lucido il nucleo è tendenzialmente più rotondo, la cromatina è un po’ più marcata e disomogenea, questo aiuta a distinguerlo dai linfociti. Nella terza immagine vediamo un’immagine che può dare dei problemi a chi non è esperto, questo è abbastanza simile al mielocita visto prima. Il nucleo è più eccentrico e si vede una parte che inizia ad essere indentata, questo all’inizio può confondere un po’ ma poi si impara a vedere il citoplasma che è completamente diverso poiché è senza granuli, anche la cromatina è diversa. PLASMACELLULA Si vedono solo nel midollo. Sono molto facili da riconoscere perché hanno un nucleo molto tondo, viola intenso, eccentrico, il citoplasma è sensibilmente più grande di quello di un linfocita normale e tende ad essere violetto intenso e se patologico è molto molto viola, o può contenere vacuoli (mieloma).